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CAPITOLO 1 SPACE DEBRIS 1.1 Caratterizzazione del fenomeno

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CAPITOLO 1

SPACE DEBRIS

1.1 Caratterizzazione del fenomeno

Per una prima comprensione delle caratteristiche di un detrito spaziale cerchiamo di capire come esso compia il suo moto rotatorio attorno ai suoi assi e il suo moto attorno alla Terra lungo una determinata orbita [4].

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In figura possiamo vedere che in un piano XY esso ruota attorno all’asse Z con velocità angolare ω mentre il vettore ξ indica la LOS (Line Of Sight) ovvero la semiretta che congiunge il sistema radar all’origine del sistema di coordinate che individuano l’oggetto. L’angolo α è compreso proprio tra la LOS e il piano XZ mentre il vettore v rappresenta la velocità al quale si muove l’oggetto e β l’angolo formato tra tale velocità e il vettore ξ.

Ovviamente la determinazione dell’orbita di un detrito spaziale è importante per poter stimare a quale velocità esso si muova attorno alla Terra e calcolarne il periodo orbitale; essendo noto che un oggetto ad una quota maggiore rispetto ad un altro possiederà un periodo orbitale maggiore.

Veniamo adesso alla caratterizzazione della popolazione di detriti orbitanti alle varie quote che risulta essere un altro fondamentale parametro.

Figura 1. 2 (Regione LEO e regione GEO)

In figura 1.2 si possono vedere le regioni maggiormente popolate da detriti caratterizzati da differenti dimensioni.

La regione A (Low Earth Orbit) che va da circa 200 km a 2000 km e la regione B (Geostationary Earth Orbit) che va da Zgeo – 200 km a Zgeo + 200 km dove per Zgeo si

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Abbiamo precedentemente accennato al periodo orbitale di un corpo nello spazio osservando che un oggetto ad una orbita più alta ha un periodo maggiore rispetto ad un altro che stazione ad un’orbita inferiore. In merito a quanto detto allora un detrito nella regione LEO avrà una velocità più alta rispetto ad un detrito in orbita Geosincrona e tipicamente queste velocità, per oggetti catalogati, è compresa in un range variabile da 8 km/s a 12 km/s.

In accordo con il modello ESA MASTER-2001 [5], si può fornire qualche numero sulla popolazione degli space debris [6].

Se indichiamo con d il diametro dell’oggetto allora le stime evidenziano che ci sono circa:

• 11000 oggetti con d > 10 cm dei quali circa 9000 catalogati dallo USSPACECOM e distribuiti in entrambe le regioni LEO e GEO con una maggior concentrazione in quest’ultima.

• 100000 oggetti con 1 cm < d < 10 cm dei quali quelli ancora non correttamente catalogati presenti per lo più nella regione LEO.

• Molti milioni con d < 1 cm

Il 75.7% degli oggetti catalogati dallo USSPACECOM, di dimensioni tipicamente superiori a 1 mm, risiede nella regione LEO (come si può vedere in figura 1.3) dove sono evidenti i picchi tra 800 km e 1000 km e intorno a 1400 km. Possiamo anche assumere che essi abbiano una densità spaziale di uno ogni 1000 km3 e perciò ogni detrito sarà ad una distanza di circa 10 km da un altro in un sistema tridimensionale come osservabile dalla figura riportata di seguito.

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Figura 1.3 (Densità spaziale di detriti alle varie quota. Modello ESA MASTER 2001)

Figura 1.4 (Densità spaziale di detriti di taglia superiore a 1 mm in zona LEO)

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Le considerazioni fatte sull’altitudine in precedenza possono essere affermate con certezza anche per detriti di taglie sia superiori che inferiori. Infatti come visibile in figura 1.5 tali densità spaziali (riferite per la precisione a detriti di dimensioni > 100 μm > 10 μm e > 1 cm ) presentano gli stessi picchi ad altitudini nell’intorno di 1000 km nella regione LEO. Addirittura queste informazioni ci vengono date anche in relazione alla tipologia di detrito, nel senso che si fa distinzione tra le categorie accennate nella sezione introduttiva [7].

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Figura 1.6 (Densità spaziale vs LEO altitude, oggetti di taglia superiore a 1 cm)

Figura 1.7 (Densità spaziale vs GEO altitude, oggetti di taglia superiore a 1 cm)

La stessa densità spaziale per detriti di dimensioni superiori a 1 cm è raffigurata in maniera distinta nelle due regioni LEO e GEO al variare dell’altitudine e dell’anno di osservazione denotando una maggior densità proprio nella prima fascia3.

3 Nella cinta Geostazionaria risiedono invece con un’elevata densità oggetti con dimensioni superiori ai

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Si può assumere quindi che la maggior parte dei detriti che non è stata correttamente catalogata dalla USSPACECOM ha dimensioni variabili da qualche millimetro fino a 10 centimetri.

Di questi, gli oggetti con dimensioni sub millimetriche, non destano particolari problemi in quanto la protezione con schermi (Shield) è un’eccellente misura di mitigazione. I corpi con dimensioni da 1 cm fino a 10 cm (distribuiti in numero maggiore nella regione LEO) sono quelli sui quali viene focalizzata la maggiore attenzione, perché risultano di difficile osservazione (date le loro dimensioni ridotte ad elevate distanza) e conseguente catalogazione. Tuttavia l’impatto con un detrito di queste proporzioni ad elevate velocità può risultare devastante.

A tal proposito si può ricordare che la collisione del braccio stabilizzatore del micro satellite francese CERISE con un detrito di circa 10 cm ad una velocità di circa 15 Km/s ha provocato la rottura del braccio stesso [1], [2].

1.2 Cenni alle misure di space debris

I sistemi atti alla rivelazione e identificazione degli space debris si possono dividere in:

o Misure da stazioni a Terra o Misure da stazioni orbitanti

Le differenze tra questi due sistemi sono notevoli, basti pensare alla possibilità di osservare gli stessi oggetti a quote diverse aumentando quindi la risoluzione nel caso di misure da stazioni orbitanti, all’effetto dell’assorbimento atmosferico del tutto eludibile e così via.

Tuttavia il costo di una missione del genere è decisamente più elevato rispetto alle misure effettuate utilizzando sensori posti a Terra e proprio in base al costo devono essere attentamente valutati i singoli vincoli sul sistema.

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A loro volta le Misure da stazione a Terra si possono dividere in Misure Radar e Misure Ottiche. Tipicamente le misure di space debris effettuate con sensori radar si riferiscono ad oggetti che si trovano nella regione LEO, mentre per gli oggetti in zona GEO si adottano misure con sensori elettro-ottici. Questo dipende anche dal fatto che l’intensità del segnale di ritorno è inversamente proporzionale alla quarta potenza della distanza R4 (dove con R si indica la distanza radar bersaglio) nel caso di sensori radar (che provvedono all’illuminazione del bersaglio) mentre è inversamente proporzionale a R2 nel caso di sensori ottici (che sfruttano la radiazione solare) [1].

1.2.1 Misure radar

Hanno il vantaggio di essere performanti in qualsiasi condizione di tempo e a qualsiasi ora del giorno. Lo svantaggio risiede nell’elevata distanza del bersaglio e nella sua dimensione (per altro fortemente ambigua) che andrà ad incidere sul link-budget alle varie lunghezze d’onda, considerando anche la presenza di attenuazioni e assorbimenti atmosferici dipendente dalla frequenza di utilizzo.

Si usano sostanzialmente due tipi di radar in tre differenti modalità di operazione:

o Radar con controllo meccanico del fascio che adoperano antenne a riflettore parabolico e che rivelano esclusivamente gli oggetti che cadono nel loro campo di vista (Field of Wiev).

o Radar con controllo elettronico del fascio che usano Phased Array Antennas e quindi più oggetti a diverse direzioni possono essere rivelati e misurati.

Le modalità di osservazione di uno space debris sono:

o Tracking Mode. Ovvero il radar insegue l’oggetto per determinati istanti di tempo ottenendo informazioni su direzione (angular rate), distanza (range), velocità (range rate), fase e ampiezza dell’eco radar. Naturalmente direzione e velocità sono funzioni sia del tempo che della relativa orbita dell’oggetto che può essere derivata.

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o Beam Parking Mode. L’antenna è tenuta ferma in una data direzione e le eco ricevute sono quelle relative ad oggetti entrati nel suo campo di vista. Vengono fornite informazioni statistiche sul numero degli oggetti e sulle loro dimensioni ma non sulle loro orbite e sul tipo di moto.

o Mixed Mode. Dove in pratica le due configurazioni si susseguono nel tempo; ovvero una volta che l’oggetto ha attraversato il campo di vista in configurazione beam parking allora si cambia in modalità tracking migliorando le informazioni sull’attività orbitale dell’oggetto e dopodiché si ritorna alla configurazione precedente.

Per le misure con sensori radar si può adottare una singola antenna in trasmissione (radar monostatico) o due antenne separate (radar bistatico), una in trasmissione ed una in ricezione, aumentando così la sensibilità alla rivelazione di oggetti più piccoli e ottenendo una maggiore flessibilità.

Figura 1.2.1 a-b-c

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In figura 1.2.1 a-b-c-d-e-f si possono vedere alcuni dei radar partecipanti alle campagne di misura degli space debris e che sono rispettivamente Goldstone (USA a) Haystack LRIR and HAX (USA b), Cobra Dane (Usa c), FGAN TIRA (Germania d), TIRA/Efflesberg (Germania e) e EISCAT (Finlandia f).

Tabella 1.2.2 (Parametri di caratterizzazione di un detrito orbitante)

Nella tabella in alto vengono elencati i parametri fondamentali alla caratterizzazione di un oggetto orbitante attorno alla terra accompagnate dai dati necessari e le modalità operative del radar atte alla determinazione dei suddetti parametri [9].

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1.2.2 Misure ottiche

I detriti spaziali possono essere anche visti utilizzando sensori ottici quali i telescopi in condizioni di cielo scuro e quando sono illuminati dal sole.

Queste caratteristiche restringono notevolmente il campo di visione di oggetti nella regione LEO (si potrebbero osservare solo per poche ore a cavallo di alba e tramonto) ma rendono sempre possibile la visione di oggetti che si trovano nella regione GEO. Lo svantaggio però è che l’osservazione dipende dalle condizioni climatiche e di illuminazione del target e che lo spazio osservabile è solo una porzione della fascia GEO.

Per aumentare le capacità di visualizzazione di oggetti (limitata ad 1 metro) si usano dei CCD (Charge Coupled Device).

Figura 1.2.3 a-b-c

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In figura 1.2.3 sono mostrati alcuni dei sensori ottici adoperati nelle campagne visualizzazione dei detriti nella cintura geostazionaria.

ESA SD (ESA a), TAROT (Francia b), CAT (India c), MODEST (USA d), PIMS (UK e) e Bisei (Giappone f).

1.3 Analisi di alcuni sensori esistenti

1.3.1 Caratteristiche del sensore TIRA (Tracking &

Imaging Radar)

Il sistema TIRA (Tracking & Imagin Radar) è costituito da un’antenna a riflettore parabolico del diametro di 34 metri ed è protetta dalle influenze atmosferiche da una struttura a schermo di 49 metri di diametro. Tale struttura e montata su di una piattaforma rotante con un moto illimitato in azimuth e compreso tra 0° e 90° in elevazione [8].

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Il sistema ha due modalità operative a due differenti bande:

Banda L (usata in modalità Tracking) .

fc = 1.333 Ghz (che corrisponde ad una lunghezza d`onda di 22.5 cm).

Potenza di picco di circa 1 MW. Durata dell`impulso τ di circa 1 msec.

Il metodo della compressione di impulso è usato per ottenere una sufficiente risoluzione in range.

Il signal processing adotta una sofisticata tecnica di correlazione.

Banda Ku (usata in modalità imaging).

fc = 16.7 Ghz (che corrisponde ad una lunghezza d`onda di 1.8 cm).

Potenza di picco di 13 KW.

Durata dell`impulso di τ =256 μsec.

Slant range di 25 cm ottenuta con una modulazione lineare di impulso con banda 800 MHz.

Considerando il sistema TIRA e focalizzando l’attenzione su detriti di dimensioni pari a circa 1 cm allora si possono individuare due pesanti limitazioni per la fase di detection e tracking eseguita in banda L.

La prima è dovuta alla limitazione imposta dal campo di vista dell’antenna a riflettore parabolico pari a FOV = 0.5°; la seconda è dovuta al signal processing che vincola le performance in slant range e in range rate. Per oggetti di queste dimensioni un fattore critico è dato dalla velocità dell’oggetto (che varia circa tra 7 km/sec e 12 km/sec nel caso peggiore) e poi dal fatto che i vincoli sul link budget condizionano ad usare un impulso della durata dei msec.

In figura si può vedere la relazione tra il diametro d di una sfera e la sua RCS misurata in dBsm a tre differenti bande, delle quali L e Ku usate dal sensore TIRA.

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Figura 1.3.2 (RCS di una sfera conduttrice al variare del diametro)

Nella figura 1.3.3 invece si può apprezzare la caratteristica Range (km) RCS (dBsm) per il sensore TIRA alle bande L e Ku.

Si può inoltre vedere il miglioramento di tale caratteristica per la banda Lmod ovvero dopo aver effettuato accurate modifiche sull’algoritmo di post-processing [9].

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1.3.2 Caratteristiche del sensore Haystack

Il sensore Haystack è un radar di tracking del tipo monopulse con elevata potenza e sensibilità ad una lunghezza d’onda di 3 cm e con un angolo a metà potenza di 0.058°. Nella modalità Debris esso però punta una determinata porzione di spazio collezionando echi relativi a detriti in transito in quella regione [10].

Figura 1.3.4 (Haystac Radar)

Nella tabella riportata di seguito si possono vedere i parametri del sensore riferiti a due forme d’onda codificate (WFC 7, WFC 3).

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Tabella 1.3.5 (Caratteristiche del sensore Haystack)

Vediamo adesso un risultato derivante da una campagna di misura con il sensore Haystack relativa alla probabilità di rivelazione in funzione della taglia dei detriti, dell’altitudine di osservazione per la latitudine (elevazione) di 75° est e per bersagli identificati con il modello di Swerling 0.

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1.4 Conclusioni

Al termine di questo capitolo si possono già individuare quelle che saranno delle fondamentali restrizioni su alcuni aspetti dei detriti orbitanti, quali dimensioni altitudini e frequenze di osservazione, che ci permetteranno quindi di affrontare lo studio del sistema radar in maniera più particolareggiata.

Per quanto riguarda la taglia dei detriti possiamo affermare, in accordo con i dati reali forniti dalle agenzie spaziali ed esaminati in questo capitolo, che le dimensioni di maggiore interesse sono quelle comprese nell’intervallo che va da 1 cm a 10 cm visto che lo USSPACECOM provvede già esaustivamente al catalogo di oggetti di dimensioni superiori a 10 cm e che, per detriti di taglia inferiore a 1 cm, gli schermi protettivi sono già un’efficiente misura di mitigazione del fenomeno rendendo il rischio di collisioni disastrose praticamente nullo. Le altitudini di maggior interesse ovvero quelle con la maggior densità di detriti delle dimensioni sopra citate sono quelle appartenenti alla Low Earth Orbit da 200 km a 2000 km con dei massimi nell’intorno di 1000 km e più precisamente tra 800 km e 1400 km.

Nodo fondamentale per l’osservazione dei detriti è quello di scegliere una frequenza o un range di frequenze alle quali effettuare tali misure. Il problema è ovviamente riconducibile a quello della long range detection che prevede la rivelazione di bersagli (in questo caso di piccole dimensioni) a elevate distanze; ecco perché è preferibile scegliere delle frequenze basse particolarmente indicate a questo tipo di rivelazione con l’ulteriore vantaggio di essere quasi completamente immuni da assorbimenti atmosferici che ridurrebbero notevolmente le portate richieste. Da tenere presente che la scelta della frequenza di trasmissione inciderà anche sul calcolo della Radar Cross Section dei detriti che sarà un altro fondamentale elemento da affrontare per l’analisi del sistema complessivo. Da qui in avanti le frequenze scelte ricadranno nel range che va da 1 GHz e 5 GHz; verranno poi effettuate anche delle simulazioni in banda HF per cercare di capire se i sistemi OTH (Over The Horizon) possono, oltre ad assolvere ai loro compiti preposti, essere inseriti nella categoria di elementi atti alla rivelazione degli space

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