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La divulgazione scientifica per l'infanzia in Eureka! di Mike Goldsmith e Evil Inventions di Nick Arnold. Traduzione e commento.

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE...iii

CAPITOLO I...vi

1. Il testo informativo per l’infanzia...vi

1.1. Suddivisioni interne...viii

1.1.1. Il genere divulgativo scientifico e il caso dei dinosauri...x

1.2. Le caratteristiche principali...xii

1.2.1. L’elemento visivo...xiv

1.3. La divulgazione scientifica...xv

1.3.1. Tradurre i testi informativi...xviii

1.4. La prospettiva multimodale...xix

1.4.1. Interazione tra testo e immagini...xxii

1.4.2. La relazione tra scrittore-illustratore-lettore (impliciti)...xxvi

1.5. Il destinatario...xxx

CAPITOLO II...xxxii

2. I testi presi in esame...xxxii

2.1. Eureka!, the most amazing scientific discoveries of all time...xxxii

2.1.1. L’autore...xxxii

2.1.2. Una panoramica sul testo...xxxiv

2.2. Evil Inventions...xxxviii

2.2.1. L’autore...xxxviii 2.2.2. Una panoramica sul testo...xl

CAPITOLO III...xliv

3. La situazione della divulgazione per bambini in Italia...xliv 3.1. Due case studies di provenienza italiana...lviii

CAPITOLO IV...lx

4. Analisi e commento alla traduzione...lx 4.1. Strategie traduttive e difficoltà nella resa...lx

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4.2. Stile e Registro...lxv 4.2.1. Resa della divulgazione...lxv 4.2.2. Sintassi...lxvii 4.2.3. Morfologia...lxix 4.2.4. Informalità del Registro...lxxii 4.2.5. Lessico...lxxvi 4.2.5.1. I prestiti...lxxvi 4.2.5.2. I realia...lxxix 4.2.5.3. Tradurre i nomi...lxxxvii 4.2.5.4. Le espressioni idiomatiche...lxxxix 4.2.5.5. Il lessico informale...xciii 4.3. La resa dell’interazione testo-immagini...xcvii 4.4. Confronto fra traduzioni...cv

CONCLUSIONI...cix BIBLIOGRAFIA...cxii

PROPOSTA DI TRADUZIONE

Eureka!...1 Evil Inventions...75

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iii INTRODUZIONE

Questa tesi propone la traduzione di due libri appartenenti alla categoria del genere divulgativo per l’infanzia. Il primo, Eureka! The most amazing scientific discoveries of all times di Mike Goldsmith, pubblicato da Thames & Hudson nel 2015, è stato tradotto interamente, mentre dell’altro, Evil Inventions, pubblicato da Scholastic nel 2014 e tratto dalla serie Horrible Science scritta da Nick Arnold e illustrata da Tony De Saulles, sono stati tradotti solo due capitoli.

La scelta di tradurre questi due testi è scaturita dall’interesse per il genere a cui appartengono, per il loro carattere multimodale e per l’atteggiamento giocoso e irriverente con cui gli autori trattano la materia scientifica. Prima di affrontare la traduzione e il relativo commento, sono stati analizzati nel dettaglio tutti questi aspetti in modo da identificare un quadro teorico della tipologia testuale dei libri in questione.

Il primo capitolo, intitolato “Il testo informativo per l’infanzia”, introduce la tipologia testuale divulgativa grazie alla letteratura che fa da sostegno alla definizione del genere. Inizialmente, vengono analizzate le suddivisioni interne al genere e le sue caratteristiche specifiche, con particolare interesse per il codice visivo. Viene affrontata, poi, la questione della definizione del discorso divulgativo scientifico prendendo in considerazione i punti di vista di Hilgartner (1990) e di Casalmiglia (2003), oltre agli studi di Hyland (2005) sul metadiscorso come mezzo retorico cruciale per la trasmissione dell’informazione scientifica a un pubblico “profano”. Il processo divulgativo è, inoltre, associato a quello traduttivo grazie al presupposto comune da cui entrambi partono, ossia la trasformazione di un testo di partenza in uno di arrivo (Liao, 2003). Segue un paragrafo sulla mutlimodalità, carattere fondante del genere, che permette di porre l’accento sulle possibili relazioni che intercorrono tra testo e immagini e, in particolare, sulle classificazioni proposte in merito da Nikolajeva e Scott (2000), da Unsworth (2006) e da Cohn (2013). L’ultima parte del capitolo si concentra sul rapporto che si instaura tra autore-illustratore-lettore (impliciti) e sull’importanza del destinatario che nel caso del

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genere informativo per l’infanzia si rivela doppio, ovvero il bambino che legge i libri e l’adulto che li sceglie e compra per lui.

Il secondo capitolo, intitolato “I testi presi in esame”, descrive i libri oggetto di analisi. Prima di tutto vengono presentati gli autori, Mike Goldsmith e Nick Arnold, e il loro background accademico e professionale. Viene proposta, poi, una panoramica su ciascun testo che ne descrive la struttura, le caratteristiche principali, il codice visivo nei suoi diversi aspetti e la loro possibile ricezione da parte del pubblico.

Il terzo capitolo, “La situazione della divulgazione per bambini in Italia”, cerca di delineare, appunto, il graduale sviluppo di questo genere nel nostro paese. Dopo un’introduzione sulla nascita in Italia di questo nuovo modo di promuovere l’apprendimento della scienza e delle prime case editrici specializzate nel campo, viene analizzato l’andamento della produzione libraria per ragazzi dal 1987 al 2015 grazie al supporto di alcune tabelle pubblicate da

Liber, una rivista online1 che registra dati annuali su questo ramo dell’editoria.

I grafici propongono i dati che riguardano i paesi di origine, gli editori, il target d’età e i generi relativi alla letteratura per bambini (6-10) e ragazzi (11-14) raccolti in tale arco temporale. Rispetto alla situazione specifica della divulgazione scientifica per l’infanzia, viene proposta un’indagine condotta sul catalogo online di Ibs2 che registra i primi libri di questo genere di origine italiana. Infine, per completare la panoramica sulla situazione italiana, vengono descritti due casi di libri informativi scientifici per l’infanzia di produzione italiana, simili ai libri tradotti per la trattazione della materia scientifica e l’impiego del codice visivo.

Il quarto e ultimo capitolo, intitolato “Analisi e commento alla traduzione”, descrive le strategie traduttive adottate nella resa dall’inglese all’italiano e i problemi riscontrati durante il processo traduttivo. In particolare, vengono analizzati lo stile e il registro e tutto ciò che rientra in questi campi d’indagine, come la trasposizione delle strategie divulgative, della sintassi, della

1www.liberweb.it (ultimo accesso 22/11/2017).

2https://www.ibs.it/libri/bambini-ragazzi/fiction-c1172?sortPublication_date=desc&page=187

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morfologia, dell’informalità e del lessico. L’analisi di quest’ultimo è, inoltre, scandita in più parti, ovvero i prestiti, i realia, le espressioni idiomatiche e gli aspetti lessicali più informali, ciascuna analizzata in base al contesto e alle problematiche riscontrate nel passaggio all’italiano. Segue un paragrafo dedicato alla resa del codice visivo e dell’interazione tra testo e immagini con la descrizione di esempi concreti tratti dai due libri. L’ultima parte del capitolo è dedicata al confronto tra la traduzione qui proposta di Evil Inventions e quella di un altro libro appartenente alla serie Horrible Science, al fine di commentare le strategie traduttive comuni e non.

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CAPITOLO I

1. Il testo informativo per l’infanzia

Information books should be beautiful, well written and organized and exciting […] lending themselves to enquiry and discussion and therefore research. (Nicholson, 1996: 34)

Questa è una delle definizioni del genere proposta da Nicholson, il quale, in questa breve frase, riesce a fornire una panoramica completa su cosa dovrebbe essere un testo informativo.3 Jo Carr, invece, fa riferimento al genere come “non-fiction” e lo divide in due categorie: “nonfiction that stuffs in facts, as if children were vases to be filled, and nonfiction that ignites the immagination” (Carr, 1982: 710). Non c’è, quindi, una univocità nella descrizione del testo divulgativo dato che ogni studioso che si è interessato all’argomento ha proposto una descrizione parzialmente diversa in base alle caratteristiche che si riscontrano in questa tipologia testuale e alle sue funzioni. Seppur con delle limitazioni, quindi, secondo la International Companion Encyclopedia of Children’s Literature, e in particolare secondo Peggy Heeks (2004) che si occupa della questione, l’espressione “information book” è quella più utilizzata nel campo della letteratura per bambini. L’altro termine associato al genere è “non-fiction”4 che, nell’ottica di Mallet (2004), studiosa e ricercatrice nel

campo, è intercambiabile al primo proposto da Heeks. Mentre in quest’ultimo c’è il riferimento esplicito allo scopo del genere, nell’altro invece le implicazioni sono diverse. Si parte infatti da un’opposizione tra fiction e non-fiction che vede da un lato una letteratura narrativa e romanzesca di solito considerata di svago, dall’altro un genere che dovrebbe essere l’opposto,

3 L’etichetta “testo informativo” è quella che identifica il genere in italiano, insieme a “testo

divulgativo”. In questa tesi, le due espressioni saranno alternate anche a quella inglese “information book”, acquisita grazie allo studio di saggi e articoli in lingua inglese.

4 Il corrispondente italiano di questa espressione è “saggistica”. Scelgo di non tradurre il

termine per rendere meglio l’opposizione concettuale implicata in inglese, ossia il voler indicare un genere opposto alla narrativa, che presenta fatti e informazioni vere.

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didattico. Anche in questo caso, però, vi è ambiguità: non è detto che un testo non-ficiton sia esclusivamente educativo, per di più esistono alcuni titoli che uniscono narrazione o poesia all’esposizione di fatti reali. Quindi, secondo Mallet, non bisogna pensare che la fiction sia fatta per il piacere e la non-fiction per scopi pratici e volti all’utilità in quanto, come vedremo, da entrambi si possono trarre divertimento e insegnamenti. Sicuramente, un testo divulgativo è un testo il cui obiettivo principale è impartire informazioni e idee e che per avere successo deve riallacciarsi alle conoscenze già acquisite dal lettore. Nella definizione del genere, lo scopo è, difatti, una componente fondamentale.

Ovviamente l’information book varia al variare del suo pubblico. C’è una sostanziale differenza tra la divulgazione per adulti e quella per bambini. Le divergenze riguardano la lingua, le modalità di scrittura, il layout e la funzione, poiché a quella semplicemente informativa si aggiunge, nella letteratura per bambini, quella d’intrattenimento. La finalità dei testi rivolti ai più piccoli, infatti, sta nel fornire una conoscenza su una materia specifica (ad esempio scienza, anatomia, storia) ma allo stesso tempo divertire il lettore che ne usufruisce. L’interazione tra l’insegnamento e lo svago, il cosiddetto

edutainment,5 è essenziale perché fa scaturire nel bambino la curiosità e la

voglia di leggere. Questa tipologia testuale è tutt’altro che recente. L’Orbis Pictus, pubblicato nel 1657, è considerato il primo libro pensato e diffuso per bambini, nato con l’obiettivo di presentare loro il mondo sotto la forma di immagini. Uno dei principali scopi dell’autore era migliorare la conoscenza del latino dei suoi lettori attraverso la presentazione di ogni immagine sia in latino che in volgare. Può essere considerato un valido antenato dell’attuale letteratura informativa perché cercava di soddisfare la curiosità dei bambini attraverso l’impiego di abbondante materiale visivo, indici e diagrammi. Per di più venne distribuito in edizioni bilingui e quadrilingui per raggiungere un pubblico vasto (Vardell, 2014). È necessario precisare che la presenza delle immagini non rende questa tipologia testuale esclusivamente di intrattenimento. Il codice visivo, infatti, può avere semplicemente una funzione

5 Termine formato dall’unione di education e entertainment e usato da Buckingham e Scanlon

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divulgativa, tant’è che esso è ampiamente utilizzato anche nei testi informativi rivolti a un pubblico adulto.

Oltre a una distinzione tra la divulgazione per bambini e quella per adulti, è opportuno operarne una anche all’interno della prima che si suddivide, infatti, in più sottogeneri che variano in base all’età e all’argomento proposto.

1.1. Suddivisioni interne

Vardell (2004), in Children’s Literature in Action, propone una suddivisione del genere in base all’organizzazione del materiale, il formato e lo scopo dei libri. La varietà che si riscontra sottolinea, quindi, la versatilità e le potenzialità di questa tipologia di letteratura nel motivare i giovani lettori.

Il primo sottogenere a essere individuato è il survey book (libro di sondaggio). Ha lo scopo di far conoscere al bambino un determinato argomento, fornendone un’introduzione generale e non coprendo necessariamente tutte le informazioni, in modo tale che, laddove il tema susciti interesse nel lettore, si può approfondire con ulteriori libri. Un altro format molto popolare è quello del reportage fotografico (photo essay) che documenta e avvalora gli argomenti trattati con numerose fotografie. È una tipologia molto coinvolgente, pensata per un’ampia gamma di pubblico che va dalle scuole primarie alle superiori. La forma più diffusa è probabilmente quella del concept book (libro concettuale) che presenta i concetti in maniera semplice e chiara grazie anche all’utilizzo di illustrazioni. Ci sono poi libri focalizzati soltanto sulla storia e la sociologia (social histories) che sono diffusi tra i lettori dalle scuole medie in poi e che intrecciano ai fatti una prospettiva sul modo di affrontare i cambiamenti storici. Legati all’ambito storico sono anche gli informational storybooks che spesso introducono avvenimenti fantasiosi per aiutare i bambini a capire la differenza tra fatti e non fatti. I più interattivi sono probabilmente i libri di attività (activity books) poiché invitano il lettore a cimentarsi in esperienze che vanno oltre la lettura e che consentono di mettere in pratica quello di cui si legge; il testo verbale tende a essere minimo, come una sorta di manuale, con numerosi diagrammi, disegni ed esempi. Tra le

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tipologie più popolari c’è anche il trivia book che raccoglie curiosità, resoconti su fatti bizzarri ed eventi strani. Ne è l’esempio più tradizionale il Guinness Book of World Records. Molto diffuse sono anche, come vedremo, le serie che hanno il vantaggio di presentare le informazioni più recenti e coprire una vasta gamma di argomenti che altrimenti non verrebbero trattati. Oltre a questi sottogeneri elencati, ve ne sono molti altri che si rivolgono a un altrettanto variegato pubblico; alcuni esempi sono i counting books (libri per contare), gli ABC books, le riviste, i libri pop-up, quelli sullo sport, le biografie, ecc. (Vardell, 2004).

Tra le varie suddivisioni interne al genere proposte, quella di Mallet sembra essere la più funzionale per bambini, genitori e maestri, poiché individua varie categorie in relazione all’età e all’argomento presentato: early non-fiction, reference texts, topic books, non-narrative e narrative, non-book print e popular culture, electronic texts e information communication technology (Mallett, 2004). Tra queste, quella che rispecchia i testi che verranno analizzati in questa tesi è la classe dei topic books (simili ai concept books di Vardell). Si tratta di libri molto illustrati e di solito focalizzati su un unico argomento (vulcani, navi, geografia, dinosauri, ecc.) o su più argomenti scientifici. Sono testi volti a rinforzare le conoscenze preesistenti dei bambini e ad ampliarle, dando loro l’opportunità di confrontarsi con diversi tipi di scrittura informativa e istruttiva che spiega come sperimentare, come condividere qualcosa e come funzionano macchine e strumenti. Quando si tratta di geografia, le illustrazioni, i diagrammi sulla popolazione o sul clima e le fotografie di paesaggi sono molto importanti, se non imprescindibili. I libri di storia, invece, e in particolare quelli che contengono materiale sotto forma di documenti, interviste, fotografie e dipinti, aiutano i bambini a imparare a usare la perspicacia e a sviluppare un senso del tempo grazie all’impiego di linee del tempo e alberi genealogici che permettono di collocare gli eventi concreti nei più grandi confini della storia (Mallet, 2004).

Bisogna, inoltre, distinguere tra le due modalità di fruizione dei libri informativi, ossia la manualistica scolastica e la lettura facoltativa. La prima è una lettura che si svolge nel contesto scolastico e che implica l’utilizzo di

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determinati volumi volti a migliorare l’apprendimento. La seconda, invece, è facoltativa e comprende testi che i bambini o i loro genitori scelgono volontariamente come letture da svolgere a casa per piacere. Si tratta di libri che rappresentano una forma di educazione “popolare” meno autoritaria e meno interattiva di quella scolastica tradizionale e formale poiché insistono sulla concezione di apprendimento come qualcosa che è inevitabilmente divertente (Buckingham e Scanlon, 2003). Queste nuove forme di edutainment vengono proposte sia come un passatempo piacevole sia come un’alternativa preferibile all’apparente noia della maggior parte del lavoro scolastico. Difatti, molti bambini considerano l’apprendimento a scuola e quello a casa due ambiti separati; si crea così un’opposizione tra gioco e lavoro o tra imparare e divertirsi che l’edutainment dovrebbe aiutare a superare (Buckingham e Scanlon, 2003). La lettura di svago non viene, perciò, promossa come lavoro di supporto scolastico ma è venduta ai bambini come divertimento piuttosto che come educazione poiché evita il tradizionale approccio autoritario alla materia che caratterizza i libri scolastici e predilige, invece, un format diverso, non convenzionale e più divertente. È questo il caso, come vedremo nel prossimo capitolo, di Eureka! ed Evil Inventions.

1.1.1. Il genere divulgativo scientifico e il caso dei dinosauri

Tra i vari argomenti (corpo umano, geografia, storia, astronomia, ecc.) che il genere divulgativo può trattare, quello scientifico è il più apprezzato dagli autori e dagli editori proprio perché la domanda di questi testi è in continua crescita. La scienza si rivela, quindi, come la materia prediletta dalla fascia di età dei bambini a cui si rivolge il genere, ossia dagli otto ai dodici anni. Infatti, come sostiene anche Ben-Ari (1998) in “The ideals and realities of science books for children”, i tipi di libri scientifici cercati dai bambini variano in base all’età. Sulla base di alcune indagini svolte in una biblioteca americana, è stato notato che per i bambini in età prescolare i libri vengono scelti da un adulto con particolare attenzione al formato, ai colori e alle illustrazioni. I bambini che frequentano la scuola elementare, invece, cercano sia libri per le ricerche

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scolastiche sia per interesse personale optando, in quest’ultimo caso, per testi che hanno a che fare con la scienza, che spiegano come funzionano le cose, libri sul sistema solare, sugli animali o sulla vita degli scienziati.

I criteri che possono determinare la buona qualità e riuscita di un testo scientifico per bambini sono l’accuratezza delle informazioni (non sono inconsueti errori di questo tipo) e la capacità dell’autore di trasmettere la passione per il proprio lavoro. Spesso, infatti, si tende alle pubblicazioni legate alle scuole, con un conseguente aumento dei testi ma con una diminuzione di qualità. Questo succede quando le case editrici non pagano abbastanza gli scrittori o forniscono semplicemente ricerche e informazioni a degli autori che lavorano su commissione. I migliori scrittori, secondo Ben-Ari, sono quelli accorti e diligenti, che intervistano gli scienziati o attingono alla letteratura scientifica per avere informazioni dettagliate e aggiornate. Alcuni degli autori hanno anche una laurea in scienze, cosa che può fornire certi vantaggi ma che non può assicurare un risultato ottimale nella scrittura scientifica per bambini. Quando si scrive per i più piccoli, infatti, è necessario trasmettere le idee con entusiasmo affinché il libro diventi un’esperienza memorabile. Il lavoro dell’autore è un lavoro di responsabilità verso il giovane lettore: egli deve essere in grado di anticipare le domande che i bambini potrebbero fare e rispondere con accuratezza, esaustività e chiarezza (Ben-Ari, 1998).

Un caso particolare riguarda i libri che hanno come argomento principale i dinosauri, soggetto ideale per l’edutainment. Essi costituiscono uno dei temi prediletti perché, oltre a essere scienza, sono circondati da un’aura fantastica per la loro ferocia e grandezza e per una condizione a metà tra la realtà e la leggenda. La loro versatilità è dimostrata dalla popolarità delle continue pubblicazioni che coprono generi che vanno dalle enciclopedie, al testo informativo e persino a quello di stampo umoristico; in base alla tipologia varia anche la loro rappresentazione visiva che passa da una realistica e dettagliata nei primi, ad una più giocosa nell’ultima (dove sono raffigurati come cartoons antropomorfizzati). Trattandosi di scienza, l’enfasi cade sulla metodologia di ricerca, soprattutto dei fossili, e sulla storia della disciplina stessa. Questi libri tendono a riconoscere che ciò che viene presentato è un’interpretazione e per

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tale motivo sono molti anche i riferimenti al disaccordo tra paleontologi e ai loro dibattiti “furiosi” sulla biologia dei dinosauri (Buckingham e Scanlon, 2003).

1.2. Le caratteristiche principali

Christine Pappas (2006), insegnante e ricercatrice nel campo dell’apprendimento, prende in considerazione il concetto studiato da Hasan del GSP (Generic Structure Potential), ossia la descrizione dell’insieme totale o potenziale di strutture testuali disponibili in un genere, per individuare nella classe dei testi divulgativi tre caratteristiche globali obbligatorie: la presentazione dell’argomento, gli attributi e gli eventi caratterizzanti. La prima (detta anche TP, Topic Presentation) a sua volta può essere discrete, se nell’esposizione del tema impiega verbi di cognizione mentale (pensare, conoscere, capire, ecc.) e di percezione (vedere, sentire, ecc.) insieme a verbi che implicano l’esistenza, uno fra tutti “essere”. A questo si unisce l’uso di “tutti” come forma di riferimento generalizzato a persone o cose, o l’impiego generico del pronome personale “tu”, del possessivo “tuo” e di domande come appelli al lettore. La TP può essere anche interspersed quando è disseminata in un altro degli elementi obbligatori della struttura GSP, ossia il DA (Description of Attributes) e il CE (Characteristic Events). In particolare, il DA esprime gli attributi dell’argomento presentati attraverso processi relazionali che possono essere, appunto, attributivi o possessivi.6 Il CE, invece, è l’insieme degli eventi o dei comportamenti caratteristici associati al tema principale e realizzati attraverso processi materiali e azioni tangibili.7 Nei libri che riguardano oggetti, queste azioni fanno riferimento al modo in cui le persone usano tali oggetti, mentre nei libri sui luoghi, riguardano le attività che si verificano in

6 Pappas nel suo articolo prende in analisi un informational book su uno scoiattolo. Nella

descrizione del processo relazionale attributivo cita l’esempio “lo scoiattolo è un animale molto piccolo”; per quanto riguarda la relazione possessiva, invece, “lo scoiattolo sembra indossare dei calzini” (p. 234).

7 In questo caso l’esempio è: “lo scoiattolo costruisce case bellissime, salta su e giù dagli

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quei posti. In conclusione, secondo Pappas, questi elementi di solito costituiscono il cuore dei testi di genere divulgativo.

Un'altra caratteristica individuata dalla studiosa, ma questa volta opzionale, è l’EI (Experimental Idea). Essa è frequente nei libri scientifici e in quelli sugli animali e consiste nel parlare dei possibili esperimenti che possono essere svolti e spiegare concetti importanti riguardanti l’argomento del libro. Presenta delle caratteristiche lessico-grammaticali particolari come verbi all’imperativo (“prendi”, “copri”, “appendi”, ecc.), espressioni temporali (“dopo un’ora”, ecc.), domande che seguono di pari passo la procedura scientifica e dichiarazioni che cercano di fornire una conclusione. L’ultimo elemento della GSP individuato da Pappas è l’ILLEXT (Illustration Extension), opzionale ma estremamente comune, che può trovarsi disseminato tra tutti gli altri e che consiste in etichette, didascalie, fumetti o sottotitoli che spiegano o illustrano oggetti nel libro (Pappas, 2006).

Esistono, inoltre, dei criteri ulteriori, elencati da Peggy Heeks (2004) nella International Companion Encyclopedia of Children’s Literature, che contraddistinguono il genere divulgativo e che coinvolgono l’idea di partenza più generica di un libro e gli attori di questo progetto:

- la reputazione dell’autore, dell’illustratore e dell’editore; - l’obiettivo dell’autore, quindi lo scopo del libro;

- l’accuratezza e l’attualità delle informazioni date, poiché se si promuovono fatti inesatti si disinforma il bambino. Per valutare questo aspetto si possono cercare recensioni di esperti, confrontare il libro con altri che trattano lo stesso argomento o fare affidamento sulle credenziali dell’autore;

- la mancanza di stereotipi e la presenza di più punti di vista per incoraggiare il lettore a guardare i fatti in maniera critica;

- un’organizzazione del materiale che aiuti il lettore nella lettura. Questo è un aspetto cruciale perché aiuta il pubblico a scegliere ciò di cui ha bisogno e a muoversi nel testo facilmente. A questo contribuisce una disposizione logica dei contenuti e l’utilizzo di esempi e riferimenti come sottotitoli, indici e sommari. A tal

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proposito, è utile per un libro avere un doppio livello di lettura per cui alcune informazioni sono trasmesse con didascalie, titoli, sottotitoli o riassunti, mentre le altre, più dettagliate, sono presentate nel testo centrale;

- lo stile deve essere chiaro, piacevole e interessante e avere un vocabolario appropriato;

- il layout e le illustrazioni devono incoraggiare il bambino alla lettura e alla ricerca delle informazioni oltre a rinforzare, ampliare e abbellire il testo. Per tale motivo, uno dei compiti iniziali è stabilire il loro ruolo nel libro che, in quanto oggetto, deve essere studiato per attirare l’attenzione del pubblico, per suscitare la sua curiosità ed entusiasmo (Hunt, 2004).

Quest’ultimo punto fa cadere l’attenzione su una delle caratteristiche fondamentali presenti nella maggior parte degli information book sul mercato, le illustrazioni.

1.2.1. L’elemento visivo

Come anticipato, l’elemento visivo è una parte necessaria e fondante del genere divulgativo per bambini tanto da essere spesso presente dall’inizio alla fine di un testo. La copertina, infatti, è sicuramente il primo passo verso la persuasione poiché deve attirare l’attenzione del pubblico e spingerlo a voler leggere. Per adempiere a questo scopo, il colore è probabilmente l’elemento che per primo viene usato nei libri illustrati per bambini. È impiegato per trasmettere emozioni ed è simbolico: il verde, il blu e il viola, ad esempio, sono tonalità che si rifanno alla natura e all’acqua, mentre i colori caldi come il rosso, il giallo e l’arancione richiamano il sole e i pianeti (Vardell, 2004). Riguardo alle illustrazioni, gli artisti di oggi stanno sperimentando nuove tecniche grafiche, come il collage, la combinazione di elementi ottenuta con computer e scanner e l’utilizzo di fotografie (Vardell, 2004). Oltre a queste tecniche, che vedremo impiegate in Eureka!, permangono ovviamente le più

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classiche illustrazioni in bianco e nero e i fumetti, come nel caso della serie Horrible Science.

L’importanza dell’elemento visivo si inserisce, quindi, nel binomio insegnare/divertire. Infatti, le illustrazioni, spesso giocose, contribuiscono a rendere il momento istruttivo più disimpegnato e stimolante oltre che a incrementare la curiosità e la creatività del bambino. Per un pubblico dai sette ai dodici anni, pubblico a cui sono rivolti i libri presi in esame, le immagini servono anche ad avere un riscontro pratico e immediato di ciò che si sta leggendo, permettendo ai bambini di vivere una prima esperienza delle conoscenze che stanno acquisendo. La componente visiva di un testo gioca, come vedremo, un ruolo fondamentale anche dal punto di vista della traduzione. Dopo aver sottovalutato a lungo il codice visivo, oggi si cerca di studiare delle modalità che possano dargli la giusta importanza nel contesto traduttivo ma soprattutto nella trasmissione del messaggio testuale in collaborazione con l’elemento scritto.

1.3. La divulgazione scientifica

Esistono, secondo Hilgartner (1990) e la sua “visione dominante” o “canonica” di popularization, due discorsi separati: uno avviene nella comunità scientifica, l’altro al di fuori di essa e l’informazione viene traslata da un ambito all’altro. L’idea si basa sostanzialmente sul concetto che gli scienziati, autorità della scienza, producono un’informazione che viaggia in maniera univoca dall’istituzione al pubblico e che per questo viene semplificata e distorta (Myers, 2003). È una visione molto rigida che si è diffusa largamente perché promossa dalle istituzioni stesse ma che oggi è affiancata da altri punti di vista. Casalmiglia (2003), ad esempio, definisce la divulgazione come l’insieme dei generi o dei processi semiotico-discorsivi che consentono una riformulazione e ricontestualizzazione della conoscenza prodotta in un preciso contesto specialistico, per lo più scientifico, e della sua trasformazione in “amatoriale” o “quotidiana”. Le sue osservazioni sono volte all’esigenza di colmare il gap esistente tra i professionisti e il pubblico inesperto che è esposto continuamente

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a informazioni specializzate attraverso i mass media, i libri e i giornali. Inoltre, la velocità di sviluppo e di diffusione di nuove conoscenze ha richiesto degli strumenti comunicativi efficienti in grado di raggiungere il vasto pubblico e trasmettergli una conoscenza chiara e non distorta.

La divulgazione, quindi, deve essere formulata in modo tale che il ricevente possa integrare facilmente le nuove conoscenze a quelle preesistenti. A ciò contribuiscono varie strategie che ritroviamo, appunto, negli information books. La prima è la descrizione, che gioca un ruolo importante nella denominazione delle procedure scientifiche. Un altro espediente è quello della definizione che permette di descrivere parole sconosciute. La tecnica definitoria più comune, secondo Gotti (2005), è la giustapposizione tra il termine specifico e una perifrasi a esso riferita e separata da virgole o parentesi. Uno dei principali mezzi della divulgazione è la metafora che consente di stabilire collegamenti tra due ambiti dell’esperienza o della conoscenza (Casalmiglia, 2003). L’elemento metaforico è l’espediente più utilizzato in questi testi perché è cognitivamente familiare al lettore essendo parte della sua esperienza quotidiana e del personale bagaglio cognitivo. Infatti, la conoscenza presupposta da parte dei lettori che si avvicinano a un testo divulgativo è una basica e generale che varia ovviamente in base all’età. Per questo, nella divulgazione rivolta ai bambini, dato il circoscritto background di conoscenze e le limitate abilità cognitive, i concetti devono essere resi ancora più semplici rispetto a quanto viene fatto per gli adulti, senza però essere ridotti a banalità (Diani, 2005). In buona sostanza, i fattori che distinguono la divulgazione da un testo specialistico sono due: la simmetria che si instaura tra i partecipanti all’atto comunicativo e l’obiettivo primario del genere, ossia quello di ampliare la conoscenza del lettore piuttosto che sviluppare un apparato concettuale o critico secondario. Il suo scopo è educativo e questo influenza anche la tecnica espositiva impiegata: essa rimane il più fedele possibile alla cultura, allo stile e alla lingua del ricevente (Gotti, 2005), diminuendo notevolmente, o eliminando del tutto, l’asimmetria tra autore e lettore tipica di un testo specialistico. Nel caso dei testi informativi per bambini, quindi, chi scrive deve presentare gli

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argomenti in modalità che sono estranee alle pratiche scientifiche ma che sono interessanti per i lettori.

Dal punto di vista retorico, il metadiscorso è considerato da Hyland (2005) un mezzo cruciale per strutturare il discorso scientifico rivolto a un pubblico “profano” e per guidare il lettore nel testo. Gli scrittori della divulgazione scientifica devono, infatti, trovare dei metodi efficaci per fornire delle informazioni a un pubblico curioso, anziché esporre procedure scientifiche che richiederebbero precise conoscenze nel campo. Prima di tutto si gioca sulla brevità: i testi informativi tendono a essere più brevi degli articoli scientifici e non impiegano, quindi, i marcatori strutturali (frame markers) utili invece in testi lunghi e complessi, come quelli che introducono il discorso (“lo scopo è", “si parlerà di”, ecc.), che ne indicano le sequenze (“prima di tutto”, “in secondo luogo”, ecc.) o che servono per concludere (“in conclusione”, “sintetizzando”, ecc.). Altra caratteristica comune sono le glosse, ossia segnali metadiscorsivi che chiariscono quelli che secondo l’autore sono termini non familiari al lettore. Rispetto agli articoli scientifici, nella divulgazione sono presenti molti engagement markers (pronomi di seconda persona, incisi, domande, ecc.) che si rivolgono direttamente al lettore coinvolgendolo nel testo, oltre a indicare l’atteggiamento dell’autore nei confronti del materiale. C’è poi un utilizzo estensivo del discorso riportato grazie all’impiego di citazioni, interviste e l’uso costante del verbo “dire” (Hyland, 2005). Sono assenti, inoltre, i riferimenti autoriali espliciti tipici dell’argomentazione scientifica (ad esempio “Devo sottolineare”, “Con questo voglio dire”, ecc.), proprio perché in questi testi prevale la natura informativa su quella argomentativa. In generale, quindi, le scelte metadiscorsive operate dagli scrittori sono funzionali a dare uno stato fattuale al testo e a collegarlo alla conoscenza reale del pubblico presupposto.

Gli studi sulla divulgazione si sono focalizzati soprattutto sul codice scritto e meno sugli altri codici che possono far parte di un testo divulgativo scientifico, in particolar modo quello visivo. Questo è controproducente perché alimenta l’idea che la divulgazione consista solo nel semplificare e distorcere il messaggio scientifico e fa perdere di vista il fatto che spesso i primi impatti con la scienza sono stati visivi. Tale focalizzazione sulle parole anziché sulle

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immagini è dettata anche da una questione di economia: a volte si rivela costoso e difficile inserire delle immagini a colori e di alta qualità nei documenti scientifici e quindi si opta per la loro omissione (Myers, 2003). La sottovalutazione delle immagini è un aspetto che coinvolge anche la traduzione ma che è di fondamentale importanza nella divulgazione scientifica rivolta ai bambini.

1.3.1. Tradurre i testi informativi

Nell’ambito delle indagini sulla divulgazione, Liao (2003) si occupa dell’interazione tra quest’ultima e la traduzione, ritenendo che alcune delle problematiche nella resa della prima siano simili a quelle riscontrate nelle traduzioni scientifiche (come la traduzione della terminologia specifica e l’accuratezza dell’informazione scientifica). Altri studiosi si sono focalizzati, inoltre, sul ruolo di traduttore come figura mediatrice tra gli esperti e il pubblico e quindi sulla funzione stessa di traduzione come processo di divulgazione. Per adempiere a questo compito e rendere un testo di partenza comprensibile per il destinatario presupposto, le strategie traduttologiche prevedono l’aggiunta di spiegazioni nelle prefazioni o nelle note dei libri, la parafrasi o, in casi estremi, l’omissione del contenuto.

La comparazione tra l’ambito divulgativo e quello traduttivo si basa proprio sul presupposto che entrambi consistono nella trasformazione di un testo di partenza in uno di arrivo. La divulgazione, come la traduzione, implica una riscrittura del testo specialistico di partenza senza alterarne il contenuto primario ma adattando la lingua al nuovo pubblico. Questo significa che, come il processo traduttologico, essa tende a produrre un testo non esattamente equivalente a quello di partenza che viene quindi approssimato in funzione di una trasmissione dei contenuti che sia adeguata alle conoscenze pregresse del lettore. La necessità di chiarezza e accessibilità spesso porta gli autori a utilizzare un linguaggio figurato ricavato dall’esperienza quotidiana oltre a espressioni esplicative come “in altre parole” o “cosiddetto” che contribuiscono alla semplificazione dei contenuti. Quest’ultima è spesso

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segnalata anche dall’uso di virgolette, nel tentativo di stabilire una relazione concreta tra il termine specialistico e il linguaggio generico corrispondente (Gotti, 2005). Comprensibilmente, il grado di semplificazione aumenta con l’ampiezza del pubblico non specializzato a cui la divulgazione è destinata; nei testi per bambini, quindi, il grado è elevato ma questo, senza dubbio, non influisce sulla correttezza e accuratezza dei contenuti.

L’information book, nonostante l’importanza nel panorama della letteratura per bambini, è un genere ancora poco esplorato in traduzione. Probabilmente questo è dovuto al suo essere una tipologia nuova rispetto alla produzione letteraria classica che, già di per sé, comincia a essere campo di ricerca per la critica solo a partire dagli anni Ottanta. Reiss (1971) è la prima ad adottare un criterio sistematico nell’affrontare la questione, basandosi sulle conoscenze generali acquisite in campo traduttologico, ma sarà Riitta Oittinen (1993) a parlare per la prima volta di “tradurre per bambini” e non di “traduzione di letteratura per bambini”, secondo una teoria incentrata appunto sul destinatario. Si può dire, in definitiva, che il traduttore continua il lavoro iniziato con la divulgazione e contribuisce a colmare quella distanza comunicativa tra autori adulti e lettori bambini che sono ineguali dal punto di vista della padronanza linguistica, dell’esperienza del mondo e della posizione sociale.

1.4. La prospettiva multimodale

Il termine ‘multimodale’ è definito nel dizionario De Mauro come qualcosa “che si configura o si effettua in vari modi”.8 Si fa riferimento, quindi, al modo

in cui si compie un processo e non al mezzo con cui lo si compie. In ambito comunicativo consiste nella comunicazione di un messaggio attraverso più modalità. Proprio sulla multimodalità si fondano il genere del testo informativo e i libri presi in esame in questa tesi, poiché veicolano le informazioni attraverso più modi e codici, in particolare quelli testuale e visivo.

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Nell’ambito dell’analisi testuale, gli studiosi hanno spesso sottovalutato l’importanza del codice visivo o di quello tipografico perché ritenuti universalmente riconoscibili e quindi non bisognosi di una metodologia approfondita per studiarli. Oltre a questo, è mancata negli studi traduttologici l’idea di multimodlità come caratteristica fondante della resa di un messaggio. Ogni tipo di comunicazione, infatti, non è costituito da un codice solo ma da una combinazione di sistemi di segni: la comunicazione verbale unisce parole, gesti ed espressioni del volto, i libri combinano parole, figure e accorgimenti tipografici, le canzoni testo e musica, e così via. Tuttavia, la traduzione si è occupata, per molto tempo, solo dell’aspetto linguistico tanto da essere definita una disciplina monomodale. Tutti gli altri codici presenti nei libri per bambini o nei film sono stati a lungo tralasciati o affidati ad altre discipline oppure analizzati escludendo la componente linguistica (Kaindl, 2013).

Una dei primi studiosi a considerare la questione da questa prospettiva è Reiss (1971), la cui teoria testuale menziona testi formati da più sistemi di segni (chiamati prima “testi sussidiari” poi “audio-medial”) che differiscono da quelli prettamente linguistici per la loro dipendenza, oltre che da espressioni verbali, anche da quelle grafiche, acustiche e visive. Reiss propone, per la prima volta, anche un elenco di tipologie testuali multimodali in cui rientrano i film, i libri per bambini e i testi tipografici più specialistici. Risulta perciò opinabile l’esistenza di testi monosemiotici dato che, in quest’ottica, il colore della copertina di un libro, la qualità della carta o il layout hanno già di per sé delle proprietà semiotiche. La traduzione ridisegna un testo attraverso le barriere culturali e lo fa in maniera efficace solo se si considerano tutti i sistemi semiotici che lo compongono. Grazie a questi studi, la dimensione culturale e semiotica di un testo, e quindi la sua multimodalità, diventano il centro di interesse della traduzione, non più un punto oscuro. In ambito traduttivo Jakobson (1959) è uno dei primi a creare una tipologia di traduzione legata ai codici semiotici e alla connessione tra essi. Secondo lui, il cuore di una traduzione risiede nella “interlingual translation” o “translation proper” (traduzione vera e propria).

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I primi a sviluppare una teoria di comunicazione multimodale (Visual Social Semiotics) sono Kress e van Leeuwan, i quali definiscono i modi come “semiotic resources which allow the simultaneous realisation of discourses and types of (inter)action” (Kress e van Leeuwan, 2001: 21). Secondo questa teoria, i modi sono dei processi culturali che contribuiscono alla funzione di un testo in collaborazione con altri modi. Questi possono poi essere divisi in core modes e sub modes. I primi comprendono linguaggio, suoni, musica e immagini, gli altri rappresentano le componenti fondamentali dei core modes e possono essere comparati alle unità grammaticali. I sub modes della lingua scritta possono identificarsi nel layout e nella tipografia (Kaindl, 2013). Questa teoria fornisce, quindi, una cornice appropriata per l’analisi delle modalità semiotiche non verbali, in particolare quelle visive.

La multimodalità non può essere studiata in maniera appropriata se non si tiene in considerazione, inoltre, la non-linearità che essa implica. La semplice presenza di informazioni sotto forma di diverse modalità, infatti, solleva la questione fondamentale dell’ordine in cui si usufruisce di tali informazioni, che non è, appunto, lineare (Bateman, 2014). Il concetto di non-linearità, quindi, è direttamente collegato alle decisioni che il lettore deve prendere quando si pone dinanzi a un testo multimodale: è lui che sceglie cosa leggere e quali parti mettere in relazione per riuscire a creare il significato. A tal proposito, Bucher (2007), autore di vari volumi sulla multimodalità, stila una lista di processi interpretativi che il lettore deve operare. Lo studio è di ampio respiro e non riguarda solo l’ambito testuale, per tale motivo, dei vari punti da lui elencati, ne seguono solo alcuni, ossia quelli più attinenti all’oggetto di questa tesi:

- identificare la tipologia di prodotto multimodale sulla base di titoli o loghi;

- riconoscere le relazioni gerarchiche tra i vari elementi del processo comunicativo grazie alla tipografia e alla disposizione del testo;

- decidere come muoversi da un elemento all’altro aiutandosi con frecce, tabelle dei contenuti e riferimenti presenti nel libro;

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- identificare sequenze e altre regole di organizzazione testuale sulla base delle convenzioni legate alla tipologia di testo e delle indicazioni grafiche.

In conclusione, si può affermare che nella gran parte dei testi informativi la multimodalità è caratterizzata principalmente dalla combinazione di codice testuale e codice visivo. Dato che su questa interazione si fondano anche Eureka! ed Evil Inventions, è utile analizzare tale aspetto nelle sue sfaccettature per impiegarlo, in seguito, come criterio di analisi dei libri stessi.

1.4.1. Interazione tra testo e immagini

La maggior parte dei generi della comunicazione scientifica si basa sulla rappresentazione visiva, in particolare sull’utilizzo di tabelle, grafici, fotografie, disegni, diagrammi e così via. Difatti, nel tentativo di descrivere le interazioni tra le persone e il mondo circostante, la scrittura scientifica si è gradualmente allontanata dalla dipendenza esclusiva dal linguaggio, cercando di impiegare metodi più consoni per rappresentare i processi scientifici (Lemke, 1998). Di conseguenza, il codice visivo si è rivelato il mezzo più adatto a tale scopo in quanto è in grado di illustrare eventi e fatti conservandone il carattere dinamico tipico della scienza.

In quest’ottica, anche le componenti linguistiche vengono presentate attraverso accorgimenti visivi come l’ortografia e la tipografia, facendo acquistare una certa rilevanza a tutto ciò che riguarda il layout delle pagine, la scelta dello stile, la grandezza dei caratteri, ecc. In Eureka! e in Evil Inventions, ad esempio, i titoli dei capitoli sono scritti con un carattere grande, chiaro e in grassetto, espedienti volti a segnalare enfasi o importanza. Proprio perché il codice verbale è realizzato attraverso la semiotica visiva, esso è integrato pienamente con tutti gli altri sistemi di significato visivo (Lemke, 1998). Dal punto di vista del layout, invece, sezionare il testo o sistemarlo in riquadri dalle forme geometriche consente di organizzare il contenuto e di dare al lettore una linea guida che lo orienti nella lettura.

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Nei testi informativi scientifici per bambini la parte più consistente del codice visivo è costituita, senza dubbio, dalle immagini. Per tale motivo, la loro interazione con il testo si rivela fondamentale nello studio della multimodalità. Questa relazione è alla base del genere della divulgazione scientifica ed è il veicolo principale di trasmissione dell’informazione e di fascinazione del giovane lettore. Barthes (1977) individua, a tal proposito, due tipi di interazione: elaboration, quando la componente testuale corrobora il significato di quella visiva e vice versa, e relay, quando la componente verbale estende il significato trasmesso dalle immagini o vice versa. Nikolajeva e Scott (2000), invece, hanno proposto varie tassonomie per definire questo rapporto e le hanno poi applicate al genere del picture book. Il loro modello è quello più elaborato perché individua tre categorie per la descrizione delle interazioni tra parole e figure:

- relazioni di potenziamento (enhancement), che prevedono una minima differenza tra quello che dicono le parole e quello che mostrano le figure;

- relazioni di complementarità, in cui un elemento si appoggia sull’altro nella trasmissione del significato complessivo;

- relazioni di contrappunto (counterpointing), in cui si verifica un’intenzionale mancanza di coerenza tra il codice verbale e quello visivo, che apre la possibilità a molteplici interpretazioni e che per questo richiede al lettore un grado di inferenza maggiore per capire la giustapposizione tra testo e immagini (Guijarro, 2014).

Tuttavia, bisogna tener presente che, per quanto questa scansione sia precisa, le etichette proposte da Nikolajeva e Scott non sono assolute e i confini tra esse non sono sempre netti. A tal proposito, Lewis (2006) si pone in contrasto con la prospettiva appena discussa, assumendo che nei libri illustrati ci possano essere più tipi di relazioni tra testo e immagini. In generale, la giustapposizione di questi due elementi si verifica lungo tutto il testo ed è stabilita dalla determinazione del lettore nel voler ricercare una connessione tra essi. Unsworth (2006), invece, distingue tre tipologie fondamentali di interazione intermodale:

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- la ideational concurrence, che si verifica quando le due modalità sono equivalenti nel significato ideale e perciò l’inferenza richiesta al lettore per comprendere la coerenza tra testo e immagini è minima. La similarità dei significati spesso implica anche l’equivalenza nella configurazione della realtà rappresentata dagli elementi visivi e da quelli verbali. I due codici, quindi, specificano l’uno le implicazioni dell’altro, contribuendo a precisare l’informazione su due fronti. Questa è la tipologia che ritroveremo in Eureka!;

- la ideational complementarity, che vede un’interazione tra testo e immagini volta a fornire informazioni che mancano in una delle due componenti. In questo caso il significato è distribuito attraverso le due modalità che cooperano semioticamente nella costruzione della realtà;

- la connection, che è suddivisa a sua volta in due categorie: proiezione, costituita dal discorso diretto (è quella che si realizza in maniera più tipica nei fumetti con le nuvolette di dialogo o di pensiero), e congiunzione, formata da relazioni causali, temporali e spaziali (Guijarro, 2014).

Queste ultime due tipologie sono quelle che ritroveremo, invece, in Horrible Science. Infatti, in Evil Inventions, libro tratto da questa serie e oggetto di analisi, il testo principale è alternato a fumetti che ritraggono spesso personaggi inventati, animali o scienziati.

Bisogna fare, inoltre, una distinzione tra fotografia e disegno, due espedienti visivi che sono ampiamente utilizzati nei testi divulgativi. La fotografia è costituita nel complesso da una fonte di emissione, un canale di trasmissione e un punto di ricezione (Barthes, 1977). La prima coinvolge varie figure professionali, ossia chi la scatta, chi la sceglie, chi la impagina e chi alla fine le appone un titolo, una didascalia o un commento. Il canale di trasmissione, invece, può essere un giornale, un libro, o qualsiasi insieme di messaggi simultanei che presentano un’immagine circondata da testo, titoli, didascalie e layout. Infine, il punto di ricezione è il pubblico che riceve e guarda la

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fotografia. Essa è, quindi, un elemento con una certa autonomia strutturale che, però, allo stesso tempo non può essere isolato. La struttura di una foto, infatti, comunica con almeno un’altra struttura, solitamente quella testuale, con cui instaura un rapporto di cooperazione mantenendo al contempo una propria indipendenza. Ognuna ha il suo spazio ben definito, il che le rende contigue ma non omogenee; solo quando si completa l’analisi di ciascuna di esse, si può capire come si completano (Barthes, 1977).

Il disegno, invece, è un messaggio più codificato rispetto alla fotografia poiché richiede uno stile e delle regole precise da seguire. A differenza della fotografia, che compie un’operazione di registrazione meccanica della realtà garantendo l’oggettività, il disegno ne compie una di trasformazione che implica un coinvolgimento diretto dell’uomo (l’illustratore) con una conseguente soggettività dell’operazione (Barthes, 1977). Esso è l’elemento base su cui si costruiscono i fumetti, come in Evil Inventions appunto. In questa tipologia testuale, il gran numero di immagini consente al lettore di guardare continuamente sia il materiale visivo che quello testuale. Per tale motivo, la gestione dello spazio diventa fondamentale per orientare il lettore anche nel tempo: muoversi tra le pagine, infatti, è considerato un muoversi nel tempo (Bateman 2014). Nel fumetto, la nuvoletta è il mezzo convenzionalmente impiegato per far parlare qualcuno o qualcosa e, essendo l’unico strumento di espressione, può essere di vari tipi in base a ciò che deve comunicare:

Come illustrato nella figura (Cohn, 2013: 42), ci sono quattro tipologie di nuvolette. La prima, “non-sentient”, è quella utilizzata per gli effetti sonori; la seconda è la nuvoletta di pensiero, che riporta i pensieri dei personaggi; la terza

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è la nuvoletta di dialogo e, oltre a questo contorno, può averne anche uno frastagliato come indicazione di un tono di voce alto. L’ultima, infine, è chiamata satellite e si presenta sotto forma di diagramma con linee che si dipartono per raggiungere gli elementi a cui si vuol fare riferimento.

Riguardo alla relazione tra testo e immagini nei fumetti, Cohn (2013) individua quattro tipi di interazione:

- inherent, ogni testo che compare è in realtà parte del materiale visivo; - emergent, che include nuvolette di pensiero e di dialogo (interazione

presente in Evil Inventions);

- adjoined, in cui testo e immagini sono collegati solo indirettamente attraverso didascalie o vicinanza spaziale;

- indipendent, in cui testo e immagini sono completamente separati e le relazioni tra essi sono segnalate da riferimenti linguistici (ad esempio l’espressione “Vedi la figura 3”).

In conclusione, l’analisi della combinazione tra testo e immagini, sia che queste ultime siano fotografie, sia che siano disegni, ha l’obiettivo di esplicitare i pattern di distribuzione del materiale visivo e di quello scritto e ricondurre questi schemi agli effetti che i testi possono avere sul lettore.

1.4.2. La relazione tra scrittore-illustratore-lettore (impliciti)

Gli scrittori e gli illustratori utilizzano le specifiche risorse disponibili nelle modalità testuale e visiva per costruire dei testi che siano efficaci nello stabilire una comunicazione interattiva con il pubblico presupposto. L’interattività si deve soprattutto alle immagini, al modo in cui esse attirano l’attenzione del lettore e al tipo di interazione tra quest’ultimo e chi produce il testo. A tal proposito, Kress e van Leeuwen (2001) distinguono quattro tipi di interazione:

- l’atto visivo in sé, ossia lo sguardo. La tipologia è, a sua volta, costituita da due tipi di immagini: quelle che richiedono al lettore contatto visivo e coinvolgimento e quelle che non possiedono vettori di contatto visivo. Queste ultime sono le immagini che non ricercano nessuna reazione da

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parte dal lettore e forniscono semplicemente delle informazioni che possono essere acquisite o contraddette;

- la vicinanza e l’intimità che, invece, sono ottenute grazie all’impiego di primi piani; al contrario, le immagini a campo lungo creano una barriera invisibile tra esse e il lettore, diventando veicolo di oggettività, distanza e impersonalità;

- l’angolo orizzontale ha a che vedere con il livello di coinvolgimento tra chi produce l’immagine e chi la recepisce all’interno di una composizione visuale;

- l’angolo verticale, infine, indica le relazioni di potere tra le due figure coinvolte nel processo interattivo.

Alla creazione dell’interattività contribuiscono delle specifiche strategie visive che, alla pari di quelle testuali (come ellissi, progressione tematica, ecc.), sono in grado di guidare il lettore nello scambio comunicativo alla ricerca dell’informazione più rilevante. Gli espedienti principali utilizzati dagli illustratori sono l’inquadratura e il posizionamento del materiale visivo. La disposizione delle immagini in una composizione testuale è funzionale a dirigere l’attenzione del lettore e a dare preminenza ad alcuni elementi rispetto ad altri. Il valore informativo, quindi, cambia in relazione alla posizione di una figura che può trovarsi al centro, ai margini, in basso o in alto. L’opzione di trovare un’immagine collocata al centro, ad esempio, è tipica dei picture books e ha la funzione di presentare il personaggio (Guijarro, 2014). Quando una figura non ha i bordi, invece, l’implicazione è quella della mancanza di confini tra il mondo del lettore e quello del libro che diventano un tutt’uno. Al contrario, la presenza dei margini è motivo di distacco tra la figura e il bambino, il quale guarda gli eventi da una prospettiva oggettiva e distaccata (Guijarro, 2014). Come vedremo in Eureka!, molto importante è anche la dimensione delle immagini: un personaggio raffigurato in grandi dimensioni ha più significato e più potere.

Oltre a questi espedienti, sono fondamentali anche quelli linguistici, come già discusso nel paragrafo sulla divulgazione. In questo genere specifico, infatti, l’interazione con il lettore è stabilita attraverso i cosiddetti engagement

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markers (Hyland, 2005), ossia pronomi di seconda persona, incisi o domande che si rivolgono al pubblico in maniera diretta e lo coinvolgono nel testo. Anche in questo caso, molti sono gli esempi che ritroveremo in Eureka! e in Evil Inventions.

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Di seguito una tabella riassuntiva di tutti i criteri utili all’analisi di un testo divulgativo.

CRITERI GENERICI INTERAZIONE

TESTO-IMMAGINI INTERAZIONE AUTORE- ILLUSTRATORE-LETTORE • reputazione dell’autore, dell’illustratore e dell’editore; • scopo del libro; • accuratezza delle

informazioni; • presenza di più

punti di vista; • aiuto e guida nella

lettura; • stile chiaro; • layout e illustrazioni stimolanti; • segnali metadiscorsivi; • multimodalità. Nikolajeva e Scott: • relazioni di potenziamento; • relazioni di complementarità; • relazioni di contrappunto. • contatto visivo; • vicinanza e intimità; • angolo orizzontale e coinvolgimento; • angolo verticale e potere; • disposizione immagini; • engagement markers. Unsworth • ideational concurrence, le due modalità sono equivalenti; • ideational complementarity, cooperazione tra testo e immagini; • connection, le modalità sono in connesse, come nei fumetti. Cohn

(interazione nei fumetti): • inherent;

• emergent; • adjoined; • indipendent.

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xxx 1.5. Il destinatario

Quando si parla di information book per bambini ci si rivolge implicitamente a un doppio pubblico: i più piccoli che leggono il libro e gli adulti che lo comprano. L’adulto è una figura fondamentale in questo senso perché è mediatore tra il libro e il bambino e perché entra in gioco a più livelli. Il primo livello è quello dell’editore che decide quali testi pubblicare, guidando il mercato verso una direzione e dei contenuti precisi. Il secondo è quello che coinvolge chi vende i libri, il quale sceglie e compra determinati titoli sulla base delle vendite e delle richieste del cliente. Infine, ci sono i genitori o gli adulti responsabili dell’acquisto del libro per il bambino. Quello del genitore è stato un ruolo a lungo dibattuto per il suo coinvolgimento nell’educazione dei figli e soprattutto nell’apprendimento extra scolastico. Il mercato dei libri divulgativi per bambini si rivolge proprio all’ambito dell’educazione domestica e, per tale motivo, il cliente a cui indirizzarsi è duplice: da un lato i libri devono soddisfare le aspettative dei genitori su ciò che conta come mezzo di apprendimento valido, dall’altro devono accontentare i bambini e persuaderli a passarci il loro tempo libero. I testi in questione devono unire, quindi, educazione e intrattenimento e far leva su un materiale e uno stile interattivi.

Oggi, l’editoria propone una vasta gamma di generi e di formati che sono in grado di declinarsi a qualsiasi esigenza o desiderio proprio perché combinano l’insegnamento e il divertimento in modi diversi. Come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, le tipologie testuali sono molteplici, ma non tutte godono della stessa popolarità. Negli ultimi decenni si è sviluppata una tendenza di mercato verso l’acquisto di libri dal formato piccolo, maneggevoli, illustrati ed economici, acquistabili sia nelle classiche librerie sia nei supermercati. Il loro fascino sta in una mescolanza di informazioni e divertimento, spesso anche con un trattamento della materia umoristico e irriverente che attrae il pubblico di riferimento, ossia quello compreso tra i sette e i dodici anni. Uno dei casi esemplari è la serie Horrible Histories che dagli anni Novanta continua a produrre testi classificati tra i best seller per bambini. Sulla scia di questo

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successo sono state pubblicate altre serie simili, come Horrible Science, da cui è tratto uno dei testi presi in esame in questa tesi. La fortuna di questi libri sta nel loro essere presentati come forma di intrattenimento prima che educativa e nel non essere venduti come manuali di supporto scolastico. Nonostante il trattamento anticonvenzionale degli argomenti, queste serie non hanno scoraggiato gli adulti che, nella maggior parte dei casi, sono disposti a comprare i libri che ne fanno parte, prima di tutto perché i loro figli sono disposti a leggerli e poi perché ritengono che siano tanto educativi quanto divertenti (Buckingham e Scanlon, 2003).

Attualmente, il campo editoriale vede una crescita nella domanda di queste tipologie non-fiction grazie anche all’affezionamento dei bambini alle collane. Infatti, uno dei modi per gli editori di capitalizzare il successo di un brand è proprio quello di focalizzarsi sulle serie la cui pubblicazione è diventata negli ultimi decenni quasi una regola. Questo reca vantaggi sia agli editori e ai commercianti sia ai clienti, che comprano basandosi sulla reputazione della serie (di solito l’autore è sempre lo stesso) o per continuità, perché possiedono già dei libri appartenenti alla collana. A differenza di altri information books, questi sono venduti anche in posti meno convenzionali come i supermercati, i centri commerciali o i negozi di giocattoli. Nel caso del supermercato, la tendenza è quella di rivolgersi a un cliente specifico che di solito è colui che compra per impulso: si tratta di quei genitori che si recano a fare compere con i propri figli e che potrebbero considerare un libro come un acquisto migliore rispetto a un giocattolo o a un dolciume, soprattutto se questo attira l’attenzione dei più piccoli.

Concludendo, serie come Horrible Science o Horrible Histories, ma anche libri di divulgazione come Eureka! rientrano a pieno titolo in questo trend di domanda in continua crescita per vari motivi: non sono costosi, sono immediatamente riconoscibili e combinano intento formativo e divertimento.

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CAPITOLO II

2. I testi presi in esame

I due testi informativi oggetto di analisi e traduzione di questa tesi sono Eureka!, The Most Amazing Scientific Discoveries of All Time e Evil Inventions (tratto dalla serie Horrible Science). Si tratta di due testi di divulgazione scientifica per ragazzi di un’età compresa tra i sette e i dodici anni che affrontano argomenti relativi a varie discipline tra cui medicina, chimica, fisica e astronomia.

Sono stati scelti perché trattano la materia secondo il criterio del cosiddetto edutainment, ossia coniugano istruzione e divertimento, e per il loro carattere ampiamente multimodale. Sono due libri simili ma allo stesso tempo diversi in primo luogo per l’esperienza e la formazione dei rispettivi autori e in secondo luogo per il modo di affrontare la materia scientifica, aspetto che si riflette nella scrittura, nell’impiego di particolari segnali metadiscorsivi (ad esempio pronomi di seconda persona, discorso riportato, glosse) nella scelta e nella disposizione del materiale visivo. Il mio obiettivo è, infatti, fare un confronto tra i due testi per mostrare le caratteristiche comuni e non che afferiscono, in ogni caso, al genere della divulgazione scientifica rivolta ai non adulti.

Per analizzare i testi in questione saranno utilizzati i parametri e i criteri di cui si è discusso nel capitolo precedente con lo scopo di confermare l’appartenenza dei testi al genere specifico e per avere un riscontro pratico di tutti gli elementi che nella teoria caratterizzano un testo informativo.

2.1. Eureka!, The Most Amazing Scientific Discoveries of All Time

2.1.1. L’autore: Mike Goldsmith

Mike Goldsmith, nato a Londra, studia fisica all’università di Keele nel Regno Unito, dove consegue anche un master in astrofisica, specializzandosi su stelle

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e polveri cosmiche. Occupa, negli anni, vari ruoli al National Physical Laboratory di Londra, oltre a portare avanti ricerche sul suono, sul linguaggio e su macchinari con intelligenza artificiale. Attualmente è uno scrittore freelance e un ricercatore scientifico; le sue ricerche più recenti riguardano la mappatura del rumore ambientale in tempo reale, i macchinari elettromeccanici e i suoni che si registrano sott’acqua. Ha pubblicato, fino a oggi, circa quaranta saggi e articoli scientifici in ambito accademico9 e, a partire dagli anni Novanta

inizia a scrivere anche libri divulgativi per adulti e per bambini,10 oltre a

partecipare alla stesura di molti altri. Gli argomenti su cui si concentra, al di là di quelli già citati, sono l’astronomia e l’esplorazione dello spazio, Einstein e la relatività, la storia della scienza, la matematica, il tempo e le biografie scientifiche. Vince, inoltre, vari premi per le sue pubblicazioni, in particolare due premi dell’Institute of Physics/National Physical Laboratory nell’ambito della Science Writing Competition, e viene nominato due volte per il Junior

Aventis Science Prize.11

Goldsmith è uno di quegli autori che inizia a scrivere per la sua professione e per la grande devozione nei confronti della materia. Tuttavia, come afferma Ben-Ari nel suo articolo, il possedere una laurea in ambito scientifico potrebbe essere un vantaggio ma allo stesso tempo uno svantaggio nella stesura di testi per bambini dato che, per scrivere per i giovani lettori, un ampio background di conoscenze scientifiche a volte non è sufficiente. Nel caso di Goldsmith, tuttavia, sembra evidente l’abilità di divulgare efficacemente l’informazione scientifica a più livelli, da quello accademico a quello di edutainment. È lui

9 Alcuni esempi di saggi accademici:

- "The Effective Temperatures of RCB Stars" MJ Goldsmith, A Evans, JS Albinson & MF Bode; Monthly Notices of the Royal Astronomical Society; 245; pp 119-129; 1990;

- “A new equation for the accurate calculation of sound speed in all oceans", Claude Leroy, Stephen Robinson, Mike Goldsmith, Journal of the Acoustical Society of America, Volume 124 part 5, pp. 2774-2782, November 2008.

10 Alcuni esempi di libri divulgativi:

- Scientists Who Made History: Guglielmo Marconi, Hodder Wayland, 2002; - Discord: the story of noise, Oxford University Press, 2011;

- Earth, the life of a planet, Kingfisher, 2011;

- Train your Brain to Be a Maths Genius, Dorling Kindersley, 2012.

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