Due fronti, una città NASCE UNA MOSTRA
Durante il primo conflitto mondiale, Trieste non fu solo la città “in attesa” dellʼarrivo dellʼItalia. Perché accanto agli irredentisti vivevano i triestini fedeli allʼAustria e al loro imperatore. Fu quindi piuttosto una città “instabile”, in bilico tra due stati, con combattenti sullʼuno e sullʼaltro fronte, bersagliata dal cielo e dal mare dall'aviazione e dalla marina italiana, difesa dalle armate asburgiche, troppo vicina allʼarea dei combattimenti, troppo lontana dalle linee di rifornimento.
La mostra “14-18 Due fronti, una città” propone questa rilettura della storia di Trieste e delle diverse esperienze dei suoi abitanti, durante la prima guerra mondiale e nei primi anni del dopoguerra. Utilizzando fotografie, reperti, oggettistica e documenti provenienti da diverse collezioni private e dal patrimonio comunale – Civici musei di Storia ed Arte,
Biblioteca civica Attilio Hortis, Museo della guerra per la pace Diego de Henriquez,
Archivio generale – lʼesposizione ha lʼambizione di rappresentare la storia della città e dei triestini tra il 1914 e il 1918.
Organizzata dal Comune di Trieste, con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, nel Salone degli Incanti-ex Pescheria (in Riva Nazario Sauro 1 - dal 19 dicembre 2015 al 19 giugno 2016), è curata da Lucio Fabi, storico e consulente museale, e diretta da Bianca Cuderi, direttore Civici Musei di Storia ed Arte.
Il taglio rigorosamente storico dell'esposizione – anticipa lʼAssessore alla cultura del Comune di Trieste, Paolo Tassinari – conferma la volontà dellʼAmministrazione di rileggere e presentare gli avvenimenti di cento anni fa con una visone contemporanea, sottolineata anche dallʼallestimento.
Il patrimonio custodito dalle Istituzioni culturali comunali – afferma Bianca Cuderi – dimostra di costituire, anche in occasione di questa mostra, una fonte di eccezionale importanza per la ricerca. Gli elenchi dei caduti come quelli dei coscritti conservati dallʼArchivio, le raccolte dei quotidiani e dei periodici custodite dalla Biblioteca civica Hortis, i diari cartacei e fotografici che appartengono al Museo de Henriquez e alla Fototeca dei Civici Musei di Storia e Arte, senza citare gli altri nuclei indagati in questa occasione, ci rivelano una ricchezza non ancora abbastanza conosciuta, che ci auguriamo possa essere valorizzata da manifestazioni come questa.
Per la prima volta – rileva il curatore Lucio Fabi – si tenta un ragionamento articolato sulle esperienze e sui diversi destini di donne e uomini profondamente segnati dal conflitto:
“storie triestine” (come recita il sottotitolo della mostra), viste dopo un secolo dagli eventi, con una visione più nitida e distaccata, con lʼausilio di una consistente documentazione iconografica e documenti provenienti da fonti dʼarchivio pressoché inedite, la cui visione sarà sicuramente di stimolo per futuri approfondimenti.
Dal taglio spettacolare e didattico – grazie ai tanti documenti, fotografie, reperti originali, infografiche, materiali e oggetti a forte impatto visivo – la mostra è costruita su diversi versanti: “fronti” che consentono una doppia lettura del percorso espositivo, per grandi temi (Trieste in guerra, Uomini contro, La guerra quotidiana, La città contesa) e per suggestioni (Il fronte interno, Il fronte di combattimento, Il fronte vasto, Il fronte dellʼimmaginario).
Arricchiscono il percorso espositivo – coordinato da Lorenzo Michelli e valorizzato dal progetto di allestimento dellʼarchitetto Dimitri Waltritsch e dal design grafico di Matteo Bartoli – le collezioni della Fototeca dei Civici Musei e materiali filmici provenienti dalla Cineteca del Friuli e dalla Cappella Underground.
Il progetto di allestimento risponde al tema proposto dalla mostra – sottolinea Dimitri Waltritsch – e instaura anche un dialogo con quello spazio eccezionale che è lʼex
Pescheria e ripropone l'instabilità vissuta dalla città attraverso la modulazione di una serie di espositori di forma circolare che minano la linearità degli eventi storici, proponendo unʼinedita flanerie attraverso le vicende umane oltre che belliche di quegli anni, narrate dalla mostra. Ma il “walzer” innescato dagli espositori cilindrici lavora anche con le colonne dellʼex Pescheria che dividono la navata centrale da quelle laterali, con il soffitto della sala e con la straordinaria luce di questo luogo, facendola scivolare sulle opere e sulle strutture espositive che le ospitano.
Due fronti, una città
DIETRO LE QUINTE DELLʼALLESTIMENTO di waltritsch a+u | ARCHITETTI URBANISTI
Gli espositori, in sequenza disassata e tutti riconducibili alla forma del cerchio con un diametro di sette metri, innescano un doppio percorso: la storia della città lungo la navata sinistra, le vicende dei militari triestini lungo quella di destra. Gli elementi si declinano in bacheche con oggetti, fotografie e manifesti di propaganda o vortici mediatici, scaffalature a nicchia o cataloghi degli oggetti, infografica ove sono riportati i dati statistici salienti del periodo bellico a Trieste. Al centro della sala una doppia installazione: a un campo di battaglia popolato da mille soldatini che simboleggia la contesa di Trieste si sovrappone la nuvola dei diari, con mille pagine che ripercorrono le vicende umane del conflitto. Il
perimetro del Salone degli Incanti è definito da un recinto di parole: due frasi simbolo ove ciascuna lettera, anche per altezza e dimensione, rappresenta un soldato che urla al mondo il proprio malessere e la propria volontà di sopravvivenza sopra qualsiasi altro valore e indicano che per tutti i contendenti, da una parte e dallʼaltra del fronte, la situazione era pesantissima e il rischio di morire ugualmente alto:
Ieri abbiamo avuto un combattimento e per grazia di Dio sono rimasto illeso.
(Antonio Pertot, soldato triestino del 97° Reggimento di fanteria dellʼesercito austro- ungarico )
Dopo ben 40 giorni di trincea ritorneremo nel mondo. Qui si crepa al biondo dio.
(Roberto Liebmann Modiano, triestino volontario nellʼesercito italiano)
Due fronti, una città IL CURATORE
LUCIO FABI
Storico e consulente museale, Lucio Fabi ha pubblicato svariati libri sugli aspetti sociali e iconografici del Primo conflitto mondiale tra cui Gente di trincea (Mursia 1994), Trieste 1914-1918 Una città in guerra (MGS Press 1996), La prima guerra mondiale (Editori
Riuniti 1998), Il bravo soldato mulo (Mursia 2012), Soldati dʼItalia (Mursia 2014). Si occupa della valorizzazione storica del territorio, redigendo guide e percorsi tematici. Ha
collaborato allʼallestimento di vari musei della Grande Guerra in Trentino, Veneto e Friuli Venezia Giulia, tra cui il recente “Museo della Guerra per la Pace Diego de Henriquez” del Comune di Trieste (2014). Svolge attività espositiva in Italia e allʼestero. Ha collaborato come consulente scientifico alla serie di 10 dvd di Paolo Rumiz e Alessandro Scillitani per
“La Repubblica” (2014). Fa parte del Comitato scientifico interministeriale per la commemorazione del centenario della Prima guerra mondiale.
Due fronti, una città I GRANDI TEMI
TRIESTE IN GUERRA
La storia della città in guerra, dal 2 luglio 1914, giorno in cui dal mare arrivano le salme del principe ereditario Francesco Ferdinando e della moglie Sophia, fino ai giorni tumultuosi della risposta popolare alla dichiarazione di guerra dellʼItalia, preludio della lunga agonia di una grande città troppo vicina al fronte, in cui si concentrano diversi problemi:
spopolamento, carenza di generi alimentari, miseria diffusa, minaccia di bombardamenti dal cielo e dal mare.
Azzerato il Comune, tutti i poteri sono assunti dalla Luogotenenza, con sede in Piazza Grande. Si instaura un clima militarizzato, con cinema e teatri che offrono spettacoli patriottici per raccogliere fondi per i soldati mutilati, per gli orfani e le vedove di guerra.
UOMINI CONTRO
Le diverse vicende dei triestini e più in generale delle genti del Litorale coinvolte nel conflitto mondiale: le decine di migliaia di militari arruolati nellʼesercito asburgico e
sballottati sui diversi fronti del conflitto, tra accuse di codardia e accertati atti di coraggio, di cui ancora poco si sa; la storia diversa e certo più conosciuta di un migliaio di volontari irredenti fuggiti dallʼAustria per arruolarsi con lʼItalia; i profughi, gli internati per motivi politici e i tanti “regnicoli”, lavoratori italiani dimoranti in città da decenni con le loro famiglie, costretti a ritornare in patria.
Alla folta schiera di volontari irridenti, in particolare, è dedicata una sezione della mostra nella quale si evincono gli ideali e le aspirazioni di una parte della cittadinanza, di lingua e cultura italiana: giovani triestini, che disertano dallʼesercito austro-ungarico o non si
presentano alla chiamata di leva, e fuggono oltre confine per arruolarsi nellʼesercito
italiano, spesso trovando una morte eroica. La loro storia è rappresentata dalle immagini e dalle lettere di tre di loro, scelti come testimoni di tutti i volontari irridenti: Roberto
Liebmann Modiano e Guido Corsi, caduti in guerra, e Mario Nordio, ufficiale dellʼufficio informazioni e in seguito grande giornalista e scrittore.
Su questo tema interviene inoltre il Civico Museo del Risorgimento e il Civico Museo di Storia Patria, che presentano unʼampia sintesi di divise, cimeli, lettere e documentazione riguardo ai volontari irredenti triestini.
LA GUERRA QUOTIDIANA
Lʼesposizione di una vasta e completa raccolta di oggetti della “Trench art” (soprammobili, monili e oggetti vari di uso quotidiano costruiti con residuati bellici) e di propaganda, provenienti dalla ricca collezione Hellmann di Roma – una delle più interessanti in Italia – riflette, in maniera solo apparentemente rassicurante, il progressivo appiattimento della società dellʼepoca alle ragioni del conflitto.
LA CITTÀ CONTESA
Installazione circolare di grande impatto spettacolare, che pone al centro una grande mappa di Trieste, la città contesa dai diversi eserciti, rappresentati da un “esercito” di circa mille soldatini dʼepoca provenienti dalla Collezione Luisi di Trieste. Su questa spettacolare installazione volteggia la “nuvola” di carta degli scritti di oltre un migliaio di soldati, a dimostrazione che la guerra è soprattutto unʼesperienza umana che da individuale diventa collettiva. Altre testimonianze scritte di militari e civili, nonché alcune citazioni letterarie, accompagnano le sezioni della mostra, collegando i tanti reperti, le immagini, i manifesti e le infografiche sui diversi “numeri” del conflitto alle innumerevoli storie individuali che si intrecciano allʼinterno della “grande storia” del mondo in guerra.
Due fronti, una città LE SUGGESTIONI
IL FRONTE INTERNO
Vissuto dalla popolazione di una grande città troppo vicina allʼarea dei combattimenti, troppo lontana dalle linee di rifornimento, che patisce miseria, fame, turbolenze e paralisi dei traffici e delle merci.
IL FRONTE DI COMBATTIMENTO
Per i triestini è rappresentato dalla Galizia, dalla Serbia, dai Balcani. Mandati a morire a schiere, contro un esercito – quello russo – che fa del numero e del disprezzo della vita dei suoi soldati la sua forza. Ma anche il fronte dei fuoriusciti triestini disertori dallʼAustria per combattere con lʼItalia, e spesso morire in battaglia; dei “regnicoli” costretti ad
abbandonare la città in cui vivono, lavorano e hanno famiglia; dei profughi e degli internati come persone sospette dalla polizia austriaca, che scontano la “loro” guerra in luoghi di detenzioni o campi di prigionia che anticipano lʼesperienza dei lager della II guerra mondiale.
IL FRONTE VASTO
Quello dellʼintera società del Novecento che entra nella prima grande guerra di massa con una fede incrollabile nella vittoria, una vittoria promessa dalla propaganda di tutti i paesi, al punto che è la guerra stessa a diventare quotidiana. Questo interessantissimo fenomeno viene visto attraverso la “Trench Art”, lʼoggettistica di uso quotidiano costruita dagli stessi soldati-artigiani nelle retrovie del fronte, replicata dalla propaganda di guerra attraverso la produzione industriale di marchi, gadget, orpelli diversi venduti per finanziare la guerra.
IL FRONTE DELLʼIMMAGINARIO
La guerra giocata nel corso del conflitto e nel dopoguerra da milioni di bambini attraverso il gioco universale dei soldatini, essi stessi opere dʼarte popolare.
Due fronti, una città
TRIESTE IN QUESTA STORIA
Nel 1914 Trieste è una città multietnica e pluriconfessionale di circa 250.000 abitanti, la seconda città dellʼAustria, la terza dellʼImpero asburgico. Primo porto dellʼAdriatico per traffico di merci e passeggeri, è in piena espansione edilizia e finanziaria, con i cantieri e le industrie che danno lavoro a decine di migliaia di operai. La maggioranza della
popolazione parla il dialetto triestino e lo sloveno, non mancano croati, serbi e tedeschi.
Molti gli stranieri del vicino Regno dʼItalia, detti “regnicoli”, in gran parte friulani e veneti dimoranti in città con le famiglie (circa 50.000 persone tra “rimpatriati” o “internati”).
La guerra blocca industrie e cantieri, ferma i traffici, gli uomini partono per i vari fronti. Con lʼentrata in guerra dellʼItalia la città, troppo vicina al fronte, si spopola quasi del tutto.
Cessano le autonomie municipali e si instaura un regime militare. Su Trieste cadono le bombe, mancano i rifornimenti, con i viveri sempre più scarsi e razionati aumentano il mercato nero, la miseria e la fame, contro cui si mobilita lʼassistenza pubblica.
Nel 1921 Trieste è ufficialmente annessa al Regno dʼItalia. Con la dissoluzione dellʼImpero asburgico in vari stati nazionali scompare la funzione di mediazione economica e
finanziaria della città con il suo naturale retroterra; grandemente limitato il traffico portuale – il Lloyd Austriaco, la principale compagnia di navigazione cittadina, leader nei trasporti oceanici di merci e passeggeri, cessa del tutto lʼattività durante il conflitto, per riprenderlo gradualmente dal 1919 con il nome di Lloyd Triestino di Navigazione – le industrie
stentano a ripartire. Cessa lʼimmigrazione del periodo prebellico e la città, in posizione periferica nel contesto dellʼeconomia italiana, vive un difficile dopoguerra.
Due fronti, una città
CURIOSITÀ: OGGETTISTICA DI PROPAGANDA E TRENCH ART
Nel corso del confitto e nel dopoguerra salotti borghesi e più modesti tinelli e cucine dei ceti medi e popolari si riempiono di stampe, fotografie, immagini e tutta lʼoggettistica della propaganda venduta per raccogliere fondi per sostenere le spese belliche, insieme ai lavori di Trench Art degli stessi soldati: manufatti spesso realizzati con abilità e un certo gusto, che combinano il richiamo bellico dei residuati lavorati con lʼinedito utilizzo come tagliacarte e fermacarte, calamai e portapenne, orologi da tavolo, servizi da fumo, soprammobili vari. Proiettili e residuati vengono trasformati in giocattoli e oggetti di uso quotidiano con ben marcati i simboli del conflitto. In quasi ogni casa sono presenti vasi in ottone e rame, spesso istoriati con scritte o vedute dei luoghi di guerra, ottenuti dai bossoli dei piccoli e medi calibri.
Lʼoggettistica esposta in mostra proviene dalla Collezione Hellmann (Roma), nata per la passione di Italo Hellmann, continuata dalla moglie Enrica e dal figlio Alessandro, che per qualità e quantità dei reperti è tra le più importanti in Italia e allʼestero.
Due fronti, una città CURIOSITÀ
“AI MIEI POPOLI”, IL MANIFESTO ORIGINALE DELLʼIMPERATORE FRANCESCO GIUSEPPE CHE DIEDE NOTIZIA DELLA GUERRA
Sono esposti in mostra alcuni tra i più importanti manifesti originali del periodo della Prima guerra mondiale, primo tra tutti lʼannuncio “Ai miei popoli” con cui lʼimperatore Francesco Giuseppe diffonde la notizia della dichiarazione di guerra dellʼItalia allʼAustria-Ungheria, esemplare pressoché unico che tuttavia i visitatori potranno acquistare in fac-simile identico allʼoriginale. E ancora il manifesto che ricorda la morte dellʼanziano imperatore, e in generale i diversi avvisi fatti affiggere dalle autorità sui muri della città in guerra.
In mostra anche diverse locandine e manifesti di spettacoli a teatro e al cinema, la cui programmazione consente anche di sostenere la propaganda e la raccolta di fondi per vedove e orfani di guerra.
Manifesti e locandine provengono dalla Biblioteca Civica, dallʼArchivio Generale del
Comune di Trieste, dal Museo della Guerra per la Pace Henriquez, dalla cospicua raccolta del Civico Museo Teatrale “C. Schmidl”.
LISTE DI LEVA CITTADINE
Lʼimportante documentazione relativa le Liste di leva cittadine viene presentata per la prima volta al pubblico: si tratta di voluminosi registri dalla cui analisi si potrà finalmente determinare il numero esatto dei triestini arruolati nellʼesercito asburgico. E ancora i fascicoli che raccontano di oltre 600 triestini decorati nellʼesercito asburgico, a confronto con il registro riservato ai disertori triestini dal 1913 al 1918. E altri documenti di vita spicciola tratti dallʼinesauribile giacimento, assai poco sfruttato, dellʼArchivio Generale del Comune di Trieste, fonte importantissima per esaminare il passato della città.
FOTOGRAFIE SENZA RETORICA, CON UN PIZZICO DI IRONIA
In mostra anche alcuni significativi esempi di raccolte fotografiche amatoriali di ufficiali triestini e fiumani dellʼesercito austro-ungarico (Michele Chiachich, Mario Slavich,
Francesco Pepeu, ingegnere il primo, gli altri due valenti medici nel dopoguerra), che della guerra esprimono lo sguardo partecipe e insieme disincantato di chi partecipa ad un evento epocale. Nessuna retorica, molta partecipazione umana e un pizzico di ironia.
VIOLINI IN GUERRA
Due strumenti musicali, due violini provenienti dal Civico Museo Teatrale “C. Schmidl”, Trieste, in modi diversi hanno partecipato al conflitto: quello del sottotenente Carlo Stuparich (Trieste 1894, medaglia dʼoro al valor militare), suicidatosi il 30 maggio 1916 sullʼAltipiano di Asiago per non cadere prigioniero del nemico; quello del sergente austro- ungarico Gianni Pavovich (Smirne 1897-Trieste 1982), che ritornato dalla guerra
intraprende una lunga carriera di concertista e di docente al Conservatorio “Tartini” di Trieste. Due violini in mostra, quindi, che hanno risuonato nelle trincee del fronte dellʼIsonzo, regalando attimi di pace e serenità ai soldati che li ascoltarono.
I SOLDATINI DELLA COLLEZIONE LUISI
La collezione dellʼimprenditore triestino Paolo Luisi si compone di circa 15.000 pezzi.
Comprende soldatini francesi di latta di fine ʻ800, soldatini in piombo di marchi europei (CBG, Heyde, Noris, Wollner, Britainsʼ, Antonini, ecc.) di varie epoche, dalla fine ʻ800 agli anni ʼ60 del ʻ900, soldatini in pasta tedeschi e italiani dallʼinizio del ʻ900 agli anni ʼ60 (Lineol, Elastolin, Chialù, Xiloplasto, ecc.) e gli splendidi Sonnenberg-Giroux risalenti al tempo della guerra di Crimea. In mostra, unʼampia scelta degli eserciti della Prima guerra mondiale, rappresentata da soldati e musicanti schierati in drappelli marcianti.
Due fronti, una città TRIESTE IN NUMERI
Popolazione di Trieste 1913-1921 1913 247.000
1914 230.000 1915 180.000 1916 160.000 1917 160.000 1918 180.000 1919 204.000 1920 216.000 1921 229.000
Fonte: P. Luzzatto Fegiz, La popolazione di Trieste, Trieste 1929.
Circa 50.000 triestini maschi dai 18 ai 50 anni arruolati: non si sa quanti militari triestini siano morti in guerra, secondo calcoli statistici dovrebbero essere più di 6.000, la maggior parte sepolti nei cimiteri di guerra in Galizia, tra la Polonia, lʼUngheria e lʼUcraina.
Circa 50.000 “regnicoli”, ossia i lavoratori italiani dimoranti con le famiglie a Trieste, rimpatriati (35.000) o internati (15.000).
Popolazione presente a Trieste secondo lingua dʼuso, in percentuale
1910 % su popolazione Italiana 66,6
Slovena 26,1
Tedesca 5,8
Serbo-croata 1,1
Altre 0,4
1921
Italiana 91,8 Slovena (“allogeni”) 8,2 1939 Italiana 222.996 88,3 Slovena 27.915 11,1 Tedesca 1.051 0,4 Croata 334 0,1 Altre 141 0,1
ESERCITO AUSTRO-UNGARICO 9 milioni di uomini
Di cui:
2.232.000 austriaci (248 per mille) 2.097.000 ungheresi (233 per mille) 1.134.000 cechi (126 per mille) 828.000 serbi o croati (92 per mille) 711.000 polacchi (79 per mille) 702.000 ucraini (78 per mille) 630.000 rumeni (70 per mille) 324.000 slovacchi (36 per mille) 225.000 sloveni (25 per mille)
117.000 italiani (dal Trentino e dal Litorale, 13 per mille) PERDITE DELLʼESERCITO AUSTRO-UNGARICO Esercito mobilitato: 9.000.000
Morti: 1.100.000
Feriti di guerra: 3.620.000 Prigionieri: 2.200.000
Percentuale decessi rispetto la forza mobilitata: 12%
Due fronti, una città
LE CITAZIONI: PENSIERI CONTRAPPOSTI, DESTINI SIMILI Italo Svevo, La coscienza di Zeno
Claudio Magris, Non luogo a procedere Umberto Saba, Autobiografia: 14
Giulio Barni, La Buffa
Biagio Marin, Dai tribuli del Carso Gianni Pavovich
Gianni Gori, “Il Piccolo”, 18 marzo 1980
Paolo Rumiz, Come cavalli che dormono in piedi Fulvio Tomizza, Franziska
Giovanni Cabass, Cronaca della mia vita dal 20 maggio 1915 in poi Umberto Eco, Diario minimo, Misreadings
Scipio Slataper, articolo per “Il Resto del Carlino” dellʼ8 settembre 1914.
Tra le tante citazioni presenti in mostra, spiccano le considerazioni di due “uomini contro”, il soldato austro-ungarico Giovanni Cabass e il volontario irredento Pantaleone Zottig.
Tutti e due lamentano la loro triste condizione: il soldato austriaco di lingua italiana che viene trattato come spia e nemico dai commilitoni austriaci e tedeschi; il volontario di guerra triestino che viene beffeggiato e picchiato dai suoi stessi compagni di reparto, perché appunto “volontario”, mentre tutti loro erano stati obbligati ad andare in guerra.
Giovanni Cabass, Cronaca della mia vita dal 20 maggio 1915 in poi, Manoscritto.
(Collezione privata)
Proseguendo il viaggio colle bandiere, con lʼalabarda triestina avanti, gli amici cantavano allegramente ma io invece col cuore straziato e gonfio del dolore, senza un soldo in scarsela, ero stretto in un cantone del vagone e pensavo con mente ferma e senza proferire parola la misera fine che in futuro aveva da toccarmi, e tra urla e canti siamo arivati a Radkersburg. […]
Per dire la verità i Tedeschi non trattavano bene con noi, anzi tutto diversamente,più male che potevano, ci odiavano come fossimo statti tanti prigionieri Italiani e se si apriva la bocca per diffendersi dicendogli che anche noi abbiamo fratteli morti sul campo si sentiva echegiare subito la volgare parola Roich oppure Garnigion Arest.
Lettera del volontario triestino Pantaleone Zottig allʼamico Carlo, 19 dicembre 1915.
(Civico Museo del Risorgimento, Trieste)
Ebbi occasione, dopo varie ricerche, di trovare Vidussio, ridotto a ben compassionevole stato. […] Quello che gli succedette è cosa veramente incredibile se non stesse là il suo naso ad attestare tanta vilissima infamia. Come sai, appena scoppiata la guerra corse ad Ancona e si arruolò volontario. Vi stette un mese e mezzo circa. Periodo dolorosissimo…
Ebbe compagni veri delinquenti, contro lui inviperiti e su lui sfoganti tutta la loro sconcia e nefasta ira. Ei sopportò fin quanto poté! Poi la misura passò il tollerabile: un ingiuria più sanguinosa delle altre lo mosse a ribellione. Prima su lui in 5, in 10, tutti i presenti. Lo bastonarono, gli ruppero il naso, lo costrinsero a letto. Un difetto nel respiro lo cagionò nel servizio militare: fu congedato. Il naso tuttʼora gli fa male e respira a fatica. È il premio della sua abnegazione; è la ricompensa al suo entusiasmo ed al suo pronto sacrificio di morire per la Patria!