Manutenzioni
straordinarie
e bonus 110%
Riflessioni sui risvolti nel diritto condominiale
a cura dell’Avv. Matteo Peroni
Nello stendere le riflessioni contenute in questo elaborato, ho cercato di pensare alla posizio- ne dell’amministratore di fronte all’assemblea condominiale.
In molti in questo momento sono convinti che il bonus 110% significhi semplicemente: lavori gratis. Ma, come ben sai, la questione è ben più complessa e spinosa.
Le seguenti pagine si focalizzano sul percorso assembleare necessario per approvare i lavori inerenti il bonus del 110%, sui singoli passaggi e sull’attività di indagine e collaborazione fra professionisti ed amministratore. Tutti elementi fondamentali per arrivare in assemblea con le idee chiare su cosa si può fare e su cosa non si può fare.
Un vademecum per l’amministratore professionista che serva da guida in un percorso delica- to in un momento storico così particolare.
Buona lettura!
Avv. Matteo Peroni
Premessa
L’autore:
Avv. Matteo Peroni
L’avvocato Matteo Peroni nasce a Brescia nel 1979;
durante l’università si appassiona al diritto condomi- niale e a tutte le numerose problematiche collegate.
Tiene corsi di formazione e scrive articoli per riviste locali e nazionali. Organizza corsi e seminari online per addetti ai lavori, con un taglio prettamente pratico che permetta ai condomini e agli amministratori di com- prendere i principi giuridici della materia.
Dal 2016 collabora con Danea Soft per la redazione di contenuti dedicati all’amministrazione professionale.
> Sito e blog ufficiale
> Il suo nuovo progetto: “Club condominio”
> Il suo canale YouTube su tematiche condominiali (disponibili anche in podcast)
Sommario:
1. Introduzione pag 5
2. Legge 126 del 13.10.2020 pag 6
2a. Entrata in vigore pag 6
2b. Modifica del comma 9bis, art.119, D.L. 34/2020 pag 6
2c. Modifica dell’art.66 disp. att.ve c.c. pag 8
2d. Introduzione art. 63bis comma 1 nel D.L. 104/2020 pag 10 2e. Introduzione art. 63bis comma 2 nel D.L. 104/2020 pag 11
3. L’assemblea pag 12
3a. Fondo per lavori straordinari ex art. 1135 c.c. pag 12 3b. Quando sono obbligato a convocare i condomini per discutere dei lavori? pag 17
3c. Chi devo convocare all’assemblea? pag 17
L’usufruttuario e il nudo proprietario pag 17
Il condominio parziale pag 19
4. Le opere oggetto di bonus pag 21
4a. Tetto e facciate pag 21
Ripartizione della spesa inerente il tetto in proprietà esclusiva pag 22
Il cappotto viene pagato anche dai box? pag 22
4b. Impianti per riscaldamento/raffrescamento pag 25 4c. Impianti fotovoltaici e/o produzione di energia mediante fonti rinnovabili pag 25 Caso dell’installazione da parte del singolo pag 25 4d. Miglioramento della classe di rischio sismico pag 29 4e. Infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici pag 29
4f. Infissi e lucernari pag 31
4g. Unità funzionalmente indipendente pag 32
5. Maggioranze per l’approvazione dei lavori oggetto di bonus pag 34
Norme di riferimento pag 34
Riflessioni circa le maggioranze pag 35
Maggioranza agevolata per le opere di cui al bonus 110% pag 35
Le “altre” maggioranze pag 36
La maggioranza per le spese connesse (analisi del tecnico) pag 36 I lavori personali e le scelte del singolo (cessione del credito) pag 37
6. Alcuni esempi di problemi da considerare in sede di stipula del contratto di
appalto pag 38
7. Link utili pag 39
Alcune “istruzioni per l’uso” alla lettura di queste mie riflessioni.
• La procedura per ottenere il bonus del 110% è complicata e ricca di insidie. Se si sceglie di seguire questa strada occorre essere affiancati da figure professionali qualificate ed indipendenti rispetto a chi esegue i lavori. Non esiste una “proce- dura tipo” o un “contratto tipo” da seguire; ogni caso va affrontato, analizzato ed impostato in funzione delle sue peculiarità.
• Questa dispensa non è scritta per risolvere tutti i problemi legati al bonus (vedi punto 1), ma per fornire alcuni spunti di riflessione all’amministratore di condo- minio. Dovrà quindi essere affiancata dalle indicazioni tecniche e dalle indicazioni in materia fiscale.
• Non esiste solo il 110% e l’assemblea potrebbe decidere di fruire delle ulteriori forme di detrazione fiscale (vi rimando ai link utili di pagina 39).
• 110% non vuol dire lavori gratis. Alcune delle spese di gestione non sono detraibili (ad esempio, le competenze dell’amministratore) ed in ogni caso deve essere preventivamente approvato (e pagato) lo studio di fattibilità.
Come brillantemente fatto osservare dal dott. Costantino Ferrara in questo arti- colo, il cittadino paga i lavori cedendo il proprio credito di imposta; se il credito di imposta verrà – per qualsiasi motivo – messo in discussione, il cittadino sarà costretto a pagare tali somme maggiorate di sanzioni ed interessi.
Mi permetto riportare uno stralcio dell’articolo richiamato:
“È già iniziato il “circo” delle ditte che contattano le persone, offrendo di esegui- re ingenti lavori a gratis. In particolare, alcune aziende propongono di realizzare lavori che valorizzano in decine di migliaia di euro, senza neppure effettuare un minimo studio di fattibilità sull’abitazione in oggetto. Offerte del genere sono il chiaro segnale di comportamenti poco corretti, le cui conseguenze ricadranno poi sui cittadini. Si tratta, con discrete probabilità, di ditte destinate a sparire nell’arco di pochi anni, dopo aver incamerato le somme derivanti dai lavori “gonfiati””.
1. Introduzione:
La Legge 126 del 13.10.2020 ha convertito il D.L. 104/2020 e ha introdotto alcune no- vità per il mondo condominiale; il mio parere circa tali modifiche coincide perfettamente con il pensiero del dott. Antonio Scarpa il quale, sulle pagine del quotidianogiuridico.it, ha scritto un articolo di cui riporto alcune parole: “Non c’è nessuna incertezza o lacuna nelle leggi che un maldestro legislatore non possa peggiorare. L’intervento della normativa emergenziale in materia condominiale, dopo essersi fatto tanto attendere, lascia sinceramen- te sconcertati.”.
Detto questo, esaminerò le parti della norma di nostro interesse cercando di fornire alcuni spunti di riflessione utili per l’amministratore. Ricordo che queste riflessioni sono opinioni personali dettate dalla mia esperienza in ambito condominiale; non vogliono essere la “cosa giusta”, ma rappresentano il mio punto di vista. Tale punto di vista è fina- lizzato a evitare contenzioso o, quanto meno, a limitare le possibilità di soccombenza in capo al condominio.
2a. Entrata in vigore
La Legge 126/2020 è entrata in vigore il 14.10.2020; le nuove regole si applicano per- tanto a tutte le assemblee condominiali successive al 13.10.2020.
2b. Modifica del comma 9bis, art. 119, D.L. 34/2020
“9bis. Le deliberazioni dell’assemblea del condominio aventi per oggetto l’approvazione degli interventi di cui al presente articolo e degli eventuali finanziamenti finalizzati agli stessi, non- ché l’adesione all’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all’articolo 121, sono valide se approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno un terzo del valore dell’edificio”.
La modifica apportata all’articolo 9bis dispone che, a maggioranza semplice, l’assemblea possa:
• approvare finanziamenti finalizzati alle opere di cui all’art. 119 (superbonus);
• cedere il credito o applicare lo sconto in fattura.
2. Legge 126 del 13.10.2020
Come fatto rilevare da diversi commentatori, l’approvazione a maggioranza di tali scelte comporta una serie di criticità; anche sotto tale profilo, prima di deliberare, consiglio di approfondire con i professionisti di fiducia del condominio le implicazioni legali e fiscali delle opzioni su cui i condomini saranno chiamati ad esprimersi. L’approfondimento è necessario al fine di: (a) evitare spunti di impugnativa in favore dell’eventuale condo- mino contrario ai lavori; (b) ridurre i rischi di contestazioni in ordine ai lavori e/o alle modalità di pagamento.
Finanziamento
Ritengo che il finanziamento dei lavori straordinari, in generale, non possa essere ap- provato a maggioranza (neppure dei due terzi), ma necessiti di un’adesione specifica da parte di ogni singolo condomino.
L’assemblea dovrà, innanzitutto, approvare le opere da realizzare, il riparto e le modalità di versamento delle rate per costituire il fondo straordinario; ogni condomino potrà poi aderire, approvandolo, al finanziamento da parte dell’istituto bancario e fruire così di una maggior dilazione nei versamenti, ma anche dei costi dell’operazione. Se il singolo condomino non aderisce a tale possibilità (in assemblea oppure entro un termine defini- to) dovrà corrispondere le rate alle scadenze indicate dal riparto.
La norma in esame rende possibile approvare, con la maggioranza semplice (maggioran- za degli intervenuti ed almeno un terzo dei millesimi), un finanziamento finalizzato alle opere relative al superbonus.
Ferma la prudenza nell’utilizzo (come ho scritto poche righe fa), se l’assemblea ritenesse di procedere con l’approvazione a maggioranza dovrà essere data la possibilità, a mio parere e per chi non volesse sostenere i conseguenti costi, di pagare direttamente la sua quota.
Cessione del credito
Quanto disposto dal comma 9bis si pone in contrasto con i principi affermati fino ad oggi: il credito fiscale è un diritto personale di cui ogni proprietario può disporre libera- mente.
Ritengo opportuno che, al pari del finanziamento, debba essere data la possibilità ad ogni condomino di “scindere” la propria volontà da quella della maggioranza ed effettua- re la sua scelta autonoma in ordine alle modalità d’uso del credito maturato.
2c. Modifica dell’art. 66 disp. att.ve c.c.
Comma 3
L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convoca- zione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.
Comma 6
Anche ove non espressamente previsto dal regolamento condominiale, previo consenso di tutti i condomini, la partecipazione all’assemblea può avvenire in modalità di videoconfe- renza. In tal caso, il verbale, redatto dal segretario e sottoscritto dal presidente, è trasmesso all’amministratore e a tutti i condomini con le medesime formalità previste per la convoca- zione.
Ho già parlato in diverse sedi dell’assemblea telematica e della sua modalità di gestione;
in generale ed applicando alcune accortezze, ho sempre ritenuto valida un’assemblea svolta telematicamente (rimando agli scritti ove ho affrontato tali tematiche per appro- fondimenti circa le modalità di svolgimento).
Oggi dobbiamo rapportarci con la modifica dell’art. 66 disp. att.ve c.c. ed anche in que- sto caso occorre tentare di dare significato al testo.
Sul tema del rinnovato articolo 66 disp. att.ve c.c. sono state elaborate diverse teorie interpretative; lo stesso avverrà nel corso dei prossimi mesi e solo fra qualche anno po- tremo avere le prime indicazioni da parte della giurisprudenza. Tale percorso potrebbe portare a risultati contrastanti: basta pensare al tema della durata dell’incarico di am- ministratore (sono passati anni dall’entrata in vigore della riforma e nel 2019 / 2020 ho registrato tre diverse correnti di pensiero fra i giudici di merito).
L’amministratore dovrà utilizzare tale strumento con intelligenza, magari “forzando la mano” quando sia possibile farlo. Ritengo piuttosto solida la tesi che racchiude nell’al- veo dell’annullabilità eventuali vizi inerenti alla convocazione/svolgimento dell’assem- blea telematica; proprio per questo è opportuno che il verbale venga inviato a mezzo raccomandata/pec a tutti i condomini (presenti ed assenti) in modo da avere termini certi in ordine alle eventuali contestazioni.
Nullità o annullabilità
Il tipo di vizio che dovesse generare un’assemblea tenuta in modalità telematica senza il preventivo consenso resta un aspetto molto importante.
A mio avviso, eventuali vizi legati alla convocazione ed allo svolgimento dell’assemblea in videoconferenza restano compresi fra i vizi di annullabilità di cui alla Cassazione a Se- zioni Unite n. 4806/2005. Sul tema, ricordo che la mancata convocazione di un condo- mino rientra fra i vizi di annullabilità; quindi, se io non convoco un proprietario all’assem- blea e lui non impugna entro trenta giorni dalla ricezione del verbale, i vizi sono superati.
Preventivo, consenso e regolamento
Cercando di dare un significato coerente a quanto scritto dal legislatore, formulo i se- guenti ragionamenti.
• L’eventuale modifica del regolamento sembra dover essere all’unanimità (ben fe- lice di essere smentito dalla futura giurisprudenza); questa è la lettura più logica in ragione della richiesta di un preventivo consenso “da parte di tutti i condomini”.
Una volta modificato il regolamento, riterrei che l’abrogazione della clausola deb- ba avvenire sempre all’unanimità salvo il caso di subentro di nuovo proprietario che non la accetti espressamente (come avviene per le clausole contrattuali di regolamento).
• Forma del consenso. Viene chiesta l’acquisizione di un consenso preventivo alla ce- lebrazione dell’assemblea. Dal mio punto di vista, ciò significa che l’amministratore dovrà raccogliere l’assenso alla convocazione dell’assemblea secondo tale modalità.
La forma del consenso non è prescritta quindi, in astratto, potrebbe essere am- messa anche quella verbale; il problema sarà eventualmente una questione di prova in caso di impugnativa. Tale aspetto ricorda le tematiche legate alla convo- cazione dell’assemblea (prima della riforma del 2012): io potevo convocare anche verbalmente e l’unico problema sarebbe stato la prova di averlo fatto nei termini.
• Durata del consenso. La norma non ci dice se il consenso valga solo per una riu- nione o possa valere per più riunioni; ritengo che, ove il condominio si dichiari di- sponibile a partecipare alle future assemblee mediante collegamento telematico, sia possibile considerare valida tale autorizzazione fino a revoca.
• Videoconferenza. Ritengo che il termine “videoconferenza” vada inteso in senso ampio e comprenda la possibilità di collegarsi anche mediante chiamata urbana (come permettono di fare le piattaforme professionali); l’amministratore attento inserirà anche tale possibilità nella richiesta di assenso da lui formulata.
• Luogo di convocazione e firma del presidente. Le figure del presidente e del se-
gretario (non previste per l’assemblea in presenza) vengono introdotte per l’as- semblea in “videoconferenza”. Possiamo ragionevolmente ipotizzare che il luogo di assemblea sarà quello dove si trova il presidente (ritengo che potrà essere anche l’amministratore); tutti i condomini saranno collegati a tale luogo tramite videoconferenza. Una volta conclusa l’assemblea il presidente potrà sottoscrivere il verbale (con firma digitale o in modalità “analogica” dopo averlo stampato); tale documento verrà, come di consueto, inviato a tutti i condomini dall’amministra- tore.
• Assemblea mista. Da una prima lettura si potrebbe affermare che l’as- semblea “mista” (in presenza e con possibilità di collegarsi da remo- to) non sia più possibile in ragione del consenso di tutti i condomini.
Ritengo, al contrario, che l’assemblea “mista” sia ancora ammissibile.
In questo caso, l’amministratore convocherà un’assemblea nelle modalità ordina- rie (quindi in luogo fisico); nella convocazione verrà altresì data la possibilità a chi lo ritiene di partecipare da remoto con modalità telematiche.
2d. Introduzione art. 63bis comma 1 nel D.L. 104/2020
Il termine di cui al numero 10) dell’articolo 1130 del codice civile è sospeso fino alla cessazio- ne dello stato di emergenza da COVID-19, dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020.
Non ritenevo importante tale modifica in quanto avrei trovato assolutamente illogico revocare un amministratore condominiale per il mancato rispetto dell’art. 1130 numero 10 c.c. in questo periodo emergenziale. Restano comunque aperti altri profili che ogni amministratore dovrà gestire / tamponare con la sua esperienza e con l’ausilio del suo legale di fiducia:
• i condomini possono comunque richiedere la convocazione di un’assemblea stra- ordinaria ed autoconvocarsi (in caso di mancata convocazione ed eventualmente anche per revoca dell’amministratore);
• se i rendiconti non vengono predisposti ed inviati (pur se non approvati), difficil- mente i condomini provvederanno ad eseguire dei pagamenti;
• non posso ottenere un decreto ingiuntivo esecutivo senza verbale di approvazio- ne del rendiconto.
2e. Introduzione art. 63bis comma 2 nel D.L. 104/2020
È rinviato di sei mesi dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il termine per gli adempimenti e adeguamenti antincendio previsti per il 6 maggio 2020, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b, del decreto del Ministro dell’interno 25 gennaio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 30 del 5 febbraio 2019.
Ritengo che tale prescrizione sia la cosa migliore nata dalla modifica legislativa in quanto rimanda il termine scaduto il 06 maggio.
A mio modo di vedere, il percorso assembleare necessario per approvare i lavori inerenti il bonus del 110% si compone delle fasi sotto-elencate; oltre a queste, sarà necessaria un’attività di indagine e collaborazione fra professionisti ed amministratore; ciò al fine di arrivare in assemblea con le “idee chiare” su cosa si può fare e su cosa non si può fare.
Ritengo opportuna la nomina di una commissione di condomini che affianchi l’ammini- stratore e si confronti con lui sulle scelte operative. La commissione non deve decidere al posto dell’assemblea, ma deve portare in assemblea delle alternative già ponderate.
• Prima assemblea
Nomina di un tecnico che verifichi la fattibilità dell’intervento (in tutte le sue com- ponenti quali, ad esempio, la regolarità catastale ed urbanistica) e nomina di una commissione che affianchi l’amministratore nelle fasi preparatorie alle assemblee.
• Seconda assemblea
Illustrazione della relazione da parte del tecnico e scelta di come procedere. Nel caso si scelga la strada del 110 ritengo fondamentale nominare tre figure: (1) il tecnico per il progetto e le certificazioni; (2) il legale per la predisposizione dei contratti; (3) il commercialista che segua i profili fiscali e gli eventuali rapporti inerenti la cessione del credito o lo sconto in fattura.
Chiaramente l’assemblea potrebbe decidere di appaltare tutte le attività di cui so- pra ad una ditta esterna senza alcun controllo “terzo”; se io fossi l’amministratore sconsiglierei tale scelta a verbale, lasciando poi – come è ovvio che sia – la scelta su come procedere ai condomini. Quanto meno sarebbe necessaria una verifica dei contratti che verranno sottoposti all’assemblea.
• Terza assemblea
Esame dei preventivi e dei contratti. Approvazione dei lavori ed autorizzazione all’amministratore a sottoscrivere i contratti.
• Quarta assemblea
Approvazione del rendiconto consuntivo.
3a. Fondo per lavori straordinari ex art. 1135 c.c.
Visto che i lavori oggetto della presente relazione NON sono gratis (come invece risulta da tante pubblicità), mi sembra corretto affrontare quale primo tema il fondo per i lavori
3. L’assemblea
straordinari.
Anche immaginando la più rosea delle prospettive, le spese non detraibili (ad esempio, le competenze dell’amministratore) devono essere versate dai condomini. Si pone per- tanto il problema di come interpretare l’articolo 1135 comma 1 n. 4 c.c..
La dottrina prevalente ritiene che “costituire” significhi versare integralmente gli importi deliberati prima di iniziare i lavori. Il problema di questa interpretazione è facilmente intuibile: la presenza di un solo moroso blocca qualsiasi tipo di attività; non ci aiuta nep- pure il pagamento a SAL: dovrò preventivamente costituire solo il primo acconto, ma la situazione non cambia. Non concordo con tale impostazione e la ritengo una lettura forzata dei termini usati dal legislatore.
A mio avviso la ratio insita nella norma presuppone che il fondo straordinario sia istituito solo da un punto di vista contabile al fine di separare la gestione straordinaria rispet- to a quella ordinaria. Ciò garantisce maggior chiarezza contabile a favore dei creditori;
dall’altra evidenziamo che pensare diversamente significherebbe “bloccare” l’inizio dei lavori a causa della morosità anche di un solo condomino.
La giurisprudenza
Le sentenze di merito da me reperite sono fra di loro contrastanti; alcune propendono per la visione più rigida (costituzione = versamento), ma non mancano pronunce che appoggiano la tesi della costituzione da un punto di vista contabile. Circa tale seconda possibilità, segnalo i seguenti provvedimenti.
Tribunale di Roma, sentenza n. 4459 del 02.03.2020
“Non si verteva nel caso di fondo speciale obbligatorio per lavori straordinari o inno- vazioni (di cui all’articolo 1135, comma 1°, n. 4 cod. civ. – così come modificato dalla l. n. 220/2012 e dal d.l. n. 145/2013 –, che – come ha chiarito Tribunale Roma, n.
18320/2018 – deve essere «istituito solo da un punto di vista contabile, al fine di sepa- rare la gestione straordinaria rispetto a quella ordinaria, garantendo così maggior chia- rezza contabile a vantaggio dei creditori» ed evitando di «“bloccare” l’inizio dei lavori a causa della morosità anche di un solo condomino»)”.
Tribunale di Savona, sentenza n. 439 del 13.05.2019
Sostenere che, prima di stipulare il contratto, l’amministratore dovrebbe pretendere l’in- tero pagamento da subito per spese ingenti sarebbe controproducente sia per il con- dominio, che difficilmente riuscirebbe ad eseguire da subito quanto proposto, sia per l’appaltatore (…) Del resto, il testo letterale della norma non induce certo a questa con- clusione.
Tribunale di Roma, sentenza n. 18320 del 28.09.2018:
“Nel caso di specie, i lavori non erano stati iniziati e si trattava di raccogliere le somme per “dare corso ai lavori”, ma neppure l’art. 1135 n. 4 c.c. impone che gli importi di cui ai lavori approvati debbano essere interamente versati prima di iniziare i lavori, essen- do sufficiente che il fondo speciale sia costituito contabilmente. Come evidenziato da autorevole dottrina, la ratio insita nella norma cit. presuppone che il fondo straordinario sia istituito solo da un punto di vista contabile al fine di separare la gestione straordina- ria rispetto a quella ordinaria, garantendo così maggior chiarezza contabile a vantaggio dei creditori. Inoltre, opinare diversamente, significherebbe “bloccare” l’inizio dei lavori a causa della morosità anche di un solo condomino”.
Critiche alla visione prevalente in dottrina
La dottrina prevalente ha interpretato l’art. 1135 comma 1 n. 4 c.c. in termini piuttosto rigidi ritenendo necessario che le somme relative ai lavori da eseguire vengano intera- mente versate prima di poter iniziare le opere. Da una parte, la costituzione del fondo diventa condizione di rispondenza alla legge della delibera assembleare di approvazio- ne dell’intervento, dall’altra, l’amministratore dovrebbe rifiutarsi di stipulare il contratto d’appalto senza prima essere in possesso di tutte le somme.
Mi permetto sollevare alcune critiche a tale visione.
• Il preventivo ed integrale versamento del fondo viene motivato dalla necessità di garantire, da una parte, il terzo (appaltatore) in ordine al pagamento di quanto di sua competenza, dall’altra, ogni condomino in ordine al rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi.
• L’avvenuto versamento del fondo sul conto corrente condominiale non soddisfa tali requisiti in quanto le somme accantonate potrebbero essere sempre aggredi- te da un soggetto che vanti un titolo di credito (esecutivo) nei confronti del con- dominio; la dottrina e la giurisprudenza affermano in senso costante che il conto corrente condominiale può formare oggetto di esecuzione da parte dei creditori del condominio (a prescindere dalla preventiva escussione dei morosi).
• Il termine “costituire” viene interpretato dalla dottrina maggioritaria quale “effet- tivo versamento”; vi è comunque chi ha sostenuto che la costituzione possa in- tendere uno stanziamento “contabile” delle somme relative ai lavori straordinari.
Pur essendo minoritaria, a mio avviso, tale seconda lettura è assai più aderente al dettato normativo anche con riferimento ai rinnovati articoli 1130 c.c. e 1130bis c.c. i quali prescrivono una contabilità condominiale più precisa la quale aggiorni l’assemblea in ordine “alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi dispo- nibili ed alle eventuali riserve”.
• La vera garanzia per i condomini è data piuttosto dall’amministratore professio- nista che rediga una contabilità ordinata, chiuda tempestivamente i bilanci, sia in grado di ragguagliare l’assemblea circa le posizioni di debito/credito ed, in conse- guenza di tali analisi, possa indirizzare le scelte dei proprietari.
• Nel corso degli anni la giurisprudenza, pur essendoci pronunce contrastanti, ha ammesso la costituzione di fondi cassa onde sopperire alle eventuali carenze di liquidità delle casse condominiali. Si tratta di fondi contabili che vengono poi inseriti nello stato patrimoniale e restituiti ai condomini una volta superato il pe- riodo durante il quale si erano resi necessari.
Conclusioni
A fronte di quanto fin qui esposto, cerchiamo di fornire alcune indicazioni pratiche per l’amministratore.
• È certo che in sede di delibera sia necessario costituire il fondo speciale. Se l’as- semblea provvede alla costituzione di un fondo precisando importo e destinazio- ne, nelle forme e con le maggioranze di legge, ritengo assai difficile che si possa contestare tale delibera.
• Il problema che si potrà porre riguarderà, eventualmente, la stipula del contratto di appalto ove le somme non siano state interamente versate.
• L’amministratore dovrà curare l’incasso delle rate deliberate ed attivarsi tempesti- vamente in caso di morosità.
• Non è necessario aprire un conto corrente specifico per le spese straordinarie.
• Gli importi incassati a seguito dei lavori straordinari non possono essere utilizzati per altre spese in quanto contabilmente separati rispetto alla gestione ordinaria.
Una soluzione praticabile e che garantisca una tutela nei confronti dell’amministratore, potrebbe quindi essere quella di:
• costituire un fondo per lavori straordinari da versarsi in un numero X di rate;
• le rate saranno parametrate alle modalità di pagamento stabilite nel contratto di appalto;
• allegare il verbale d’assemblea al contratto d’appalto.
L’assemblea dovrà comunque autorizzare l’amministratore a procedere una volta incas- sata una certa percentuale della somma totale richiesta; in caso contrario, la presenza di anche una sola (piccola) morosità comprometterebbe l’inizio dei lavori.
Tale problema si presenterebbe anche nell’ipotesi di pagamento a mezzo SAL, perché comunque la prima rata non verrebbe pagata integralmente da tutti i condomini.
Non si può assicurare che una delibera impostata come sopra superi il vaglio di un’e- ventuale impugnativa, ma – purtroppo – l’alternativa in caso di morosità è quella di non eseguire i lavori.
Un esempio di verbalizzazione potrebbe essere il seguente:
Lavori straordinari di rifacimento del tetto.
Dopo ampia discussione, si pone in votazione la seguente delibera:
• esecuzione delle opere di rifacimento del tetto come da preventivo della ditta Rossi per l’importo totale di € 50.000,00;
• riparto delle spese di cui sopra secondo i millesimi generali, il tutto con con- testuale costituzione di un fondo contabile di € 50.000,00 che verrà versato in 5 rate uguali alle seguenti scadenze: 01.03.2018, 01.04.2018, 01.05.2018, 01.06.2018, 01.07.2018;
• le rate di cui sopra sono state elaborate con riferimento alle scadenze di paga- mento stabilite nel contratto di appalto che si allega al presente verbale e che l’assemblea espressamente approva;
• l’amministratore potrà sottoscrivere il contratto d’appalto ed ordinare l’inizio del- le opere solo dopo aver raccolto un importo pari al 50% del fondo.
Votano a favore: ….
Votano contrari: ….
Astenuti: ….
La delibera viene approvata.
3b. Quando sono obbligato a convocare i condomini per discutere dei lavori?
Art. 1120, comma 3, c.c.
[3] L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al prece- dente comma.
La richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.
Se le opere rientrano nelle categorie previste dal secondo comma dell’art. 1120 c.c.
(fra cui opere inerenti il contenimento del consumo energetico e la produzione di ener- gia mediante fonti rinnovabili), l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla richiesta di un solo condomino (purché sia contestualizzato il tipo di intervento richiesto).
Resta poi ferma l’obbligatorietà di convocazione in caso di richiesta formulata ex art. 66 disp. att.ve c.c.
3c. Chi devo convocare all’assemblea?
L’usufruttuario e il nudo proprietario
Se all’interno del condominio vi sono delle unità immobiliari gravate da usufrutto, l’am- ministratore dovrà fare riferimento all’art. 67, commi 6 – 7 – 8, disp. att. c.c. il quale prevede quanto segue:
Comma 6: “L’usufruttuario di un piano o porzione di piano dell’edificio esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria amministrazione e al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni”.
Comma 7: “Nelle altre deliberazioni, il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi in cui l’usufruttuario intenda avvalersi del diritto di cui all’articolo 1006 del codice ovvero si tratti di lavori od opere ai sensi degli articoli 985 e 986 del codice. In tutti questi casi l’avviso di convocazione deve essere comunicato sia all’usufruttuario sia al nudo pro- prietario”.
Comma 8: “Il nudo proprietario e l’usufruttuario rispondono solidalmente per il paga- mento dei contributi dovuti all’amministrazione condominiale”.
Per quanto riguarda i poteri di voto in sede assembleare, possiamo affermare che l’usu- fruttuario esercita il diritto di voto nell’ambito dell’ordinaria amministrazione mentre al nudo proprietario spetta il diritto di voto in tutte le altre deliberazioni. A tale principio generale fanno però eccezione due casi:
• l’ipotesi in cui l’usufruttuario voglia esercitare i diritti di cui all’art. 1006 c.c.: “Se il proprietario rifiuta di eseguire le riparazioni poste a suo carico o ne ritarda l’e- secuzione senza giusto motivo, è in facoltà dell’usufruttuario di farle eseguire a proprie spese. Le spese devono essere rimborsate alla fine dell’usufrutto senza interesse. A garanzia del rimborso l’usufruttuario ha diritto di ritenere l’immobile riparato”. Viene pertanto data la possibilità all’usufruttuario di votare opere di manutenzione straordinaria in vece del nudo proprietario.
• Se si tratta di opere eseguite ai sensi degli articoli 985 c.c. (miglioramenti al bene in usufrutto) e 986 c.c. (addizioni al bene in usufrutto che non ne alterano la de- stinazione economica). Tali articoli non fanno riferimento ad opere meramente conservative quanto piuttosto addizioni (videocitofono) o miglioramenti (elettri- ficazione cancello).
I poteri di voto non coincidono però con la responsabilità in ordine alle spese: nudo proprietario ed usufruttuario sono solidamente obbligati al pagamento dei contributi di cui all’unità immobiliare oggetto dei loro diritti reali. L’amministratore potrà quindi procedere nei confronti di entrambi con riferimento alle spese condominiali scadute e non corrisposte; tale facoltà non esime però il professionista dall’effettuare una corretta ripartizione delle spese fra i due in sede di rendiconto.
Per quanto riguarda la convocazione, ritengo opportuno convocare entrambi i soggetti a tutte le assemblee indipendentemente dal tipo di delibera posta in discussione; allo stesso modo anche i verbali di assemblea dovranno essere inviati ad entrambi.
Consiglio di procedere in tal senso per due motivi:
1. in alcuni casi l’usufruttuario può sostituirsi con il suo voto al nudo proprietario;
2. essendo entrambi solidamente obbligati al pagamento delle spese potrebbero ec- cepire (impugnando la delibera) l’errata ripartizione di una voce di bilancio anche se tale voce non è direttamente di loro competenza.
Sul tema, si richiamano due sentenze di merito del 2017
La prima è la pronuncia n. 342/2017 del Tribunale di Bergamo con cui è stata respinta un’opposizione a decreto ingiuntivo promossa nei confronti del condominio da parte del nudo proprietario che non aveva impugnato la delibera nei termini di cui all’art.
1137 c.c.: “Destituito di fondamento risulta il motivo di opposizione (a decreto ingiun- tivo) con cui è stato lamentato il presunto errore dell’amministrazione condominiale in ordine all’omesso riparto delle spese tra nudo proprietario ed usufruttuario. (…) siffatta doglianza avrebbe dovuto essere fatta valere entro trenta giorni dalla data di comuni- cazione della delibera assembleare, nel rispetto del termine di cui all’art. 1137 c.c.; per l’effetto, in assenza di impugnativa, le delibere condominiali sono valide ed efficaci nei confronti di tutti i condomini”.
La seconda è la pronuncia del Tribunale di Massa del 06.11.2017 la quale ha corretta- mente sostenuto la possibilità per l’usufruttuario di impugnare una delibera assunta in tema di opere straordinarie (per questo motivo è sempre opportuno convocare ed invia- re il verbale ad entrambi i soggetti): “Deve preliminarmente essere dichiarata infondata anche l’eccezione, avanzata dal convenuto relativa alla assenta di carenza di legittima- zione attiva degli usufruttuari (...) per le delibere che riguarderebbero lavori straordinari, atteso che a fronte della solidarietà fra usuffruttario e nudo proprietario, oggi prevista dall’art. 67 disp. att. cod. civ., la delibera è direttamente ed immediatamente azionabile contro entrambi, sì che a costoro va riconosciuta la pari facoltà di agire per far dichiarare la sua invalidità”.
Il condominio parziale
Il condominio parziale è una figura di creazione giurisprudenziale che si applica nel caso in cui talune parti comuni dell’edificio – solitamente destinate a servire tutti i condomini indistintamente – siano destinate a servire, in ragione delle loro caratteristiche struttu- rali, solo una parte di esso. Tale fattispecie si verifica, ad esempio, nel caso in cui due palazzi fisicamente separati costituiscano un unico condominio: le riparazioni dei due tetti saranno a carico dei soli condomini coperti.
Situazioni di condominio parziale.
• Se ho due fabbricati (A e B) separati, ma facenti parte del medesimo condominio, ogni fabbricato costituisce condominio parziale con riferimento al tetto.
• Saranno quindi i condomini del fabbricato “A” a votare e corrispondere le spese inerenti il tetto “A”.
• Saranno quindi i condomini del fabbricato “B” a votare e corrispondere le spese inerenti il tetto “B”.
• L’assemblea che deciderà in merito alle spese di cui al tetto “B” potrà svolgersi anche senza convocare i condomini del fabbricato “A”.
• Chiaramente i quorum, in assenza di tabella specifica, dovranno essere calcolati sui millesimi di proprietà dei soli condomini facenti parte del condominio parziale;
il risultato comunque non cambia.
Comprendere se vi sia o non vi sia una situazione di condominio parziale comporta una valutazione di fatto che si presenta semplice ove i fabbricati siano strutturalmente se- parati; diventa più complessa in presenza di strutture che si sviluppano su più livelli fra di loro uniti.
Personalmente ritengo che se il fabbricato è unico, la scelta più prudente, salvo casi par- ticolari, sia quella di considerare il tetto unico. Si potrebbe ravvisare un’ipotesi di con- dominio parziale in presenza di strutture verticali ben distinte fra loro (pur se contigue).
4a. Tetto e Facciate
In generale, il tetto e le facciate vanno ripartite fra tutti i condomini indipendentemente dal fatto che tali condomini fruiscano direttamente della parte comune in questione;
l’unica eccezione riguarda il caso della situazione di condominio parziale.
Vi riporto qui di seguito alcune sentenze inerenti tale profilo.
Cass. Civile, sentenza n. 24927 del 07.10.2019 (tetto):
“In sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l’appartenenza del tetto medesimo ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa, poichè non può, almeno in linea generale, ammettersi una ripartizione per zone di un medesimo tetto”.
Cassazione Civile, sentenza n. 4978/2007 (conforme la sentenza di Cassazione n.
25775/2016) (facciate):
“I muri perimetrali dell’edificio in condominio, pur non avendo funzione di muri portanti, vanno intesi come muri maestri al fine della presunzione di comunione di cui all’art. 1117 cod. civ., in quanto determinano la consistenza volumetrica dell’edificio unitariamente considerato, proteggendolo dagli agenti atmosferici e termici, delimitano la superficie coperta e delineano la sagoma architettonica dell’edificio stesso. Pertanto, nell’ambito dei muri comuni dell’edificio rientrano anche i muri collocati in posizione avanzata o arretrata rispetto alle principali linee verticali dello immobile”.
Tribunale di Brescia, sentenza n. 1607/2015 (situazione di condominio parziale):
Normalmente il tetto funge da copertura all’interno del condominio, giustificando così la posizione della difesa attorea, tuttavia, può anche accadere che il tetto serva da coper- tura ad una sola parte dell’edificio. (…)
la giurisprudenza ha specificato chiaramente che il c.d. condominio parziale fa si che, salvo diversa disposizione degli atti d’acquisto, anche la proprietà dei beni utili ad una sola parte dei condomini e quindi le decisioni e le relative responsabilità sono a carico esclusivo dei medesimi.
4. Le opere oggetto di bonus:
Il tetto, è ovvio, non fa eccezione a questa regola, nella fattispecie in esame, pertanto, è possibile affermare che le decisioni circa la manutenzione di questo bene comune sono adottate, con le maggioranze previste dalla legge, dai soli condomini che da quella parte traggono utilità. Nel caso d’assenza di tabelle “parziali” sarà necessario riparametrare quelle generali con riferimento ai soli proprietari della cosa oggetto della decisione. Le spese, naturalmente, saranno a loro carico dei condomini proprietari ai sensi dell’art.
1123 c.c. (…).
Ripartizione della spesa inerente il tetto in proprietà esclusiva:
Nel caso dovessimo trovarci di fronte ad un tetto la cui proprietà esclusiva fosse stata riservata al costruttore, le relative spese devono essere ripartite secondo l’articolo 1126 c.c..
Cassazione Civile, Sentenza n. 24927 del 07.10.2019
“Solo allorquando il tetto dell’edificio in condominio è di proprietà esclusiva di uno dei partecipanti, si è ritenuto in giurisprudenza che le spese di manutenzione dello stesso dovessero ripartirsi con i criteri di cui all’art. 1126 c.c., come, appunto, stabilito per i lastrici solari di uso esclusivo (Cass. Sez. 2, 30/01/1985, n. 532)”.
Il cappotto viene pagato anche dai box?
Questa domanda è molto insidiosa e di non facile soluzione. La scelta più semplice è quella di seguire le modalità di riparto previste per le facciate (come già detto, parti co- muni a tutti ex art. 1117 c.c. salvo il caso speciale del condominio parziale).
E’ vero che alcuni condomini potrebbero essere più avvantaggiati da questa scelta, ma ritengo sia la soluzione più sostenibile in giudizio. In alternativa bisognerebbe scompu- tare la quota relativa all’isolamento ed addebitarla solo a chi si fruisce di tale manufatto;
come vedremo qui di seguito la giurisprudenza di merito ci offre delle interpretazioni contrastanti, ma la prima scelta (millesimi di proprietà) mi sembra la più coerente con i principi condominiali.
Corte d’Appello di Napoli, sentenza del 23.01.2007 (criterio: ripartizione in millesimi di proprietà)
“I muri perimetrali di un edificio in condominio sono oggetto di proprietà comune di tutti i condomini anche nella parte con cui delimitano e fasciano i singoli appartamen- ti, in quanto sono necessari all’esistenza ed alla statica dell’immobile, costituendo lo
scheletro dell’edificio senza il quale la costruzione nel suo insieme non ci sarebbe. Ne deriva, ex art. 1123 c.c., che i lavori di rifacimento degli intonaci delle pareti perimetrali del fabbricato vanno posti a carico di tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, senza che quelli relativi alla “coibentazione” delle facciate o pareti laterali possano distinguersi ragionevolmente da tutti gli altri.
Pertanto, la delibera che stabilisce che la spesa dei lavori di coibentazione non deve es- sere ripartita tra tutti i condomini ma soltanto tra alcuni di essi è da ritenersi nulla, come tale in ogni tempo impugnabile, se adottata a maggioranza e non all’unanimità giacché deroga al criterio di ripartizione di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., al di fuori delle ipotesi di cui al 2° e 3° co. dello stesso articolo. Difatti non si tratta semplicemente di erronea ripartizione, concretante mera annullabilità da far valere nel termine decadenziale di trenta giorni, bensì di deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese, che eccede dai limiti dei poteri attribuiti dalla legge all’assemblea condominiale”.
Tribunale di Vicenza, sentenza n. 585/2019 che richiama una pronuncia precedente (criterio: ripartizione in millesimi di proprietà)
“Con sentenza nr. 1314/2015 il Tribunale di Vicenza dichiarava che la opposta fosse te- nuta al pagamento delle spese di impermeabilizzazione per il rifacimento della facciata in base al criterio di riparto millesimale e per il rifacimento del tetto in relazione all’uso ai sensi dell’art. 1123 c.c., che la spesa dell’impermeabilizzazione delle facciate fosse da ripartire in base al valore della proprietà di ciascun condomino inclusa l’opposta. Per le spese di rivestimento con cappotto termico delle facciate dell’edificio che costituivano oggetto dell’impugnazione proposta dalla banca, la sentenza dichiarava che tali lavori
“hanno arrecato un vantaggio all’intero edificio e giovato senz’altro anche alla Banca perché comportano un miglioramento esteticamente percepibile dell’esterno dell’edi- ficio sicchè anche gli uffici della ricorrente siti al piano terra possono trarne un bene- ficio dal decoro complessivo dell’edificio” e sulla scorta di ciò l’opposizione alla delibe- ra assembleare del 28.6.2010 veniva rigettata, escludendo quindi la restituzione delle somme versate al Condominio dalla banca per il rivestimento a cappotto delle facciate dell’edificio. (…)
Il Tribunale di Vicenza con sentenza 1314/15 ha definitivamente disposto che le spese straordinarie del rivestimento con cappotto delle facciate andassero ripartite in propor- zione al valore della proprietà come da criterio adottato dal Condominio”.
Tribunale di Pavia, sentenza n. 1932 del 16.12.2019 (criterio: ripartizione in base all’u- tilità del cappotto)
Due osservazioni su questa sentenza:
• Mi lascia molto perplesso il principio secondo cui l’aggiunta del nuovo strato di cappotto debba essere considerata una spesa voluttuaria; stiamo parlando di un’innovazione agevolata (1120 comma 2 c.c.) finalizzata al risparmio energetico.
Non sono quindi per nulla d’accordo con il principio affermato.
• Altrettanto perplesso mi lascia il secondo principio in quanto contrastante con le linee interpretative generali della Corte di Cassazione.
“Alla luce della stessa argomentazione complessiva adottata dal CTU nonché in ragione delle stesse puntuali repliche del ctp di parte convenuta, è da escludere che le opere complessivamente considerate possano essere assimilate tout court ad opere volut- tuarie e quindi essere assoggettate alla relativa disciplina, ad eccezione, tuttavia pro- prio del quid pluris relativo alla maggiorazione del rivestimento-cappotto rispetto alla situazione quo ante: in ragione di quanto esposto trova applicazione il disposto dell’art.
1121 c.c., almeno con riferimento alla somma eccedente rispetto a quella strettamente necessaria per la manutenzione ordinaria del cappotto originario, ovvero al più per il rifacimento integrale dello stesso, secondo gli stessi criteri e modalità di quello prece- dente, ormai deteriorato.
Secondo la consolidata giurisprudenza l’art. 1123 secondo comma c.c. si applica per le spese attinenti alle parti e ai servizi che, per loro natura sono destinati a fornire utilità diverse a singoli condomini, (Cass. 12.8.2014 n. 17880); il criterio di ripartizione in pro- porzione all’uso e non ai millesimi viene utilizzato al fine di evitare un indebito arricchi- mento a beneficio e a scapito di singoli condomini (Cass. 17.9.1998 n. 9263). Premesse tali coordinate giurisprudenziali, la relazione di consulenza ha accertato in punto di fatto nel caso concreto come “la realizzazione del rivestimento a cappotto di maggior spessore ha, con riferimento proprio al maggior spessore, incidenza sulle singole unità immobiliari ed in particolare sulle unità abitative, ossia su quelle dei piani 1°, 2° e 3°, poiché nessuna parete delle unità a PT risulta dotata di rivestimento a cappotto. (sic re- lazione pag. 28); sviluppando detta argomentazione, nella risposta al quesito, il CTU ha precisato come “dovrebbero essere riferibili solo ad una parte del condominio e cioè alle abitazioni dei piani 1°, 2° e 3°, le attività inerenti l’integrale rifacimento del rivestimento a cappotto con riferimento ai costi relativi alla maggiorazione dello spessore”; lo stesso CTU, riconoscendo la necessità dei lavori di impermeabilizzazione e al fine di effettuare un calcolo caratterizzato da congruità , precisa correttamente tuttavia come “Va però fatto presente come non realizzando tale opera si sarebbe dovuto intervenire sul rive- stimento esistente facendo le opportune manutenzioni, per i criteri di opportunità e necessità già indicati”. (sic relazione pag. 30)
Il consulente, infine, ha provveduto ad elaborare un puntuale calcolo distinguendo le diverse voci di spesa relative agli interventi oggetto di controversia e specificando quali
siano riferibili ad opere destinate a servire in modo uniforme il condominio e quali vice- versa, abbiano incidenza soltanto su una parte dello stesso”.
4b. Impianti per riscaldamento/raffrescamento
Il rifacimento e le manutenzioni straordinarie dell’impianto di riscaldamento/raffrescamento devono essere ripartiti fra i comproprietari dell’impianto (anche i distaccati) in ragione dei millesimi di proprietà.
Cassazione Civile, sentenza n. 1420 del 27.01.2004
“Quanto al primo motivo, corretto deve ritenersi il criterio seguito dalla corte di appello, di ripartire le spese di sostituzione della caldaia secondo i millesimi di proprietà.
Va, infatti, in generale precisato che, trattandosi di spese che attengono alla conserva- zione, cioè alla tutela dell’integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell’impian- to comune, esse interessano i condomini quali proprietari dell’impianto, a cui carico la legge (art. 1123 c.c., 1° comma) pone l’obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obligationes propter rem, che, nascendo dalla contitolarità del diritto reale sull’impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura della appartenenza”.
4c. Impianti fotovoltaici e/o produzione di energia median- te fonti rinnovabili
Ripartito fra tutti in ragione dei millesimi di proprietà (se alimenta impianti comuni a tutti). Se mi trovo di fronte ad edifici separati, potrei ipotizzare una situazione di condo- minio parziale; ad esempio: installo dei pannelli solari sull’edificio B (staccato da A) della cui energia prodotta fruiranno gli impianti comuni del solo edificio B.
Caso dell’installazione da parte del singolo
Se l’installazione dell’impianto fotovoltaico vuole essere realizzata dal singolo condomi- no, bisogna fare riferimento all’articolo 1122bis c.c..
Art. 1122-bis. Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili
[1] Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’ac-
cesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche.
[2] È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnova- bili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
[3] Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di ese- cuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre caute- le a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta de- gli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguar- dando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
[4] L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.
Cercherò di “calare nel pratico” quanto previsto dalla norma.
• Il condomino interessato formula richiesta di realizzazione dell’intervento ai sensi dell’art. 1122 c.c. (il cui secondo comma prevede quanto segue: “In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”).
• L’amministratore riferisce della circostanza ai condomini anche al fine di verificare la presenza di ulteriori interessati a realizzare l’opera.
Ritengo che, ai sensi dell’art. 1117quater c.c., se un solo condomino ritiene siano violate le parti comuni (o sia violato l’art. 1102 c.c.), quest’ultimo possa richiedere (ed ottenere) la convocazione di un’assemblea straordinaria.
Allo stesso modo, si dovrà procedere con la convocazione di un’assemblea anche nel caso in cui vi siano altri soggetti interessati alla posa o nel caso in cui emerga la possibilità che sia il condominio a deliberare la posa dei pannelli solari.
• Accertato chi vuole procedere con l’installazione, resta il problema più rilevante, ossia comprendere come debbano essere ripartiti gli spazi comuni; cercherò di strutturare dei diversi livelli di ragionamento.
- Se il condominio volesse realizzare un impianto comune, direi che la “preceden- za” va data all’impianto comune; si ragionerà poi sull’utilizzo degli spazi residui.
- Se più privati sono interessati all’installazione subentrano due tipi di ragiona- mento:
b1. prima della Legge 220/2012, avrei detto – senza troppi dubbi – che l’instal- lazione da parte del singolo debba comunque rispettare i requisiti di cui all’art.
1102 c.c.. Quindi, posso installare se rispetto il pari uso degli altri o se tutti gli altri mi autorizzano.
Molto concretamente, in un fabbricato con più di due piani, era praticamente impossibile soddisfare il requisito del pari uso (considerando anche l’utilizzo della sola falda di tetto più favorevole in termini di esposizione solare).
b2. ritengo che l’interpretazione di cui al punto precedente non sia più valida a fronte del testo dell’art. 1122bis c.c.. Oggi come oggi, chi “prima arriva meglio alloggia”; ossia, se non vi sono altri interessati, il testo della norma mi autorizza a posare i miei pannelli solari senza dover concedere pari spazio agli altri (dico que- sto per quanto riguarda il tetto, mentre per il lastrico solare o per altre superfici comuni resta fermo il rispetto dell’art. 1102 c.c. in quanto vanno contemperate le ulteriori destinazioni del bene comune. Nel caso del tetto l’unica destinazione, solitamente, è quella di copertura e di protezione dagli agenti atmosferici).
• Altra questione che non risolve l’art. 1122bis c.c. riguarda la durata del diritto del singolo (o dei singoli) di mantenere i pannelli solari; dopo quanti anni eventuali ulteriori interessati potranno chiedere di ridiscutere la distribuzione degli spazi?
Io risolverei questo problema mutuando il principio dei nove anni (l’assemblea - a maggioranza e non all’unanimità – può stipulare contratti di locazione di beni comuni con durata fino a nove anni).
Ricordo che le dinamiche dell’assemblea con riferimento a tale utilizzo delle parti comu- ni sono regolate dall’art. 1122bis c.c. il quale, purtroppo, riporta una maggioranza del tutto ingiustificata (1136 comma 5 c.c.); ricordo che il vizio di maggioranza è un vizio di annullabilità e non di nullità.
In presenza di tali necessità, la soluzione migliore sarebbe quella di contrattualizzare (anche all’interno di un verbale di assemblea) i vari elementi (spazio e durata) costituenti il diritto del singolo condomino di posare i pannelli solari.
Sul fronte giurisprudenziale si registrano posizioni contrastanti (che novità!).
Tribunale di Gorizia, sentenza n. 315 del 18.07.2018 (questa sentenza sembra sostene- re la tesi “b2” sopra riportata)
“L’art. 1122-bis c.c., introdotto ex art. 7 della legge n. 220 del 2012, concedendo la possibilità al condomino di installare pannelli fotovoltaici senza la necessità di ottenere il preventivo consenso dell’assemblea, si pone sulla falsariga di quanto disposto dall’art.
1102, comma 1, c.c., di cui la prima norma costituisce un’ipotesi applicativa”.
Tribunale di Milano, sentenza n. 9654/2019 (questa sentenza sostiene la tesi “b1”, quindi nulla è cambiato rispetto a prima dell’art. 1122bis c.c.; mi lascia molto molto perplesso)
“Negato il diritto dell’attrice di realizzare e mantenere l’impianto fotovoltaico installato sul tetto di copertura dell’edificio semplicemente in forza delle clausole negoziali del regolamento condominiale sopra richiamate, senza necessità di alcun confronto assem- bleare, occorre in secondo luogo verificare se tale diritto trovi la propria fonte nell’art.
1122bis c.p.c.”
Ritiene, al riguardo, il Tribunale che trattasi di norma che consentendo espressamente l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio, non costituisca deroga al principio generale di cui all’art.1102 c.c., tanto che prevede, “a richiesta degli interessati”, che l’assemblea possa procedere a “ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salva- guardando le diverse forme di utilizzazione previste dal regolamento di condominio o comunque in atto”.
Ciò significa che l’uso delle parti comuni deve rimanere contenuto nei limiti corrispon- denti al diritto di ciascuno dei partecipanti.
Recentemente anche la Corte di Cassazione si è espressa riguardo la possibilità di in- stallazione di un impianto fotovoltaico ad uso privato in un Condominio (cfr. ordinanza n. 28628 del 29/11/2017), confermando la ratio decidendi dell’appello secondo cui il condomino che intenda realizzare un impianto per la produzione di energia rinnovabile usufruendo delle parti comuni per l’installazione dei pannelli deve fornire all’assemblea tutti gli elementi di conoscenza necessari per valutare la fattibilità dell’opera e la confor- mità agli articoli n. 1120 e 1102 del Codice Civile.
Il diritto di posizionare impianti fotovoltaici sul lastrico solare non assurge, dunque, a diritto assoluto ed esclusivo, dovendo essere sempre contemperato con l’interesse degli altri condomini ad un uso più intenso della cosa comune, con possibilità per l’as- semblea di ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni”.
4d. Miglioramento della classe di rischio sismico
Millesimi di proprietà fra tutti; eventuale condominio parziale se ci sono edifici separati ed indipendenti da punto di vista statico.
4e. Infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici
Installazione nelle parti comuni
Per quanto riguarda l’installazione delle infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, dobbiamo ricordare quanto previsto dal D.L. 83/2012 e dal D.Lgs. 192/2005 (modifica- to dal D.Lgs. 48/2020).
D.L. 22 giugno 2012, n. 83
Art. 17-quinquies Semplificazione dell’attività edilizia e diritto ai punti di ricarica (69) (In vigore dal 14 gennaio 2017)
2. Fatto salvo il regime di cui all’articolo 1102 del codice civile, le opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli in edifici in condominio sono approvate dall’assemblea di condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, primo, secondo e terzo comma, del codice civile. (70)
3. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla ri- chiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 2, il condomino interessato può installare, a proprie spese, i dispositivi di cui al citato comma 2, secondo le modalità ivi previste. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma [oggi 1120 quarto comma], e 1121, terzo comma, del codice civile.
D. Lgs. 192/2005 (modificato dal D. Lgs. 48/2020)
Per brevità non riporto il testo integrale della norma (facilmente reperibile su normatti- va.it), ma richiamo i punti di attenzione per l’amministratore.
Nel nuovo testo vengono imposti obblighi in tema di installazione delle colonnine di ricarica degli autoveicoli e di predisposizione per l’installazione delle medesime colonni- ne. Buona parte degli obblighi sono imposti in caso di “ristrutturazioni importanti” o in caso di nuovi edifici.
Da tenere presente che entro il 1° gennaio 2025, negli edifici non residenziali dotati di più di venti posti auto, deve essere installato almeno un punto di ricarica.
Cerchiamo adesso di ragionare sulle dinamiche assembleari.
• L’assemblea, con le maggioranze di cui all’art. 1136 c.c. (quindi, in seconda con- vocazione, almeno 500 millesimi che rappresentino la maggioranza degli inter- venuti), può approvare le opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica. Per le opere edilizie finalizzate all’installazione degli apparati di ricarica, valgono le maggioranze ordinarie e non quelle delle innovazioni.
• Tali infrastrutture potranno riguardare il collegamento ai posti auto privati o il collegamento ad una stazione comune utilizzabile da chi ne abbia la necessità (occorrerà prevedere una forma di quantificazione e pagamento dell’energia di volta in volta consumata).
• Realizzate le infrastrutture, si dovrà ragionare poi circa la posa delle stazioni di ri- carica. Se le stazioni di ricarica servono posti auto privati, ognuno potrà installare il proprio apparato utilizzando le infrastrutture realizzate a livello comune.
• Se l’installazione viene effettuata nelle parti comuni non potrò – con l’installa- zione – ledere i diritti dei condomini ex art. 1102 c.c. ed art. 1120 comma 4 c.c.;
dico questo, con particolare riferimento all’occupazione delle parti comuni. Tale aspetto dovrà essere valutato caso per caso.
• Se l’installazione delle infrastrutture di ricarica avviene quale intervento “traina- to” ex art. 119 del D.L. 34/2020, tale intervento fruisce della maggioranza agevo- lata prevista dal comma 9bis del suddetto articolo (maggioranza degli intervenuti ed almeno un terzo del valore dell’edificio). La maggioranza agevolata riguarda sia le opere edilizie che la posa delle stazioni di ricarica.
Installazione da parte del singolo condomino
Se uno o più condomini vogliono procedere con l’installazione dell’apparato di ricarica a servizio del singolo posto auto privato, sono opportune le seguenti considerazioni.
• Il D.L. 83/2012 già citato dice espressamente che i condomini possano richiedere all’assemblea di porre in delibera l’esecuzione di opere edilizie per l’installazio- ne delle infrastrutture di ricarica. Se tali delibere non vengono assunte entro tre mesi, chi è interessato può procedere autonomamente.
Bene il testo della norma, ma ritengo che un’opera di questo tipo avrebbe potuto essere eseguita (nel rispetto degli articoli citati: 1120 comma 4 c.c., 1102 c.c. e 1121 comma 3 c.c.) anche ai sensi dell’art. 1102 c.c..
• In caso di opera realizzata da parte del singolo sarà necessaria una comunicazio-
ne ex art. 1122 c.c. all’amministratore con cui vengono dettagliate le modalità di esecuzione. L’amministratore, come previsto dal medesimo articolo, provvederà a comunicare tale intenzione a tutti i condomini; se qualcuno ritiene che le opere ledano i diritti previsti dal codice civile, potrà agire autonomamente o richiedere la convocazione di un’assemblea ai sensi dell’art. 1117quater c.c..
• Se l’assemblea non volesse procedere con l’installazione, ma a tale installazione volesse procedere uno o più proprietari l’assemblea potrebbe, ad esempio, forni- re alcune indicazioni in ordine al percorso dei cavi ed alle accortezze da utilizzare nella posa.
4f. Infissi e lucernari
La sostituzione degli infissi privati è spesa a carico del singolo condomino interessato.
Se tali infissi sono a servizio di parti comuni, le spese verranno ripartite in millesimi te- nendo in considerazione l’eventuale presenza di un condominio parziale.
Parlando di infissi, è opportuno ricordare il caso dei lucernari.
Lucernari privati
La manutenzione di lucernari – la cui funzione prevalente è quella di dare aria e luce all’appartamento su cui si affacciano – realizzati sul tetto dell’edificio condominiale, non può essere addebitata all’intero condominio, ma solo ed esclusivamente a carico dell’u- nità immobiliare a cui danno aria e luce; tale ragionamento è lo stesso che porta la costante giurisprudenza ad addebitare al singolo proprietario la riparazione ed il rifaci- mento delle finestre poste sulla facciata.
Lucernari comuni
Se invece dei lucernari privati, stiamo ragionando in ordine a lucernari che svolgono una funzione comune (ad esempio, quelli che forniscono aria e luce alle scale o al solaio comune), dovrò suddividere le spesa in ragione della parte comune servita.
Sul punto, si richiama la sentenza 02.07.1999 del Tribunale di Firenze: “Le spese per il rifacimento di un contro lucernario collocato sul soffitto del vano scale di un edificio condominiale, in corrispondenza del lucernaio collocato sul tetto, avente funzione di consentire il passaggio della luce nel vano scale, devono essere ripartite in base alla ta- bella “spese scale” e non in base a quella “spese generali”, in quanto il contro lucernaio costituisce una rifinitura del vano scale, alla stregua del controsoffitto, e non ha alcuna funzione statica nè di protezione o impermeabilizzazione dell’edificio”.
Estratto della sentenza del Tribunale di Brescia, n. 730 dell’08.04.2020:
“Preliminare a detta verifica è, tuttavia, la qualificazione o meno delle finestre Velux quali parti comuni condominiali, punto analogamente controverso in cau- sa. Ritiene il Giudice che le finestre in oggetto, costituite da aperture sul tet- to dello stabile finalizzate a garantire il passaggio di aria e luce (l’appartamento dell’attore è un sottotetto posto al quarto ed ultimo piano secondo la descrizione convergente di entrambi gli elaborati tecnici ritualmente acquisiti in questo giu- dizio ed entrambi utilizzabili), non sono comuni, e perciò soggette all’amministra- zione condominiale, bensì accessori in proprietà esclusiva dell’attore unitamente all’appartamento. Costituisce, infatti, principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità – cui si aderisce – l’estraneità alle parti comuni condominiali del- le finestre, lucernari, balconi, in quanto elementi integranti dell’appartamento, e necessari per il passaggio di aria e luce, per i quali non vale la presunzione di condominialità”.
4g. Unità funzionalmente indipendente
In questo punto affrontiamo le opere messe in atto dall’unità immobiliare “funzional- mente indipendente”.
Fino a che si tratta di sostituire gli impianti di climatizzazione privati, non si dovrebbe- ro creare particolari interferenze con il condominio, quanto meno in termini di spesa;
l’impianto riguarda la singola unità immobiliare e ogni spesa sarà a suo esclusivo carico.
Al contrario, potremmo incontrare qualche difficoltà nel caso in cui il proprietario di una villetta a schiera inserita in un condominio orizzontale volesse procedere con il rifaci- mento delle facciate a lui corrispondenti o della porzione di tetto posta a copertura del suo edificio. Mi spiego meglio.
Facciate:
Le facciate, come già accennato in precedenza, sono parte comune fra tutti i condomi- ni. Se il proprietario di una villetta a schiera procedere con il rifacimento della facciata posta in corrispondenza della sua abitazione, deve ricordarsi che un domani potrebbe essere chiamato a partecipare alla spesa derivante, ad esempio, alla ritinteggiatura delle facciate deliberate a maggioranza.
Tetto:
Anche per il tetto vale il medesimo ragionamento. Se io sono coperto da una porzione di tetto e procedo con il suo rifacimento a mie spese, un domani potrei essere chiamato a
compartecipare alle spese di sistemazione del tetto comune (ciò nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un tetto comune a tutto il fabbricato, me compreso).
Tali riflessioni variano da caso a caso, ma è comunque opportuno che l’amministratore sia cosciente del problema al fine di sottolinearlo ed eventualmente affrontarlo prima che si generino contrasti all’interno del condominio.
Sul tema dei lavori eseguiti da parte del singolo condomino è opportuno ricordare anche l’articolo 10, comma 3 del D.L. 76 del 16.07.2020
“Ciascun partecipante alla comu nione o al condominio può realizzare a proprie spese ogni opera di cui agli articoli 2 della legge 9 gennaio 1989, n. 13, e 119 del decreto-leg- ge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile. Alla legge n. 13 del 1989 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Le innovazioni di cui al presente comma non sono considerate in alcun caso di carattere voluttuario ai sensi dell’articolo 1121, primo comma, del codice civile. Per la loro realizzazione resta fermo unicamente il divieto di innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, di cui al quarto comma dell’articolo 1120 del codice civile.”.
Ciascun partecipante alla comunione o al condominio può quindi realizzare a proprie spese ogni opera di cui all’articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, anche servendosi della cosa comune e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 1102 del codice civile.