L'aumento impressionante dei ricorsi depositati presso la Corte (IANM informa che quelli del 2004 hanno superato di sei volte quelli del 1960) e la realizzazione del principio di speditezza comportano modifiche del modo di procedere. Alla consueta fiducia negli interventi del legislatore si sostituiscono necessariamente tentativi di miglioramento attraverso regole giurisprudenziali concernenti le forme di trattazione del ricorso, le tecniche di decisione, le modalità di redazione della motivazione. I limiti di questi tentativi sono stati segnalati da tempo dalla dottrina: non rendere troppo difficile alle parti l'esercizio dei diritti; evitare la definizione delle controversie con decisioni processuali invece che di merito; attenersi al dovere di esauriente motivazione (PIZZORUSSO, in Foro 1988, I, 2 e V 389), così conservando l'antica tradizione giudiziaria italiana di non privare alcuna parte di una risposta giustificata alle sue pretese. Qui non aiuta molto la comparazione: le motivazioni rese dalla Cassazione francese, anch'essa anta dalla “surcharge chronique” sono caratterizzate dalla phrase unique ma corrispondono a tradizioni legate a situazioni storiche diverse dalle nostre, anche se da tempo lì si auspica una “motivation plus explicite des décisions de justice” (La polemica sollevata da TOUFFAIT e TUNC in Rev. Trim. dr.
civ. 1974, 32, è stata ultimamente ripresa da MUIR WATT, La motivation des arréts de la Cour de cassation et l’élaboration de la norme, in AAW, La Cour de cassation et l élaboration du droit, Parigi 2004). Quando i detti limiti siano rispettati,
peccherebbe di vuoto formalismo chi pretendesse di affrontare i problemi del processo senza adeguare i rimedi alle statistiche, alle condizioni materiali di lavoro negli uffici, alle prassi dei difensori, a loro volta influenzate dal numero degli affari da trattare. Anche qui la comparazione con altri ordinamenti indicherebbe la singolarità della nostra situazione. Tra i detti tentativi di miglioramento attraverso regole giurisprudenziali sta l’interpretazione dell’art. 366, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. nel senso di richiedere una formulazione dei motivi di ricorso autosuf- ficiente. Il limite alla dovuta concisione delle nostre decisioni sta nell'immediata comprensibilità (non rinviamo ai “moyens de cassation annexés au present arrét”):
così è legittimo chiedere ai difensori motivi di ricorso tali da non legarne la com- prensione alla consultazione di altri atti processuali. I contrasti tra alcune pronunce della Corte in materia, come risultano dalle massime, sono forse e spesso più
apparenti che reali, poiché le caratteristiche particolari delle fattispecie, non espresse nelle massime, possono dare ragione delle diversità.
In un momento in cui la Corte ripensa metodi di lavoro e moduli organizzativi una discussione sull'argomento gioverà in ogni caso.
PROGRAMMA
Ore 15.00 – Apertura dei lavori
PRESIEDE ED INTRODUCE Cons. Stefano Evangelista
Direttore dell’Ufficio del Massimario RELATORI:
Prof. Sergio Ciarloni
Ordinario dell’Università di Torino Cons. Luigi Macioce
Prima Sezione Civile
Ore 17.30 Dibattito