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Capitolo quinto La farmacia e la Casa della Salute, interviste ai farmacisti

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Academic year: 2021

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Capitolo quinto

La farmacia e la Casa della Salute, interviste ai farmacisti

Abbiamo ritenuto opportuno intervistare alcuni farmacisti Presidenti dell’Associazione sindacale dei titolari di farmacia toscani (Federfarma98): la Dottoressa Sandra Palandri di Pistoia, il Dottor Elio Rossi di Lucca ed il Dottor Roberto Giotti di Arezzo.

L’intervista, composta da quattro domande, ha permesso, non solo di conoscere l’opinione dei Presidenti in merito alla nuova organizzazione delle cure territoriali, ma anche di far emergere le sfide che la farmacia ha affrontato negli ultimi anni e quelle che sicuramente le si presenteranno in futuro.

5.1 Intervista alla Dottoressa Sandra Palandri, Presidente Federfarma Pistoia

1) Conosce in che modo è stata attuata la riorganizzazione delle cure territoriali nella sua provincia?

A Pistoia il progetto di riorganizzazione delle cure territoriali è stato avviato già diversi anni fa grazie all’impiego dei fondi della Regione Toscana per creare strutture in grado di collegarsi funzionalmente con i nuovi ospedali organizzati per intensità di cura, nati per curare gli acuti, lasciando la risposta di salute per i pazienti cronici al territorio. Sono strutture in cui idealmente e progressivamente accentrare la maggior parte dei servizi sanitari che prima si trovavano sparsi sul territorio, ad esempio associazioni di volontariato (Croce Verde), centro prelievi, assistente sociale, servizio CUP, ambulatori di Medici di Medicina Generale, di Pediatri di Libera Scelta, di specialisti, di diagnostica, etc. Tali aggregazioni usufruiscono inoltre di contributi da parte dell’Asl per la copertura dei costi delle strutture.

Queste strutture hanno dunque rappresentato il luogo ottimale dove dar vita alla Sanità di iniziativa (attuando il CCM), perché hanno permesso di creare un ambiente dove i vari operatori sanitari (medici, pediatri, specialisti, infermieri, assistenti sociali, etc..) lavorano a stretto contatto e quindi in maniera altamente integrata.

Sanità di iniziativa significa che il medico non solo aspetta nel suo ambulatorio di visitare il suo paziente già malato per curarlo (sanità d'attesa), ma si adopera per prevenire l’insorgere o il contenimento del progredire della patologia, anche perché è stato verificato che il costo di alcune patologie croniche è notevolmente superiore al costo di campagne di prevenzione e di screening: a questo scopo l’infermiere chiama periodicamente elenchi di persone ritenute “a rischio” per una determinata patologia ed intraprende un percorso di monitoraggio e di educazione dei pazienti selezionati.

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In pratica la Sanità d’iniziativa ha come obiettivo quello di effettuare screening su persone che un domani potrebbero ammalarsi in modo da inserire i potenziali malati in percorsi assistiti di prevenzione.

Questo intervento costa sicuramente meno al sistema che monitorare e curare pazienti già malati. In questo modo, attraverso la progressiva attuazione di progetti dedicati a patologie diverse (considerato anche che i pazienti cronici spesso sono portatori di due o più patologie importanti), le CdS nella nuova sanità territoriale cercano di creare un filtro al Pronto Soccorso in modo da evitare accessi impropri, e cercano di garantire prestazioni extraospedaliere che consentano lo snellimento delle liste di attesa .

Sul territorio ad oggi si trovano ancora i classici ambulatori medici (in forme aggregative più o meno evolute) generalmente localizzati ognuno vicino ad una farmacia, mentre le CdS per ora si trovano solo in alcune aree, in tutta la Toscana sono circa 33 e ne sono state finanziate un’altra cinquantina.

Nell’arco di pochi anni verranno probabilmente aperte CdS in numero tale da coprire tutto il territorio e bisognerà vedere a quel punto che fine faranno gli ambulatori che prima erano dislocati sul territorio in modo decentrato e che permettevano ai pazienti di presentarsi dal proprio medico, farsi visitare ed eventualmente recarsi nella farmacia vicina.

Ad esempio a Lamporecchio c’è una CdS in cui i medici da anni lavorano in forma associata e alcuni di loro una volta a settimana continuano ad andare in un piccolo

ambulatorio in una frazione del comune distante dalla CdS. Questo ambulatorio è a rischio chiusura: è “faticoso” dover mantenere, organizzare e gestire più postazioni lavorative (computer, aggiornamenti, ADSL, etc..). Per i medici è più semplice lavorare in un

ambulatorio unico all’interno della CdS, che consente loro di interagire e sinergizzare con le altre figure professionali.

2) Quali sono secondo lei i vantaggi che tale organizzazione presenta?

Il lavoro del medico è probabilmente agevolato grazie al fatto che il suo ambulatorio si trova fisicamente nella stessa struttura in cui esercitano le altre figure professionali sanitarie.

Allo stesso modo il cittadino può usufruire delle prestazioni di più operatori sanitari e trova in un unico luogo tutti o quasi tutti i servizi di cui necessita.

Per il paziente però esistono anche degli aspetti negativi: anche se è vero che all’interno della CdS il cittadino trova una vasta gamma di servizi, è vero anche che lo stesso cittadino si deve spostare per raggiungere la struttura; se prima gli ambulatori erano distribuiti capillarmente sul territorio, ora le CdS si trovano solo in alcune zone, che non sempre vengono scelte perché ritenute strategiche e meglio raggiungibili dalla maggior parte della

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popolazione, ma piuttosto tenendo conto della diponibilità dei locali: ad esempio la CdS di S. Marcello Pistoiese ha preso il posto dell’ex ospedale Pacini.

Il paziente quindi non si recherà più in un ambulatorio vicino casa, ma nella “sua” CdS che probabilmente sarà purtroppo più distante.

3) Quale ruolo pensa che abbia la Farmacia in un sistema così organizzato?

Soprattutto, pensa che la Farmacia possa correre dei “pericoli” in seguito alla nascita delle CdS, e all’ avvio della ricetta elettronica ?

Ad oggi non esiste in Toscana un ruolo definito per la farmacia, che la integri con le CdS e ne definisca le funzioni, manca un coinvolgimento diretto nei percorsi assistenziali che si stanno strutturando: nel PISSR vigente la parola farmaco è riportata solo quando si parla del contenimento della spesa farmaceutica, la parola farmacia mai.

Nel PISSR 2012-2015, ancora da approvare dal Consiglio Regionale, si presenta la CdS nell’ambito della riorganizzazione delle cure territoriali. Per quanto riguarda i rapporti con la farmacia è riportato un trafiletto che potrebbe significare tutto o nulla, potrebbe anche significare: “queste sono le scelte della Regione, farmacia…adattati di conseguenza”.

Penso alla legge sulla Farmacia dei servizi che da noi non trova applicazione, mentre tanti servizi che noi potremmo erogare in farmacia sono già stati assegnati ad altri, spero che non siano opportunità perdute, ma la Regione (e l'ASL) più volte ha ribadito la necessità di non sovrapporre servizi che rischiano così di non poter essere finanziati.

Inoltre c'è un altro pericolo: la CdS oltre ad allontanare pericolosamente il paziente dalla farmacia abituandolo a recarsi lì anche per le consulenze e non più soltanto per la visita del MMG, potrebbe a breve organizzare la distribuzione diretta di farmaci per pazienti cronici. In questo caso, anche se tale servizio viene svolto una volta alla settimana (o anche più di rado), al paziente potrebbe essere fornita la scorta di medicine necessaria a coprire lunghi periodi; ma allora, cosa rimane alla farmacia se le si toglie il fatturato della terapia del malato cronico (che corrisponde circa all'80% della spesa farmaceutica territoriale)? Tutte le farmacie, in particolare quelle rurali, avranno sempre meno risorse per garantire qualità nei servizi resi.

Se la farmacia non occupa gli spazi che ancora ci sono, lo farà qualcun altro. Per esempio l'infermiere che segue i progetti di CCM ha già acquisito professionalità in un compito che potevamo svolgere noi, collaborando con il medico nella presa in carico del paziente cronico, probabilmente domani potrà arrivare ad occuparsi anche dell’adesione alla terapia.

Il 15 maggio nella nostra provincia è iniziata la sperimentazione delle AFT, aggregazioni funzionali che prevedono la presenza del medico dalle otto la mattina fino alle ventiquattro, dopo di che entra in funzione il 118: anche questo potrebbe modificare i rapporti esistenti e

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sarebbe interessante una riflessione per un eventuale adeguamento del servizio di guardia farmaceutica notturna.

Per quanto riguarda le Botteghe della Salute e gli sportelli “Ecco Fatto99”, sono nati con lo scopo di andare incontro a realtà isolate e per offrire un’opportunità di lavoro ai giovani: è previsto infatti che al loro interno lavorino due giovani del servizio civile, formati per svolgere servizi semplici come la stampa dei certificati dell'anagrafe comunale, il pagamento dei bollettini postali, le prenotazioni CUP, il ritiro referti, il ritiro delle ricette e la consegna a domicilio dei farmaci, etc, in modo che la popolazione del luogo, in particolare le persone anziane e con difficoltà a spostarsi, abbia un facile riferimento. Le botteghe sono nate molto in fretta, poi la loro diffusione si è rallentata, così noi abbiamo cercato di capire come la farmacia potesse interagire, evitando "doppioni" e integrando i servizi erogati dalle due strutture.

Tra l’altro a Pistoia è prevista l'apertura di una di queste Botteghe nella zona industriale periferica, che non è certo una frazione isolata e disagiata; oltretutto la nuova sede sarà vicinissima ad una farmacia.

4) Cosa potrebbe fare la Farmacia per inserirsi attivamente in questo scenario “completando” i servizi offerti dalla CdS?

In particolare, come potrebbe la Farmacia rapportarsi con le CdS?

La farmacia doveva già da tempo aver puntato sulla possibilità di attuare nei propri locali la Sanità di iniziativa, alcuni test di screening non richiedono nemmeno apparecchiature complesse, ma ora queste procedure vengono svolte nelle CdS.

E’ necessario che si apra una trattativa ampia tra il sindacato e la Regione Toscana sul ruolo della farmacia, con la presentazione di proposte concrete; politicamente non è semplice, perché oggi la farmacia in Toscana non è vista come una risorsa con la quale collaborare, ma piuttosto come una rete troppo costosa . Io ho la preoccupazione che la farmacia venga progressivamente emarginata nel suo rapporto con il SSN, perché il servizio che dà costa troppo alla Regione. Del resto la principale funzione della farmacia è la dispensazione del farmaco, e la Regione sta cercando altri mezzi di distribuzione del farmaco ritenuti più economici. Tra l'altro la ricetta elettronica rischia di far apparire “superflua” la figura di un farmacista; si dice che la ricetta elettronica migliora il nostro lavoro perché sgrava il farmacista dalle funzioni di verifica della validità della prescrizione medica (data, timbro e firma del medico, codice fiscale, esenzioni), e allorché si vuole

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Vedi sito

http://www.usl3.toscana.it/Sezione.jsp?titolo=A+Sambuca+Pistoiese+arriva+''Ecco+fatto''&idSezione=4274: “Nel Comune di Sambuca Pistoiese arriva “Ecco Fatto”, il progetto promosso da regione Toscana e Uncem per facilitare l’accesso ai servizi pubblici da parte di quei cittadini che vivono in aree geografiche particolari e periferiche, come la montagna e le isole. In particolare per quanto riguarda Sambuca pistoiese, grazie ad un accordo tra l’amministrazione comunale e la ASL3, tramite il progetto “Ecco Fatto” saranno attivati, in via sperimentale, servizi per le prenotazioni sanitarie e il ritiro dei referti”.

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spedire la ricetta con un farmaco non corrispondente, il programma si blocca. Ma allora qual è il valore aggiunto del farmacista?

Dove sta la differenza se la ricetta viene spedita da un farmacista o da un non laureato? Se il farmacista non riesce ad affiancare alla dispensazione del farmaco qualche altro servizio legato alla sua professione, il suo futuro, a mio parere, sarà molto incerto.

La farmacia come è stata pensata fino ad ora non potrà più andare avanti, una scelta deve essere fatta: il farmacista può fare la scelta commerciale, che è assolutamente legittima, oppure fare la scelta professionale. Se fa quella professionale deve legare la sua professionalità e dunque la sua insostituibilità a qualcosa che non è più solo la consegna del farmaco (per esempio i servizi cognitivi, come l' I-MUR) . Pistoia ha partecipato, con grande soddisfazione ed entusiasmo ,insieme a Torino, Brescia e Treviso alle prime due fasi del progetto I-MUR100 in Italia, un progetto coordinato dal prof. Manfrin dell'Università del Kent per testare nelle farmacie italiane questo “advanced service” da anni presente nelle farmacie inglesi. Quando avremo riacquistato professionalità e competenze, allora la concorrenza delle CdS, delle Botteghe, delle Poste o di Farexpress, potrebbe fare meno paura..

5.2 Intervista al Dottor Elio Rossi, Presidente Federfarma Lucca

1) Conosce in che modo è stata attuata la riorganizzazione delle cure territoriali nella sua provincia?

Nella Regione Toscana ad oggi sono già nate circa 30 CdS, l’obiettivo è quello di aprirne altre 30/40 entro la fine dell’anno per arrivare nel tempo a 120 strutture totali; le CdS rappresentano punti di accentramento di MMG, infermieri, ed altre figure professionali socio–sanitarie.

Ad oggi però la situazione di queste CdS non è ben definita, Lucca in particolare è un po’ indietro rispetto alle altre province perché sta attraversando una situazione di transizione dovuta all’apertura del nuovo ospedale.

Domenica 18 maggio verrà smantellato il vecchio ospedale e la maggior parte dei servizi e dei dipartimenti saranno trasferiti nella nuova struttura.

Come gli ospedali di Pistoia e di Prato, l’ospedale di Lucca sarà un cosiddetto ospedale per intensità di cure, dedicato alla gestione delle urgenze; di conseguenza sarà “compito” delle strutture sanitarie territoriali farsi carico dei pazienti convalescenti o che hanno necessità di assistenza prolungata nel tempo.

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Vedi sito http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=9627: “Progetto che la Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani (Fofi) si prepara a realizzare e che ha l’obiettivo di fornire ai farmacisti gli strumenti necessari per educare il cittadino sull’uso corretto dei farmaci e, in particolare,

sull’importanza dell’aderenza terapeutica. Una sorta di nuova specializzazione professionale conseguita sul posto di lavoro. Che coinvolgerà dapprima un numero limitato di farmacisti, che saranno selezionati nei prossimi mesi per l’avvio del progetto pilota, ma che la Fofi auspica di diffondere presto in larga parte della categoria”.

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Ma quali saranno queste strutture ancora non è chiaro; presumo dunque che anche l’ospedale “vecchio” non verrà smantellato completamente, ma verrà riciclato in qualcosa che consenta di accogliere ad esempio i pazienti dimessi dal nuovo ospedale.

Anche per quanto riguarda la Garfagnana c’è in ballo la costruzione di una nuova struttura ospedaliera, sempre per intensità di cure, che dovrebbe andare a sostituire gli ospedali di Castelnuovo e di Barga.

Per quanto riguarda le CdS, nella piana di Lucca ne sono previste 3 / 4: una a Marlia, dove già adesso si trova un grosso poliambulatorio, , un’altra nella zona sud a Capannori, poi una a San Leonardo in Treponzio, verso i monti pisani, e altre una/due nella zona di Lucca verso Viareggio.

Di fatti le AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) attive nella piana di Lucca sono già 7, e sono tutte potenzialmente trasformabili in CdS; probabilmente all’interno della CdS si troverà un grande poliambulatorio dove i medici si alterneranno per garantire un servizio sempre attivo nell’arco delle 24 ore, ma di base ogni medico manterrà il proprio ambulatorio originario.

L’organizzazione cambierà secondo me da zona a zona: se il paese è concentrato in un’area ristretta ovviamente il medico avrà il suo unico ambulatorio all’interno della CdS , ma in una zona come questa di Segromigno Monte, dove la densità abitativa è alta ma diffusa, probabilmente una sola CdS non sarà sufficiente, e quindi, al suo interno si ritroverà l’aggregazione di ambulatori di MMG principale, ma poi ciascun medico manterrà il proprio ambulatorio sul territorio.

La variabilità dei casi rende dunque difficile individuare il peso che tale riorganizzazione territoriale avrà sulle farmacie, anche se è chiaro che la farmacia che si troverà accanto alla CdS, sarà sicuramente beneficiata rispetto ad un’ altra più lontana, che subirà dunque un notevole danno, essendosi vista spostare i medici che prima svolgevano il loro ambulatorio solo lì vicino.

Per cui una situazione già incerta come quella dell’apertura delle CdS, a Lucca è ancor meno definita e rimarrà tale finché non terminerà il trasloco dell’ospedale dalla vecchia sede a quella nuova; sicuramente una CdS potrebbe essere collocata in alcuni locali del vecchio ospedale.

2) Quali sono secondo lei i vantaggi che tale organizzazione presenta?

Le CdS, almeno per come sono state ideate, dovrebbero andare a gestire i casi “non acuti”, a livello territoriale, ma secondo me risulteranno essere strutture che incapaci di erogare un’assistenza paragonabile a quella ospedaliera, ma forniranno solo un’ assistenza ambulatoriale (grazie a MMG, OSS, infermieri e figure sociali).

Ecco che tra le CdS e gli ospedali per intensità di cure rimarrà il vuoto, per cui il paziente operato ad esempio al femore, dopo 3 giorni al massimo 5 verrà dimesso dall’ospedale e

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probabilmente non rintraccerà alcuna struttura in grado di occuparsi della sua riabilitazione: sicuramente non lo potrà fare la CdS perché non ha gli spazi e le strutture adatte.

Una caratteristica positiva delle CdS è quella che permettono di raggruppare vari servizi e figure sanitarie, tra cui MMG, infermieri, volontari, assistenti sociali, consultori, etc.. ovviamente alcune CdS saranno ben organizzate, e per questo offriranno un’ampia varietà di servizi, altre saranno un po’ più “essenziali”.

Un aspetto negativo delle CdS è che dreneranno in ogni caso gli ambulatori dei MMG sul territorio (in maniera totale o parziale a seconda dei casi), quindi i cittadini che magari prima avevano l’ambulatorio vicino al loro domicilio si dovranno spostare per raggiungere la CdS; ad ogni modo questo spostamento più o meno marcato dei medici impatterà profondamente sul lavoro delle farmacie.

3) Quale ruolo pensa che abbia la Farmacia in un sistema così organizzato?

Soprattutto pensa che la Farmacia possa correre dei “pericoli in seguito alla nascita delle CdS e all’avvio della ricetta elettronica?

A mio parere la farmacia è un presidio estremamente legato al territorio che però risulta scollegato dalle CdS, o perlomeno lo è per adesso, perché nel progetto, al contrario di quanto ci si aspettava, la farmacia non è stata nemmeno presa in considerazione.

Ad ogni modo siamo in attesa che la situazione si evolva perché ad oggi non c’è molta chiarezza.

Sicuramente un problema potrebbe essere rappresentato dalla concentrazione degli ambulatori di MMG in una/due strutture, che quindi andrebbero ad avvantaggiare le poche farmacie vicine, svantaggiando però tutte le altre.

Un altro pericolo è che tali strutture si prendano carico della distribuzione diretta dei farmaci o della distribuzione a domicilio.

La distribuzione diretta effettuata nelle CdS andrebbe ad appesantire ancora di più quella che definirei una situazione per Lucca tragica: noi abbiamo da sempre avuto una grossa spinta da parte della direzione generale della Asl verso la distribuzione diretta in linea con quelle che sono le richieste regionali. Ad oggi è previsto che l’ospedale eroghi direttamente i farmaci ai pazienti dopo le loro dimissioni o dopo visite specialistiche, in più anche i medici di base, con una anomala ricetta verde, non prevista da nessuna normativa nazionale, e non spedibile in farmacia, incanalano il paziente verso punti di distribuzione diretta e non in farmacia. E’ da notare però che il medico dovrebbe ricorrere alla ricetta verde solo per i pazienti che rientrano nel programma di assistenza domiciliare integrata (ADI), spesso invece, su sollecitazione della ASL, viene usata per tutti i pazienti.

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La distribuzione dei farmaci nel nuovo ospedale San Luca, sarà effettuata attraverso il servizio di distribuzione diretta del vecchio ospedale: quando in quello nuovo di San Luca il paziente dimesso ha bisogno dei medicinali, viene inviata la ricetta all’ospedale vecchio che prepara i farmaci, specifici per quel paziente, e li invia in tempo utile a quello nuovo. In più agli assistiti saranno rilasciate le ricette rosse con il timbro valido presso i punti della farmacia Asl, contenenti al massimo due pezzi per ricetta, e gli stessi saranno informati della possibilità di ritirare i farmaci presso tali sedi usufruendo del vantaggio previsto per tale forma di erogazione: nessun pagamento di quote o ticket.

Questo è un esempio di “danno” all’erario dello Stato: il farmacista è obbligato a chiedere al paziente che esenzione ha e che reddito ha il nucleo familiare di appartenenza, in modo da quantificare ed applicare la quota ticket regionale in base alla fascia di reddito, mentre presso i punti di erogazione diretta il paziente non paga niente.

Inoltre questa gestione va a beneficio soprattutto dei più ricchi: in farmacia dobbiamo far pagare chi ha un reddito inferiore a 36mila, mentre presso i punti di distribuzione diretta non viene fatto pagare nemmeno chi ha un reddito oltre i 100mila.

La Asl oltretutto richiede ai medici di medicina generale di inviare per fax le ricette alla Asl stessa, la quale poi prepara i farmaci e li fa consegnare direttamente al paziente a domicilio attraverso organizzazioni di volontariato.

La situazione si è aggravata anche a causa delle consegne a domicilio con “Farexpress”101 (nata in seguito ad un accordo di collaborazione tra Asl di Pisa, Asl di Lucca e Scuola Sant’ Anna di Pisa).

Federfarma ha fatto il suo primo ricorso contro la Asl di Siena, la prima ad aver attivato il servizio di consegna a domicilio dei farmaci attraverso la posta: il Tar ha sostenuto che questo tipo di distribuzione va bene perché permette alle Asl di risparmiare.

A mio parere tale organizzazione è estremamente discriminatoria per le farmacie pubbliche e private.

Inizialmente la distribuzione diretta doveva riguardare solo quei farmaci che richiedono un continuo monitoraggio della terapia o necessari a completare il primo ciclo di terapia. In Toscana la gestione di questo tipo di distribuzione è di fatto sfruttato solo per motivi economici: le Asl dichiarano di acquistare farmaci con uno sconto fino al 90%, poi vengono pubblicate delibere regionali che impongono alle Asl di aumentare ulteriormente la distribuzione diretta.

In questa zona ci sono medici, che utilizzano la distribuzione diretta come canale di erogazione dei farmaci prescritti nel 70% delle loro ricette ed altri per circa il 12%;

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mediamente i medici di questa Asl inviano circa il 30% delle ricette prescritte nei punti di erogazione diretta dalla Asl . Si parla di ricette verdi o appositamente timbrate, con le quali il paziente prende il farmaco in ospedale oppure tramite l’ADI.

Questa situazione porta ad un’ evidente perdita di fatturato per la farmacia, fatturato che potrebbe ulteriormente diminuire un domani se la distribuzione diretta verrà fatta anche all’interno delle CdS.

Il concetto è comunque che la distribuzione del farmaco viene tolta alla farmacia e affidata a innumerevoli altre figure: poste, Farexpress, volontari a pagamento (in Garfagnana sono anni che sono attive croci verdi, croci bianche e misericordie), senza però calcolare i costi di questa gestione: di fatto si evidenzia solo il prezzo d’acquisto del farmaco da parte delle Asl, che in effetti è basso (alle volte, secondo i dati ESTAV, è scontato anche del 90%), senza però considerare i costi aggiuntivi collegati che sono altissimi.

In definitiva, il risultato è che magari si riesce a portare a dieci pazienti a casa la medicina, ma per tutti gli altri poi il servizio potrebbe peggiorare o addirittura venire a mancare perché alcune farmacie non “saranno in grado di sopravvivere”.

Per le “farmacie medio/piccole” diffuse in Lucchesia ed in Garfagnana ( ad esempio quelle di Vagli, Coleglia, Matraia) i servizi di distribuzione diretta e domiciliare son deleteri, perché oltre a drenare il farmaco alle farmacie, incidono negativamente anche sul potenziale acquisto del parafarmaco (che comunque costituisce il 20%-30% del fatturato). Già ad oggi ci sono farmacie della bassa Garfagnana in piena sofferenza, perché la maggior parte dei farmaci (soprattutto quelli costosi) viene erogata tramite distribuzione diretta o in DPC, il resto viene portato a casa e quello che rimane al farmacista è talmente poco che il farmacista non “ci campa più” e quindi è costretto a chiudere.

Anche le Botteghe della salute impoveriranno ulteriormente le farmacie.

Le Botteghe dovrebbero essere posizionate in realtà “emarginate” dove manca l’assistenza socio sanitaria.

Secondo me la scelta di aprire una Bottega ha poco senso: visto che la farmacia già da tempo svolge un servizio capillare sul territorio, perché non valorizzarla dandole la possibilità di svolgere servizi fondamentali per i cittadini?

Ad esempio, se viene a mancare il servizio postale, potrebbe essere la farmacia il luogo dove poter pagare bollettini ( vedi volantino PAYTIPPERPHARM); se c’è la necessità di ricreare un punto di raccolta della posta, può essere trovato un accordo con la farmacia per farle svolgere un servizio del genere, sfruttando strutture e tecnologie già in parte presenti nella farmacia stessa: computer, internet, stampante, etc...

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Se poi il farmacista non vuole fare lui stesso questo servizio, magari può dare a disposizione i locali e gli strumenti mentre la Regione si occupa di assumere gli addetti del servizio civile; in pratica si crea l’angolo “Bottega della salute” nella farmacia.

Se si ricorre all’apertura delle Botteghe (che peraltro prevede l’impiego di risorse finanziare non di poco conto) c’è il rischio che le farmacie si impoveriscano ulteriormente fino magari ad arrivare alla chiusura.

Al massimo, potrebbe avere un razionale aprire una Bottega dove manca la farmacia, ma oggi come oggi sono rimaste proprio poche le aree in cui è assente il servizio farmaceutico.

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4) Cosa potrebbe fare la Farmacia per inserirsi attivamente in questo scenario “completando” i servizi effettuati dalla CdS?

In particolare, come potrebbe la Farmacia rapportarsi con le CdS?

La farmacia così come è stata definita, non deve essere, a parer mio, capace di fare servizi che altri già sanno fare, ma deve essere in grado di proporre e presentare i servizi nella sede in cui vengono erogati. Ad esempio, se un paziente avrà bisogno di un infermiere, la farmacia, assistendo e consigliando il cittadino, indirizzerà il paziente alla CdS. La possibilità che è stata data alle farmacie di poter far lavorare al proprio interno anche un infermiere o altre figure professionali per me oggi è poco praticabile, perché la maggior parte delle farmacie non se lo possono permettere, né a ore, né part time, né a tempo determinato, ecco perché ha più senso che la farmacia fornisca un servizio di assistenza al paziente, per dirigerlo e magari metterlo in contatto direttamente con la struttura che eroga il servizio stesso ( ad esempio se il servizio dell’infermiere a domicilio è predisposto dalla CdS, la farmacia prende accordi con la CdS).

La farmacia non deve fare il servizio in alternativa alla CdS, anche perché non sarebbe in grado, ma deve puntare a fornire al cittadino un servizio di “counseling” di qualità per metterlo direttamente in contatto con tutte le figure socio-sanitarie presenti sul territorio. A questo scopo, a Cosmofarma102, è stata presentata la cosiddetta piattaforma dei servizi di Federfarma la quale prevede in prima battuta la possibilità di attivare la telemedicina in farmacia.

Ad esempio grazie ad essa un ecg può essere svolto in farmacia ed il paziente riceve la risposta in tempi rapidi da parte di un cardiologo, che a distanza legge il tracciato.

Sempre attraverso la piattaforma viene facilitata la gestione dei nuovi foglietti illustrativi in modo da superare il problema “invendibilità” dei farmaci con foglietto illustrativo che ha subito delle modifiche. Inoltre è potenziato il sistema di prenotazione di visite specialistiche sia a livello Asl che in ambiente privato.

Sul territorio le varie organizzazioni che si occupano di sanità, si dovranno coordinare in base alle necessità: questa situazione può essere vista come pericolo, ma anche come opportunità, ed in questo secondo caso sarà però necessario che la farmacia si “rimbocchi le maniche” e affianchi alla classica dispensazione dei farmaci, tutti servizi in cui offre la sua professionalità e la sua diponibilità nel seguire il paziente, erogando un servizio di assistenza, di gestione della cura e di controllo della terapia.

Anche la ricetta elettronica sarà un altro passaggio obbligato che fa parte di un processo di standardizzazione nazionale. Io riporto sempre questo esempio: oggi la schedina del totip

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Vedi sito http://www.cosmofarma.com: “Cosmofarma Exhibition è una manifestazione business-to-business riservata agli operatori del settore come: farmacisti, operatori sanitari, agenti di commercio, distributori, grossisti, farmaclogi, biologici, ricercatori, docenti universitari, studenti Cosmofarma Exhibition vanta un calendario di oltre 150 ore di dibattiti, incontri, momenti di confronto e corsi di aggiornamento ECM rivolti ai farmacisti che possono, quindi, cogliere l’opportunità dell’evento per un prezioso momento di approfondimento professionale.

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la si può giocare a Palermo, Milano, Lucca, ovunque, per la ricetta elettronica vale lo stesso principio: non solo il paziente non dovrà andare sempre dal medico per farsi fare la ricetta, ma sarà il medico che trasmette la prescrizione ad esempio sul telefono del paziente, in più la ricetta potrà essere utilizzata in Toscana come in tutte le altre regioni, ad esempio se un paziente è in vacanza ed ha bisogno del medicinale, può chiamare il proprio medico che inserisce sul web la prescrizione, così che il paziente si possa recare nella farmacia del posto in cui si trova e prendere il farmaco.

In più con la ricetta elettronica le possibilità di errore da parte del farmacista saranno ridotte e quindi esso avrà più tempo per dedicarsi ad esempio alla gestione della terapia del paziente, allo studio delle interazioni tra farmaci, in definitiva avrà più tempo per poter svolgere un’attività di consulenza farmaceutica che solo lui può fare.

La ricetta elettronica per il farmacista può essere interpretata anche come “aiuto”, relativamente alle CdS: anche se i medici son tutti aggregati nella CdS, se prescrivono la ricetta in formato elettronico, il paziente non dovrà nemmeno recarsi alla CdS, potrà venire direttamente in farmacia dove la prescrizione, inviata per via telematica dal medico stesso, verrà subito recuperata via WEB e stampata.

Anche in questo caso emerge l’importanza della collaborazione, tra medici e farmacie e tra le farmacie stesse: ad esempio, già oggi un paziente potrebbe richiedere al proprio medico o allo specialista di inviare alla farmacia a lui più vicina, in modo da facilitargli il ritiro dei farmaci prescritti; ovviamente però bisogna prevedere un rapporto di collaborazione trasparente tra medici e farmacie.

Se correttamente organizzata e gestita, la ricetta elettronica porterà a creare una distribuzione equa dell’erogazione dei servizi.

I cambiamenti che stanno avvenendo in ambito sanitario sul territorio sono una sorta di magma che ribolle, si distribuisce, si consolida, si raffredda ma poi magari ritorna fluido, ecco perché quindi nessuno può sapere per certo cosa succederà un domani, possiamo solo definire cosa era la farmacia, ma non cosa sarà; ad oggi la farmacia deve cambiare adeguandosi al territorio, sottoponendosi ad una trasformazione continua, indipendentemente dalla CdS, ma che necessariamente dovrà avvenire di pari passo con la nascita di tale struttura, in modo da intraprendere percorsi di collaborazione che permettano di assistere in maniera ottimale la popolazione.

Noi come URTOFAR103, non abbiamo mai affrontato fino in fondo il problema delle Case della Salute perché di fatto, nonostante alcune siano già nate, ancora devono “assestarsi”, e noi di conseguenza stiamo cercando di capire l’approccio migliore; dall’altra parte, dato che la CdS non è un problema solo toscano ma nazionale, la politica nazionale è quella di organizzarci tutti seguendo un progetto standard, la PIATTAFORMA DEI SERVIZI

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appunto, per poter dare una risposta organizzata al cittadino. Con la piattaforma web si mette a diposizione su tutto il territorio italiano un data base comune, poi, in ogni singola realtà, si adatterà il modello comune alle esigenze del territorio (ad esempio il collegamento potrà coinvolgere la misericordia, gli assistenti sociali, gli specialisti e così via)

Insomma, la farmacia deve diventare il punto di incontro di tutte queste ramificazioni, un “centro servizi”, ed il cittadino deve sapere che attraverso la “porta” farmacia può accedere alla quasi totalità dei servizi sul territorio.

Sta cambiando la sanità, sta cambiando la farmaceutica, sta cambiando la richiesta da parte della popolazione e mi sembra intelligente la scelta di Federfarma quella di aprire una porta al cittadino che gli consenta di vedere l’universo sanità/benessere, ormai la realtà è cambiata e bisogna andare incontro ai cambiamenti, all’innovazione ed al progresso.

Alla domanda, “evoluzione o involuzione?” rispondo che non incorreremo in un involuzione, ma sicuramente in un’ evoluzione nata dalla necessità di trasformarsi e reinventarsi per stare al passo con i cambiamenti.

5.3 Intervista al Dottor Roberto Giotti, Presidente Federfarma Arezzo

1) Conosce in che modo è stata attuata la riorganizzazione delle cure territoriali nella sua provincia?

Il Servizio Sanitario Nazionale è alle prese con gravi problemi di sostenibilità: i costi per rispondere alla domanda di salute aumentano, le risorse sono invece insufficienti.

La soluzione più semplice sarebbe quella di tagliare le prestazioni, ma tale soluzione sarebbe anche quella più impopolare e sbagliata in quanto andrebbe a penalizzare le persone più deboli che sono anche quelle che stanno pagando il prezzo più caro della crisi. La soluzione sulla quale convergono tutti, (Stato, Regioni, organizzazioni di settore, associazioni dei malati) è quella di ridurre i costi ospedalieri che sono molto alti (infatti ogni giornata di ricovero costa oltre 800 €) , lasciando all’interno degli ospedali servizi più articolati (consulenze altamente specializzate, pronto soccorso, operazioni chirurgiche) in modo da dimettere rapidamente i pazienti che dovranno trovare appoggio nell’assistenza territoriale; in questo modo si avvicina la sanità ai cittadini e al contempo si tagliano le spese.

La risposta sulla quale si è scommesso, in modo particolare nella nostra Regione, è la Casa della Salute, ovvero una struttura in cui vengono raggruppati un discreto numero di ambulatori di MMG, dotate anche di macchinari e personale, in grado di erogare prestazioni di diagnosi e cura 24 ore al giorno.

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Tali strutture ricordano molto gli ex ospedalini, che in passato furono chiusi per i loro elevati costi.

Ad Arezzo le CdS sono a: Castiglion Fiorentino (è stata la prima), una in Valdarno, una ad Arezzo in via Guadagnoli (che verrà inaugurata a fine maggio 2014), una a Rassina e poi forse qualche altra.

2)

Quali sono secondo lei i vantaggi che tale organizzazione presenta?

Per come sono state presentate le CdS, sembrerebbero dunque un “uovo di colombo” per far fronte all’equazione impossibile “più cure, meno spese”: invece che andare in ospedale o al pronto soccorso il cittadino va in queste strutture, dove vengono curate tutte le patologie che non richiedono necessariamente il ricovero, mentre i soggetti non autosufficienti dovrebbero essere assistiti a domicilio.

Questo processo presenta però alcune criticità.

Innanzitutto, siamo sicuri che queste nuove Case della Salute permetteranno una riduzione della spesa sanitaria, dal momento che prevedono un servizio continuativo h24 (per cui la guardia medica scomparirà) da parte di MMG, infermieri e specialisti?

Va considerato poi che concentrando tutti i servizi in un unico punto si rischia di lasciare scoperte alcune zone del territorio: i cittadini che abitano lontano dalla CdS, non solo dovrebbero percorrere distanze notevoli per avere anche una semplice ricetta, cosa che prima facevano andando nel vicino studio medico, ma non è nemmeno detto che trovino il proprio medico di fiducia, di fatti potrebbero benissimo trovare il medico di turno.

Il rischio, in sostanza, è che il territorio, oggi servito capillarmente da medici e farmacie, subisca un processo di desertificazione sanitaria.

Tra l’altro c’è in atto una discussione di carattere sindacale interna alla categoria dei MMG; infatti durante un congresso svoltosi recentemente il direttore nazionale della FIMMGC, (federazione italiana medici di medicina generale), Dr Melillo, è stato molto critico verso i medici della Regione Toscana proprio per quanto riguarda la riorganizzazione dei loro ambulatori all’interno delle CdS, che evidentemente non sempre potrebbe portare benefici ai cittadini. Se ad esempio una CdS è collocata a Rassina, i medici delle zone di Chitignano, o di Talla, svolgeranno i loro ambulatori nella CdS e non più nei rispettivi paesi, lasciando “scoperta” la popolazione; è da notare inoltre che in entrambe i paesi presi ad esempio, ci sono le farmacie, e dunque anche il loro lavoro subirà una netta diminuzione a causa della concentrazione degli ambulatori dei MMG nella CdS. La Regione oltre le prestazioni di medicina ed infermieristica, a mio parere, vuole attribuire alle CdS, la possibilità di erogare anche tutta una serie di servizi che la farmacia sarebbe capace di svolgere professionalmente ed in maniera molto più capillare e continuativa.

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Prendendo sempre in considerazione la AUSL 8 di Arezzo, non si può pensare che l’attività delle previste 10/15 CdS distribuite sul territorio Aziendale, per quanto possa essere ben organizzato, possa essere migliore rispetto a quella che possono svolgere le 84 farmacie private diffuse più capillarmente sul territorio (considerando anche le pubbliche si superano le 100); le CdS continuerebbero ad essere circa 1/10 delle farmacie.

Per tutti questi motivi secondo me le Case della Salute incontreranno difficoltà logistiche ed economico-finanziarie rispetto alle farmacie in rapporto alla qualità e alla quantità dei servizi sanitari che si propongono di effettuare sul territorio.

3)

Quale ruolo pensa che abbia la Farmacia in un sistema così organizzato?

Soprattutto pensa che la Farmacia possa correre dei “pericoli” in seguito alla nascita delle Case della Salute e all’avvio della ricetta elettronica?

Anche le farmacie rischiano di subire danni rilevanti da questa evoluzione, perché, come tutti sappiamo, la prima cosa che fa il paziente quando esce dallo studio del medico, è quella di recarsi in farmacia a prendersi i medicinali prescritti.

Le farmacie più vicine alle CdS sarebbero quindi notevolmente avvantaggiate, perché avrebbero più pazienti da servire, le altre perderebbero pazienti e quindi risorse importanti.

Poiché i medici di medicina generale e specialisti verrebbero indotti a concentrarsi tutti nelle CdS, la maggior parte delle farmacie, trovandosi lontano dalle stesse CdS, finirebbero per impoverirsi ulteriormente e non potrebbero più fornire quei servizi che già oggi sono particolarmente utili proprio per favorire il processo di deospedalizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale, come ad esempio: assistenza domiciliare (ADI), presa in carico di pazienti cronici per monitorarne le terapie (Pharmaceutical-Care), prenotazione di visite specialistiche ed esami tramite CUP, test diagnostici di prima istanza, Servizi di Telemedicina (ECG, Holter cardiologico e pressorio, spirometria, etc). Inoltre, dal momento che il servizio di guardia medica è stato ultimamente depotenziato, mi domando, a cosa serviranno in parallelo i turni di notte e nei giorni festivi delle farmacie? Ancora più pesante e dirompente sarebbe l’impatto se le CdS dovessero occuparsi anche della sistematica distribuzione diretta dei farmaci a particolari categorie di malati cronici, riducendo ulteriormente l’ambito di attività delle farmacie.

Analogamente la Regione ha previsto che nelle CdS vengano fatti dei servizi che, secondo decreti ministeriali nazionali emanati nel 2009 e nel 2010, erano stati definitivamente attribuiti alla farmacia.

Ricordo che in un incontro che ho avuto a Roma nel Luglio del 2013 in FIASO

(Federazione Italiana Aziende Sanitarie Ospedaliere) al quale hanno partecipato i rappresentanti toscani ed emiliani, è emersa, nei loro interventi, la chiara volontà di

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cercare di limitare il più possibile i servizi dispensati in farmacia, in modo da farli svolgere alle CdS. Per quanto mi riguarda, quando si parla di territorio non si può non parlare di farmacia, con la struttura capillare che ha, essa è il presidio migliore ed indispensabile per poter svolgere servizi sul territorio, servizi che tra l’altro svolge da sempre e che la rendono un punto di riferimento certo per gli Assistiti, soprattutto in quelle località rurali disagiate, dove la farmacia è l’unica struttura sanitaria sempre accessibile.

A mio parere la Regione Toscana ha da sempre condotto una politica di svilimento nei confronti della farmacia, basti pensare alla mancata considerazione di quest’ultima nel testo del PSSR; in questi anni infatti la Regione ha incentivato sempre di più la Distribuzione per Conto ed ha incrementato progressivamente sempre di più la distribuzione diretta dei medicinali, e la mia più grande preoccupazione, indipendentemente dal fatto che le CdS toscane non raggiungeranno mai le 1500 farmacie sul territorio, è che in futuro all’interno di queste CdS venga svolta anche la distribuzione diretta del farmaco e che quindi questo “quadro di conflitto” venga completato ed acuito in maniera insostenibile.

Pertanto spero che nell’ambito delle prossime promesse riforme politiche, il Titolo V della costituzione104 venga modificato, in modo da togliere il potere di legiferare in materia di salute alle regioni, e che quindi esse possano solo amministrare la sanità, non “deciderla”. La competenza legislativa in materia sanitaria deve essere statale, in modo che le decisioni prese e le conseguenti leggi emanate siano uniche su tutto il territorio nazionale; poi, ciascuna Regione potrà intervenire per colmare certe specificità del proprio territorio. Infatti, in tutti questi anni, si sono creati 21 Servizi Sanitari Regionali diversi, ma non solo, all’interno di ogni Regione, ogni Asl si è gestistita in maniera autonoma a volte con regole diverse dalle altre.

Per fare un esempio, durante un convegno a Montecatini, la Regione Toscana propose un sistema di remunerazione diverso rispetto a quello nazionale, praticamente fu proposta l’attuazione di una Distribuzione per Conto per tutte le molecole (anche quelle dei medicinali di Fascia A), secondo la quale i medicinali dovevano essere comprati dall’ESTAV e poi portati in farmacia, dove sarebbero dovuti essere distribuiti tutti in DPC; per non parlare del fatto che attualmente la farmacia non viene retribuita sufficientemente per i servizi prestati agli assistiti che in alcuni casi sono gli stessi che sono svolti dalle AUSL nelle loro strutture ad un costo non indifferente.

Osservo poi che la Regione Toscana sembra essere Regione virtuosa, e quindi spesso appare come “prima della classe”, per quanto riguarda il risparmio sulla spesa

104

Paola Minghetti, Marcello Marchetti, Legislazione farmaceutica, sesta edizione, Milano, 10 Aprile 2010: “ il nuovo articolo 117 della Costituzione prevede che le linee di politica sanitaria siano definite dalle Regioni, mentre allo Stato viene affidata la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali”.

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farmaceutica, ma analizzando bene i dai relativi di PROMOFARMA105 (Società telematica di Federfarma che studia anche la spesa farmaceutica, sia nazionale che regionale) si è visto che la Regione spende poco per quanto riguarda la farmaceutica territoriale, ma spende molto nella distribuzione diretta fatta ad esempio nelle Asl e negli ospedali rispetto ad altre Regioni come ad esempio l’Emilia Romagna ed il Veneto, e quindi se si sommano i rispettivi dati complessivi si evidenzia che la spesa farmaceutica totale è più elevata. Qui ad Arezzo ho chiesto, in accordo con la AUSL 8 e con la Regione, uno studio specifico (studio CREF condotto dal Prof. A. Garlatti) per determinare quanto effettivamente costa alla AUSL 8 fare la distribuzione diretta dei farmaci; infatti viene sempre tenuto di conto solo il prezzo dei medicinali, che effettivamente vengono comprati con al minimo il 50% di sconto, e che tra l’altro per Legge dovrebbero essere destinati al solo uso Ospedaliero, senza però considerare tutte le altre spese accessorie di tipo logistico, del personale, etc. Mi risulta che all’attivo ci sono diverse cause che lo Stato ha fatto alla Regione Toscana, e viceversa, perché quest’ ultima a volte ha emanato Leggi Regionali senza tenere di conto delle direttive Nazionali.

Nella distribuzione diretta i farmaci vengono mandati per esempio alla Asl, dove c’è un farmacista che prepara il pacchetto di medicine su cui scrive il nome del paziente, il pacchetto è consegnato dall’infermiere al paziente e poi quest’ultimo, quasi sempre, si reca in farmacia per sapere come deve prendere i farmaci.

Come precedentemente detto, quando si parla di territorio, non si può non tener presente la farmacia, distribuita in maniera talmente capillare che è insostituibile come presidio primario del SSN; in più la farmacia non deve essere vista come il luogo di DISTRIBUZIONE dei farmaci, come lo è ad esempio la Asl che confeziona il “pacchetto” dei medicinali con il nome del paziente, ma deve essere il centro di DISPENSAZIONE dei farmaci, e per dispensazione intendo accompagnare l’erogazione del medicinale con un parere ed un controllo professionale insostituibile che solo il farmacista può dare. In più la farmacia dovrà dispensare anche i servizi socio-sanitari che gli sono ormai stati riconosciuti ed attribuiti.

4)

Cosa potrebbe fare la Farmacia per inserirsi attivamente in questo scenario “completando” i servizi effettuati dalla Casa della Salute?

In particolare, come potrebbe la Farmacia rapportarsi con la Casa della Salute?

Dal momento che la farmacia presidia il territorio dovrà essere riconosciuta come il soggetto naturale capace di “distribuire la salute” alla popolazione, per cui il primo

105

Vedi http://www.promofarma.it/: “L’attività di Promofarma è principalmente dedicata a due importanti progetti realizzati per conto di Federfarma: la raccolta dei dati delle prescrizioni di farmaci spedite dalle farmacie al Servizio sanitario nazionale e il sito web www.federfarma.it. Promofarma analizza sistematicamente i dati e ne trae studi sulla redditività delle farmacie e sull’andamento della spesa farmaceutica; fornisce, inoltre, servizi in outsourcing a Federfarma per la gestione della rete locale degli uffici”.

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obiettivo sarà quello riportare la dispensazione di tutti i farmaci in farmacia, a partire dai farmaci della DPC e della Distribuzione Diretta, fino ad arrivare agli ex farmaci OSP2, ovvero quelli altamente innovativi che ad oggi vengono distribuiti solo in ospedale, rendendola così la sola “Casa del Farmaco”.

Le modalità e le regole di dispensazione dovranno essere oggetto della nuova convenzione nazionale.

E’ evidente che la farmacia deve rimanere all’interno del sistema delle cure territoriali evolvendosi con esse e collaborando al massimo con tutti gli altri professionisti sanitari.

Sarà fondamentale ad esempio creare un servizio di assistenza domiciliare (ADI) basato su

lavoro sinergico delle varie figure sanitarie territoriali, prime tra tutti MMG e farmacie, che dovranno lavorare in stretta collaborazione con gli altri operatori sanitari.

In tal modo le farmacie potranno farsi carico, supportando l’attività dei medici in collaborazione con gli altri operatori sanitari, dei pazienti che hanno bisogno di un’assistenza a domicilio.

I malati potranno così ricevere a casa propria, dal proprio farmacista, non solo i farmaci di cui hanno bisogno, ma anche tutte le informazioni e i consigli su come utilizzarli al meglio. Inoltre, i farmacisti potranno fornire sia ai pazienti stessi, che ad esempio alle badanti, che spesso non conoscono bene la nostra lingua, tutta una serie di consigli ed indicazioni di carattere sanitario, sull’alimentazione, sull’uso di prodotti non farmaceutici, sui comportamenti da adottare, agevolando così la permanenza a casa dei malati ed evitando il ricorso al ricovero ospedaliero.

I farmacisti, sempre in accordo con i medici, potranno anche monitorare l’andamento delle terapie cui sono sottoposti tali pazienti, al fine di verificare il rispetto delle dosi prescritte dal medico, confrontando le dosi indicate con il numero di confezioni consigliate e/o utilizzate, e gli effetti delle cure.

In questo modo, il medico disporrà di elementi importanti per valutare la correttezza e l’appropriatezza della terapia, mentre il sistema sanitario pubblico, da un più efficace rapporto costo/beneficio, trarrà un evidente vantaggio economico, e quindi le Asl potranno spostare risorse economiche ed umane su altre attività.

Infatti, la remunerazione del farmacista per tale tipo di servizio sarà sicuramente inferiore ai costi che oggi vengono sostenuti dai servizi preposti per garantire un’assistenza a domicilio non sempre efficace. Parallelamente un’attività di questo tipo rafforzerà il radicamento territoriale della farmacie che potrà diventare sempre più un punto di riferimento per la popolazione.

Con il loro coinvolgimento nei processi di riorganizzazione delle cure primarie e nei programmi di assistenza domiciliare, le farmacie potrebbero quindi fungere da primo filtro, dando risposta a pazienti che richiedono un monitoraggio costante nell’assunzione delle terapie e piccoli interventi di assistenza tra un controllo medico e l’altro.

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Tale ruolo è peraltro delineato dalla normativa sui nuovi servizi in farmacia e, in particolare, dal Decreto Legislativo n. 153/2009, che individua le funzioni che la farmacia può svolgere garantendo un servizio migliore e a minor costo per il SSN.

Il vantaggio che il potenziamento dell’attività della farmacia comporterebbe in termini di qualità e costi è stato recentemente riconosciuto dal Consiglio di Stato, il quale ha sostenuto la validità e l’economicità dell’intervento delle farmacie, nel caso specifico, nella distribuzione di presidi diabetici.

I servizi sono il futuro della farmacia; la professione del farmacista è una professione poliedrica.

Grazie all’intervento delle farmacie, le Case della Salute e gli altri operatori del territorio potrebbero concentrarsi sulla fornitura di prestazioni più complesse, riducendo il ricorso al pronto soccorso e garantendo gli interventi diagnostici e terapeutici che le farmacie non potrebbero assicurare. In questo modo verrebbe data una risposta articolata ad una domanda di salute della popolazione che è sempre più complessa e, allo stesso tempo, si riuscirebbe a tenere sotto controllo costi che rischiano di diventare insostenibili.

Ognuno avrebbe un ruolo ben preciso e si creerebbe una rete assistenziale efficiente e capillare, senza togliere niente a nessuno e soprattutto mettendo veramente al centro del sistema il cittadino.

Per dare concreta attuazione a questo modello è necessario procedere rapidamente al rinnovo della Convenzione Farmaceutica Nazionale, alla quale è stata demandata la definizione delle modalità di erogazione dei servizi e della relativa remunerazione.

A questo riguardo è positivo che il Ministero della Salute abbia trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni lo schema di accordo che disciplina la procedura di contrattazione, dando così il via libera all’avvio delle trattative.

Concluderei affermando che, come contenuto nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) del Ministero delle Finanze, occorrerà potenziare il ruolo delle farmacie convenzionate sul territorio, ed in particolare la “Farmacia dei servizi”, concentrando in essa l’erogazione dei nuovi economici sevizi di valenza socio-sanitaria convenzionalmente remunerati, che per ora può svolgere solo in forma privatistica (servizi come ad esempio: analisi di prima istanza, ritiro referti, holter pressorio, etc..).

Tale nuovo ruolo delle farmacie potrà comportare effetti positivi in termini di risparmi finanziari per il SSN laddove contribuirà a limitare l’accesso alle strutture ospedaliere, sia per la distribuzione dei farmaci, sia per l’erogazione dei servizi richiesti dall’Assistito. La farmacia risulta infatti da sempre presidio indispensabile ed insostituibile del SSN e SSR sul territorio, con potenzialità professionali e logistiche uniche e rilevanti, e quindi “Terminale intelligente della sanità” ed importante “Punto decentrato della salute” che integra il territorio con l’assistenza al paziente (Pharmaceutical Care-ADI), collabora strettamente con il Medico Curante e del quale il SSR non potrà sicuramente fare a meno.

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Basti pensare che in alcune realtà isolate di piccoli Comuni, la farmacia è l’unica struttura sanitaria di riferimento facilmente raggiungibile e sempre disponibile 24 ore su 24, 365 giorni l’anno per l’assistenza farmaceutica e l’erogazione di importanti servizi per la tutela della salute dei Cittadini.

In definitiva penso che nessuna “Casa o Bottega della Salute” potrà mai professionalmente e logisticamente sostituire in modo adeguato ed efficiente il servizio svolto dalle farmacie.

Federfarma è quindi determinata a contrastare tutte quelle soluzioni politiche che riducano ad un ruolo supplementare e residuale sul territorio la farmacia e tutti quei modelli che saranno difficilmente attuabili e sicuramente meno efficienti e più costosi; contemporaneamente si impegnerà a garantire di mettere al centro del Sistema Sanitario il Cittadino.

Figura

Figura 5.1  Servizio Paytipperpharm
Figura 5.2  Presente e futuro della farmaci secondo il Dottor Elio Rossi

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