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Cap. 1.2– Effetti dei glicocortioidi L’attività dei glicocorticoidi può essere distinta in diverse tipologie di azione. La prima di quetste è

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Cap. 1.2– Effetti dei glicocortioidi

L’attività dei glicocorticoidi può essere distinta in diverse tipologie di azione.

La prima di quetste è l’azione metabolica che viene rappresentata dal seguente schema

L’effetto iperglicemizzante, si deve essenzialmente alla sua azione sul metabolismo delle proteine: da esso origina il nome di glicocorticoidi. L’azione di questi ormoni consiste nel deprimere le sintesi proteiche in tutto l’organismo, ad eccezione del fegato nel quale invece esse vengono stimolate assieme alla gluconeogenesi.

Per azione dei glicocorticoidi, la demolizione delle proteine, che continuamente si attua nei tessuti, non è controbilanciata da una corrispondente resintesi.

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13 Questo comporta sia che a livello cellulare venga risparmiata una notevole quantità di energia, dal momento che la sintesi proteica è un processo energetico molto costoso, sia che nell’organismo venga resa disponibile una grande quantità di amminoacidi, i quali possono essere utilizzati per la gluconeogenesi o direttamente come materiale energetico.

Gli ormoni glicoattivi determinano perciò un aumento dell’aminoacidemia.

Il fegato ha un compito centrale nell’utilizzazione energetica degli amminoacidi.

L’azione del cortisolo e del corticosterone stimola la sintesi di varie proteine plasmatiche, nonché quella degli enzimi deputati al catabolismo degli amminoacidi ed alla gluconeogenesi.

Contemporaneamente viene pure indotta la sintesi della transaminasi e degli enzimi coinvolti nel ciclo dell’urea, per far fronte all’aumentata eliminazione dell’azoto.

Gli amminoacidi resi disponibili vengono perciò transaminati a chetoacidi.

Quelli chetogenetici causano un aumento dei corpi chetogeni.

Quelli glucogenetici forniscono il materiale per la sintesi epatica di glucosio.

La sintesi epatica di glucosio serve ad incrementare la glicemia, oltre che a ricostituire le riserve epatiche di glicogeno, che per azione dei glicocorticoidi, aumentano notevolmente.

Anche la sintesi di acido glucoronico , così importante nei processi di detossificazione, viene potenziata.

L’aumento della glicemia stimola la liberazione dell’insulina, ma gli effetti dell’insulina vengono depressi dai glicocorticoidi e pertanto il

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14 tasso ematico di glucosio può raggiungere valori lievemente superiori alla norma.

Sul metabolismo dei lipidi i glicocorticoidi hanno importanti ripercussioni.

Essi non hanno azione lipolitica diretta ma potenziano quella di altri fattori ormonali (ACTH, β-lipoproteine, GH, catecolamine, prolattina), liberati in concomitanza.

Favoriscono inoltre la redistribuzione dei grassi di deposito nell’organismo, in modo diverso a seconda dei settori: il tessuto adiposo sottocutaneo degli arti e dell’addome diminuisce, mentre aumentano i depositi della pelvi, del collo, del torace ed intra-addominali; probabilmente questa azione è mediata dall’innervazione vegetativa simpatica.

Complessivamente i glicocorticoidi non determinano mai un dimagrimento dell’animale; al contrario, l’ipercorticosurrenalismo può essere accompagnato da un certo grado di obesità.

Questo può essere legato sia all’aumento dell’appetito che ad un maggior assorbimento intestinale dei grassi ed alla notevole liberazione dell’insulina indotta dagli ormoni.

In ogni caso determinano un aumento complessivo della mobilitazione dei grassi di deposito e della loro utilizzazione periferica.

La lipemia aumenta in tutte le sue componenti : trigliceridi, acidi grassi liberi, glicerolo, colesterolo.

L’aumento della glicemia favorisce, inoltre, l’utilizzazione completa degli acidi grassi a livello cellulare.

In assenza di un sufficiente apporto di glicidi, che condiziona una adeguata presenza di metaboliti, il Ciclo di Krebs non è in grado di smaltire la grande quantità di Acetil-CoA che proviene dall’ossidazione degli acidi grassi.

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15 L’Acetil-CoA in eccesso condensa e forma corpi chetogeni.

Finchè l’insulina viene secreta in quantità sufficiente a permettere un adeguato apporto cellulare di glucosio, i glicocorticoidi hanno azione antichetogenetica.

In caso contrario i glicocorticoidi possono avere invece azione chetogena.

L’azione gliconeogenetica, stimolata dai glicocortioidi, è perciò molto importante nel digiuno, perché serve a mantenere la glicemia sufficientemente elevata per una buona funzionalità del SNC e per permettere una totale utilizzazione dei grassi di riserva, senza che si verifichi un eccessivo accumulo di corpi chetonici. (Aguggini e coll., 1998).

Andando ad analizzare poi l’azione permissiva sulle catecolamine, è particolarmente evidente il sinergismo tra i glicocorticoidi e le stesse: livelli ematici insufficienti degli ormoni non permettono una efficace esplicazione dell’azione delle catecolamine, liberate a livello delle terminazioni simpatiche o liberate nel sangue dalla midollare delle surrenali.

In caso di insufficienza surrenalica infatti la muscolatura liscia vasale non risponde agli stimoli di vasocostrizione della Noradrenalina, e gravi stress possono causare un collasso cardiocircolatorio.

Per questo prima di gravi interventi chirurgici si stimola l’attività surrenalica con ACTH o si somministrano glicocorticoidi.

Anche gli effetti β-adrenergici sul cuore, sulla circolazione coronaria e muscolare richiedono la presenza di adeguati livelli di glicocorticoidi, così come gli effetti metabolici iperglicemizzante, glicogenolitico, lipolitico, calorigeno.

Questa loro azione permissiva sarebbe in parte dovuto ad un aumento di AMP ciclico nelle cellule bersaglio delle catecolamine: i glicocorticoidi

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16 inibendo le fosfodiesterasi che metabolizzano l’AMP ciclico, determinano una più elevata concentrazione del messaggero ormonale, potenziando e prolungandone l’azione.

In modo analogo i glicocorticoidi potenzierebbero altri ormoni (ACTH. β–lipoproteine, glucagone, paratormone …) che agiscono per mezzo dell’AMP ciclico e hanno azione prevalentemente catabolica (Aguggini e coll., 1998).

Il cortisolo ha anche attività mineralcorticoide, che risulta essere circa 1000 volte inferiore a quella dell’aldosterone.

Perciò a livelli fisiologici la sua attività ha scarso significato; al contrario in dosi farmacologiche il cortisolo ed i suoi analoghi possono interferire sul metabolismo minerale, causando eccessiva ritenzione di sodio, ipokaliemia e tendenza all’alcalosi.

Il cortisolo stimola la diuresi, a differenze dell’aldosterone, per l’aumento della filtrazione glomerulare e per antagonismo con l’ADH: infatti ne inibisce la liberazione, ed a livello renale ne deprime gli effetti e ne aumenta l’inattivazione.

Il cortisolo perciò viene utilizzato per impedire un’eccessiva inibizione cellulare nel caso di “ingestione di acqua”.

E’importante l’azione esercitata dai glicocorticoidi sul metabolismo del fosforo e del calcio: di quest’ultimo il cortisolo deprime notevolmente l’assorbimento intestinale.

Tale azione era un tempo attribuita ad una inibizione dell’attivazione della vitamina D.

Ma la concentrazione di 1,25-diidrossicolecalciferolo non solo non diminuisce ma anzi aumenta durante trattamenti intensi e prolungati con glicocorticoidi, e può concorrere alla demielinizzazione dell’osso e alla precipitazione di calcio in sede anomala.

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17 Questo effetto negativo sull’assorbimento intestinale di calcio è forse dovuto ad una inibizione della sintesi di proteine calcio-trasportatrici nell’epitelio intestinale.

I glicocorticoidi tendono a deprimere anche il riassorbimento renale di calcio e fosforo con conseguente calciuria e fosfaturia.

L’ipofosfatemia derivante e la tendenza alla all’ipocalcemia vengono compensate dall’aumento della secrezione di PTH che stimola il riassorbimento di calcio e fosforo dallo scheletro.

Sullo scheletro il cortisolo agisce anche rallentando i processi di formazione di osso: vengono depresse la proliferazione cellulare, la sintesi di proteine, di collagene e di mucopolisaccaridi, sia per effetto diretto degli ormoni sia perché essi inibiscono la liberazione dell’ormone dell’accrescimento e la sintesi di somatomedine.

Prevale perciò il riassorbimento a livello del rimaneggiamento dello scheletro: intensi trattamenti con cortisonici e l’ipercorticosurrenalismo spontaneo provocano demineralizzazione, rarefazioni ossee ed osteoporosi (Aguggini e coll., 1998).

Nel sangue le variazioni indotte dai gicocorticoidi sono molto importanti, e riguardano prevalentemente gli elementi figurati:

ƒ ERITROCITI

Il loro numero ed il contenuto di emoglobina non viene alterato sensibilmente dai glicocorticoidi, che non esercitano un’azione inibente sull’attività emopoietica del midollo osseo come su altri tessuti ad elevata attività proliferativa dell’organismo.

Nello stress si può avere un aumento apparente, legato a quello dell’ematocrito (“ispissatio sangunis”) e trattamenti ormonali intensi e prolungati non determinano anemia.

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18 Anche le modificazioni nell’ipersurrenalismo spontaneo, dove intervengono pure altri fattori di variazione (ormoni sessuali), risultano essere scarse.

Un rallentamento si riscontra a livello dell’eliminazione dei globuli rossi vecchi e nell’eritrocateresi.

ƒ PIASTRINE

Esse aumentano per azione del cortisolo. ƒ LEUCOCITI

I glicocorticoidi diminuiscono la migrazione di neutrofili, linfociti e monociti nei tessuti in sede di lesione.

Questa rappresenta un aspetto importante dell’azione antinfiammatoria. Influenzano dunque la formula leucocitaria, determinando un aumento sensibile dei granulociti neutrofili (ne stimola la formazione da parte del midollo osseo e l’emivita) ed una netta diminuzione dei linfociti (ne deprimono la formazione da parte del tessuto linfoide, che va in atrofia), dei monoliti e degli eosinofili.

Linfociti, monociti, eosinofii diminuiscono nel sangue anche per migrazione in tessuti extravascolari, soprattutto la milza (Aguggini et coll., 1998).

L’azione antinfiammatoria è legata alla protezione che questi ormoni garantiscono contro i danni cellulari e le loro conseguenze.

Le cellule, gravemente danneggiate da causa fisica o chimica (traumi, radicali liberi, tossine, veleni, infezioni microbiche, parassitarie, virali, etc…), liberano nell’ambiente circostante i prodotti del loro disfacimento e dell’autolisi derivante dalla liberazione di enzimi litici presenti nei lisosomi.

Alcuni prodotti della lisi cellulare e alcune proteine plasmatiche stimolano il processo infiammatorio.

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19 Esso tende ad eliminare e circoscrivere le cause del danno, i tessuti danneggiati ed a stimolare i processi di riparazione: implica l’aumento della sensibilità nervosa locale, un maggior afflusso sanguigno, l’aumento della temperatura locale, della imbibizione e della permeabilità vasale.

Una prima protezione contro la diffusione del processo è data dall’azione delle proteine plasmatiche, che diffondono nell’interstizio e si addensano a formare coaguli.

Alcune sostanze che si liberano da queste proteine o dai tessuti lesi richiamano i leucociti circolanti e ne stimolano le diverse attività di difesa.

Le cellule del tessuto connettivo vengono stimolate a riprodursi attivamente ed a migrare sia per sostituire le zone distrutte sia per circondare il processo con connettivo provvisorio di nuova formazione. Si ritiene che i glicocorticoidi stabilizzino i componenti fosfolipidici delle membrane e degli organelli intracellulari, soprattutto i lisosomi, proteggendo le cellule dagli effetti degli enzimi litici in essi contenuti. Inibiscono alcune fosfolipasi che determinano la scissione di fosfolipidi di membrana, e la liberazione di acido arachidonico, precursore della sintesi di prostaglandine , leucotrieni e trombossani ( essi hanno un ruolo importante nell’infiammazione).

Da ciò si deduce che i glicocorticoidi inibiscono la formazione di prostaglandine come anche i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), ma con meccanismo diverso dal momento che questi ultimi agiscono a livelli enzimatici successivi.

I glicocorticoidi sono in grado di deprimere il processo infiammatorio essenzialmente riducendo le fasi iniziali.

A concentrazioni fisiologiche interferiscono molto modicamente sui processi riparativi, ma a dosi farmacologiche possono inibire

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20 completamente la proliferazione dei fibroblasti, la deposizione del collagene e la cicatrizzazione.

Solo nel caso di intense e prolungate concentrazioni ormonali si ha depresione della capacità di difesa locale dell’organismo.

In tal caso anche le difese immunitarie vengono inibite: l’immunità umorale acquisita viene scarsamente modificata, ma diminuisce sensibilmente la capacità di risposta ai nuovi antigeni.

Specialmente l’immunità cellulo-mediata, dovuta ai linfociti T, viene alterata dall’azione immunosoppressiva dei glicocorticoidi in alte concentrazioni (Aguggini e coll, 1998).

L’effetto antitossico deve riferirsi principalmente alla stabilizzazione delle membrane cellulari e lisosomiali, e alla minor permeabilità dell’endotelio vasale, che concorrono al mantenimento dell’integrità cellulare.

Importante è il potenziamento dell’attività detossificante del fegato, per la maggior disponibilità di aminoacidi solforati e di acido glucuronico, nonché l’effetto diuretico: esse contribuiscono infatti all’inattivazione ed all’eliminazione di sostanze tossiche (Aguggini et coll., 1998).

I glicocorticoidi presentano anche effetto antiallergico, dovuto all’inibizione della liberazione dell’istamina ed alla soppressione deisuoi effetti; lo stesso vale per altre sostanze vasoattive.

Nelle allergie, nell’anafilassi e nelle malattie autoimmuni, la drastica diminuzione di anticorpi e di linfociti circolanti permette a concentrazioni elevate di glicocorticoidi di dominare sia le cause che i danni del fenomeno (Aguggini et coll., 1998).

Prolungate somministrazioni di questi ormoni, a dosi elevate, provocano

effetto immunosoppressivo.

Mentre in medicina veterinaria esso si utilizza per il controllo di malattie autoimmuni negli animali d’affezione, in medicina umana è impiegato

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21 nella prevenzione del rigetto nei trapianti d’organo (Aguggini et coll., 1998).

Infine tra le azioni dei glicocorticoidi bisogna menzionare gli effetti

gastrointestinali, tra cui l’aumento di secrezione di acido cloridrico e di

pepsina da parte dello stomaco: un frequente sintomo di stress, secondo Seyle, è la presenza di ulcere gastroduodenali, sebbene negli animali abbiano frequenza minore rispetto all’uomo.

Viene stimolata anche la secrezione pancreatica, la digestione dei grassi ed il loro assorbimento.

Al contrario, come abbiamo visto precedentemente, viene invece inibito l’assorbimento di calcio, così come quello del ferro (Aguggini et coll., 1998).

Riferimenti

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