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Capitolo I. Introduzione.
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Introduzione.
Le Sindromi Mielodisplastiche (MDS) sono un gruppo eterogeneo di disordini clonali del midollo osseo caratterizzati da emopoiesi inefficace di tipo displastico e da un rischio variabile di trasformazione leucemica (Tefferi, 2003). Tale produzione disfunzionale midollare si manifesta con citopenia periferica uni o plurilineare ed alterazioni morfologiche displastiche midollari in una o più delle linee cellulari mieloidi. La disfunzione cellulare causa aumentato rischio infettivo e necessità trasfusionale nella maggioranza dei pazienti.
A causa della difficoltà nella diagnosi e nella classificazione, studi gli epidemiologici riportano differenti tassi d’incidenza: diversi autori riportano un tasso complessivo di incidenza compreso tra 2 e 12,6 casi per 100.000 abitanti per anno con un incremento d’incidenza fino a 50 casi per 100.000 abitanti per anno nella popolazione con più di 70 anni L’età media alla diagnosi è infatti di circa 70 anni, con una prevalenza nel sesso maschile. (Aul et al, 2001).
La patologia mielodiplastica può insorgere “de novo” (primitiva o idiopatica) o essere secondaria all' esposizione a tossici quali il benzene, tossici ambientali legati ad esposizione lavorativa o precedenti trattamenti con radioterapia o chemioterapia antineoplastica specialmente in pazienti trattati con agenti alchilanti o inibitori della topoisomerasi II (Yin el al 1996; West et al, 1955; Moloney, 1987; Pedersen-Bjergaard et al 1993). Dati complementari indicano un ruolo dell’esposizione al tabacco abuso d’alcool, infezioni virali o disordini autoimmuni (Warlick el al 2007)
Una piccola percentuale di displasie midollari negli adulti e nei bambini è associata a malattie genetiche come l'anemia di Fanconi, la sindrome di Bloom, Sindrome di Diamond-Blackfan così come sindrome di Down, la sindrome di Shwachman-Diamond, e la neurofibromatosi. L'ereditabilità di geni di suscettibilità specifici non è ancora chiara: alterazioni a tali livelli potrebbero essere ereditate in linea germinale o indotte dalla terapia antitumorale (mutazioni somatiche) (Moyzis, 1988).
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Alterazioni in numerosi pathways biologici sono stati dimostrati essere implicati nella fisiopatologia delle mielodisplasie. Tuttavia si ipotizza che un iniziale evento genetico che colpisca la cellula staminale emopoietica, con il conseguente sviluppo di eccesso di citochine e di risposta infiammatoria, sia in grado di determinare uno stato proapoptotico/proliferativo che risulta in una citopenia periferica, nonostante una ipercellularità midollare (Bernasconi, 2008).
Anomalie cromosomiche possono essere rilevate in circa il 40-60% delle forme primitive di mielodisplasia ed in circa il 70-90% delle forme secondarie, supportando l’ipotesi dell’evento citogenetico nella patogenesi e il ruolo suggerendo un ruolo prognostico della del dato citogenetico. Può trattarsi di riarrangiamenti cromosomici/traslocazioni (bilanciate o meno) o anomalie come delezioni, monosomie, trisomie, duplicazioni, così come possono essere presenti cariotipi complessi comprendenti 3 o più difetti cromosomici Tali alterazioni hanno un peso prognostico differente (Rund et al. 2004; Onley el al 2000). La variabilità di risposta al trattamento e l’andamento clinico correlato al dato citogenetico indicano un probabile differente comportamento nel clone displastico: prevalente arresto della differenziazione e stato citochinico pro-infiammatorio nella coorte a basso rischio citogenetico verso un vantaggio proliferativo, probabilmente dovuto ad un’instabilità genetica sottostante o da alterata espressione del silenziamento genico di geni del DNA repair o geni oncosoppressori, nella coorte ad alto rischio Inoltre, un’alterazione della sorveglianza immunologica crea potenzialmente un ambiente in cui la trasformazione in leucemia acuta diventa un eventualità concreta (Rajapaksa et al 1996; Parker et al, 2000; Rosenfeld et al, 2000).