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MEDICO LEGAL ASPECTS OF THE CLINICAL RISKS IN CARDIOLOGY Campagna Educazionale Nazionale ANMCO CARDIOLOGIE SICURE: GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO IL RISCHIO CLINICO: ASPETTI MEDICO – LEGALI

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MEDICO LEGAL ASPECTS OF THE CLINICAL RISKS IN CARDIOLOGY Campagna Educazionale Nazionale ANMCO

CARDIOLOGIE SICURE: GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO IL RISCHIO CLINICO: ASPETTI MEDICO – LEGALI

Dr. Giovanni Cannavò*

ABSTRACT

First of all is to be said that more spread will be the application of risk management system in the health system and fewer medical malpractice litigations will take place.

The author reviews the Italian and international literature about cases of medical malpractice in cardiology. In Italy cardiology is not one of the medical specialties more interested by claims (in a study of the Lombardia district cardiology accounts for the 1.8% of all the litigations, compared with the 16% of orthopaedic and the 13% of the E.R.).

International reviews about cardiology litigation cases have studied the influences of the weekend admissions, the real impact of a wrong ECG interpretation and of a wrong administration of anticoagulant treatment.

At last, even Italian court pronunciations about malpractice cases in cardiology are discussed.

Nella correlazione tra rischio clinico e aspetti medico legali, il primo elemento da tenere presente è che maggiore è l’applicazione di modalità di gestione del rischio clinico, minore sarà la conflittualità medico – legale.

Il contenzioso medico-legale riguardante la responsabilità professionale medica è in aumento, come possono sperimentare i medici clinici che sono sempre più spesso oggetto di denuncia da parte dei pazienti.

*Presidente Associazione Medico Giuridica Melchiorre Gioia

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2 Solo azioni preventive di miglioramento della qualità del lavoro sia individuale che a livello organizzativo possono ridurre il verificarsi dell’errore.

Ricordiamo che per “errore” si intende in generale il fallimento delle azioni pianificate per il raggiungimento di uno scopo prefissato (errore di esecuzione) oppure l’uso di una pianificazione sbagliata per raggiungere un obiettivo (errore di pianificazione); l’errore da cause organizzative è legato all’organizzazione del lavoro, alla pianificazione della gestione delle emergenze, alla disponibilità e accessibilità alle apparecchiature di supporto.

Deve far riflettere il dato di fatto, ben espresso dalla Proporzione di Heinrich, che mostra come i danni gravi siano solamente la punta dell’iceberg: per un incidente che ha avuto luogo ve ne sono molti altri che non sono avvenuti, i cosiddetti “near miss event”, solo perché l’operatore od un controllo hanno impedito che accadessero.

Per un evento denunciato, quindi divenuto legalmente visibile, ve ne sono moltissimi

“sommersi”: 10 danni gravi, 290 danni lievi, 3.000 incidenti senza danno, 300.000 quasi incidenti.

Gli errori in Cardiologia sono in parte comuni a molte altre specialità mediche.

Errore nella prescrizione di farmaci:

• Errore di Prescrizione

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• Errore di Preparazione

• Errore di Trascrizione

• Errore di Distribuzione

• Errore di Somministrazione

• Errore di Monitoraggio

Errori nell’uso delle apparecchiature:

• Malfunzionamento dovuto a problemi tecnici

• Malfunzionamento dovuto all' utilizzatore

• Uso in condizioni non appropriate

• Manutenzione inadeguata

• Istruzioni inadeguate

• Pulizia non corretta

• Utilizzo oltre i limiti di durata previsti

Esami o procedure diagnostiche:

• Non eseguite

• Programmate ma non eseguite

• Eseguite in modo inadeguato o scorretto

• Eseguite appropriatamente ma su pazienti sbagliati

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4 Errori nella tempistica:

• Ritardo nella diagnosi

• Ritardo nell'esecuzione di un intervento

• Ritardo nel trattamento farmacologico

• Altri ritardi organizzativi /gestionali /logistici

Gli aspetti medico – legali nella Cardiologia e nella Cardiologia interventistica hanno assunto una rilevanza progressivamente maggiore in Italia, analogamente a quanto è avvenuto negli altri paesi industrializzati.

Negli USA ogni anno 5 milioni di persone si rivolgono al Pronto Soccorso per dolore toracico e nel 2% circa dei casi non viene diagnosticato l’infarto del miocardio, con dimissione del paziente che va incontro a rischio di morte per mancato trattamento.

In Italia non abbiamo un data-base nazionale che consenta di delineare in modo preciso l’epidemiologia dell’errore in ambito cardiologico. La Regione Lombardia, con la Circolare 46/SAN del 27.12.2004 (“Indirizzi sulla gestione del rischio sanitario”) e con le successive Linee Guida, ha avviato un Programma di Risk Management Regionale finalizzato al miglioramento della qualità e dell’efficacia delle prestazioni erogate al cittadino.

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5 Il Programma prevede di affrontare, accanto al tema della sicurezza del paziente e degli operatori, anche gli aspetti più propriamente economici ed organizzativi connessi alla gestione del rischio aziendale.

Il primo obiettivo evidenziato dalla Circolare 46/SAN è stato la creazione di un flusso informativo finalizzato alla conoscenza dello stato del contenzioso nelle strutture del SSR lombardo (Progetto di “Mappatura rischi RCT/O”).

Il periodo di analisi retrospettiva è di 6 anni (1999-2004) e dal 2005 esiste monitoraggio permanente. Il campione è rappresentato da 29 Aziende Ospedaliere, 15 ASL e 3 IRCCS di diritto pubblico.

Il numero di sinistri raccolti ammonta a 21.000 circa al 31.12.2004.

Le richieste di risarcimento danni sono state 11.000. Le denunce cautelative 10.000.

I sinistri generati in strutture ospedaliere risultano pari al 92,5%.

Le Unità Ospedaliere che maggiormente hanno generato richieste risarcimento danni in sede civile sono:

• Ortopedia e Traumatologia (16% dei casi)

• Pronto Soccorso (13%)

• Chirurgia Generale (10%)

• Ostetricia e Ginecologia (8%)

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• Medicina Generale (5%)

• Oculistica (3%)

• Radiologia (3%)

• Cardiologia (1,8%)

Un altro 12% dei casi sono stati identificati come non direttamente relazionabili alla Specialità/Servizio. Si tratta ad esempio di cadute o danneggiamenti avvenuti sulle scale, negli ingressi, nei parcheggi o viali di accesso.

La mancata o ritardata diagnosi di infarto è uno degli eventi più comuni che alimentano il contenzioso medico – legale, soprattutto quando il caso si presenta in maniera atipica, per esempio se manca un intenso dolore toracico o se si tratta di una giovane donna.

Il dolore toracico è uno dei sintomi più frequentemente lamentato dai pazienti che si rivolgono all’attenzione del medico. Il mancato riconoscimento di un’affezione seria, come la cardiopatia ischemica, può comportare un rischioso ritardo quando è invece necessario un trattamento immediato.

Per contro si può incorrere nel rischio di over-treatment: un’errata diagnosi, per esempio, di angina pectoris, può determinare conseguenze dannose, sul piano

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7 fisico, psicologico ed economico, e condurre ad esami diagnostici non necessari, anche invasivi.

Attualmente è generalizzata la tendenza alla dimissione precoce dei pazienti dopo un infarto miocardico acuto o un dolore toracico imprecisato, motivata dalla necessità di contenimento delle spese sanitarie, dal disagio che una lunga ospedalizzazione può provocare al paziente, dalla scarsità di posti in UTIC.

La dimissione precoce può trasformarsi in elemento di responsabilità professionale quando il paziente, poco dopo, viene colto da infarto con conseguenze gravi o mortali.

Kostis WJ e coll. in un articolo pubblicato nel marzo 2007 mettono in evidenza la maggiore mortalità per infarto del miocardio nei pazienti ammessi in ospedale durante il fine settimana. Su 59.786 ricoveri la mortalità a 30 gg era del 12,9% nei pazienti entrati in ospedale nel fine settimana, contro il 12% di quelli ammessi negli altri giorni.

Elemento discriminante risulterebbe il minore ricorso a procedure invasive durante il week end.

Questi dati vengono confermati da Becker DJ, il quale dimostra che i pazienti cardiologici che si ricoverano durante i fine settimana hanno un maggiore rischio di complicanze e maggiore mortalità. Anche in questo studio, tale evidenza viene

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8 attribuita ad una minore effettuazione di trattamenti invasivi come coronarografia o applicazione di by-pass.

Altro errore che ci viene riportato come abbastanza comune dalla letteratura è la non corretta interpretazione di un elettrocardiogramma: una testimonianza ne è il lavoro di Masoudi FA e coll. che nel 2006 pubblica i dati relativi all’ Emergency Department Quality in Myocardial Infarction Study Investigators. Gli autori dimostrano che nel 12% dei pazienti giunti al Dipartimento di Emergenza con un infarto acuto del miocardio, vi era un errore di lettura dell’ECG e pertanto i pazienti non ricevevano le terapie adeguate.

Davidenko JM e coll., in un recente lavoro (2007), mettono in evidenza come gli errori vengono commessi non solo nella diagnosi di infarto, ma anche e non raramente in caso di fibrillazione atriale, la più comune aritmia cardiaca, sia come falsi positivi che come falsi negativi, soprattutto nei pazienti con pacemaker ventricolare.

Choudhry NK e coll. (2006) analizzano le prescrizioni di Warfarin (Coumadin) da parte di 520 medici: coloro che a seguito di una precedente prescrizione avevano avuto come evento avverso un’emorragia, tendevano a ridurre del 21% la prescrizione.

Un problema di prescrizione può manifestarsi anche nell’impiego di farmaci antitrombotici. Lo studio di Alexander KP a proposito delle sindromi coronariche

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9 acute mostra come il 40% dei pazienti abbia ricevuto almeno una dose maggiore di quella raccomandata, con rischio di emorragia, che si verificherebbe di fatto in circa il 15% dei pazienti.

Questo per quanto riguarda la letteratura internazionale sui più comuni errori cardiologici, ma analizziamo ciò che ci interessa più da vicino, ovvero in che modo l’errore medico “evolve” verso un percorso medico-legale nella giurisprudenza italiana.

Per quanto riguarda gli aspetti civilistici, dobbiamo precisare che il grado di difficoltà dell’adempimento professionale influisce in larga misura sulla responsabilità, infatti il medico è responsabile dei danni cagionati nell’ipotesi della colpa lieve (art. 1176 del Codice Civile) quando, di fronte a un caso clinico ordinario e di normale difficoltà, egli abbia contravvenuto alla regola della diligenza e prudenza, propria del professionista di media preparazione.

Quando però la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave (Art.2236 del Codice Civile).

È importante però ricordare che l’esimente della speciale difficoltà potrà essere invocata dal sanitario solo se viene contestato un comportamento viziato da imperizia ma non se il medico viene ritenuto colpevole di condotta negligente o imprudente.

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10 Ma quale può essere una speciale difficoltà?

E fino a che punto la sua definizione è obiettiva e quanto invece è discrezionale?

Un esempio può essere quello di una coronarografia in un paziente con stenosi critica del tronco comune delle coronaria sinistra o con altre situazioni anatomo- cliniche complesse che già alla prima iniezione di mezzo di contrasto rivelino anatomie più gravi rispetto a quelle attese.

Oppure, in ambito terapeutico, il dover risolvere un’ischemia miocardica acuta, evento a rischio di morte, cercando di dare garanzie per il futuro (ovvero salvando il tessuto miocardico).

Ebbene, queste ipotesi sono a nostro avviso da considerare indubbiamente interventi di speciale difficoltà.

Nell’ambito della cardiologia interventistica “terapeutica” potrebbe essere opportuno ricorrere ad una sorta di classificazione sulla base del rischio: maggiore è la gravità dell’ischemia o più complesse sono le condizioni anatomiche angiografiche della lesione da trattare (che dovrebbero ovviamente essere descritte dall’operatore prima dell’intervento), maggiore dovrebbe essere stimato il rischio.

Ne potrebbe derivare una tabella di complessità della procedura (e quindi la definizione di uno score di rischio) da cui potrebbe essere desunta, ai fini medico legali, la speciale difficoltà.

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11 Se questo è fattibile in caso di intervento elettivo, per esempio nel caso dell’ischemia cronica, lo è certamente meno in urgenza, come nella rivascolarizzazione primaria dell’infarto acuto o semi-urgenza come nell’angina instabile.

La “speciale difficoltà” non è quindi sempre prevedibile e spesso si manifesta durante l’espletamento dell’atto medico e non prima.

Altro aspetto importante è quello del Consenso Informato.

Il consenso del paziente cardiopatico al trattamento e alla dimissione è di fondamentale importanza e, come tale, non deve essere frettoloso, superficiale o formale, ma attento, dettagliato e sostanziale.

Un consenso assente o inadeguato viene considerato dal punto di vista medico legale una forma di “negligenza”.

Tale compito è affidato al medico del reparto che ha in carico il paziente, delegato dal primario, ovvero dell’équipe operatoria. A lui spettano la valutazione della capacità del soggetto di recepire ed elaborare il messaggio informativo diagnostico-terapeutico ed il conforme adeguamento del proprio linguaggio allo stato intellettivo ed al livello culturale del paziente.

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12 La moderna dottrina del consenso informato è nata negli USA nel 1957, durante un processo per risarcimento danni da responsabilità medica (Salgo V. Leland Stanford, Jr. University Board of Trustees).

La “cultura” del consenso si è diffusa in Italia lentamente, ma ancora si continua spesso a non attribuire a questo atto medico l’importanza necessaria.

La sentenza n° 10014 (25/11/1994) della Corte di Cassazione Civile III sez. recita quanto segue: nel contratto di prestazione d’opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente, il professionista, anche quando l’oggetto della sua prestazione sia solo di mezzi, e non di risultato, ha il dovere di informare il paziente sulla natura dell’intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (Art. 1337 CC), sia perché tale informazione è condizione indispensabile per la validità del consenso, che deve essere consapevole al trattamento terapeutico e chirurgico.

A tal proposito risulta esemplificativa la sentenza che riportiamo

Danno esistenziale per violazione del diritto all'autodeterminazione di un paziente Tribunale di Venezia, sez. III Civile, sentenza 04.10.2004

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13 La paziente era stata sottoposta presso la Divisione di cardiologia dell'Ospedale di XXX ad un intervento chirurgico di sostituzione valvolare mitro-aortica. L'anno precedente era stata ricoverata presso l'Ospedale di UUU per “doppio vizio valvolare con embolia cerebrale”.

Durante il decorso post-operatorio erano insorte gravi complicazioni a seguito di ictus embolico con conseguente emiparesi destra ed afasia motoria, ‘sì da determinare l'incapacità di provvedere a se stessa.

La paziente aveva sottoscritto prima dell'intervento un modulo di consenso informato, non interamente compilato e non era stata informata in ordine ai rischi ed alle eventuali complicazioni correlabili all'intervento, anche alla luce dell'episodio di ischemia embolica dell'anno precedente; prima di sottoporsi all'intervento, accompagnata da un familiare, aveva avuto un colloquio con il primario della divisione di cardiochirurgia.

Questi l'aveva rassicurata spiegandole che il tipo di intervento era eseguito quotidianamente e così la Signora aveva accettato di sottoporvisi.

Il Tribunale di Venezia ha accertato la responsabilità dell’ equipe medica che ha effettuato l’intervento chirurgico, per violazione dell’obbligo di consenso informato nei confronti della paziente, condannando l’U.L.S.S. al pagamento, a titolo di risarcimento danni della somma di Euro 100.000, oltre gli interessi legali dall’evento al saldo.

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14 Il Giudice non ha condannato l’operato dei sanitari sul piano delle modalità di esecuzione dell’intervento, ma perché essi hanno privato il paziente del suo diritto a scegliere in ordine alla propria esistenza.

Riguardo invece ad un’ipotesi di responsabilità cardiologia più strettamente legata ad un aspetto tecnico riportiamo una recente sentenza di merito.

Ritardo di diagnosi – Dimissione precoce

Tribunale di Ferrara (sez Civile) Sentenza n 1533del 5/12/2006.

Soggetto di anni 71, nella notte del 17 Ottobre 1999, giunge al Pronto Soccorso per dolore precordiale accompagnato da sudorazione. Ricoverato presso l’UTIC.

ECG: "ritmo sinusale di frequenza 75/min. Asse dell'onda P. non determinabile.

Piccola onda q in V2. Sopraslivellamento del tratto ST in V4, V5, V6 (lesione subepicardica laterale). Ipertrofia ventricolare sinistra

Ecocardiogramma: ipocinesia diaframmatica (prima non presente), ecocardiogramma transesofageo;

20 /10 trasferito in sala degenza con diagnosi di "angina instabile e gastrite cronica”

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15 asintomatico fino al 23 ottobre, quando accusa un nuovo episodio di pirosi con sudorazione e aerofagia, senza alterazioni ECG, scomparso spontaneamente.

ECG-Holter

asintomatico fino al 30/10, quando accusa senso di peso precordiale e aerofagia.

programmato uno studio elettrofisiologico, poi compiuto il 2/11.

3/11 viene applicato un pacemaker 4/11 miocardioscintigrafia con stress 5/11 presenta dolore toracico

9/11 miocardioscintigrafia a riposo. 2 episodi di dolore toracico 11/11 coronografia con assistenza anestesiologica.

12/11 “PA 100/60, paziente asintomatico. Prevista dimissione per domani. Vista la coronografia si consiglia visita cardiologia che il paziente desidera organizzare autonomamente".

13/11 ore 01.10 ha lamentato la sensazione di peso retrosternale associato a pirosi. È stato eseguito un elettrocardiogramma, il cui tracciato non è stato reperito in cartella clinica, e sono stati somministrati farmaci. Alla mattina successiva è risultato asintomatico ed è stato dimesso. È stata prescritta una terapia tipica ed è stato fissato un appuntamento per visita di controllo per il 7 dicembre, ma è stato trovato morto nel suo letto il mattino del 14/11

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16 I CTU medico legale e cardiologo hanno concluso innanzitutto che il decesso, sulla base di un serio e ragionevole criterio di probabilità scientifica, debba essere ricondotto, in termini causali, alla cardiopatia ischemica per la quale il predetto in data 17 ottobre 1999 era stato ricoverato, infatti un’alterazione al limite critico del tronco comune della coronaria sinistra, cioè del segmento vasale più importante per l'irrorazione del miocardio, e una ulteriore stenosi al limite critico del tratto iniziale della discendente anteriore, aggiunte alla grave stenosi della circonflessa, probabilmente responsabile del quadro clinico che ha portato il paziente al pronto soccorso, configurano un grave quadro di ischemia che può senz'altro aver portato al decesso il paziente.

Riguardo alla responsabilità hanno rilevato innanzitutto un Ritardo diagnostico: tutti gli elementi indicativi della necessità di effettuare una coronarografia erano già disponibili al primo giorno di ricovero, ma la coronografia è stata eseguita soltanto dopo 26 giorni di ricovero duranti i quali viene sottoposto a esami collaterali di secondaria importanza ed all'innesto di un pace maker, cioè a misure incongruenti rispetto alla patologia che poteva essere accertata; l’effettuazione di una coronagrafia ed eventualmente di un’angioplastica dipende dalla gravità della presentazione clinica o dalla presenza di altri segni di gravità, principalmente clinici, elettrocardiografici e umorali: erano presenti i primi due mentre il terzo (Troponina) non fu effettuato per mancanza di reagente; era inoltre presente un

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17 altro segno di gravità ovvero il fatto che si trattasse di una angina post-infartuale, infatti l’eco aveva evidenziato i segni di un pregresso infarto.

Altro punto su cui si sono concentrate le attenzioni dei CTU è la modalità delle dimissioni: viene diagnosticata mediante coronarografia una compromissione coronarica significativa tale da richiedere il ricovero del paziente in unità di terapia intensiva ed il suo costante monitoraggio, ma ciò non viene attuato.

La patologia richiedeva un intervento chirurgico di bypass aortocoronarico, non disponibile nell’ospedale di degenza.

Per eseguire l'intervento in un centro di sua scelta, il paziente viene dimesso, mentre ancora aveva disturbi abbastanza tipici, ancorché non evidenti all'elettrocardiogramma.

E’ stata programmata la dimissione "non protetta" del paziente, senza prendere accordi sull'intervento da eseguirsi e prima che la malattia fosse stabilizzata La dimissione in fase non ancora stabilizzata della malattia ha esposto il paziente ad un rischio aggiuntivo, concretizzatosi nella notte successiva alla dimissione con la morte improvvisa. I sottoscritti ritengono che la dimissione del paziente al proprio domicilio sia inquadrabile in un comportamento imprudente.

Infine ulteriori perplessità per i CTU sono determinate dalla notte precedente alle dimissioni: il pz la notte prima delle dimissioni presenta una nuova crisi (dolore

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18 retrosternale associato a pirosi che viene registrato sul diario infermieristico) ma il dolore è stato valutato di natura non cardiogena;

La cartella clinica riferisce che viene eseguito un elettrocardiogramma con esito assertivamente negativo, ma nella cartella clinica il tracciato dell'ECG non viene inserito (e non è stato allegato neppure nel corso del presente processo).

I suddetti elementi, unitariamente considerati, secondo il magistrato, depongono con tranquillante certezza per una significativa riduzione delle possibilità di sopravvivenza del paz.

Dal punto di vista della responsabilità in ambito penale invece il più recente orientamento viene ben esemplificato dal caso che riportiamo.

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Corte di Cassazione - Responsabilità professionale del medico per errata diagnosi Cass. Pen. sez. IV, 6 giugno – 10 luglio 2006, n. 2388

La Corte di Cassazione annulla la sentenza di condanna per omicidio colposo, operando una dettagliata ed utile applicazione del consolidato orientamento fornito dalle Sezioni Unite della stessa Corte circa il possibile addebito al sanitario

“al di là di ogni ragionevole dubbio” dell’omessa o erronea diagnosi di una patologia cui si ritenga ricollegare l’evento lesivo.

Nel caso di specie è necessario che il paziente dimostri con certezza che il medico abbia sottovalutato sintomi che univocamente avrebbero dovuto far propendere verso la patologia a causa della quale si è poi verificato il decesso

Infatti, l’aver errato la diagnosi di fronte a sintomi tipici di una sindrome influenzale, poi rivelatasi un infarto acuto del miocardio, non può costituire motivo di addebito quando, sulla base del materiale probatorio acquisito, non risulta adeguatamente provata la ragione per cui si dovesse univocamente propendere per la patologia letale e non per altre patologie contraddistinte dagli stessi sintomi.

Il comportamento del sanitario sarebbe stato caratterizzato da imperizia e negligenza dovute ad una errata valutazione di sintomi quali dolori alla bocca

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20 dello stomaco e crampi al petto, dallo stesso associati ad una sindrome influenzale anziché ad un infarto acuto del miocardio.

La Corte di Appello confermava la sentenza di condanna emessa dl Giudice di primo grado, condividendo le argomentazioni dallo stesso svolte.

Invece la Corte di Cassazione ha ricondotto ogni ragionamento alla sentenza delle Sezioni Unite “Franzese”, dove i termini di certezza relativi alla ricostruzione del nesso di causalità, andrebbero riferiti non alla certezza oggettiva (storica e scientifica), risultante da elementi probatori di per sé altrettanto inconfutabili sul piano della oggettività, ma bensì alla “certezza processuale”, individuabile solo con gli strumenti di cui il giudice dispone per le proprie valutazioni probatorie.

Tale “certezza” deve essere raggiunta dal giudice valorizzando tutte le circostanze del caso concreto, secondo un procedimento logico che consenta di poter ricollegare un evento ad una condotta omissiva “al di là di ogni ragionevole dubbio”, e cioè con “alto o elevato grado di credibilità razionale” o “probabilità logica”.

Secondo la Suprema corte nella ricostruzione del nesso eziologico, vanno individuati tutti gli elementi concernenti la causa dell’evento; solo conoscendo tutti gli aspetti fattuali e scientifici relativi al momento iniziale ed alla relativa successiva evoluzione della malattia, può essere effettuato il giudizio controfattuale necessario

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21 al fine di verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta, l’evento lesivo sarebbe stato evitato “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Al riguardo, la motivazione fornita dalla stessa Corte di appello, è stata definita dal Giudice di Legittimità “frammentaria, incoerente, nonché illogica”.

Questi esempi mostrano quanto sia controversa la materia medico-legale relativa alla responsabilità professionale.

Ridurre la conflittualità è legato non solo alla riduzione degli errori medici e al miglioramento dell’organizzazione, ma soprattutto al miglioramento della qualità, intesa come cultura ed esperienza, di tutte le figure e le istituzioni coinvolte.

Per i medici clinici i punti di forza sono ormai noti:

• Aggiornamento scientifico

• Informazione – Comunicazione – Consenso

• Linee guida

• Accuratezza della documentazione clinica

• Attivazione di strumenti di Risk Management

Ma siamo altrettanto consapevoli che è indispensabile avere di fronte medici legali preparati e giudici competenti ed esperti.

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22 Non secondaria è l’attenzione ad adeguate coperture assicurative che consentano ai medici di lavorare con la dovuta tranquillità. Quindi è importante verificare i premi assicurativi aziendali ed eventualmente provvedere a congrue integrazioni personali.

Kostis WJ, Demissie K, Marcella SW, Shao YH, Wilson AC, Moreyra AE;

Myocardial Infarction Data Acquisition System (MIDAS 10) Study Group

Weekend versus weekday admission and mortality from myocardial infarction.

N Engl J Med. 2007 Mar 15;356(11):1099-109

Becker DJ.

Do hospitals provide lower quality care on weekends?

Health Serv Res. 2007;42:1589-1612.

Davidenko JM, Snyder LS.

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23 Causes of errors in the electrocardiographic diagnosis of atrial fibrillation by physicians.

J Electrocardiol. 2007 Feb 21;

Masoudi FA, Magid DJ, Vinson DR, et al

for the Emergency Department Quality in Myocardial Infarction Study Investigators.

Implications of the failure to identify high-risk electrocardiogram findings for the quality of care of patients with acute myocardial infarction: results of the Emergency Department Quality in Myocardial Infarction (EDQMI) study

Circulation. 2006;114:1565-1571.

Choudhry NK, Anderson GM, Laupacis A, Ross-Degnan D, Normand SL, Soumerai SB.

Impact of adverse events on prescribing warfarin in patients with atrial fibrillation:

matched pair analysis.

BMJ. 2006;332:141-145. Epub 2006 Jan 10.

Alexander KP, Chen AY, Roe MT, et al, for the CRUSADE Investigators.

Excess dosing of antiplatelet and antithrombin agents in the treatment of non–ST- segment elevation acute coronary syndromes.

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24 JAMA. 2005;294:3108-3116.

Nast PA, Avidan M, Harris CB, Krauss MJ, Jacobsohn E, Petlin A, Dunagan WC,

Fraser VJ Reporting and classification of patient safety events in a cardiothoracic intensive

care unit and cardiothoracic postoperative care unit.

J Thorac Cardiovasc Surg. 2005 Oct;130(4):1137.

Riferimenti

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