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Capitolo IV – La presenza dei primati neotropicali nell'Europa rinascimentale e il loro signifcato l'iconografco.

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Capitolo IV – La presenza dei primati neotropicali nell'Europa rinascimentale e il

loro signifcato l'iconografco.

4.1 - Introduzione

Lo studio delle fonti iconografche è un degli strumenti fondamentali per la comprensione dei rapporti tra gli esseri umani e gli altri animali nelle epoche passate. Questo tipo di ricerca unita ad altre che compongono una delle discipline zoologiche chiamata archeozoologia ci permette di seguire la diffusione o l'introduzione di un animale o pianta all'interno di un nuovo ecosistema e di capire la sua importanza nella società umana, nonché di ricostruire i processi di domesticazione e valutare la variazione delle popolazioni animali in un dato territorio arrivando a delinearne l'eventuale l'infuenza antropica. Per quanto riguarda la fauna neotropicale lo studio delle fonti iconografche unito a quelle storiche ha permesso di stabilire che alcuni dei pappagalli, incontrati da Colombo nei suoi primi viaggi nei Caraibi, sono oggi estinti1, come del resto le popolazioni umane con cui venne inizialmente in contatto. Papavero e Teixeira, due studiosi brasiliani analizzando immagini di uccelli del XVII secolo trovate in Olanda e provenienti da una regione del loro paese allora occupata da questa nazione, hanno dedotto che quasi il 40% degli uccelli che a quel tempo vi volavano sono oggi estinti2. Molti primati che con il presente studio ed altri condotti recentemente3 sono stati identifcati come i primi ad essere importati in modo massiccio in Europa sono oggi in pericolo d'estinzione e il loro areale in comparazione al passato si è drasticamente ridotto. E' evidente come una ricerca di questo genere sia importante anche nello stabilire quale possa essere l'effettivo impatto antropico su determinanti ambienti e come questo debba essere considerato nei piani di gestione e conservazione faunistica che sono oggi di estrema importanza per la preservazione della biodiversità.

Accanto al valore scientifco la ricerca iconografca evidenzia il valore simbolico degli animali che nell'epoca che qui trattiamo aveva una importanza fondamentale4. I primati in particolare, rispetto agli altri animali, hanno da sempre avuto un valore aggiunto. La loro natura ambigua, intermedia tra gli esseri umani e il regno animale, li ha investiti di un forte simbolismo nella cultura occidentale5. Nei miti e nelle leggende e specialmente nel mondo dell'arte le scimmie hanno caricato il peso delle proiezioni umane più spesso di qualsiasi altro animale. Le caratteristiche semi umane dei primati erano spesso considerate l'evidenza di una caduta dall'umana perfezione. Ma se nel Medioevo venivano rappresentati come odiose creature metafora del diavolo, peccato e lussuria, nel Rinascimento in taluni casi furono trasformati nel simbolo della libertà6 e la loro immagini cominciano a sgravarsi dei signifcati del passato. Come nota Cohen7 “Benché nel Rinascimento gli animali continuino ad agire come metafora e l'associazione tra la bestialità umana e i peccati simboleggiati dagli animali rimane molto comune, iniziano, attraverso la tradizione artistico letteraria, ad essere trasmessi anche dei signifcati positivi e lo stesso animale spesso viene a rappresentare due opposti signifcati.”8 Alla fne del 1300 la maggior parte delle rappresentazioni dei primati erano spesso un'imprecisa riproduzione di 1v. Williams & Steadman, 2001.

2v. Papavero & Teixeira, 2001, pag. 1023.

3v. Masseti & Veracini, 2010; Teixeira & Papavero, 2010.

4La ricerca iconografca e il suo valore e importanza nella storia della scienza è stata messa in rilievo da vari

studi più o meno recenti, tra questi ricordiamo i lavori di Mazzolini 1993; Olmi, Tongiorgi & Zanca, 2000. Si veda Pogliano, (2006) per una review completa su questo argomento.

5Si veda per review Yerkes, 1929; Janson, 1959; Barsanti 1990 & 2009.

6v. The monkey dance di Dürer come commentato da Tompkins, 1994, pag. 40. 7v. Cohen, 2008, pag. 5.

8L'autrice nota anche che “gli artisti rinascimentali, e particolarmente quelli italiani perpetrarono il loro

simbolismo che a volte si confonde e cela nei vari generi siano questi religiosi o mitologici o quelli del naturalismo scientifco”. Riguardo a questo tema si veda anche Ernst Gombrich, 1969, pag 37. Egli infatti non nega che il successo di certi stili artistici può essere sintomatico di una diversa attitudine ma spesso questi non sono automaticamente indicatori di profondi cambiamenti psicologici. Nel caso dei primati la conservazione e impiego del simbolismo medievale si protrasse, per tutto il Cinquecento anche se in vario modo e con molte eccezioni e cambiamenti dati anche dal diverso uso che nel Rinascimento venne fatto dei primati. Alcuni di questi signifcati oltre a proseguire nel secolo successivo rimarranno nella cultura occidentale fno ai giorni nostri, si veda l'illuminante saggio di Corbey, 2005. Per una review della letteratura sul simbolismo animale medievale si veda Cohen pag. 3-22. e Lowrence, 1982. Per un'interpretazione flosofca della natura nel Medioevo: Friedman & Garland, 1998.

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alcuni dei primati del Vecchio Mondo importati in Europa sin dall'Antichità,9 mentre dal Quattrocento in poi con l'apertura delle vie atlantiche si cominciano a trovare dipinti e disegni di nuove specie provenienti dall'Africa; con la scoperta dell'America questo fenomeno sarà incrementato con l'arrivo di ulteriori animali che necessitavano di una sempre maggiore precisione nei dettagli fsici per essere descritti, caratteristica peraltro dell'arte Rinascimentale nel suo insieme. Questa fedeltà verso il mondo naturale si combinerà con la curiosità suscitata dall'arrivo delle queste strane creature. Come è riportato da Ringmar (2006)10: “Durante il Rinascimento le persone osservavano gli animali esotici con nuovi occhi. In generale c'era un grande desiderio per nuove esperienze visuali e le persone traevano un'enorme gioia nel guardare l'inaspettato, il prodigioso, le stranezze”. Malgrado la continuità simbolica e iconografca tra il Medioevo e il successivo periodo nell'arte e nella storia naturale, il contatto con nuovi e meravigliosi animali suscitò così la necessità di una descrizione della natura più puntuale che di fatto si riscontra nella crescente e graduale dominanza di quello che può essere chiamato un approccio più “scientifco” rispetto ad uno puramente artistico. Infatti per taluni autori in questo periodo l'approccio empirico al mondo esterno nell'arte visuale e nelle nascenti scienze naturali è analogo al maggiore movimento intellettuale del Rinascimento italiano11.

Fino ad oggi non vi sono studi che hanno approfondito la presenza nell'arte occidentale e in particolare il signifcato iconografco dei primati del Nuovo Mondo al loro apparire sulla scena europea. La maggior parte degli studi che tratta dei primati nel periodo considerato12 si sofferma sulla rappresentazione e simbologia della “scimmia” considerata in modo generico come categoria generale, omettendo il nome delle varie specie e confondendo animali del Vecchio con quelli del Nuovo Mondo. Inoltre è diffcile trovare commenti riguardo alle possibili aree di provenienza, alle rotte commerciali o ai mezzi adottati per far giungere questi animali dove infne vennero ritratti, vivi o morti. Questo approccio generico esclude molti dati dall'analisi e riduce il valore e l'impatto culturale che queste nuove specie potrebbero aver avuto nei circuiti scientifci e culturali del Rinascimento e della prima età moderna. Un esempio dell'estrema raffnatezza impiegata dagli artisti rinascimentali per raffgurare gli animali esotici è un quadro della collezione Farnese conservato al Museo di Capodimonte a Napoli (Figure 1 e 1bis). Il venditore di animali esotici ha tra le mani un pappagallo brasiliano (genere Amazona) e due cercopitechi Africani. Essi sono rappresentati con un grande maestria ed estremo realismo e oltre a passarci l'informazione di un forente commercio di animali esotici nella città di Anversa da cui proviene il quadro, ci mostrano che gli animali non erano modelli ripresi da fonti precedenti ma ben presenti davanti agli occhi del pittore, quindi effettivamente importati nell'epoca considerata. E' interessante notare che nel secolo successivo avvenne il consolidamento dei “modelli” di primati neotropicali (o quelli di alcune nuove specie che erano da poco giunte dall'Africa) e molti pittori e illustratori cominciarono ad utilizzarli come fonti per le loro opere fgurative senza riferirsi all'animale reale.

Attraverso l'analisi delle fonti iconografche13 si è riscontrato che i cebi cappuccini, genere 9Una nota ed importante eccezione a questo è lo schizzo di Giovannino de Grassi circa 1390, che ritrae in

modo molto realistico un Chlorocebus sabeus. v. Groves, 2008, pag. 49.

10v. Ringmar, 2006, pag. 400.

11Si veda ad esempio Pyle, 1996, pp.:266-267.

12La letteratura che tratta l'iconografa dei primati nel periodo che va dal cosiddetto alto Medioevo fno

all'età moderna è molto scarsa. Il libro a cui viene sempre fatto riferimento rimane quello di Janson del 1956, il quale ebbe il merito, attraverso un'amplissima revisione delle rappresentazione della scimmia in ogni tipo di fonte fgurativa, di porre l'attenzione sui diversi signifcati delle immagini dei primati, argomento che fno ad allora non era mai stato trattato in modo esaustivo. Egli però, così come altri lavori di storia dell'arte successivi, (v. ad esempio Panofsky, 1972, pp: 268-271) non fa nessuna (o poche) distinzioni tra una specie e l'altra di primati.

13Metodologia impiegata: gli animali sono stati identifcati attraverso la comparazione o con foto e disegni

reperibili in letteratura o con animali vivi di cui si ha esperienza o con animali naturalizzati dei Musei di Scienze Naturali. Nell'identifcare l'animale si sono considerati sia i caratteri morfologici, sia la variazione della pigmentazione che poteva essersi modifcata durante il tempo. Quando non immediatamente evidente la natura della specie essa è stata vagliata alla luce dei fattori storici e delle epoche di esplorazione delle regioni neotropicali. I Musei visitati e in cui si sono svolti degli studi sono: Museo di Storia naturale la Specola (Firenze); Museo de Ciencias Naturales de Barcelona (Barcellona, ES); Muséu Nacional de Rio de Janeiro (RdJ, BR); Muséu de Zoologia de São Paolo (SP, BR); per la metodologia si vedano anche i lavori: Veracini & Garcia, 2010; Veracini et al. (in press). La letteratura usata per l'identifcazione e classifcazione dei primati è la seguente: Auricchio, 1994; Defer, 2004; Groves, 2001 e 2005; Grubb et al. 2003; Rowe, 1996; Rylands et al. 1993 e 2000. In Appendice vi è la classifcazione, la descrizione e l'areale di

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Cebus Erxleben, 1777, assieme agli uistitì del genere Callithrix Erxleben, 1777, sono state probabilmente le prime scimmie a raggiungere l'Europa nella prima metà del 1500 poiché sono presenti in molte fonti iconografche. L'unico altro genere che troviamo peraltro solo in un opera in questa prima fase è Saimiri (Linnaeus,1758), la scimmia scoiattolo che vive nelle foreste amazzoniche. Alcuni di questi animali riuscirono ad arrivare vivi (come si evince dalla perfetta rappresentazione di alcuni individui) malgrado le diffcili condizioni di viaggio a cui vennero sottoposti, altri forse pur giungendo morti arrivarono a far parte di collezioni o wunderkammer e/o giunsero sotto l'occhio curioso di un qualche studioso della natura. Dalla seconda meta del 1500 cominciano ad osservarsi altri generi in Europa: il genere Saguinus Hoffmannsegg, 1807 e Leontopithecus Lesson, 1840. Compaiono i tamarini provenienti dalla Colombia, Saguinus oedipus (Linnaeus, 1758), che all'epoca era stata ampiamente esplorata e saccheggiata dagli spagnoli. Compare Leontopithecus rosalia (Linnaeus, 1766), il leontocebo dorato proveniente dalle foreste di pianura dello stato di Rio de Janeiro, già decantato per la sua bellezza da molti viaggiatori che si erano recati in quei luoghi. Colpisce il fatto che benché i primati neotropicali vantino una delle maggiori biodiversità a livello mondiale con 17 o più generi a seconda dell'interpretazione tassonomica, solo cinque generi riuscirono ad arrivare vivi nelle corti e case nobiliari europee durante il XVI secolo. Possono esserci tre ragioni fondamentali che spiegano questo fatto:

a) le specie traffcate furono inizialmente quelle distribuite lungo le coste atlantiche dell'America meridionale (Colombia, Venezuela e Brasile) che furono le prime ad essere colonizzate; in base agli areali di distribuzione; sappiamo che questi generi occupano tuttora queste aree, benché con gravi problemi di conservazione;

a) sia i cebi che gli uistitì erano e sono animali da compagnia delle popolazioni indigene che li allevano spesso come fgli e questo può aver facilitato lo scambio con gli europei. I cebi sono animali di una grande simpatia e dalla nota intelligenza ed espressività facciale che sembrano ricordare un piccolo uomo in miniatura14. Gli uistitì oltre ad essere molto belli per la colorazione, sono facili da trasportare per le loro ridotte dimensioni, così come le scimmie scoiattolo.

b) i cebi e le scimmie scoiattolo (che appartengono alla stessa famiglia Cebidae) sono tra i primati più resistenti e adattabili alle varie condizioni climatiche; hanno infatti una grandissima distribuzione nel continente Sudamericano; la loro dieta è considerata onnivora in quanto possono nutrirsi di frutta, fori, semi, noci, germogli e piccoli animali; probabilmente queste caratteristiche riuscirono a far loro superare il viaggio attraverso l'oceano Atlantico. Allo stesso modo gli uistitì, in particolare una o due specie (C. jacchus e penicillata), hanno caratteristiche alimentari defnite gommivore-onnivore e un grande opportunismo adattativo che favorisce loro una diffusione anche in ambienti ostili ad altri primati come la savana brasiliana chiamata cerrado. Malgrado le privazioni alimentari dei viaggi oceanici, gli individui più resistenti (visto il grande numero di animali prelevati) poterono sfuggire alla morte e giungere in Europa.

I cebi cappuccini e gli uistitì divennero molto popolari in Europa durante il Cinquecento, e pure nei secoli successivi il loro traffco e popolarità non diminuì, come dimostrano le numerose rappresentazioni artistiche. Essi divennero immediatamente uno status symbol tra i nobili europei e vista la loro bellezza e affabilità riscossero un alto successo soprattutto tra le nobildonne: la governatrice dei paesi bassi Margherita, fglia di Massimiliano, si vantava dei suoi animali delle Indie; Caterina d'Aragona venne ritratta con un cebo, mentre l'infanta Clara Eugenia di Spagna si fece ritrarre a varie età insieme ai suoi piccoli favoriti. Papa Leone X ebbe uno dei più ricchi serragli dell'Antichità con animali provenienti da tutto il mondo, tra cui cebi cappuccini, che giungevano come ambasciate dai re dell'Europa cattolica. Altri primati divenuti molto popolari sin dalle prime cronache del Nuovo Mondo e che probabilmente avrebbero suscitato grande impressione alle corti europee erano le scimmie urlatrici (genere Alouatta). Non sappiamo se fu tentato il loro trasferimento in Europa, ma possiamo dire che nel Cinquecento non si rinvengono notizie che ne attestano l'arrivo e neppure raffgurazioni. Diffcilmente infatti questi animali sarebbero sopravvissuti in quanto la loro dieta è strettamente foglivora/frugivora.

In questo capitolo verranno analizzate le fonti iconografche riferibili ai primati neotropicali e il loro signifcato nel contesto delle opere. Per maggiore chiarezza è stata adottata una trattazione per regioni geografche e/o politiche, con maggiori approfondimenti per artista in relazione alla quantità delle fonti incontrate e alla loro importanza nel contesto della sua opera.

distribuzione dei primati citati nel testo.

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4.2- La diffusione in Italia.

L'analisi condotta sulle fonti iconografche riconducibili alla penisola italiana ha evidenziato la presenza di animali provenienti dall'America sin dai primi anni successivi alla sua scoperta. L'Italia fu tra i primi luoghi a ricevere animali del Nuovo Mondo dopo la Spagna e il Portogallo. Un pappagallo americano arrivò a Venezia già nel 1497 portato dall'ambasciatore veneziano Francesco Capello di ritorno da Siviglia15 ma già nel 1496 era arrivata alla corte di Mantova una Ara cloropterus16sicuramente inviata da uno degli ambasciatori dei Gonzaga in Spagna17. Tra le prime rappresentazioni di specie neotropicali vi sono poi quelle ritratte da Giovanni da Udine nelle decorazioni della Loggia Vaticana eseguite tra 1517 e il 1519.18 Nella seconda metà del Cinquecento oltre alle note Tavole realizzate da Jacopo Ligozzi per Francesco I e dagli altri artisti al servizio di Aldrovandi che ritraggono varie specie di animali neotropicali19, troviamo l'affresco nella prima sala della Grotta Grande dei Buontalenti nel Giardino di Boboli a Firenze, dipinto da Bernardino Poccetti tra il 1586 e il 1587, che contiene una delle prime rappresentazioni europee di un puma20 mentre un tacchino dal Nord America è presente nei bronzi del Giambologna del 1567, conservati al Museo Nazionale del Bargello di Firenze.21

La prima rappresentazione in termini cronologici di un primate neotropicale rinvenuta in Italia al momento, è quella realizzata da Gerolamo Genga intorno al 1507-1510, nell'affresco Fuga di Enea da Troia (Figure 2 e 2bis),22 attualmente conservato nella Pinacoteca di Siena. Il primate qui rappresentato appartiene al genere Cebus23e benché la rappresentazione non sia molto chiara e il colore in parte perduto, la colorazione del corpo e della testa, nonché il periodo in cui è stato dipinto può far pensare a due specie. La prima è Cebus apella (Linnaeus, 1758) distribuita oggi in un vasto territorio dell'America Meridionale24. La costa Venezuelana dove vive tuttora C. apella era già stata toccata nel 1498 da Colombo. I viaggi successivi in questa porzione di continente fno allo stabilirsi defnitivo della città di Nueva Cadiz nel 1523, furono di esplorazione in funzione del commercio di schiavi e perle che si consoliderà successivamente. Dalle lettere degli ambasciatori italiani in Spagna, in relazione a questo decennio e alla letteratura conosciuta, si evince come l'interesse spagnolo per il Venezuela fosse relativo più che altro alla raccolta di perle25 e le fonti trovate che cominciano a parlare in modo specifco dell'importazione di mammiferi e poi di primati sono un poco successive.26 In ogni caso dalle 15Ciò è menzionato nel Diario del cronista veneziano Marino Sanudo. v. Pieper, 2008, pag. 126.

16Nel quadro La Viergie de la Victoire, eseguito dal Mantegna nel 1496 come ex-voto di Francesco II di

Gonzaga per la Cappella di Santa Maria della Vittoria a Mantova, nella commemorazione della Battaglia di Fornovo, 1495, in alto a destra nei festoni di foglie appare un pappagallo con la colorazione tipica di questa specie. Riportiamo qui per la prima volta questa segnalazione. Al momento è la prima rappresentazione di un animale neotropicale trovata in Italia. Il quadro è conservato nel Museo del Louvre a Parigi.

17Si veda la lettera riportata nel Capitolo II, in cui de l'Ambasciatore in Spagna de Bardi manda dei

pappagalli a Mantova.

18v. Dacos, 1969.

19Questo argomento sarà approfondito nel Capitolo V. I primati nell'opera di Gesner e Aldrovandi. 20v. Chiarini, 1977; Masseti, 1991.

21v. Gaetà Bertela, 1999.

22Sono debitrice per la segnalazione di un primate in quest'affresco al mio collega Mauro di Vito.

23La segnalazione di un primate neotropicale in quest'opera e la sua identifcazione sono riportati qui per la

prima volta.

24Il genere Cebus è uno dei più diffusi nei Neotropici. Esso è diviso in due gruppi (Elliot 1913): testa con dei

“cornetti” di pelo o creste nel maschio (“tufted capuchin monkeys” o cebi dai cornetti) e testa senza questi cornetti nel maschio (“untufted capuchin monkeys” o cebi senza cornetti). Benché il genere nel suo insieme sia stato rivisto molte volte esistono ancora problemi riguardo alla sua tassonomia e come Rylands et al. (2005) notano: “good understading of Cebus diversity and distribution has proved intractable over the centuries”. Questo genere ha infatti una grande variazione intraspecifca nella colorazione che rende diffcile il riconoscimento specie-specifco quando l'esatta provenienza è sconosciuta. Groves (2001) e Rylands et al. (2000) ne hanno riconosciuto 7 specie.

25v. Cod Marciano VII 1108, c. 347, Lettera da Burgos, 16 Luglio 1508.

26Tra queste troviamo il passo di Oviedo, (1526) che dice: “Y porque cada dia se llevan a España, no me

ocuparé en decir dellos sino pocas cosas”; la lettera di Andrea Navagero ambasciatore veneziano a Toledo che parla di un giaguaro giunto a Siviglia nel 1523. (Museo di Venezia, Codice Cicogna 1985, c. 223. ) e

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fonti storiche si capisce che la suddetta pratica dovesse essere già sperimentata da tempo e che, malgrado gli animali fossero delicati, si tentava ugualmente di portarli in Europa. La seconda specie a cui può riferirsi il dipinto è Cebus xanthosternos Wied-Neuwied, 1826, una specie endemica del litorale brasiliano, distribuita nelle foreste dello stato di Bahia. Questo tratto di costa è stato il primo ad essere scoperto dai portoghesi e ha visto da subito l'invasione degli stessi e poco dopo dei francesi. Sappiamo, come è stato ampiamente illustrato nel Capitolo II, che molte fonti storiche riportano l'ingente traffco di animali da queste aree verso l'Europa sin dai primi decenni del Cinquecento e quindi la probabilità che questa specie fosse giunta nel vecchio continente nei primi anni del secolo è molto alta.

Negli anni in cui Gerolamo Genga (Urbino 1476- 1551)27 dipinse l'affresco con il cebo si trovava a Siena. Egli era un importante architetto e pittore del rinascimento che visse tra la sua città natale e Siena, Firenze, Roma e Cesena, venendo in contatto con le maggiori personalità artistiche dell'epoca quali Luca Signorelli, Leonardo da Vinci, Michelangelo e Raffaello. Negli anni senesi prestava i suoi servigi al di colà signore il Magnifco Pandolfo Petrucci, discendente da un'importante famiglia di mercanti. L'affresco Enea fugge da Troia apparteneva in origine, assieme ad altri, tra cui il Riscatto dei Prigionieri sempre di Genga, alla preziosa decorazione fatta eseguire da Pandolfo Petrucci per un salone del suo palazzo residenziale nella Via dei Pellegrini a Siena. Con la degradazione del superbo Palazzo anche le decorazioni dell'interno andarono perdute o disperse. Gli affreschi furono distrutti o tagliati con tutto il blocco murario, smembrati e venduti al primo offerente28. Tre di tali affreschi andarono perduti mentre due di Luca Signorelli e uno del Pintoricchio sono alla National Gallery di Londra e i due del Genga a Siena. La data del complesso degli affreschi venne desunta da quella di alcune mattonelle del pavimento datate 1509 e da altre informazioni, tra cui l'invito fatto da Gentile Baglioni al Pintoricchio affnché l'artista tornasse al più presto a Siena al servizio di Pandolfo.29 Queste fonti non infcerebbero l'ipotesi alternativa per cui la decorazione delle pareti affrescate potrebbe essere stata eseguita alcuni anni prima o dopo il 1509, come sostenuto da Petrioli Tofani30. Benché vi siano tesi contrastanti sulla data d'esecuzione, incrociando le fonti storiche sulla vita del Genga con quelle della sua maturazione artistica si può dire che il quadro fu eseguito prima del 1512 data in cui il signore di Siena morì e in cui il Genga si trasferì a Roma per un breve periodo31. Per concludere Girolamo Genga vide questo primate probabilmente tra il 1507 e il 1512 e lo inserì nell'affresco, quasi a riempire un vuoto del quadro in basso a destra. Riguardo all'affresco che propone un tema della Grecia classica, non ho trovato una soddisfacente letteratura critica, tanto meno dei riferimenti al motivo della collocazione della scimmia o alla presenza della scimmia stessa. Negli altri affreschi del palazzo, che si sono oggi conservati, non appaiono altri animali esotici. L'animale molto raro e prezioso, per quell'epoca poteva essere posseduto solo da una persona molto benestante e questo

Galeotto Cei, 1539 – 1553, “In alcuna parte vi è di questi gatti piccoli come topi, molto belli, ma si muoiono et con fatica se ne conduce in Ispagna” che si riferisce però ad un altro genere di primati.

27In relazione alla vita dell'artista e architetto non sono rimasti molti documenti; in generale la critica di

quest'artista si è basata con alcune dovute correzioni temporali su Vasari, 1558 pp: 315-322.

28v. Torriti, 1978, pp: 50-53.

29Lettera datata 24 aprile 1509, v. Torriti, 1978 pag 51.

30Secondo quest'autrice gli affreschi potrebbero essere stati eseguiti molti anni dopo, mentre quelli del

Signorelli assai prima (intorno al 1500) anzi eseguiti dallo stesso Genga sui disegni del Signorelli. v. Petrioli Tofani, 1969.

31La ricostruzione della vita del Genga è piuttosto problematica per i suoi continui spostamenti. Un

soggiorno a Roma dovette cadere tra il Maggio del 1508 in cui avvennero ad Urbino le esequie di Guidobaldo I (la città di Urbino era dal 1502 retta da Cesare Borgia che aveva spodestato Guidobaldo da Montefeltro ed Elisabetta Gonzaga con la complicità del padre Papa Alessandro VI. Urbino rimase parte dello Stato Pontifcio sotto la dinastia dei duchi Della Rovere fno ai primi decenni del 1600) e l'inverno del 1509 dove a quel tempo lavoravano Signorelli e Perugino impegnati nelle decorazioni vaticane (v. Fontana, 1981, pag 23). Al tempo degli affreschi senesi il Genga aveva già notevoli capacità in questa pratica artistica, esperienza che forse gli era derivata dalla conoscenza con Leonardo, Michelangelo e Raffaello. Dopo la permanenza a Firenze dovrebbe cadere il periodo passato a Siena che si protrasse fno alla morte di Pandolfo Petrucci, vale a dire fno al 1512 (v. Colombi Ferretti, 1985 pag 21). E' diffcile trovare documentazione sui lavori svolti alla corte di Siena dove la sua presenza lascia tracce d'archivio in data 1510 (data a cui s'appoggia anche l'esecuzione della coperta per l'organo della Cattedrale, la Trasfgurazione, che ora è nel Museo dell'Opera) e anche nel 1511 (v. Milanesi, 1856. pp36-7). Per Fontana, 1981 (pag 8) gli affreschi senesi risalgono al 1510, anche perché la Trasfgurazione (Siena 1510) mostra che il Genga aveva già maturato un suo stile personale chiamato “sperimentalismo anticlassico” di cui lui è considerato illustre esponente (v. Pinella, 1981, pp: 89-181).

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poteva di fatto essere proprio il signore di Siena Pandolfo. E' possibile che il Genga lo inserì per compiacerlo poiché avrebbe dato un ulteriore elemento di prestigio all'opera. Possiamo anche ipotizzare che l'animale fu inserito dal Genga nell'affresco per risaltare il carattere esotico del luogo a cui si riferiva. Pandolfo era un personaggio molto noto e di grande importanza politica e strategica negli anni del Rinascimento toscano. Faceva parte di una famiglia di grandi mercanti con affari che si estendevano oltre ai confni nazionali. Al momento non ho trovato documenti storici che attestano l'importazione di animali esotici a carico di ambasciatori senesi o mercanti, ma sicuramente l'ambizione dei signori di Siena per il possesso di una rarità americana dovette essere grande in quel periodo in cui Siena cercava di pareggiare con Firenze. L'importanza del cebo di Siena sta nel fatto che è la prima rappresentazione italiana di un primate del Nuovo Mondo e se la specie Cebus apella verrà confermata, anche il primo individuo di questa specie a giungere in Europa. Infatti mentre il traffco di animali con il Brasile cominciò molto presto ed è ben documentato da documenti e fonti iconografche, quello con le terre conquistate dagli spagnoli, al momento non sembra essere stato così diffuso almeno in termini quantitativi e le segnalazioni di primati provenienti dalle aree spagnole sono molto più scarse durante il Cinquecento.

In anni e luoghi non molto lontani dalla Siena di Pandolfo comparve un'altra scimmia sudamericana in Italia. Nella Villa Medicea di Poggio a Caiano vicino Firenze l'artista forentino Andrea del Sarto (1486–1531) dipinse un grande affresco Tributo a Cesare (Figura 6) commissionatogli da Papa Leone X presumibilmente tra il 1519 e il 152132. Il soggetto doveva onorare la gloria di suo padre Lorenzo il Magnifco alludendo a Cesare ed evocando i regali che diede lui il Sultano d'Egitto nel 1487.33 Andrea del Sarto era già un pittore molto noto all'epoca durante il periodo del rinascimento forentino e primo manierismo. Egli era considerato dai suoi contemporanei un artista sia inventivo che “sanza errore” e un maestro della “maniera forentina”34. A Poggio a Caiano, del Sarto dipinse due scimmie assieme ad altri animali esotici quali camaleonti, giraffe e pappagalli. Una di queste è un cercopiteco verde Chlorocebus sabeus (Linnaeus, 1766), proveniente dall'Africa occidentale, mentre l'altro è un cebo di Marcgrave, Cebus favius (Shereber, 1774) proveniente dal Brasile (Figura 6bis)35. Questa immagine ha tutte le caratteristiche morfologiche di C. favius (Figura 7): le proporzioni, la forma della testa e la coda semi-prensile che non lascia dubbi sull'appartenenza a questo genere. Il colore dorato è caratteristica di questa specie così come il pelo sulla fronte che ha un colore più chiaro. La resa pittorica dei due animali fa presupporre che l'artista dovesse essere molto familiare con loro e possa aver usato animali vivi come modelli. Nel caso del cebo questo è fuori dubbio poiché l'espressione malinconica dell'animale sembra confermare la sua triste condizione di cattività.

Il cebo di Marcgrave ha una interessante storia dal punto di vista scientifco. Questa specie è stata recentemente riscoperta in Brasile.36 Benché la sua distribuzione fosse probabilmente più estesa in passato vive oggi nei frammenti rimanenti della Foresta Atlantica degli stati brasiliani del Rio Grande do Norte, Paraıba, Pernambuco e Alagoa ed è in pericolo d'estinzione per la scomparsa degli habitat e per l'estrema riduzione delle popolazioni37. La prima descrizione di C. favius venne fatta da George Marcgrave nel 1648, durante il suo viaggio nel Nordest della Foresta Atlantica Brasiliana e poi se ne perdettero le tracce.38 La parte del Brasile, dove tuttora troviamo piccole popolazioni relitte di C. 32v. Bardazzi & Castellani, 1981; Kliemann, 1986.

33v. Mosco, 1985.

34v. Natali, 1998; v. Vasari, Giorgio. Le vite (1551) pag. 559: “Et cosi i suoi panni piegati, ne troppo

semplici, ne intrigati, ma con una guisa che paion' ueri. Seguì in questa maniera ma piu dolce di colorito et non tanta gagliarda Andrea del Sarto: Il qual si puo dire che fusse raro, perche l'opere sue son sanza errori.”

35v. l'identifcazione di Cebus favius e la sua scoperta nell'affresco di Andrea del Sarto è stata descritta e

commentata da Veracini & Masseti, 2007 e Masseti & Veracini, 2010.

36v. gli articoli di De Oliveira & Langguth 2006; Pontes et al., 2006.

37Lo status di questo primate è “critically endangered” in accordo con la “IUCN Red list of threatened

species 2010” e può essere sull'orlo dell'estinzione.

38v. Marcgrave, 1648 apud De Oliveira and Langguth (2006) “sotto il nome di caitaia descrisse una scimmia

dai lunghi peli di colore giallo; la sua testa era rotonda e non aveva dei ciuffetti prominenti; il suo naso era piccolo e piatto e aveva una coda arcuata e il suo solo charme era l'odore di muschio”. Alla pagina 23 del secondo volume di una collezione del 1600 disegno un acquerello conosciuta come “Manuals” o “Libri

Principis”, c'è un'immagine di un cappuccino che può essere stato dipinto da Marcgrave. Nel 1774, il naturalista tedesco Johann Schreber descrisse e dipinse una scimmia che egli chiamò Simia favia e benché l'immagine fu molto stilizzata essa lascia pochi dubbi che si tratti di un Cebus favius. Nel tempo vi è sta a una lunga ed inconcludente discussione tra i tassonomisti in relazione alla sua origine e identità poiché

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favius, fu una delle prime ad essere esplorate e saccheggiate dagli europei. Infatti Francesi e Portoghesi si contendevano il dominio di quelle aree giacché vi si trovava il miglior verzino.

Il cebo di Marcgrave dipinto da Andrea del Sarto fu probabilmente portato dal Brasile come regalo a papa Leone X. Egli era noto per avere una passione, come il padre Lorenzo, per gli animali esotici. Il suo serraglio in Belvedere,39 descritto da molti letterati e artisti dell'epoca, vantava animali provenienti da tutto il mondo. Vari autori tra cui Dacos e Lloyd40, ritengono che l'affresco di Andrea del Sarto ritraesse gli animali presenti al tempo nella ménagerie del Papa. Vasari identifcò gli animali di Andrea del sarto: “pappagalli che son cosa rarissima; capre indiane, leoni, giraff, leonze, lupi cervieri, scimie....”41 La lista data da Bellori42 includeva molti degli stessi animali: “il camaleonte, i zibetti, le scimmie, i pappagalli, i leoni, i liofanti e altri animali più stranieri”. I dati suggeriscono che nella ménagerie di Leone X ci fossero non meno di 43 animali differenti, incluse scimmie e un elefante bianco indiano, il famoso Annone43. Nel dipinto di Andrea del Sarto possiamo identifcare tra gli altri un camaleonte del mediterraneo, una civetta indiana e pappagalli americani tra cui una Ara cloroptera e altri pappagalli africani. Molti di questi animali probabilmente arrivarono a Roma come ambasciate mandate a Leone X da parte di Re Manuale di Portogallo che era ansioso di ricevere nuove concessioni papali soprattutto in relazione alle nuove terre scoperte e per i suoi rapporti sempre burrascosi con la Francia44. Le fonti storiche ci forniscono due date: la prima quella del 1514 di Tristano da Cunha che arrivò a Roma il 12 marzo con molti “animais indianos” che includevano il già menzionato Annone e un grande felino (onça)45. Tristano da Cunha potrebbe aver arricchito la missione con ulteriori prodotti americani. Il portoghese avrebbe potuto ottenerli in Brasile che era una tappa obbligata per molte delle navi che ritornavano dalle indie orientali, avendo così l'opportunità di fare regali preziosi che erano totalmente nuovi per l'Europa”46. L'altra ambasciata capitanata da João da Pina doveva giungere a Roma il 1515 portando tra l'altro il famoso rinoceronte che aveva ispirato Dürer, ma fece naufragio nella costa ligure poco a nord di Portovenere 47. Sappiamo inoltre che il membro più ricco della famiglia Fugger, Jacopo Fugger48 divenne nel 1500 banchiere dei papi e tra il 1505 e il 1506 fnanziò l'istituzione della Guardia Svizzera Pontifcia. Egli era diventato l'imprenditore di maggior successo in tutta Europa con un impero commerciale, bancario e minerario che si estendeva fno a Roma, quindi è probabile che egli stesso o uno dei suoi agenti stanziato nella città, avesse rifornito il papa di animali provenienti dalle nuove terre scoperte e da cui i Fugger avevano aperto un notevole traffco49.

E' possibile che il pittore forentino avesse avuto l'opportunità di vedere e studiare la scimmia brasiliana durante una visita a Roma prima di dipingere l'affresco. In realtà nessun documento attesta il viaggio di Andrea del Sarto a Roma in quegli anni, ma questa visita, come affermano Masseti & Veracini50 può essere avvenuta prima di cominciare il lavoro sull'affresco di Poggio a Caiano. Tra il 1518 e il 1519 un altro pittore di animali stava lavorando a Roma, e in modo particolare sulle decorazioni della Loggia Vaticana. Egli era Giovanni da Udine, un membro della bottega di Raffaello,

nessuno individuo era posseduto nelle collezioni scientifche e non vi erano gli animali in natura. Pontes et

al. (2006) trovando questi animali in un frammento di foresta lo avevano descritto come nuova specie chiamandola Cebus queirozi, evidentemente inconsapevoli della descrizione esistente di Marcgrave del 1648 e di Schreber (1774). De Oliveira & Langguth (2006) hanno concluso che la Simia favia di Schreber è il sinonimo più antico usato per questo animale e quindi il nome specifco più antico disponibile.

39v. Bellori, 1931; Fontoura da Costa, 1937; Belozerskaya, 2006.

40v. Dacos, 1977; Lloyd, 1984, pag. 47. 41v. Vasari, 1568, pag 36.

42v. Bellori, 1931.

43v. Lloyd, 1984; Bedini, 1986a, 1986b.

44v. Kliemann, 1986; Gschwend, 2009, pag. 41. 45v. Fontoura da Costa, 1937.

46v. Dacos, 1977.

47v. Clarke, 1986; Giovio 1555; Cwalinski, 2004.

48Il ruolo di questa famiglia assieme ai Welser nel commercio di animali è stato trattato nel Capitolo II e

verrà ripreso a proposito dell'importazione di animali nel paragrafo successivo.

49v. Teixeira & Papavero, 2010 e il Capitolo II. 50v. Masseti & Veracini, 2010, pag 96.

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specialista in rappresentazioni naturalistiche di animali, piante paesaggi e festoni e secondo Bellori51, questo artista ritrasse tutti gli animali che Papa Leone X aveva nel suo zoo privato di Belvedere. Secondo Shearman e Kliemann52, Andrea del Sarto avrebbe portato con lui uno schizzo iniziale dell'affresco di Poggio a Caiano per l'approvazione del Papa; oggi lo schizzo è conservato nel Museo del Louvre. Tra gli animali del bozzetto c'è una scimmia del genere Chlorocebus, diversi cani, un dromedario e una giraffa. Forse però il papa volle che il pittore introducesse anche gli animali che lui aveva nel serraglio e di questi alcuni appena giunti dall'America. Infatti alcuni dei soggetti dell'affresco di Andrea del Sarto sembrano essere ripresi dagli arazzi presenti nelle stanze di Raffaello in Vaticano come affermano Bardazzi e Castellani53. Di particolare interesse appare uno studio di Andrea del Sarto che contiene dei bozzetti preparatori dell'affresco di Poggio a Caiano54 (Figura 8), e che mostrano tra gli altri un cercopiteco verde la cui fgura sarà ripresa nell'affresco e una scimmia eretta dalle sembianze di un cebo che è probabilmente connessa con il ritratto di C. favius dell'affresco. Per entrambe le scimmie il pittore sembra così aver usato animali vivi come modelli.

Nelle rappresentazioni medievali e rinascimentali di carovane e cortei, gli animali esotici tra cui le scimmie sono quasi sempre presenti. In questo caso il tema dell'affresco allude ad un corteo che fece veramente il suo ingresso a Firenze recando, tra gli altri animali, la famosa giraffa, ritratta in seguito da molti artisti55. Le scimmie rappresentate in genere in questi cortei, hanno come modelli bertucce o i cercopitechi verdi, entrambi ben noti in Europa sin dall'Antichità. Nei cortei vengono inseriti spesso elementi esotici di varia provenienza che rimandavano a tradizioni e a popoli stranieri. In alcuni casi entra l'elemento burlesco con nani, saltimbanchi e altri rappresentanti di un'umanità precaria e marginale. Nel caso del Tributo a Cesare il cebo è portato sulle spalle da un servitore dai capelli rossi, mentre il cercopiteco seduto vicino al nano ha una vestizione a righe che nel Medioevo era associata al diavolo, così riproponendo la tradizione medievale che associava questo animale al peccato. Quindi benché si ritrovino delle perfette rappresentazioni di scimmie nel caso di Andrea del Sarto la loro simbologia non sembra scostarsi dalla tradizione dei bestiari e da quella fascinazione per l'esotismo tanto cara all'arte rinascimentale. Il signifcato simbolico di tutta l'opera che è un'esaltazione alla gloria di Lorenzo attraverso i doni preziosi recategli da sovrani lontani, esalta anche la dinastia Medici e rispecchia la tradizione di usare gli animali esotici come elemento di distinzione sociale. Nell'affresco il cebo ha una posizione centrale dell'affresco, divenendo il fulcro della composizione pittorica, quasi per enfatizzare l'alto prestigio e la rarità dei doni portati a Lorenzo. 56

Sempre negli anni del papato di Leone X troviamo a Roma un'altra raffgurazione di primate brasiliano. Nel 1516 Sebastiano del Piombo ritrasse il presunto Cardinale Ciocchi dal Monte con uno uistitì della specie Callithrix jacchus (Linnaeus, 1758)57. Questa piccola scimmietta campeggia in atteggiamento molto naturale e pacifco al lato destro del Cardinale (Figure 3 e 3bis). La specie C. jacchus è una scimmia di minuscole dimensioni, endemica del Nordest della costa Atlantica del Brasile (Stati di Piauí, Ceará e Pernambuco,). 58 Lo uistitì, di aspetto amabile e molto vivace fu tra le prime 51v. Bellori, 1931.

52v. Shearman, 1965, pp: 78-79. e Kliemann, 1986, pp: 15-22. 53v. Bardazzi & Castellani, 1981.

54Oggi sono conservati al Hessinsches Landesmuseum, Darmstadt.

55Per un'ampia descrizione dell'avvenimento si veda il libro di Belozerskaya, 2006.

56Per un'interpretazione delle raffgurazioni degli animali e il loro signifcato simbolico e politico nella

Famiglia Medici si veda Lazzaro, 1995, pp: 197-227.

57Gia identifcata da Garas, 1994-95, pp:135-143. Ripresa da Veracini e Masseti, 2010 e Teixeira &

Papavero, 2010.

58Questa specie è stata ed è uno degli animali più traffcati al mondo. Oggi la troviamo in gran parte dei

laboratori biomedici che ammettono l'uso di primati (a mio avviso deplorevole) nella ricerca ed è ancora uno degli animali da compagnia più diffuso nelle case brasiliane. Questa specie proprio per la sua grande adattabilità oggi è distribuita anche in altre parti del Brasile fuori dal suo areale di distribuzione in seguito al rilascio in natura di individui provenienti dal traffco illecito di animali, fenomeno purtroppo ancora oggi molto diffuso in Brasile. La specie insieme alla specie affne Callithrix penicillata, rilasciata in ambienti diversi dai naturali riesce nella maggior parte dei casi a formare popolazioni stabili che spesso sono causa di gravi danni alla fauna endemica locale. Molti studi e ricerche sono state fatte in merito, anche per stabilire il reale impatto di queste specie su popolazioni in pericolo. Si veda a questo proposito il video di Veracini et al. (2004). Mentre C. jacchus si diffonde fuori dal suo areale di distribuzione nelle aree endemiche la popolazione sta subendo un calo considerevole in relazione ai prelievi e alla distruzione degli habitat.

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scimmie a sbarcare in Europa, lo troviamo infatti anche ritratto da Dürer nel primo decennio del Cinquecento.59 La parte del Brasile dove tuttora è distribuita questa specie è la stessa da dove fu prelevato il cebo di cui abbiamo appena parlato e quindi sappiamo che vi sono molte fonti storiche che testimoniamo del perché e come questi animali potessero giungere in Europa, ma in relazione a come fosse giunta nelle mani del Cardinale possiamo solo fare alcune ipotesi.

Al tempo del ritratto Sebastiano Luciano detto del Piombo (1485-1547) 60 si trovava a Roma come si evince dalla sua biografa61. Vi si trasferì nel 1511 al seguito di Agostino Chigi62 un personaggio infuente della Roma di allora, e vi rimase per circa vent'anni. Agostino Chigi lo portò con sé perché aveva visto in Sebastiano l’uomo affabile ed elegante nonché l’artista dotto e innovativo e lo volle a Roma per i lavori nella sua villa sul Tevere dove era stato in grado di convocare alcuni tra i massimi artisti del tempo come Peruzzi e Raffaello Sanzio. Roma era in un momento di apparente fervore artistico ma è improbabile che fosse questa l’impressione del pittore appena giuntovi. Nel giro di pochissimi anni le occasioni di lavoro in campo artistico erano in verità crollate e al di fuori dell’area di S. Pietro e dei Palazzi Vaticani non sembrava che ci fossero molte opportunità per i pittori, gli scultori e gli architetti. Sebastiano del Piombo però rimaneva nella cerchia di Agostino Chigi uno dei pochi committenti rimasti che lo introdusse in una cerchia di eletta distinzione intellettuale e sociale dove probabilmente conobbe il Cardinale Ciocchi dal Monte. Il periodo del 1511-1516 viene ricordato come quello della ritrattistica per Sebastiano.63 Dopo vari importanti affreschi si dedicò a questa pratica che sembrò forse dargli una certa sicurezza stilistica (si ispirava infatti a Raffaello) che forse aveva sentito vacillare in quell'ambiente della corrotta curia romana, che non era certo interessata a questioni artistiche64. Il ritratto del Cardinale è tra le opere meno note di Sebastiano del Piombo. Venne ritrovato nel 1845 a Roma e attribuito inizialmente a Raffaello. Intorno a questo quadro non vi sono solo problemi di attribuzione ma anche di assegnazione dell'identità del personaggio ritratto65. Per alcuni critici si tratterrebbe del cardinale Antonio Ciocchi dal Monte, che però alla data del ritratto doveva avere già 50 anni, mentre l'individuo del quadro è più giovane. Un'altra ipotesi più interessante dal nostro punto di vista è quella che il personaggio fosse il nipote, Giovanni Ciocchi dal Monte, divenuto nel 1550 papa Giulio III e che poteva avere ca. 25 anni all'epoca del quadro. Di lui si sa che possedeva una scimmia, e che ne affdò una in custodia a suo nipote: Innocenzo dal Monte66. Giovanni venne chiamato per tale ragione “Cardinale Scimmia”. Gli elementi sembrano quindi pendere per Giovanni più che per Antonio ma con un unico problema che all'epoca del ritratto non era ancora Cardinale. Ma una studiosa, la Garas,67 ha in seguito visto che il ritratto aveva un contrassegno sul retro della casata Farnese e quindi ha ipotizzato che potesse essere il cardinale Alessandro Farnese il quale anni dopo sarebbe divenuto papa Paolo III. Egli sarebbe stato ritratto da Raffaello nel quadro adesso nella Galleria Capodimonte a Napoli. Inoltre, benché descritto come Cardinale, la cappa rossa non è esattamente una “mozzetta cardinalizia” della quale non ha né il cappuccio né l'abbottonatura anche se per il copricapo il personaggio è un ecclesiastico. Ma, come osservato da Lucco68, per assegnare l'identità “unico elemento è proprio quello ritenuto senza importanza dalla Garas, una sorta di lussuoso ninnolo del nostro ecclesiastico; vale a dire la piccola, rara, e perciò particolarmente preziosa scimmia platirrina. [..] Non tutti potevano possedere questo animale e l'unico prelato che a quel tempo avesse una passione per questi animali è, a nostra conoscenza, Giovanni Maria Ciocchi del Monte, che tuttora 59v. Paragrafo successivo: I primati alla corte di Massimiliano I.

60Sebastiano Luciani nacque a Venezia dove apprese l'arte della pittura con maestri quali Giovan Bellini e

Giorgione da Castelfranco. v. Palluchini, 1941, pag. 5.

61v. Palluchini 1941, pag. 37.

62«spargendosi la fama delle virtù di Sebastiano, Agostini Chigi sanese, ricchissimo mercante, il quale in

Vinegia avea molti negozii, sentendo in Roma molto lodarlo, cercò di condurlo a Roma, piacendogli oltre la pittura che sapesse così ben sonare di liuto e fosse dolce e piacevole nel conversare. Né fu gran fatica condurre Bastiano a Roma, perché, sapendo egli quanto quella patria comune sia sempre stata aiutatrice de' begl'ingegni, vi andò più che volentieri.». v. Vasari, 1568.

63v. Palluchini 1941, pag 37. 64Strinati Claudio, 2008, pag 16. 65v. Lucco, 2008, pp: 156-157.

66In realtà Innocenzo non era il nipote ma il suo favorito sessuale dato in custodia a suo fratello; sarà in

seguito elevato al titolo di Cardinale con molte proteste. Giulio III è passato alla storia come il Papa gay e diede molto scandalo all'epoca per il suo comportamento.

67v. Garas 1994-95, pp: 135-144. 68v. Lucco, 2008, pag. 156.

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riteniamo debba essere riconosciuto nel ritratto di Dublino”.69 La piccola scimmia diventa quindi elemento centrale per il riconoscimento del personaggio e a ragione si insiste sul fatto che in quell'epoca non tutti potevano permettersi di avere un animale così raro. Due sono le ipotesi su come il Cardinale avesse potuto ottenere la scimmia: la ottenne da Papa Leone X per un qualche favore che gli fece o durante una delle ambascerie che come accennato prima venivano fatte al papa da parte di Manuele I, oppure la comprò indipendentemente dai mercanti di animali che come abbiamo visto lavoravano a Roma per il Vaticano.

Il quadro di Sebastiano del Piombo costituisce la prima rappresentazione verosimile della specie C. jacchus in Europa ed è una chiara dimostrazione della popolarità che ebbero gli uistitì già dopo pochi anni dalla scoperta del Brasile. Altri uistitì, in questi parte del secolo si trovano nell'opera di Dürer, ma sono più stilizzati e non permettono un riconoscimento della specie. Lo uistitì comune divenne uno status symbol tra i nobili europei e conservò questo status anche nel decennio successivo, sia in Italia che all'estero.

Un altro uistitì comune (C. jacchus) venne ritratto mentre mangia un piccolo pezzo di cibo (forse un pezzo di pane) tra le mani di Margherita d'Austria (Figura 4)70. Il quadro fu dipinto quando Margherita aveva 16-18 anni cioè tra il 1538 e il 40 quando si trovava a Roma. Margherita d'Austria, o d'Asburgo (Audernarde, 28 1522 – Ortona, 1586)71, poi duchessa farnesiana e Governatrice dei Paesi Bassi, era giunta a Roma molto giovane dopo essere rimasta vedova di Alessandro I de Medici. In un’epoca caratterizzata da guerre politiche e di religione che infammavano l’intero continente, ella era divenuta una pedina fondamentale nel gioco delle alleanze e un trait d'union imprescindibile tra i Farnese e la monarchia spagnola. Quando aveva solo quattro anni si cominciò a pensare a lei come ad un prezioso strumento politico in Italia. Ella fu così promessa sposa ad Alessandro, rampollo dei Medici e per concessione dello stesso imperatore dal 1522 Duca di Penna, nel Regno di Napoli72. Egli per alcuni era fglio del cardinale Giulio de Medici, eletto poi come Papa Clemente VI, ansioso con questo matrimonio di riaffermare la fortuna della sua casata e di portarla nuovamente al domino di Firenze. Nel 1532 Alessandro rientrava a Firenze dopo un lungo assedio ad opera delle truppe imperiali e pontifcie, ottenendo il titolo di Duca73. Nel 1536 Alessandro frmò il contratto per le nozze e Margherita visse con lui a Firenze fno alla sua precoce morte l'anno successivo, quando venne assassinato dal cugino Lorenzino de' Medici. Da allora Margherita venne promessa sposa al giovane nipote Ottavio del nuovo Papa Paolo II che apparteneva ai Farnese e partì per Roma l'8 ottobre 153874. Questi sono gli anni in cui viene ritratta con lo uistitì, animale come si è appena visto, già noto da tempo nella curia romana. Dai documenti riguardanti la vita di Margherita a Roma non ho trovato riferimenti espliciti a come potesse essere venuta in possesso della scimmia. Risulta che a Palazzo Cesi, in Borgo a Roma, riuscì a farsi una piccola corte di altolocati famminghi, italiani e spagnoli e che in un primo periodo fu molto ostile alla decisione, che era stata presa in sua vece, riguardo alle nozze con il giovanissimo Ottavio Farnese, vivendo nel rimpianto della corte medicea forentina. L'ostilità verso il nuovo sposo Ottavio e del di lui zio fu motivo di vari provvedimenti che Carlo V prese successivamente in relazione a Margherita, la quale si sospettava essere addirittura sobillata da alcune

69v. Lucco 2008, pag. 157. Dal punto di vista stilistico il Ritratto del Cardinale si situa in linea con altri ritratti

precedenti di Sebastiano del Piombo (Il Cardinale Farry Corondelet e il Gentiluomo di Budapest). In entrambi infatti gli effgiati sono di tre quarti rivolti verso destra, e tengono in modo simile un foglio di carta e hanno un fondale architettonico che si apre su di un paesaggio Per il critico Strinati, pag 16, il Ritratto del cardinale Ferry Carondelet o quello del cardinale Antonio Ciocchi del Monte “raffgurano personaggi malinconici e soffusi di una luce mirabile che sembra promanare dall’interno dello spazio per manifestarsi all’attenzione di chi guarda. E’ ancora assente quell’idea della potenza dell’azione artistica in sè” e aggiungo anche la metafora della potenza e del potere dei personaggi ritratti presente nei grandi ritratti della maturità.

70La segnalazione di un primate neotropicale in quest'opera e la sua identifcazione sono riportati qui per la

prima volta.

71Margherita d'Austria, o d'Asburgo fu Duchessa di Parma e Piacenza e governatrice dei Paesi Bassi dal

1559 al 1567. Ella era fglia naturale dell'Imperatore Carlo V e di Giovanna Van der Gheynst, fglia di un lavorante di arazzi. Fu legittimata dal padre ed educata secondo i dettami previsti dal suo rango. La sua precettrice fu Margherita fglia di Massimiliano I, governatrice dei Paesi Bassi. (v. Brandi 2008, pag. 152).

72v. Mantini, 2003, pag. 25. 73v. Von Albertini, 1970.

74La partenza di Margherita dal Palazzo Medici in Via Larga è descritta in un documento contenuto nel

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componenti della nobiltà spagnola,75 fno a che ella giunse ad accettare lo sposo facendogli onore in pubblico. Fu allora che Paolo III per sancire il nuovo corso le mandò molti regali tra cui Cinquecento scudi e un vaso d'argento76. Tra questi regali non abbiamo trovato animali o scimmie ma, possiamo supporre che tra i vari regali che in quegli anni Margherita ricevette dal Papa che voleva ingraziarsela, potesse anche esserci uno uistitì, o che la stessa Margherita attraverso i suoi contatti avesse potuto riceverlo o comprarlo dai mercanti romani. Anche la zia governatrice dei Paesi Bassi che era stata sua tutrice e aveva portato il suo nome, amava molto le scimmie (Figura. 10)77 iniziando una tradizione che sarà comune alle altre donne della dinastia Asburgica-spagnola (Figure 39, 40, 41, 42).

Nel Ducato di Parma78 troviamo un altro segno della popolarità che le platirrine ebbero tra i nobili italiani. In un affresco del Castello di Torrechiara, ubicato in provincia di Parma troviamo un interessante affresco con vari primati. Il Castello si trova sugli Appennini nella località Langhirano in provincia di Parma e fu costruito da Pier Maria Rossi tra 1448 e il 1460. sulle rovine di una fortezza a 278 metri di altitudine. I molti castelli che si trovano nella provincia di Parma, prima di unirsi nel Ducato di Parma sotto la guida dei Farnese nel 1545, erano dei veri e propri baluardi difensivi situati in una zona di frontiera e grandi transiti, quale quella appenninica che conduce alla valle di Parma, ma costituivano anche centri di potere, sedi amministrative e politiche delle nobili famiglie di feudatari, e mecenati che chiamavano artisti per dare splendore alle loro residenze. All'interno di quello di Torrechiara vi sono molti ricchi affreschi. L'oratorio di San Nicomede e le stanze successive furono decorate alla fne del XVI secolo e attribuite al pittore Cesare Baglioni79. Al primo piano troviamo il Salone degli acrobatiche è affrescato con fgure nude di acrobati che formano una piramide umana sulla schiena di leoni. C'è anche un immagine di scene di battaglia e fgure femminili. Tutte le pareti hanno un'architettura monocromatica arricchita da immagini fantastiche e grottesche. Un'immagine peculiare qui è l'illustrazione di vari primati alcuni dei quali appartengono alle specie neotropicali. Purtroppo la parte dell'affresco che riguarda i primati non è ben conservata, il colore è spesso perduto e in parte l'intonaco è caduto. I primi due primati nell'affresco della stanza degli Acrobati (Figura. 9), sono due cebi cappuccini, genere Cebus (Erxleben, 1777). Uno di questi non è rappresentato in modo chiaro e può lasciare qualche dubbio in relazione alla forma e alle proporzioni del corpo mentre il secondo (Figura. 9, lato destro) è una buona rappresentazione di un cebo e può riferirsi a Cebus libidinosus (Spix, 1923)80 per la caratteristica disposizione dei cornetti di pelo sulla testa e la loro colorazione. Anche il range geografco di questa specie che include una parte a nord della Foresta Atlantica Brasiliana, area tra le prime ad essere colonizzate dagli europei, rende alta la probabilità che sia questa specie. Essa è distribuita dalla costa del nord-est brasiliano fno alle aree centrali di questa nazione giungendo ad includere una parte di Paraguay e Bolivia 81. Un'altra scimmia può essere facilmente attribuita tassonomicamente al genere Chlorocebus, i cercopitechi verde africani.

La ricostruzione di quando e come arrivarono queste scimmie a Parma appare molto nebulosa sia perché non abbiamo la precisa datazione dell'affresco e neppure il periodo preciso di permanenza di Cesare Baglioni a Parma. Possiamo però ipotizzare su come gli animali vi arrivarono. Sappiamo infatti che il fglio di Ottavio Farnese Alessandro, sposò la principessa portoghese Maria d'Aviz la quale mantenne sempre stretti contatti con la sua terra d'origine. Gli scambi diplomatici furono sempre molto frequenti tra le due corti82 e quindi è possibile che, o durante la sua pur breve permanenza a Parma (ella morì nel 1577) o in relazione a suo fglio Ranuccio I successore di Alessandro nella dirigenza del Ducato e diretto successore alla corona portoghese, gli animali avessero potuto giungere a Parma come regalo diplomatico da parte della corte portoghese.

75v. Mantini 2003, pag 70. 76v. Bertolotti, 1878, pag. 180. 77v. Eisler, 1991.

78Il Ducato di Parma nasce per volere di Papa Paolo III Farnese che unì Parma e Piacenza sotto un'unica

corona per il fglio Pier Luigi a cui succedette Ottavio Farnese marito di Margherita d'Austria. Ai Farnese, ai quali si deve il prestigio internazionale di questo Stato, succede nel Settecento la dinastia dei Borbone.

79La biografa di questo artista è molto confusa almeno nelle date di nascita e morte poiché esistono varie

versioni. Per alcuni dovrebbe essere nato nel 1525 e morto alla fne del secolo, per altri nacque nel 1545 e morì nei primi anni del 1600. Egli fu sicuramente pittore di corte intorno agli anni 70 del 1500 e pur non rimanendo sempre a Parma lo troviamo alla fne del secolo sempre al servizio dei Farnese nella decorazione di vari palazzi della città di Parma.

80Questa attribuzione è stata proposta per la prima volta in Bruner, Masseti & Veracini, 2007. 81v. Groves, 2001, 2005; Rylands et al. 2005.

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4.3 - I primati neotropicali nel regno di Massimiliano I: le opere di Albrecht Dürer, Hans Burgkmair e gli altri.

Massimiliano I d'Asburgo (1459 – 1519), fglio di Federico III d'Asburgo e Eleonora d'Aviz (fglia del Re del Portogallo e Eleonora d'Aragona) fu imperatore del sacro Romano Impero dal 1493 fno alla sua morte. Ebbe un'infanzia lontana da raffnatezze ed eleganza e caratterizzata da un rigore educativo che lo portò a parlare 4 lingue e ad amare moltissimo la cultura e l'arte. Per questo si circondò e affdò l'illustrazione delle sue imprese ad alcuni tra i più importanti artisti dell'epoca quali Dürer e Burgkmair. Sotto il suo regno si riunì gran parte del mondo cristiano di allora non tanto per le campagne militari in cui peraltro non ebbe molta fortuna, ma in seguito ad una astuta politica matrimoniale dedicata a fgli e nipoti. Il Sacro Romano Impero, sorto in Europa nell'800 d.C. governava su tutti i territori germanici e su una parte degli italici traendo la propria autorità spirituale dal papa. L'impero che Massimiliano ottenne nel 1493 non era uguale a quello che egli lasciò in eredità ai suoi discendenti poiché entro l'arco della sua vita avvennero fatti molto importanti. Egli fu eletto infatti un anno dopo la scoperta dell'America. Il suo regno risentì inizialmente in modo parziale degli avvenimenti che si stavano consumando dall'altro lato dell'oceano, poiché il sovrano era oltremodo impegnato a consolidare il suo regno in Europa, ma l'importanza delle nuove scoperte e il fascino per il meraviglioso che ne conseguiva, fu da subito molto chiaro ad alcuni dei suoi sudditi più infuenti. Tra questi si annoverano artisti quali Dürer, Burgkmair, intellettuali quali Martin Waldseemuller e Mathias Ringmann83 o banchieri e commercianti delle note famiglie tedesche Fugger e Welser84 tra i principali armatori dei viaggi oltreoceano. L'imperatore però con grande lungimiranza, assicurò agli Asburgo il controllo di gran parte delle terre della Nueva España, facendo sì che suo nipote Carlo diventasse l'imperatore di una monarchia universale comparabile solo a quella di Carlo Magno85.

Ma cosa giungeva nei primi anni dopo la scoperta dell'America in Germania? Dalle fonti storiche esaminate nel Capitolo II, abbiamo visto che il porto di Anversa era uno dei principali del nord Europa. Le merci per arrivare a Norimberga o Amburgo o Augusta dovevano passare da Anversa e tutto ciò che arrivava negli stati tedeschi doveva passare da lì. Anversa era un vero centro commerciale internazionale (si narra che vi si parlassero sette idiomi uffciali) in cui gli agenti di tutti gli stati più importanti curavano gli affari dei loro signori e le merci delle Indie occidentali e orientali vi giungevano direttamente. Con le merci viaggiavano, cronache e notizie che vi si distribuivano e lentamente fuivano fno a Massimiliano I. Nel XVI secolo la maggior parte delle opere stampate (sia in latino che in altre lingue) con riferimento all'America proveniva dall'area tedesca. Importanti umanisti, quali Konrad Peuntiger di Augusta avevano costituito grandi biblioteche ricche, sia degli autori classici che delle cronache americane che poco a poco giungevano. Malgrado però il protagonismo tedesco rispetto all'invenzione dell'America e la sua diffusione attraverso la stampa, studi più recenti86 hanno evidenziato che in relazione all'ampia produzione di opere stampate del Sacro Romano Impero, quelle che riguardavano l'America o con allusione alla stessa furono una piccola minoranza. Le notizie sulle Indie occidentali arrivavano in Germania con qualche anno di ritardo rispetto all'Italia che aveva canali privilegiati quali Martir d'Anghiera corrispondente del Papa e gli scaltri ambasciatori italiani87. La famosa mappa di Cantino che illustrava il Nuovo Mondo con una parte del Brasile arrivò nelle Fiandre ben più tardi rispetto all'Italia in cui giunse già nel 150288.

83Furono infatti Waldseemuller e Ringmann che inventarono e propagandarono il termine America il quale

venne inserito in una Cosmographia Introductio che accompagnava i Quatuor Navigationes di Amerigo Vespucci. La vicenda è molto nota in quanto a seguito di questa pubblicazione del 1507 i paesi scoperti da Colombo cominciarono a chiamarsi America. Molte delle dispute relative anche alla “questione vespucciana” e alla veridicità dei suoi scritti derivano anche dal fatto che molti autori ritennero che Vespucci si fosse appropriato di una fama immeritata.

84I Welser e i Fugger erano famiglie tedesche ricchissime (oggi si direbbe di imprenditori) che operavano a

livello mondiale con agenti in tutte le parti sensibili dell'Europa: Venezia, Amburgo, Spagna e Portogallo. v. Capitolo II.

85v. il libro classico di Carlo V di Karl Brandi, 2008. 86v. Pieper, 2008. pag. 124.

87Si è vista nel Capitolo II la velocità di diffusione delle notizie che giungevano in Spagna e Portogallo da

parte degli ambasciatori italiani.

88v. Rodrigues & Devezas, 2007. pag. 137. Gli autori defniscono questa mappa come una delle più

importanti della cartografa mondiale, il primo planisfero globale, frutto di un'opera di spionaggio da parte di Alberto Cantino inviato a Lisbona da Ercole d'Este duca di Ferrara, con la missione secreta di avere informazioni sulle scoperte portoghesi. La Mappa è oggi conservata nella Biblioteca estense di Modena.

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Anche gli animali viaggiavano sulle stesse rotte mercantili e il polo di Anversa divenne uno dei principali centri di smistamento fomentato dal desiderio di mercanti e nobili di arricchire i propri serragli e “cabinetti di curiosità”. Ben presto anche il nord Europa rimase affascinato dai pappagalli americani89. I variopinti volatili sbarcati nella penisola iberica nel 1493 e giunti poco dopo in Italia, compaiono nel 1503 nel nord Europa dove nel ritratto di Anna Cuspian Lucas Cranach inserisce un'ara rossa. I variopinti volatili giunsero presto anche a Norimberga, la città di Dürer. Una prova di questo fu che nel 1505 la città di Norimberga dovette occuparsi di un reclamo. Ad un messaggero che giungeva da Anversa avevano rubato delle lettere e un cesto di pappagalli. Quando le autorità acciuffarono il delinquente poterono recuperare gran parte delle lettere ma già mancavano tre degli uccelli più preziosi90. Da questo fatto si desume che la quantità di pappagalli che circolava in Germania poteva essere abbastanza consistente benché non paragonabile a quella che poteva trovarsi in Portogallo o in Spagna. Benché le fonti e le testimonianze siano molto inferiori rispetto a quelle dei pappagalli, anche i primati del Nuovo Mondo avevano fatto il loro ingresso nel Regno di Massimiliano I nei primi anni del 1500.

4.3.1 - Dürer, gli animali, l'esotico e le scimmie.

Albrecht Dürer, pittore, incisore, matematico e xilografo tedesco, viene considerato uno dei grandi esponenti della pittura rinascimentale e ritenuto da molti l'artista tedesco più importante di tutti i tempi. Nacque a Norimberga nel 1471 e vi morì nel 152891. Dürer realizzò lunghi viaggi di studio in Svizzera, Italia e in Olanda dove conobbe la pittura e la cultura di questi paesi i cui elementi confuirono nella sua straordinaria produzione. Inizialmente divenne famoso soprattutto grazie alle sue incisioni e xilografe che nell'epoca a cavallo tra il XV e il XVI secolo permisero una diffusione molto ampia delle sue opere. Le sue incisioni su rame erano molto apprezzate per precisione e accuratezza nell'esecuzione e all'inizio del 1500 Dürer aveva già acquisito una fama europea. Ormai affermato artista divenne pittore di corte nel 1512 e vi rimase anche quando, nel 1519, a Massimiliano I succedette il nipote Carlo I, divenuto poi Carlo V.

Dürer nacque in un periodo in cui il mondo naturale di animali e piante stava diventando un argomento di grande interesse poiché esploratori e viaggiatori ritornando da terre lontane portavano esempi e illustrazioni di nuove specie. Dürer era pieno di curiosità e ammirazione per i nuovi animali e cercò di ritrarne il più possibile registrando tutte le specie zoologiche nuove che venivano introdotte in Europa, fossero esse vive o morte. Norimberga allora il centro del Sacro Romano Impero, “gli occhi e le orecchie della Germania” come osservava Martin Lutero, era un mercato molto noto in cui vi era un grande scambio di cose e merci, in virtù della sua posizione geografca, al centro delle rotte che congiungevano il nord con il sud. La scoperta di Colombo, quando Dürer aveva 20 anni e le lettere degli esploratori vennero stampate a Norimberga. Dürer ebbe un occhio privilegiato su questi nuovi mondi anche attraverso un amico: Bernhard Walther la cui moglie fu madrina della sorella di Dürer. Come molti altri uomini ricchi di Norimberga, Walther era un mercante interessato alle nuove rotte che si stavano aprendo in quel momento nel mondo. I suoi agenti misero Dürer in contatto con agenti di altri luoghi prima di tutto Anversa e Lisbona. Attraverso loro Dürer ottenne le prime descrizioni delle strane creature provenienti da luoghi lontani. Ricordiamo inoltre che Dürer sposò la fglia di uno degli agenti dei Medici a Norimberga e che un mercante Willibald Pirckheimer con contatti in Italia, un importante umanista, fu un amico molto stretto di Dürer.

Per meglio capire ed interpretare le opere di Dürer che contengono dei primati bisogna 89I pappagalli erano divenuti il simbolo dell'America già dai primi viaggi di Colombo e l'interesse per i

pappagalli manifestato dalle elites europee formava parte dell'affanno collezionistico generalizzato che si estendeva a tutta la classe di artifcialia e naturalia; ciò riguardava o gli oggetti stessi o le loro immagini. I pappagalli divennero come nota Renate Pieper gli intermediari tra due mondi e furono i primi a circolare in Europa come rappresentanti di una realtà aliena. La Pieper osserva che il recepimento dei pappagalli americani fu molto più caloroso di quello di altri animali quali armadilli e tacchini (spesso associati con la Turchia - da qui il nome turkey). L'autrice non fa però menzione delle scimmie! Un esempio dell'interesse per i pappagalli si nota anche in due dei più distinti umanisti tedeschi. Conrad Peutinger nel 1507 scrisse da Amburgo una lettera ad un altro insigne collega, Sebastian Brandt, parlandogli dei pappagalli:“Vellem

ut aliquando videres papagayos meos humane loquentes (psitacos non apello, cum alium quem Plinius describit colorem habeant).” v. Pieper. 2008, pag.123.

90v. Pieper, 2008, pag. 124.

91Data la notorietà dell'autore verranno qui segnalati solo gli elementi biografci relativi all'argomento

Riferimenti

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