Capitolo 5
“If I may so express myself…”
Le teorie cosmologiche di William Herschel hanno aperto la strada non soltanto ai successivi sviluppi dell’astronomia basati sull’idea che anche i corpi celesti fossero suscettibili di cambiamenti, ma anche a delle suggestioni che potevano riguardare aspetti che esulavano dal campo di ricerca proprio di quella scienza, e probabilmente dalle intenzioni del loro stesso autore. Le idee riguardanti le estensioni del tempo e dello spazio contemplate dalla cosmologia herscheliana ebbero implicazioni che riguardarono la storia sacra ed in generale la necessità dell’esistenza di un essere intelligente che guidasse quelle trasformazioni. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, autori come Thomas Dick, e Thomas Chalmers attinsero alle ipotesi cosmologiche che abbiamo presentato in questa tesi per dimostrare la presenza e l’intervento di Dio. Lo stesso Herschel, autore di quelle teorie, mancò forse intenzionalmente di fare questo passo. Allo stesso modo l’idea che si svolga un cambiamento fisico dei corpi celesti osservati che fosse paragonabile alle nascite e agli sviluppi vitali dei corpi naturali, potrebbe spingere alcuni lettori ad individuare in quelle operazioni una spinta vitalistica nell’opera di Herschel. Ancora una volta ribadisco che le modificazioni che abbiamo descritto nelle pagine precedenti sono da considerarsi di natura puramente meccanica. Nel corso di questo capitolo intendo spiegare come l’apparente vitalismo che possiamo rintracciare nelle comunicazioni presentate alla Royal Society sia determinato esclusivamente dalla scelta di termini legati all’analogia con il mondo del vivente che come sappiamo caratterizzarono molti degli scritti e delle riflessioni del nostro autore. Le contaminazioni fra astronomia e storia naturale si articolarono su più livelli. In un primo passaggio esse furono limitate alla mutuazione di termini, e quindi il linguaggio con cui il naturalista descriveva paesaggi, vegetazioni e animali fu preso a modello per illustrare alcuni dei fenomeni che si presentavano agli occhi dell’astronomo. Sotto
questo aspetto possiamo raccogliere l’impiego di termini come “stratum”, “specimen”, “species” e “pattern”.
Successivamente Herschel estese la portata di questa analogia ipotizzando somiglianze fra gli oggetti osservati. In questo modo ritenne che l’atmosfera solare potesse essere disturbata da fenomeni simili agli uragani terrestri, oppure vide i corpi celesti crescere, rientrare in classi stabilite attraverso metodi di classificazione simili a quelli proposti per le specie di piante e gli animali e basati sul riconoscimento di caratteristiche peculiari nell’aspetto degli esemplari.
Infine, l’analogia fra le due attività scientifiche coinvolse il lavoro dell’astronomo e quello del naturalista, e dimostrò quale fosse l’interesse di Herschel per i problemi relativi al dare un giusto ordine agli esemplari raccolti in modo che la loro successione potesse mostrare la gradazione di determinate caratteristiche ritenute proprie di quella tipologia di oggetti. Per fare un esempio la forma globulare e la presenza di una luminosità maggiormente concentrata nel centro degli aggregati di stelle erano considerate l’effetto di un’azione prolungata della forza di gravità. La maggiore o minore manifestazione di quei caratteri testimonierà, dunque, il momento a cui il processo di condensazione delle stelle è giunto. Sarà, quindi, possibile affermare che un cluster di stelle dalla forma perfettamente globulare e dalla luminosità concentrata nel nucleo occupi un posto successivo all’interno della serie di esemplari rispetto a un cluster di stelle in cui quei caratteri sono meno evidenti; e questo perché il primo esemplare è il risultato della maggiore durata dell’azione della forza di gravità sulle stelle rispetto al secondo.
Ad un livello più generale l’analogia con il mondo organico fornì a Herschel il modo per esprimere le proprie intenzioni ed i propri risultati. Possiamo affermare ciò perché riflettendo sull’esempio del giardino, del naturalista, della serie di ritratti vediamo vedere come mutarono gli specimen scelti dal mondo organico per descrivere i cambiamenti osservati fra i corpi celesti, e questo non fu altro che una conseguenza della teoria seguita in quel momento da Herschel.
Ho scelto di intitolare questo capitolo “If I may so express myself…” perché in molte circostanze il nostro astronomo preferì introdurre una qualche analogia, scusandosi con i lettori e gli uditori delle sue parole per l’arditezza del parallelismo proposto. Questa riflessione ci aiuterà a capire che si trattava di una somiglianza che riguardava soltanto alcuni aspetti dei fenomeni senza però arrivare ad ipotizzare la possibilità di una biologia dei corpi celesti, se così posso esprimermi. Questa cautela è spiegata dalla stessa definizione di analogia data da Herschel nei primi anni della sua attività astronomica. Sin dalle sue prime osservazioni egli si era accorto che la distanza rendeva impossibile raggiungere i corpi celesti in modo che fossero conoscibili tutte le loro caratteristiche. Diventava quindi necessario trovare un modo per superare questa difficoltà. La soluzione fu trovata nel riconoscimento di somiglianze fra i corpi celesti e la Terra. In questo modo alcune caratteristiche del nostro pianeta che erano riconosciute comuni agli altri pianeti potevano servire da ponte per estendere fenomeni terrestri agli oggetti osservati, ad esempio il fatto che sul sole ci fosse un’atmosfera simile a quella terrestre poteva aiutare l’astronomo a sostenere che anche l’atmosfera solare potesse essere soggetta a turbolenze simili agli uragani terrestri402. Degne di nota per questa nostra riflessione sono le parole con cui Herschel difese negli appunti alcune sue conclusioni sulla Luna:
perhaps conclusions from the analogy of things may be exceedingly different from the truth; but as in things beyond the reach of observations, we have no other way to come at knowledge, the imperfection of these arguments may in some measure be excused; and I may venture to say that if we do not carry the matter so far and argue a perfect resemblance, we must allow great weight to arguments taken from this source. For instance, seeing that our Earth is inhabited and comparing the Moon with this planet finding that in such a Satellite there is a provision of light and heat, and in all appearance a Soil proper for habitation, full as good as ours if not perhaps better, who can deny that it is extremely probable, nay certain that there must be inhabitants there of some kind of another?403
402 W. Herschel (1801) in HSP (2003), vol. 2, p.169. 403RAS MS Herschel W.3\1.4 p.7.
Questo brano è altamente esplicativo dell’importanza che, nel corso degli anni, Herschel attribuì ad argomenti di questo genere. Come osservatore egli distinse caratteri nei fenomeni astronomici che egli considerava simili a quelli terrestri. Operando su questa base egli tentò di dimostrare conclusioni che altrimenti avrebbero potuto apparire insensate: l’abitabilità del sole e quella degli altri corpi celesti furono nel corso degli anni assunte anche sulla base di diverse caratteristiche. La somiglianza fra la Terra e la Luna, la presenza di un corpo planetario nel Sole insieme alle diversità osservabili negli animali, oppure l’adozione della teoria della variabilità a eclissi per la stella Algol furono in varie circostanze prese come premessa per argomenti analogici su cui dimostrare la teoria della pluralità dei mondi abitati. In misura minore l’uso dell’analogia servì al nostro astronomo anche per impostare il proprio lavoro: nella rotazione dei pianeti fu ricercato il mezzo per stabilire la misura esatta del giorno terrestre, i noti effetti della gravità nella conformazione dei pianeti furono usati per valutare i tempi di costituzione degli esemplari di nebulose raccolti.
Infine nei cambiamenti osservati nei corpi organici furono ricercati dei modi per esprimere quelli, di natura meccanica, che Herschel cercava di spiegare nella propria cosmologia per illustrare le formazioni e le interazioni osservabili nell’universo. Del resto questo tipo di argomenti avrebbe dovuto aiutarlo a raggiungere fenomeni altrimenti irraggiungibili ed è comprensibile che, partendo da questa premessa, egli avesse basato le proprie comunicazioni su esempi di situazioni basate sulla somiglianza fra l’attività di un astronomo e quella di uno storico naturale. Questa similitudine a sua volta era giustificata dall’analogia fra mondo organico e mondo astronomico, che però aveva, per l’astronomo, valenza puramente descrittiva.
In più di un’occasione Herschel aveva paragonato la propria attività di astronomo a quella di un comune naturalista. Le somiglianze riguardarono di volta in volta l’attività di classificazione degli esemplari e la loro ricerca. In altre circostanze fu lo stesso universo ad essere paragonato ad una biblioteca oppure ad un giardino dove rintracciare e ordinare un vasto numero di specimen. Una prima occasione in cui ciò avvenne risale alla memoria sulla ricerca della parallasse delle stelle, e ricalca un’espressione galileiana nell’ipotizzare che la natura potesse offrire una testimonianza paragonabile, se non superiore, a quella data dalla letteratura scientifica a cui il nostro astronomo potrebbe arrivare leggendo le opere degli altri studiosi:
I took some pains to find out what doble stars had been recorded by astronomers; but my situation permitted me not to consult extensive libraries, nor indeed was it very material: for as I intended ti view the heavens myself, Nature, that great volume appeared to me to contain the best catalogue upon this occasion.404
Oltre a ricordare il più famoso brano di Galileo405, questo brano giustificava la premura con cui il nostro autore si era dedicato alla loro osservazione e la sua scarsa conoscenza di quanto detto sulle stelle doppie dagli astronomi che prima di lui si erano avvicinati a questo argomento. Inoltre, questa citazione anticipa altri luoghi dell’opera herscheliana in cui l’universo è visto come un campionario in grado di aiutare l’osservatore a migliorare la conoscenza dei corpi celesti in esso contenuti. Il volume della natura che viene nominato nel 1782, ricorda il giardino lussureggiante dell’esempio contenuto nel secondo catalogo di nebulose in cui l’osservatore può cogliere vari esemplari di una stessa tipologia allo stesso modo in cui un botanico potrebbe rilevare più esempi di una stessa pianta indicativi ciascuno di un diverso momento della sua vita406. L’idea che
404 W. Herschel (1782) in HSP (2003), vol. 1, p.48. 405
Questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri né quali è scritto.
Galileo Galilei, Opere vi
l’osservazione possa fornire la visione di un insieme di esemplari si arricchisce nel 1802 quando nell’ultimo catalogo di nebulose Herschel paragonò le sue precedenti collezioni ad una biblioteca in cui regni un errato criterio di ordine407. In quella stessa comunicazione, anzi, poche righe prima dell’esempio della biblioteca Herschel aveva definito la propria opera come:
our natural history, as it may be called, of the heavens.408
La storia naturale dell’universo, che qui viene nominata espressamente, ritorna, come abbiamo visto, in una serie di metafore in cui i lavori dell’astronomo e quello del naturalista divennero sempre più simili l’uno all’altro. Lo storico naturale ricerca nella conformazione del paesaggio che sta osservando, oppure nei diversi esemplari che può rintracciarvi, una testimonianza che lo aiuti a interpretare e a organizzare i campioni raccolti. Allo stesso modo l’astronomo dovrà far tesoro degli oggetti osservati per poterli interpretare e ricostruire i processi che hanno portato alla loro formazione. Questa similitudine emerge ad esempio nel primo scritto dedicato alla Construction of the Heavens nel 1784:
By taking more time I should Undoubtedly be enabled to speak more confidently of the interior construction of the heavens, and its various nebulous and sidereal
strata (to borrow a term from the natural historian) of which this paper can as yet
only give a few outlines, or rather hints.409
il paragone con lo storico naturale, insieme alla convinzione che fosse necessaria l’introduzione della dimensione della profondità accanto alle coordinate della declinazione e dell’ascensione retta, portò il nostro astronomo ad ipotizzare che in futuro, con il miglioramento della strumentazione astronomica, l’osservazione dell’universo potesse diventare simile a quella delle montagne:
407 W. Herschel (1802b) in HSP (2003), vol. 2, p.199 408 W. Herschel (1802b) in HSP (2003), vol. 2, p.199
In future, therefore, we shall kook upon those regions into which we may now penetrate by means of such large telescopes, as a naturalist regards a rich extent of ground or chain of mountains, containing strata variously inclined and directed, as well as consisting of very different materials.410
Ancora più evidentemente l’analogia fra il metodo dello storico naturale e dell’astronomo emerse in un brano di “On the Construction of the Heavens” del 1785 in cui Herschel parlò delle sue descrizioni delle nebulose, e delle conclusioni che da queste aveva tratto definendole simili a un disegno dal vero:
I believe, it will be found, that the foregoing theoretical view with all its consequential appearances, as seen by an eye inclosed in one on the nebulae, is no other than a drawing from nature, wherein the features of the original have been closely copied; and I hope the resemblance will not be called a bad one, when it shall be considered how very limited must be the pencil of an inhabitant of so small and retired a portion of an indefinite system in attempting the picture of son unbounded an extent.411
Il riferimento al “drawing from nature” fa assomigliare le descrizioni degli esemplari e le spiegazioni che di questi sono state proposte ad una illustrazione effettuata osservando un esemplare. Il fattore visivo viene ulteriormente rafforzato dal richiamo alla limitatezza della nostra posizione rispetto a quanto può essere visto nell’universo e all’accenno che questa descrizione dal vero sia influenzata dalla posizione dell’osservatore, che avrà sempre una prospettiva limitata rispetto alla grandezza dell’universo. In ogni caso la rilevanza del cenno alla raffigurazione dal vivo aiuta ancora una volta ad illustrare la somiglianza fra l’astronomo, inteso nell’accezione voluta da Herschel, ed uno storico naturale. In entrambi i casi l’attività consiste nella ricerca e nell’osservazione degli esemplari, nella loro descrizione ed eventualmente nella loro raffigurazione, a cui lo studioso fa seguire una catalogazione ed il loro inserimento in una spiegazione in grado di illustrare i cambiamenti degli specimen e le loro relazioni con altri individui e altre specie. L’idea che era stata inizialmente formulata nella
410 W. Herschel (1784b) in HSP (2003), vol. 1, p.157- 158 411 W. Herschel (1785b) in HSP (2003), vol. 1, p.227
comunicazione sulla parallasse delle stelle, ovvero che la lettura del Libro della Natura, che in campo astronomico consiste nell’osservazione del cielo, possa supplire la quantità di esemplari necessari alla formulazione di teorie, si arricchì nel corso degli anni di suggestioni che riguardarono i diversi piani di somiglianza che si possono individuare fra l’astronomia e la storia naturale, e che Herschel stesso espresse nel brano del 1802 cui abbiamo fatto cenno precedentemente e su cui torneremo a breve. In un primo momento l’analogia l’aiutò a confrontare l’ambito celeste dell’astronomia con attività di ricerca caratterizzate dall’osservazione e dalla ricerca di un ordine. In questo contesto possiamo inserire l’esempio del 1785 in cui, oltre a usare il termine “strato” rubato alla storia naturale, Herschel descrisse gli strati composti da stelle e da nebulose a quegli strati geologici che possono essere osservati nei terreni e nelle montagne. In questo caso era l’attività di individuazione e di osservazione degli esemplari ad essere considerata comune alle due situazioni. Come lo storico naturale attraverso caratteristiche comuni riesce a individuare l’alternarsi di strati che, nel caso delle montagne, possono sovrapporsi anche con inclinazioni molto diverse l’uno dall’altro; allo stesso modo l’astronomo potrà seguire l’avvicendamento di strati di nebulose e stelle, ovvero di zone in cui si potrà assistere ad un susseguirsi di nebulose e stelle maggiormente concentrate rispetto alle zone vicine. Negli anni seguenti le metafore usate servirono piuttosto a sottolineare la ricerca di un ordine adeguato in cui inserire gli esemplari osservati. In questo contesto devono essere letti l’esempio del giardino proposto nel 1789, la catena dell’essere del 1791, l’esempio della biblioteca del 1802, e l’esempio della serie di ritratti del 1811. Ovviamente nelle tre situazioni descritte l’attenzione del nostro astronomo era volta soprattutto ad illustrare i cambiamenti osservati nei diversi individui e l’ordine che egli si proponeva di individuare era necessario affinché tali cambiamenti potessero mostrarsi in maniera coerente. Tornerò sul finire di questo capitolo a parlare dei tre esempi del 1789, 1791, e 1811, perché attraverso le loro diversità essi illustreranno l’evoluzione delle teorie cosmologiche di Herschel, per adesso mi limiterò a ricordare l’esempio della biblioteca perché risultino maggiormente comprensibili le intenzioni di questo genere di metafore:
The classification adopted in my catalogues, is little more than an arrangement of the objects for the convenience of the observer, and may be compared to the disposition of the books in a library, where the different sizes of the volumes is often more considered than their contents. But here in dividing the different parts of which the sidereal heavens are composed into proper classes, I shall have to examine the nature of the various celestial objects that have been hitherto discovered, in order to arrange them in a manner most conformable to their construction.412
Per capire come questa metafora possa bene illustrare la similarità fra l’ordine imposto ad una quantità di libri e la collezione di esemplari di nebulose dovremmo ricordarci alcune riflessioni contenute nel primo catalogo di classificazione delle stelle del 1796. In quelle pagine, infatti, Herschel rifletté sugli effetti di un ordine errato e sui benefici che al contrario si possono trarre da un’adeguata classificazione degli esemplari. Nello spiegare la necessità di riorganizzare le stelle delle diverse costellazioni in modo che potessero essere maggiormente evidenti i cambiamenti al loro interno, egli spiegò che i primi astronomi disegnarono i raggruppamenti delle stelle in maniera del tutto artificiosa, e attribuirono i nomi delle stelle arbitrariamente e in modo che le diverse stelle potessero essere più facilmente riconosciute, piuttosto che con l’intenzione di indicarne la luminosità:
Not to proceed any farther with particulars, we ought to account for this by allowing that FLAMSTEED did not compare the stars to each other, but referred each of them separately to its own imaginary standard of magnitude. This is the real source of all such cantradictions, which therefore cannot be charged to our author413.
Il nostro autore propose di inserire le stelle di ciascuna costellazione in una serie ordinata secondo un ordine decrescente della luminosità ritenendo che in questo modo gli eventuali cambiamenti della loro magnitudine apparente sarebbero stati più evidenti:
412W. Herschel (1802b) in HSP (2003), vol. 2, p.199. 413 W. Herschel (1796c) in HSP (2003), vol. 1, p.532.
We can certainly not wish for a more decisive evidence, than to be assured, by actual inspection, that a certain star is now no longer more or less bright than such a other stars to which it has been formerly compared; provided we are at the same time assured that those other stars remain still in their former unaltered lustre. But if the star D will no longer stand in its former order CDE, it must have undergone a change; and if that order is now to be expressed by CED, the star has lost some part of its lustre; if on the contrary, it ought now to be denoted by DCE, its brightness must have some addition. Then if we should doubt the stability of C and E, we have recourse to the orders BCD, and DEF, which express their lustre; or even to ABC, and EFG, which continue the series both ways.414
Nel caso delle stelle l’inserimento in una serie decrescente vincola i diversi esemplari in modo che il minimo cambiamento di uno di essi possa rivelarsi attraverso il sovvertimento dell’ordine imposto. Al contrario l’attribuzione di una magnitudine secondo uno standard arbitrario rende difficile la percezione delle alterazioni, e ancora più difficoltosa sarà l’individuazione della stella che ha subito quei cambiamenti. Nella stessa situazione sarebbe chi volesse cerare un libro all’interno di una biblioteca organizzata secondo le dimensioni dei volumi. In entrambi i casi i problemi spariscono se viene adottato un adeguato criterio di ordine: se le stelle di una stessa costellazione vengono inserite in una serie coerente, oppure se i volumi di una biblioteca vengono classificati per argomento. La classificazione degli esemplari in questo caso diventa un metodo di studio piuttosto che una finalità; nel caso del terzo catalogo di nebulose, invece, il fatto che Herschel continui ad adottare un ordine errato auspicando la formulazione di una nuova e più adeguata classificazione fa pensare che in quel caso la descrizione e la corretta organizzazione degli individui osservati sia parte integrante del suo studio, o meglio la sua stessa finalità. In un insieme ordinato di esemplari, in cui questi ultimi fossero organizzati in una serie in cui determinati caratteri si rivelassero gradualmente più intensi, o meno appariscenti, l’osservazione aiuterebbe a capire come il processo di formazione di quegli individui si sia attuato attraverso l’azione di una, o più forze. La collezione di esemplari proposta nei tre cataloghi di nebulose e clusters di
414 W. Herschel (1796c) in HSP (2003), vol. 1, p.534.
stelle era basata sull’individuazione di una determinata caratteristica fisica, l’estensione per le nebulose, e la luminosità per gli aggregati. In ogni caso queste qualità non erano sufficienti a classificare tutti gli esemplari, e dovettero essere create una quarta e quinta classe in cui erano inserite le nebulose planetarie, e tutti quegli individui che caratteri particolari distinguevano da nebulose più o meno estese e cluster più o meno compressi. Un primo tentativo di migliorare la classificazione fu fatto nel 1802, quando Herschel fece precedere il terzo catalogo ad una serie di riflessioni in cui le descrizioni degli esemplari furono suddivise in dodici categorie. La corretta categorizzazione fu finalmente raggiunta nel 1811 e nel 1814 quando i 2500 esemplari furono dapprima divisi in parte nebulosa e parte stellare e infine queste ultime in una serie dettagliata di classi la cui successione avrebbe reso maggiormente evidente la connessione fra i diversi tipi di esemplari.
I passi che hanno portato alla riorganizzazione di quella biblioteca disordinata dimostreranno il modo in cui il nostro astronomo ha lavorato nel corso degli anni. Possiamo rintracciare un primo tentativo di divisione degli esemplari secondo la loro descrizione nelle cinque forme spiegate in “On the Construction of the Heavens” del 1785415. Come si ricorderà in quelle pagine furono descritti i possibili modi in cui si sarebbe realizzata l’aggregazione delle stelle. Nelle prime due situazioni una stella più grande, oppure due stelle particolarmente vicine l’una all’altra avrebbero attratto le stelle circostanti; il risultato nel primo caso sarebbe stato un raggruppamento globulare, nell’altro si sarebbe ottenuta una forma più irregolare. La terza e la quarta figura erano date dalla reiterazione delle figure precedenti e per questo sarebbero state caratterizzate da una grande irregolarità dei loro contorni. Infine l’ultimo risultato possibile del progredire della condensazione delle stelle sarebbe stato il vuoto lasciato dalle stelle attratte dal proprio centro. L’anno successivo Herschel pubblicò il primo dei tre cataloghi di nebulose e clusters di stelle. In quei cataloghi gli esemplari erano suddivisi in otto categorie, organizzate considerando la luminosità e l’estensione delle nebulose, e la compressione osservabile all’interno dei clusters, e due classi in cui erano raccolti gli
esemplari più problematici come le nebulose planetarie. L’elenco di queste otto partizioni è :
1. Bright nebulae 2. Faint nebulae 3. Very faint nebulae
4. Planetary nebulae, Stars with burs, with milky chevelure, with short rays, remarkable shapes, &c.
5. Very large nebulae
6. Very compressed and rich clusters of stars
7. Pretty much compressed clusters of large or small stars 8. Coarsely scatterd clusters of stars
Come possiamo vedere dall’elenco la classificazione proposta era basata sulla gradazione di caratteri considerati tipici. Possiamo supporre che un’organizzazione del genere non fosse considerata sufficientemente esaustiva della natura degli esemplari soprattutto se pensiamo che nel 1789, tre anni dopo il suo primo utilizzo, il secondo catalogo di nebulose fu accompagnato da una serie di “remarks” teorici che ampliarono la descrizione e la spiegazione degli esemplari fornendo un’ipotesi sulla loro formazione. La stessa classificazione fu mantenuta anche nel terzo ed ultimo catalogo di nebulose, ma come sappiamo in quel caso la teoria adottata da Herschel era ormai cambiata e lui stesso spiegò, ricorrendo all’analogia con una biblioteca, che quell’ordine era stato riutilizzato per comodità in attesa di ricollocare i singoli esemplari in una nuova classificazione. Non a caso all’inizio di quella comunicazione Herschel pose dei paragrafi che illustravano dodici possibili categorie in cui inserire i corpi celesti osservati fossero essi di natura nebulosa o stellare. I titoli dei paragrafi che illustravano le dodici classi degli oggetti che partecipano alla “Construction of the Heavens”416 sono: 1. Of insulated Stars
416 Lo stesso Herschel aveva intitolato l’insieme delle dodici parti “ Enumeration of the parts that enter
2. Of Binary sidereal Systems, or double Stars
3. Of more complicated sidereal Systems, or treble, quadruple, quintuple, and multiple Stars
4. Of clustering Stars, and the milky- way 5. Of Groups of Stars
6. Of Clusters of Stars 7. Of Nebulae
8. Of Stars with Burs, or Stellar Nebulae 9. Of Milky Nebulosity
10. Of nebulous Stars 11. Planetary Nebulae
12. Of Planetary Nebulae with Centres
Le dodici categorie racchiudono sia oggetti nebulosi (le categorie dalla ottava alla dodicesima) sia oggetti di natura stellare. L’insieme delle spiegazioni descrive come la forza di gravità eserciti la propria azione, spiegando l’interazione e le possibili orbite delle stelle intorno ad un centro attrattivo, oppure come possa avvenire il passaggio dai diversi tipi di nebulosità. La definitiva catalogazione degli specimen si realizzò nel 1811 e nel 1814 nell’unione di due comunicazioni presentati in quei due anni. La partizione minuziosa degli esemplari si articolò in un numero elevato di paragrafi contenenti la descrizione di esemplari considerati rappresentativi e l’elenco dell’insieme degli oggetti inseribili in quei raggruppamenti prendendo come riferimento i tre cataloghi precedentemente pubblicati. Nello scritto riguardante la parte nebulosa della “Construction of the Heavens” i paragrafi contenenti la descrizione degli esemplari furono 34 a cui ne seguì un ultimo dedicato alle conclusioni, i titoli delle singole partizioni sono:
1. Of extensive diffused Nebulosity
2. Observations of Nebulosities that have not been published before 3. Of Nebulosities joined to Nebulae
4. Of detached Nebulosities 5. Of milky Nebulae
6. Of milky Nebulae with condensation
7. Of Nebulae which are brighter in more than one Place 8. Of double nebulae with joined Nebulosity
9. Of double Nebulae that are not more than two Minutes from each other 10. Of double Nebulae at a greater Distance than 2’ from each other
11. Of treble, quadruple, and sextuple Nebulae 12. Of the remarkable Situation of Nebulae 13. Of very Narrow long Nebulae
14. Of extended Nebulae
15. Of Nebulae that are of an irregular Figure 16. Of Nebulae that are of an irregular round Figure 17. Of round Nebulae
18. Of Nebulae that are remarkable for some particularity in Figure or Brightness 19. Of Nebulae that are gradually a little brightes in the middle
20. Of Nebulae which are gradually brighter in the middle 21. Of Nebulae that are gradually much brighter in the middle 22. Of Nebulae that have a Cometic appearance
23. Of Nebulae that are suddenly much brighter in the middle
24. Of round Nebulae increasing gradually in brightness up to a Nucleus in the middle 25. Of Nebulae that have a Nucleus
26. Of extended Nebulae that shew the progress of Condensation 27. Of round Nebulae that shew the Progression of Condensation 28. Of round Nebulae that are of an almost uniform Light
29. Of Nebulae that draw progressively towards a Period of a final Condensation 30. Of Planetary Nebulae
31. Of the Distance of the Nebulae in the Constellation of Orion 32. Of Stellar Nebulae
33. Of Stellar Nebulae nearly approaching to the Appearance of Stars 34. Of doubtful Nebulae
35. Concluding Remarks
A parte poche sezioni la serie dei paragrafi definisce il progressivo sviluppo delle nebulose osservate mostrando come l’azione progressiva di una forza centrale, che nel corso della comunicazione viene dimostrato essere la gravità, determini la coagulazione della materia nebulosa. Il risultato ottenuto è che nel complesso viene delineata una successione in grado di unire coerentemente i due estremi di questa prima parte della serie, ovvero la nebulosità fievole estesa e oggetti che, come le Stellar Nebulae, sono difficilmente distinguibili dalle stelle. All’inizio della comunicazione Herschel giustificò il grande numero di raggruppamenti descritti facendo appello alla necessità di mostrare come ogni oggetto delle singole classi potesse mostrare una marcata somiglianza con quelli delle classi immediatamente precedenti e successive. Su questo punto torneremo sul finire del capitolo, per adesso occorre vedere come la stessa somiglianza sia rintracciabile non soltanto fra gli elementi delle singole classi della serie contenenti gli oggetti di natura stellare, ma anche fra gli ultimi momenti descritti nel processo di condensazione della materia nebulosa ed i primi della serie riguardante la parte siderale dell’universo descritta tre anni dopo. I passi in cui si articola lo scritto del 1814 sono: 1. Of Stars in remarkable situations with regard to Nebuale
2. Of two stars with nebulosity between them
3. Of stars with nebulosities of various shapes attached to them 4. Of stars with nebulous branches
5. Of nebulous Stars
6. Of stars connected with extensive windings of nebulosity 7. Of small patches consisting of Stars mixed with nebulosity 8. Of objects of an ambiguous construction
9. Of the sidereal part of the Heavens 10. Of the aggregation of Stars
11. Of irregular Clusters
12. Of Clusters variously extended and compressed 13. Of Clusters of stars of a peculiar description 14. Of differently compressed Clusters of Stars
15. Of the gradual concentration and insulation of Clusters of Stars 16. Of globular Clusters of Stars
17. Of more distant globular Clusters of Stars 18. Of still more distant globular Clusters of Stars
19. Of a recurrence of the ambiguous limit of observation 20. Of the breaking up of the milky way.
A parte le sezioni dedicate al problema della distanza degli oggetti astronomici (ovvero l’ottava e la diciannovesima) l’insieme delle venti parti della serie mostra il progredire dell’azione della forza di gravità inizialmente sui residui della materia nebulosa, successivamente sulle singole stelle, infine l’ultimo paragrafo relativo alla scomposizione della Via Lattea in aggregati più piccoli mostra la possibile conclusione del processo aggregante. L’unione delle due comunicazioni del 1811 e del 1814, ed in particolare delle due serie di esemplari in esse descritte, ci mostra il modo in cui Herschel organizzò i 2500 esemplari raccolti in quasi quaranta anni di osservazioni. La formulazione della serie porta alla realizzazione di una collezione rispettosa della natura degli esemplari, oppure per usare lo stesso parallelismo proposto anni prima dal nostro astronomo, ad una riorganizzazione corretta dei volumi di una biblioteca altrimenti inservibile. L’osservazione e la descrizione degli esemplari permisero a Herschel di realizzare quell’analisi dell’universo che aveva dichiarato essere la finalità ultima del suo lavoro di astronomo. Soltanto attraverso un attento esame di ogni oggetto egli poté proporre una classificazione, e di conseguenza una teoria che delineasse la struttura dell’universo, allo stesso modo in cui l’analisi di uno specimen, o di una sua parte, permette allo storico naturale di ricostruire animali ormai scomparsi e di azzardare ipotesi relative alla loro esistenza. La prossima sezione sarà proprio dedicata alle
metafore con cui Herschel propose un parallelismo fra il suo modo di analizzare gli esemplari e l’attività di uno storico naturale.
Herschel storico naturale dell’universo.
Abbiamo visto nelle pagine precedenti che la curiosità verso i problemi della storia naturale comparve nella biografia di Herschel sin dai primi momenti del suo avvicinamento all’attività scientifica. Alcune lettere, inoltre, lasciano intendere che anche negli anni della maturità egli si lasciò coinvolgere dai problemi relativi alla classificazione delle pietre e delle farfalle 417. Ciò che ci interessa in queste pagine sono quei momenti in cui egli sentì il proprio lavoro tanto simile a quello di uno storico naturale da prenderlo ad esempio per giustificare le proprie riflessioni. Nello scritto a proposito della parallasse delle stelle fisse, per giustificare il proprio metodo e la forma con cui aveva organizzato le proprie osservazioni Herschel dichiarò:
The naturalist does not think himself obliged to account for all the phaenomena he may observe; the astronomer and optician may claim the same privilege.418
La richiesta dello stesso privilegio che era stato accordato al naturalista rimase una costante nell’opera del nostro astronomo. L’argomentazione per analogia gli aveva spesso permesso di superare, seppure in via approssimativa l’enorme distanza che lo separava dagli oggetti osservati. Questa difficoltà differenziava l’astronomia voluta da Herschel dal lavoro di un qualunque naturalista che, come abbiamo detto in precedenza può osservare, toccare e sezionare gli oggetti di sua competenza. Fu probabilmente la volontà di far sembrare i propri ragionamenti meno astratti a spingerlo a ribadire più volte il parallelismo che egli aveva individuato con la storia naturale degli oggetti
417 Si prenda ad esempio la lettera RAS MS Herschel W.1\13.M. 7 in cui viene fornito al nostro astronomo
un metodo per esaminare le farfalle, o anche la corrispondenza con il generale Komarzewski, in cui spesso emergono frammenti di conversazioni di carattere mineralogico, di cui il generale era appassionato. RAS MS Herschel W.1\13 K.15; RAS MS Herschel W.1\13 K.16; RAS MS Herschel W.1\13 K.17. In tutte queste lettere viene nominato anche Sir Joseph Banks, e sembra che Herschel abbia svolto la funzione di intermediario fra i due, in particolare nelle lettere K.16 e K.17 egli ha spiegato a Banks un esperimento sui diamanti che il generale gli aveva raccontato, e aveva posto a Komarzewski le domande dell’altro.
terrestri. Nelle pagine precedenti abbiamo più volte incontrato questo tipo di metafora, ed anche all’inizio del capitolo abbiamo ribadito questa somiglianza cui il nostro astronomo era più volte ricorso. La volontà di stabilire una storia naturale dei cieli comportò una somiglianza fra i due campi di ricerca che non riguardò soltanto le loro finalità ma che, come abbiamo visto nelle pagine precedenti, toccava in un certo senso gli oggetti della ricerca, il modo di concepire il lavoro, ed infine riguarderà alcuni dei concetti usati.
Lo storico naturale fu considerato una pietra di paragone da Herschel in varie occasioni soprattutto per rimarcare il diverso grado di difficoltà che le sue riflessioni avevano. Ad esempio, nel corso dei Remarks introduttivi al secondo catalogo di Nebulose, egli si chiese il motivo per cui l’astronomo avrebbe dovuto precludersi la possibilità di ricercare nei fenomeni astronomici, le cause naturali che ne hanno determinato la formazione:
Why should we be less inquisitive than the natural philosopher, who sometimes even from an inconsiderable number of specimens of a plant, or an animal, is enabled to present us with the history of its rise, progress, and decay? Let us then compare together and class some of these numerous sidereal groups, that we may trace the operations of natural causes as far as we can perceive their agency.419
Nel quarto capitolo abbiamo tentato di rintracciare i passi con cui avvenne la dimostrazione che fosse la forza di gravità a guidare i processi cosmologici descritti. A questo punto delle nostre riflessioni possiamo concludere che egli avesse tentato di mostrare come avvenisse il processo cosmologico proprio attraverso una serie di esemplari in tutto simile a quella che avrebbe potuto proporre uno storico naturale. Il fatto che egli parlasse della necessità di raccogliere e classificare adeguatamente un vasto numero di individui dimostra quanta fiducia Herschel avesse nella catalogazione proposta in quella comunicazione. Il richiamo ai grandi successi raggiunti dai naturalisti che attraverso frammenti di fossili erano in grado di ricostruire lo scheletro di un animale, o di una pianta, e di raccontare le dinamiche dello sviluppo di un esemplare,
potrebbe far pensare che il nostro astronomo prevedesse di poter ottenere gli stessi risultati in ambito astronomico. Una volta che fosse stata riconosciuta la forza che guida quelle trasformazioni, un’adeguata classificazione degli esemplari avrebbe permesso di contemplare lo sviluppo di quegli oggetti, sostituendo alla visione diretta della sua attuazione, una contemplazione d’insieme della totalità delle tipologie degli esemplari. Come sappiamo nello stesso articolo è presente l’esempio del giardino che sarebbe dovuto servire a giustificare quel tipo di approccio, e la maggiore differenza che Herschel vide fra un comune giardino e l’universo riguardava la durata dei processi che vi avvenivano. Su questo esempio in particolare avremo modo di soffermarci sul finire del capitolo quando sarà confrontato con l’analogia del 1791 e quella del 1811. Per adesso mi limito ad anticipare che l’esempio del 1791 propose quella che probabilmente fu la migliore analogia con lo storico naturale. L’esempio proposto in quella circostanza toccò, infatti, più di un aspetto di quella somiglianza. Inizialmente furono descritte le difficoltà del naturalista nell’organizzare esemplari appartenenti a specie diverse in modo coerente formando una serie che unisca i due estremi del perfetto animale e del perfetto vegetale. I dubbi dello studioso in proposito riguardavano il punto in cui il regno animale terminasse e iniziasse il regno vegetale, e lo stallo diventava tanto importante da fargli dubitare che esistesse realmente una separazione fra i due regni. Questo problema sarà affrontato alla fine del capitolo attraverso il confronto con le altre analogie citate prima. Nell’esempio di cui stiamo parlando lo storico naturale era aiutato dall’osservazione dei perfetti rappresentanti dei due regni naturali. Il prosieguo del ragionamento proposto da Herschel interessa le nostre presenti riflessioni poiché descriveva il modo in cui il naturalista può superare uno scoglio che, al contrario, rimane insuperabile per l’astronomo:
But recollecting himself, he [the natural philosopher] compares, for instance, one of the human species to a tree, and all doubt upon the subject vanishes before him. In the same manner we pass through gentle steps from a coarse cluster of stars, such as the Pleiades, the Praesepe, the milky way, the cluster in the Crab, the nebula in Hercules, that near the preceding hip of Bootes, [...] without any hesitation, till we find ourselves broughtto an object such as the nebula in Orion,
where we are still inclined to remain in the once adopted idea, of stars exceedingly remote, and inconcevaibly crowded, as being the occasion of that remarkable appearance. It seems, therefore, to require a more dissimilar object to set us right again. A glance like that of the naturalist, who casts his eye from the the perfect animal to the perfect vegetable, is wanting to remove the veil from the mind of the astronomer.420
L’osservatore di animali o vegetali ha a disposizione l’osservazione di quegli esemplari che possano mostrare perfettamente i caratteri tipici del regno naturale di cui fanno parte. Particolarmente degno di nota mi sembra essere l’affermazione “A glance like that of the naturalist, who casts his eye” perché mette in luce la necessità di riuscire a percepire le differenze fra gli esemplari e perché sottolinea come l’osservazione possa servire per far esercitare l’occhio a riconoscere ed interpretare le differenze fra gli esemplari. Nel caso della nebulous star cui Herschel si riferisce, essa non rappresentò l’estremo della serie, poiché quel ruolo era occupato dagli esemplari simili alla M42 in Orione, ma mostrò dei caratteri tali da convincere Herschel che in essa coesistessero una parte nebulosa e una di natura stellare. Quindi l’osservazione di un esemplare particolare mise Herschel nella condizione di vincere i suoi dubbi e di convincerlo dell’esistenza della vera nebulosità, allo stesso modo in cui l’osservazione di un uomo e di una pianta possono convincere il naturalista dell’effettiva separazione fra animali e vegetali. Una condizione del genere era stata descritta anche due anni prima all’interno dell’esempio del giardino quando, allo storico naturale fu concesso di scegliere fra l’osservazione diretta dello sviluppo di una pianta, oppure la raccolta di specimen rappresentativi di diversi momenti della sua vita seguita dal loro inserimento in una collezione che ne illustri lo svolgimento. L’astronomo, al contrario, era costretto dalla lunghezza delle attuazioni dei processi cosmologici ad adottare una prospettiva sincronica421. Questo stato di cose forzò Herschel a redigere una serie di specimen in cui gli individui raccolti potessero essere ordinati in modo da descrivere le trasformazioni degli oggetti astronomici. Mi sembra opportuno in proposito sottolineare un carattere comune ai due
420W. Herschel (1791) in HSP (2003), vol. 1, p.416. 421 W. Herschel (1789b) in HSP (2003), vol. 1, p.337.
esempi considerati. In entrambi i casi viene presentato un problema che riguarda sia l’astronomo che lo storico naturale. Quest’ultimo è però facilitato nel trovare una soluzione dalla minore durata dei processi di sviluppo degli esemplari da lui studiati (come nel caso dell’esempio del 1789), oppure dalla maggiore facilità della loro osservazione (esempio del 1791). Possiamo, quindi, già da ora individuare un andamento simile fra le due situazioni. Come ho già anticipato, il legame fra queste due analogie non era però limitato a questo e torneremo su questo argomento nelle conclusioni di questo capitolo. Sempre nel secondo catalogo di nebulose Herschel accennò alle proprie difficoltà nello studio della cosmologia definendo il proprio metodo come l’unico in grado di illustrare le trasformazioni dei corpi celesti:
the method I have taken of analyzing the Heavens, if I may so express myself, is perhaps the only one by which we can arrive at a knowledge of their construction.422
L’analisi dei corpi presenti nell’universo era, quindi, permessa soltanto dalla loro osservazione e catalogazione, e solamente procedendo in questo modo Herschel ritenne possibile indagare la loro natura altrimenti inconoscibile con i mezzi dell’epoca. Ancora una volta vediamo che in questo brano ritorna una formula che evidenzia la prudenza con cui il nostro astronomo aveva introdotto il termine “analyzing the heavens” e la consequenziale giustificazione del metodo adottato.
In questa sezione abbiamo affrontato i punti di somiglianza fra il lavoro di un astronomo come Herschel e quello di uno storico naturale, nella prossima sezione vedremo un altro aspetto di questa convergenza considerando alcune delle situazioni in cui gli argomenti esaminati spinsero il nostro autore ad usare in ambito astronomico dei concetti appartenenti alla storia naturale.
422 W. Herschel (1789b) in HSP (2003), vol. 1, p.329.
Specimens e Specie: l’uso di termini storico naturali nella cosmologia herscheliana.
La volontà di Herschel di introdurre in astronomia un approccio storico naturalistico fu affermata più volte nel corso degli anni. Generalmente in quelle situazioni veniva contemporaneamente ribadita la necessità di fondare l’attività astronomica sull’attenta osservazione degli esemplari, ad esempio nel terzo catalogo di nebulose del 1802 venne affermato:
Since the publication of my former two catallogues of nebulae, I have in the continuation of my telescopic sweeps, met with a number of objects that will enrich our natural history as it may be called, of the heavens.423
Questa propensione alla storia naturale lo spinse a inserire nelle proprie riflessioni categorie e formule generalmente usate in quel contesto. Una situazione esemplare è rappresentata dall’uso del termine stratum che comparve nei due primi scritti sulla Construction of the Heavens424 per poi scomparire nelle comunicazioni successive alla Royal Society. In altre occasioni Herschel parlò di natura per definire la composizione o l’aspetto degli esemplari osservati425. Particolarmente degne di nota sono quelle circostanze in cui egli usò termini come specimen, kind e pattern per definire i propri esemplari. Il termine specimen fu senza dubbio il più impiegato, mentre il termine kind comparve soprattutto negli appunti per definire la tipologia cui quell’oggetto apparteneva e talvolta era utilizzato in sostituzione di appearance come nel caso di
423 W. Herschel (1802b) in HSP (2003), vol. 2, p.199.
424 W. Herschel (1784b) in HSP (2003), vol. 1, p.157-158;160;
W. Herschel (1785b) in HSP (2003), vol. 1, p.223.
425 “Starry nature” e “Planetary nature”
Milky kind426 o cometic kind427. Più interessante mi sembra essere il caso del termine pattern che comparve soltanto una volta negli scritti herscheliani. Questa dizione venne usata a proposito della nebulous star osservata nel novembre del 1790 che, come sappiamo, determinò l’abbandono della precedente teoria cosmologica:
This last object is so decisive in every particular, that we need not hesitate to admit it as a pattern, from which we are authorized to draw the following important consequences.428
Il termine pattern aiutò, probabilmente, Herschel a indicare la straordinarietà della struttura e della composizione di quell’esemplare tanto importante da costringerlo a mutare le proprie idee ed a reinterpretare gli altri esemplari che mostravano un aspetto simile a quello della NGC1514. La straordinarietà di quella nebulous star, come sappiamo, consisteva nella connessione individuabile fra il corpo centrale, simile ad una stella, e l’aureola che la circondava, d’aspetto nebuloso. A questa particolarità doveva essere aggiunta l’impossibilità di inserire entrambe le parti della nebulous star negli standard specifici degli oggetti di natura stellare. Al problema dell’individuazione dei caratteri propri di una qualunque specie, e della conformità degli individui ad essi, dedicheremo il resto di questa sezione. L’importanza di questo problema riguarda sia l’ambito puramente astronomico, poiché la possibilità di stabilire le dimensioni reali dei corpi celesti permette di ipotizzarne la distanza dall’osservatore, sia la riflessione sulla contaminazione fra astronomia e storia naturale. La ricerca di standard su cui basare l’interpretazione degli esemplari raccolti richiama la questione della definizione di
426 Una prima occorrenza di Milky kind risale al 14 marzo 1784 quando Herschel scrisse:
A pretty large, faint Neb.; the nebulosity is of the Milky kind. RAS MS Herschel W.2\1.7. p. 12.
427Sempre il 14 marzo del 1784, Herschel descrisse l’esemplare M96:
A fine bright neb much like the former [M95] but the brightest part in the middle is more joined to the Nebulosity, and the bright part tho‘ not quite so vivid as that in the former is rather larger. It may still be called cometic tho‘ it begins & depart a little from that kind. I suppose it to be Mess 96.
RAS MS Herschel W.2\1.7. p. 12.
specie i cui appartenenti rispettino determinati canoni. Sin dai primi anni della sua attività astronomica Herschel tentò di definire le dimensioni dei corpi celesti e di interpretare i risultati delle osservazioni anche ragionando sul loro aspetto. Come abbiamo visto nel quarto capitolo, egli, già nel 1775, aveva affrontato il problema delle dimensioni delle stelle, ed in quella prima circostanza aveva implicitamente ammesso considerevoli variazioni tanto da far risultare la magnitudine apparente delle singole stelle non soltanto dalla lontananza ma anche dalla dimensione fisica dell’esemplare. Il richiamo al concetto di specie risale a qualche anno dopo quando nel rispondere alle critiche di Maskelyne il nostro astronomo fece appello all’idea che fosse ipotizzabile una media dei caratteri degli esemplari di una stessa specie, fossero essi piante, animali, o anche corpi celesti. Il 28 aprile 1782 Herschel scrisse al Royal Astronomer Nevil Maskelyne per rispondere ad alcuni dubbi di quest’ultimo a proposito dei presupposti teorici adottati in “On the Parallax of the fixed Stars”. La perplessità di Maskelyne riguardava in particolare la convinzione che le stelle avessero tutte dimensioni simili a quella del Sole. La risposta di Herschel merita di essere citata per esteso:
I only mean this in the same extensive signification in which we affirm that one with another Men are of such or such a particular hight. This does neither exclude the dwarf, nor the giant. An oak- tree also is of a certain general size tho’ it admits of very great variety. And when we consider the vast extent of relative magnitudes we shall soon allow that by mentioning the size of a Man or of an Oak- tree we speak not without some real limits; for, tho’ one man may differ much in size from another yet, are they both sufficiently distinguished from much larger objects such as a mountain, or much smaller as particle of dust. If we see such conformity in the whole animal and vegetable kingdoms, that we can without injury to truth affix a certain general Idea to the sizes of the species it appears to me highly probable and analogous to Nature, that the same regularity will hold good with regard to the fixt stars.429
L’intenzione di Herschel era, probabilmente, far capire a Maskelyne che l’affermazione di una somiglianza delle dimensioni delle stelle “one with another” riguardava la possibilità di individuare uno standard specifico per le stelle come era possibile fare per
gli animali e le piante. Il nostro astronomo prevedeva di indebolire la premessa ammettendo una media della grandezza delle stelle, ed allo stesso tempo delle eccezioni. Un uomo può essere paragonato con altri appartenenti alla sua stessa specie, un nano oppure un gigante, ma non potrà essere confrontato con una particella di polvere oppure con una montagna. L’argomentazione continuava su questa falsa riga confrontando un astronomo che volesse stabilire le dimensioni delle stelle da una singola osservazione con chi volesse conoscere la statura media di un uomo misurando un solo soggetto:
If a person desirous of knowing the common stature of a man, were to measure the first person he chanced to meet with and no other it is possible it might be deceived tho’ even there a certain limit would take place; yet, if he were but to measure one score of them promiscuosly taken we should find that he would not be far from the mark.430
La lettera proseguiva citando Michell e altri punti che il nostro astronomo considerava favorevoli alla propria teoria, ciò su cui vorrei soffermarmi in questa sezione è però l’argomentazione che viene sostenuta attraverso i due brani citati. In altre occasioni avevamo sostenuto che i due principi teorici dell’omogeneità di dimensioni e distribuzione delle stelle erano necessari per l’interpretazione degli oggetti osservati, e che per questo motivo Herschel aveva faticato a rigettarli anche in quelle occasioni in cui era l’osservazione stessa a contraddirli. L’atteggiamento ambiguo con cui egli aveva affrontato il problema emergerà nei brani che ho scelto per mostrare come Herschel abbia affrontato nel corso degli anni il problema delle dimensioni specifiche. Già da queste citazioni possiamo vedere come l’argomentazione a sostegno della omogeneità riscontrabile in alcuni caratteri delle stelle fosse basata su esempi tratti dal mondo organico; è, infatti, alle specie del mondo animale o vegetale che il nostro astronomo richiamava l’attenzione del suo corrispondente per spiegare come le stelle fisse abbiano dimensioni riconducibili a una media.
FIGURA 15 estratto della lettera di Herschel a Maskelyne 28 aprile 1782.431
Del resto la somiglianza fra le stelle ed il Sole continuò ad aiutarlo ad estendere alle une e all’altro alcune qualità432. Su questo presupposto Herschel aveva anche affermato la necessità di studiare le prime per poter prevedere il futuro dell’altro, e di conseguenza del pianeta che abitiamo:
who, for instance, would not wish to know what degree of permanency we ought to ascribe to the lustre of our sun? Not only the stability of our climates, but the very existence of the whole animal and vegetable creation itself is involved in the question. Where can we hope to receive information upon this subject but from astronomical observations? of we be allowed to admit the similarity of stars with our sun as a point
431 Lettera di William Herschel a Nevil Maskelyne 28 aprile 1782.
RAS MS Herschel W.1\1.p. 49.
432 Una serie di argomentazioni analogiche basate sulla somiglianza Sole- stelle è contenuta in
established, how necessarity will it to take notice of the fate of our neighbouring suns, in order to guess at that of our own?433
Altre volte egli cercò di spiegare come il sole sarebbe potuto apparire allontanandolo alla distanza di una delle stelle434, oppure di ipotizzare attraverso loro magnitudine apparente come le stelle avrebbero potuto distribuirsi nello spazio435. L’idea di indagare la distanza degli astri sulla base della loro magnitudine apparente ammise da parte dello stesso Herschel delle eccezioni e lui stesso in più occasioni indebolì questa relazione e avvertì i propri lettori dell’impossibilità di fare affidamento sulla correlazione fra magnitudine apparente e distanza delle stelle per ricerche che necessitassero di una grande accuratezza:
The hypothesis of an equality and an equal distribution of stars to which we have referred, is too far from being strictly true to be laid down as a unerring guide in this research. The stars of the first and second class, when scrupulously examined, evidently prove that if we would be accurate we must admit them, in some degree at least, to be either of differernt sizes, or placed at different distances. Both varieties undoubtedly take place. This consideration alone is fully sufficient to shew that how much truth soever there may be in the hypothesis of an equal distribution and equality of stars, when considered in a general view, it can be of no service in a case where great accuracy is required.436
In altre circostanze Herschel aveva escluso come improbabile l’ipotesi che tutte le stelle delle magnitudini inferiori fossero effettivamente di magnitudine intrinseca, ovvero fisicamente più piccole, di quelle della prima e della seconda magnitudine437. La convinzione che dei due principi teorici fosse l’uniformità delle dimensioni a dover
433 W. Herschel (1796c) in HSP (2003), vol. 1, p.541.
Corsivo nel testo.
434 W. Herschel (1783c) in HSP (2003), vol. 1, p.121 435 W. Herschel (1796c) in HSP (2003), vol. 1, p.530.
Si veda anche la riflessione sui diversi ordini di distanza in W. Herschel (1817) in HSP (2003), vol. 2, pp. 576- 578.
436 W. Herschel (1796c) in HSP (2003), vol. 1, p.531. 437 W. Herschel (1817) in HSP (2003), vol.2, p.585.
essere difeso influenzò, come abbiamo visto in precedenza, molte delle conclusioni di Herschel; alcuni di questi passaggi meritano comunque di essere ricordati attraverso i testi. I due argomenti in cui il nostro astronomo applicò in maniera più fruttuosa l’analogia con il mondo organico sono senza dubbio le stelle e le trasformazioni osservabili nei diversi tipi di nebulose438, in un caso ciò riguardò soltanto la presenza di caratteri specifici, ed almeno in un’occasione lo aiutò a discriminare la natura degli esemplari. Nel secondo caso, dato il fatto che l’osservazione lo aveva portato a indagare le alterazioni e i processi che si stavano svolgendo nei diversi esemplari, la somiglianza con piante ed animali portò Herschel a paragonare il processo cosmologico da lui descritto ai diversi momenti della vita degli esseri viventi. Nel capitolo precedente abbiamo già visto come Herschel avesse a questo proposito inserito il concetto di età e di crescita degli individui nella propria cosmologia439. Per adesso mi accontenterò di ricordare come la presupposta somiglianza fra esemplari di una stessa specie, insieme al riconoscimento di caratteri simili dovuti all’azione di una stessa forza su individui diversi, lo avessero convinto che la gradazione di questi stessi caratteri avrebbe potuto servire da segno distintivo per datare l’oggetto. Nel caso delle nebulose e degli aggregati di stelle la prolungata azione di una forza centrale, come la forza di gravità, avrebbe portato i singoli esemplari ad acquisire una forma globulare ed una maggiore concentrazione della materia nebulosa, o delle stelle, nel centro. Dunque la presenza marcata di questi due caratteri avrebbe portato l’astronomo a concludere che nell’esemplare osservato il processo di condensazione era in fase avanzata, mentre di quegli individui che li avessero mostrati in minima parte avrebbe detto che rappresentavano solamente un momento iniziale del processo cosmologico. Come sappiamo, lo stesso Herschel si sentì in dovere di indebolire l’idea di età dei corpi celesti precisando che condizioni iniziali come la distribuzione delle stelle o della materia nebulosa e la potenza del centro attrattivo, avrebbero influenzato la velocità d’azione della forza di gravità. Sulla nozione di età dei corpi celesti torneremo nelle conclusioni
438 In questo caso uso il termine in senso generico con l’intenzione di comprendere sotto questa dizione sia
le nebulose propriamente dette che gli aggregati di stelle.
439 L’analisi del problema legato all’idea di età è contenuta nella quinta sezione del quarto capitolo
di questo capitolo, nell’immediato mi concentrerò più diffusamente sulle conseguenze dell’idea di un’omogeneità dei caratteri fisici delle stelle. La volontà di Herschel di indagare la natura degli astri non poteva prescindere dalla loro classificazione in categorie adeguate. In molti casi però la distanza rendeva questo compito difficoltoso per l’astronomo che percepiva gli oggetti particolarmente fievoli a causa della dispersione della luce durante il tragitto dal corpo celeste all’osservatore. In quelle situazioni in cui lo stesso riconoscimento dell’oggetto come esemplare di una determinata specie diventava incerta, Herschel doveva affidarsi alla presenza di determinate qualità e somiglianze. Queste difficoltà non riguardarono, come sappiamo, soltanto il mondo stellare; ad esempio la definizione di asteroide fu formulata per rendere conto delle tante differenze che si potevano stabilire fra questi corpi e i pianeti440. Nel terzo e nel quarto capitolo ci siamo imbattuti, nei due episodi in cui la non conformità rispetto alle caratteristiche specifiche aveva spinto il nostro astronomo a riclassificare alcuni esemplari di nebulose, è questo il caso delle nebulose M17 e M27 nel 1783, e della nebulous star oggi nota come NGC1514 nel 1790, e mi sembra opportuno soffermarci ulteriormente sulle riflessioni che lo guidarono in questa decisione. Nel 1783 i due esemplari mostrarono la compresenza di una nebulosità risolvibile in stelle e di una che al contrario non poteva essere scomposta in una loro aggregazione. Herschel li spiegò come strati di stelle talmente estesi da mostrare un’apparenza risolvibile nelle zone più vicine e di una non scomponibile in stelle laddove la distanza fosse stata maggiore, da questa interpretazione dei due esemplari egli concluse che tutte le nebulose non fossero altro che aggregati di stelle la cui luce fosse affievolita dalla grande distanza. L’episodio del 1790 rappresenta al contrario una situazione in cui l’approccio seguito da Herschel fu quello di stabilire se le parti che componevano la nebulous star potessero essere inserite in categorie conosciute. In precedenza avevo sottolineato come la comunicazione del 1791 che descriveva quell’esemplare rappresentasse, a mio avviso, il culmine dell’impiego di metafore e di nozioni prese dalla storia naturale. Fu proprio sulla base di queste ultime che Herschel
stabilì che la Nebulous star osservata era composta da una parte stellare ed una propriamente nebulosa, e che di conseguenza esisteva la materia nebulosa. In quella circostanza, infatti, il nostro astronomo interpretò il fenomeno proprio basandosi sul presupposto che tutte le stelle avessero dimensioni omogenee. Un accenno alla necessità che esemplari di una stessa specie rispettino determinati standard di grandezza era presente anche nel secondo catalogo di nebulose quando egli, parlando delle variazioni osservabili fra i clusters di stelle, affermò che:
This variety of size, in different spherical clusters, I am however inclined to believe, may not go farther than the difference in size, found among the individuals belonging to the same species of plants, or animals, in their different states of age, or vegetation, after they are come to a certain degree of growth.441
Le riflessioni sulla somiglianza fra specie di corpi astronomici e specie vegetali e animali si mischiava in quelle pagine con alcune suggestioni sulla nozione di età che poteva essere dedotta dall’acquisizione di determinate qualità. Particolarmente interessante è il riferimento al fatto che il confronto fra le dimensioni di esemplari di una stessa specie debba essere effettuato soltanto quando questi abbiano raggiunto un determinato momento del loro sviluppo, e che poche righe sotto troviamo il riferimento alla relatività della nozione di età che già abbiamo citato nel quarto capitolo442. Nel novembre del 1790, in occasione dell’osservazione della nebulous star fu proprio ragionando sulla straordinarietà delle dimensioni delle due parti in cui quell’esemplare era scomponibile rispetto alle medie specifiche che Herschel riuscì ad interpretarlo:
In the first place, if the nebulosity consists of stars that are very remote, which appear nebulous on account of the small angles their mutual distances subtend at the eye, whereby they will noy only, as it were, run into one another, but also appear extremely faint and diluted; then, what must be the enormous size of the central point, which outshines all the rest in so superlative a degree as to admit of no comparison? in the next place, if the star be no bigger than no common, how very small and compressed must be those other luminous points that are the 441 W. Herschel (1789b) in HSP (2003), vol. 1, p.336.
occasion of the nebulosity which surrounds the central one? As, by the former supposition, the luminous central point must far exceed the standard of what we call a star, so, in the latter, the shining matter about the center will be much too small to come under the same denomination; we therefore either have a central body which is not a star, or have a star which is involved in a shining fluid, of a nature totally unknown to us.443
Un’analisi di questo passo, e del problema rappresentato dall’osservazione di NGC1514, potrà aiutarci a chiarire come il ricorso alla media delle qualità degli esemplari di una stessa specie abbia guidato Herschel nei suoi ragionamenti sulla natura dei corpi celesti. La prima domanda che dobbiamo porci è cosa abbia differenziato l’episodio della nebulous star del 1791, dall’osservazione dapprima delle M17 e delle M27, ed infine dalle altre volte in cui gli oggetti osservati mostravano un corpo centrale simile a una stella circondato da un’aureola nebulosa. Nei due esemplari osservati nel 1783 la coesistenza di una parte risolvibile e di una non risolvibile in stelle aveva convinto il nostro astronomo della risolvibilità di tutte le nebulose, mentre nel caso della nebulous star l’unione dell’aureola con un corpo stellare lo convinse della natura nebulosa della prima, e di conseguenza del fatto che nell’universo esistesse realmente un fluido luminoso responsabile dell’esistenza di nebulose non risolvibili. In realtà le due situazioni sono molto simili. In entrambi i casi non c’era una soluzione di continuità fra le due parti e quindi l’unione fra le due sembianze aveva forzato Herschel ad adottare una spiegazione appropriata per il fenomeno. In un caso egli si era convinto della composizione stellare di tutte le nebulose, nell’altro che parte degli oggetti non risolvibili potesse avere una natura diversa. Nel corso della comunicazione del 1791, Herschel confessò di essersi imbattuto nel corso degli anni in altri esemplari che mostravano una parte stellare circondata da una nebulosa. Lui stesso aveva tentato di rispondere al quesito del perché quegli esemplari non fossero bastati a convincerlo a riammettere la parte nebulosa dell’universo. La risposta è che quegli esemplari non mostravano in maniera così evidente come la nebulous star del 1791 la connessione delle due parti. Ammettere, quindi, che corpo centrale ed aureola erano effettivamente uniti