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A mano a mano che la società si apriva al “secondo sesso”, le donne prendevano a misurarsi in campi ritenuti fino ad allora prettamente maschili, come la letteratura

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Academic year: 2021

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CONCLUSIONI:

A partire dalle vicende biografiche della scrittrice Tillie Olsen, ho analizzato il rapporto che intercorre tra creatività e maternità, avvalendomi di testi redatti o curati dall’autrice stessa.

Durante la sua carriera, Olsen ha approfondito aspetti della letteratura che mai prima di allora erano stati indagati. Nella raccolta di saggi “Silences”, affronta il tema del silenzio inteso nelle sue varie forme: un artista può essere tacitato dal proprio perfezionismo (autocensura), dalle particolari condizioni politiche in cui vive oppure dalle contingenze materiali. Grandi artisti come Franz Kafka, Hermann Melville o Francis Scott Fitzgerald hanno sofferto per lo struggimento di non poter esprimere pienamente la loro creatività; il silenzio ha spesso rappresentato una condizione penosa per molti scrittori, anche famosi. Le donne si avvicinano all’arte con molto ritardo, a causa del loro assoggettamento all’uomo. Grazie all’opera di sensibilizzazione e di aperta sfida portata avanti dalle femministe, si sono viste riconosciuti diritti e garanzie sempre maggiori. A mano a mano che la società si apriva al “secondo sesso”, le donne prendevano a misurarsi in campi ritenuti fino ad allora prettamente maschili, come la letteratura. Per le scrittrici, tuttavia, non fu facile acquisire credibilità e portare avanti progetti in una realtà dominata, ancora, dall’uomo. La proporzione numerica tra le scrittrici e gli scrittori era di una a dodici, quando Olsen scrisse Silences. Ad oggi le proporzioni numeriche sono cambiate, ma il divario è ancora evidente. Perché

il numero delle donne che scrive e pubblica è ancora inferiore? Perché nelle scuole si insegnano così poche opere scritte da donne? Il mondo dell’editoria ha mantenuto un atteggiamento prettamente maschilista, pronto a etichettare la letteratura femminile come “minore”.

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122 Negli anni Settanta, Tillie Olsen pubblica numerose reading lists contenenti opere in larga parte sconosciute al grande pubblico. Negli stessi anni si impegna per recuperare testi ormai dimenticati come Life in the Iron Mills di Rebecca Harding Davis e Daughter of Earth di Agnes Smedley. Il contributo di Olsen e della Feminist Press ha permesso di “infrangere” silenzi e recuperare opere che sono poi entrate a far parte dei classici della letteratura americana.

Olsen intende dare voce a tutte quelle scrittrici che, per cause diverse, sono state tacitate. Molte di loro erano madri, perché la conciliazione di maternità e creatività era ancora un traguardo difficile da raggiungere. Dai suoi testi emergono voci di madri tra loro molto diverse, le cui esperienze non erano mai state registrate dalla Letteratura.

Nella raccolta di racconti Tell Me a Riddle, i rapporti interpersonali tra genitori e figli adolescenti e tra figli adulti e genitori anziani sono presentati come punto di partenza per analizzare tematiche più generali. Nei testi si parla del valore della solidarietà sociale e del potere alienante della società capitalista (“Hey Sailor What Ship?”), della difficoltà per i genitori di crescere i figli nel segno dell’uguaglianza quando la scuola è promotrice di razzismo (“O Yes”), del valore della memoria e del recupero della propria identità (“Tell Me a Riddle”). La madre senza nome del racconto “I Stand Here Ironing” parla della primogenita Emily, delle particolari condizioni in cui è stata cresciuta e che l’hanno resa così introversa e chiusa. Nel ricordare le difficoltà incontrate come ragazza-madre lavoratrice, rifiuta qualsiasi tipo di colpevolizzazione che la società vorrebbe instillarle, poiché al tempo non avrebbe potuto fare altrimenti. L’istituzione scolastica, attraverso la figura della preside che chiama la madre per un colloquio, vorrebbe che Emily si adeguasse agli altri, diventando una studentessa più facile da plasmare. La madre, la cui voce da timida si è fatta

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123 sempre più forte, si rifiuta di avallare questo tentativo di adeguamento: Emily deve seguire le proprie inclinazioni e passioni ed essere se stessa, perché solo così potrà crescere e “fiorire”.

Anche la voce di Helen (la madre di “Hey Sailor, What Ship? e “O Yes”) cerca di impedire che le figlie siano fagocitate da una sistema-società che vorrebbe omologarle e spersonalizzarle. Nel primo dei due racconti, la donna cerca di spiegare alla figlia maggiore Jeannie quanto l’amico di famiglia Whitey abbia fatto per loro nel corso degli anni. Quest’uomo è un marinaio dedito all’alcool, che ha condiviso con Helen e suo marito le lotte sindacali degli anni Trenta e che di tanto in tanto va a trovarli. Negli anni, Whitey ha visto crescere le tre figlie di Helen e Lennie, ha aiutato economicamente la famiglia e, soprattutto, ha ricordato ai due coniugi della stagione dell’attivismo e dei valori che la animavano. Il racconto è ambientato negli anni Cinquanta, la società è cambiata e ben poco è rimasto degli ideali di venti anni prima, gli stessi Helen e Lennie si sono “imborghesiti”. Tuttavia Helen, in quanto madre e custode della memoria, non ha dimenticato quella stagione di ideali e vorrebbe che le figlie crescessero nel segno della solidarietà e dell’aiuto reciproco. In “O Yes” Helen cerca di aiutare la figlia Carol e l’amica di colore Parialee a non “perdersi”, nonostante la società e la scuola tentino di separarle. Le madri delle due ragazzine sono amiche a loro volta e cercano di contrastare il dilagante razzismo che vorrebbe porre Carol e Parialee su due fronti opposti. Helen decide di partecipare insieme alla figlia, alla cerimonia di battesimo di Parry che avrà luogo nella locale chiesa battista. Presentando mamma e figlia come le uniche persone “bianche”, l’autrice vuole rovesciare il punto di vista della società che relega le persone di colore a minoranza da assoggettare. Helen vorrebbe che Carol facesse appello agli insegnamenti ricevuti e rifiutasse gli atteggiamenti apertamente discriminatori portati avanti dagli insegnanti, ma teme che la ragazza non sia abbastanza forte per operare una scelta così radicale.

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124 L’anziana Eva è la protagonista di “Tell Me a Riddle”. La donna ha cresciuto sei figli e si è dedicata completamente alla famiglia, rinunciando a coltivare i suoi spazi e le sue passioni. Quando i figli sono adulti, intende recuperare il tempo perso godendosi lo spazio della sua casa che, per tanto tempo, ha rappresentato una prigione. Porta avanti con tenacia il processo di recupero dell’identità, spesso scontrandosi col marito David, che vorrebbe vendere la casa e trasferirsi in una struttura per anziani costruita dal sindacato. I due coniugi per anni sono stati separati dalla rigida divisione dei compiti che la società maschilista ha imposto loro: la donna chiusa nella dimensione privata della casa mentre l’uomo inserito nella dimensione pubblica del lavoro e delle relazioni sociali. Il sacrificio richiesto a Eva è stato tanto grande che la donna non intende più identificarsi col ruolo di madre e di nonna, perché il recupero dello spazio fisico, del tempo e della cura della propria interiorità rappresentano priorità cui non intende rinunciare. La voce di Eva, come già successo per la madre di “I Stand Here Ironing”, acquista vigore nel corso della narrazione e si fa più forte alla fine, quando sta per morire. La donna intona un antico canto di lotta, “These Things Shall Be” e questo ricorda a David che sua moglie ancora crede negli ideali che li hanno animati da giovani. La giovane attivista che aveva conosciuto e che poi era diventata sua moglie e la madre dei suoi figli era davanti ai suoi occhi e aveva recuperato del tutto la voce. La ripresa del canto può essere interpretata come un’affermazione dell’identità.

Nell’antologia Mother to Daughter, Daughter to Mother: A Daybook and Reader Olsen ha raccolto testi da autrici tra loro molto diverse, tutti incentrati sul rapporto che si instaura tra madre e figlia.

La voce materna si esprime direttamente (“Her Own Voice”) o attraverso il contributo delle figlie scrittrici, che testimoniano la grande varietà di sentimenti e umori che entrano in gioco in un rapporto così profondo. Emergono voci tra loro molto diverse e, in alcuni casi, discordanti che mettono in risalto aspetti tra loro diversi (ma tutti reali) dell’interazione tra madre e figlia. La

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125 rabbia, il rancore, la delusione, la gratitudine, l’affetto, la stima sono come pezzi di un quilt ogni volta diverso e unico. Ad accomunare tutti questi sentimenti c’è la spinta per la vita, di cui l’amore materno è la più grande manifestazione; come afferma Adrienne Rich: “the mother’s battle for her child – with sickness, with poverty, with war, with all the forces of exploitation and callousness that cheapen human life – needs to become a common human battle, waged in love and in passion for survival”.

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