• Non ci sono risultati.

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI “MARCO FANNO”

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI “MARCO FANNO”"

Copied!
34
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E AZIENDALI

“MARCO FANNO”

CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA INTERNAZIONALE L-33 Classe delle lauree in SCIENZE ECONOMICHE

Tesi di laurea

Economia della Responsabilità Sociale d’Impresa The Economics of Corporate Social Responsibility

Relatore:

Prof. FONTINI FULVIO

Laureando:

LANZONI MARGHERITA

Anno Accademico 2014-2015

(2)

INDICE

Abstract...5

1. Introduzione...7

2. Esternalità, beni pubblici e altruismo...11

2.1 Prevenzione della regolazione e esternalità...11

2.2 CSR come risposta alle pressioni sociali e la relazione con le ONG...12

2.3 CSR e i comportamenti prosociali...14

3. CSR come strategia aziendale nella concorrenza perfetta ...15

3.1 Differenziazione del prodotto e comportamento dei consumatori...15

3.2 CSR e la concorrenza...16

3.3 Reputazione e Green washing...17

4. CSR come responsabilità delegata...21

4.1 CSR come responsabilità delegata degli azionisti...21

4.2 CSR come responsabilità delegata dei dipendenti...22

4.3 CSR come responsabilità delegata degli amministratori...23

5. CSR e performance...25

5.1 CSR e performance finanziaria e non finanziaria...25

Conclusioni...29

Bibliografia e sitografia...31

(3)

ABSTRACT:

Con la presente tesi si propone di approfondire un aspetto fondamentale delle imprese : il nuovo stile di vita o di pensiero che corrisponde alla Corporate Social Responsibility (d’ora in poi CSR). È importante considerare la vitale importanza di questo argomento soprattutto per le generazioni future. Non è più possibile separare lo studio dell’economia da quello dell’etica; infatti sta assumendo maggiore rilevanza un nuovo modo di concepire le aziende:

esse nascono, si sviluppano e vivono all’interno di una società verso cui hanno responsabilità economiche, sociali ed ambientali. I consumatori della società moderna infatti sono sensibili alle performance delle imprese. La Responsabilità Sociale d’Impresa aiuta ad incrementare i confini dell’impresa e serve a raggiungere compromessi con gli interessi della società.

In particolare, viene proposta una teoria di strategia di CSR come risposta privata alle imperfezioni del mercato, il cui obiettivo principale è quello di soddisfare le preferenze sociali di specifici stakeholder che vengono considerati in tre categorie, a seconda che le imperfezioni del mercato influenzino la regolazione, la competizione e i contratti.

Nella prima parte, le imperfezioni di mercato in relazione alla regolazione si manifestano a partire dall’esistenza di esternalità, beni pubblici e altruismo. La Responsabilità Sociale è guidata da pressioni provenienti da stakeholder quali regolatori, attivisti, organizzazioni non governative.

In seguito, le imperfezioni di mercato che interessano la competizione sono basate sulla differenziazione del prodotto, asimmetrie e contendibilità del mercato. Le strategie, in questo caso, sono guidate da incentivi nella struttura di mercato dell’impresa, sulla base di una pressione concorrenziale proveniente da consumatori, concorrenti o preoccupazioni di reputazione.

Infine, le imperfezioni di mercato dipendono anche dall’incompletezza dei contratti. La razionalità limitata e l’informazione imperfetta implicano che i contratti siano intrinsecamente incompleti, in tal modo richiedono di allocare potere discrezionale ai dirigenti delle imprese.

Vengono quindi favoriti gli interessi degli stakeholder, e le strategie di CSR sono guidate

dagli incentivi nella relazione con l’agenzia aziendale e con i suoi stakeholder.

(4)

1. INTRODUZIONE

Il legame tra la morale e l’economia è stato stretto fin dall’inizio dell’avvento economico anche se i due rami si sono distaccati, facendo perdere l’equilibrio necessario al giusto bilanciamento delle due forze.

Le riflessioni inerenti allo sviluppo del pensiero economico legato all’etica risalgono ai pensatori greci che hanno posto le basi per le teorizzazioni che si sono susseguite nel tempo.

Aristotele è stato il primo filosofo e scienziato che , nel 350 a.C. , ha iniziato a sviluppare significative riflessioni sull’economia e soprattutto sul rapporto economia ed etica. Egli ha quindi collegato l’economia a fini umani, considerandola quindi come uno strumento utile a raggiungere il bene.

“Il fare denaro è un’attività intrapresa sotto costrizione e la ricchezza non è il bene che cerchiamo, poiché è semplicemente strumentale”.

Dalla citazione di Aristotele si può derivare che l’accumulazione della ricchezza è subordinata al conseguimento di altri obiettivi più importanti. Già a partire da Aristotele, si considera il valore di scambio di un bene che dovrebbe essere proporzionale al lavoro impiegato e incorporato nel bene stesso.

L’evoluzione del pensiero economico ha portato ad un indebolimento della dimensione etica, anzi si è sviluppato un pensiero antietico che è basato sull’efficienza economica e sull’utilità individuale, viene privilegiata quindi la visione dell’homo economicus che gode di razionalità assoluta in tutte le sue scelte. Oggi giorno le imprese si sono adoperate per riformulare il loro nuovo stile di vita aziendale, denominato come Responsabilità Sociale d’Impresa o Corporate Social Responsibility (CSR) e si tratta di un bisogno di trasparenza ed equità che corrisponde alle esigenze della società odierna. L’offerta da parte delle imprese eticamente orientate si rivolge a consumatori che dimostrano di essere attenti e sensibili nel considerare le azioni attuate dalle aziende stesse, scelgono di rivolgersi ad imprese che agiscono eticamente e sono disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti etici. Infatti, il consumo si fa critico e l’individuo punta soprattutto alla trasparenza e alla correttezza con le quali viene affrontato il processo produttivo. Il consumatore non sarà più quindi un homo econonomicus ma bensì è un consumatore autonomo, esigente e selettivo.

Tutti i tipi di aziende, da quelle di piccole dimensioni a quelle di grandi dimensioni, si stanno

impegnando ad assumere comportamenti che rispettino il consumatore e soprattutto si stanno

(5)

adoperando per costruire una responsabilità nei confronti del consumatore stesso e degli altri portatori di interesse.

Per etica si intende un codice di comportamenti corretti, che vanno a beneficio degli stakeholder – i portatori di interesse di un’azienda; l’etica si traduce quindi come parte dello stile di vita aziendale, diventa parte del processo decisionale.

Una prima definizione di CSR giunge da Bowen nel 1953 – Social Responsibilities of the Businessman, secondo cui “ i businessman, in quanto servitori della società, non devono trascurare i valori socialmente accettati o anteporre i propri a quelli della società”.

Nel tempo, si susseguono ulteriori definizioni, includendo il prendere decisioni e il saperle tradurre in azioni concrete, viene coinvolta inoltre la concezione dell’uomo, del suo lavoro e la concezione dell’economia.

La Responsabilità Sociale tratta la preoccupazione e la sensibilità dell’impresa nel soddisfare le attese economiche, sociali ed ambientali degli stakeholder attraverso lo svolgimento di attività e di processi ( Fondazione Ispirazione, 2009). Anche Hopkins (2011) interviene partecipando alla definizione di CSR : “ la CSR riguarda il saper trattare gli stakeholder dell’azienda in modo etico e in maniera responsabile”. Anche la Comunità Europea fornisce la sua definizione per la quale essere socialmente responsabili significa che, al di là dei vincoli giuridici, le imprese si assumono la responsabilità per il loro impatto sulla società.

La CSR è un concetto in continua evoluzione ed è giunto fino all’attuale strumento reputazionale e di sostenibilità. CSR significa rispondere a cambiamenti strutturali ed economici che interessano il contesto globale, al movimento dei lavoratori e alla richiesta di nuovi standard di correttezza e trasparenza dell’attività imprenditoriale. Lo sviluppo di questo concetto nella società moderna, in cui assume sempre maggior importanza il concetto di sostenibilità, ha condotto le aziende a rivedere il proprio modello di business, identificando nuovi piani strategici. È fondamentale per l’impresa riuscire a perseguire nel medesimo tempo sia obiettivi di competitività sia obiettivi di redditività e profittabilità.

Si giunge alla conclusione che la logica che sottende alle dinamiche di CSR ricerca sia la creazione di valore per l’impresa sia la crescita del valore sociale.

Nella trattazione che segue, vengono considerate le determinanti e le conseguenze della

Responsabilità Sociale; in questo contesto Friedman (1970) afferma che “ Vi è una e una sola

responsabilità sociale delle imprese – per usare le sue risorse e impegnarsi in attività volte ad

aumentare i suoi profitti fin tanto che rimane all’interno delle regole del gioco, vale a dire, si

impegna in concorrenza aperta e libera senza inganno o frode”. Ciò nonostante, i mercati, di

(6)

loro natura, testano le imperfezioni nella realtà, che rappresentano una sorta di giustificazione standard per le azioni di governo.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione della CSR sono le preferenze sociali che sono

necessarie ma non sufficienti per spiegare le determinanti delle strategie di CSR. Le strategie

sono volte a soddisfare le preferenze sociali degli stakeholder. Le preferenze sociali sono

quindi fattori chiave per spiegare le determinanti della CSR ma devono essere integrate con le

imperfezioni del mercato, mettendo quindi in rilievo la natura degli incentivi e le ipotesi

verificabili o verificate.

(7)

2. ESTERNALITÀ, BENI PUBBLICI E ALTRUISMO

L’esistenza di esternalità, beni pubblici e altruismo costituiscono la prima fonte di imperfezioni del mercato. Le attività legate alla CSR mirano a ridurre le esternalità negative o a generare esternalità positive. Le strategie che vengono quindi attuate sono guidate dagli incentivi nell’ambiente aziendale per produrre beni pubblici o ridurre mali pubblici, basati su pressioni che provengono da tre principali stakeholder : regolatori, ONG e altruisti.

2.1 Prevenzione della regolazione e esternalità

Si ha un’esternalità quando alcune azioni di uno o più agenti economici hanno effetti diretti sul benessere di altri individui – per effetti diretti si intendono effetti che non sono mediati da scambi di mercato. A seconda dei cosiddetti effetti, si hanno esternalità negative ed esternalità positive. Nel primo caso, l’azione riduce il benessere di qualcun altro senza che si sostenga un pagamento, si tratta principalmente di inquinamento. Nel secondo caso invece, l’azione accresce il benessere di qualcun altro senza che si riceva un pagamento ad esempio la cura della propria salute o la cura delle proprietà.

Le esternalità negative si concentrano sull’inquinamento per unità prodotta di un’azienda. Le imprese quindi per diminuire l’inquinamento prodotto hanno bisogno di tecnologie ecocompatibili, devono quindi affrontare costi di depurazione che porteranno però a un maggior benessere del consumatore. Gli imprenditori possono decidere liberamente come adattarsi agli interventi economici da attuare per diminuire l’inquinamento prodotto.

La tassa pigouviana per esempio è una tassa che corrisponde al danno marginale o viene valutata in corrispondenza dell’ottimo sociale, con questo tipo di tassa esiste l’incentivo a svolgere attività di Ricerca e Sviluppo che portano alla diminuzione dell’inquinamento. In effetti, le tasse pigouviane sono efficienti solo se i governi sono perfettamente informati riguardo alle preferenze individuali, alla tecnologia e ai costi, in caso contrario non riescono a correggere le esternalità e fornire beni pubblici.

Per quanto riguarda invece l’inquinamento di un’azienda, quando un’azienda supera i livelli

di inquinamento previsti dalla legge va incontro ad un’ammenda, di conseguenza essa è

motivata ad agire nella direzione della diminuzione delle emissioni o di gas serra per ridurre

la penale in questione; infatti vengono istituiti dei regolamenti per cui vengono delimitate le

possibilità di emissioni che le imprese devono seguire. Infatti Maxwell (2000) dimostra nella

sua trattazione “ Self-regulation and social welfare: the political economy of corporate

(8)

environmentalism” che un’accresciuta minaccia della regolamentazione del governo induce le imprese a ridurre volontariamente le emissioni inquinanti e produrre minor inquinamento.

La Responsabilità Sociale agisce quindi come un meccanismo di autoregolamentazione atto a prevenire la regolamentazione governativa. Gli investimenti ambientali sono orientati a ridurre i costi di conformità con le normative esistenti.

Un altro intervento economico per le esternalità è il teorema di Coase, per cui viene immaginato lo stato come garante di un mercato che ha come oggetto il diritto ad inquinare e come soggetti un imprenditore e un consumatore. Una volta creato il mercato è sufficiente lasciare contrattare liberamente le parti per raggiungere l’ottimo sociale. Attraverso questo teorema, il disinquinamento diventa un bene pubblico – fallimento di mercato, per i consumatori. La Responsabilità Sociale può essere quindi considerata come una soluzione di Coase ai problemi associati ai costi sociali.

La letteratura non ha ancora però definito se la CSR sostituisce o completa la regolazione.

2.2 CSR come risposta alle pressioni sociali e la relazione con le ONG

Ulteriori incentivi che guidano la CSR vengono rilevati nella pressione esterna, proveniente da attori privati, come attivisti sociali o le ONG, il cui obiettivo è quello di avere imprese che producono beni pubblici o cercano di limitare i mali pubblici tramite campagne mirate.

Vengono quindi identificate imprese meno responsabili che possono essere private della loro licenza ad operare tramite il boicottaggio (Post, 2002). Quest’ultimo è un’azione volta a isolare, ostacolare o modificare l’attività di un’impresa, in quanto non ritenuta conforme alle convenzioni sociali vigenti. Si può andare incontro al boicottaggio di “coscienza” che risponde allo scopo di compiere azioni volte a correggere un’attività contraria ai principi morali o sociali: esistono ad esempio imprese che producono prodotti OGM e tramite azioni di boicottaggio, a queste aziende viene limitata o impedita la possibilità di produrre.

Il boicottaggio può essere anche “strategico” con finalità politiche o economiche. Il successo del boicottaggio dipende dalla sua capacità di diffondere il messaggio, che è stata alimentata dall’avvento di blog e forum che hanno una forte ed immediata capacità di comunicazione, consentendo in questo modo un maggior numero di potenziali aderenti.

Hommel e Godard (2001,2002) ritengono che la contendibilità delle imprese sia caratterizzata

per l’esposizione a due tipi di minacce: la contestazione della licenza sociale per produrre ed

(9)

innovare e la contestazione economica da parte dei concorrenti; quindi l’attività aziendale diventa il bersaglio di critica sociale.

Fondamentale è il legame tra la visibilità dell’impresa sul suo mercato e il suo livello di Responsabilità Sociale, infatti la CSR può essere considerata come una politica strategica per evitare la contendibilità di un’impresa e tutela i suoi interessi. La pressione sociale il più delle volte non è esercitata dai consumatori finali ma da attivisti sociali, come le ONG.

Il ruolo delle organizzazioni non governative si è rafforzato negli ultimi trent’anni. Si tratta di stakeholder secondari con cui hanno a che fare le imprese e influenzano o legittimano le imprese, senza avere in essere un contratto formale con esse. L’influenza delle ONG è diversa a seconda del contesto in cui si trova un’impresa e le loro richieste vengono accolte in misura maggiore in Paesi in cui sono già vigenti norme sociali riguardanti l’ambiente. Dal punto di vista dei consumatori, l’azione delle ONG si concretizza in campagne volte ad influenzare l’opinione pubblica in modo da danneggiare la brand image dell’azienda presa in considerazione fino ad azioni di boicottaggi, agevolate appunto nella loro diffusione tramite le informazioni che velocemente girano sul web. Si arriva alla conclusione che i consumatori preferiranno acquistare beni prodotti da imprese che rispettano determinati standard sociali ed ambientali. Il ruolo che infine le ONG hanno assunto nel tempo è quello di contribuire alla valutazione delle performance di CSR. Infatti quando le ONG esercitano grandi minacce, la necessità di rassicurare gli stakeholder preoccupati potrebbe quindi costringere una società ad investire in una relazione ambientale accurata.

È risaputo che le industrie denominate come sporche sono più visibili in quanto attirano più interesse pubblico. Alcuni studiosi affermano che le imprese che vendono beni esperienziali (experience goods o credence goods) hanno maggiori probabilità di essere socialmente responsabili rispetto alle imprese che vendono beni di ricerca.

In primo luogo, analizziamo i tipi di beni descritti in precedenza.

I prodotti “experience goods” sono quei prodotti o servizi riguardo i quali i consumatori possono esprimere un giudizio sulla qualità solo dopo esser stati consumati od eseguiti, la qualità può essere quindi accertata subito dopo il consumo.

Mentre invece i “credence goods” sono quei prodotti o servizi riguardo i quali i consumatori non possono dare una valutazione a livello qualitativo nemmeno dopo lungo tempo dopo l’acquisto e le cui caratteristiche non sono conoscibili dal consumatore nemmeno ex-post.

Nella determinazione della reale Responsabilità Sociale di un’impresa assumono un ruolo di

base i cittadini. Infatti se questi ultimi non distinguono tra la Responsabilità Sociale

(10)

moralmente motivata e la CSR indotta dalla pressione sociale, è più probabile che l’attivista si concentri verso il più debole, ovvero verso le imprese moralmente motivate; gli attivisti indirizzano le loro campagne verso le imprese più deboli.

Si conclude quindi che la pressione sociale è un importante motore della CSR per le grandi imprese orientate al consumo e si impegnano al fine di proteggere la loro licenza ad operare.

2.3 CSR e i comportamenti prosociali

Anche i comportamenti prosociali rappresentano ulteriori fattori che portano a svolgere attività di CSR volte a fornire beni pubblici e internalizzare le esternalità negative della società. I recenti sviluppi nell’economia comportamentale sono stati sfruttati per esaminare la CSR come un comportamento di sacrificio di profitti nell’interesse sociale (Bénabou e Tirole, 2010).

Infatti è molto importante capire se i consumatori moderni abbiano consapevolezza del tema della CSR quale comportamento prosociale messo in atto dalle aziende per realizzare la soddisfazione in termini di profitto e di benessere collettivo. La Responsabilità Sociale messa in atto dalle imprese influenza fortemente il comportamento del consumatore. Infatti quando un consumatore è di fronte ad una scelta di un prodotto venduto da diversi brand, la differenziazione si basa soprattutto sull’eticità delle azioni dell’azienda. Si evince una profonda dipendenza delle aziende dai consumatori e l’importanza dell’etica. La CSR è dunque un comportamento prosociale che riflette la volontà dei dirigenti di impegnarsi in attività filantropiche per motivi altruistici. Affinché un’impresa sia incentivata a comportamenti sociali, l’interesse per l’immagine è centrale, soprattutto perché oggi giorno i consumatori prendono le loro decisioni riguardo gli acquisti futuri basandosi sulla pubblicità e sull’immagine che un’azienda dà di se stessa. Anche per Baron (2010), la CSR può essere vista come autoregolamentazione motivata da preoccupazioni morali.

La motivazione prosociale può essere anche soggetta a effetti compensativi. La ricerca

dell’eccessivo prestigio sociale può ridurre l’incentivo fornito dalla pubblicità sui

comportamenti prosociali.

(11)

3. CSR COME STRATEGIA AZIENDALE NELLA CONCORRENZA IMPERFETTA

Un’altra categoria di imperfezioni di mercato che guida la CSR è la concorrenza imperfetta, basata sulla differenziazione del prodotto, le asimmetrie informative e la contendibilità del mercato. Si tratta quindi di una CSR strategica, volta a creare un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti; le imprese sono sottoposte a pressioni concorrenziali provenienti dai consumatori, concorrenti o preoccupazioni di reputazione.

3.1 Differenziazione del prodotto e comportamento dei consumatori

La Responsabilità Sociale diventa come qualsiasi altra forma di differenziazione del prodotto se un’impresa è in grado di identificare i clienti disposti a pagare per la CSR e se è in grado di difendere la nicchia contro i concorrenti. Viene posta particolare attenzione all’impatto delle azioni di CSR su una specifica classe di stakeholder: i clienti.

L’efficacia di una strategia di differenziazione in chiave sociale o ambientale dipende da diversi elementi.

In primo luogo, deve essere identificato un segmento di un mercato ricettivo dei contenuti socio-ambientali. Infatti, senza la presenza di un segmento di mercato disposto a riconoscere il valore dell’orientamento socio-ambientale dell’impresa offerente, la politica di CSR risulta vana in quanto a fonte per una strategia di differenziazione.

Altri fattori sono la valenza ecologica o sociale intrinseca al bene offerto, l’orientamento socio-ambientale dei processi produttivi e la qualità sistematica della politica di CSR.

Quest’ultimo fattore corrisponde alla capacità di ricondurre a unità la varietà delle azioni ad orientamento socio-ambientale realizzate. Agli occhi dei clienti, la reputazione dell’impresa non dipende tanto da un elemento quantitativo (la numerosità delle iniziative di CSR), quanto dalla qualità dell’intero pacchetto di azioni poste in essere. Un’impresa può avere nel tempo assommato tante iniziative riconducibili alla CSR senza riuscire ad essere percepita come un’azienda particolarmente sensibile agli stakeholder. Un ultimo fattore che riguarda la differenziazione del prodotto è l’efficacia della politica di comunicazione in tema di CSR.

Non bastano infatti le iniziative di CSR se ad esse non è collegata una politica di

comunicazione polarizzata su messaggi chiave. Di conseguenza, è anche importante

assicurarsi che i vari strumenti di comunicazione utilizzati raggiungano effettivamente i canali

di vendita e i compratori finali.

(12)

I consumatori sono quindi disposti a pagare premi più elevati per il commercio equo e solidale (Loureiro e Lotade, 2005).

Un ruolo fondamentale nella strategia di differenziazione lo hanno assunto le certificazioni dell’azienda. Sistemi di certificazione delle marche, dei prodotti, rispetto degli standard internazionali e altre iniziative riguardo le questioni sociali ed ambientali sono quindi un buon metodo per migliorare, cambiare ed aumentare la sensibilità dei consumatori verso determinati comportamenti aziendali. Le certificazioni permettono agli individui con forti preferenze di essere separati da quelli con deboli preferenze morali (Baron,2010) ma le certificazioni attirano comunque sia gli individui con forti preferenze morali che consumatori con preferenze più deboli.

Attraverso studi empirici e diverse indagini, si è arrivati alla conclusione che l’impresa moderna pone maggiore attenzione e preoccupazione verso il consumo etico, in quanto il consumatore è disposto a pagare di più ed è disposto a percorrere maggiori distanze pur di trovare il prodotto eticamente corretto.

Il consumatore è quindi il primo fattore da considerare nell’assetto aziendale, è proprio lui che attraverso le sue preferenze sociali ed ambientali diffonde ma soprattutto influenza le industrie.

3.2 CSR e la concorrenza

La concorrenza può avere effetti negativi sul commercio equo e solidale. Infatti se un’azienda non etica abbassa i prezzi, i consumatori, che inizialmente si servivano dei prodotti che un’azienda sostenibile offre, iniziano a cambiare il mercato a cui attingere per una questione di abbassamento dei prezzi.

Quando un comportamento non etico riduce i costi, la concorrenza spinge verso il basso i prezzi, riducendo in tal modo la disponibilità dei consumatori a pagare per una condotta etica.

Spesso accade che il comportamento non etico non deriva da una scelta interna aziendale degli imprenditori ma proviene dalla concorrenza (Shleifer,2004).

Le attività di Responsabilità Sociale possono essere anche utilizzate per aumentare le barriere all’entrata, anche le certificazioni che un’impresa acquisisce nel tempo possono essere classificate come una barriera non tariffaria (Chambolle e Giraud-Héraud,2005).

La regolamentazione ambientale innesca innovazione e riduzione dei costi di produzione, con

conseguente vantaggio competitivo (Porter e Van der Linde,1995).

(13)

Seguire un comportamento socialmente responsabile significa assumersi un impegno importante e duraturo da parte del vertice aziendale che, al momento di soppesare costi e benefici, si interroga sull’eventuale portata del ritorno economico. Inserire la Responsabilità Sociale nella mission e quindi nel modus operandi dell’azienda può portare a risultati positivi anche in termini di profitto. Tale ritorno economico però non è visibile nel breve periodo, ma nel lungo termine. I benefici derivanti da comportamenti socialmente responsabili ripagano le imprese degli sforzi sostenuti creando un vantaggio competitivo duraturo e l’attenzione alle istanze degli stakeholder consente di qualificare l’offerta di un’azienda nel mercato di riferimento.

Esiste infatti un rapporto stretto tra le performance socio-ambientali e quelle economiche di un’azienda. Una buona gestione strategica ambientale permette di prevenire o limitare le pratiche inquinanti, quindi di evitare coinvolgimenti per danni provocati all’ambiente.

La Responsabilità Sociale è un’opportunità che permette di incrementare il proprio vantaggio competitivo. È un ulteriore fattore che le imprese utilizzano per contrastare la concorrenza, per creare una sorta di fidelizzazione nella marca per il consumatore nonostante il fatto che il ritorno economico non sia immediato.

3.3 Reputazione e Greenwashing

La reputazione di un’organizzazione è un prodotto comunicativo derivante dall’interazione tra l’organizzazione e i suoi interlocutori o stakeholder, ovvero tutti coloro che possono influenzare: consumatori, utenti, investitori e fornitori. La reputazione esercita una grande influenza sulla competitività dell’impresa, intesa come capacità di generare un vantaggio nei confronti della concorrenza e potenziale di attrazione di nuovi clienti e di fidelizzazione di quelli esistenti.

La reputazione è la fusione di tutte le aspettative, percezioni ed opinioni sviluppate nel tempo

da clienti, fornitori ed impiegati in relazione alle qualità dell’organizzazione, alle

caratteristiche e ai comportamenti che derivano dalla personale esperienza. La reputazione si

forma nel tempo, si fonda sui comportamenti e sulle azioni compiute dall’impresa, è

condizionata dalle esperienze che lo stakeholder compie con l’organizzazione. I consumatori

contano sulla reputazione per stabilire la propria strategia di acquisto, non avendo

informazione completa sulla qualità dei prodotti. La memoria dei consumatori è duratura nel

tempo e la CSR può servire per segnalare le caratteristiche di buona qualità quando sono

difficili da osservare (Fisman, 2006).

(14)

La reputazione è una difesa per l’azienda, comunica unicità ma soprattutto è difficile da imitare.

Fino a qualche anno fa, reputazione e pubblicità camminavano sullo stesso binario. Ricche campagne di marketing e un uso capillare dei mezzi di comunicazione bastavano a consolidare il marchio industriale, la sua affidabilità e il giudizio positivo di clienti, consumatori, dipendenti e istituzioni sul territorio.

L’avvento di Internet ha cambiato il modo di intendere la comunicazione, è infatti diventato il canale preferito per giudicare la qualità di un marchio, la rete web è un immenso universo dove si scaricano giudizi che immediatamente possono essere condivisi dal popolo dei navigatori. Blog, forum, video e piattaforme come Facebook e Twitter sono diventati i nuovi luoghi della rete dove è possibile commentare, elogiare o demolire un marchio e l’azienda stessa. La rete ha infatti assunto un’importanza decisiva nella fase del pre-acquisto. L’ex presidente della Federal Reserve, Alan Greespan afferma che gli effetti di una cattiva o buona reputazione sono molto profondi e duraturi nel tempo ai fini del rapporto tra la società, i suoi investitori e i vari stakeholder. Perfino il valore in Borsa di una società può subire significative oscillazioni, nel medio-lungo periodo, sulla base della reputazione che l’azienda è riuscita a conquistare grazie alla sua attività (www.nonsprecare.it).

Se la reputazione è ormai considerata un asset nel patrimonio aziendale, il gioco sporco per affermarla, anche quando mancano le condizioni essenziali è denominato come greenwashing.

“Greenwashing” è un neologismo che indica l’ingiustificata appropriazione di virtù ambientali da parte di un’organizzazione finalizzata alla creazione di un’immagine positiva per le proprie attività (o prodotti) o di un’immagine mistificatoria per distogliere l’attenzione da proprie responsabilità nei confronti di impatti ambientali negativi.

La comunicazione della Responsabilità Sociale in questo caso viene percepita come strumento finalizzato solo a “ripulire” l’immagine dell’impresa che la propone. Una strumentalizzazione dell’immagine e un’eccessiva enfasi sulle parole utilizzate possono non solo minare la fiducia nelle campagne pubblicitarie realizzate dall’azienda, ma anche mettere in crisi la reputazione complessiva dell’impresa. Anche in Italia i cittadini–consumatori stanno diventando più critici e capaci di distinguere se “dietro” la comunicazione c’è un impegno autentico dell’impresa o se si tratta di green wash.

La comunicazione della CSR deve dare il giusto rilievo ai valori dell’impresa quando ci sono,

ma non deve eccedere nel presentare questi valori come straordinari. Questo significa anche

(15)

prodotti o dei processi è un grosso pericolo. Se intendiamo la comunicazione della CSR come una comunicazione di valori, allora non possiamo dimenticare che uno dei suoi compiti è informare correttamente i diversi pubblici e aiutare le persone a capire, a decodificare i messaggi. Se vuole essere credibile deve sostenere e argomentare, offrire dati e fornire indicazioni precise sulle scelte dell’impresa. Un altro pericolo è l’eccessiva enfasi sull’impegno etico: un argomento molto critico anche a causa dei numerosi scandali che hanno coinvolto le imprese che vantano nella loro comunicazione, ma non nell’agire quotidiano, nei comportamenti corretti e responsabili.

È sulla coerenza che il cittadino–consumatore–utente misura le organizzazioni e distribuisce la fiducia. All’impresa si chiede quindi di comunicare non tanto quello che vorrebbe fare, ma ciò che è, ciò che fa concretamente e di dimostrare che crede realmente nei valori dichiarati.

La CSR va testimoniata con il proprio fare, con la propria storia. Nel tempo, ha acquisito un peso sempre maggiore l’attenzione al rispetto dello stakeholder–lavoratore, considerato come

“termometro” dell’impegno reale dell’organizzazione ma anche dell’ambito nel quale possono crearsi incoerenze maggiori. La coerenza diventa quindi un fattore particolarmente critico quando si dichiarano all’interno e all’esterno dell’organizzazione valori e impegni nei confronti dei diversi portatori di interesse.

La CSR appare quindi come uno strumento per costruire la reputazione di un’impresa, considerata come un bene immateriale strategico.

Infine, la CRS, la reputazione e l’immagine sono compatibili, anche se è necessario evitare

greenwashing nella comunicazione della responsabilità sociale.

(16)

4. CSR COME RESPONSABILITÀ DELEGATA

La terza categoria di imperfezioni che guida la Responsabilità Sociale si basa sui contratti incompleti.

In un contesto di incompletezza contrattuale, si pone il problema di chi abbia la facoltà di prendere decisioni in circostanze che non siano state specificate dal contratto. Ciò che impedisce alle parti di portare a termine una transazione è l’asimmetria informativa del soggetto terzo rispetto ai termini stessi del contratto.

Hart (1987) afferma che “l’incompletezza emerge perché vi sono stati del mondo, qualità e azioni che sono osservabili (dalle parti contrattuali) ma non verificabili (da soggetti terzi)”.

Un’altra caratteristica dell’approccio di incompletezza contrattuale è che esso può essere impiegato, come suggerisce Williamson(1985), per comprendere la natura e le finalità economiche dei sistemi di governo.

I contratti che sono intrinsecamente incompleti si compongono di razionalità limitata e dell’imperfetta informazione e richiedono di destinare il potere discrezionale ai dirigenti aziendali.

Le strategie di Responsabilità Sociale d’impresa assumono il ruolo di strumento efficace per i contratti incompleti, lasciando i dirigenti esercitare il loro potere discrezionale in modo da favorire gli interessi degli stakeholder. I programmi di CSR quindi non hanno solo impatti positivi sulle vendite ma sono in grado di aumentare l’interesse da parte degli azionisti e incrementare la produttività dei dipendenti.

Si consideri in questo caso la Responsabilità Sociale come costruzione di un modello di governance multistakeholder.

4.1 CSR come responsabilità delegata degli azionisti

La ricerca in materia di CSR e gli azionisti appartengono alla grande letteratura sugli investimenti socialmente responsabili (SRI).

L'investimento socialmente responsabile (SRI, acronimo di socially responsible investment) è

la pratica in base alla quale considerazioni di ordine ambientale e/o sociale integrano le

valutazioni di carattere finanziario che vengono svolte nel momento delle scelte di acquisto o

vendita di un titolo o nell'esercizio dei diritti collegati alla sua proprietà. L'SRI si esplica

attraverso la selezione di titoli di società, perlopiù quotati, che soddisfano alcuni criteri di

(17)

correttezza nei confronti dei propri stakeholder tra i quali, per esempio, i dipendenti, gli azionisti, i clienti ed i fornitori, le comunità in cui sono inserite e l'ambiente.

Investitori socialmente responsabili possono essere sia i singoli individui (che operano direttamente o attraverso la mediazione dei gestori), che le istituzioni: fondazioni, imprese o organizzazioni non-profit. Con questo approccio, è possibile contribuire allo sviluppo di un sistema economico più solidale e sostenibile nell'aspettativa di rendimenti non necessariamente inferiori a quelli altrimenti conseguibili attraverso investimenti di tipo tradizionale.

L’evoluzione dei mercati SRI è una questione importante per le decisioni in materia di Responsabilità Sociale (Scholtens,2006).

Chatterj (2009) distingue quattro motivazioni degli investitori sociali: finanziarie – poiché gli investitori sono convinti che attuando pratiche di Responsabilità Sociale, le prestazioni delle imprese possono aumentare, deontologiche – non sono disposti a trarre profitto da azioni non etiche, consequenzialismo – viene premiato ed incentivato il buon comportamento, ed espressive – indica l’identità personale.

Per valutare le strategie di CSR, gli investitori si basano su sostenibilità ed eticità, fondamentale risulta l’impatto di investitori responsabili sulle strategie di CSR.

Gli investimenti socialmente responsabili appaiono come una leva efficace che ha il potere di penalizzare le imprese con insufficienti attività di Responsabilità Sociale, senza danneggiare in ogni caso la redditività degli investitori.

4.2 CSR come responsabilità delegata dei dipendenti

Esiste una seconda categoria di stakeholder la cui responsabilità può essere delegata attraverso la CSR : la forza lavoro. La CSR può contribuire a plasmare l’identità dei lavoratori ed ad incentivarli.

La Responsabilità Sociale attira dipendenti altamente qualificati e tendono ad offrire le loro prestazioni a lungo termine. In questo modo, vengono ridotte anche le spese relative al reclutamento di nuovo personale (Portney, 2008). La comunicazione per un’impresa green attira un certo target di persone, che sono quindi interessate a lavorare in squadra per perseguire obiettivi di sostenibilità e di commercio equo e solidale.

Quando i dipendenti valutano positivamente l’impegno della propria azienda

nell’implementazione di azioni efficaci di Responsabilità Sociale sono tendenzialmente

(18)

motivati ad elargire maggiore impegno verso il proprio lavoro. Più le aziende sono impegnate in attività socio ed eco sostenibili, più i dipendenti si impegnano nel loro lavoro.

Inoltre i dipendenti motivati sono disposti ad accettare salari più bassi rispetto al valore di mercato perché sono compensati attraverso la consapevolezza che il lavoro svolto soddisfa i loro valori personali (Frank,1996).

In aggiunta, un lavoratore sano genera un valore aggiunto alla propria impresa quantificabile in una maggiore produttività e impegno nelle attività aziendali. Per aumentare il coinvolgimento dei dipendenti è utile avviare programmi di benessere e salute dei lavoratori, al fine di assicurare loro una certa agiatezza psico-fisica.

I dipendenti di aziende che hanno adottato standard ambientali riportano una maggiore sensazione di utilità nel loro lavoro e si sentono valutati in maniera positiva rispetto ad altri lavoratori.

La Responsabilità Sociale proattiva è dunque una strategia aziendale per migliorare la produttività dei dipendenti.

4.3 CSR come responsabilità delegata degli amministratori

La CSR come responsabilità delegata degli amministratori è legata alla teoria dell’agenzia.

Con questa teoria, si riconosce la sussistenza di un mandato fiduciario conferito dagli azionisti al manager per la gestione dell’impresa. In base a tale mandato, si afferma il dovere del manager (agent) di agire nell’interesse della proprietà (principal). Poiché lo scopo dell’investimento è la massimizzazione del ritorno economico, il manager dovrebbe assumere tutti quei comportamenti che possano condurre all’ottenimento di tale risultato.

L’obiettivo è la massimizzazione delle utilità per gli shareholder (azionisti).

Se gli interessi del principale e dell’agente coincidono, non sussistono problemi di agenzia perché per entrambi i soggetti accresce il tornaconto personale. I costi di agenzia si verificano se gli interessi del principale e dell’agente divergono.

Lo scopo della corporate governance è quello di organizzare i rapporti e la responsabilità di garantire agli azionisti che le imprese in cui investono sono gestite in conformità con il loro interesse.

I direttori possono quindi delegare la Responsabilità Sociale agli amministratori delegati come

uno strumento di potere discrezionale necessario per affrontare un contratto di incompletezza.

(19)

I fondatori di un’azienda e gli amministratori delegati hanno il potere di scegliere il livello di CSR da assumere in linea con il loro modello di business e con gli obiettivi da raggiungere.

Secondo Friedman (1970), la responsabilità degli amministratori delegati è quella di garantire la redditività, potrebbero però allo stesso tempo appropriarsi indebitamente dei fondi degli azionisti per ragioni opportunistiche.

Anche gli autori Cespa e Cestone (2007) offrono il loro contributo in merito e danno origine ad una teoria sulle strategie di responsabilità: è possibile che il manager inefficiente si protegga dal licenziamento legittimandosi agli occhi degli stakeholder, tramite comportamenti socialmente responsabili. Ciò può costituire per gli shareholder un incentivo a prevedere forme di “CSR istituzionalizzata”, che li liberi del rischio della protezione del manager inefficiente da parte della comunità.

Anche il consiglio di amministrazione svolge un ruolo importante nella attività di CSR.

Il consiglio assume una rilevanza centrale perché diventa l’organo deputato a realizzare quell’equilibrio tra amministrazione e supervisione che costituisce il senso della corporate governance e il luogo dove trovano una composizione le istanze delle varie categorie di portatori di interesse nell’impresa. Si assume che l’impegno di Responsabilità Sociale delle imprese è positivamente associato con l’indipendenza del consiglio (Jo e Harjoto, 2011).

Infine, recentemente si giunge al risultato che una società meglio governata abbia maggiori

probabilità di essere più socialmente responsabile con un effetto positivo conseguente sulle

performance finanziarie.

(20)

5. CSR E PERFORMANCE

Dopo aver analizzato le imperfezioni del mercato che guidano la Responsabilità Sociale d’Impresa, verrà in seguito analizzato l’impatto sulle attività aziendali quando le imprese si impegnano nella CSR. Esiste una vasta letteratura che tratta del legame tra CSR e performance finanziaria dell’impresa, viene discusso anche l’impatto effettivo delle CSR sulla performance non finanziaria.

5.1 CSR e performance finanziaria e non finanziaria

Sono stati effettuati numerosi lavori empirici per quanto riguarda la relazione fra la Responsabilità Sociale e la performance d’impresa. Nel tempo si sono creati tre gruppi di pensieri.

Il primo identifica una relazione positiva tra CSR e performance d’impresa. Solomon e Hansen (1985) riscontrano che i costi connessi ad un livello elevato di CSR sono più che compensati dai benefici riguardanti il benessere e la produttività dei lavoratori.

In seguito, Pava e Krausz (1996) scoprono che la CSR è legata positivamente alle performance finanziarie, e sono identificate positivamente le sinergie tra performance e buoni rapporti con gli stakeholder . Ruf (2001) riscontra un’altra correlazione positiva tra il cambiamento verso una maggiore CSR e la crescita delle vendite e tra CSR e return on sale.

Un secondo gruppo di studi invece si caratterizza per la non significatività della relazione fra CSR e performance.

Un terzo gruppo identifica invece una relazione negativa fra le due variabili coerentemente con la teoria dell’opportunismo manageriale, che stabilisce che la Responsabilità Sociale può diventare strumento di arbitrio dei manager. Preston e O’Bannon (1997) sostengono che i manager tendono a ridurre le spese in iniziative sociali per aumentare il profitto in breve periodo e la loro remunerazione personale ma, quando la performance finanziaria è scarsa, essi spostano l’attenzione dalle spese ai programmi sociali.

Le diverse prospettive descritte nei risultati non necessariamente riflettono errori o inesattezze, ma queste diverse visioni stanno ad indicare diversi periodi di osservazione, diverse imprese analizzate, diverse misure di performance ed approcci metodologici.

La maggior parte degli studi riporta comunque che la CSR impatta positivamente sulle

performance economiche e finanziarie, migliorando la competitività delle imprese rispetto a

(21)

Si è constatato che la maggior parte delle imprese attua e comunica almeno uno strumento di CSR. Ciò fa pensare ad una forte correlazione tra l’attuazione di CSR ed eccellenti performance finanziarie d’imprese.

Recentemente, Deng (2013) utilizza un ampio campione di imprese negli Stati Uniti e trova la prova evidente che il livello di Responsabilità Sociale delle imprese è un fattore determinante per la performance.

L’impatto della CSR sulla performance finanziaria si riflette anche su scala internazionale, in effetti la maggior parte della letteratura a riguardo si focalizza sulla CSR negli Stati Uniti e in Europa.

Altre analisi sono state svolte da Kitzmuller e Shimshack (2012) : poiché le preferenze sociali e le imperfezioni del mercato possono differire fortemente da un paese all’altro, un’ulteriore analisi della CSR internazionale permetterebbe test dei meccanismi che guidano la CSR e il suo impatto sulla performance finanziaria.

Sono continui gli studi sul rapporto tra costi e benefici che derivano dall’applicazione di strategie socialmente responsabili, soprattutto perché sono in aumento le imprese che implementano strumenti di CSR.

L’implementazione di politiche di Responsabilità Sociale e l’attenzione a parametri non finanziari rafforzano la capacità dell’impresa di creare un valore di medio-lungo periodo.

Anche per questo motivo, è in aumento la quota di capitali e investimenti indirizzati a imprese che dimostrano di gestire al meglio questi aspetti non finanziari.

Le attività di ESG – Enviromental, Social and Governance, hanno il potere di influire positivamente sulla performance finanziaria a lungo termine.

Quando si parla di area di interesse dell’ambiente, si trovano diverse attività che un’impresa attua, come ad esempio la gestione delle risorse e la prevenzione dell’inquinamento, la riduzione delle emissioni e l’impatto sul clima. Queste attività sociali e ambientali hanno diversi impatti sulle prestazioni di un’impresa: riduzione degli oneri ambientali, aumento della redditività e della buona reputazione.

Da un punto di vista sociale, si sposta lo sguardo verso l’importanza della sicurezza e del

benessere sul lavoro. Infatti quando i lavoratori si sentono utili si può notare un

miglioramento della produttività e del morale, si riduce l’assenteismo e i dipendenti sono

incentivati a trovare nuove idee ed innovazioni. Si tratta anche dell’integrità del prodotto e

della sua qualità. Se infatti un’azienda attua criteri di sostenibilità, si crea fedeltà nella marca

e le vendite aumentano.

(22)

In termini di altruismo, i comportamenti prosociali derivanti da preoccupazioni di immagine hanno dimostrato di implicare una esternalità positiva. Il valore dell’immagine di una ditta responsabile aumenta il rendimento privato della società e riduce i costi negativi dell’esternalità sociale da correggere. Per cui la CSR motivata da altruismo o comportamenti prosociali può in parte sostituire i beni pubblici, aumentando così il benessere sociale.

La certificazione di CSR inoltre potrebbe aumentare le vendite di prodotti rispettosi ecologicamente – riciclati, o socialmente – commercio equo e solidale, aumentando così l’utilità dei consumatori che passano da un prodotto convenzionale a un prodotto green. Se i prodotti green sostituiscono quelli convenzionali il benessere sociale potrebbe aumentare.

Gli autori Dam e Scholtens dimostrano anche che le imprese con alto livello di Responsabilità

Sociale hanno meno probabilità di rilocalizzare la loro produzione in paesi con

regolamentazione ambientale debole. Le imprese mostrano infatti che è più importante

produrre in modo sostenibile ed avere un profitto a lungo termine piuttosto che delocalizzare,

aumentare la profittabilità ma perdere di credibilità in termini di Responsabilità Sociale.

(23)

CONCLUSIONI

La Responsabilità Sociale prefigura un nuovo modello d’impresa per una nuova realtà sociale, molto più attiva, partecipativa, problematica.

Questo lavoro ha proposto un quadro per analizzare le determinanti economiche della Responsabilità Sociale d’Impresa a livello di impresa. Si è visto come la CSR sia guidata dalle imperfezioni del mercato, ovvero le esternalità, i beni pubblici e altruismo, la concorrenza imperfetta e i contratti di incompletezza.

Oggigiorno sembra ormai accettata l’idea che l’economia non possa isolarsi dall’etica e dalla politica e l’interesse generale si sofferma sempre di più sulla considerazione dei problemi di efficienza, giustizia ed equità. Questa idea richiede di mettere al centro della discussione la persona ed i suoi valori, diventa quindi necessario ripensare ad una nuova e dinamica concezione del rapporto economia – etica – politica.

Attraverso l’implementazione di strategie di Responsabilità Sociale, viene recuperata all’interno di un’impresa la dimensione psicologica, irrazionale ed emozionale e i principi cardine dell’economia vengono orientati verso l’importanza del consumatore, dei suoi bisogni, desideri e motivazioni. Diventano sempre più pressanti le questioni di Responsabilità Sociale e dei campi in cui essa agisce.

Il consumatore è dotato di rinnovata sensibilità, si riscontra un cambiamento nel processo decisionale e di acquisto, egli è infatti disposto a percorrere maggiori distanze pur di raggiungere aziende socialmente responsabili o è disposto a pagare un prezzo superiore per prodotti etici.

L’approccio moderno parte proprio dal consumatore in quanto, con i suoi bisogni e le sue necessità, è lui a dettare i trend del mercato.

L’impresa è costretta a rivedere il proprio modello di business dando importanza alla ripianificazione della strategia corporate per riuscire ad inglobare queste tendenze di mercato.

La Responsabilità Sociale ha anche un forte impatto sulla performance economica e su quella

ambientale e sociale. La maggior parte degli studiosi ha evidenziato impatti fortemente

positivi sull’azienda quando vengono applicate strategie socialmente responsabili: si nota un

aumento delle vendite e un aumento della fidelizzazione nel marchio. La riduzione di

emissioni di gas e di altre sostanze inquinanti permette alle imprese di ampliare il numero di

consumatori che si rivolgono all’azienda in questione. Nonostante gli studi abbiano constatato

che il profitto si rileva nel lungo periodo e non nel breve periodo, quasi tutte le imprese a

livello internazionale implementano la sostenibilità a livello aziendale.

(24)

La CSR viene considerata come un meccanismo di responsabilità delegata per gli stakeholder.

Vengono presi in considerazione gli azionisti, i dipendenti e gli amministratori.

Gli investitori compiono le loro scelte decisionali sulla base della sostenibilità ed eticità, l’impatto di investitori responsabili risulta centrale nelle strategie di CSR. I dipendenti, dal loro canto, invece sono incentivati e motivati a lavorare per un certo tipo di azienda, infine quando un’impresa è ben governata ci sono maggiori probabilità che si svolgano attività di CSR.

Per concludere, è possibile credere al fatto che etica ed economia rimangono sul medesimo

livello di importanza, situazione in cui i consumatori sono nella condizione di potersi

informare, di poter conoscere e scegliere i prodotti e i servizi. L’uomo e l’ambiente sono

messi al centro dell’agire economico.

(25)

Bibliografia

1. Akerlof, G.A. and Kranton, R.E. (2005) Identity and the economics of organizations.

The Journal of Economic Perspectives

2. Baron, D.P. (2009) A positive theory of moral management, social pressure, and corporate social performance. Journal of Economics and Management Strategy

3. Baron, D.P. (2010) Morally motivated self-regulation. American Economic Review

4. Bénabou, R. and Tirole, J. (2010) Individual and corporate social responsibility.

Economica

5. Bowen H., (1953), “Social Responsibilities of the Businessman”, Harper &

Brothers,New York

6. Cespa, G. and Cestone, G. (2007) Corporate social responsibility and managerial entrenchment. Journal of Economic Management and Strategy

7. Chambolle, C. and Giraud-Héraud, E. (2005) Certification of origin as a non-tariff barrier. Review of International Economics

8. Chatterji, A., Levine, D. and Toffel, M. (2009) How well do social ratings actually measure corporate social responsibility? Journal of Economics and

Management Strategy

9. Crivellaro, Vecchiato, Scalco, Sostenibilità e rischio di green washing

10. Crocetti,S. (2004). “ Economia politica: una questione di scelte

11. Dam, L. and Scholtens, B. (2008) Environmental regulation and MNEs

location: does CSR matter? Ecological Economics

(26)

12. Deng, X., Kang, J.-K. and Sin Low, B. (2013) Corporate social responsibility and stakeholder value maximization: evidence from mergers. Journal of Financial Economic.

13. Fisman, R., Heal, G. and Nair, V.B. (2006) A model of corporate philanthropy.Working Paper,Wharton School, University of Pennsylvania

14. Fondazione Ispirazione (2009). “ Le vie della buona impresa e della buona economia”

15. Frank, R. (1996) Can socially responsible firms survive in a competitive market? In D. Messick and A. Tenbrunsel (eds.), Codes of Conduct: Behavioral Research into Business Ethics

16. Friedman, M. (1970) The social responsibility of business is to increase its profits. New York Times Magazine

17. Hart O. (1997) The proper scope of government: Theory and an application to prisons. Quarterly Journal of Economics

18. Helen Alford, Fondare la responsabilità sociale

19. Hommel, T. and Godard, O. (2001) Contestation sociale et strat´egies de d

´eveloppement industriel. Application du mod`ele de la Gestion Contestable `a la production industrielle d’OGM.

20. Hopkins (MHCi)(2011) Definition of Corporate Social Responsibility

21. Hoti, S.,McAleer,M. and Pauwels, L.L. (2007) Measuring risk in environmental finance. Journal of Economic Surveys

22. Jo, H. and Harjoto, M.A. (2011) Corporate governance and firm value: the

(27)

23. Kitzmueller, M. and Shimshack J. (2012) Economic perspective on corporate social responsibility. Journal of Economic Literature

24. Landini, Il ruolo delle ONG nella CSR , fonte: IntangibleEconomy

25. Loureiro, M.L. and Lotade, J. (2005) Do fair trade and eco-labels in coffee wake up the consumer conscience? Ecological Economics

26. Maxwell, J.W., Lyon, T.P. and Hackett, S.C. (2000) Self-regulation and social welfare: the political economy of corporate environmentalism. Journal of Law and Economics

27. Molteni e Todisco, Piccole e Medie Imprese e CSR,La CSR come leva di differenziazione

28. MORI (2000) European Attitudes towards Corporate Social Responsibility.

Research for CSR Europe.

29. Pava L. – Krausz J. (1996) The association between corporate sociale responsibility and financial performance, in “Journal of Business Ethics”

30. Porter, M. and Van der Linde, C. (1995) Toward a new conception of the environment-competitiveness relationship. Journal of Economic Perspectives.

31. Portney, P.R. (2008) The (not so) new corporate social responsibility: an empirical perspective. Review of Environmental Economics and Policy.

32. Post, J.E., Preston, L.E. and Sachs, S. (2002) Redefining the Corporation: Stakeholder Management and Organizational Wealth

33. Preston L. – O’Bannon D. (1997) The corporate social-financial performance

relationship, in “Business and Society”

(28)

34. Ruf B.M. (2001) An empirical Investigation of the Relationship Between Change in Corporate Social Performance and Financial Performance: A Stakeholder Theory perspective, in “Journal of Business Ethics”

35. Scholtens, B. (2006) Finance as a driver of corporate social responsibility.

Journal of Business Ethics

36. Shleifer, A. (2004) Does competition destroy ethical behavior? American Economic Review

37. Siegel, D. and Vitaliano, D. (2007) An empirical analysis of the strategic use of corporate social responsibility. Journal of Economic Management and

Strategy

38. Soloman R. – Hansen K. (1985) It’s Good Business, Atheneum, New York

39. Williamson O. (1985) The economic institutions of capitalism : firms, markets, relational contracting, New York, Free Press

Sitografia

www.crisiesviluppo.manageritalia.it www.greenbiz.it

www.nonsprecare.it - La reputazione e il greenwashing: quando le aziende bluffano con

l’ambiente

Riferimenti

Documenti correlati

Questo aumento della concorrenza, unito al fatto che le farmacie, in quanto tali, sono sottoposte a maggiori controlli e costi delle parafarmacie porterebbe,

I think it is important to highlight until now that all the banks in the sample, who less and who more, have experienced an increase on impairment of assets valued at amortised

Il fenomeno della delocalizzazione è un processo non necessariamente duraturo, può accadere che un'impresa nel corso della sua vita consideri utile trasferire

A nationally representative sample of time budget diaries for U.S residents shows that in 2003, individuals 15years or older spent about the same amount of time in non-market work

La trasmissione di status fra genitori e prole avviene a causa di diverse circostanze, i genitori potrebbero trasmettere vantaggi economici tramite conoscenze e migliori

Questa misura varia simmetricamente attorno allo zero, è compresa tra i valori -2 e +2 e consente di evidenziare variazioni o contrazioni (anche molto rilevanti) dei tassi

Il complesso che attornia l'aeroporto, estremamente dinamico e vivace, se da un lato né costituirà la città del futuro, né assurgerà al ruolo di primo centro urbano

Il commercio elettronico offre un'opportunità alle varie imprese che può concretizzarsi con il raggiungimento di determinati obbiettivi come: entrare nel mercato globale, integrando