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Discrimen » La Giustizia Penale

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Academic year: 2022

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(1)

aprile 2019

anno cXXiV (LX della 7aSerie) Fascicolo iV

Fondata neLL’anno 1895

da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI

comitato ScientiFico

direttore

PIETRO NOCITA

LA GIUSTIZIA PENALE

comitato di redazione:

redazione:

00195 ROMA - Viale Angelico, 38 Telefono (06) 321.53.95 - Fax (06) 372.25.74

E-mail: giustpen@gmail.com

edizione digitale (ebook): www.lagiustiziapenale.org | webmaster: Spolia - info@spolia.it GuSTAVO BARBALINARDO, Magistrato; FRANCESCO CALLARI, Dottore di Ricerca procedura penale; ANTONELLA DE BENEDICTIS, Avvocato; FABIANA FALATO, Ricercatore procedura penale univ. di Napoli “Federico II”; MARIO GRIFFO, Ricercatore procedura penale “unisannio” Benevento; ALESSANDRO LEOPIZZI, Magistrato; ROBERTA MARRONI, Avvocato; IRENE SCORDAMAGLIA, Magistrato; CLAuDIA SQuASSONI, Presidente di Sezione della Corte di Cassazione; MELISSA TARSETTI, Avvocato.

ERCOLE APRILE, Magistrato; VITTORIO CORASANITI, Magistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LuIGI CIAMPOLI, Magistrato; FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; MARCO MARIA MONACO, Magistrato; CARLO MORSELLI, Professore a contratto "unitelma Sapienza" Roma; GIuSEPPE NOVIELLO, Magistrato; ANTONIO uGO PALMA, Avvocato;

CATERINA PAONESSA, Ricercatore diritto penale univ. di Firenze; MARCO PIERDONATI, Ricercatore diritto penale univ. di Teramo; NICOLA PISANI, Professore associato diritto penale univ. di Teramo; ALESSANDRO ROIATI, Ricercatore diritto penale univ. di Roma

“Tor Vergata”; MARIA ISABELLA SCAMARCIO, Magistrato; PAOLO SIRLEO, Magistrato;

DELIO SPAGNOLO, Magistrato; TIZIANA TREVISSON LuPACCHINI, Ricercatore procedura penale univ. “Guglielmo Marconi”; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale univ. “LuMSA”.

Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento Postale

D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012

In caso di mancato recapito inviare al CMP Romanina per la restituzione al mittente previo pagamento resi.

pubblicità inferiore al 50%

IT 45 K 02008 05021 000401287612

FERRANDO MANTOVANI

Emerito di diritto penale

CORRADO CARNEVALE

Presidente di Sezione della Corte di Cassazione

ORESTE DOMINIONI

Ordinario di procedura penale

FAuSTO GIuNTA

Ordinario di diritto penale

ENRICO MARZADuRI

Ordinario di procedura penale

RENZO ORLANDI

Ordinario di procedura penale

VINCENZO SCORDAMAGLIA

Ordinario di diritto penale

LORENZO DELLI PRISCOLI

Consigliere della Corte di Cassazione, Ordinario abilitato

GIOVANNI ARIOLLI

Consigliere della Corte di Cassazione

GIuSEPPE RICCIO

Emerito di procedura penale

PAOLO DELL’ANNO

Ordinario di diritto amministrativo

ANGELO GIARDA

Emerito di procedura penale

CARLO FEDERICO GROSSO

Ordinario di diritto penale

OLIVIERO MAZZA

Ordinario di procedura penale

ANTONIO SCAGLIONE

Ordinario di procedura penale

FRANCESCO BRuNO

Ordinario di pedagogia sociale

FRANCESCO BuFFA

Consigliere della Corte di Cassazione

MARCO DE PAOLIS

Procuratore Generale Militare

(2)

Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.

In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.

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NOTE A SENTENZA

CARBOTTA G. - CARBOTTA S. - DE LIA A., “To the bone”: osservazioni su un caso di responsabilità penale del medico per la morte del paziente a seguito della prescrizione di farmaci anti-obesità, II, 220

DIBATTITI

FALATO F., Il profilo cognitivo della messa alla prova, III, 224

MAZZA F., Riflessi penalistici delle acquisizioni psiconeuro- endocrinoimmunologiche, II, 253

ORLANDI R., Collaborazioni premiate nell’esperienza ita- liana, III, 244

PUGLIESE V., Frammenti di Costituzione oltre le porte del carcere: la storia della pena in continua abolizione, I, 115

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DECISIONI DELLA CORTE

ESCLUSIONE DELLA PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO - Non applicabilità nei procedimenti davanti al giudice di pace - Violazione dell’art. 3 Cost. - Que- stione di legittimità costituzionale - Infondatezza, I, 97

SOMMARIO

(4)

STUPEFACENTI - Sanzione prevista dall’art. 73, comma 1, D.P.R. 309 del 1990 per le c.d. droghe pesanti - Pena minima edittale di otto anni di reclusione - Sproporzione rispetto al massimo edittale previsto per i casi di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309 del 1990 - Violazione degli artt. 3 e 27 Cost. - Questione di legittimità costituzionale - Illegittimità in parte qua, I, 105

GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA

ALIMENTI - Detenzione di alimenti in cattivo stato di con- servazione - Preparazione di prodotti da surgelare non “senza indugio” - Configurabilità del reato - Fattispecie, II, 248, 41 APPELLO - Concordato anche con rinuncia ai motivi di ap- pello - Richiesta presentata nel corso del dibattimento - Ri- getto - Possibilità di presentare nuovamente la richiesta - Esclusione - Ragioni, III, 215, 54

APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - Accordo sulla confisca - Valore vincolante per il giu- dice - Esclusione - Ragioni, III. 206

APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - Mancanza dell’ordine di espulsione dal territorio dello Stato dello straniero ex art. 86 del D.P.R. n. 309 del 1990 - Ricorribilità per cassazione da parte del P.M. - Esclusione - Ragioni, III, 216, 55

APPLICAZIONE DELLA PENA SU RICHIESTA DELLE PARTI - Reati unificati dal vincolo della continuazione - So- pravvenuta abolitio criminis di uno dei reati satellite - Poteri della Corte di cassazione - Eliminazione di porzione della pena inflitta per il reato abrogato nella misura stabilita nel- l’accordo, III, 216, 56

ATTI - Diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamen- tali - Avviso di conclusione delle indagini preliminari e de- creto di citazione a giudizio - Mancata traduzione - Sanzioni - Nullità di ordine generale di tipo intermedio - Deducibilità - Limiti, III, 193

ATTI - Diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamen- tali - Decreto di citazione per il giudizio di appello - Obbligo di traduzione nella lingua del destinatario - Sussistenza - Esclusione - Ragioni, III, 193

ATTI - Diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamen- tali - Sentenza di primo grado non tradotta - Violazione del- l’obbligo di traduzione nella lingua dell’imputato - Legittimazione a rilevare il vizio solo da parte dell’imputato che proponga appello personalmente - Ragioni, III, 193 ATTI - Diritto all’interprete e alla traduzione di atti fondamen- tali - Traduzione di sentenza di appello nella lingua dell’im- putato - Obbligo di traduzione - Esclusione - Ragioni - Nullità della sentenza solo in caso di violazioni effettive dei diritti inerenti all’assistenza dell’imputato, III, 193

ATTI - Lingua degli atti - Imputato appartenente a minoranza linguistica tedesca - Nomina del difensore ex art. 97, comma 4, c.p.p. - Difensore nominato non abilitato all’assistenza pro- cessuale nella lingua parlata dall’imputato - Sanzione - Nullità

assoluta - Fattispecie riguardante imputato del Trentino Alto Adige appartenente alla minoranza linguistica tedesca, III, 216, 57

AUTORICICLAGGIO - Condotta - Impiego dei proventi il- leciti in attività speculative - Nozione - Gioco d’azzardo e scommesse - Rilevanza - Condizioni, II, 195

AUTORICICLAGGIO - Impiego dei proventi illeciti in gioco d’azzardo e scommesse - Clausola di esclusione della punibi- lità ex art. 648 ter.1, comma 4, c.p. - Ambito di operatività - Individuazione, II, 195

CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - Reato omissivo proprio e improprio - Medico che prescriva farmaci potenzialmente pe- ricolosi - Omissione di una attenta valutazione degli effetti po- sitivi e negativi e omissione di controllo constante sulle condizioni del paziente - Responsabilità del medico per colpa - Sussistenza - Fattispecie in tema di omicidio colposo, II, 211 COMPETENZA - Connessione - Competenza per territorio determinata dalla connessione - Validità anche nelle fasi an- tecedenti al giudizio - Limite - Inapplicabilità del principio della perpetuatio jurisdictionis - Effetti - Variazione della competenza in caso di sopravvenuta archiviazione di alcuno dei fatti connessi - Onere della parte che eccepisce l’incom- petenza per territorio determinata dalla connessione allegare elementi di fatto da cui desumere la pendenza del procedi- mento connesso, III, 217, 58

DIFESA E DIFENSORI - Nomina del difensore di ufficio - Difensore di ufficio o anche di fiducia non abilitato al patro- cinio davanti alle giurisdizioni superiori - Obbligo del giudice di nominare d’ufficio un difensore a ciò abilitato - Esclusione - Richiesta ad hoc proveniente dal difensore in carica - No- mina effettuata dalla Corte di Appello - Obbligo di avviso al difensore designato - Insussistenza, III, 203

ESECUZIONE - Incidente di esecuzione - Richiesta di so- spensione dell’ingiunzione a demolire opere abusive - Rigetto - Pendenza di un ricorso alla Corte Edu - Valenza quale nuovo elemento legittimante la riproposizione - Esclusione, III, 217, 59

ESECUZIONE - Procedimento di esecuzione - Avviso del- l’udienza alle parti e ai difensori - Inosservanza del termine di dieci giorni liberi per la notifica dell’avviso - Nullità a re- gime intermedio da eccepire in udienza da parte del difensore, III, 218, 60

FALSITÀ IN ATTI - Falsità in titoli di credito - Falsificazione di assegno bancario non trasferibile - Configurabilità del reato - Esclusione - Ragioni - Configurabilità di illecito civile, II, 249, 42

GIUDIZIO ABBREVIATO - Primo grado di giudizio svolto nelle forme del rito abbreviato - Rigetto della richiesta di so- spensione del procedimento con messa alla prova dell’impu- tato - Deducibilità nei motivi di appello - Esclusione - Ragioni, III, 218, 61

GIUDIZIO IMMEDIATO - Decreto di giudizio immediato - Notifica all’imputato del decreto senza allegazione della ri- chiesta del pubblico ministero - Nullità - Esclusione - Ragioni, III, 219, 62

SOMMARIO

(5)

IMMIGRAZIONE - Disposizioni contro l’immigrazione clan- destina - Ipotesi di cui al terzo comma dell’art. 12 del d. lgs.

n. 286 del 1998 - Natura di circostanze aggravanti del reato di cui al comma 1, II, 249, 43

IMPUGNAZIONI - Interesse ad impugnare - Impugnazione dell’imputato di sentenza di assoluzione ex 530, comma 2, c.p.p. - Inammissibilità - Ragioni - Insussistenza di interesse ad impugnare, III, 219, 63

IMPUGNAZIONI - Interesse ad impugnare - Mancanza del- l’interesse ad impugnare - Inammissibilità del gravame - Ri- levabilità nel giudizio di legittimità - Possibilità - Ragioni - Fattispecie, III, 219, 64

INDAGINI PRELIMINARI - Attività a iniziativa della polizia giudiziaria - Assicurazione delle fonti di prova - Atti urgenti - Individuazione dell’identità di un singolo apparecchio telefo- nico mediante il monitoraggio di utenze presenti in una deter- minata zona - Necessità di decreto autorizzativo dell’autorità giudiziaria - Esclusione - Ragioni, III, 220, 65

INDAGINI PRELIMINARI - Attività a iniziativa della polizia giudiziaria - Rilievi fonometrici - Accertamenti urgenti ex artt.

348 e 354, comma 2, C.p.p. - Riconducibilità agli accertamenti tecnici irripetibili - Esclusione, III, 220, 66

INDAGINI PRELIMINARI - Attività di indagine del pubblico ministero - Accertamento su fatti e circostanze favorevoli al- l’indagato - Omissione - Mancanza di sanzioni processuali - Motivo di ricorso per cassazione per mancata assunzione di prova decisiva - Inammissibilità, III, 220, 67

INDAGINI PRELIMINARI - Avviso all’indagato della con- clusione delle indagini preliminari - Richiesta della difesa di compiere ulteriori atti di indagine - Svolgimento di nuovi atti di indagine e di consulenza da parte del p.m. - Rinnovazione dell’avviso ex art. 415 bis c.p.p. - Necessità - Esclusione - Condizioni, III, 221, 68

INSTALLAZIONE DI APPARECCHIATURE ATTE AD IN- TERCETTARE OD IMPEDIRE COMUNICAZIONI O CON- VERSAZIONI TELEGRAFICHE O TELEFONICHE - Apparati, strumenti, o parti di apparati o di strumenti - No- zione - Inclusione anche dei programmi informatici detti spy- software - Ragioni, II, 193

INSTALLAZIONE DI APPARECCHIATURE ATTE AD IN- TERCETTARE OD IMPEDIRE COMUNICAZIONI O CON- VERSAZIONI TELEGRAFICHE O TELEFONICHE - Bene giuridico tutelato - Riservatezza e libertà delle comunicazioni - Condotta - Installazione di apparati o strumenti o parti di essi - Intercettazione o impedimento delle conversazioni - Neces- sità - Esclusione - Rilevanza solo quale fine del dolo specifico, II, 193

MANIFESTAZIONI SPORTIVE - Possesso di oggetti contun- denti o comunque atti ad offendere in occasione di manifesta- zioni sportive - Nozione - Disponibilità degli strumenti - Sufficienza - Rilevanza ai fini della adozione del DASPO - Fattispecie, II, 249, 44

MISURE CAUTELARI - Revoca e sostituzione delle misure - Sopravvenuta sentenza della Corte di cassazione aderente ad indirizzo giurisprudenziale diverso e minoritario rispetto al

provvedimento applicativo delle misure cautelari - Elemento nuovo idoneo a superare il giudicato cautelare - Esclusione - Ragioni - Riunione dei due procedimenti - Irrilevanza - Ra- gioni, III, 221, 69

NOTIFICAZIONI - Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni - Verbale contenente elezione di domicilio - Mancata sottoscrizione dell’indagato - Invalidità dell’atto - Condizioni, III, 222, 70

NOTIFICAZIONI - Notificazioni all’imputato all’estero - Invio di raccomandata con avviso di ricevimento presso il luogo di residenza o dimora all’estero - Certezza della notizia - Necessità, III, 222, 71

ORDINAMENTO PENITENZIARIO - Condizioni generali di detenzione - Permanenza all’aperto - Nozione - Permanenza all’aria aperta - Necessità - Ragioni, II, 250, 45

ORDINAMENTO PENITENZIARIO – Liberazione anticipata – Presupposti applicativi – Misura di pena espiata – Computo - Periodo espiato in libertà controllata – Irrilevanza – Ragioni, II, 246

ORDINE EUROPEO DI INDAGINE PENALE - Richiesta dall’estero - Procedimento - Funzione di controllo da parte dell’autorità giudiziaria di esecuzione - Sussistenza - Conte- nuto - Verifica della sussistenza di requisiti formali e sostan- ziali dell’ordine - Mancanza dei requisiti - Interlocuzione con l’autorità emittente - Mancata emenda o integrazione dell’or- dine - Conseguenze, III, 196

ORDINE EUROPEO DI INDAGINE PENALE - Richiesta dall’estero - Richiesta di atti di perquisizione e sequestro - Co- municazione del decreto di riconoscimento al difensore del- l’indagato ex art. 4, comma 4, D. Lgs. 108 del 2017 - Tardività della comunicazione - Violazione del diritto di difesa - Nullità ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p. - Ragioni, III, 196

PARTE CIVILE - Termine per la costituzione di parte civile - Costituzione fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall’art. 484 c.p.p. - Udienza di “mero smistamento”

- Costituzione all’udienza successiva - Tempestività e legitti- mità, III, 222, 72

PORNOGRAFIA MINORILE - Divulgazione di materiale pe- dopornografico - Destinatario familiare del minore - Configu- rabilità del reato - Irrilevanza della identità del destinatario e della utilità conseguita dall’autore della divulgazione - Fatti- specie, II, 250, 46

PUBBLICO UFFICIALE - Nozione - Presidente di collegio professionale - Qualifica di pubblico ufficiale - Sussistenza - Ragioni - Fattispecie in tema di abuso di ufficio commesso dal presidente del collegio professionale dei geometri, II, 250, 47 REATI FALLIMENTARI - Bancarotta fraudolenta - Pene ac- cessorie previste dall’art. 216, ultimo comma, l. fall. - Effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 222 del 2018 di- chiarativa di illegittimità costituzionale della norma de qua - Previsione della sola durata massima “fino a dieci anni” - Qua- lificabilità come pena accessoria non predeterminata o prede- terminata - Rilevanza ai fini della competenza della Corte di Cassazione ad operare la commisurazione ex art. 37 C.p. con SOMMARIO

(6)

riferimento ai processi pendenti - Rimessione della questione alle Sezioni Unite, II, 234

REATI TRIBUTARI - Omesso versamento di IVA - Emissione di fattura precedente al pagamento - Obbligo del contribuente di versare l’imposta - Mancato pagamento della fattura o sconto bancario della stessa - Irrilevanza, II, 251, 48 REATO CONTINUATO - Unitarietà del disegno criminoso - Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era ri- volta per uno dei reati parte del disegno criminoso - Sussi- stenza della continuazione tra i reati - Ragioni, II, 207 RESCISSIONE DEL GIUDICATO - Presupposto - Incolpe- vole mancata conoscenza della celebrazione del processo - Elezione di domicilio dell’imputato presso il difensore d’uf- ficio nella fase delle indagini preliminari - Presunzione di co- noscenza del processo - Inammissibilità del ricorso - Ragioni - Fattispecie, III, 223, 73

RESPONSABILITÀ COLPOSA PER MORTE O LESIONI PER- SONALI IN AMBITO SANITARIO - Medico in reparto ospeda- liero - Posizione di garanzia - Medico che succede ad un collega nel turno in un reparto - Assunzione della medesima posizione di garanzia - Conseguenze - Obbligo di informarsi sulle condizioni di salute dei pazienti medesimi - Fattispecie in tema di lesioni col- pose ai danni di un feto da parte di un ginecologo, II, 251, 49 RESPONSABILITÀ COLPOSA PER MORTE O LESIONI PERSONALI IN AMBITO SANITARIO - Rilevanza delle linee guida ai fini della esclusione della punibilità quando ri-

corrano le condizioni di cui all’art. 590 sexies, comma 2; C.p.

- Esclusione della rilevanza per mancata allegazione dell’im- putato - Vizio di motivazione della sentenza - Sussistenza - Ragioni, II, 252, 50

RIFIUTI - Attività di gestione dei rifiuti non autorizzata - De- posito temporaneo di rifiuti - Nozione, II, 252, 51

RIPARAZIONE PER L’INGIUSTA DETENZIONE - Condi- zioni ostative - Comportamenti indicativi di contiguità al so- dalizio criminale - Colpa grave - Sussistenza - Fattispecie in tema di associazione con finalità di terrorismo o eversione del- l’ordine democratico, III, 223, 74

SOSPENSIONE CONDIZIONALE DELLA PENA - Valuta- zione del giudice - Criteri - Elementi previsti dall’art. 133 c.p.

- Obbligo di valutazione di tutti gli elementi - Insussistenza - Indicazione dei soli elementi prevalenti in senso ostativo alla concessione del beneficio - Possibilità - Fattispecie, II, 252, 52

STUPEFACENTI - Espulsione dello straniero condannato - Presupposti ostativi - Verosimiglianza che nello Stato di ap- partenenza il soggetto espulso sia sottoposto a trattamenti con- trari all’art. 3 Cedu - Onere in capo al soggetto da espellere di dimostrare con allegazioni efficaci la esistenza di un tale ri- schio - Obbligo di valutazione del giudice, previa verifica della pericolosità sociale del soggetto - Fattispecie, II, 230 SOMMARIO

(7)

codice etico

DOvERI DEI REDATTORI

Decisioni sulla pubblicazione

I redattori de La Giustizia Penale sono responsabili della deci- sione di pubblicare o meno gli articoli proposti. I redattori pos- sono consultarsi con i referee per assumere tale decisione.

Correttezza

I redattori valutano gli articoli proposti per la pubblicazione in base al loro contenuto senza discriminazioni di razza, genere, orientamento sessuale, religione, origine etnica, cittadinanza, orientamento politico degli autori.

Riservatezza

I redattori e gli altri componenti dello staff si impegnano a non rivelare informazioni sugli articoli proposti ad altre persone oltre all’autore, ai referee e all’editore.

Conflitto di interessi e divulgazione

I redattori si impegnano a non usare in proprie ricerche i conte- nuti di un articolo proposto per la pubblicazione senza il consenso scritto dell’autore.

DOvERI DEI REFEREE

Contributo alla decisione editoriale

La peer-review è una procedura che aiuta i redattori ad assumere decisioni sugli articoli proposti e consente anche all’autore di mi- gliorare il proprio contributo.

Rispetto dei tempi

Il referee che non si senta adeguato al compito proposto o che sappia di non poter svolgere la lettura nei tempi richiesti è tenuto a comunicarlo tempestivamente ai coordinatori.

Riservatezza

Ogni testo assegnato in lettura deve essere considerato riservato.

Pertanto, tali testi non devono essere discussi con altre persone senza esplicita autorizzazione dei redattori.

Oggettività

La peer review deve essere condotta in modo oggettivo. Ogni giudizio personale sull’autore è inopportuno. I referee sono tenuti a motivare adeguatamente i propri giudizi.

Indicazione di testi

I referee si impegnano a indicare con precisione gli estremi bi- bliografici di opere fondamentali eventualmente trascurate dal- l’autore. Il referee deve inoltre segnalare ai redattori eventuali somiglianze o sovrapposizioni del testo ricevuto in lettura con altre opere a lui note.

Conflitto di interessi e divulgazione

Informazioni riservate o indicazioni ottenute durante il processo di peer-review devono essere considerate confidenziali e non pos-

sono essere usate per finalità personali. I referee sono tenuti a non accettare in lettura articoli per i quali sussiste un conflitto di interessi dovuto a precedenti rapporti di collaborazione o di con- correnza con l’autore e/o con la sua istituzione di appartenenza.

DOvERI DEGLI AUTORI

Accesso e conservazione dei dati

Se i redattori lo ritenessero opportuno, gli autori degli articoli do- vrebbero rendere disponibili anche le fonti o i dati su cui si basa la ricerca, affinché possano essere conservati per un ragionevole periodo di tempo dopo la pubblicazione ed essere eventualmente resi accessibili.

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Pubblicazioni multiple, ripetitive e/o concorrenti

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Nel caso di contributi scritti a più mani, l’autore che invia il testo alla rivista è tenuto a dichiarare di avere correttamente indicato i nomi di tutti gli altri coautori, di avere ottenuto la loro approva- zione della versione finale dell’articolo e il loro consenso alla pubblicazione in La Giustizia Penale.

Conflitto di interessi e divulgazione

Tutti gli autori sono tenuti a dichiarare esplicitamente che non sussistono conflitti di interessi che potrebbero aver condizionato i risultati conseguiti o le interpretazioni proposte. Gli autori de- vono inoltre indicare gli eventuali enti finanziatori della ricerca e/o del progetto dal quale scaturisce l’articolo.

Errori negli articoli pubblicati

Quando un autore individua in un suo articolo un errore o un’ine- sattezza rilevante, è tenuto a informare tempestivamente i redat- tori della rivista e a fornire loro tutte le informazioni necessarie per segnalare in calce all’articolo le doverose correzioni.

CODICE ETICO DELLE PUBBLICAZIONI

La Rivista La Giustizia Penale è una rivista scientifica peer-reviewed che si ispira al codice etico delle pubblicazioni elaborato da COPE: Best Practice Guidelines for Journal Editors.

È necessario che tutte le parti coinvolte - autori, redattori e referee - conoscano e condividano i seguenti requisiti etici.

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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno undici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno ventidue sedicesimi annui) è dedicata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).

Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sentenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.

A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:

a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costituzionale, ammini- strativo e civile;

b) sentenze con note critiche;

c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scienze giuridiche e sociali in genere;

d) resoconti e commenti;

e) varietà

B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:

a) articoli originali di dottrina;

b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;

c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giurisprudenza civile re- lativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stradale, con note di richiami;

d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;

e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;

f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;

g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;

h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE

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DECISIONI DELLA CORTE

Sentenza n. 120 - 3 aprile 2019 Pres. Lattanzi - Rel. Amoroso

Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto - Non applicabilità nei procedimenti davanti al giudice di pace - Violazione dell’art. 3 Cost. - Questione di legitti- mità costituzionale - Infondatezza (Cost. art. 3; Cod. pen.

artt. 131 bis, 133, comma 1; D. Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, art. 34)

Va dichiarata non fondata la questione di legittimità costitu- zionale dell’art. 131 bis cod. pen. (che esclude la punibilità del reato quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, cod. pen., l’offesa è di particolare tenuità e il comporta- mento risulta non abituale), sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui è esclusa la sua applicabilità nei proce- dimenti davanti al giudice di pace, in quanto questo procedimento penale configura un modello di giustizia non comparabile con quello davanti al tribunale, in ragione dei caratteri peculiari che esso presenta. Infatti il giudice di pace è chiamato a conoscere di reati di ridotta gravità, espressivi, per lo più, di conflitti interper- sonali a carattere privato. Si tratta di reati per i quali è stato con- figurato un nuovo e autonomo assetto sanzionatorio, nel segno della complessiva mitigazione dell’afflittività, lungo le tre linee direttrici della totale rinuncia alla pena detentiva, della centralità della pena pecuniaria e del ricorso, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, a speciali sanzioni “paradetentive”, limitative della libertà personale, ma comunque nettamente distinte dalle pene carcerarie (permanenza domiciliare e lavoro sostitutivo). In que- sto contesto - che vede un rito orientato, più che alla repressione del conflitto sotteso al singolo episodio criminoso, alla sua com- posizione, oltre che a finalità deflattive - l’inapplicabilità del be- neficio (per l’imputato condannato) di cui all’art. 131 bis cod.

pen. risulta funzionale a evitare che le sanzioni applicabili dal giudice di pace restino prive di ogni concreta attitudine dissuasiva e, con essa, anche della capacità di fungere da stimolo alla col- laborazione con l’opera di mediazione del giudice e alla compo- sizione del conflitto.

(omissis)

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 6 marzo 2018, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costi- tuzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131 bis del codice penale, nella parte in cui tale disposizione non è applicabile ai reati rientranti nella competenza del giudice

di pace ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giu- dice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468).

Secondo il Tribunale rimettente è violato il principio di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., allorché una norma di diritto sostanziale sull’esclusione della punibilità per particolare tenuità dell’offesa - qual è l’art. 131 bis cod.

pen., introdotta per evitare all’imputato le conseguenze nega- tive derivanti da una condanna per fatti di minima offensività - non sia applicabile a reati che, per essere di competenza del giudice di pace, sono per definizione di minore gravità.

2.- Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissi- bilità dell’Avvocatura generale dello Stato, che, sotto questo profilo, deduce che il Tribunale rimettente ha omesso di esa- minare innanzi tutto la possibile causa di estinzione del reato ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000, quale conse- guenza delle condotte riparatorie del danno alla persona offesa.

Premesso che, in generale, il giudice a quo può prendere in con- siderazione per prima una questione, preliminare o di merito, sulla base del criterio della ragione più liquida che comporti l’assorbi- mento di altre questioni (sentenza n. 188 del 2018), si ha, nella specie, che il Tribunale rimettente motiva plausibilmente l’ordine in cui ha esaminato le censure dell’imputato, appellante avverso la sentenza di condanna del giudice di pace.

Ritiene infatti che, secondo il criterio di priorità desumibile dall’art. 129 del codice di procedura penale, l’accertamento della causa di non punibilità per la particolare tenuità dell’of- fesa ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., ove applicabile anche ai reati di competenza del giudice di pace, sia logicamente prioritario, ancorché dedotto dall’appellante in via subordinata, rispetto al riconoscimento della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000.

Quindi, il mancato previo esame della sussistenza, o no, di una condotta riparatoria idonea a determinare l’estinzione del reato non inficia l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 131 bis cod. pen. Motivatamente il giu- dice rimettente ritiene che sia questa la disposizione che, esclu- dendo la punibilità per la particolare tenuità dell’offesa, il giudice di primo grado avrebbe potuto innanzi tutto applicare e che invece non ha applicato; ciò di cui l’imputato appellante si duole come motivo di impugnazione. Invece - può aggiun- gersi - lo stesso appellante non ha affatto censurato la mancata applicazione dell’art. 34 del citato decreto legislativo sul- l’esclusione della procedibilità dell’azione penale in caso di particolare tenuità del fatto, preclusa dalla richiesta (accolta) della persona offesa, costituitasi parte civile, di risarcimento del danno; né il giudice rimettente ha investito tale norma di alcuna censura di illegittimità costituzionale.

Pertanto, da una parte sussiste una plausibile motivazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale del- l’art. 131 bis cod. pen., che è quindi ammissibile, ma dall’altra parte tale rilevanza circoscrive e delimita il perimetro della questione stessa a tale unica disposizione (su tale aspetto si tor- nerà infra al n. 7).

3.- Passando al merito, occorre preliminarmente inquadrare il contesto normativo nel cui ambito si pone la questione di le- gittimità costituzionale nei limiti appena sopra fissati.

L’art. 131 bis cod. pen. - inserito dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», in attuazione della legge 28 aprile 2014,

4.I.2019

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* a cura di Lorenzo Delli Priscoli

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n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili) - prevede una generale causa di esclusione della punibilità che si raccorda con l’altret- tanto generale presupposto dell’offensività della condotta, re- quisito indispensabile per la sanzionabilità penale di qualsiasi condotta in violazione di legge. Ha affermato questa Corte che

«l’offensività deve ritenersi di norma implicita nella configu- razione del fatto e nella sua qualificazione di illecito da parte del legislatore» (sentenza n. 333 del 1991).

Il legislatore del 2015, perseguendo una finalità deflattiva analoga a quella sottesa a misure di depenalizzazione ed eser- citando l’ampia discrezionalità nel definire «l’estensione di cause di non punibilità, le quali costituiscono altrettante dero- ghe a norme penali generali» (sentenza n. 140 del 2009), ha considerato i reati al di sotto di una soglia massima di gravità - quelli per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, nonché quelli puniti con la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva - e ha tracciato una linea di demarcazione trasversale per escludere la punibilità - ma non l’illiceità penale - delle condotte che ri- sultino, in concreto, avere un tasso di offensività marcatamente ridotto, quando appunto l’«offesa è di particolare tenuità».

Su questo presupposto fa perno la norma censurata, poi in- tegrata da requisiti ulteriori della causa di non punibilità, che meglio delineano la fattispecie della particolare tenuità dell’of- fesa: il comportamento deve risultare non abituale; deve ricor- rere l’esiguità del danno o del pericolo; occorre tener conto delle modalità della condotta. La stessa particolare tenuità è ulteriormente specificata nel secondo comma dell’art. 131 bis cod. pen., che la esclude quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

La perdurante illiceità penale della condotta, anche quando il fatto è di lieve entità, risulta inequivocabilmente dall’art. 651 bis cod. proc. pen., secondo cui la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto al- l’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità pe- nale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarci- mento del danno promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale. Quindi è proprio l’illiceità penale, tra l’al- tro, che fa stato nel giudizio civile o amministrativo con con- seguente configurabilità del danno anche non patrimoniale perché cagionato da reato (art. 185, secondo comma, cod.

pen.). Questa Corte ha affermato in proposito che «il fatto par- ticolarmente lieve, cui fa riferimento l’art. 131 bis cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il le- gislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la “rieducazione del con- dannato”, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione» (ordinanza n. 279 del 2017).

Inoltre, sono iscrivibili nel casellario giudiziario i provvedi- menti definitivi che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., come previsto dall’art. 3, comma 1,

lettera f), del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di casellario giudiziale europeo, di ana- grafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti. (Testo A)».

Questa causa di non punibilità, così declinata, costituisce

«innovazione di diritto penale sostanziale» (Corte di cassa- zione, sezioni unite penali, sentenza 25 febbraio-6 aprile 2016, n. 13681) ed è di carattere generale tanto che – come stabilisce espressamente l’ultimo comma dell’art. 131 bis – trova appli- cazione anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante; ciò pe- raltro non esclude, «ma neppure automaticamente comporta, l’applicazione della causa di non punibilità» (sentenza n. 207 del 2017).

4.- La novità normativa si colloca sulla scia di una disciplina di settore ispirata dalla stessa ratio.

L’art. 27 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati mi- norenni), come sostituito dall’art. 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 123 (Sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Modifiche al testo delle disposizioni sul processo pe- nale a carico di imputati minorenni, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448), pre- vede la «tenuità del fatto» come presupposto perché il giudice possa emettere, concorrendo altre condizioni (quale l’occasio- nalità del comportamento), una sentenza di non luogo a pro- cedere per irrilevanza del fatto, avente natura sostanziale di causa di non punibilità, nei confronti dell’imputato minorenne.

L’originaria limitazione alla sede processuale dell’udienza pre- liminare, del giudizio direttissimo e del giudizio immediato è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con conseguente generalizzazione dell’operatività di tale speciale causa di non punibilità al processo minorile (sentenza n. 149 del 2003).

Parimenti l’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 esclude la pro- cedibilità per i reati di competenza del giudice di pace quando

«[i]l fatto è di particolare tenuità». La nozione di “particolare tenuità” del fatto è ancora più ampia perché è la risultante com- plessiva di plurimi fattori concorrenti, centrati sull’esiguità del danno o del pericolo derivati dalla condotta astrattamente sus- sumibile nella fattispecie di reato, ma integrati anche dall’oc- casionalità della condotta e dalla valutazione del grado della colpevolezza, nonché dal bilanciamento tra il pregiudizio che l’ulteriore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottopo- sta a indagini o dell’imputato e l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.

Lo spettro più ampio della particolare tenuità del fatto ex art.

34 del d.lgs. n. 274 del 2000 è coerente con la costruzione di questa fattispecie come condizione di procedibilità dell’azione penale, piuttosto che come causa di non punibilità.

Si tratta di una regola di carattere generale, tant’è che trova applicazione anche nel caso in cui i reati di competenza del giudice di pace siano giudicati da un giudice diverso da que- st’ultimo, quale potrebbe essere il tribunale (art. 63, comma 1, del d.lgs. n. 274 del 2000).

Le tre citate disposizioni - l’art. 131 bis cod. pen. per i reati di competenza del giudice togato, l’art. 27 del d.P.R. n. 448 del 1988 per i reati commessi da minorenni e l’art. 34 del d.lgs. n.

274 del 2000 per i reati di competenza del giudice di pace - convergono a realizzare, sotto questo aspetto, una regolamen- tazione di sostanziale uniformità in termini di rilevanza della particolare tenuità dell’offesa, nel nucleo essenziale delle LA GIUSTIZIA PENALE 2019 (Parte Prima: I Presupposti)

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norme, pur con vari elementi differenziali e specializzanti. In- fatti, «il legislatore ben può introdurre una causa di proscio- glimento per la “particolare tenuità del fatto” strutturata diversamente» (sentenza n. 25 del 2015); tanto che - si è affer- mato (ordinanza n. 46 del 2017) - l’art. 131 bis cod. pen. co- stituisce «una disposizione sensibilmente diversa da quella dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000».

5.- È però sorto non di meno il problema interpretativo del- l’applicabilità, o no, della causa di non punibilità ai sensi del- l’art. 131 bis cod. pen. anche ai reati di competenza del giudice di pace.

Tale questione ha registrato un iniziale contrasto di giuri- sprudenza, composto infine dalle Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno affermato, come principio di diritto, che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., non è applicabile nei procedimenti relativi a reati di competenza del giudice di pace (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 22 giugno-28 novembre 2017, n. 53683).

Tale arresto giurisprudenziale, cui la Corte di cassazione ha dato continuità anche in seguito, costituisce “diritto vivente”

sicché la disposizione censurata esprime il contenuto norma- tivo così ricostruito. Il dato giurisprudenziale, anche in un ordinamento che non conosce una rigida regola dello stare decisis, ma solo la forma attenuata di vincolo interpretativo introdotta dall’art. 618, comma 1 bis, cod. proc. pen., identi- fica la norma espressa dalla disposizione su cui questa Corte è chiamata a svolgere il sindacato di costituzionalità: «le norme vivono nell’ordinamento nel contenuto risultante dall’applica- zione fattane dal giudice» (sentenza n. 95 del 1976).

Il rimettente è ben consapevole di ciò e quindi muove le sue censure considerando la norma espressa dalla disposizione cen- surata nel contenuto ricostruito dalla citata pronuncia delle Se- zioni unite della Corte di cassazione senza necessità di verificare la possibilità di una diversa interpretazione.

L’inapplicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. ai reati di com- petenza del giudice di pace, predicata da tale pronuncia, si fonda non già sul principio di specialità (art. 15 cod. pen.), ma sulla cosiddetta riserva di codice posta dall’art. 16 cod. pen., che prevede che nelle materie regolate da leggi speciali - e tale è il d.lgs. n. 274 del 2000 - le disposizioni del codice penale - e quindi anche l’art. 131 bis - si applicano salvo che non sia stabilito altrimenti. Ma la legge penale speciale in questione (il d.lgs. n. 274 del 2000) contiene già, nel suo complesso, una distinta disciplina della materia. In particolare, l’art. 34 rego- lamenta integralmente la fattispecie del fatto di particolare te- nuità che così scherma l’applicabilità, altrimenti operante, dell’art. 131 bis cod. pen. Si tratta di regimi alternativi di fat- tispecie che hanno come nucleo comune la particolare tenuità del fatto e come elementi differenziali i requisiti di contorno che caratterizzano l’una e l’altra fattispecie.

6.- Tutto ciò premesso, la sollevata questione di legittimità costituzionale non è fondata.

Le ragioni che giustificano, sul piano del rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, questa alternatività risie- dono nelle connotazioni peculiari dei reati di competenza del giudice di pace e del procedimento innanzi a quest’ultimo ri- spetto ai reati di competenza del tribunale. La eterogeneità delle fattispecie di reato poste a confronto esclude la dedotta lesione del principio di eguaglianza (sentenza n. 207 del 2017).

Questa Corte ha più volte posto in rilievo che «il procedimento penale davanti al giudice di pace configura un modello di giu- stizia non comparabile con quello davanti al tribunale, in ra-

gione dei caratteri peculiari che esso presenta» (sentenza n.

426 del 2008; nello stesso senso, ordinanze n. 28 del 2007, n.

415 e n. 228 del 2005).

In particolare - nel dichiarare non fondata la questione di le- gittimità costituzionale dell’art. 60 del d.lgs. n. 274 del 2000, nella parte in cui non consente di applicare le disposizioni del codice penale, relative alla sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna a pena pecuniaria per reati di com- petenza del giudice di pace, neppure quando il beneficio sia stato invocato dalla difesa - questa Corte ha evidenziato che il giudice di pace è chiamato a conoscere di reati di ridotta gra- vità, espressivi, per lo più, di conflitti interpersonali a carattere privato. Si tratta di reati per i quali «è stato configurato un nuovo e autonomo assetto sanzionatorio, nel segno della com- plessiva mitigazione dell’afflittività, lungo le tre linee direttrici della totale rinuncia alla pena detentiva, della centralità della pena pecuniaria e del ricorso, nei casi di maggiore gravità o di recidiva, a speciali sanzioni “paradetentive”, limitative della libertà personale, ma comunque nettamente distinte dalle pene carcerarie (permanenza domiciliare e lavoro sostitutivo)» (sen- tenza n. 47 del 2014). In questo contesto - che vede un rito orientato, più che alla repressione del conflitto sotteso al sin- golo episodio criminoso, alla sua composizione, oltre che a fi- nalità deflattive - l’inapplicabilità del beneficio (per l’imputato condannato) della sospensione condizionale della pena risulta funzionale a evitare che le sanzioni applicabili dal giudice di pace restino prive di ogni concreta attitudine dissuasiva e, con essa, anche della capacità di fungere da stimolo alla collabo- razione con l’opera di mediazione del giudice e alla composi- zione del conflitto.

Per le stesse ragioni è stata ritenuta manifestamente infon- data la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del d.lgs. n. 274 del 2000, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui esclude l’applicazione della pena su richiesta delle parti (cosiddetto patteggiamento) nel procedi- mento penale davanti al giudice di pace (ordinanza n. 50 del 2016).

Le ragioni giustificative di questo duplice regime di esclu- sione di istituti di carattere sia sostanziale (la sospensione con- dizionale della pena) che processuale (l’applicazione della pena su richiesta), quali già affermate da questa Corte, a mag- gior ragione valgono quando la diversità di disciplina consiste soltanto nella diversa modulazione dei requisiti della non pu- nibilità del fatto di particolare tenuità, che nel suo nucleo es- senziale è previsto tanto dall’art. 131 bis cod. pen. per i reati di competenza del giudice togato quanto dall’art. 34 del d.lgs.

n. 274 del 2000 per i reati di competenza del giudice di pace.

Anche la giurisprudenza di legittimità ha sottolineato «la na- tura eminentemente “conciliativa” della giurisdizione di pace, che dà risalto peculiare alla posizione dell’offeso dal reato, tanto da attribuirgli, nei reati procedibili a querela, un (singo- lare) potere di iniziativa nella vocatio in jus» (Corte di cassa- zione, sezioni unite penali, sentenza 16 luglio-27 ottobre 2015, n. 43264). Si tratta infatti di un procedimento «improntato a finalità di snellezza, semplificazione e rapidità, che lo rendono non comparabile con il procedimento davanti al tribunale, e comunque tali da giustificare sensibili deviazioni rispetto al modello ordinario» (sentenza n. 298 del 2008; nello stesso senso, ordinanze n. 28 del 2007, n. 85 e n. 415 del 2005, n. 349 del 2004).

Si ha quindi che, sia per i reati di competenza del tribunale, sia per quelli di competenza del giudice di pace, rileva comun- que la particolare tenuità del fatto; ma i presupposti della non

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punibilità, nell’un caso, e della non procedibilità dell’azione penale, nell’altro, non sono pienamente sovrapponibili, ma se- gnano la differenza tra i due istituti.

Lo scostamento di disciplina, maggiormente significativo, risiede nella particolare valutazione che il giudice è chiamato a fare ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 per operare un bilanciamento tra il pregiudizio per l’imputato e l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. Ciò però è coerente con le rilevate peculiarità del processo penale innanzi al giudice di pace e dei reati devoluti alla sua cogni- zione. Per tali reati, che già di per sé non sono gravi, è richiesta al giudice una valutazione più ampia, arricchita da elementi ul- teriori. Il giudice deve tener conto del pregiudizio che l’ulte- riore corso del procedimento può recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad in- dagini o dell’imputato; pregiudizio che può concorrere a far ri- tenere di particolare tenuità il fatto addebitato all’indagato, allargandone la portata ove non sussista un interesse della per- sona offesa alla prosecuzione del procedimento.

Nel complesso, la particolare tenuità del fatto ai sensi del- l’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 ha uno spettro più ampio dell’offesa di particolare tenuità ex art. 131 bis cod. pen., tant’è che incide più radicalmente sull’esercizio dell’azione penale e non già solo sulla punibilità. E infatti la pronuncia del giudice non è iscritta nel casellario giudiziario, a diffe- renza della sentenza che dichiara la non punibilità ex art. 131 bis cod. pen.; né, a differenza di quest’ultima, la pronuncia di improcedibilità ex art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 è idonea a formare alcun giudicato sull’illiceità penale della condotta, come nella fattispecie dell’art. 651 bis cod. proc. pen.; nep- pure, per la stessa ragione, tale pronuncia è impugnabile dal- l’imputato, a differenza della sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. (Corte di cassazione, sezione quinta penale, sentenza 8 marzo-12 lu- glio 2018, n. 32010).

L’alternatività delle due disposizioni emerge anche sotto altro aspetto. Hanno precisato le Sezioni unite (Cass., sez. un.

pen., n. 53683 del 2017) che - quando all’imputazione di un reato di competenza del giudice di pace si aggiunge, a carico dello stesso indagato o imputato, un reato di competenza del tribunale legato da nesso di connessione, pur nel limitato am- bito applicativo di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 274 del 2000, se- condo cui ricorre la connessione soltanto nel caso di persona imputata di più reati commessi con la stessa unica azione od omissione (sentenza n. 64 del 2009) - si ha non solo che si ra- dica la competenza nel tribunale per entrambi i reati, ma anche che vengono meno le ragioni del maggior favore per l’imputato della regola processuale della improcedibilità dell’azione pe- nale per la particolare tenuità del fatto e si riespande la regola comune codicistica della non punibilità per la particolare te- nuità dell’offesa, estesa anche al reato che, in mancanza della connessione, sarebbe stato di competenza del giudice di pace.

7.- In vero, vi è, interna alla disciplina della procedibilità dell’azione penale per i reati di competenza del giudice di pace, anche una deroga alla regola dell’improcedibilità ai sensi del- l’art 34 del d. lgs. n. 274 del 2000: è quella che deriva dall’op- posizione della persona offesa dopo l’esercizio dell’azione penale, prevista dal comma 3 di tale disposizione. Infatti, in tal caso, l’opposizione ha l’effetto di precludere al giudice – dopo che l’azione penale sia già stata esercitata non essendo stata ritenuta, nella fase delle indagini preliminari, la partico- lare tenuità del fatto – la possibilità di rilevare successiva- mente, in giudizio, tale presupposto; si è parlato di “facoltà inibitoria” o di “potere di veto” della persona offesa al recu-

pero in giudizio della possibilità per il giudice di valutare la particolare tenuità del fatto per dichiarare improcedibile l’azione penale già esercitata.

In proposito, questa Corte (ordinanza n. 63 del 2007) ha già rilevato che l’art. 34, comma 3, del d.lgs. n. 274 del 2000 pre- vede, nella fase successiva all’esercizio dell’azione penale, non già una condizione positiva (il «consenso»), ma una condizione negativa (la non opposizione: «se l’imputato e la persona of- fesa non si oppongono»).

Successivamente le Sezioni unite (Cass., sez. un. pen., n.

43264 del 2015), componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno precisato, in termini restrittivi, la portata dell’opposi- zione della persona offesa che paralizza l’operatività dello spe- ciale regime dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000, affermando che la «volontà di opposizione deve essere necessariamente espressa, non potendosi desumere da atti o comportamenti che non abbiano il carattere di una formale ed inequivoca manife- stazione di volontà». Inoltre, hanno puntualizzato che l’oppo- sizione è atto personale della persona offesa e va dichiarata in udienza, sicché la mancata partecipazione al dibattimento della persona offesa (regolarmente citata o irreperibile) non è osta- tiva della facoltà del giudice di valutare la sussistenza dei pre- supposti previsti dall’art. 34, comma 1. È, però, sufficiente la richiesta di risarcimento del danno della persona offesa costi- tuitasi parte civile, così come nella specie si è verificato nel giudizio a quo, secondo la narrazione del giudice rimettente.

In tale evenienza, in cui risulti ritualmente proposta l’oppo- sizione della persona offesa dopo l’esercizio dell’azione pe- nale, si ha che, da una parte, continua comunque a non applicarsi la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod.

pen., perché in generale tale disposizione non riguarda i reati di competenza del giudice di pace e si è sopra argomentato in ordine alla giustificatezza di tale regime alternativo. Ma d’altra parte, in concreto, neppure la causa di non procedibilità di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 trova applicazione, né po- trebbe ritenersi - allo stato attuale della giurisprudenza - che si riespanda il regime comune dell’art. 131 bis cod. pen., giac- ché la più volte richiamata pronuncia delle sezioni unite (Cass., sez. un. pen., n. 53683 del 2017) predica ciò solo con riferi- mento all’ipotesi della connessione con altro reato di compe- tenza del tribunale.

Questa facoltà di opposizione, però, costituisce una deroga che appartiene alla regolamentazione dell’improcedibilità dell’azione penale in caso di reati di competenza del giudice di pace per fatti di particolare tenuità, deroga collegata alla speciale tutela riconosciuta alla persona offesa, di cui è espres- sione, in parallelo, la (parimenti derogatoria) facoltà di que- st’ultima di proporre ricorso immediato al giudice per i reati perseguibili a querela (art. 21 del d.lgs. n. 274 del 2000).

8.- In conclusione, non viola i principi di eguaglianza e di ragionevolezza la non applicabilità, ritenuta dalla giurispru- denza, della causa di non punibilità per la particolare tenuità dell’offesa di cui all’art. 131 bis cod. pen. in caso di reati di competenza del giudice di pace, per i quali opera invece la causa di improcedibilità dell’azione penale per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000.

La sollevata questione di legittimità costituzionale va quindi dichiarata non fondata. (omissis)

103 LA GIUSTIZIA PENALE 2019 (Parte Prima: I Presupposti) 104

(13)

Sentenza n. 40 - 23 gennaio 2019 Pres. Lattanzi - Rel. Cartabia

Stupefacenti - Sanzione prevista dall’art. 73, comma 1, D.P.R. 309 del 1990 per le c.d. droghe pesanti - Pena mi- nima edittale di otto anni di reclusione - Sproporzione ri- spetto al massimo edittale previsto per i casi di lieve entità di cui al comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309 del 1990 - Vio- lazione degli artt. 3 e 27 Cost. - Questione di legittimità co- stituzionale - Illegittimità in parte qua (Cost. artt. 3, 27;

D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 commi 1 e 5)

Va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti), nella parte in cui in cui prevede la pena minima edittale della reclusione nella mi- sura di otto anni anziché di sei anni in quanto la divaricazione di ben quattro anni venutasi a creare tra il minimo edittale di pena previsto dal comma 1 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 e il massimo edittale della pena comminata dal comma 5 dello stesso articolo (che disciplina i casi di lieve entità) ha raggiunto un’ampiezza tale da determinare un’anomalia san- zionatoria perché molti casi si collocano in una “zona grigia”, al confine fra le due fattispecie di reato, il che rende non giu- stificabile l’ulteriore permanenza di un così vasto iato sanzio- natorio. Ne deriva la violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalità, ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., oltre che del principio di rieducazione della pena di cui all’art. 27 Cost. Infatti allorché le pene comminate appaiano manifesta- mente sproporzionate rispetto alla gravità del fatto previsto quale reato, si profila un contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., giacché una pena non proporzionata alla gravità del fatto si risolve in un ostacolo alla sua funzione rieducativa. I principi di cui agli artt. 3 e 27 Cost. esigono di contenere la privazione della libertà e la sofferenza inflitta alla persona umana nella misura minima necessaria e sempre allo scopo di favorirne il cammino di recupero, riparazione, riconciliazione e reinseri- mento sociale in vista del progressivo reinserimento armonico della persona nella società, che costituisce l’essenza della fi- nalità rieducativa della pena. Al raggiungimento di tale impe- gnativo obiettivo posto dai principi costituzionali è di ostacolo l’espiazione di una pena oggettivamente non proporzionata alla gravità del fatto, quindi, soggettivamente percepita come ingiusta e inutilmente vessatoria e, dunque, destinata a non realizzare lo scopo rieducativo verso cui obbligatoriamente deve tendere.

Ritenuto in fatto

1.- Con ordinanza del 17 marzo 2017 (reg. ord. n. 113 del 2017), la Corte d’appello di Trieste ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), per contrasto con gli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione, nella parte in cui, per effetto della sentenza n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale, prevede la pena mi- nima edittale di otto anni anziché di quella di sei anni intro- dotta con l’art. 4 bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n.

272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanzia- menti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzio- nalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per

favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupe- facenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Pre- sidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2006, n. 49.

Le questioni sono state sollevate nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto una fattispecie di detenzione di circa cento grammi di cocaina, occultati all’interno di tre condensatori per computer, contenuti all’interno di un pacco proveniente dal- l’Argentina. Il giudice di prime cure ha ritenuto che la sostanza stupefacente fosse destinata in via prevalente alla cessione a terzi, così escludendo, tenuto conto della quantità di tale so- stanza sequestrata e di altri elementi di contesto, la possibilità di inquadrare il fatto nell’ipotesi di lieve entità di cui all’art.

73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. In esito a giudizio ab- breviato, l’imputato è stato condannato alla pena di anni quat- tro di reclusione e 14.000 euro di multa, previo riconoscimento delle attenuanti generiche e l’applicazione della diminuente per il rito.

1.1.- L’ordinanza precisa che il difensore dell’imputato, pur non contestando la responsabilità penale per il fatto ascritto, ne ha chiesto la riqualificazione, ai sensi del citato art. 73, comma 5. In via subordinata, permanendo la qualificazione giuridica del fatto di cui all’imputazione, ha posto in dubbio la legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del d.P.R.

n. 309 del 1990. La difesa privata si duole del fatto che tale di- sposizione prevede oggi, all’esito di una tortuosa evoluzione normativa, un trattamento sanzionatorio con limite edittale mi- nimo di otto anni di reclusione, pari al doppio del massimo pre- visto per il reato minore. Infatti, a seguito della sentenza n. 32 del 2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost., degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. n. 272 del 2005, come convertito, ha ri- preso applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche apportate con le disposizioni dichia- rate incostituzionali, così dando luogo a una grave incoerenza sistematica con i commi 5 e 5 bis.

1.2.- L’ordinanza, quindi, riferisce che il difensore dell’im- putato, proprio sul presupposto che detto trattamento edittale è «rivissuto per effetto dell’intervento della Corte costituzio- nale in un contesto normativo affatto diverso», ha eccepito, sulla scorta di analoghi argomenti già posti a sostegno della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Rovereto il 3 marzo 2016 (reg. ord. n. 100 del 2016), l’ille- gittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, chiedendo la sospensione del giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale.

2.- Su tali basi, la Corte d’appello triestina ha ritenuto che sussistano i presupposti per sollevare le questioni di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 25, 3 e 27 Cost., del- l’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui detta disposizione prevede - a seguito della sentenza n. 32 del 2014 - la pena minima edittale di otto anni di reclusione.

3.- In punto di rilevanza, la Corte rimettente afferma di con- dividere la qualificazione giuridica del fatto-reato data dal giu- dice di primo grado corrispondente al delitto di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990, ostando alla sua sussu- mibilità nell’ambito della cosiddetta «lieve entità» una serie di elementi, quali la quantità di sostanza stupefacente (quasi cento grammi netti di cocaina), rivelatasi, all’analisi tossico- logica, dotata di elevata percentuale di purezza (57%) e idonea al confezionamento di ben 375 dosi; le circostanze del traffico,

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