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Il procedimento di opposizione avverso il decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze del C.T.U. (art.15 D.L.vo 1° settembre 2011 n. 150) - Judicium

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MICHELE GERARDO

Il procedimento di opposizione avverso il decreto di liquidazione delle spese di giustizia, con particolare riguardo alle competenze del C.T.U. (art.15 D.L.vo 1° settembre 2011 n. 150)

SOMMARIO: 1. Diritti ed obblighi collegati allo svolgimento della C.T.U. e tutela sul piano processuale.- 2. Sistema normativo previgente.- 3. Sistema normativo vigente. - 4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione .- 5. Mezzo di contestazione - 6. Termine entro il quale proporre l’opposizione. - 7. Applicazione del rito sommario speciale. - 8. Giudice competente.- 9. Oggetto del giudizio di opposizione. – 10. Legittimazione ed interesse alla proposizione dell’opposizione. - 11. Natura giuridica dell’ordinanza definitoria del giudizio di opposizione.- 12. Carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali.

1. Diritti ed obblighi collegati allo svolgimento della C.T.U. e tutela sul piano processuale.

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità1 la prestazione del consulente tecnico d'ufficio è effettuata in funzione di un interesse comune delle parti del giudizio nel quale è resa.

La C.T.U., fornendo un ausilio al giudice, costituisce un atto compiuto nell'interesse generale della giustizia (art.61 c.p.c.); ne consegue che l'obbligazione nei confronti del consulente per il soddisfacimento del suo credito al compenso grava su tutte le parti del giudizio in solido tra loro ex art.1294 c.c., prescindendo dalla disciplina in ordine alla ripartizione delle spese processuali fra le parti, che è regolata dal principio della soccombenza: quest'ultima attiene, infatti, al rapporto fra le parti e non opera nei confronti dell'ausiliare.

Sul presupposto sostanziale della responsabilità solidale delle parti processuali nei confronti dell’ausiliario, il sistema processuale prevede in favore di quest’ultimo la rapida formazione di un titolo, anche esecutivo, per avere soddisfatte le proprie pretese; inoltre, a tutela del proprio diritto al pagamento del compenso, il consulente può agire in giudizio proponendo autonoma domanda, anche monitoria. L’autonoma azione ordinaria è proponibile non soltanto nell'ipotesi in cui il giudice della causa in cui è stata effettuata la prestazione non abbia provveduto alla relativa liquidazione (nella sentenza conclusiva del giudizio o, ancor prima, con il decreto motivato)2, ma anche quando sia stato emesso un titolo provvisoriamente esecutivo. In

1 Cass. civ. 30 dicembre 2009 n. 28094; Cass. civ. 15 settembre 2008 n. 23586.

2 Cass. civ 04 marzo2000 n. 2481; Cass. civ. 02 febbraio 1994 n. 1022.

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quest’ultima evenienza, non adempiuto quanto statuito nel titolo esecutivo dalla parte vincolata, il consulente può chiedere in giudizio il compenso nei confronti dell'altra parte, avendo interesse ad ottenere la tutela effettiva delle proprie ragioni rimaste insoddisfatte.

Oggetto principale del presente studio è il provvedimento di liquidazione delle competenze del C.T.U. ed altresì il procedimento giurisdizionale di opposizione avverso lo stesso.

2. Sistema normativo previgente.

Il provvedimento di liquidazione delle competenze agli ausiliari del giudice e l’iter per contestarlo si caratterizzano per la semplicità e rapidità delle forme. Tali caratteri sono costanti nella disciplina della materia.

Nel codice di rito del 1865 era previsto che “L’onorario dei periti è tassato dal presidente con ordine di pagamento in margine del processo verbale, e il provvedimento ha forza di sentenza spedita in forma esecutiva contro la parte che ha chiesto la perizia, e, se questa fu ordinata d’uffizio, solidamente contro tutte le parti interessate” (art.267 c.p.c.). Il decreto presidenziale aveva forza di titolo esecutivo (di sentenza spedita in forma esecutiva) avverso il quale si riteneva proponibile l’opposizione entro un termine decadenziale.3

L’art.24 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile del 1942 statuiva: “La liquidazione del compenso al consulente tecnico è fatta con decreto dal giudice che lo ha nominato. Il decreto costituisce titolo esecutivo contro la parte a carico della quale è posto il pagamento”

Il citato art.24 è stato abrogato con l’art.13 L.8 giugno 1980 n.319 e sostituito dall’art.11 della stessa legge a termini del quale:

“La liquidazione dei compensi al perito, al consulente tecnico, all'interprete e al traduttore è fatta con decreto motivato del giudice o del pubblico ministero che lo ha nominato.

La liquidazione è comunicata al perito, al consulente tecnico, all'interprete, al traduttore ed alle parti.[…]

Nei procedimenti civili il decreto di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo nei confronti della parte a carico della quale è posto il pagamento.

3 L Mattirolo, Trattato di diritto giudiziario civile italiano, Vol.II, 948, Fratelli Bocca editori, V edizione, 1902, il quale riteneva applicabile l’art.209 c.p.c.; diversamente per L. Mortara, Commentario del Codice e delle Leggi di Procedura Civile, Vol.III, 691-692, Vallardi ed., III edizione, 1905 secondo il quale il reclamo de quo sarebbe governato dall’art.379 c.p.c. in relazione al quale – Id., op.cit., Vol.IV, 166 - non sussisterebbe un termine perentorio per l’opposizione.

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Avverso il decreto di liquidazione il perito, il consulente tecnico, l'interprete, il traduttore, il pubblico ministero e le parti private interessate possono proporre ricorso entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione davanti al tribunale o alla corte d'appello alla quale appartiene il giudice o presso cui esercita le sue funzioni il pubblico ministero ovvero nel cui circondario ha sede il pretore che ha emesso il decreto.

Il procedimento è regolato dall'articolo 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794 [procedimento per la liquidazione di onorari di avvocato] . Il tribunale o la corte su istanza dell'opponente, quando ricorrono gravi motivi, può con ordinanza non impugnabile sospendere l'esecuzione provvisoria del decreto […]”

Il menzionato art.29 della L.n.794 stabiliva, tra l’altro, che il procedimento di opposizione si svolge in Camera di Consiglio4, che non è obbligatorio il ministero di difensore e che lo stesso è definito con “ordinanza non impugnabile la quale costituisce titolo esecutivo anche per le spese del procedimento”.

Si applicava, quindi, il procedimento previsto in materia di liquidazione degli onorari di avvocato per le prestazioni giudiziali civili destinato a chiudersi con un’ordinanza ricorribile ex art.111 Cost. per Cassazione, attesa l’esistenza di un provvedimento adottato da un organo giurisdizionale caratterizzantesi per la decisorietà, attribuente o negante ad una delle parti e nei riguardi dell'altra un bene della vita oggetto della controversia5

La legge n.319/1980, ad eccezione dell'art. 4, è stata abrogata dall'art. 299, D.L.vo. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

3. Sistema normativo vigente.

L’attuale sistema normativo costituisce il portato di due interventi legislativi, operati – rispettivamente - con il D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (che ha sistematizzato la disciplina preesistente, con previsione dell’ufficio giudiziario in composizione monocratica a giudicare dell’opposizione) e con il D.L.vo 1° settembre 2011 n. 150 (sulla semplificazione dei riti civili).

Ai sensi dell’art.168 D.P.R. n. 115/2002 la liquidazione delle spettanze agli ausiliari del magistrato è effettuata con decreto di pagamento, motivato, del magistrato che procede, che è comunicato al beneficiario e alle parti, compreso il pubblico ministero, ed è titolo

4 trattato dal tribunale in composizione collegiale anche dopo l’istituzione nel 1998 del giudice unico, atteso che l'art. 50-bis, secondo comma, c.p.c. prevede, per i procedimenti in Camera di Consiglio disciplinati dagli artt. 737 e segg. c.p.c., una riserva di collegialità, dalla quale restano esclusi soltanto quelli, tra i procedimenti camerali, per i quali sia altrimenti disposto, e tra questi i procedimenti in Camera di Consiglio già di competenza del pretore, e ora attribuiti al tribunale, secondo quanto dispone l'art. 244 del D.Lgs. n. 51 del 1998 (così Cass. Civ. 11 marzo 2004 n. 4967).

5 Ex plurimis: Cass. Civ. 07 febbraio 2007 n. 2623, Cass. Civ. 11 maggio 2006 n. 10939, Cass. civ. 11 ottobre 2000 n. 13547, Cass. Sez. Lav. 18 novembre 1997 n. 11472 con riferimento ad ordinanze non impugnabili pronunciate ai sensi degli artt. 29 e 30 della legge 13 giugno 1942 n. 794, in tema di liquidazione degli onorari spettanti agli avvocati.

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provvisoriamente esecutivo. Ausiliario del magistrato, come testualmente previsto nell’art.3 lett.

n D.P.R. n. 115/2002, è oltrecché il consulente tecnico anche il perito, l'interprete, il traduttore e qualunque altro soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti6, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge. Ai fini delle spettanze ora descritte agli ausiliari del magistrato è equiparato il commissario ad acta (art.57 D.P.R. citato).

Il successivo art.170 del D.P.R. n. 115/2002 stabilisce che avverso il decreto di pagamento de quo, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione disciplinata dall'articolo 15 del D.L.vo 1° settembre 2011, n. 1507. Tale ultima disposizione così recita:

“1. Le controversie previste dall'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo.

2. Il ricorso è proposto al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello è competente il presidente della corte di appello.

3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

4. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5.

5. Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione.

6. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile”.

Con la novella operata dal D.L.vo n.150/2011 si emancipa il procedimento in esame da quello previsto per gli onorari di avvocato.

In sintesi, nella evoluzione storica, i caratteri degli istituti sopradescritti sono rimasti costanti:

liquidazione con decreto inaudita altera parte costituente titolo esecutivo, giudizio di

6 Tra questi sono ricompresi gli Istituti Vendite Giudiziarie (Cass.civ 03 luglio 2008 n. 18204), l'esperto stimatore, nominato dal tribunale nell'ambito del procedimento di determinazione del valore delle azioni del socio recedente, di cui all'art. 2437-ter, sesto comma, c. c.(Cass.civ. 14 febbraio 2012 n. 2152), il notaio al quale siano state delegate le operazioni di vendita nei processi di espropriazione forzata mobiliare e immobiliare (Cass.civ. 29 gennaio 2007 n.

1887), il curatore dell'eredità giacente (Cass.civ., ordinanza 05 maggio 2009 n. 10328).

7 Il comma 2 dell’articolo 170 - abrogato dall'art. 34, comma 17, lett. b), D.Lvo n. 150/2011 – prevedeva che il processo è quello speciale previsto per gli onorari di avvocato e l'ufficio giudiziario procede in composizione monocratica.

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contestazione della liquidazione rapida nelle forme con possibilità della difesa personale e provvedimento definitorio ricorribile per Cassazione ex art.111 Cost. 8.

La descritta disciplina in tema di opposizione si applica altresì ai provvedimenti determinativi del compenso in relazione ad altre fattispecie disciplinate nel D.P.R. n.115/2002 mediante opportune disposizioni di richiamo9.

4. Natura giuridica del provvedimento di liquidazione.

Il provvedimento di liquidazione viene pronunciato non d’ufficio, ma su espressa domanda dell’interessato, da presentare entro un termine di decadenza10.

L’art.168 del D.P.R. n.115/2002 individua i requisiti del provvedimento di liquidazione che ci interessa.

Innanzitutto la forma è quella del decreto motivato.

L’ordinario decreto, previsto dal codice di rito civile all’art.135, ha una natura non decisoria, ma istruttoria, è adottato solitamente senza contraddittorio e non è motivato “salvo che la motivazione sia prescritta espressamente dalla legge”.

All’evidenza il decreto de quo devia dal tipo legale11 atteso che il suo contenuto non è istruttorio, ma decisorio, su diritti soggettivi; difatti si statuisce sulla pretesa dell’ausiliario al compenso.

Inoltre il provvedimento di liquidazione costituisce titolo provvisoriamente esecutivo. La qualità di titolo esecutivo implica che lo stesso può, quindi, fondare ex art.474 n.1 c.p.c. l’azione esecutiva. Sulla sua base l’ausiliario può intimare precetto di pagamento e, successivamente, pignorare i beni della parte sulla quale è stato posto il carico delle spese.

Lo stesso non costituisce anche titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ex art.2818 c.c. data l’assenza di una specifica previsione in tal senso.

8 Per uno sguardo d’insieme: C. Mandrioli, Diritto processuale civile, I, Giappichelli editore, XX edizione, 2009, 329-330; R. Giordano, Spese del processo: nei procedimenti ordinario, di esecuzione, sommario e in camera di consiglio, Giuffrè editore, 2012, 249 e ss.; F. Lazzaro, M. Di Marzio, Le spese nel processo civile, Giuffrè editore, 2010, 466 e ss.

9 Tra tali provvedimenti si citano quelli relativi a: onorari al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato (art.84); compenso spettante all'investigatore privato della parte ammessa al patrocinio (art.104);

onorario e spese al difensore di persona ammessa al programma di protezione dei collaboratori di giustizia (art.115);

onorario e spese al difensore di ufficio della parte, anche irreperibile o minore (art.116-118); compenso all’

avvocato e all'ausiliario del magistrato nei processi avverso il provvedimento di espulsione del cittadino di Stati non appartenenti all'Unione europea (art.142) e nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 (art.143).

10 Secondo la disciplina contenuta nell’art.71 del D.P.R. n.115/2002 rubricato “Domanda di liquidazione e decadenza del diritto per testimoni, ausiliari del magistrato e aventi titolo alle trasferte”.

11 Circostanza non insolita nel sistema. Caso analogo è il decreto ingiuntivo.

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Vi è un provvedimento giurisdizionale su diritti adottato inaudita altera parte e al di fuori di un giudizio, costituente titolo esecutivo. Tale qualità esiste fino a che il decreto non venga eliminato dal mondo giuridico con il mezzo di contestazione tipicamente previsto, formato nel caso di specie dall’opposizione ex art.15 D.L.vo n.150/2011. La caducazione consegue alla pronuncia dell’ordinanza che definisce nel merito il giudizio.

Nel rapporto “decreto-definizione dell’opposizione” – tenuto conto dei caratteri del decreto e della natura di cognizione di primo grado del giudizio di opposizione – sono predicabili le seguenti conclusioni:

a) la mera proposizione dell’opposizione non determina la caducazione del decreto;

b) la definizione del giudizio di opposizione con una pronuncia in rito – quale la dichiarazione di inammissibilità12 o di estinzione - lascia integro il decreto, come se l’opposizione non fosse stata proposta. La purezza del decreto all’esito dell’estinzione del giudizio di opposizione non costituisce una deroga alla regola secondo cui “L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e le pronunce che regolano la competenza” (art.310 comma 2 c.p.c.) in quanto esso decreto non è stato pronunciato nel corso del processo, ma in una autonoma fase anteriore.

Ove il giudizio di opposizione venga dichiarato inammissibile o si estingua o si definisca comunque in rito, l’ausiliario potrà continuare ad avvalersi del decreto come titolo esecutivo, mentre il debitore inciso dal decreto potrà contestare il suo debito riproponendo l’opposizione ex art.15, ove non ancora prescritta la relativa azione;

c) la definizione del giudizio con l’ordinanza che pronuncia sul merito, sia di accoglimento che di rigetto dell’opposizione, ha portata sostitutiva rispetto al decreto, del quale ne determina la caducazione.

Nella evenienza che sia decorso il termine entro il quale proporre l’opposizione e il decreto non sia caducato, la qualità di titolo esecutivo da provvisoria diviene definitiva.

La definitività del titolo non comporta anche che lo stesso acquisti la qualità di cosa giudicata ai sensi dell’art.2909 c.c.. All’acquisto della cosa giudicata ostano diverse circostanze:

- in primo luogo il decreto non germina all’esito di un processo, di un giudizio nel contraddittorio tra le parti;

- difetta una esplicita previsione normativa in tale senso;

- infine, diversamente dal decreto ingiuntivo – con il quale ha alcune analogie – non sono previsti anche dei mezzi di contestazione straordinari, sulla falsariga degli art.650 e 656 c.p.c., presupponenti il conseguimento della stabilità del giudicato.

12 Ad esempio: per carenza di legittimazione od interesse ad agire.

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Il provvedimento de quo non ha natura di volontaria giurisdizione, non sussistendo i requisiti paradigmatici delineati nelle “Disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio”

(artt.737-742 bis c.p.c.).

In conclusione: il decreto di liquidazione delle competenze è un provvedimento giurisdizionale, a contenuto decisorio, su diritti soggettivi, costituente titolo esecutivo, inidoneo al giudicato.

5. Mezzo di contestazione

Il decreto di liquidazione delle competenze in favore dell’ausiliario è impugnabile unicamente con il ricorso in opposizione nelle forme del rito sommario speciale di cui al D.L.vo n.150/2011.

Tanto emerge dal microsistema normativo che disciplina l’istituto.

Non avendo natura di volontaria giurisdizione, il provvedimento de quo non è - una volta divenuto definitivo - revocabile o modificabile secondo la previsione dell’art.742 c.p.c..

La revoca o modifica del decreto in esame non è conseguibile per mezzo dell’art.177 c.p.c. per almeno due ordini di ragioni:

- in linea di massima non si applicano ai decreti i principi di revocabilità e modificabilità13; - peraltro anche a volere applicare ad esso per analogia la disciplina dell’ordinanza, quest’ultima non è modificabile quando “la legge predisponga uno speciale mezzo di reclamo” (art.177, comma 3, n.3 c.p.c.); quest’ultima circostanza ricorre nel caso di specie, atteso che il decreto è opponibile ex art.170 D.P.D. n.115/2002, sicché comunque la modifica ex art.177, comma 2, c.p.c. non è realizzabile.

Il decreto di liquidazione – attesa la presenza di uno specifico mezzo di contestazione (quale è l’opposizione) e la sua inidoneità al giudicato - non è censurabile con il ricorso per Cassazione ex art.111 comma 7 Cost. per violazione di legge14.

13 Per una sintesi: F. Carpi – M.Taruffo, Commentario breve al codice di procedura civile, Cedam editore, 2012, VII edizione, 534.

14 Sul punto si enuncia: “E' giurisprudenza costante che la nozione di sentenza, di cui parla l'art. 111, c. 2 della Costituzione, coincide con quella di provvedimento decisorio, dovendosi intendere come tale ogni provvedimento che, indipendentemente dalla sua disciplina formale, sia idoneo ad incidere in via definitiva sulle situazioni giuridiche private, analogamente alle pronunce previste dall'art. 279 C.P.C.. Occorre quindi che il provvedimento presenti due caratteri: quello della decisorietà e quello della definitività. L'ordinanza collegiale impugnata ha sicuramente carattere decisorio, stabilendo l'ammontare delle spese provocate dalla C.T.U.. Non ha però, quello della definitività, che è proprio dei provvedimenti per i quali non vi siano rimedi idonei a consentire il riesame del provvedimento sia nell'ulteriore svolgimento del processo sia in sede di impugnazioni. L'ordinanza in causa è pur sempre un provvedimento contenuto processuale ordinario, che, ai sensi dell'art. 90 C.P.C., disciplina il regolamento provvisorio delle spese processuali mentre la sentenza, ai sensi dell'art. 91 C.P.C., statuirà sul carico definitivo delle medesime. (Cass. 15.3.1984 n. 1753; Cass. 18.10.1983 N. 6118). Non è ancora deciso, quindi, se le spese della consulenza dovranno essere sostenute, in via definitiva, dagli attuali ricorrenti e perciò, il ricorso deve

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6. Termine entro il quale proporre l’opposizione.

Prima della novella nel 2011 sulla semplificazione dei riti, si applicava il termine di venti giorni quale limite decadenziale alla proposizione dell’opposizione. Ciò in virtù del vecchio testo dell’art.170 comma 1 D.P.R n.115/2002 per il quale "avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui è affidato l'incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, possono proporre opposizione, entro venti giorni dall'avvenuta comunicazione, al presidente dell'ufficio giudiziario competente". Termine non più vigente atteso che la citata novella ha eliminato la relativa previsione. Tale eliminazione può essere ascritta ad una svista del legislatore delegato atteso che in quasi tutti i giudizi oppositori disciplinati nel capo Terzo del D.L.vo n.150/2011 relativo alle “controversie regolate dal rito sommario di cognizione” vi è la previsione di un termine di decadenza di trenta giorni decorrente dalla fattispecie individuata dal legislatore (notificazione o altra , a seconda dei casi).15

Da questa possibile svista non si può però ricavare la conseguenza di applicare in via analogica le disposizioni citate in nota prevedenti il termine di trenta giorni. Vari fattori ostruiscono tale strada.

In prima battuta si rileva che nel capo Terzo vi sono giudizi oppositori - quali l’opposizione al diniego del nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonché agli altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto all'unità familiare (art.20) – per i quali non vi è la previsione di un termine decadenziale. Sicché l’indicato termine di decadenza è solo tendenziale e non costituisce una regola generale.

La decadenza, poi, costituisce un istituto eccezionale per il quale vi è il divieto, sancito dall’art.14 delle preleggi, dell’applicazione analogica, pena altresì la lesione del diritto di difesa costituzionalmente garantito (art.24). Difatti, la decadenza non costituisce, a differenza della

essere dichiarato inammissibile per mancanza di un provvedimento impugnabile”. Così: Cass. civ. 20 agosto 1990 n. 8454.

15 Vuol farsi riferimento alle disposizioni di cui agli artt. 17, comma 3 (controversie in materia di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea o dei loro familiari), 18, comma 3 (controversie in materia di espulsione dei cittadini di Stati che non sono membri dell'Unione europea), 19, comma 3 (controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale), 21, comma 3 (opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio), 22, comma 4 (azioni popolari e delle controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali), 23, comma 3 (azioni in materia di eleggibilità e incompatibilità nelle elezioni per il Parlamento europeo), 24, comma 3 ('impugnazione delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo), 26, comma 3 (impugnazione dei provvedimenti disciplinari a carico dei notai), 27 , comma 4 ('impugnazione delle deliberazioni del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti) e 29, comma 3 (controversie in materia di opposizione alla stima nelle espropriazioni per pubblica utilità).

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prescrizione, una causa generale di estinzione dei diritti sicché le relative norme non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati 16.

Infine si rileva che gli artt. 168-170 del D.P.R. n.115/2002 e 15 D.L.vo n.150/2011 delineano un microsistema autosufficiente escludente la previsione di termini decadenziali.

Sul punto il Ministero della Giustizia opina "è da ritenersi che il termine per la proposizione di un'eventuale opposizione al decreto di pagamento ex art. 170 del DRP 115/02 vada individuato in quello espressamente previsto per il procedimento sommario di cognizione e, quindi, in quello di trenta giorni dall'avvenuta comunicazione (vedi art. 702-quater del c.p.c.)" 17. Tale opinione, icto oculi non è condivisibile atteso che il termine di trenta giorni di cui all’art. 702-quater c.p.c.

si riferisce alla diversa fattispecie dell’appello avverso l’ordinanza definitoria del giudizio sommario – appello peraltro inammissibile ai sensi dell’ultimo comma dell’art.15 D.L.vo n.150/2011 nel giudizio che ci riguarda – e non al ricorso introduttivo del giudizio di opposizione da trattare con il rito sommario.

Parte della dottrina suggerisce l’applicazione del termine di quaranta giorni dalla notificazione, in analogia con il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo18.

A nostro giudizio, non essendovi - nella sedes materiae - la previsione di uno specifico termine entro il quale proporre l’opposizione, si applica la disciplina generale sulla estinzione delle situazioni giuridiche soggettive. Per i principi, qualsiasi tipo di diritto – salve le imprescrittibilità ope legis - si estingue per prescrizione con il decorso del termine, assenti specifiche previsioni, di dieci anni ex artt. 2934 e 2946 c.c. Anche l’azione giurisdizionale (artt. 24 Cost., 2907 c.c., 99 c.p.c), costituente un diritto soggettivo di natura potestativa, si prescrive. Da ciò il corollario che l’opposizione, essendo una specifica azione giurisdizionale, può essere proposta entro il termine ordinario di prescrizione ex art.2946 c.c., ossia entro dieci anni dalla pubblicazione del decreto.

Va evidenziato che l’inidoneità al giudicato esclude l’applicazione del cd. termine lungo di cui all’art.327 c.p.c. 19.

16 F. Roselli, in Trattato di diritto privato. Tutela dei diritti. II, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, UTET , II edizione, 2002, 603.

17 Nota DAG 7 novembre 2012 n.0148412U.

18 Una sintesi delle varie tesi sul punto: M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, La semplificazione dei riti civili , Dike Editrice Giuridica, 2011,142.

19 Conf. Cass. Civ. 06 ottobre 2011 n. 20485 secondo cui “l'art. 327 cod. proc. civ., non è applicabile, in materia di spese di giustizia, con riguardo all'opposizione del decreto di pagamento delle spettanze agli ausiliari emessi dal magistrato che procede. E ciò per le seguenti ragioni.[…]. La ratio dell'art. 327 cod. proc. civ., presuppone che si sia svolto un grado di giudizio a contraddittorio pieno che sia terminato con la pronuncia di una sentenza o di un provvedimento a contenuto decisorio. Tale evenienza non ricorre nel caso del decreto di pagamento adottato dal magistrato che procede, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168: tale decreto viene infatti emesso sulla base della mera istanza di liquidazione dell'ausiliario stesso, senza che ne siano in alcun modo informate e coinvolte le parti del procedimento nel quale si è svolta l'attività dell'ausiliario. Queste vengono a conoscenza del provvedimento emesso dal giudice sulla base della relativa istanza soltanto con la comunicazione da parte della cancelleria e possono promuovere, nei successivi venti giorni, un giudizio di cognizione a contraddittorio pieno, rivolto a contestare l'avvenuta liquidazione delle spettanze.”.

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7. Applicazione del rito sommario speciale.

Il procedimento di opposizione avverso il provvedimento di liquidazione delle competenze al C.T.U. è quello del rito sommario di cognizione di cui agli artt.702 bis-702 quater c.p.c. con le modifiche apportate dagli artt.3 e 15 del D.L.vo n.150/2011 in quattro significativi punti:

a) immodificabilità del rito20;

b) giudice competente è il capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato21.

c) le parti possono stare in giudizio personalmente22;

d) l’ordinanza definitoria del giudizio di opposizione non è appellabile secondo la disciplina dell’art.702 quater c.p.c. 23.

Il legislatore, in attuazione della delega contenuta nell’art.54 della L. 18 giugno 2009 n.69, ha modellato il procedimento sullo stampo del rito sommario di cognizione, apportando vieppiù modificazioni.

Il rito sommario è stato introdotto con la stessa L. n.69/2009, mediante l’innesto nel codice degli artt.702 bis-702 quater24; lo stesso è caratterizzato da una cognizione snella che, secondo le intenzioni dei conditores, dovrebbe contribuire a ridurre i tempi della giustizia. Tale rito, alternativo a quello ordinario su libera scelta dell’attore, ha avuto uno scarso appeal sugli operatori: dopo due anni di vigenza l’utilizzo è stato insignificante, complice anche le diverse aporie che accompagnano l’istituto25.

Il rito sommario è stato individuato come uno dei tre modelli da seguire per semplificare determinati riti dal citato art.54 L. n.69/2009.

Il D.L.vo n. 150/2011 ha operato tale semplificazione. L’esito non è stato soddisfacente. Per i procedimenti sottoposti al rito sommario di cognizione (capo III del D.L.vo n. 150/2009: artt.14- 30), la disciplina non è la resultante dei soli artt.702 bis-702 quater con le modifiche dell’art.3 D.L.vo n. 150/2009 ma anche delle ulteriori modifiche - a volte di notevole rilevanza: valga per tutte la disciplina dell’impugnazione – previste di volta in volta per le singole fattispecie. Difatti

20 Attesa la previsione dell’art.3 comma 1 D.L.vo 1-9-2011 n. 150 “Nelle controversie disciplinate dal Capo III, non si applicano i commi secondo e terzo dell'articolo 702-ter del codice di procedura civile”.

21 art.15 comma 2 D.L.vo n. 150/2011.

22 Per l’art.15 comma 3 D.L.vo n. 150/2011.

23 Art.15 comma 6 D.L.vo n. 150/2011.

24 Sull’ambito di applicazione del rito sommario, ex plurimis, si rinvia a: C. Ferri, Il Procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p.94; M. Bina, Il procedimento sommario di cognizione in Riv. dir. proc. 2010, p.

123-124; C. Consolo, Spiegazioni di diritto processuale civile, 2010, Vol. III pp. 183-191; C. Mandrioli, Diritto processuale civile, 2009, Vol. IV, Giappichelli editore, 2009, XX Ed., pp. 345-351; F.P. Luiso, Diritto processuale civile, IV, Giuffrè editore, 2013, VII Ed., pp.131-132.

25 Per una indagine, per campioni significativi e con illustrazione dei punti critici del rito, si rinvia a M. Gerardo - A.

Mutarelli Procedimento sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.: primo bilancio operativo in www.Judicium.it.

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dati aspetti sono presenti solo in alcuni riti speciali sommari, ma non in tutti quelli disciplinati dal Capo III.

La difesa personale, la natura (Giudice di pace, Tribunale, Corte di appello) e composizione (monocratica o collegiale) del giudicante, l’appellabilità del provvedimento definitorio del rito, la previsione di un termine decadenziale per la proposizione dell’azione, la previsione di un termine entro il quale definire il giudizio, la sospensione del provvedimento impugnato, il regime fiscale degli atti del procedimento variano da sottorito a sottorito tra quelli disciplinati nel capo III.

In realtà non vi è un unico ed uniforme rito sommario, ma tanti riti quante sono le fattispecie considerate nel capo III, frutto delle alchimie del legislatore.

“La situazione è grave, ma non è seria”, avrebbe chiosato Flaiano.

Gli intenti legislativi di sommarietà si potevano, più semplicemente, realizzare con l’introduzione di una norma richiamante il negletto art.80 bis d.a.c.p.c. da applicarsi anche in deroga all’art.183 c.p.c. 26.

Preso atto della politica legislativa in materia, il procedimento di opposizione avverso il decreto di pagamento delle spese di giustizia risultante dalla combinazione degli artt. artt.702 bis-702 quater c.p.c. e artt.3 e 15 D.L.vo n. 150/2009 è il seguente.

Nelle cause avverso il decreto di pagamento di spese di giustizia, la domanda può essere proposta con ricorso al capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero presso il tribunale è competente il presidente del tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la corte di appello è competente il presidente della corte di appello.

Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente.

Il ricorso, sottoscritto a norma dell’articolo 125, deve contenere le indicazioni di cui ai numeri 1), 2), 3), 4), 5) e 6) e l’avvertimento di cui al numero 7) del terzo comma dell’articolo 163.

A seguito della presentazione del ricorso il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio e lo presenta senza ritardo al presidente del tribunale, il quale fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti, assegnando il termine per la costituzione del convenuto, che deve avvenire non oltre dieci giorni prima dell’udienza; il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per la sua costituzione.

26 Per una più ampia indagine, anche de iure condendo, sulla organizzazione, efficacia e funzionalità della giustizia civile si rinvia a M. Gerardo – A. Mutarelli Sulle cause della “irragionevole” durata del processo civile e possibili misure di reductio a “ragionevolezza in www.Judicium.it.

(12)

Il convenuto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria della comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d’ufficio.

Se il convenuto intende chiamare un terzo in garanzia deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella comparsa di costituzione e chiedere al presidente lo spostamento dell’udienza. Il presidente, con decreto comunicato dal cancelliere alle parti costituite, provvede a fissare la data della nuova udienza assegnando un termine perentorio per la citazione del terzo. La costituzione del terzo in giudizio avviene a norma del quarto comma.

Il presidente, se ritiene di essere incompetente, lo dichiara con ordinanza.

L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. D.L.vo n.150/2011.

Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale richiede un’istruzione non sommaria, il presidente ne dispone la separazione.

Alla prima udienza il presidente , sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto, può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande.

L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione.

Il giudice provvede in ogni caso sulle spese del procedimento ai sensi degli articoli 91 e seguenti.

L'ordinanza che definisce il giudizio è ricorribile solo per Cassazione per violazione di legge;

ove non impugnata produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile.

8. Giudice competente.

Giudice competente, ai sensi del secondo comma dell’art.15 cit., è il capo dell’ufficio giudiziario (Tribunale o la Corte di appello) cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato.

L’organo giudicante è quindi monocratico.

(13)

Difatti l’attribuzione è del Presidente dell'ufficio giudiziario: Presidente del Tribunale o Presidente della Corte di Appello. Tanto è indicato nel comma 2 dell’art.15 ed è presupposto nel successivo comma 5.

Analoga previsione – circa l’attribuzione del Presidente del Tribunale – vi era nel previgente testo dell’art.637 c.p.c. in relazione alla competenza per il rilascio del decreto ingiuntivo.

Quella del Presidente del Tribunale o Presidente della Corte di Appello è una competenza funzionale27, escludente che la causa possa essere trattata dal Tribunale o dalla Corte di Appello.

Alla luce di tale dato deve ritenersi non conforme al sistema la diffusa prassi dei capi degli uffici giudiziari28 di designare il giudice istruttore – rectius: giudice unico – o, nei Tribunali divisi in più sezioni, di assegnare le controversie in esame ad una di esse, alla stessa stregua della designazione del giudice ex art.168 bis c.p.c. per le cause di competenza del Tribunale o della Corte di Appello.

Ove il procedimento venga trattato da un giudice incompetente – ad esempio il Tribunale in luogo del Presidente – l’ordinanza che definisce il giudizio sarà impugnabile oltre che con ricorso per cassazione, anche con regolamento di competenza ex artt.42-43 c.p.c..

La trattazione del Tribunale (monocratico o collegiale) in luogo del Presidente, quindi, non è riconducibile al problema inerente alla composizione del tribunale, secondo la disciplina degli artt.50 bis – 50 quater c.p.c.

Va poi rilevato che il Presidente non è sostituibile da altro magistrato all’infuori dei casi di supplenza in caso di mancanza od impedimento del Presidente ex art.104 r.d. 30 gennaio 1941 n.1229. L’eventuale sostituzione del Presidente con magistrato diverso da quello legittimato ex art.104 citato determina una nullità assoluta, in quanto vizio inerente “alla costituzione del giudice” ex art.158 c.p.c. 30.

27 Così, con riferimento alla competenza al rilascio del decreto ingiuntivo: E. Garbagnati, Il procedimento d’ingiunzione, Giuffrè editore, 1991, 49 e M. T. Zanzucchi, Diritto processuale civile, II, Giuffrè editore, V edizione, 1962, 364; diversamente : V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Vol.IV, Jovene editore, III edizione, 1964, 68 per il quale “i rapporti tra il collegio e il presidente non s’inquadrano nello schema della competenza” al quale replica E Garbagnati, op. cit.,49 n.80 che “l’art.637 qualifica competente per l’ingiunzione “il presidente del tribunale, che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria”, escludendo così chiaramente la competenza del tribunale a provvedere in merito alla domanda di ingiunzione e limitandone la competenza al solo giudizio di opposizione”.

28 prassi, ad esempio, sussistente presso il Tribunale di Napoli.

29 L’orientamento del giudice di legittimità è largheggiante circa i casi di supplenza, affermandosi che “- la supplenza in base alla designazione effettuata secondo il c.d. criterio tabellare, deve ritenersi consentita anche nelle funzioni presidenziali relative ai procedimenti di separazione e divorzio, secondo le regole dettate dall'art. 104 dell'ordinamento giudiziario, che non prevede alcuna limitazione o eccezione in relazione alle funzioni esercitabili in via sostitutiva in caso di mancanza od impedimento del Presidente del Tribunale (Cass. 2085/1977);- la sostituzione secondo il cennato criterio può avvenire anche per mere esigenze d'ufficio (Cass. 7764/2004) e nell'individuazione della persona del delegato il criterio dell'anzianità non è esaustivo (punto C.7.D della Circolare del C.S.M., n, 7704 del 2/5/1991, in tema di applicazioni e supplenze);- la delega attribuisce al magistrato delegato i medesimi poteri del delegante,”(Cass.civ. 8 ottobre 2008 n.24865; Cass. civ. 02 dicembre 2004 n. 22607).

30 Con riferimento al rilascio del decreto si è ritenuto nullo il decreto d’ingiunzione pronunciato da un giudice delegato dal presidente (Cass. 13 agosto 1963 n.2234, citata in E. Garbagnati, cit., 46, n.64)

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Si ritiene, dal giudice di legittimità, che il procedimento di opposizione de quo introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile31 e che esso giudizio è sottratto alla regola del foro erariale, in quanto la disciplina delle spese di giustizia fissa, in deroga, la competenza territoriale del giudice di prossimità, come risulta dalla previsione secondo cui il decreto è emesso dal "magistrato che procede" (art. 168, comma 1, D.P.R. n.115/2002) ed è opponibile innanzi al presidente dell'ufficio giudiziario competente 32.

9. Oggetto del giudizio di opposizione.

Il giudizio ha ad oggetto l’an ed il quantum del compenso. Va valutata, quindi, la conformità, la corrispondenza della liquidazione del compenso contenuta nel decreto ai criteri legali, alle regole disciplinatrici del compenso agli ausiliari, tra le quali, in primis, vi è il D.M. 30 maggio 2002.

Non è sindacabile, in via principale, la validità della C.T.U.. Questa, difatti, va valutata nel procedimento principale nel quale è germinato il provvedimento impugnato. Difatti costituisce communis opinio la massima secondo cui “in sede di opposizione avverso il decreto di liquidazione dei compensi al consulente tecnico sono ammissibili soltanto le censure che si riferiscano alla liquidazione del compenso mentre non possono proporsi questioni relative all'utilità e validità della consulenza tecnica, che attengono al merito della causa e vanno fatte valere nella relativa sede (v. Cass. nn. 6684/95, 1014/96 e 4425/98)”33.

Della validità della C.T.U. si può conoscere in via incidentale, ai fini del giudizio sulla determinazione del compenso, nel giudizio di opposizione. Ad esempio, l’interessato - deducendo la invalidità della C.T.U. - potrà chiedere la riforma del decreto impugnato in vista dell’obiettivo di una pronuncia escludente – sull’accertamento incidentale dell’indicato vizio - qualsivoglia compenso al perito34.

La scelta del rito sommario nel caso in esame deriva da esigenze di conformità alla scelta adottata in ordine al rito applicabile per la liquidazione dei compensi all’avvocato nonché dalla natura semplice delle questioni da trattare, in ragione del circoscritto ambito delle controversie

31 Cass. S. U. 03 settembre 2009 n. 19161.

32 Così Cass.civ, Ord. 13 dicembre 2011 n. 26791 argomentando che “Le Sezioni Unite di questa Corte hanno di recente precisato che la disciplina del foro erariale può essere derogata, per effetto di specifiche disposizioni del legislatore (controversie previdenziali, di opposizione a sanzioni amministrative, di disciplina dell'impugnazione, di convalida di sfratto), ogni volta che sia manifesto l'intento di determinare la competenza per territorio sulla base di elementi diversi ed incompatibili rispetto a quelli risultanti dalla regola del foro erariale e, perciò, destinati a prevalere su questa (cfr. Cass. S.U. 18036/08; e, per riferimenti SU 23285/10; Cass. 7595/11)”.

33 così ex plurimis Cass. civ. 07 febbraio 2011 n. 3024; Cass. civ.. 25 marzo 2010 n.7174.

34 Già L. Mortara, op. cit. Vol.III, , 692 evidenziò “che il perito, non abbia diritto ad onorario, e debba restituirlo se già conseguito, qualora la perizia sia annullata per un vizio a lui imputabile”. Per Cass. civ. 05 gennaio 2011 n.

234 - in un giudizio nel quale la nullità della c.t.u. era stata dichiarata dal giudice del merito che aveva disposto la consulenza - il diritto del c.t.u. alla liquidazione del compenso non sussiste quando l’ attività sia stata inosservante di norme sanzionate da nullità per violazione del principio del contraddittorio.

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medesime35. Difatti, il giudizio coinvolge tendenzialmente questioni di diritto, tuttavia possono ricorrere questioni in fatto, quale l’accertamento delle prestazioni eseguite ove sorgano questioni sul punto.

10. Legittimazione ed interesse alla proposizione dell’opposizione.

Legittimati alla proposizione dell’opposizione sono il beneficiario del decreto di liquidazione e le parti processuali, compreso il pubblico ministero, sulla base della denunciata violazione delle norme disciplinanti il compenso all’ausiliario dalla quale consegue un pregiudizio all’interessato, in applicazione della regola sull’interesse ad agire ex art.100 c.p.c.36.

L’opponibilità va calibrata all’oggetto del giudizio, involgente l’an ed il quantum del compenso, e quindi al pregiudizio collegato all’erronea applicazione delle regole disciplinanti tali aspetti.

A questo fine va evidenziato che la scelta della parte cui addossare l’anticipazione delle spese della C.T.U. è discrezionale ed insindacabile e costituisce un regolamento solo provvisorio delle spese processuali, che resta affidato in via definitiva alla sentenza conclusiva del giudizio e non è quindi censurabile né in sede di opposizione avverso il decreto di liquidazione né in Cassazione ai sensi dell’art.111 Costituzione avverso l'ordinanza decisoria dell’opposizione ex art. 170 del d.P.R. n. 115/2002, qualora i motivi d'impugnazione attengano all'individuazione della parte tenuta al pagamento della somma liquidata dal giudice37.

La legittimazione ad impugnare, quindi, prescinde dalla circostanza che il carico delle spese sia posto in capo all’opponente. Sicché, ad esempio, ove il giudicante ponga le spese a carico del solo attore, anche il convenuto sarà legittimato ad opporre il decreto. Difatti, come si preciserà, il carico delle spese – fermo restando l’an ed il quantum fissati nel decreto o negli atti di impugnazione di questo - verrà disciplinato, in via definitiva, con la sentenza definitoria del procedimento nel corso del quale è stata disposta la consulenza applicando il criterio della soccombenza, salva la compensazione delle spese. Il potenziale carico delle spese dell’ausiliario faculta, quindi, ciascuna parte a proporre l’opposizione, tenuto anche conto che tutte le parti del processo sono obbligate – sul piano sostanziale, in via solidale - nei confronti del C.T.U. a liquidare il compenso.

All’uopo, come anticipato sopra al paragrafo 1, occorre distinguere due aspetti:

a) tra le parti processuali il carico delle spese dell’ausiliario è deciso con la sentenza definitoria del procedimento;

35 M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, op.cit., 140.

36 Per Cass. S.U. 29 maggio 2012 n. 8516 parte necessaria dei procedimenti suddetti deve considerarsi ogni titolare passivo del rapporto di debito oggetto del procedimento.

37 così Cass.civ. 04 maggio 2012 n. 6766; Cass.civ. Ord. 11 gennaio 2012 n. 179.

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b) verso l’ausiliario tutte le parti sono tenute a liquidare il compenso. Il decreto di liquidazione – come anche l’ordinanza decisoria dell’opposizione – costituisce titolo esecutivo nei confronti del soggetto a cui carico sono state disposte le spese. Tuttavia – come visto sopra - anche le altre parti del processo sono obbligate nei confronti dell’ausiliario, a prescindere dalla sentenza definitoria del procedimento e dal criterio della soccombenza; difettando un titolo esecutivo l’ausiliario potrà procedere contro tali parti instaurando un autonomo giudizio di cognizione.

Nel rapporto tra beneficiario del decreto di liquidazione e parti processuali viene individuata una fattispecie di litisconsorzio necessario38.

11. Natura giuridica dell’ordinanza definitoria del giudizio di opposizione.

L’ordinanza definitoria dell’opposizione è – in conformità ai connotati storici dell’istituto - qualificata inappellabile. La relazione di accompagnamento al D.L.vo n.150/2011 conferma tale circostanza rilevando che si è trasfusa nel nuovo contesto l’ipotesi di inappellabilità già in precedenza prevista, in conformità al principio e criterio direttivo di cui all’art.54 comma 4 lett.c) D.L.vo n.69/2009 circa il mantenimento delle norme “finalizzate a produrre effetti che non possono conseguirsi con le norme contenute nel codice di procedura civile” 39.

Per i principi, venendo in rilevo un provvedimento definitivo, non altrimenti impugnabile, decisorio di questioni relative a diritti soggettivi40 all’esito di un processo di cognizione con rito sommario, lo stesso è impugnabile con il ricorso in cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art.111 comma 7 Costituzione.

Il provvedimento è quindi idoneo al giudicato ex art.2909 c.c.. Il giudicato si forma sull’an e sul quantum; inoltre il provvedimento costituisce titolo esecutivo nei confronti della parte processuale caricata delle spese in favore dell’ausiliario.

38 M. Farina, in B. Sassani- R. Tiscini, cit., 149. Per Cass.civ. 21 gennaio 2000 n. 645 e Cass.civ. 23 aprile 1998 n.

4176, nel giudizio di opposizione al decreto di liquidazione del compenso al consulente tecnico ex art. 11 della legge n. 319 del 1980 sono contraddittori necessari il detto ausiliare del giudice ed i soggetti a carico dei quali è posto l'obbligo di corrispondere il compenso. A nostro giudizio deve ritenersi che tutte le parti del giudizio principale, a prescindere dal carico provvisorio delle spese, sono parti necessarie del procedimento.

39 Sui quali: F. P. Luiso, Diritto processuale civile, IV, Giuffré editore, VII edizione, 2013, 123. Si rileva che l’inappellabilità “appare compatibile con i canoni costituzionali, con la natura del procedimento sommario come giudizio a cognizione piena, con l’opzione di non aumentare il contenzioso avanti ai giudici d’appello” : F. Carpi – M.Taruffo, op.cit., 3188.

40 Ex plurimis: Cass. Civ. 3 settembre 2009 n.19161 in tema di decreto definitorio di giudizio di opposizione a decreto di liquidazione dell’indennità al custode; Cass. Civ. 29 maggio 2012 n.8516 in tema di provvedimento definitorio di giudizio di opposizione a decreto di liquidazione degli onorari al difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese della Stato.

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Da un punto di vista formale, va osservato che l’inappellabilità dell’ordinanza non comporta la inapplicabilità dell’intero art.702 quater c.p.c. (peraltro non compreso nelle norme sterilizzate dall’art.3 del D.L.vo n.150). Dell’art.702 quater c.p.c. si applica il principio contenuto nel primo periodo dello stesso (“L’ordinanza emessa ai sensi del sesto comma dell’articolo 702-ter produce gli effetti di cui all’articolo 2909 del codice civile se non è appellata entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione”), ossia il principio che la mancata proposizione del mezzo di impugnazione ordinario determina la definitività della statuizione con la formazione della cosa giudicata sostanziale41. La restante parte dell’articolo non si applica perché incompatibile con i caratteri del giudizio di opposizione in esame.

Oltre al ricorso per cassazione deve ritenersi, come evidenziato nel precedente paragrafo 8, che l’ordinanza definitoria del giudizio è impugnabile anche con il regolamento di competenza ex artt.42-43 c.p.c..

12. Carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali.

Come anticipato sopra, tra le parti processuali il carico delle competenze dell’ausiliario è deciso con la sentenza definitoria del procedimento, con il capo disciplinante il regime delle spese di lite ex art.91 c.p.c. a termini del quale “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa”

La sentenza, sul punto delle spese peritali, ha un particolare connotato: non può modificare l’an ed il quantum delle spese regolati dal decreto o, ove proposta opposizione, dal provvedimento definitorio (ordinanza del giudice di merito o sentenza della Cassazione) del giudizio di opposizione. All’evidenza la sentenza ha la peculiare virtù di rendere definitivo quanto statuito nel decreto precludendo la proposizione dell’opposizione, ove ancora vivo il termine di prescrizione.

Quindi, nel caso in cui sia pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario con peso in capo all’attore, la sentenza definitoria del giudizio che accolga la domanda attorea dovrà porre – in assenza della compensazione delle spese - in via definitiva ed esclusiva, le spese in esame a carico del convenuto, con condanna dello stesso a corrisponderle all’attore42; l’attore resta sempre obbligato, astretto dal titolo esecutivo costituito dal decreto, nei confronti dell’ausiliario;

41 Diversamente A. Carratta, La semplificazione dei riti civili in Il libro dell’anno del diritto 2013, www.treccani.it secondo cui “se l’ordinanza non è appellabile, evidentemente non è neanche idonea ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale”, attesa la inapplicabilità dell’intero art.702 quater c.p.c.

42 Nella prassi si rinvengono sentenze le quali - pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario con peso in capo all’attore ed accolta la domanda attorea - pongono le spese in esame a carico del convenuto, con condanna dello stesso a corrisponderle all’ausiliario, ovvero a rivalere l’attore di quanto dallo stesso già eventualmente corrisposto all’ausiliario per tale causale, previa presentazione di quietanza rilasciata dall’ausiliario medesimo. All’evidenza la condanna del convenuto al pagamento delle spese in favore dell’ausiliario è inammissibile, in quando l’ausiliario non è parte del giudizio.

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titolo esecutivo non efficace nei confronti del convenuto, ancorché anche quest’ultimo sia obbligato e responsabile finale del carico delle spese.

Analogamente, nel caso in cui sia pronunciato decreto di liquidazione delle spese all’ausiliario con peso in capo all’attore, la sentenza definitoria del giudizio che rigetta la domanda attorea dovrà porre – sempre in assenza della compensazione delle spese - in via definitiva ed esclusiva, le spese in esame a carico dell’attore43.

Quanto ora ricostruito si basa sulla più volte evidenziata autonomia tra, da un lato, il carico delle spese tra le parti processuali (risolto dalla “sentenza che chiude il processo”) e, dall’altro lato, il vincolo giuridico germinato dal titolo esecutivo tra una (o più) delle parti processuali e l’ausiliario per il compenso relativo all’attività prestata, in disparte dalla circostanza che sul piano sostanziale tutte le parti sono tenute alle spese di C.T.U..

Un orientamento giurisprudenziale enuncia che la sentenza di condanna alle spese di consulenza, pronunciata in danno di una sola parte funge, "in parte qua", da revoca implicita del decreto di liquidazione delle stesse spese che, in corso di procedimento, l'autorità giudiziaria abbia provvisoriamente posto a carico di tutte le parti del processo in solido, non essendo, in questo caso, in questione l'efficacia diretta o riflessa del giudicato ex art. 2909 c.c., ma, semplicemente, la successione dei provvedimenti giurisdizionali nel tempo, il secondo dei quali, definitivo, attesone il contrasto, "in parte qua", con il primo, soltanto provvisorio, contiene in sé una (implicita pronuncia) di revoca del primo44.

Si dissente da tale orientamento in quanto contrastante con la rilevata autonomia dei procedimenti e con il diritto al contraddittorio; a volere seguire tale tesi si pregiudica la posizione del consulente, titolare – in ipotesi - di un titolo esecutivo nei confronti di tutte le parti del giudizio, il quale se lo vede dimidiato in un distinto processo del quale non è parte. In coerenza con la tesi da noi seguita, il C.T.U. - anche dopo la pronuncia della sentenza che pone integralmente le spese sulla parte soccombente – può agire nei confronti di qualsivoglia parte a carico delle quali l'autorità giudiziaria abbia con decreto provvisoriamente posto in solido le spese; ove agisca nei confronti della parte vittoriosa nel merito, beneficiaria della pronuncia della condanna della controparte al pagamento delle spese di lite, essa parte vittoriosa dovrà pagare quanto richiesto dal C.T.U., salvo agire in rivalsa nei confronti del soccombente; ciò sulla base della pronuncia sulle spese contenuta nella “sentenza che chiude il processo” statuente espressamente una eccezionale condanna in futuro45, oppure - ove si reputi inammissibile tale condanna o la stessa sia assente nella sentenza – con autonomo giudizio.

43 Nella situazione ipotizzata, capita di leggere sentenze le quali così statuiscono: “condanna l’attore al pagamento delle spese di C.T.U. così come liquidate nel corso dell’istruttoria con decreto del…” Ciò deve ritenersi non del tutto ortodosso, in quanto la sentenza deve solo porre il carico definitivo delle spese di C.T.U. liquidate nel corso del giudizio con decreto (o provvedimento definitorio dell’opposizione avverso esso decreto).

44 In tali termini: Cass.civ 19 agosto 2003 n. 12110.

45 Ossia la condanna del soccombente a restituire al non soccombente le somme da questi in futuro liquidate al C.T.U..

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La compensazione delle spese ex art.92 c.p.c. disposta dal giudicante - in difetto di diversa previsione relativa alle competenze dell’ausiliario - si riferisce anche al riparto delle spese di consulenza.

Il giudicante, con riferimento alle spese del C.T.U., potrà stabilire diversamente. Spesso, rigettata la domanda attorea con compensazione delle spese di lite, il giudice esclude dalla compensazione le competenze dell’ausiliario, ponendole in via definitiva a carico dell’attore, in uno (nella evenienza che il decreto le abbia poste provvisoriamente a carico del convenuto) alla condanna dell’attore a rivalere il convenuto di esse spese.

Il giudicante, nell’ambito delle ragioni implicanti la compensazione in tutto o in parte delle spese, potrà precisare – quanto al carico definitivo delle spese di consulenza - che queste siano ripartite per quote uguali fra la parte soccombente e la parte totalmente vittoriosa; in tale evenienza la parte che le ha anticipate potrà richiedere la quota parte all’altra. Inoltre, in caso di pluralità di soccombenti condannati al pagamento in solido delle spese di giudizio in virtù del principio di soccombenza complessiva, ben può il giudice del merito diversificare quantitativamente tra i medesimi le spese relative alla C.T.U. in ragione delle rispettive percentuali di responsabilità46.

La compensazione delle spese, in assenza di una specifica disciplina delle competenze peritali, può avere dei corollari particolari: ove il giudice, con pregresso provvisorio decreto di liquidazione, abbia posto le spese di consulenza tecnica d'ufficio a carico di una parte, la statuizione di compensazione comporta che quest'ultima parte non possa ripetere dalla controparte, neppure per la metà, le somme anticipate per il pagamento del compenso al consulente, le quali restano pertanto a totale carico della parte che le ha anticipate. Quanto detto vale tanto nel caso in cui la parte a cui carico sono state poste provvisoriamente le spese abbia visto rigettate le proprie domande, che nel caso in cui sia risultata vittoriosa47; ciò sulla base del decisivo – condivisibile - rilievo che la compensazione delle spese processuali “è soltanto esclusione del rimborso, e dunque negazione della condanna”48. Ove la parte abbia anticipato le spese e risulti vincitrice all’esito del giudizio, la pronuncia di compensazione delle spese di lite – determinante il carico definitivo delle spese in capo alla stessa – potrà essere impugnata per contrasto con il principio di soccombenza ove assenti gravi ed eccezionali ragioni giustificatrici della compensazione.

Nella evenienza che il giudizio nel corso del quale sia stata disposta la C.T.U. si estingua, il carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali, è disciplinato in conformità a quanto statuiscono gli artt.306 comma 4 (nel caso di rinuncia agli atti del giudizio) e 310 comma 4 (nel caso di inattività delle parti) c.p.c.

46 Su quest’ultima fattispecie: Cass.civ. 11 gennaio 2002 n. 315.

47 Conf. Cass.civ. Ord., 21 dicembre 2009 n. 26920.

48 Cass.civ. 26920/2009 cit.. Contra Cass.civ. 16 marzo 2007 n. 6301 per la quale “Deve infatti confermarsi il principio, secondo cui viola l'art. 91 c.p.c. la disposizione del giudice che pone, sia pure parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa il compenso liquidato a favore del C.T.U. in quanto neppure in parte egli deve sopportare le spese di causa, nemmeno nell'ipotesi in cui tra le parti siano state compensate le spese (Cass.

3237/00; Cass. 6228/92)”.

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Da ultimo va rilevato che non sempre vi è un giudizio di merito disponente il carico definitivo delle spese di consulenza tra le parti processuali. E’ il caso ad esempio della perizia disposta nel corso delle indagini preliminari che non sfociano in un processo, in quanto archiviate, come l’ipotesi disciplinata dall’art. 105 D.P.R. n.115/2002 per il quale il giudice per le indagini preliminari liquida il compenso al difensore, all'ausiliario del magistrato, al consulente tecnico di parte e all'investigatore privato, anche se l'azione penale non è esercitata.

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