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Il ricorrente ha proposto tempestivamente ricorso ai sensi dell’art.19 del D

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IL TRIBUNALE 1>I ROMA PRIMA SEZIONE CIVILE

In composizione monocratica, nella persona del giudice onorario avv.

Elisabetta Ferrari,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 27 ottobre 2016, ha emesso la seguente

ORDINANZA EX ART.702 BIS C.P.C.

nel ricorso iscritto al n.38334 del ruolo generale degli .Affari Contenziosi delPanno 2015, vertente

TRA

..., nato in Mali, il... , C.F... , elettivamente domiciliato in ... , presso lo studio dell’Aw. ... , che lo rappresenta e difende in virtù di procura in calce al ricorso

- ricorrente - E

MINISTERO DELL’INTERNO - COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI ROMA, in persona dei Ministro prò tempore, elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura dello Stato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12

- resistente contumace - e con l’intervento del Pubblico Ministero

oggetto: ricorso per il riconoscimento della protezione intemazionale, letti gli atti e i documenti di causa, considerato che, .

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con ricorso depositato in data 10 giugno 2015, il ricorrente ha impugnato il provvedimento, emesso il 16 aprile 2015 e notificato il successivo 26 maggio 2015, con il quale la Commissione Territoriale di Roma gli ha negato il riconoscimento dello status di rifugiato e di una protezione intemazionale sussidiaria e per motivi umanitari.

Il ricorrente ha proposto tempestivamente ricorso ai sensi dell’art.19 del D. Lgs. n. 150/2011 e delTart. 35 della legge 25/08 deducendo il grave ' pericolo alla propria incolumità fisica in caso di rientro nel paese di provenienza e, chiedendo, di riconoscergli lo status di rifugiato o in via subordinata di riconoscere il diritto alla protezione sussidiaria o per

motivi umanitari. •

La Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione intemazionale di Roma rigettava ristanza proposta dal ricorrente, rilevando che “le dichiarazioni sono apparse solo parzialmente credibili”.

Il ricorrente, ha riferito di essere nato in Mali, di essere di etnia soninkè e di religione musulmana

Riferiva il ricorrente di essere stato costretto a fuggire in séguito ad un’aggressione subita dai ribelli, mentre era in viaggio per lavoro, essendo commerciante.

Avendo temuto di essere ucciso, in quell’occasione, ed essendo già fuggita la madre con le sorelle, a causa della situazione del paese, il ricorrente decideva di fuggire e non temare, temendo per la propria vita.

Nel corso dell’audizione avanti questo giudice, il ricorrente riferiva anche di un altro episodio di violenza subito per mano dei miliziani Mujao, che lo avevano imprigionato insieme ad altre persone per punirli di avere banchi al mercato insieme alle donne. Il ricorrente riferiva di avere assistito alla mutilazione di arti eseguita nei confronti di alcuni, come punizione e avvertimento per tutti e di essere fuggito, anche in

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quell’occasione grazie all’aiuto del gruppo, ma dopo il ripetersi degli episodi di violenza di non voler più fare rientro nel proprio paese.

A sostegno delle proprie richieste e dei fatti narrati, il ricorrente depositava certificazione medica, attestante le cicatrici riportate a seguito delle lesioni subite, agli arti superiori ed inferiori e all’addome, compatibili con quanto dallo stesso narrato.

Inoltre, la certificazione medica diagnosticava un importante disturbo post traumatico da stress del ricorrente (cfr. docc. 1 e 2 depositati all’udienza del 11.2.2016).

In ordine alla richiestra principale, volta al riconoscimento dello status di rifugiato, occorre precisare che, ai sensi della Convenzione di Ginevra “é riconosciuto rifugiato colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese”.

Nella fattispecie in esame, non sembrano sussistere i presupposti per l’accoglimento della domanda diretta al riconoscimento dello status di rifugiato, che pertanto non può essere accolta.

Non risulta, infatti, oggettivamente dimostrata, né risultano offerti adeguati elementi che consentano di correlare le dedotte motivazioni dell’espatrio con persecuzioni legate a motivazioni direttamente riconducibili a situazioni politiche, o religiose, o ad altri aspetti previsti dalla Convenzione di Ginevra.

Tuttavia, al di là delle specifiche circostanze narrate dal ricorrente, peraltro, riconosciute parzialmente veritiere dalla stessa Commissione Territoriale e verificate anche da questo giudice, attraverso l’audizione e la documentazione prodotta, occorre osservare e fare riferimento all’attuale situazione politico-sociale esistente in Mali, tenendo conto

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anche della specifica zona di provenienza, vicina all’area di Timbuctu, ed all’attività di commerciante che portava il ricorrente a viaggiare all*interno del paese, divenendo maggiormente soggetto ad attacchi da parte di gruppi di ribelli.

La circolare del Ministero dell’Interno del 15.6.2012. riferendo sulla situazione in Mali, ha precisato che trattasi di una situazione in continua evoluzione, dove i gruppi armati hanno commesso gravi infrazioni del diritto umanitario intemazionale giustiziando i soldati che catturavano nei combattimenti., mentre l’esercito ha risposto con bombardamenti indiscriminati anche sulla popolazione civile. La situazione è sfociata in una vera e propria crisi umanitaria a causa della carenza alimentare che già colpiva 15 milioni di persone nella zona del Sahel.

Gli atti di violenza e saccheggio hanno riguardato anche la popolazione civile, con rapimenti e detenzione di ostaggi stranieri.

L'UNHCR dichiara che violenze ed una situazione umanitaria in rapido peggioramento sono state le condizioni prevalenti in Mali, “con gravi ripercussioni sulla popolazione civile”. E ancora che “abusi del rispetto dei fondamentali diritti umani e Pinterruzione dei servizi di prima necessità verificatasi al nord hanno costretto le popolazioni a spostarsi”.

Ai sensi deU’art.14 lett. c) d.lgs. 251/07 la protezione sussidiaria è riconosciuta “al cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine... correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno...”.

Pertanto, in considerazione delle circostanze dedotte dal ricorrente e dei timori evidenziati, si ritiene possa essere accolto il ricorso e riconosciuta la protezione intemazionale sussidiaria, stante la particolare gravità della situazione del paese di origine del richiedente.

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La natura della controversia e la particolare connotazione che assume la regolamentazione delle spese nel caso di patrocinio a spese dello Stato e di soccombenza di questo nel processo, inducono a ritenere integrata la previsione delLart. 92 c.p.c. in ordine alla compensazione delle spese del procedimento.

P.Q.M.

visto l’art.702 bis c.p.c.,

in parziale accoglimento dell'impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione intemazionale di Roma,

riconosce al sig. ..., nato in Mali, il ..., la protezione sussidiaria ex art. 14 d. lgs. n.251/2007;

dichiara compensate le spese del procedimento;

provvedimento immediatamente esecutivo.

Si comunichi.

Così deciso in Roma il 5 gennaio 2017

Il Giudice

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