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Discrimen » Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio

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Collana diretta da

Giovanni Fiandaca - Enzo Musco - Tullio Padovani - Francesco Palazzo

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sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interro- garsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere saggi e studi che, nella consa-

pevolezza di fondo di questa necessaria ricerca di nuove identità

del diritto penale, si propongano percorsi realistici di analisi,

aperti anche ad approcci interdisciplinari.

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CONCORSO DI COLPE E

PRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ PENALE PER FATTO PROPRIO

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

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http://www.giappichelli.it

ISBN 88-348-4165-4

Composizione: Compograf – Torino Stampa: Stampatre s.r.l. – Torino

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/

fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.

Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02-80.95.06, e-mail: aidro@iol.it

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Alla memoria di P. Thomas Tyn

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XXIII XXVII 1

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PRESENTAZIONEdi Stefano Canestrari PREFAZIONE

INTRODUZIONE

CAPITOLOI

NULLUM CRIMEN SINE PECULIARI OFFICIO IL CONCORSO COLPOSO NELLA PROSPETTIVA

DEL PRINCIPIO DI RESPONSABILITÀ PENALE PER FATTO PROPRIO

Sezione I

CRITICA DI TRE DOGMI

1. La prospettiva d’indagine: la separazione metodologica tra proble- ma della tipicità del contributo di concorso e problema dell’impu- tazione (o dei soggetti). Centralità del principio costituzionale di responsabilità penale per fatto proprio

1.1. La «irrazionalità» del concorso nel reato (in particolare, nel reato colposo)

1.2. La fattispecie concorsuale come prioritario problema di indi- viduazione dei soggetti

1.3. Il poliedrico universo culturale dell’opzione codicistica 1.4. La relazione biunivoca tra paradigma dell’equivalenza causa-

le e concorso di persone nel codice penale: la ratio di collega- mento con l’idea di responsabilità personale

1.5. La logica del diritto penale della pericolosità sociale

1.6. L’inversione metodologica nell’analisi del concorso. Le solu- zioni «rassegnate» della dottrina

1.7. I devastanti «effetti a catena» della parificazione tra condotte tipiche e contributi atipici

1.8. Proposta di un diverso percorso metodologico: il problema del rapporto tra fatto e autore (imputazione) come cuore dell’indagine. Distinzione tra la questione dell’imputazione e quella della tipicità. Tipicità come espressione del principio di

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61 legalità-determinatezza, imputazione come espressione del principio di personalità-responsabilità per fatto proprio. Il principio di responsabilità per fatto proprio nella Costituzio- ne. Il significato dell’art. 27 Cost.: divieto di responsabilità per fatto altrui… Segue: …e divieto di responsabilità oggettiva: l’ef- fetto di elusione del significato minimo dell’art. 27 Cost. indot- to dall’evoluzione in direzione del riconoscimento del princi- pio di colpevolezza. Il principio di responsabilità per fatto pro- prio come cartina di tornasole di una corretta impostazione del tema della plurisoggettività

1.9. La riscoperta del principio di responsabilità per fatto proprio nell’ambito del diritto penale d’impresa

1.10. Critica di tre dogmi

2. Responsabilità per fatto proprio e dogma causale

2.1. L’identificazione tra divieto di etero-responsabilità e presup- posto causale dell’imputazione

2.2. L’«universale» modello dell’era del positivismo 2.3. Condicio per quam e condicio sine qua non

2.4. Il dogma causale come impronta generale del Codice Rocco 2.5. Il recupero dell’imputazione oggettiva come statuto della re-

sponsabilità per fatto proprio

2.6. Causalità e funzione della responsabilità penale nella società tecnologica

2.7. Dicotomia tra spiegazione causale e responsabilità?

2.8. La doverosa distinzione tra imputazione e tipicità: l’emergere di tendenze ascrittivo-normative nella prassi giurisprudenziale 2.9. L’individuazione dei soggetti come questione prioritaria della

teoria del concorso di persone 2.10. Il significato di causa

2.11. L’identificazione dell’osservatore nel problema della selezione delle cause

3. La distinzione dell’illecito in elemento oggettivo e soggettivo 3.1. La progressiva dissoluzione del modello classico

3.2. L’eterno ritorno alla scientia maleficii come criterio di collega- mento dei contributi atipici

3.3. Standard di diligenza come regole giuridiche 4. La concezione imperativistica

4.1. Il sostrato imperativistico della corrente lettura del rapporto fatto-autore

4.2. La connotazione imperativa delle norme giuridico-penali: for- za dell’evidenza o evidenza forzata?

4.3. La natura della c.d. «norma primaria». La dialettica tra conce- zione imperativista e concezione valorativa della norma. Di- mensione paradigmatica e dimensione imperativa della nor- ma: l’errata comprensione del momento del «Sollen». La dupli- ce funzione, di orientamento e di determinazione della confor- mità al sistema, delle regole di condotta nella teoria di Hru- schka

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105 4.4. La critica tradizionale di «riduzionismo». I «Performatory im-

peratives» di Olivecrona. La «Bestimmungsnorm» di Larenz. La netta distinzione tra dimensione normativa ed espressione precettiva

4.5. Le origini: la (inespressa) connotazione paternalistica dell’ana- litica imperativista

4.6. Eterogeneità funzionale di norma e imperativo: la vexata quae- stio della dicotomia tra codice naturalistico e normativo. La neokantiana separazione tra mondo dell’essere e mondo del dover essere: il concetto di «autonomia» nella teoria pura del diritto di Kelsen. Il significato simbolico-comunicativo della norma in Jakobs. Il dovere giuridico che sta a fondamento del- la responsabilità va inteso come «Sollen» e non come «Müs- sen»

4.7. La funzione prospettica di motivazione assegnata alla norma dalla concezione imperativista. L’idealtipo del reato commissi- vo doloso come emblema della contaminazione dommatica derivante da un’errata prospettiva normologica. Imperativi- smo e suggestioni finalistiche nella lettura basica dell’illecito.

Rapporto inversamente proporzionale tra tendenza ascrittiva e imperativismo

4.8. L’ottica generalpreventiva dell’imperativismo

4.9. Imperativismo come mera struttura particolare di alcune fatti- specie

4.10. Abbozzo di una prima sintesi: il significato fondamentale del- la norma primaria va tratto dai principi

Sezione II

DALLA RESPONSABILITÀ PER FATTO PROPRIO COME PRINCIPIO ALLA NORMA COSTITUTIVA DI STATUS

1. La responsabilità personale come principio assiomatico

2. La difficile integrazione tra regole e principi. La responsabilità per fatto proprio: un principio dalle potenzialità inespresse

3. L’art. 27 come fondamento della responsabilità penale 4. La norma giuridico-penale come precetto personale

5. La traduzione in regole: proposta di una concezione normologica discendente dal principio di personalità

6. La norma giuridico-penale come norma costitutiva di status 7. La norma primaria come regola costitutiva

8. La lettura costituzionalmente orientata come terza via tra concezio- ne ontologica e costruttivistica

9. Responsabilità per fatto proprio, argumentum libertatis e art. 13 Cost.:

libertà c.d. positiva, competenza, status di cittadino

10. La norma come fondamento del neminem laedere: la precedenza del dovere giuridico sull’offesa e la previa delimitazione del «rischio consentito»

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141 11. Il dovere giuridico come codice della responsabilità

12. Responsabilità per fatto proprio e dinamica del rapporto tra Stato e cittadino

13. Responsabilità personale e generalprevenzione

14. Il diritto penale del rischio: le insane tendenze verso un modello po- st-personale

15. Dalla critica ai pre-giudizi del pensiero giuridico come filtro meto- dologico alla struttura della norma come espressione del principio di responsabilità per fatto proprio e base di partenza per una rico- struzione del concorso colposo

16. Il concorso colposo come «istituto»

CAPITOLOII

IL CONCORSO COLPOSO COME PROBLEMA TEORICO:

LA COOPERAZIONE COLPOSA NELL’ESPERIENZA ITALIANA 1. La «cooperazione colposa» nell’ordinamento italiano ai confini tra dommatica del concorso di persone nel reato e teoria della colpa. La posizione sistematica della fattispecie di cui all’art. 113 c.p. come problema teorico comune alle questioni della funzione, incrimina- trice o di disciplina, della norma e della delimitazione dalla concor- renza di condotte indipendenti

2. La funzione dell’art. 113 c.p.: dalla sua genesi «tautologica», alla ri- tenuta ratio «bivalente», alla dissoluzione sistematica della defini- zione e funzione della fattispecie in quella del legame tra i concor- renti

3. La cooperazione colposa ai confini con la figura del concorso di cau- se colpose indipendenti: il riflesso della relazione tra modello mo- nosoggettivo e modello della partecipazione. Il rilievo pratico della distinzione: le diverse conseguenze sostanziali e processuali. Le li- nee essenziali del dibattito

3.1. La tesi dell’identità come riflesso del principio causale e della equipollenza delle concause: irrilevanza della consapevolezza della cooperazione nelle fattispecie causalmente orientate (Bo- scarelli). Concorso di cause colpose come reato a evento unico (Pannain). Cooperazione come attualizzazione di condotte a pericolosità astratta e indeterminata (Pedrazzi)

3.2. La tesi che assegna una funzione autonoma al concorso di cau- se colpose indipendenti. In particolare, il criterio psicologico- soggettivo. Collegamento soggettivo come mera consapevolez- za dell’altrui contributo esteriore (M. Gallo). Consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta come fondamento della condotta di cooperazione colposa (Latagliata, Spasari, Bettiol). La consapevolezza quale requisito specifico della par- tecipazione in generale (Albeggiani, Risicato)

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202 3.3. La progressiva normativizzazione in parallelo con gli sviluppi

della dommatica della colpa. La trasposizione all’ambito dell’art. 113 del criterio della prevedibilità (Severino Di Bene- detto). Cooperazione come violazione di una regola di caratte- re «secondario» (Cognetta). La norma concorsuale in funzione di adattamento della tipicità soggettiva alla fattispecie pluri- soggettiva (G.A. De Francesco). L’interazione plurisoggettiva come organizzazione (Insolera)

3.4. Verso l’«esaurimento della parabola storica»: il concorso di colpe nella prospettiva dell’eliminazione dell’art. 113 c.p. (An- gioni). La rigorizzazione del modello esplicativo e la dissolu- zione della distinzione (Giunta)

4 Concorso di cause colpose e agevolazione

5. L’art. 113 c.p. come crocevia tra fattispecie colposa e schema con- corsuale. Due itinerari alternativi: la cooperazione colposa all’inter- no della teoria del concorso di persone. Ancora sul nesso psicologi- co come requisito d’essenza della cooperazione colposa. L’art. 113 come fattispecie a struttura accessoria? Clausole generali e forme di manifestazione del reato. Il secondo itinerario: la concezione nor- mativa della colpa. La difficile soluzione tra ossequio al dato codici- stico e rispetto del principio di determinatezza. L’evoluzione «circo- lare» della fattispecie della cooperazione colposa

6. Conclusioni: la cooperazione colposa come fattispecie afferente alla teoria della colpa e l’esigenza di un più compiuto raccordo con il principio della responsabilità per fatto proprio

CAPITOLOIII

LA PROBLEMATICA FISIONOMIA DEL CONCORSO COLPOSO NELLE RICOSTRUZIONI DI LINGUA TEDESCA 1. Introduzione: la rinascita dell’interesse per il tema del concorso col-

poso nel diritto penale tedesco sul piano prasseologico 2. Il modello posizionale e il modello quantitativo

3. Il dibattito sulla configurabilità della «Mittäterschaft» nell’ambito della colpa

4. La proposizione della coautoria colposa «per analogia»; il significa- to normativo delle condotte di concorso colposo (Exner)

5. Le ragioni di semplificazione processuale sottese alla riscoperta del- la fahrlässige Mittäterschaft – Le soluzioni a base causale totale (Dencker)

6. L’inquadramento del concorso colposo sotto il modello unitario: il parallelo con il concetto estensivo d’autore. La riconduzione di tutte le forme alla Nebentäterschaft colposa. Dall’autoria alla competenza come presupposto di tipicità in ambito colposo (Bottke)

7. I correttivi al concetto di dominio sul fatto. L’adattamento forzato pag.

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269 dei criteri del dolo: la ricostruzione della fahrlässige Mittäterschaft come coautoria preterintenzionale (Ransiek). La scarsa efficacia eu- ristica delle soluzioni mutuate dal dolo

8. Il tentativo di riabilitare il concetto restrittivo d’autore anche in am- bito colposo come sbarramento alla punibilità

9. L’edificazione del concetto restrittivo d’autore in ambito colposo sulla base della teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento (Otto).

Critica: commistione di elementi normativi e descrittivi nell’utilizzo della Steuerbarkeit come nucleo della Mittäterschaft

10. Fondazione giuridico-penale della partecipazione nell’ottica della responsabilità per fatto proprio (Lüderssen). La rivalutazione del concetto restrittivo di autore in ambito colposo e la partecipazione come reato di pericolo concreto (Renzikowski)

11. La dommatica delle forme di concorso nell’ottica della riconduzione normologica al sistema costituzionale (Stein)

12. La progressiva normativizzazione: l’unificazione dei diversi contri- buti sotto un medesimo obbligo cautelare (Weißer). La traslazione del concorso colposo nell’alveo del reato omissivo. La coautoria col- posa nel «primo Roxin» sul presupposto dell’assimilazione tra illeci- ti colposi e «Pflichtdelikte» (Roxin). La critica di Wolfgang Schild al criterio della Tatherrschaft: dal fatto tipico all’autore come elemento rilevante della sua descrizione, alla relazione tra soggetto e fatto co- me questione primaria dell’illiceità

13. L’equivoco funzionalista

14. L’introduzione del modello funzionale: il diritto penale come orien- tamento di comportamenti in funzione di ottimizzazione degli sco- pi delle norme (Kratzsch)

15. Il modello ontologico-sistemico di responsabilità (Lampe) 16. Il modello funzionale-neohegeliano

17. Il normativismo radicale della «scuola di Bonn»(Jakobs, Lesch): le premesse sistematiche. La bipartizione tra responsabilità per com- petenza organizzativa e responsabilità per competenza istituziona- le. Ruolo comune e obblighi negativi. Ruoli speciali e obblighi posi- tivi. La base hegeliana. L’accessorietà normativa. Edificazione della responsabilità in ambito plurisoggettivo sulla objektive Zurechnung e approssimazione al modello unitario. Centralità della posizione di garante. Corrispondenza tra misura della responsabilità e compe- tenza

18. Un recente sviluppo eclettico, tra teoria funzionalista e concezione normologica (Kindhäuser)

19. Il monismo hegeliano e la dissoluzione dell’analitica

20. La divaricazione tra due prospettive. La responsabilità per fatto pro- prio come dimensione strutturale della Beteiligung. La tendenza al modello unitario e la centralità dell’individuazione dei soggetti

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311 CAPITOLOIV

CAUSA AD EXCLUDENDUM

Sezione I

L’INTERSEZIONE RECIPROCA DI PIU CONDOTTE E IL PROBLEMA DELLA DELIMITAZIONE DELLA PARTECIPAZIONE

1. I limiti esterni al concorso punibile. Il percorso parallelo italiano e tedesco sull’intervento di cause. Le molte facce del c.d. Regreßverbot.

La radice selettiva comune

2. Le teorie dell’interruzione causale: condizioni e cause. L’efficacia esclusiva delle cause sopravvenute dolose (von Bar). La consapevo- lezza come presupposto dell’autoria (M. E. Mayer)

3. La teoria del Regreßverbot (Frank)

4. Il Regreßverbot rispetto alla Teilnahmelehre: l’impunità generale de- gli agenti colposi. La condicio per quam come fondamento del Re- greßverbot (Hruschka). L’idea di dominabilità (Naucke, Otto). Il principio di autoresponsabilità come limite invalicabile al concorso di condotte colpose (Welp)

5. La riconduzione al contenuto dell’obbligo di diligenza (Jescheck).

La distanza temporale tra azione neutrale ed esecuzione criminosa (Puppe)

6. La riconoscibile inclinazione al fatto nell’euristica situazionale di Roxin

7. L’adeguatezza professionale (Hassemer)

8. Il Regreßverbot come linea di demarcazione tra rischio consentito e illiceità. In particolare, il Regreßverbot come «incompetenza» per gli esiti lesivi del proprio comportamento (Jakobs)

Sezione II

L’INTERSEZIONE RECIPROCA DI PIU CONDOTTE E IL PROBLEMA DELLE CAUSE SOPRAVVENUTE

1. Interposizione mediatrice versus interposizione interruttiva. Esposi- zione del fenomeno

2. Il modello italiano: l’esplicita tipizzazione del principio di causalità e la disciplina delle c.d. concause

3. Il dibattito sul significato dell’art. 41. Una norma «scritta male»? La funzione dell’art. 41. Il significato di «causa da sola sufficiente a de- terminare l’evento». Il collegamento con le generalizzazioni nomo- logiche del modello della sussunzione sotto leggi scientifiche 4. Il problema dell’intervento della condotta interruttiva del terzo

nell’ambito della dottrina di lingua tedesca. Il rilievo del «peso» del contributo del terzo rispetto al fatto complessivo. La distinzione tra semplice mancato impedimento di un rischio preesistente e crea-

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370 zione di un rischio aggiuntivo (Rudolphi). La tesi del «rischio sup- plementare» (Frisch). La creazione «diretta» e «mediata» del rischio che si realizza nell’evento (Lenckner). La costellazione della concor- renza dei rischi (Jakobs). La relazione logica di causalità (Puppe) 5. Il problema dell’intervento della condotta del terzo riguardato come

causa interruttiva della connessione di rischio

6. Prospettiva ex ante: selezione dei rischi attraverso la delimitazione delle sfere di competenza

7. Prospettiva ex post: realizzazione nell’evento dello specifico rischio disapprovato presente nella condotta non consentita

8. I due livelli selettivi del sistema italiano

CAPITOLOV IMPUTATIO

L’INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI COMPETENTI COME «CAUSA» DEL REATO

1. Norme costitutive di status come base della imputatio. Lo status co- me posizione pubblica. Selezione soggettiva e oggettiva. Individua- zione dei soggetti competenti come primo livello selettivo in funzio- ne di garanzia di maggiore determinatezza. Tassatività normativa e responsabilità strutturata su competenze tecniche. Status predefini- ti e classi di agenti. Una rinnovata sensibilità per il tema dell’indivi- duazione dei soggetti dell’imputazione

1.1. La distinzione metodologica tra personalità e determinatezza.

Tipicità come selezione oggettiva, in relazione di concretizza- zione con la imputatio. Il nesso tra imputazione e tipicità. Im- putatio e modello sociale delineato dalla Costituzione. Doveri giuridici e norme di fattispecie. Il dovere giuridico come nor- ma «di posizione»

2. Abbozzo di una fondazione normoteoretica: la teoria delle norme co- me «ponte» tra soluzioni dommatiche e logica formale del sistema.

La struttura bidimensionale della norma: regola di condotta e san- zione. «Lebendiges und Totes in Deutschlands Normentheorie»

2.1. Segue: «Rechtsnorm» come dimensione propriamente normativa, come norma costitutiva di status, da cui originano doveri giuridi- ci; «Rechtssatz» come fattispecie contenente i presupposti di tipi- cità, quindi della sanzione penale. «Bestimmungsnorm» e

«Bewertungsnorm»: tematizzazione della categoria delle «norme di individuazione o selezione soggettiva». Regole di tipicità e re- gole di ascrizione. Il dovere giuridico come centro della imputatio 2.2. La prioritaria tematica dei destinatari della norma. Il proble- ma dell’individuazione del destinatario della norma: indirizzo formale e materiale (Krüger). Destinatario possibile ed effetti- vo (Somló)

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395 396 398 400 402 405 2.3. Precedenti o analoghi nella dommatica penale: la norma di do-

vere inespressa nella concezione normativistica della colpevo- lezza di Goldschmidt. Il dovere come nucleo dell’illiceità nelle elaborazioni della scuola di Kiel: dovere (in senso eticizzante) come delimitazione e garanzia dei diritti soggettivi, delle sfere di libertà individuale (Larenz). Il significato di dovere giuridi- co rispetto alla teoria del reato come violazione dell’obbligo (Schaffstein). La tipicità come momento logicamente successi- vo rispetto alla violazione del dovere

2.4. Segue: le vicissitudini della Sorgfaltpflicht nella teoria dei Pflicht- delikte. La teoria dei «vorgelagerte Pflichte», preesistenti alla legge penale e alla tipicità (Maurach-Gössel-Zipf). Critica: la volatilizzazione della tipicità nella antinormatività. La concre- tizzazione della violazione del dovere giuridico nella trasgres- sione delle regole della fattispecie tipica

3. Dimensione ex ante e dimensione ex post: i quattro significati del ter- mine «responsabilità» in Hart (in particolare, la «Role-Responsabi- lity»). La dicotomia tra responsabilità come «rendere conto» e la re- sponsabilità in senso stretto o «di condanna» in Ross

4. «Causa» del reato e causa ad excludendum. Il rilievo marginale asse- gnato alla competenza dalla dottrina italiana. Sua fondazione nor- mologica e normocostituzionale

5. Doveri giuridici e norme di fattispecie in relazione da principi a re- gole; desumibilità dei doveri dalle stesse norme che li concretizzano;

possibile critica di circolarità. I doveri giuridici come norme a gene- ralità funzionale e strutturale (secondo la concezione dei principi di Crisafulli). Prospettiva genetica e prospettiva analitica: la questione della genesi come distinta da quella della concreta sussistenza dei doveri giuridici

5.1. Doveri giuridici generali e obblighi cautelari concreti: antigiuri- dicità come giudizio di difformità rispetto ai doveri giuridici; ti- picità come giudizio di conformità rispetto alla previsione legale.

Doveri giuridici come struttura normativa delle regole di tipicità 5.2. Il contributo della «sfera della norma» all’individuazione dei soggetti responsabili. Determinazione ermeneutica della com- petenza da «officium iuris»

5.3. Dimensione intersoggettiva dei doveri giuridici: la relazione

«impropria» tra soggetti di diritto

6. Il commiato dalla separazione tra valutazione e oggetto. Dimensio- ne ex ante ed ex post

7. Dalla prospettiva normologica al contenuto della norma: imputatio e rischio

7.1. La distinzione tra rischio ubiquitario, rischio antigiuridico e rischio penalmente tipico

7.2. Dalla partecipazione come res illicita alla relatività (o relazio- nalità) dell’illecito

7.3. Concetto di «corretta gestione» in relazione al canone del «ne- minem laedere». Delimitazioni giuridiche alla possibilità di

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440 445 446 produrre rischi. Il controllo dei rischi creati nell’esercizio della propria attività. Il contributo della «Ingerenz» al rinvenimento dei doveri giuridici di corretta gestione della propria sfera di attività. Differenze topiche per descrivere il medesimo feno- meno: la imputatio

7.4. Il significato delle soluzioni topiche della teoria dell’imputa- zione oggettiva: alcuni nodi irrisolti (la sovrapposizione tra ba- se ed oggetto dell’imputazione). La tendenza verso lo Hand- lungsunwert delle teoriche che assolutizzano la funzione della Zurechnungslehre

7.5. In particolare, il criterio dell’aumento del rischio: l’indebita in- tercambiabilità tra valutazione ex ante e valutazione ex post. Il primato del dovere giuridico come presupposto di individua- zione della competenza. Il reale significato di «rischio lecito»

7.6. La prospettiva normologica. Dalla imputazione oggettiva del- l’evento alla imputatio come corrispondenza delle responsabi- lità alle sfere di competenza previamente individuate

7.7. Imputazione oggettiva e sistematica del reato: imprecisa colloca- zione della Zurechnungslehre. La tesi della monodimensionalità dell’illecito come tipicità oggettiva. Una misura minima comune (e previa rispetto) a dolo e colpa. Diversi modi di atteggiarsi dell’imputazione oggettiva nell’illecito doloso e in quello colposo 7.7.1. Una soluzione intermedia: contenuto e funzione dell’im- putazione. Il dovere giuridico come base statica (previa rispetto alla violazione) di ogni illecito. Il rischio ubiqui- tario come estraneo alla sfera di competenza di un sog- getto. La causa ad excludendum come presupposto og- gettivo negativo della responsabilità: il significato «apo- fatico» della misura oggettiva (comune a dolo e colpa) dell’imputazione

7.8. Le conoscenze e capacità speciali: rilievo esclusivo ai fini della configurabilità dell’illecito di quelle che appartengono all’am- bito disegnato dalla competenza. Il problema particolare della concorrenza di ruoli in capo ad un medesimo soggetto. Le co- noscenze superiori non dovute perché esterne rispetto allo sta- tus ricoperto vanno escluse in base al principio di responsabi- lità per fatto proprio

8. Prime conclusioni: le costellazioni afferenti al fenomeno della causa ad excludendum. La «causa» in senso normativo. Concretizzazione della competenza nel contenuto della norma di fattispecie

9. Competenze istituzionali come espressioni del richiamo costituzio- nale agli «inderogabili doveri di solidarietà» (art. 2 Cost.). Fonda- mento costituzionale. Doveri istituzionali o speciali e doveri supere- rogatori o specialissimi. Peculiarità dei doveri istituzionali

9.1. Qualifica istituzionale e reato proprio. «Unipersonalità» degli illeciti a competenza istituzionale

10. Reato come «illecito necessariamente a soggetto qualificato»? La base pre-penale della imputatio

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479 10.1. Il criterio delle sfere di responsabilità in diritto civile e diritto

pubblico come evoluzione del concetto di adeguatezza (Olivet) 10.2. Una concezione neo-sanzionatoria? La possibile reprimenda

di «pancivilismo»

10.3. Il «piedistallo civilistico» del modello adottato: critica e riaf- fermazione della soggezione della responsabilità penale al principio di personalità

11. Il c.d. «momento omissivo della colpa»: il dibattito sulla distinzione tra regola cautelare e obbligo giuridico di garanzia nell’omissione.

La «componente omissiva» ha ad oggetto la diligenza, ma si giustifi- ca sulla base del dovere giuridico preesistente di osservarla. La di- stinzione da astratto a concreto tra dovere giuridico e regola di dili- genza

11.1. Edificazione della responsabilità penale sull’idealtipo del reato omissivo improprio? Dalla «eccezionalità» della posizione di garante alla «normalità» dell’esigenza della competenza come requisito ulteriore, strutturante la responsabilità

12. Imputatio e tipicità: il precedente della distinzione tra imputatio fac- ti e applicatio legis ad factum

12.1. Tipicità come previsione e tipicità come fenomeno (tipizzazio- ne e fatto tipico)

12.2. Riflessi sul concorso di persone: tipizzazione e tipicità. La di- cotomia tra fattispecie plurisoggettiva e accessorietà come frutto di un equivoco. La fattispecie plurisoggettiva come pro- blema di qualificazione normativa, l’accessorietà (rectius, rela- zionalità) come problema di struttura

13. Aspettativa astratta statica, fondata sulla mera sussistenza del dove- re giuridico (imputatio) versus aspettativa concreta dinamica, fon- data sul principio di affidamento (tipicità)

14. La «colpa» della vittima: il comportamento della persona offesa co- me banco di prova della distinzione tra aspettative statiche e princi- pio d’affidamento. I doveri giuridici intersoggettivi non tipizzati del- la persona offesa che stanno alla base della imputatio come catego- ria eterogenea rispetto alle «incombenze». La base normologica pre- penale della competenza della vittima e di quella del reo

15. Profili processuali: riflessi sulle formule assolutorie. Corrisponden- za tra la distinzione sostanziale di imputazione e tipicità e le formu- le processuali. Esigenza della prova «oltre il ragionevole dubbio» an- che per la competenza

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501 CAPITOLOVI

CULPA PER RELATIONEM

PROFILI DI TIPICITÀ DEL CONCORSO COLPOSO:

PRINCIPIO D’AFFIDAMENTO E OBBLIGHI RELAZIONALI 1. Causa ad excludendum e principio d’affidamento. Dai doveri giuri-

dici alle regole cautelari. Dovere giuridico come base della diligenza dovuta. Dalla causa ad excludendum come misura negativa pretipi- ca… Segue: …al principio di affidamento come meccanismo seletti- vo operante sul piano della tipicità. Segue: la relazione di concretiz- zazione tra principio di affidamento e causa ad excludendum. L’eli- sione dell’affidamento come presupposto dell’insorgenza di una re- gola cautelare di prudenza speciale. Regolarità del principio d’affi- damento e «deroga minimale». Applicazioni pratiche: l’affidamento nelle altrui competenze professionali. Segue: delimitazione della competenza e operatività del principio di affidamento. Riepilogo:

dal dovere giuridico di corretta gestione della propria sfera di com- petenza afferente allo status riconosciuto dall’ordinamento alla nor- ma di fattispecie attraverso la funzione tipizzante esplicata dal prin- cipio d’affidamento

2. Status normativo e diligenza doverosa: cenni sulla problematica delle c.d. regole cautelari. La struttura aperta della fattispecie col- posa. La tesi del rimando agli usi. Critica: un «male minore», che lascia inattese le prerogative dell’art. 25, secondo comma Cost.

L’area di incidenza del principio di legalità: estraneità della proble- matica della diligenza doverosa, quale «regola», ossia, concretizza- zione dei doveri giuridici afferenti agli status riconosciuti. Cautele come concrete modalità esecutive del rispetto dei doveri giuridici, la cui scelta è rimessa all’autoregolamentazione del soggetto porta- tore di status. Estraneità della «invenzione» – individuale e giudi- ziale – delle cautele rispetto al principio di legalità, in quanto mere modalità esecutive di doveri giuridici. L’art. 25, secondo comma, Cost. presiede alla tipizzazione penale dei doveri giuridici all’inter- no della norma di fattispecie colposa. La funzione meramente pa- radigmatica delle regole preventive a struttura rigida. Il riferimen- to allo status e alle competenze come piedistallo imprescindibile della valutazione del comportamento diligente da parte del giudice.

La precostituzione dei soggetti competenti come conferma della edificazione della regola cautelare sul disvalore di evento nell’illeci- to colposo. Sintesi. La funzione modale e paradigmatica delle c.d.

regole cautelari. Esigenza di delimitazione della diligenza dovuta dal titolare dello status attraverso standard parametrati sul criterio dell’homo eiusdem condicionis et professionis. La questione della le- gittimità di regole cautelari di fonte sociale o sublegislativa: esigen- za di una fondazione su status normativi. Standard di riferimento individuati da parte di agencies: il ruolo dei protocolli

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551 3. Obblighi relazionali come eccezione alla normale operatività del

principio di affidamento nelle costellazioni in cui la competenza si estende a comportamenti di terzi. Fattispecie plurisoggettiva come limite generale alla vigenza del principio di affidamento? Proposta classificatoria degli obblighi relazionali. Segue: obblighi sinergici o complementari: loro utilizzo rispetto alla problematica della causa- lità cumulativa e degli effetti sinergici. Segue: obblighi accessori. Se- gue: obblighi eterotropi, o di controllo del comportamento altrui. In particolare, le strutture pluripersonali complesse. Il modello del la- voro d’équipe. Ripartizione gerarchica. Successione diacronica mul- tidisciplinare: obblighi relazionali a contenuto negativo; obblighi accessori derivanti dal principio d’affidamento. La fissazione di nor- me di competenza da parte del legislatore: l’esempio delle norme sull’organizzazione gerarchica nell’ambito ospedaliero. Metaregole ordinatorie e organizzatorie. Obblighi relazionali e concetto di

«strumentalità». Obblighi relazionali e accessorietà in senso norma- tivo (rectius, relazionalità)

4. La distinzione puramente descrittiva tra cooperazione colposa e concorrenza di condotte colpose indipendenti: relazionalità come elemento caratterizzante della figura dell’art. 113. Unità-pluralità di decorso causale. Interazione sporadica, alternatività e cumulatività dell’obbligo cautelare. Decorsi causali non interferenti e interazione plurisoggettiva «aberrante». Concorrenza organizzata

5. La funzione dell’art. 113. Le clausole generali come tendenza della moderna legislazione. La cooperazione colposa come «forma di ma- nifestazione del reato». La valenza dell’art. 113 rispetto ai reati a for- ma vincolata, ai reati di mera condotta e ai reati propri

6. La «consapevole convergenza» delle condotte di cooperazione: con- trassegno indefettibile della fattispecie di cui all’art. 113 (e del con- corso di persone in generale)? La questione della delimitazione del- la responsabilità colposa alle forme più gravi: la colpa grave e la col- pa cosciente. La teoria di Köhler. La colpa incosciente come forma normale di imputazione colposa nell’ordinamento vigente. L’irrile- vanza della colpa lieve sul piano della definizione dell’illecito. La colpa grave. Le ragioni politico-criminali di una possibile delimita- zione; le ragioni dommatiche. Obiezione: il dovere di conoscere co- me obbligo proprio dello status ricoperto. L’«obbligo primario di prendere conoscenza» nella teoria di Hruschka. Dall’affermazione (apodittica) del nesso psicologico tra concorrenti (rappresentazione attuale dell’altrui contributo) come requisito soggettivo comune a tutte le forme di concorso alla prospettiva di un recupero struttura- le della coscienza della portata cautelare all’interno della teoria del reato colposo (eventualmente a livello di misura soggettiva) 7. Conclusioni. Quadruplice base fondativa della teoria dei doveri giu-

ridici: sociologico-istituzionalistica; normologica; prasseologica; co- stituzionale. La triplice critica della pars destruens. La prospettiva normativistica. Priorità della imputatio. Dalla fase pre-tipica della

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577 causa ad excludendum alla fase tipica del principio di affidamento.

La «culpa per relationem» in prospettiva de iure condendo: una figu- ra colposa. Due possibili alternative. I principi costituzionali come irrinunciabile direttrice d’indagine

BIBLIOGRAFIA

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AI Ars Interpretandi. Annuario di ermeneutica giuridica AK-StGB Reihe Alternativkommentare, Kommentar zum Straf-

gesetzbuch

AP Archivio penale

ARSP Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie ARWP Archiv für Rechts- und Wirtschaftsphilosophie

AT Allgemeiner Teil

Aufl. Auflage

Bh Beiheft

BGE Entscheidung des schweizerischen Bundesgerichts BGHSt Entscheidungen des Bundesgerichtshofes in Strafsa-

chen

CP Cassazione penale

DDP Digesto delle Discipline Penalistiche DPP Diritto penale e processo

ED Enciclopedia del Diritto

EG Enciclopedia Giuridica Treccani

-FG Festgabe

FI Foro Italiano

-FS Festschrift

GA Goltdammer’s Archiv für Strafrecht GC Giurisprudenza costituzionale

GP Giustizia penale

-GS Gedächtnisschrift

IP Indice penale

ISL Igiene e sicurezza del lavoro JA Juristische Arbeitsblätter JBl Juristische Blätter

JR Juristische Rundschau

Jura Juristische Ausbildung JuS Juristische Schulung

Jus Jus

JW Juristische Wochenschrift

JZ Juristenzeitung

LG Landgericht

LK Leipziger Kommentar zum Strafgesetzbuch

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MschrfKrim Monatschrift für Kriminologie und Strafrechtsreform NJW Neue Juristisceh Wochenschrift

NK Nomos Kommentar zum Strafgesetzbuch Nss.DI Novissimo Digesto Italiano

NStZ Neue Zeitschrift für Strafrecht

OLG Oberlandesgericht

ÖZS Österreichische Zeitschrift für Strafrecht

ÖZÖR Österreichische Zeitschrift für Öffentliches Recht

PJ Poder Judicial

QC La questione criminale

Rdn. Randnummer

RDPCr Revista de Derecho Penal y Criminologia

RG Entscheidungen des Reichsgerichts in Strafsachen RGL Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale RIDP Rivista italiana di diritto penale

RIDPP Rivista italiana di diritto e procedura penale RIFD Rivista internazionale di filosofia del diritto RIML Rivista italiana di medicina legale

RP Rivista penale

RS Rivista delle società

RTDPE Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia SchwZStr Schweizerische Zeitschrift für Strafrecht

SJZ Schweizerische juristische Zeitung

SP La Scuola Positiva

St. iur. Studium iuris

StGB Strafgesetzbuch

StrV Strafverteidiger

wistra Zeitschrift für Wirtschafts- und Steuerstrafrecht ZRV Zeitschrift für Rechtsvergleichung

ZStrR Schweizerische Zeitschrift für Strafrecht/Revue Pénale Suisse/Rivista Penale Svizzera

ZStW Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft

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Come si evince già dall’intitolazione, più che una monografia sulla cooperazione, il lavoro di Cornacchia è una trattazione sul principio dell’art. 27, primo comma, Cost. nel suo significato minimo di princi- pio di responsabilità per fatto proprio al banco di prova del concorso di più soggetti in ambito colposo.

Lungi dal limitarsi all’analisi della fattispecie dell’art. 113 c.p., l’Au- tore in questo volume ricostruisce la problematica dell’interazione plu- risoggettiva nel contesto del reato colposo sotto una quadruplice pro- spettiva, peraltro esplicitamente assunta a linea direttrice di tutto il percorso: sociologico-istituzionalistica; normologica; prasseologica;

costituzionale.

Lo «zoccolo duro» del lavoro – frutto di tre anni complessivi di ri- cerca nella Repubblica Federale Tedesca, presso il Max-Planck-Institut di Freiburg im Breisgau prima e il Rechtsphilosophisches Seminar dell’Università di Bonn poi – è costituito soprattutto dall’impianto nor- moteoretico e normocostituzionale: si potrebbe dire, una vera e pro- pria Normentheorie edificata sul piedistallo axiologico dei principi co- stituzionali, in particolare del principio di responsabilità penale per fatto proprio.

Motivo ispiratore dell’intera trattazione è l’approccio costituzio- nale. Attraverso una interpretazione evolutiva del principio di cui all’art. 27 Cost. che potrà apparire persino «ardita» – quantunque in linea con orientamenti emergenti già da tempo anche nella prassi giurisprudenziale – l’Autore, nel ribadire l’imprescindibilità dei prin- cipi costituzionali nella ricostruzione dell’illecito e la possibilità di un recupero ermeneutico del loro pieno significato nella definizione delle «regole» (secondo metodologia dworkiniana-alexyana), intra- prende un’attenta rimeditazione di alcuni topoi inveterati nella men- talità dei giuristi.

Il punto di partenza nonché il «filo rosso» che in maniera esplici- ta attraversa l’intera trattazione è dato dalla critica a tre dogmi. L’Au- tore rileva l’eterogeneità dell’esplicazione causale-naturalistica ri- spetto alla dimensione normativa dell’illecito; la fallacia «psicologi- sta» della rigida dicotomia tra oggettivo e soggettivo; la natura non imperativa della norma penale.

Come metodo di rinvenimento di soluzioni al «vuoto» lasciato da

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tale pars destruens si propone, in particolare, di assumere il principio di cui all’art. 27, primo comma, Cost. direttamente quale fondamento della responsabilità penale, e non semplicemente come limite all’in- tervento penale. Riprendendo le parole utilizzate dall’Autore, il prin- cipio costituzionale vale a «sancire il dato strutturale intrinseco, irri- nunciabile, che connota la responsabilità penale: quasi a dire, la re- sponsabilità penale o è personale, o non è, ovvero, qualsiasi forma di responsabilità che non risponda al carattere di personalità (nella sua duplice dimensione) è da considerarsi radicalmente estranea al mo- dello di rimprovero penale disegnato dalla Carta fondamentale della Repubblica». O ancora, la struttura della responsabilità penale è la personalità, nel suo duplice significato di riconducibilità del fatto og- getto del rimprovero al soggetto come proprio e di colpevolezza del medesimo.

Un’impostazione, dunque, che si caratterizza nettamente per una riproposizione di una fondazione costituzionalmente orientata «da pensiero forte». E che non rinuncia neppure all’altra grande base pre- comprensiva axiologica – matrice dell’intera Costituzione repubblica- na – della libertà, rivista come presupposto della competenza dei sog- getti riconosciuti istituzionalmente nei loro status.

In questo tessuto fondamentale si contestualizza l’attenzione criti- ca per le correnti funzionalistiche d’oltralpe, non obliterando comun- que la centralità anche di altri principi: non ultimo, quello di legalità, nei corollari della riserva di legge, determinatezza e sussidiarietà (la norma di fattispecie colposa deve selezionare alcuni dei doveri giuridi- ci che costituiscono lo status, e in particolare soltanto alcune modalità di loro violazione, tipizzandole).

Così, il nodo gordiano del concorso di persone viene decifrato nella sua reale essenza di problema di individuazione dei soggetti che pos- sono astrattamente rispondere del fatto di reato.

Il nucleo fondamentale attorno a cui ruota l’intera ricostruzione è l’idea secondo la quale non è possibile edificare alcun rimprovero – almeno penale, data la costituzionalizzazione del principio di re- sponsabilità personale in questo ambito – in capo a chi non sia com- petente; vale a dire: sulla base dei doveri giuridici attinenti allo status che gli viene riconosciuto dall’ordinamento, e nei limiti della loro ampiezza.

Sul presupposto della «coincidenza tra ambito di autonomia rico- nosciuta al cittadino (status) e ambito di responsabilità (competen- za)», e dell’assegnazione alla tipicità penale del compito di selezionare e delimitare solamente una porzione di tale ambito, si chiariscono le questioni relative alla individuazione dei soggetti competenti e alla de- limitazione normativa della fattispecie (attraverso il principio di affi- damento). La soluzione si estrinseca come una sorta di «lettura retro- spettiva del criterio dell’homo eiusdem condicionis et professionis»,

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fondato sul piano axiologico-costituzionale e normologico su ruoli normativamente predefiniti. L’edificazione di standard comportamen- tali di diligenza sulla scorta dell’agente modello non può prescindere dunque dalla previa analisi degli status riconosciuti dall’ordinamento e delle aspettative ad essi connesse.

Si tratta di un’impostazione indubbiamente originale, che intende vagliare la tenuta degli asserti più scontati e non inficia, ma anzi cor- robora la serietà e la fondatezza della ricerca.

STEFANOCANESTRARI

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La più sentita riconoscenza innanzitutto al Maestro, prof. Stefano Canestrari, vero «complice morale» dell’opera, per la costante atten- zione rivolta allo sviluppo della stessa, per la condivisione paterna del- le difficoltà, ma più ancora per la grande libertà e fiducia accordatami incondizionatamente fin dall’inizio.

Inoltre, ringrazio il dott. Donato Castronuovo, per l’assistenza e la sollecitazione intellettuale offertami nelle fasi cruciali, e il dott. Marco Mantovani, per avermi reso disponibile materiale legislativo e giuri- sprudenziale di fondamentale rilievo.

Alla realizzazione di questo lavoro hanno dato un apporto decisivo altresì la competenza professionale e la cura costante della signora Cri- stina Campagni e della dottoressa Claudia Magni dell’Ufficio dottorati presso il Dipartimento di scienze giuridiche «A. Cicu» di Bologna.

Ringrazio il prof. Albin Eser e la dott. Silvia Tellenbach per avermi ripetutamente permesso di svolgere le mie ricerche presso le strutture del «Max-Planck-Institut für ausländisches und internationales Straf- recht» di Freiburg im Breisgau.

Inoltre desidero esprimere la più profonda gratitudine al prof.

Günther Jakobs, direttore del «Rechtsphilosophisches Seminar» della Rechts- und Staatswissenschaftliche Fakultät der Rheinischen Frie- drich-Wilhelms-Universität di Bonn, di cui sono stato ospite per oltre diciotto mesi, per la sempre squisita cordialità, per i preziosi insegna- menti e per la continua disponibilità a discutere lungamente con me dei temi oggetto di ricerca. Ma della grande «famiglia di Bonn» voglio ri- cordare con grande affetto anche la segretaria signora Heidi Gerharz, sempre pronta a prodigarsi con ogni tipo di premura per rendere gra- devole e accogliente l’atmosfera dell’istituto, e tutti i colleghi: in parti- colare, gli amici Miguel Polaino Orts, Tobias Fell e Tudor Avrigeanu, compagni di estenuanti discussioni che hanno contribuito in misura sa- liente alla stesura di questo lavoro.

Per finire, un ringraziamento speciale al «Maestro comune» prof.

Hans-Heinrich Jescheck, punto di riferimento della moderna penali- stica, per i preziosi consigli che mi ha impartito fin dall’inizio e per l’aiuto non soltanto scientifico nei momenti più difficili.

Bologna, 10 0ttobre 2003 LUIGICORNACCHIA

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1Diciamo una clausola di stile più che una denuncia o una constatazione, in fondo schema simbolico di espressione dell’angoscia dell’uomo moderno di fronte allo sviluppo tecnologico: basti pensare già al modo in cui si apriva una delle prime e più ampie monografie sul tema del concorso colposo, quella di JAN-

NITTI DIGUYANGA, Concorso di più persone e valore del pericolo nei delitti colposi, Milano, 1913, 1, ove si parla di «sviluppo vertiginoso delle industrie» e di «evo- luzione ampia del progresso, cui dobbiamo “nuovi casi di morte, nuove malattie inedite, nuove maniere di uccidere e di uccidersi senza volerlo”»; e sulle note tal- volta ampollose di un positivismo ancora trionfante in epoca anteriore al primo conflitto mondiale già si avverte come «… lo slancio ardito dell’attività umana verso un ideale sempre più alto di civiltà e benessere possa esplicare l’impulso vi- goroso che lo anima solo a patto che la società si dichiari pronta al sacrificio di indefinite vittime, che non distrugga una fonte incessante di pericoli, che paghi col proprio sangue i trionfi della meccanica, della elettricità, delle industrie, tra- sformati in beni e vantaggi inapprezzabili. È la vertigine di una mèta sempre più La recente attenzione al tema della colpa nel concorso di persone da parte della dottrina italiana costituisce riflesso di una serie di fatto- ri, anche in apparenza antitetici tra loro.

Da un lato, infatti, l’enorme sviluppo degli studi sul concorso dolo- so, soprattutto rispetto ai rapporti con i reati associativi, dovuto anche all’allarme sociale ingenerato dal dilagare della delinquenza organizza- ta, ha indotto un fenomeno di «attrazione» all’interno della tematica del concorso di persone in generale anche della fattispecie di coopera- zione colposa, che ha conosciuto in qualche modo un destino parallelo.

Fenomeno opposto e speculare è invece quello del processo di «au- tonomizzazione» della dommatica della colpa, non solo e non tanto in termini quantitativi, quanto in senso «specificante»: la stessa coopera- zione colposa non viene più studiata come un «visconte dimezzato» ri- spetto all’idealtipo del concorso doloso. Una delle ragioni è sicura- mente la ormai maggioritaria lettura normativistica della colpa.

La menzione del motivo dell’aumento esponenziale della crimina- lità colposa e della sempre maggiore importanza assunta dall’illecito colposo è, più che scontata, un topos che ormai nelle esposizioni pena- listiche in materia di colpa assurge a clausola di stile pressoché impre- scindibile1. Così come la mistica che si è formata intorno ai concetti di

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meravigliosa e audace che la pervade e avvince, ed è sui gravi e continui perico- li che essa incede gloriosa, intrepida, mentre scruta l’ignoto e lotta con le leggi ferree e le immani forze della natura» (ibidem, 2). Quasi un secolo è passato, e non manca chi rimarca come il processo sia andato ben oltre le previsioni.

2L’ultima monografia risale a sedici anni orsono, ci riferiamo a quella di SE-

MINARA, Tecniche normative e concorso di persone nel reato, Milano, 1987 (fatte salve, ovviamente le voci enciclopediche, le raccolte giurisprudenziali e la ma- nualistica).

società del rischio, di era del macchinismo, di pericolo nucleare, am- bientale, tecnologico in generale.

Del resto, la rinuncia, consapevole o meno, da parte della dottrina degli ultimi anni, a una trattazione a tutto tondo della questione gene- rale del concorso di persone2, argomento centrale della teoria del rea- to, per individuare piuttosto nelle direttrici di settore (es. reato neces- sariamente plurisoggettivo, concorso nel reato proprio, contributo concorsuale di minima importanza, istigazione, concorso nel reato as- sociativo, e, appunto, cooperazione colposa) i temi su cui appuntare l’interesse è probabilmente frutto – oltre che, ovviamente, della setto- rializzazione degli studi – anche della tendenza alla costruzione sepa- rata delle fattispecie: appunto, ancora soltanto una linea di tendenza, essendo tutt’altro che maggioritaria, ma significativa anche per i ri- flessi sul modo di affrontare i temi classici del diritto penale.

Tali considerazioni sembrerebbe peraltro delegittimare l’utilità di un’indagine sulla cooperazione colposa, essendo il tema già stato am- piamente esaminato in modo approfondito da autorevole dottrina.

Quanto detto giustifica un’opera che, lungi dal pretendere di dare una panoramica esaustiva del fenomeno – del resto inutile, stante la presenza di opere pregevolissime anche recenti – si limiti a indicare una prospettiva, peraltro già emergente da alcune recenti tendenze: ta- le affermazione non deve, ovviamente, suonare come una excusatio, ma piuttosto come la dichiarazione degli intenti che ispirano il pre- sente contributo.

In specie la linea qui proposta non è che la riconduzione a estreme ma logiche conseguenze di certe acquisizioni che nel dibattito dottri- nale del nostro paese riecheggiano da tempi non certo recenti: quelle aquisizioni che, genericamente, di solito vengono ricondotte all’uni- verso multicolore del c.d. normativismo.

Il termine «normativismo» può assumere una gamma di significati talmente vasta da renderlo sostanzialmente privo di idoneità connota- tiva.

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3DONINI, voce Teoria del reato, in DDP, XIV, 1999, 8 dell’estratto.

4In primis attraverso la voce di Franco Bricola.

Con generale riferimento alle norme, rectius, al codice lessicale del sistema «responsabilità penale» – quindi, sostanzialmente quale va- riante di «giuspositivismo», o «positivismo penale» – la denominazio- ne è assolutamente lapalissiana: contrassegna semplicemente la neces- sità di rinvenire soluzioni attraverso gli «strumenti del proprio mestie- re» quale habitus del giurista (normativismo metodologico come sino- nimo di tecnicismo giuridico).

Ai fini della materia oggetto di trattazione intendiamo invece una lettura che prescinde, in via di principio, da una valorazione naturali- stica o psicologizzante dei concetti, non perché tali dimensioni debba- no essere assolutamente estromesse dal ragionamento dommatico, ma perché il loro richiamo è sempre e solo funzionale alla razionale deli- mitazione della responsabilità sul piano del significato dei fatti assun- ti come penalmente rilevanti: dunque, normativismo come categoria di senso (il cui schema fondamentale è dato dal concetto di dovere giu- ridico, come si dirà).

Sul piano metodologico, la prospettiva della costruzione separata delle fattispecie induce a una analisi dell’istituto «dall’interno», come peculiare forma di responsabilità colposa: in via di prima approssi- mazione, come colpa nel concorso, prima ancora che come concorso colposo.

Infine, quella vera e propria koinè culturale della scienza penalistica italiana, com’è stata definita da illustre dottrina3, data dall’approccio costituzionalistico quale metodo trasversale alle principali «scuole»

penali costituirà base di partenza e motivo ispiratore dell’intera tratta- zione: i principi costituzionali dunque, anziché una fondazione imme- diatamente esegetica o dommatica: non si tratta solo di una «profes- sione di fede» in quella tradizione che ha caratterizzato precipuamen- te la dottrina del nostro paese4e che ha permesso di superare in via in- terpretativa, con soluzioni brillanti e originali, il dato stridente della persistente vigenza di un codice penale di impronta autoritaria. Ancor più, riteniamo che l’analisi di un istituto possa trarre proprio dai prin- cipi fondamentali che lo devono sorreggere le migliori indicazioni per potersi confrontare con le esigenze di garanzia dell’individuo e con le dinamiche delle relazioni interpersonali che ispirano la nostra società.

Un altro incipit che è divenuto leit-motiv della letteratura degli ultimi anni è quello dell’ormai imminente e improcrastinabile avvento di un

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5Un’espressione che sembrerebbe più pertinente rispetto a una trattazione sulla responsabilità civile, ma che, a nostro avviso, evidenzia – meglio di quelle usuali di cooperazione o concorso colposo – l’esigenza di individuare i contras- segni della colpa in capo a ciascuno dei soggetti concorrenti.

nuovo diritto penale, conforme alle esigenze della società del rischio, af- francato dalle pesanti ipoteche del diritto penale classico-liberale (inuti- le, superato, addirittura controproducente), modulato su schemi di in- terazione multifattoriale, e quindi di allocazione della responsabilità sulla base di cibernetiche predefinizioni di ruoli e funzioni.

Chiariamo invece che intento primario di questo contributo è la di- fesa di quell’unico modello che riteniamo compatibile con l’assetto di valori disegnato dalla Costituzione: il diritto penale a responsabilità ri- gorosamente individuale, con esclusione di qualsiasi forma di respon- sabilità collettiva, o per fatto altrui, o per il caso fortuito.

Il problema è semmai proprio come recuperare in modo autentico l’istanza della responsabilità personale: vanno aggiornati i parametri, non svendute le garanzie, vanno cercate soluzioni più pregnanti dal punto di vista semantico, e non avventuristici modelli tecnocratici.

Ancora, il basamento su cui si intende edificare la parte critica ma anche la parte costruttiva di questo contributo è, in linea con quella lettura costituzionalmente orientata del diritto penale dalla quale non ci si intende discostare, il principio della responsabilità personale nel suo contenuto di responsabilità per fatto proprio. Del signifi- cato che si intende attribuire a tale categoria si dirà nel prosieguo. Qui basti solo rimarcare una impressione: il tema della responsabilità per fatto proprio sembra emergere a sprazzi nel dibattito dottrinale più co- me «convitato di pietra» che come categoria degna di una attenta ri- flessione: in passato, meritava solo pochi cenni quale questione scon- tata e «archiviabile» sotto l’inquadramento causale; nell’evoluzione (o involuzione) del c.d. diritto penale del rischio, viene presentata come retaggio di un’epoca romantica, oppure ne viene ribadita la assoluta necessità salvo poi intenderla come implicitamente risolta in certe co- struzioni sistemico-funzionaliste (o sedicenti tali) post-moderne.

Questo contributo intende invece riprendere il filo interrotto di quell’idea di fondo, già di Delitala, per la quale, rispetto al tema ogget- to di studio, semplicemente «non si può concorrere nell’altrui colpa».

Il che giustifica l’intitolazione prescelta: «concorso di colpe»5, a contrassegnare come, nell’ottica prescelta di inscrivere il tema oggetto di trattazione nei canali imposti dall’adeguazione al principio della re- sponsabilità penale per fatto proprio, ciascun concorrente possa ri- spondere solo per la colpa propria.

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