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TERREMOTO 1980: TRA MEMORIA E PRESENTE

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CS n.53-2010

TERREMOTO 1980: TRA MEMORIA E PRESENTE

Mentre si moltiplicano polemiche per emergenze più o meno recenti, a trent’anni dal devastante terremoto che colpì la Basilicata e la Campania, in particolare

l’Irpinia, la Caritas ricorda quei momenti e l’apporto di tanti volontari.

La Terra, ci ha ricordato il Papa nell’Angelus dello scorso 14 novembre, è “affidata da Dio Creatore all’uomo – come dice la Genesi – affinché la coltivi e la custodisca”. Ed ha poi aggiunto che, nonostante la crisi, in Paesi di antica industrializzazione si incentivano ancora “stili di vita improntati ad un consumo insostenibile, che risultano anche dannosi per l’ambiente e per i poveri”.

Ogni grande emergenza infatti, oltre al carico di morte e dolore, spesso porta a galla anche aspetti più amari, come povertà e situazioni di abbandono del territorio, scollamento e disfunzione delle istituzioni.

Il pensiero va ai tanti, troppi disastri che hanno ferito l’Italia: dalle recenti alluvioni in Veneto, Toscana, Campania, Calabria alle frane nel Messinese, al terremoto in Abruzzo, solo per citare i più eclatanti.

Fino a tornare a quel tragico 23 novembre del 1980, al terremoto che sconvolse una vasta area, tra Campania e Basilicata. L’area più colpita è nel cuore dell’Irpinia, in provincia di Avellino, ma danni gravi si registrano anche nelle province di Potenza, Napoli, Salerno.

A trenta anni di distanza sono ancora aperte le crepe di quel minuto e 20 secondi che ha seminato morte e distruzione, ma che ha anche generato una straordinaria solidarietà e consentito alla Caritas di consolidare un nuovo modello di intervento.

Circa 3.000 morti, 9.000 feriti, 300.000 senza tetto: dietro queste cifre altrettante storie interrotte, lacerate, cambiate per sempre. I comuni danneggiati sono 280, i paesi rasi al suolo 36. Due le diocesi principalmente coinvolte (Avellino e Potenza), 29 quelle interessate. L’area colpita misura 27 mila chilometri quadrati, tre volte quella del sisma in Friuli nel 1976.

La positiva esperienza sperimentata in occasione del terremoto del Friuli persuade Caritas Italiana a riproporre il metodo dei gemellaggi tra le diocesi italiane e le parrocchie terremotate, come strumento principale di prossimità e accompagnamento alle comunità colpite, allo scopo di assicurare sostegno morale e materiale per tutto il tempo dell’emergenza acuta e della ricostruzione. Ben 132 diocesi aderiscono alla proposta di gemellaggio, con il fondamentale apporto di volontari e obiettori di coscienza. Un’esperienza storica di presenza e di scambio fra Nord, Centro e Sud Italia, destinata a ripetersi, quantomeno in ambito ecclesiale, in occasione delle catastrofi collettive nei decenni successivi, come nel terremoto in Umbria e Marche, nel Molise e in Abruzzo.

Una presenza che diventa forte stimolo: per la chiesa italiana a proseguire nell’opera di solidarietà con le popolazioni colpite; nei confronti delle istituzioni ad impegnarsi senza indugi nella ricostruzione e nella prevenzione.

Proprio per sottolineare l’importanza dei gemellaggi, in occasione del 30° anniversario, in molte parrocchie e comuni nelle diocesi della Campania colpite dal terremoto, come ad esempio nella cattedrale di Avellino e a Sant’Angelo dei Lombardi, avverranno celebrazioni eucaristiche e momenti commemorativi con la partecipazione delle comunità gemellate.

La Basilicata ha invece ricordato l’evento lo scorso 17 novembre, quando una folta delegazione di circa 6.000 persone, guidata dai Vescovi locali, con la partecipazione di autorità civili e militari, volontariato, associazionismo, ha preso parte all’Udienza del Santo Padre in piazza San Pietro a Roma. In quell’occasione Benedetto XVI ha voluto sottolineare che “In quel drammatico evento, le cui ferite sono ancora profonde e vive nella mente e nel cuore di queste care popolazioni, da tante parti d’Italia sono giunti aiuti generosi”.

Roma, 19 novembre 2010

comunicazione@caritasitaliana.it – www.caritasitaliana.it

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