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William James da La volontà di credere, sezz. IV, IX, X

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Academic year: 2021

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William James

da La volontà di credere, sezz. IV, IX, X

La volontà di credere è una raccolta di saggi, pubblicata nel 1897, che desume il titolo dal più noto degli scritti che la compongono. In quest'ultimo James trasforma il pragmatismo peirciano da dottrina metodologica per determinare il significato di una credenza in uno strumento concettuale per difendere il diritto alla fede, laddove non si tratti di questioni dimostrabili razionalmente o scientificamente, ma di dottrine morali e religiose. «In tal modo - come ha scritto Nicola Abbagnano - il pragmatismo è per James soltanto un ponte di passaggio allo spiritualismo».

Dopo aver descritto le condizioni alle quali è possibile «voler credere», James, nel brano riportato qui di seguito, spiega la legittimità del diritto a credere - James stesso ammette che l'espressione «diritto a credere» è per alcuni versi più giusta di «volontà di credere» - quando si verifichino quelle condizioni.

sez.4 – La tesi di questo saggio

In breve, la tesi che intendo difendere è la seguente: la nostra natura di esseri passionali non soltanto ha titolo legittimo, ma ha anche il dovere di decidere una scelta tra proposizioni, ogni volta che si tratti realmente di una vera scelta che non può essere decisa, per sua natura, su una base puramente intellettuale1; infatti, in queste condizioni, dire «non decidere. ma lascia aperta la questione», è a sua volta una decisione dettata dalle passioni, proprio come decidere per il sì o per il no, ed è accompagnata dallo stesso rischio di perdere la verità2. Questa tesi, espressa in termini così astratti, diverrà presto chiara. […]

sez.9 – La fede può promuovere la propria verificazione

Un organismo3 sociale di qualsiasi tipo, grande o piccolo, è quello che è perché ciascun membro svolge il suo compito confidando che gli altri membri svolgeranno simultaneamente il loro. In tutti i casi in cui un certo risultato desiderato viene raggiunto con la cooperazione di molte persone indipendenti, la sua esistenza, come fatto, è una semplice conseguenza della fiducia, preliminare e reciproca, delle persone che sono immediatamente interessate. Un governo, un esercito, un sistema commerciale, una nave, un'università, una squadra di atletica, si trovano in questa condizione; senza di essa non soltanto non si giunge ad alcun risultato, ma non si riesce nemmeno a fare un tentativo. Un intero treno, con tutti i suoi passeggeri (anche abbastanza ben piantati individualmente) saranno derubati da pochi ladri, semplicemente perché questi ultimi possono contare sulla reciproca collaborazione, mentre ogni singolo passeggero teme che, se fa qualche movimento di resistenza, verrà fatto secco prima che qualcun altro gli venga in aiuto. Se ognuno di noi credesse che tutto il treno insorgesse immediatamente insieme a noi, come un sol uomo, insorgeremmo individualmente e allora non si tenterebbe mai una rapina al treno. Ci sono quindi casi in cui un fatto non può giungere a verificarsi se non esiste preliminarmente la fiducia che possa effettivamente giungere a compimento. E nel caso che la fiducia in un fatto possa contribuire a creare quel fatto, sarebbe una logica folle quella che affermasse che la fede che se ne va per la sua strada senza aspettare la prova scientifica è «la forma più bassa di immoralità» nella quale possa cadere un essere pensante. Eppure questa è la logica con cui i nostri assolutisti scientifici pretendono di regolare le nostre vite!

1 L'ambito in cui vige il diritto-dovere di credere è dunque circoscritto a due livelli. In primo luogo, esso riguarda soltanto le questioni che non possono essere dichiarate vere o false in base a un procedimento razionale (o empirico-razionale, come nel caso delle questioni scientifiche). In secondo luogo, tra le opzioni non dirimibili razionalmente e scientificamente sono suscettibili di un atto di fede solo quelle che presentano congiuntamente i caratteri della vitalità, dell'inevitabilità e dell'importanza. In questi casi – e solo in questi casi – la decisione su base emotiva non solo è legittima, ma è doverosa.

2 Si risente qui l'eco dell'argomentazione pascaliana per cui, quando si tratta di decidere sull'esistenza di Dio, la sospensione della decisione equivale a una decisione negativa. Del resto, James stesso ammette esplicitamente l'influenza su di lui dell'argomento pascaliano della

«scommessa».

3 L'ambito delle opzioni in cui vige il diritto a credere si può dividere in due sfere: da un lato, quella dei comportamenti individuali e sociali che possono essere influenzati dalla fiducia nel loro esito positivo; dall'altro, quella delle questioni etiche e religiose. In questo capoverso, Jarnes si sofferma sulla prima sfera, anche perché trattando di essa è più facile mostrare empiricamente come la fede possa a volte produrre la sua stessa verificazione. Ma il suo obiettivo finale è l'applicazione della volontà di credere alla morale e alla religione.

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sez.10 – Le condizioni logiche della credenza religiosa

Quindi, nelle verità che dipendono dalla nostra azione personale, la fiducia basata sul desiderio è certamente una cosa legittima e forse anche indispensabile.

A questo punto però si dirà che questi in fondo non sono altro che semplicissimi casi umani e non hanno nulla a che fare con le grandi questioni cosmiche, come il problema della fede religiosa. E quindi affrontiamo direttamente questo tema. Le religioni hanno forme così diverse fra loro che quando parliamo del problema religioso lo dobbiamo considerare nei suoi tratti più generici e nel senso più ampio. Che cosa intendiamo quindi con l'ipotesi religiosa? La scienza dice che le cose esistono; la moralità dice che alcune cose sono migliori di altre; la religione, nella sua essenza, dice due cose.

In primo luogo, dice che le cose migliori sono quelle più eterne, le cose che sono più grandi di noi, quelle che nell'universo scagliano l'ultima pietra, per così dire, e dicono l'ultima parola.

[ ... ]

La seconda affermazione della religione è che noi ci sentiremo meglio fin da questo momento se crediamo che la sua prima affermazione sia vera4.

Consideriamo ora quali sono gli elementi logici della situazione nel caso che l'ipotesi religiosa sia vera in entrambe le sue parti. (Naturalmente dobbiamo ammettere questa possibilità fin dall'inizio. Se dobbiamo discutere il problema, esso deve comportare un'ipotesi che rimane in vita. Se per qualcuno di voi la religione fosse un'ipotesi che non può avere alcuna possibilità sussistente di essere vera, allora non muovete un passo di più. lo parlo soltanto al

«resto che si salva»). Procedendo in questo modo, vediamo in primo luogo che la religione si offre come scelta di grande importanza. Si suppone che, fin da ora, ci guadagniamo qualche cosa con la nostra credenza, e che perdiamo, se la credenza ci manca, qualche bene vitale. In secondo luogo, la religione è un'opzione che si impone a forza, per tutto il bene che essa comporta. Non possiamo sfuggire al problema restando scettici e aspettando maggiori lumi, perché, sebbene noi evitiamo l'errore comportandoci in quel modo, nel caso che la religione non sia vera, perdiamo i suoi beni nel caso che lo sia, con la stessa certezza con cui li perderemmo nel caso che decidessimo apertamente di non credere affatto. È come se un uomo esitasse indefinitamente di chiedere ad una certa donna di sposarlo perché non è perfettamente sicuro che questa si riveli un angelo dopo che lui l'ha portata a casa. Quella possibilità di fare l'esperienza di che cosa sia un angelo, comportandosi lui in quel modo, gli verrebbe meno, proprio come se si risolvesse a sposare un'altra donna. Lo scetticismo quindi non consiste soltanto nell'evitare una certa scelta; è invece la scelta di un tipo particolare di rischio. È meglio correre il rischio di perdere la verità che avere la possibilità di commettere un errore: questa è la posizione di quel signore che impone il suo veto sulla verità5. [ ... ]

Se la religione fosse vera e le prove a suo favore fossero ancora insufficienti, io non vorrei usare i vostri strumenti per spegnere i fuochi della mia natura (questo mi darebbe la sensazione che dopo tutto in questa faccenda i vostri strumenti hanno avuto qualche loro influsso) nei confronti dell'unica possibilità che ho nella vita di mettermi dalla parte vincente; quella possibilità infatti dipenderebbe, naturalmente, dalla mia disponibilità a correre il rischio di agire come se il mio bisogno passionale di guardare al mondo in una prospettiva religiosa possa avere significato profetico e veridico.

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da “The Will To Believe”

4. Thesis of the Essay.

The thesis I defend is, briefly stated, this: Our passional nature not only lawfully may, but must, decide an option between propositions, whenever it is a genuine option that cannot by its nature be decided on intellectual grounds; for to say, under such circumstances, "Do not decide, but

4 Si noti come l'essenza della religione viene spogliata da James di ogni riferimento alla metafisica e alla teologia tradizionali. La religione è, infatti, ricondotta a due aspetti essenziali:

a) l'affermazione di valori superiori a quelli umani (ma non per questo assoluti); b) la necessità morale soggettiva di accettare come veri questi valori.

5 La conclusione dunque è la seguente. In primo luogo, la verità della religione non può essere verlficata da procedimenti razionali o scientifici. Esiste, quindi, la condizione preliminare perché la religione possa essere dichiarata vera in base a un atto di fede. In secondo luogo, l'opzione religiosa – dire di sì o di no all'esistenza di Dio e di un ordine assiologico del mondo – è viva, importante e ineludibile. Esistono, quindi, anche le condizioni conclusive perché si abbia il diritto di credere alla religione.

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leave the question open," is itself a passional decision, -- just like deciding yes or no, -- and is attended with the same risk of losing the truth. The thesis thus abstractly expressed will, I trust, soon become quite clear

9.

Faith May Bring Forth its Own Verification.

A social organism of any sort whatever, large or small, is what it is because each member proceeds to his own duty with a trust that the other members will simultaneously do theirs.

Wherever a desired result is achieved by the co-operation of many independent persons, its existence as a fact is a pure consequence of the precursive faith in one another of those immediately concerned. A government, an army, a commercial system, a ship, a college, an athletic team, all exist on this condition, without which not only is nothing achieved, but nothing is even attempted. A whole train of passengers (individually brave enough) will be looted by a few highwaymen, simply because the latter can count on one another, while each passenger fears that if he makes a movement o f resistance, he will be shot before any one else backs him up. If we believed that the whole car-full would rise at once with us, we should each severally rise, and train-robbing would never even be attempted. There are, then, cases where a fact cannot come at all unless a preliminary faith exists in its coming. And where faith in a fact can help create the fact, that would be an insane logic which should say that faith running ahead of scientific evidence is the 'lowest kind of immorality' into which a thinking being can fall. Yet such is the logic by which our scientific absolutists pretend to regulate our lives!

10. Logical Conditions of Religious Belief.

In truths dependent on our personal action, then, faith based on desire is certainly a lawful and possibly an indispensable thing.

But now, it will be said, these are all childish human cases, and have nothing to do with great cosmical matters, like the question of religious faith. Let us then pass on to that. Religions differ so much in their accidents that in discussing the religious question we must make it very generic and broad. What then do we now mean by the religious hypothesis? Science says things are; morality says some things are better than other things; and religion says essentially two things.

First, she says that the best things are the more eternal things, the overlapping things, the things in the universe that throw the last stone, so to speak, and say the final word.[.]

The second affirmation of religion is that we are better off even now if we believe her first affirmation to be true.

Now, let us consider what the logical elements of this situation are in case the religious hypothesis in both its branches be really true. (Of course, we must admit that possibility at the outset. If we are to discuss the question at all, it must involve a living option. If for any of you religion be a hypothesis that cannot, by any living possibility be true, then you need go no farther. I speak to the 'saving remnant' alone.) So proceeding, we see, first, that religion offers itself as a momentous option. We are supposed to gain, even now, by our belief, and to lose by our nonbelief, a certain vital good. Secondly, religion is a forced option, so far as that good goes. We cannot escape the issue by remaining skeptical and waiting for more light, because, although we do avoid error in that way if religion be untrue, we lose the good, if it be true, just as certainly as if we positively chose to disbelieve. It is as if a man should hesitate indefinitely to ask a certain woman to marry him because he was not perfectly sure that she would prove an angel after he brought her home. Would he not cut himself off from that particular angel- possibility as decisively as if he went and married some one else? Skepticism, then, is not avoidance of option; it is option of a certain particular kind of risk. Better risk loss of truth than chance of error, -- that is' your faith-vetoer's exact position. [] If religion be true and the evidence for it be still insufficient, I do not wish, by putting your extinguisher upon my nature (which feels to me as if it had after all some business in this matter), to forfeit my sole chance in life of getting upon the winning side, -- that chance depending, of course, on my willingness to run the risk of acting as if my passional need of taking the world religiously might be prophetic and right.

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