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1 MATERIALI CON PROPRIETÀ PIEZOELETTRICHE E LORO UTILIZZO

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1

MATERIALI CON PROPRIETÀ PIEZOELETTRICHE E LORO UTILIZZO

1.1

Aspetti generali PZT[A]

1.1.1 Caratteristiche generali

I PZT sono degli elementi capaci di trasformare energia elettrica in meccanica e viceversa. Si possono dividere in tre categorie in funzione del tipo di deformazione a cui sono soggetti:

Attuatori assiali (d33)

Attuatori trasversali (d31)

Attuatori flessionali (d31)

Gli attuatori assiali e trasversali vengono utilizzati quando sono necessari piccoli movimenti ed elevate forze, inoltre hanno una buona rigidezza. Mentre, gli attuatori flessionali vengono utilizzato quando vi è la necessità di grandi spostamenti.

Il sistema di riferimento solidale al PZT è scelto in maniera tale che l’asse Z sia parallelo alla direzione della polarizzazione e, di conseguenza, X e Y sono scelti in maniera da formare una terna levogira. Per facilità di lettura si associano dei numeri agli assi, ovvero si indica con 1 l’asse X, 2 l’asse Y e 3 l’asse Z. I numeri 4, 5, 6, invece, indicano le rotazioni intorno, rispettivamente, a X, Y, Z.

(2)

17 1.1.2 Proprietà caratteristiche

Le proprietà caratteristiche dei PZT sono:

• Permettività: spostamento per unità di campo elettrico applicato, è valutato in condizioni di carico costante (ߝ௫௫் ) e deformazione costante (ߝ௫௫ௌ )

• Conformità: deformazione per unità di carico applicato o reciproco del modulo di elasticità, è valutata in condizioni di campo elettrico costante (ݏ௫௫ா ) e permettività costante (ݏ௫௫஽)

• Costante di carica piezoelettrica: polarizzazione elettrica generata per unità di carico applicato o deformazione per unità di campo elettrico applicato (dxx)

• Costante di voltaggio piezoelettrica: campo elettrico generato per unità di carico applicato (gxx)

• Fattore di accoppiamento: quantità di energia elettrica convertita in energia meccanica e viceversa (݇௘௙௙).

Le relazioni fra le varie proprietà sopra elencate si possono ricavare applicando un carico ܶ = ܨ/ܣ sulle basi del PZT. Ciò genera un campo elettrico (ܧ) direttamente proporzionale al carico:

ܧ = −݃ ܶ = −݃ܨܣ (1.1)

Figura 1.2 Schema PZT circuitato

Posto

ܧ = ܸ݈ (1.2)

si ottiene

ܸ = −݃ܨܣ ݈ = −݀ܨܥ (1.3)

(3)

18 Sapendo che

݀ = ߝ்݃ (1.4)

si ricava la carica sul cilindro

ܳ = ܥ ܸ = −݃ߝ்ܨ (1.5)

che risulta indipendente dalle dimensioni del PZT.

1.1.3 Grandezze caratteristiche

Grandezze caratteristiche degli attuatori PZT sono la “blocking force”, ovvero la forza minima che impedisce all’attuatore di deformarsi, e la “stroke”, cioè la deformazione massima in assenza di carichi applicati.

Si consideri l’attuatore di figura:

Figura 1.3 Schematizzazione attuatore PZT

Per il calcolo della “blocking force” si impone che lo spostamento del PZT sia nullo:

∆ℎ = 0 (1.6)

(4)

Per il calcolo della “stroke” si impone che la forza applicata sia nulla:

Figura 1.4 Esempio relazione tra Blocking Force e Stroke al variare del voltaggio U

1.1.4 Circuito di comando

La veloce risposta degli attuatori di alta potenza può essere sfruttata utilizzando dei circuiti di azionamento che erogano cor

metodi di azionamento: tramite “voltaggio” o per “unità di carica”.

Il circuito elettrico dell’azionamento secondo “voltaggio” è molto semplice da realizzare, lo svantaggio è che la curva espansione/voltaggio mostra la presenza di un’isteresi che ha come conseguenza la formazione di creep.

Per il calcolo della “stroke” si impone che la forza applicata sia nulla: ∆ܨ = 0

∆ℎ = ݀ଷଷ∙ ܷ

Esempio relazione tra Blocking Force e Stroke al variare del voltaggio U

Circuito di comando

La veloce risposta degli attuatori di alta potenza può essere sfruttata utilizzando dei circuiti di azionamento che erogano correnti elevate ad alti livelli di tensione in periodi brevi. Esistono due metodi di azionamento: tramite “voltaggio” o per “unità di carica”.

Il circuito elettrico dell’azionamento secondo “voltaggio” è molto semplice da realizzare, lo svantaggio è che la curva espansione/voltaggio mostra la presenza di un’isteresi che ha come conseguenza la formazione di creep.

Figura 1.5 Curva espansione/voltaggio

19 (1.8) (1.9)

Esempio relazione tra Blocking Force e Stroke al variare del voltaggio U

La veloce risposta degli attuatori di alta potenza può essere sfruttata utilizzando dei circuiti di renti elevate ad alti livelli di tensione in periodi brevi. Esistono due

Il circuito elettrico dell’azionamento secondo “voltaggio” è molto semplice da realizzare, lo svantaggio è che la curva espansione/voltaggio mostra la presenza di un’isteresi che ha come

(5)

20 Il circuito di azionamento più semplice sfrutta due tiristori in serie con due resistenze; tale sistema è molto efficace quando sono richieste commutazioni veloci, per tempi più lunghi, invece, a causa della commutazione, il tiristore può chiudersi causando la perdita di corrente nel circuito. Tale problema viene controllato inserendo un sistema di controllo analogico.

Figura 1.6 Sistema di azionamento tramite “voltaggio”

L’azionamento per “unità di carica” presenta un circuito di guida complicato ma dalla curva espansione/spostamenti dielettrici non vi è presenza di isteresi, quindi il fenomeno di creep è assente.

(6)

21

1.2

Schema elettrico equivalente dei PZT[

1

]

1.2.1 Introduzione

Gli attuatori PZT, date le loro proprietà, permettono di convertire energia elettrica in meccanica e viceversa. Ciò permette di calcolare, in funzione del voltaggio applicato, le forze esercitate e, di conseguenza, le deformazioni del PZT stesso.

Affinché tale calcolo sia possibile è necessario sfruttare le equazioni costitutive dei materiali piezoelettrici:

ቄݏܦቅ = ൤ܿ݀ ߝ் ݀ா൨ ቄܶܧቅ (1.10)

Dove

• ݏindica la deformazione meccanica ሺ݉/݉ሻ

• ܦindica gli spostamenti elettrici o la densità di carica ሺܥ/݉ଶ • ܶindica la tensione applicata ሺܰ/݉ଶ

• ܧindica il campo elettrico applicato ሺܸ/݉ሻ

Date le ridotte dimensioni degli elementi, le quali risultano molto minori delle grandezze caratteristiche che regolano i fenomeni meccanici ed elettrici, si possono assumere i disturbi trascurabili e si può considerare il sistema a “parametri concentrati”.

Attraverso tale ipotesi si può trasformare il modello meccanico in elettrico e quindi, si possono sostituire gli elementi meccanici (molla, smorzatore, massa) in elementi elettrici (induttanza, resistenza, condensatore).

1.2.2 Schema meccanico

Lo schema meccanico da studiare è quello “massa - molla - smorzatore”. La molla viene utilizzata per rappresentare un moto senza smorzamento ma con deformazioni; lo smorzatore indica che l’energia meccanica in ingresso viene trasformata in altre forme (per esempio l’attrito); la massa rappresenta un elemento che immagazzina energia cinetica.

(7)

22

Figura 1.8 Sistema meccanico

L’equazione del moto per lo schema di figura è la seguente:

ܯ௠ݔሷ௠ = ܨ௠− ݇௠ݔ௠− ܤ௠ݔሶ௠ (1.11) Dove • ܯ௠è la massa ሺ݇݃ሻ • ݇௠è la rigidezza ሺܰ/݉ሻ • ܤ௠è lo smorzamento ሺܰݏ/݉ሻ • ܨ௠è la forza esterna ሺܰሻ

• ݔ௠è lo spostamento del corpo ሺ݉ሻ • ݔሶ௠è la velocità del corpo ሺ݉/ݏሻ • ݔሷ௠è l’accelerazione del corpo ሺ݉/ݏଶሻ

Applicando la Trasformata di Laplace all’equazione del moto si ottiene la funzione di trasferimento del sistema considerato:

ܨ௠

ܺሶ௠ = ݏܯ௠+ ܤ௠+

݇௠

ݏ

(8)

23 1.2.3 Schema elettrico

Lo schema elettrico da studiare è quello “RLC con gli elementi in serie”.

Figura 1.9 Sistema meccanico

Applicando la Legge di Kirchoff del Voltaggio al circuito si ottiene la seguente relazione:

݁௜ = ܴ௘݅ + ܮ௘݀݅݀ݐ +ܥ1 ௘න ݅݀ݐ (1.13) Dove • ݁௜è il voltaggio in input ሺܸሻ • ܴ௘è la resistenza elettrica ሺΩ = ܸݏ/ܥሻ • ܮ௘è l’induttanza elettrica ሺܪ = ܸݏଶ/ܥሻ • ܥ௘è la capacità elettrica ሺܨ = ܥ/ܸሻ • ݅è la corrente elettrica ሺܣ = ܥ/ݏሻ

Applicando, anche per questo caso, la Trasformata di Laplace si ricava la funzione di trasferimento del sistema:

ܧ௜

ܫ = ܴ௘+ ܮ௘ݏ +ܥ1௘ݏ

(1.14)

(9)

24

1.2.4 Accoppiamento delle equazioni dei PZT

Per determinare l’accoppiamento fra le equazioni del sistema meccanico e del sistema elettrico (le quali descrivono completamente il comportamento dei PZT) si ricorre alle equazioni costitutive dei materiali piezoelettrici, esplicitando le grandezze:

൞ ∆ݐ ݐ ܳ ܣ ൢ = ൤ܿ݀ ߝ் ݀൨ ൞ ܨ ܣ ܸ ݐ ൢ (1.15) Dove

• ݐ è la lunghezza iniziale del PZT nella direzione di deformazione

• ∆ݐ/ݐ è la deformazione

• ܳ è la carica spostata all’interno del PZT

• ܨ è la forza applicata

• ܣ è la superficie su cui è applicata ܨ o, analogamente, su cui si distribuisce ܳ

• ܸ è il voltaggio applicato

Esplicitando le equazioni e ponendo:

• ܥ௠ = ܿாݐ/ܣሺ݉/ܰሻ • ܥ௣ = ߝ்ܣ/ݐሺܥ/ܸሻ

Le equazioni costitutive si presentano nella forma:

∆ݐ = ܥ௠ܨ + ܸ݀ (1.16)

ܳ = ܥ௉ܸ + ݀ܨ (1.17)

Derivando la (1.16) e la (1.17) rispetto al tempo si ottengono:

• ݒ = ݀∆ݐ/݀ݐvelocità di deformazione ሺ݉/ݏሻ

• ݅ = ݀ܳ/݀ݐcorrente elettrica ሺܥ/ݏሻ

ݒ = ݏܥ௠ܨ + ݏܸ݀ (1.18)

(10)

25 Le equazioni (1.18) e (1.19) identificano il seguente circuito:

Figura 1.10 Accoppiamento piezoelettrico

Il rapporto di trasmissione è definito come il rapporto tra il voltaggio in uscita e lo stress meccanico in ingresso:

∅ = −ܥ݀௠ (1.20)

Applicando al circuito di figura 1.10 le Leggi di Kirchoff si riesce a determinare la capacità del circuito meccanico equivalente: ܥ′௣= ܥ௣− ݀ ଶ ܥ௠ (1.21) 1.2.5 Circuito reale

Lo schema elettrico appena considerato è, ovviamente, ideale e non considera che, in un sistema reale, l’energia viene immagazzinata e dissipata. Per includere tali effetti nel modello elettrico equivalente devono essere inseriti un induttore, che simula l’accumulo d’energia, ed una resistenza, che simula la dissipazione d’energia. Nel modello meccanico l’elemento corrispondente all’induttanza è la massa la quale immagazzina energia cinetica, mentre l’elemento corrispondente alla resistenza è lo smorzatore il quale deve arrestare il movimento della massa.

(11)

26

Figura 1.11 Modello elettromeccanico PZT

Considerando il rapporto di trasmissione ∅ si possono definire:

ܴ௘௠= ∅ଶܤ௠ Ω = ܸݏ/ܥ (1.22) ܮ௘௠= ∅ଶܯ௠ ܪ = ܸݏଶ/ܥ (1.23) ܥ௘௠= ܥ௠ଶ ܨ = ܥ/ܸ (1.24) ܸ௜௡= ∅ܨ௜௡ ܸ (1.25) ܥ′௣= ቆ1 − ݀ ଶ ܿாߝ்ቇߝ ்ܣ ݐ ܨ = ܥ/ܸ (1.26)

Il circuito elettrico equivalente del PZT è raffigurato nella seguente figura:

(12)

27

1.2.6 Potenza generata

Per verificare la potenza generata del PZT in seguito all’applicazione di una forza, si simula un carico attraverso una resistenza elettrica posta ai capi d’uscita del circuito equivalente.

Figura 1.13 Circuito elettrico equivalente con carico applicato ai capi d'uscita

Posto ܼ௘௠= ܴ௘௠+ ܮ௘௠ݏ +ܥ1 ௘௠ݏ (1.27) ܼ௉= ܥ′1 ௉ݏ (1.28) ܼ௅= ܴ௅ (1.29) ܼ௣௔௥ = ܼ1 ௣+ 1 ܼ௅ (1.30) ܼ௧௢௧= ܼ௣௔௥+ ܼ௘௠ (1.31)

Applicando le seguenti uguaglianze:

ܸ௜௡= ∅ܨ௜௡ = ܼ௧௢௧ ܫ (1.32)

ܸ௅= ܼ௣௔௥ ܫ (1.33)

si ricava il valore del voltaggio in uscita:

ܸ௅= ܸ௜௡ฬܼܼ௣௔௥

(13)

28 Si può, quindi, calcolare la potenza fornita:

ܲ௅= ܸ௅ ଶ

ܼ௅ (1.35)

Calcolando la corrente elettrica in ingresso come segue:

ܫ௜௡= ܼܸ௜௡

௧௢௧ (1.36)

si determina l’efficienza del PZT:

ߟ = ܲܲ௅

௜௡=

ܲ௅

ܸ௜௡ܫ௜௡ (1.37)

È necessario tener presente che le proprietà del materiale piezoelettrico possono avere un comportamento non-lineare in determinate condizioni di carico, comportando l’alterazione del valore delle grandezze nel circuito equivalente. Per esempio, la capacità del materiale piezoelettrico (ܥ௘௠) dipende linearmente dal modulo di Young, il quale ha un andamento non-lineare in campo plastico. Di conseguenza, anche ܥ௘௠ si comporterà in maniera non-lineare. Effetti similari possono aversi variando ampiezza e frequenza delle correnti o delle forze d’eccitazione agenti sul sistema. Nella trattazione che segue tali effetti saranno trascurati.

1.3

Applicazioni dello schema elettrico equivalente

Nella pratica l’utilizzo di un “modello elettrico” equivalente a quello meccanico che si vuole studiare serve per separare i vari elementi della struttura, capirne il funzionamento ed ottimizzarli. In questo modo si può agire in maniera specifica su un singolo elemento, ottenendo, di conseguenza, dei miglioramenti sull’intera struttura.

Di seguito verranno descritti vari esempi in cui la modellazione di architetture concernenti l’utilizzo dei PZT viene eseguita sfruttando il modello elettrico equivalente.

(14)

29 1.3.1 Mensola in materiale PZT con massa applicata all’estremità libera[2]

Di seguito viene riportato il tipico esempio del “problema della mensola” con carico applicato all’estremità libera; in particolare, la mensola è un attuatore PZT bimorfo di tipo flessionale (bender PZT) i cui strati sono incollati su uno strato di ottone.

Figura 1.14 Problema della mensola con PZT di tipo flessionale come mensola

Lo studio viene condotto in modo tale da determinare il voltaggio e la potenza da fornire al PZT per contrastare la deformazione subita dallo stesso in seguito all’applicazione del carico.

Figura 1.15 Diagramma schematico del problema della mensola

Gli ingressi da considerare nel sistema sono gli sforzi dovuti alla forza peso della massa e alla forza d’inerzia della mensola. In funzione di essi si calcolano il momento e la deformazione agenti sulla trave. L’equazione che ne risulta è la seguente:

ߪ௜௡= ܮ௜௡ߝ + ܴ௕ߝሶ +ܧߝሷ

(15)

30 Dove

• ܮ௜௡ rappresenta il momento d’inerzia della trave • ܴ௕ rappresenta lo smorzamento meccanico • ܧ௣ è la rigidezza del materiale PZT

• ∅ indica il rapporto di trasmissione

Lo schema elettrico relativo all’equazione (1.38) è il seguente:

Figura 1.16 Circuito rappresentate il problema della mensola

Applicando alla maglia la Legge di Kirchoff delle correnti si ottiene un’ulteriore equazione:

݅ = ܥ ܸሶ (1.39)

Dove

• ܥè la capacità elettrica del PZT

• ݅è la corrente nel sistema

Utilizzando le relazioni mostrate in “Modeling And Analysis Of PztMicropower Generator, p. 52” e le relazioni costitutive scritte come segue:

ߝ = ߪܻ + ݀ ܪ (1.40)

ܦ = ߝ ܪ + ݀ ߪ (1.41)

si ottengono le equazioni che esplicitano ߝሷ e ܸሶ in funzione delle proprietà caratteristiche del materiale.

(16)

31 Nel caso specifico, i PZT vengono polarizzati lungo la direzione dello spessore, indicata come “3”, applicando sulle facce esterne il voltaggio mentre la deformazione è considerata in direzione dell’allungamento, indicata come “1”. Di conseguenza le equazioni costitutive si possono esplicitare nella seguente maniera:

ߝଵ= ݏଵଵா ߪଵ+ ݀ଷଵܪଷ

ܦଷ= ݀ଷଵߪଵ+ ߝଷଷ் ܪଷ (1.42)

La deformazione della lastra di ottone si calcola come segue:

ߝଵ= ܧߪଵ ௦௛

(1.43)

Dove con ܧ௦௛ si indica il modulo di Young dell’ottone. La struttura ha le seguenti caratteristiche:

• PZT di tipo 5H di dimensioni l=25mm; w=3,2mm; t=0,132mm

• Lastra di ottone di dimensioni l=25mm; w=3,2mm; t=0,134mm

• Massa di dimensioni l=3,03mm; w=2,95mm; t=2,9mm e peso di 0,502g

In questo particolare esempio i risultati ottenuti tramite sperimentazione sono comparati con i risultati derivanti dallo studio del circuito equivalente e da altri due modelli basati sul principio di conservazione dell’energia e sull’accoppiamento di campo, che però non verranno analizzati. Nelle figure seguenti, quindi, i dati che interessano si riferiscono al “Model 1” (circuito equivalente). La sperimentazione procede con l’applicazione sulla massa di accelerazioni variabili nel tempo che rappresentano l’input del sistema meccanico, il quale è considerato come voltaggio d’ingresso nello schema elettrico equivalente. I dati di output sono i voltaggi generati dal PZT sottosforzo.

(17)

32

Figura 1.17 Risultati sperimentali del voltaggio in funzione dell’accelerazione in ingresso

Il grafico mostra che il voltaggio in output è di 11,49 V ed è sfasato di circa 52° rispetto all’accelerazione in input.

Sfruttando, invece, il circuito elettrico equivalente si ottengono i seguenti risultati (grafico in verde):

Figura 1.18 Comparazione fra i dati sperimentali e analitici

Si può notare che il modello analitico fornisce dei risultati simili a quelli sperimentali: voltaggio in output pari a 10,47 V (circa un volt in meno del dato sperimentale), input ed output circa in fase. L’analisi continua applicando in uscita un carico, simulato da una resistenza di 4 kΩ. Ancora una volta si confrontano i dati sperimentali con quelli analitici.

(18)

33

Figura 1.19 Risultati sperimentali con carico resistivo di 4 kΩ

Si può notare che in questo caso il voltaggio di picco è pari a 0,58 V.

Figura 1.20 Risultati analitici con carico resistivo di 4 kΩ

Ancora una volta la curva da considerare è quella relativa al “Model1”. Si può notare che il valore del voltaggio di picco è di 0,521 V, per cui il modello analitico è anche questa volta in accordo con i dati sperimentali.

I dati così ottenuti permettono di conoscere con ottima approssimazione il voltaggio da applicare alla struttura al fine di ripristinare la configurazione indeformata.

(19)

34

1.3.2 Mensola in materiale PZT[3]

Nel caso in questione il materiale PZT (Zr/Ti con rapporto di 52 a 48) è di tipo epitassiale, fatto crescere su uno strato di Pt/MgO e successivamente incollato su una lastra di metallo inossidabile.

Figura 1.21 Struttura schematica della mensola

La mensola ha le seguenti dimensioni:

• Spessore PZT di 2,8 µm

• Spesso metallo inossidabile di 50 µm

• Lunghezza mensola di 20 mm • Spessore mensola di 5 mm Il PZT ha le seguenti caratteristiche: • ݏଵଵ= 10,8 ∗ 10ିଵଶ݉ଶ/ܰ • ݀ଷଵ= −48,6 ∗ 10ିଵଶ ܥ/ܰ • ݇ଷଵ= 0.385

L’ingresso del sistema, è come nell’esempio di cui sopra, un’accelerazione, di modulo pari a 5 ݉/ݏଶ. Utilizzando il modello elettrico si può estrapolare il valore della potenza in uscita in funzione della resistenza, la quale simula un carico applicato.

(20)

35

Figura 1.22 Dati analitici e sperimentali della potenza in uscita al variare del carico applicato simulato da una resistenza

Un’ulteriore comparazione fra i dati analitici e sperimentali può essere fatta calcolando la potenza in uscita al variare dell’accelerazione in ingresso.

Figura 1.23 Dati analitici e sperimentali della potenza in uscita al variare dell’accelerazione in ingresso

Come risulta dalle figure, ancora una volta il circuito equivalente approssima molto bene il comportamento reale del PZT.

(21)

36

1.3.3 Total Knee Replacement (TKR) implant[4]

La grande variabilità delle applicazioni dei PZT permette di utilizzarli anche come micro attuatori in protesi meccaniche. In questo caso si considera la riproduzione di un ginocchio umano.

Nell’esempio ciò che si descriverà sarà, ancora una volta, valutata la validità del circuito elettrico equivalente.

Lo schema rappresentativo del problema in questione è il seguente:

Figura 1.24 Schema rappresentativo del problema

L’input è una forza di compressione di modulo pari a 800 N, mentre le caratteristiche del PZT sono le seguenti:

• Massa ሺܯሻ di5,9 ∗ 10ିଷ ݇݃

• Rigidezza ሺܭሻ di 0,29 ∗ 10ଽ ܰ/݉

• Smorzamento ሺܤሻ interno di 434 ܰ ݏ/݉

• Fattore di amplificazione ሺ∅ሻ di0,0388 ܸ/ܰ

• Capacità elettrica ሺܥ′ሻ in uscita di 6,4 ∗ 10ି଺ ܨ

Gli output calcolati sono il voltaggio, la potenza e l’efficienza elettromeccanica (con frequenza di carico variabile) in funzione del carico resistivo in uscita.

(22)

37

Figura 1.25 Dati analitici e sperimentali del voltaggio in funzione del carico resistivo

Figura 1.26Dati analitici e sperimentali della potenza media in funzione del carico resistivo

(23)

38 Nelle figure sopra, la linea continua rappresenta i dati analitici, ovvero quelli ottenuti tramite studio del circuito elettrico equivalente, mentre i quadrati si riferiscono ai dati sperimentali. In questo caso è ben visibile la corrispondenza tra il modello analitico e quello reale.

1.3.4 Considerazioni

L’utilizzo del “modello elettrico equivalente”, come descritto negli esempi precedenti, viene largamente utilizzato per PZT che accumulano energia in seguito a carichi applicati (sensori). Data la reversibilità del processo, lo studio sul modello elettrico può essere effettuato convertendo gli output sopra elencati (voltaggio, potenza) in input, ottenendo, quindi, come dati d’uscita, la forza generata e gli spostamenti. In questo modo i PZT vengono usati come attuatori.

Tali grandezze indurranno degli sforzi e, soprattutto, deformazioni sulla struttura sulla quale vengono incollati.

Lo studio è, quindi, finalizzato alla correlazione fra il voltaggio applicato al PZT e la deformazione ottenuta dello stesso.

1.4

Incollaggio dei PZT[B]

1.4.1 Aspetti generali

Esistono varie soluzioni costruttive atte a fissare gli attuatori PZT sui substrati:

• Serraggio

• Incollaggio

• Saldatura

Il “serraggio” avviene bloccando il PZT tramite morsetti sul substrato. Purtroppo questo metodo, di facile realizzazione, non è sicuro in quanto le vibrazioni a cui sono soggetti gli PZT portano gli stessi a scivolare dalla presa del morsetto.

La “saldatura”, oltre a fissare gli elementi, permette la creazione di collegamenti elettrici; purtroppo è particolarmente soggetta a fenomeni di fatica.

L’”incollaggio” risulta, quindi, il metodo migliore di fissaggio. Sfruttando prevalentemente resina epossidica, la giunzione creata fra le superfici adiacenti è forte e, soprattutto, flessibile. Inoltre, sono assenti fenomeni di fatica e problemi in caso di alte temperature di lavoro fino a 150° C.

I contatti elettrici, necessari all’applicazione del voltaggio sui PZT, possono essere creati utilizzando colle conduttrici, generalmente resina epossidica in cui vengono inserite particelle. Lo svantaggio di queste colle è che possono essere così caricate di particelle che la loro tenuta diminuisce; inoltre, essendo lo strato di colla molto sottile, il campo di conduzione può essere “tridimensionale”

(24)

39 provocando, di conseguenza, un cortocircuito. Le particelle conduttrici sono, generalmente, delle sfere di Nickel di diametro (ideale) di 10 µm le quali formano un sottile strato uniforme (se le particelle sono tutte sferiche e di uguali dimensioni) tra le superfici da collegare. In questo caso, data la ridotta dimensione delle particelle, non vi è rischio di corto circuitazione del collegamento elettrico.

Nel caso in cui gli elettrodi siano in Nickel o in Argento il collegamento elettrico si può effettuare tramite saldatura.

Il processo di incollaggio si completa sottoponendo ad un processo di cura l’intera struttura in condizioni di pressione applicata uniforme e costante. La durata del trattamento è “inversamente proporzionale” alla temperatura di esposizione. Per ridurre i tempi di attesa si può, quindi, aumentare la temperatura di esposizione a scapito di una riduzione del “fattore di accoppiamento”.

1.4.2 Unimorph PZT[5]

Gli attuatori “unimorph PZT” si presentano come dei piccoli fogli di spessore ridotto (dell’ordine di qualche decina di µm) la cui superficie esterna è già pronta per l’incollaggio, ovvero non necessità di ulteriori trattamenti. Tali fogli vengono incollati su superfici metalliche attraverso un sottile strato di colla epossidica (M-Bond 610[C]) curata per 24 ore a temperatura ambiente. La colla è distribuita sulla parte centrale della superficie di contatto fra il PZT ed il metallo, lasciando liberi i bordi i quali vengono ricoperti da resina epossidica conduttiva (CW2400[D]). Attraverso tale resina l’elettrodo inferiore del PZT è connesso alla superficie metallica. Il circuito viene chiuso con dei cavi saldati (MSF-003-NI[E]) sulla superficie metallica e sugli elettrodi del PZT.

(25)

40

1.4.3 BIPEDU (Bi-layer Piezoelectric/electroristrictive dome unimorph)[6]

I BIPEDU sono degli attuatori di tipo flessionale composti da due strati di materiale, uno elettroresistivo ed uno piezoelettrico, incurvati ed incollati ad una lastra di metallo mediante resina epossidica.

Figura 1.29 Sezione BIPEDU

Il doppio strato è definito in nomenclatura come PE-BMLC (piezoelectric-electrostrictivemonolithicbilayer composite). Quando è soggetto ad un campo elettrico aumenta il sua raggio di curvatura, incurvando, conseguentemente, la lastra di metallo.

Figura 1.30 Funzionamento BIPEDU

Lo sforzo tra il PE-MBLC e la lastra di metallo viene trasmesso attraverso lo strato di colla.

La colla utilizzata è resina epossidica isolante (Eccobond 15LV[F]) mischiata con un catalizzatore (Catalyst 15 LV[G]) con un rapporto di 3 ad 1. L’incollaggio avviene lucidando le zone del PE-MBLC e della lastra di metallo che devono venire a contatto ed applicando, sulle stesse, uno strato di resina epossidica isolante. Dopo aver allineato i componenti, si procede con un processo di curing della struttura in forno a 65°C per tre ore.

(26)

41 1.4.4 Self-Assembly PZT[7]

Il processo di seguito descritto sfrutta come adesivo “acrilato a base liquida”.

La struttura è composta da uno strato di pyrex1 su cui viene incollato il PZT. Il pyrex è diviso in due zone, una idrofoba (indicata con S in figura) ed una idrofila (indicata con B). Lo strato di colla viene distribuito su B, dopodiché si adagia sulla stessa zona il PZT (indicato con P) senza dover allinearlo con i bordi di B.

Figura 1.31 Schema incollaggio

I bordi della zona B sono anch’essi idrofili, ciò permette di contenere l’adesivo.

La fase di auto-allineamento comincia ponendo la struttura su un “orbital shaker"[H] la quale genera delle forze centrifughe che trascinano e bilanciano le varie parti sullo strato di adesivo. Ovviamente, tali forze devono essere inferiori alla tensione superficiale generata dall’adesivo.

Figura 1.32 Fase di auto-allineamento

L’allineamento si ottiene dalla combinazione di traslazione e rotazione del PZT sull’adesivo.

Considerandoli separatamente, dalla traslazione si ottiene che la massima superficie di sovrapposizione di ha quando i bordi di B e P sono perfettamente allineati.

1

(27)

42

Figura 1.33 Area di sovrapposizione dovuta a traslazione

Dalla rotazione, invece, la sovrapposizione massima dipende dal rapporto spessore-lunghezza del PZT e dalle direzioni preferenziali di orientamento nel piano, le quali sono quattro ed intervallate di 90°. I valori massimi di sovrapposizione si ottengono in corrispondenza delle direzioni preferenziali 90° e 270°. Tali picchi si attenuano al diminuire del rapporto spessore-lunghezza (oltre 1:1.3).

Figura 1.34 Area di sovrapposizione dovuta a rotazione

La ricerca della massima area di sovrapposizione è indispensabile affinché l’”energia totale all’interfaccia” sia minima. Ciò è verificato proprio quando i bordi di B e di P risultano allineati. Tale incollaggio è utilizzato esclusivamente per tenere insieme il pyrex col PZT; è necessario quindi installare dei collegamenti elettrici per poter alimentare il PZT.

In questa particolare applicazione le dimensioni del PZT sono maggiori rispetto alle dimensioni della zona B, ciò implica che il collegamento elettrico può essere ottenuto semplicemente mettendo in

(28)

43 contatto le zone suddette. Per far ciò si sfrutta una lastra di vetro pressata sul PZT precedentemente allineato. In questo modo l’adesivo in eccesso fuoriesce ed il PZT entra in contatto col pyrex lungo i bordi. Il collegamento viene completato saldando dei cavi elettrici sulla superficie non incollata del PZT.

Figura 1.35 Realizzazione collegamenti elettrici

Il processo termina con la polimerizzazione dell’adesivo intrappolato tra il PZT e il pyrex alla temperatura di 85°C per circa un’ora e mezza.

Figura 1.36 Sezione incollata

1.4.5 Trasferimento di PZT epitassiali su fogli di metallo inossidabile[4]

I PZT epitassiali sono delle pellicole molto sottili di materiale piezoelettrico posate su un substrato di Pt/MgO tramite la tecnica RF-magnetron sputtering[I].

Figura 1.37 Deposizione PZT su Pt/MgO

(29)

44

Figura 1.38 Deposizione superficie di Cromo

A questo punto si procede all’incollaggio del foglio di metallo inossidabile sfruttando resina epossidica.

Figura 1.39 Incollaggio PZT con foglio di metallo inossidabile

La parte inferiore della struttura, ovvero il substrato di MgO, viene eliminato utilizzando un soluzione di H3PO4. Resta perciò esposta la superficie di Pt la quale funge da elettrodo. Si può, quindi, considerare il PZT definitivamente incollato sul foglio di metallo.

Figura1.40 PZT incollato

1.5

Active wing using MFC[8]

1.5.1 Composizione MFC

Gli MFC (Macro FiberComposites) si presentano come delle sottili pellicole formate da fibre di materiale piezoelettrico (PZT) intrecciate a coppie, al fine di irrigidirle, ed incorporate in resina epossidica. Il tutto viene poi inserito tra due lastre di elettrodi e ricoperto da polymide.

Applicando un Voltaggio sul MFC si genera una distorsione della struttura. Nel caso specifico si studia la deformazione assiale (d33).

(30)

45 Il materiale attaccato al MFC, tramite nastro biadesivo, è un foglio di stirene, il Voltaggio applicato varia sinusoidalmente, con una frequenza di 15 Hz, tra -500 V e +1500 V. Si nota che gli spostamenti misurati (output) sono sfasati di 90° rispetto al Voltaggio applicato (input).

Figura 1.41 Relazione tra Voltaggio e Spostamenti

1.5.2 Simulazione di volo

Le “activewing” sono particolari ali che sviluppano portanza e spinta con movimenti del tutto simili a quelli della ali degli uccelli. Il velivolo che sfrutta questa tipologia di ali è chiamato “ornitottero”. La teoria della pala è quella classica, per cui si possono calcolare i seguenti parametri:

ܮ =ߩ2 ܸܵ

ௐܥ௅ (1.44)

ܦ =ߩ2 ܸܵܥ (1.45)

ܶு=ܹܧ (1.46)

ܮè la portanza, ܦ è la resistenza e ܶு è la spinta necessaria al volo (calcolata rispetto all’efficienza aerodinamica ܧ).

Sfruttando la Teoria Impulsiva di Rankine si può calcolare la potenza richiesta dagli MFC per movimentare le ali e rendere possibile il volo.

(31)

46

Figura 1.42 Flusso attraverso il disco di rotazione

Si definisce “disco di rotazione dell’ala attiva” l’area della sua proiezione frontale:

ܵ = ܴଶߠ

଴ (1.47)

Dove ܴ è l’apertura alare dell’ala attiva e ߠè il massimo angolo di flappeggio Applicando la Teoria Impulsiva si possono calcolare:

ܲ =ܸ ܶߟு (1.48)

ߟ =ܸሺ1 + ܾሻ + ܸ2ܸ (1.49)

ܸሺ1 + ܾሻ = ඨ2ܶߩܵ + ܸு ଶ (1.50)

(32)

47

Figura 1.43 Sezione del profilo

Dalla geometria del profilo, indicata con bw la lunghezza della corda, si possono ricavare la spinta e la resistenza dell’intera ala attiva:

ܶ௉= න ߩ2 ோ ଴ ܾ௪ܸோ ଶܥ ௅cos ߮ ݀ݎ (1.51) ܦ௉= න ߩ2 ோ ଴ ܾ௪ܸோ ଶܥ ஽sin ߮ ݀ݎ (1.52) Il profilo alare utilizzato è il NACA 0009 mentre i parametri di volo sono:

• frequenza di flappeggio = 10Hz

• angolo di flappeggio = 25°

• velocità di volo = 1.5 m/s

Dalla simulazione si ricava la variazione d’incidenza durante il flapeggio:

(33)

48 Dato che si raggiungono valori di incidenza molto elevati (circa 30°) è necessario ridurli imponendo all’ala un movimento di feathering sfasato di 90° rispetto al flappeggio:

Figura 1.45 Feathring richiesto

L’incidenza complessiva dipenderà, quindi, dall’accoppiamento fra i due movimenti.

(34)

49 1.5.3 Utilizzo degli MFC

Il movimento denominato “flappeggio” viene realizzato alternando l’allungamento e l’accorciamento degli MFC in direzione dell’apertura alare i quali provocano flessione dell’ala. Si sfrutta quindi la conversione del moto.

Per quanto riguarda il movimento di “feathering”, ancora una volta si utilizza la conversione del moto. In questo caso, però, gli MFC si allungano e si contraggono in direzione perpendicolare all’allungamento alare provocando una torsione della struttura.

Scelti i seguenti parametri:

• Frequenza di flappeggio = 1 ÷ 8.5 Hz • Angolo di flappeggio = 25° • Velocità di volo = 1 ÷ 1.5 m/s • Peso MFC = 11.2 g • CL = 0.508 • CD = 0.0135

Calcolati, dalle formule precedenti:

• ܶ௉ • ܦ௉ • ܧ

• ܲ

Verificato che la potenza prodotta dagli MFC si uguale (o superiore) a quella necessaria (ܲ) si procede alla determinazione delle configurazioni che permettono il volo. Nei grafici l’asse x indica la velocità di volo, l’asse y indica l’apertura alare, b indica il valore della corda del profilo. Le zone colorate rappresentano il valore della spinta.

(35)

50

Figura 1.47 Aree in cui è possibile il volo e valori di spinta

1.5.4 Meccanismo di movimentazione

La soluzione costruttiva necessaria alla realizzazione dei movimenti di flapping e feathering è illustrata di seguito ed è diversa dal concetto espresso nel paragrafo 1.3.

Per fare in modo che l’ala possa compiere tali movimenti gli MFC vengono collegati al telaio in modo da formare una “Y”.

Figura 1.48 Struttura MFC

(36)

51 Il profilo è completato con uno strato di gomma in Latex di circa 3 µm di spessore e chiuso sul bordo frontale con polipropilene. La struttura complessiva pesa circa 19.5 g.

Figura 1.49 Struttura alare

Il funzionamento è rappresentato di seguito:

(37)

52 Da tale struttura si rilevano i seguenti dati:

• Massimo angolo di flapping = 23.2°

• Massimo angolo di feathering = 38.4°

• Frequenze di risonanza tra i moti = 7.1 ÷ 7.5 Hz (i valori sono minori di 8.5 Hz, frequenza di progetto, ciò è positivo perché permette alla struttura di essere appesantita)

1.6

Studio degli effetti dovuti all’applicazione di patches di MFC su un

modello di cassone alare attraverso la teoria elementare

1.6.1 Introduzione

L'applicazione della Teoria Elementare permette di ricavare, in prima approssimazione, dei risultati particolarmente utili alla comprensione del comportamento delle strutture soggette a carichi o deformazioni.

Nel caso specifico verrà analizzato un cassone alare, soggetto ad una deformazione imposta, al fine di ottenere i valori dell'angolo di rotazione (ߠ) di ogni sua sezione longitudinale.

1.6.2 Cassone alare

Il cassone alare in questione è costituito da quattro pannelli uniti a quattro correnti. Ognuno di questi elementi è ricoperto da patches di MFC. In questo modo si può ruotare ogni sezione del cassone attraverso una deformazione imposta tramite le patches di MFC.

Nella prima parte dello studio si suppone che non vi siano patches applicate sui correnti, per cui la rotazione sarà conseguenza della deformazione imposta sui pannelli. Successivamente si terrà conto delle patches applicate sui correnti che produrranno una flessione differenziale capace di incrementare il valore delle rotazioni.

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