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Un intreccio di iniziative scientifiche.
Reti Medievali e il futuro della storiografia digitale
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014)
<http://rivista.retimedievali.it>Roberto Delle Donne
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Un intreccio di iniziative scientifiche.
Reti Medievali e il futuro della storiografia digitale
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DELWXDWL D FRQIURQWDUVL WUD ORUR VSHVVR TXRWLGLDQDPHQWH GD SL GL TXLQGLFL
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'DOUDFFRQWRGLXQDSDUWLFRODUHHVSHULHQ]DFXOWXUDOHHVFLHQWLILFDFHUFKHUzGL
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Pratiche disciplinari e sperimentazioni digitali
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VSXQWR GD XQ LQWHUYHQWR GDO WLWROR Ein Zusammenspiel wissenschaftlicher Initiativen. Die
Zukunft digitaler Mediävistik aus den Erfahrungen von Reti Medievali, einer Plattform in Italien GD PH SUHSDUDWR SHU LO VHPLQDULR Neues Werkzeug des Historikers: Blogs und Social Media für Mediävisten RUJDQL]]DWR GD 0DUWLQ %DXFK LO H LO JLXJQR SUHVVR O¶,VWLWXWR
[2] Roberto Delle Donne
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Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
stranieri, che hanno dato decisivo impulso alla comune impresa
2. A unirci
era stata la volontà di rispondere al disagio provocato dalla frammentazione
dei linguaggi storiografici e degli oggetti di ricerca, per sperimentare
insie-me, di là dagli specialismi cronologici, tematici e disciplinari, l’uso delle
nuo-ve tecnologie informatiche nelle pratiche di ricerca e di comunicazione del
sapere. Ritenevamo infatti che gli sviluppi dell’informatica e delle reti
tele-matiche potessero soddisfare, in modo più efficace della stampa, l’esigenza di
rapido confronto informato tra esperti, di diversa lingua e nazionalità,
avver-tita con forza, almeno dalla seconda metà dell’Ottocento, anche all’interno
delle discipline medievistiche. Scegliemmo quindi fin dall’inizio di
pubblica-re contributi in più lingue, non solo in italiano ma anche in inglese, francese,
tedesco e spagnolo, consapevoli che lo spazio pubblico della comunicazione
scientifica avesse carattere multilinguistico e transnazionale
3. Pensavamo
inoltre che il web consentisse di aprire all’esterno la comunicazione
scientifi-ca, anche di livello specialistico, e di veicolare gli orientamenti più recenti
della ricerca e della didattica universitaria verso un pubblico più ampio di
docenti e di studenti delle scuole, di operatori nei beni culturali (archivi,
bi-blioteche, musei e altri enti) e nell’editoria (case editrici, giornali, periodici),
di cultori della disciplina. Con le sue diverse sezioni Reti Medievali intendeva
quindi offrire una rivista elettronica (RM 5LYLVWD), un repertorio delle risorse
in rete (RM 5HSHUWRULR), una biblioteca digitale (RM %LEOLRWHFD), una collana
di studi e testi pubblicati in formato “ibrido”, in digitale e a stampa (RM (
ERRN), uno spazio per la sperimentazione della didattica ipermediale e
tele-matica (RM 'LGDWWLFD), un archivio della memoria storiografica (RM 0HPR
ULD), un bollettino informativo su convegni (RM &DOHQGDULR), seminari e
bandi di concorso (RM 1HZV).
Ad alcuni di noi che si erano confrontati con un metalinguaggio
comples-so come lo Standard Generalized Markup Language (SGML) per le edizioni
di testi, lo HyperText Markup Language (HTML) appariva un linguaggio di
marcatura facile, immediato, che chiunque poteva imparare a usare con poca
2 Il nucleo originario di Reti Medievali si è raccolto per iniziativa di Andrea Zorzi intorno al &D
OHQGDULRGHOOD0HGLHYLVWLFD (poi divenuto RM &DOHQGDULR), avviato nel 1997 e online dal 1998
<http://www.rm-calendario.it/?page_id=171>; oltre a lui ne facevano parte Enrico Artifoni, Pietro Corrao, Roberto Delle Donne, Stefano Gasparri e Gian Maria Varanini. A partire dal 2001 sono entrati in momenti diversi nel gruppo Paola Guglielmotti, che ne è divenuta un insostitui-bile punto di riferimento, insieme a Claudio Azzara, Guido Castelnuovo, Nadia Covini, Laura Gaffuri, Marina Gazzini, Umberto Longo, Vito Loré, Iñaki Martín Viso, Marilyn Nicoud, Riccardo Rao. Ne hanno fatto parte Marco Bettotti, Luigi Canetti, Adele Cilento, Simone Maria Collavini, Nicolangelo D’Acunto, Amedeo De Vincentiis, Tiziana Lazzari, Isabella Lazzarini, Francesco Panarelli, Enrica Salvatori, Raffaele Savigni, Andrea Tabarroni, Andrea Tilatti <http://www.rmojs.unina. it/index.php/rm/about/editorialTeam>. Fanno parte del Comitato scientifico: Enrico Artifoni, Giorgio Chittolini, William J. Connell, Élisabeth Crouzet-Pavan, Jean-Philippe Genet, Knut Görich, Julius Kirshner, Giuseppe Petralia, Giuliano Volpe, Chris Wickham <http://www.rmojs. unina.it/index.php/rm/ about/displayMembership/8>. Per il
UHIHUHHERDUG: <http://www.rm ojs.unina.it/index.php/rm/about/displayMembership/4>.
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fatica per inserire in rete le proprie pagine, collegarle a quelle degli altri e
ge-nerare uno spazio informativo integrato
4. Già dal 1998 cominciammo anche
a interessarci all’eXtensible Markup Language(XML) e al suo possibile
uti-lizzo in rete nei più diversi contesti, dalla definizione della struttura
dei documenti allo scambio delle informazioni tra sistemi diversi, dalla
rap-presentazione di immagini alla definizione di formati di dati. Quando a
parti-re dal 2001 cominciarono a diffondersi i primi Content Management System
(CMS), in grado di gestire integralmente e in maniera assai semplice interi
siti web, pur rilevandone alcune rigidità, ne riconoscemmo subito l’utilità
soprattutto per pubblicare in forma collaborativa QHZV e informazioni
rela-tive a convegni e seminari. Abbiamo quindi cominciato a usare la
piattafor-ma :RUG3UHVV, molto cara ai EORJJHU, per gestire la sezione RM &DOHQGDULR,
e )ODW1XNH, un Content Management System basato sul linguaggio di
pro-grammazione Hypertext Preprocessor (PHP) e su XML, per la gestione delle
1HZV.
Nei primi anni del XXI secolo eravamo quindi consapevoli che il web si
stesse ormai trasformando da superficie sostanzialmente “piatta”, su cui
ap-poggiare informazioni, in una sorta di piattaforma applicativa condivisa,
all’interno della quale le informazioni potevano essere non solo distribuite
ma anche create ed elaborate collettivamente, eventualmente con l’aiuto di
apposite “web applications” utilizzabili direttamente dall’interno del proprio
programma di navigazione. A nostro avviso, la facilità di progettare
e realizzare collaborativamente 8VHU*HQHUDWHG&RQWHQW che caratterizzava il
cosiddetto Web 2.0
5, con i blog, i forum, le chat, i wiki e le piattaforme di
condivisione di media, rispondeva però soprattutto ad alcune esigenze della
nostra comunità scientifica, non a tutte.
Pensavamo infatti che la rete dovesse innanzitutto rendere più serrate le
forme dell’argomentazione storica, perché permette di raccogliere in un
uni-co ambiente, fortemente interuni-connesso da nuove forme di testualità, anche a
carattere multimediale, prodotti editoriali tra loro complementari che nel
“mondo di carta” restano separati, come la sintesi storica, la rassegna
storio-grafica, l’edizione documentaria, la serie statistica dei dati.
Erano anni di vivaci discussioni sugli ipertesti, sia al nostro interno sia
con studiosi di altre discipline ed epoche storiche, di confronto e polemica
con chi contrapponeva allo stile argomentativo lineare della storiografia
tra-dizionale forme argomentative più fluide e meno strutturate, in cui la
lineari-
4 Sull’uso della rete in quegli anni Zorzi, /¶HGL]LRQHGLJLWDOH; Zorzi, &RPXQLFD]LRQH; Zorzi, 'XHR
WUHFRVH; Corrao, 6WRULDQHOOD5HWH; Corrao, (FODVVURRP; Corrao, 5LFHUFDPHGLHYLVWLFD;
Varani-ni, 3UHID]LRQH.
5 L’espressione è stata utilizzata per la prima volta nel 2005 da Tim O’Reilly (:KDW,V:HE)
per descrivere le “nuove” funzionalità della rete ed enfatizzarne, forse oltre il dovuto, la contrap-posizione rispetto a una precedente e più statica concezione del Web. Una contrap-posizione critica è in Metitieri, ,OJUDQGHLQJDQQR. Per una lettura del Web 2.0 fatta da uno storico, Noiret, 'LJLWDO
[4] Roberto Delle Donne
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tà avrebbe dovuto lasciare spazio a una discorsività non architettonica, non
finalizzata al raggiungimento di una conclusione definita
6. Alcuni autori
en-fatizzavano infatti, nel solco di una lettura in chiave decostruzionista di
Mi-chel Foucault, di Hayden White e di Roland Barthes, il contrasto tra il testo
lineare, che procede secondo un ordine unico, e il testo che può essere letto
in molti modi, perché strutturato ipertestualmente in nodi o blocchi di testo
collegati in maniera non lineare. Un’eco di tali dibattiti, che avevano per
al-tro ampiezza internazionale, è negli ipertesti pubblicati tra il 2000 e il 2004
in RM 5LYLVWD: tra loro, per complessità dell’architettura, per ricchezza delle
fonti e delle risorse rese disponibili, spicca quello di Pietro Corrao, dedicato
nel 2001 a 8QGRPLQLRVLJQRULOHQHOOD6LFLOLDWDUGRPHGLHYDOH,9HQWLPLJOLD
QHOWHUULWRULRGHOOH0DGRQLHVHF;,,,;98QVDJJLRLSHUWHVWXDOH
7.
Al problema delle fonti e al loro uso in ambiente di rete, abbiamo
d’altronde sempre dedicato grande attenzione, consapevoli che il connubio
tra storia e informatica non è affatto scevro di complesse implicazioni
meto-dologiche
8. In particolare, tra il 2001 e il 2005 abbiamo lavorato d’intesa con
il gruppo di paleografi e diplomatisti della rivista «Scrineum» a comuni
pro-getti di codifica di documenti bassomedievali in XML, introducendo
all’interno delle fonti, interamente acquisite in formato elettronico,
marcato-ri (WDJ) in grado di descmarcato-riverne la struttura, l’articolazione logica, le relazioni
e il ruolo dei singoli elementi giudicati significativi
9. In tal modo, l’identità
del testo era salvaguardata, senza però rinunciare ad alcune delle
funzionali-tà di ricerca e di elaborazione dei dati tradizionalmente permesse da una
ge-stione strutturata dell’informazione, come la possibilità di compiere ricerche,
anche incrociate, su singoli segmenti della fonte, che contengono
informa-zioni e dati omogenei.
Il nostro interesse andava infatti anche alle trasformazioni che l’avvento
del digitale provoca nei processi di ricerca, selezione, studio, interpretazione
e critica delle fonti, quali si sono consolidati nel corso degli ultimi due secoli,
facendo della storiogra¿a lo studio del passato basato su prove documentarie
veri¿cabili. L’attenzione si concentrava quindi sul mondo delle pratiche della
ricerca, su quella serie di gesti e di atti che gli storici compiono
quotidiana-mente per realizzare le proprie opere e che non sono mai la mera
concretiz-zazione di una imperiosa volontà individuale bensì il frutto del continuo
a-
6Mi limito a ricordare: Landow, +\SHUWH[W; Roncaglia, ,SHUWHVWL. Alle discussioni
partecipa-vano anche Guido Abbattista, Alessandro Cristofori, Rolando Minuti, Serge Noiret; menziono soltanto alcuni loro contributi: Abbattista, 5LFHUFDVWRULFD; Cristofori, /D5HWH; Minuti, ,QWHUQHW; Noiret, 6WRULDH,QWHUQHW; altri studi di Noiret sono reperibili nella sua pagina di Academia.edu <https://eui.academia.edu/SergeNoiret>.
7 Pubblicato in «Reti Medievali - Rivista», 2 (2001), 1 (Doi: 10.6092/1593-2214/230). Si leggano
anche le sue riflessioni Corrao, *OLVWXGLPHGLHYDOL.
8 Zorzi, 'RFXPHQWL; Vitali, 3DVVDWRGLJLWDOH; Delle Donne, /HIRQWLGLJLWDOL.
9 Le iniziative e gli orientamenti di «Scrineum» sono espressi in Ansani, 'LSORPDWLFD; Ansani,
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dattamento delle strategie di ricerca alla disponibilità, all’efficacia, ma anche
alla vischiosità degli strumenti di lavoro. Per riflettere sul modo in cui
l’infor-matica si sia progressivamente annidata in tali pratiche, fin da quando i
computer hanno fatto il loro ingresso nell’DWHOLHU dello storico, Reti Medievali
ha organizzato numerosi convegni e seminari, a partire dal primo intitolato
0HGLXP(YR*OLVWXGLPHGLHYDOLHLOPXWDPHQWRGLJLWDOH e realizzato da
An-drea Zorzi a Firenze nel 2001, al quale parteciparono non solo storici della
più giovane generazione, ma anche prestigiose figure della medievistica
ita-liana, come Giorgio Chittolini, Paolo Delogu e Giuseppe Sergi
10.
2. /DFRPXQLWjGLVFLSOLQDUHWUDWUDGL]LRQHHLQQRYD]LRQH
Preoccupazione costante del nostro gruppo è sempre stata quella di
mo-strare che l’informatica è ormai divenuta una componente essenziale del
“mestiere di storico” con cui è necessario confrontarsi direttamente, senza
pensare di “alienarla” a settori disciplinari autonomi, come l’“informatica
umanistica”. Pur riconoscendo la speci¿cità del testo elettronico, abbiamo
sempre cercato di evidenziare i molteplici fili che avvincono il presente al
passato della nostra disciplina e messo in rilievo i nessi di continuità lineare
esistenti tra il “mondo di carta” e l’“universo digitale”, per ridimensionare i
proclami di assoluta e irriducibile diversità della testualità digitale rispetto a
quella su supporto cartaceo, per minimizzare i roboanti annunci di una sua
presunta estraneità ontologica alla tradizione delle pratiche testuali
consoli-datesi negli ultimi secoli.
Da qui deriva anche l’attenzione del nostro gruppo per il libro
elettroni-co, un oggetto digitale in cui tradizione culturale e innovazione tecnologica
appaiono fortemente intrecciate
11. Infatti, se inteso come ©un testo
elettroni-co ragionevolmente esteso, elettroni-compiuto e unitario (“monografia”),
opportuna-mente codificato ed eventualopportuna-mente accompagnato da metainformazioni
de-scrittive, accessibile attraverso un dispositivo hardware e un’interfaccia
sof-tware»
12, l’e-book conserva ancora chiari i caratteri della “cultura del libro”
10 Al convegno c’erano state relazioni di Michele Ansani su /D WUDGL]LRQH GLVFLSOLQDUH IUD
LQQRYD]LRQHHQHPHVLGLJLWDOH, di Andrea Zorzi su /HULYLVWHWUDGXHWUDQVL]LRQLFULVLGLUXRORH QXRYHSUDWLFKHHGLWRULDOL, di PietroCorrao su 6DJJLRVWRULFRIRUPDGLJLWDOHWUDVIRUPD]LRQHR LQWHJUD]LRQH", e di Roberto Delle Donne su *OL VWUXPHQWL GL FRQVXOWD]LRQH. Gli interventi di
Chittolini, Delogu e Sergi sono pubblicati in «Reti Medievali - Rivista», 5 (2004), 2 <http://www.rmojs.uni na.it/index.php/rm/issue/view/11>.
11 Si veda il volume /LEULHOHWWURQLFL, a cura di R. Delle Donne.
12 La definizione, che è sostanzialmente riconducibile all’idea tradizionale e condivisa di libro, è
di Roncaglia, /LEUL HOHWWURQLFL. Più generale quella presente in Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela,
)URQWLHUH, pp. 105-106: «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e
consultabile mediante appositi dispositivi informatici». Tali definizioni distinguono gli e-book dagli e-text, caratterizzati dalla mera codifica dei testi in formato ASHII e dalla loro
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su cui si è edificata la tradizione della storiografia scientifica, con il suo stile
argomentativo prevalentemente espositivo-lineare. Nondimeno, il libro
elet-tronico, almeno in linea di principio, non si esaurisce nell’incessante
tensio-ne emulativa dei più consueti caratteri del libro cartaceo, dalla sua struttura
compositiva e argomentativa alle sue modalità di fruizione, come alcuni
vor-rebbero; esso appare infatti aperto alle possibilità espressive della scrittura e
della lettura ipertestuale, nonché alle potenzialità euristiche insite nelle
ban-che dati a restituzione dinamica dell’informazione. Dal 2002, muovendo
dal-lo standard aperto e non proprietario Open eBook (OeB), creato dall’ente no
profit Open eBook Forum, Reti Medievali ha cominciato a produrre e a
pub-blicare libri elettronici, in diversi formati, dal .lit per Microsoft Reader al
.mobi per Kindle, all’Epub per Iphone e Ipad, ai PDF per gli E-book Reader e
per la stampa
13. Grazie ad accordi con Firenze University Press e con alcune
tipografie convenzionate, alla versione elettronica si affianca, per tutti i
con-tributi autoriali, la versione a stampa, grazie alla tecnologia del SULQWRQ
GHPDQG.
Per ottemperare agli obblighi di legge sul deposito delle pubblicazioni e
assicurare loro piena validità legale abbiamo anche aderito, prima attraverso
Firenze University Press, poi attraverso il Centro di Ateneo per le Biblioteche
dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, alla procedura di deposito
telematico in Magazzini Digitali, un sistema per la conservazione
permanen-te dei documenti elettronici pubblicati in Italia e diffusi tramipermanen-te repermanen-te
informa-tica realizzato dalle Biblioteche Nazionali di Firenze, Roma e Venezia
Mar-ciana. Precondizione di questo accordo è però che tutti i testi su supporto
di-gitale possano essere univocamente identificati; in altri termini, che la loro
struttura e il loro contenuto non mutino nel tempo. Per tener fede a questo
impegno Reti Medievali chiude perciò ogni sei mesi tutti i numeri online di
Rivista, congelandone i contenuti. In tal modo, i testi autoriali su supporto
digitale assumono la stessa stabilità dei testi a stampa, rendendone possibile
il deposito telematico nelle forme contemplate dalle norme italiane. Questo
accordo, che fa salva, senza ombra di dubbio, la possibilità di spendere a fini
concorsuali le pubblicazioni effettuate in Reti Medievali, ha riscosso
imme-diato e ampio favore nella comunità degli storici del medioevo. Da quel
mo-mento le dichiarazioni di apprezzamo-mento per Reti Medievali si sono
moltipli-cate e le richieste di pubblicazione sono cresciute. Forse è persino superfluo
precisare che quest’onda montante di interesse si è prevalentemente
indiriz-zata verso quelle sezioni che ospitano contributi ispirati alla consolidata
struttura argomentativa della monografia o del saggio a stampa, articolata
nelle due solide arcate del testo e degli apparati di note a piè di pagina; ha
distribuzione in rete, come avviene, ad esempio, con il 3URMHFW*XWHQEHUJ, <http://www.guten berg.org/>. Roncaglia è tornato su questi temi in /DTXDUWDULYROX]LRQH.
13 Si vedano i volumi pubblicati nella sezione RM (ERRN <http://www.rm.unina.it/rmebook/in
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invece appena lambito la sperimentazione di forme di scrittura ipertestuale,
che evidentemente continuano ad apparire sin troppo “spericolate” e poco
spendibili in sedi concorsuali. Non è un caso, quindi, che sia aumentata la
richiesta di pubblicare come e-book persino opere riconducibili ai
tradiziona-li riti accademici della )HVWVFKULIWe della *HGHQNVFKULIW (studi in onore di
Ar-nold Esch, Giorgio Chittolini, Mario Ascheri, e in memoria di Benjamin G.
Kohl, Vincenzo Matera
14), ma che per contenere i costi sia drasticamente
crollata la domanda di formati di file differenziati, per optare a partire dal
2005 per il solo PDF, il formato per rappresentare documenti in modo
indi-pendente dall’hardware e dal software utilizzati per generarli o per
visualiz-zarli, che è possibile inviare in tipografia per ottenere le copie a stampa e, al
tempo stesso, distribuire in rete, nel sottoformato PDF/A, utile pure per
l’archiviazione nel lungo periodo dei documenti elettronici.
Il radicamento di Reti Medievali nella comunità dei medievisti italiani è
stato quindi favorito dalla costante attenzione per le esigenze, gli interessi e
gli orientamenti dei nostri colleghi, dall’incessante dialogo intrattenuto con
loro per avvicinarli alla storiografia e alla didattica digitale: che fossero
stu-diosi già affermati, alle prime prove oppure ancora in formazione. Dal 2001
al 2007 abbiamo dedicato grande impegno all’organizzazione di VWDJH e
tiro-cini presso la redazione, ai quali hanno partecipato centinaia di giovani e
giovanissimi studiosi, in alcuni casi non ancora laureati
15.
Frattanto la progressiva disponibilità in formato elettronico di riviste e
libri dei più noti editori italiani (il Mulino, Carocci, Franco Angeli e le altre
aziende presenti sulla piattaforma di Casalini Torrossa
16); la nascita delle
University Press, prevalentemente orientate alla pubblicazione in rete
17; la
Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010 (VQR), con cui l’Agenzia
nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR),
d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha
imposto a docenti e ricercatori di presentare la sola copia digitale delle
pro-prie pubblicazioni
18; l’affermarsi infine, in ambito giuridico, dei processi di
dematerializzazione della documentazione amministrativa a partire dal
14Una miscellanea in memoria di Vincenzo Matera è in corso di preparazione.
15 Se ne veda l’elenco alla pagina <http://www.rm.unina.it/index.php?mod=none_archivio_
1998-2010/none_presentazioni/workshop>.
16 L’acquisizione da parte dell’editore il Mulino di Carocci Editore ha portato alla confluenza
delle riviste dei due editori in Rivisteweb <http://www.rivisteweb.it/>; per i libri Darwinbooks <http://www.darwinbooks.it/>. Sulla piattaforma Torrossa di Casalini sono presenti i libri di Franco Angeli Editore e di moltissimi altri editori italiani, tra i quali anche viella: <http://www. torrossa.it/>.
17 Manca un loro elenco completo. In Italia sono circa trenta. Alcune di esse (solo alcune)
aderi-scono al Coordinamento delle University Press Italiane (UPI) <http://www.university pressita-liane.it/>.
18 Per la VQR 2004-2010 <http://www.anvur.org/index.php?option=com_content&view=arti
[8] Roberto Delle Donne
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
2009
19, hanno convinto anche i nostri più misoneisti colleghi di quanto fosse
obsoleta la loro pervicace volontà di brandire la carta per scacciare il digitale.
Essi hanno quindi cominciato a riconoscere che la qualità dei prodotti
sto-riografici non può essere giudicata esclusivamente in base a considerazioni
del tutto estrinseche sulla natura del supporto, cartaceo o digitale che sia,
anche se alcuni continuano riduttivamente a ritenere che la bontà dei
pro-dotti storiografici nati per la telematica consista soltanto nella loro
conformi-tà agli standard tradizionali, e non nella possibiliconformi-tà di delineare forme nuove
di produzione e di comunicazione dell’informazione storica, nei suoi aspetti
documentari ed espositivi-narrativi.
3. ,OPHUFDWRGHOODFRPXQLFD]LRQHVFLHQWLILFDHODVFHOWDGHOO¶2SHQ$FFHVV
In un quadro di estrema incertezza circa i finanziamenti del sistema
uni-versitario e della ricerca, in un contesto di crisi generalizzata dell’editoria
ita-liana, molto poco competitiva nel mercato globale della comunicazione
scientifica, i nostri colleghi chiedevano di avere garanzie non soltanto in
me-rito alla piena validità legale delle nostre pubblicazioni ma anche alla loro
piena dignità scientifica. D’altronde, è l’atto della pubblicazione ad
assicura-re diffusione e circolazione alle ricerche compiute, a certificarne i risultati, ad
attribuire all’autore un primato rispetto agli studi che altri stanno svolgendo
sullo stesso tema, a rinsaldare la sua reputazione scientifica e ad assicurargli
l’attribuzione di fondi per proseguire le sue indagini. Affinché fosse
ricono-sciuta a Reti Medievali, nella filiera della comunicazione scientifica,
l’importante funzione di certificazione e di diffusione dei risultati conseguiti
dai singoli ricercatori, era necessario presentarsi loro come un sistema
edito-riale in grado di usare le reti telematiche in modo efficiente ed efficace, anche
per uscire dalla crisi del mercato delle riviste e delle monografie di ricerca,
che cominciava a farsi sentire pure in Italia.
Sono noti i mutamenti strutturali che hanno investito il circuito
commer-ciale dell’editoria scientifica a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, e
che sono stati avvertiti prima nelle università e nei centri di ricerca degli
Sta-ti UniSta-ti, poi, dalla seconda metà degli anni Novanta, anche dell’Europa
20.
Sono trasformazioni che, in prospettiva più ampia, possono essere ricondotte
all’avvio su scala internazionale di un ciclo politico-economico di forte
am-pliamento della sfera economica privata e di rapida crescita e diffusione delle
nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni. Più
specifi-camente, nell’ambito dell’editoria accademica, tali mutamenti sono stati
ca-
19 Sulla dematerializzazione si veda Presidenza del Consiglio dei Ministri, Agenzia per l’Italia
Digitale, 'RFXPHQWLGLLQGLUL]]R <http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblica-amministra zione/gestione-procedimenti-amministrativi/dematerializzazione>.
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ratterizzati dall’iniziativa di gruppi commerciali internazionali, non sempre
sensibili alle esigenze del mondo della ricerca. Essi hanno introdotto
innova-tive strategie distribuinnova-tive, commerciali e promozionali, e assunto una
posi-zione di mercato nettamente dominante, caratterizzata da una forte
intera-zione strategica tra gruppi commerciali egemoni, se non da concentrazioni
oligopolistiche, in grado di incidere, profondamente, sulle SUDWLFKH di
comu-nicazione del sapere delle varie discipline: dalle scienze matematiche e
fisi-che a quelle tecnologifisi-che e naturali; dalle scienze della vita a quelle umane e
sociali.
Più precisamente, negli ultimi due decenni i prezzi dei periodici
scientifi-ci offerti alle biblioteche di università e centri di ricerca sono stati sempre
meno determinati dalla mutua interazione di venditori e di acquirenti,
se-condo quanto auspicato dai sostenitori del libero mercato, e il saggio di
in-cremento annuo degli abbonamenti alle riviste soprattutto di “area STM”
(6FLHQFH 7HFKQRORJ\ 0HGLFLQH) è divenuto superiore all’inflazione in una
misura compresa tra il 200 e il 300%
21: basti l’esempio di «Brain research»,
dell’editore Elsevier, che ha visto crescere il costo di abbonamento annuale
dalle 3.713 sterline del 1991 alle 9.148 del 2001, fino alle circa 17.500 di
og-gi
22. Persino in fasi di crollo dei titoli tecnologici (anni 2000-2001) o di forte
rallentamento dell’economia e di sostanziale stagnazione dei mercati, il
set-tore dei periodici STM ha vissuto una vertiginosa crescita, assicurando alle
imprese e, più spesso, alle società di investimenti che lo controllano margini
di profitto che sono arrivati, in alcuni casi, fino al 30/40% del fatturato
(Ta-bella 1)
23. Negli ultimi cinque anni, in un periodo di drammatica crisi
eco-nomica, il loro sviluppo non è affatto declinato e i profitti di Elsevier variano
tra il 24,8% nel 2007 e il 27,1% del 2011, mentre quelli dell’editore Kluwer
oscillano tra il 19,9% del 2009 e il 21,7% del 2011
24. La posizione
predomi-nante di mercato dei grandi editori commerciali appariva poi corroborata da
uno sviluppo normativo del FRS\ULJKW (diritto di copia) poco rispondente alle
esigenze di circolazione del sapere proprie della comunità scientifica, anche
se era talvolta ambiguamente presentato come premessa indispensabile per
la tutela dei diritti morali dell’autore, per loro natura, invece, imprescrittibili,
irrinunciabili e inalienabili
25. Alcuni anni fa, Jean-Claude Guédon
26osserva-
21 6WXG\RQWKHHFRQRPLFDQGWHFKQLFDOHYROXWLRQ, del gennaio 2006, <http://ec.europa.eu/
re-search/science-society/pdf/ scientific-publication-study_en.pdf>.
22 Sono i costi richiesti a un ateneo delle dimensioni dell’Università degli Studi di Napoli
Fede-rico II.
23 Per i dati si veda Vitiello, (GLWRULHELEOLRWHFKH, p. 69, che rielabora informazioni raccolte sui
siti degli editori e dati presenti in Gasson, 7KHHOHFWURQLFFDVK. Per gli anni successivi Vitiello, ,O
OLEURFRQWHPSRUDQHR, pp. 299-300.
24 Vitiello, &LUFXLWLFRPPHUFLDOL, p. 11.
25 Per l’ordinamento giuridico italiano (Legge 633/41), i diritti morali sono quelli all’inedito, alla
paternità e all’integrità dell’opera, al ritiro dell’opera dal commercio. Per un inquadramento sul piano giuridico della convergenza tecnologica al web 2.0 si veda Pascuzzi, ,O GLULWWR; per un’analisi comparativa del diritto d’autore in Italia e in Germania: Cogo, 'LULWWRGDXWRUH.
[10] Roberto Delle Donne
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va come attraverso le strategie di mercato dei grandi gruppi editoriali
inter-nazionali si sia consolidato, all’interno della scienza, un sistema gerarchico
anglo-centrico, dominato da Science citation index - Web of science di
Thomson Reuters (in passato ISI Web of Knowledge), che ha gradualmente
provocato il progressivo svilimento e il declino dei periodici pubblicati in
lin-gue diverse dall’inglese, generando una netta, quanto artificiosa, dicotomia
tra la cosiddetta “scienza centrale o PDLQVWUHDP”, canonizzata col crisma
dell’,PSDFWIDFWRU e della misura quantitativa della qualità, e la “scienza
loca-le o periferica”, loca-legata a istituzioni e associazioni, regionali e nazionali, che
pubblicano contributi scientifici non valutabili con parametri quantitativi.
Tabella 1
Margini di profitto di alcuni editori STM (200-2004)27
26 Guédon, ,Q2OGHQEXUJ¶V; Guédon, 2SHQDFFHVV.
27 Vitiello, (GLWRULHELEOLRWHFKH, p. 69. Dal momento che i dati del 2004 sono relativi solo al I
semestre oppure ai primi 3 trimestri dell’anno, i profitti furono con ogni probabilità persino su-periori a quelli del 2000.
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
3
Sarebbe tuttavia erroneo pensare che la crescita esponenziale dei prezzi
dei periodici si ripercuota solo su quei settori disciplinari di area scientifica,
tecnica e medica, che affidano quasi esclusivamente alle riviste la diffusione
dei risultati delle ricerche, dal momento che le biblioteche, trascinate nella
spirale del rialzo dei prezzi, sono state presto costrette a tagliare anche gli
acquisti delle monografie di ricerca – il prodotto preminente, nell’ambito
delle scienze umane e sociali, per presentare i risultati di un articolato
per-corso di ricerca
28.
Non è questa la sede per ripercorrere le voci critiche, di contestazione e
di protesta, che si sono quindi levate, in tutto il mondo, e che hanno indotto
governi, istituzioni scientifiche, centri di ricerca ed enti finanziatori a cercare
una risposta complessiva ed efficace alle esigenze espresse dalle diverse
co-munità disciplinari, suggerendo alcuni correttivi alle distorsioni presenti
nell’attuale sistema della comunicazione scientifica e sostenendo politiche di
promozione dell’accesso aperto ai risultati della ricerca finanziata con denaro
pubblico
29. Mi limito a ricordare che la consapevolezza di tali dinamiche si è
presto diffusa all’interno di Reti Medievali, certamente anche per gli stretti
legami che alcuni di noi intrattenevano con la Max-Planck-Gesellschaft, che
nel 2003 promuoveva 7KH%HUOLQ'HFODUDWLRQRQ2SHQ$FFHVVWR.QRZOHGJH
LQ WKH 6FLHQFHV DQG +XPDQLWLHV, e con i sistemi bibliotecari degli atenei,
sempre particolarmente attenti al tema della libera diffusione in rete del
sa-pere
30. In questa temperie, nel 2003, fu organizzato a Napoli un convegno
sui libri elettronici, fortemente connotato in prospettiva interdisciplinare,
che trovò il suo baricentro nel tema dell’accesso aperto alla letteratura
scien-tifica
31.
In questi anni la rete Internet si è dimostrata uno strumento prezioso ed
estremamente efficiente per la raccolta, l’integrazione e la distribuzione di
documenti e risorse informative di ogni genere ed è dunque entrata a pieno
titolo fra gli strumenti specifici del ciclo della ricerca. Come tale, essa è stata
ed è ampiamente utilizzata dalle diverse comunità scientifiche per la
pubbli-cazione e la diffusione di documenti, articoli, SUHSULQW, e in generale come
piattaforma per la condivisione e lo scambio dei risultati delle attività di
ri-cerca. Il cosiddetto Web 2.0 e i suoi sviluppi hanno quindi rappresentato
un’opportunità non solo per rendere disponibili in rete contenuti prodotti
dai singoli, ma anche, e soprattutto, per dar vita a comunità di ricerca
forte-mente interconnesse e volte a realizzare, in forma collaborativa, la
dissemi-nazione e, nelle forme che vedremo, anche la valutazione delle pubblicazioni.
28 Tali dinamiche erano state subito colte da Darnton, 7KHQHZDJH.
29 Una sintesi in Suber, 2SHQ$FFHVV; Cassella, 2SHQ$FFHVV; Eve, 2SHQ$FFHVV.
30 Per il testo della Dichiarazione di Berlino <http://openaccess.mpg.de/Berlin-Declaration>.
Dal 1992 sono stato a più riprese borsista e poi *DVWSURIHVVRU presso il 0D[3ODQFN,QVWLWXWIU
*HVFKLFKWH di Göttingen. Dal 2002 ho seguito, con ruoli diversi, gli sviluppi della biblioteca
digi-tale e del sistema bibliotecario dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
[12] Roberto Delle Donne
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
Le nuove forme di distribuzione delle pubblicazioni e le modalità
secon-do cui compierne la valutazione in un ambiente cooperativo di rete sono
quindi i due snodi comunicativi divenuti cruciali anche per Reti Medievali.
Ad essi sono rispettivamente dedicati i due paragrafi seguenti.
4. &ODVVLILFD]LRQHHGLVWULEX]LRQHGHOOHSXEEOLFD]LRQL
È noto che con il moltiplicarsi dei produttori di contenuti in grado di
in-serire facilmente in Internet informazione strutturata è cresciuta anche
l’esigenza di descrivere e organizzare tale informazione, per garantirne la
re-peribilità ed evitare che si perda nel rumore di fondo della rete.
Alcuni studiosi hanno voluto individuare il profilarsi, nel corso del primo
decennio del nuovo millennio, di due diversi orientamenti relativi alla
classi-ficazione dell’informazione, per sottolinearne il rapporto di tensione
recipro-ca, se non di contrapposizione
32: da un lato, il Web 2.0, al quale abbiamo già
più volte fatto riferimento nelle pagine precedenti; dall’altro, il progetto di
Semantic Web, proposto da Tim Berners Lee, da lui concepito come una
componente del Web 3.0
33. In realtà, in un contesto di comunicazione
scien-tifica, le tecnologie che caratterizzano i due indirizzi possono essere usate in
forma complementare per rispondere a differenti esigenze, come cercherò di
chiarire nelle pagine seguenti.
Il Web 2.0 pone al centro del processo di classificazione gli utenti che
immettono informazione in rete e coloro che la usano, invitati ad aggiungere
all’informazione primaria etichette descrittive (WDJ) totalmente libere, sulla
base della loro percezione della natura dell’informazione stessa e dei contesti
di sua potenziale utilità. È l’idea che è alla base del cosiddetto VRFLDOWDJJLQJ,
affermatasi in seguito a due sviluppi del “panorama di rete”: innanzitutto, la
diffusione di strumenti come i ZHEORJ, che nel luglio 2004 erano già oltre tre
milioni e prefiguravano non solo una molteplicità di punti di distribuzione
dell’informazione “individuali” ma una vera e propria “blogosfera”, una rete
di contenuti ai quali strumenti come i Feed RSS e il “trackback” offrivano la
possibilità di una circolazione personalizzata e dinamica, nonché di una
rie-laborazione parzialmente automatica; in secondo luogo, la nascita dei primi
siti in cui la condivisione di risorse era esplicitamente orientata alla
creazio-ne di relazioni sociali fra gli utenti, il cosiddetto VRFLDOQHWZRUNLQJ,
inaugu-rato da MySpace, nel 2003, e seguito, nel febbraio 2004, dalla nascita di
32 Roncaglia, :HE; Roncaglia, /DUHWHPHGLXPJOREDOH.
33 Berners-Lee:HDYLQJWKH:HE; Berners-Lee, Hendler, Lassila, 7KH6HPDQWLF:HE; Shadbolt,
Hall, Berners-Lee, 7KH 6HPDQWLF :HE 5HYLVLWHG. Sull’idea di Tim Berners-Lee del Web 3.0 si veda l’intervista raccolta da Shannon, $³PRUHUHYROXWLRQDU\´:HE: «People keep asking what Web 3.0 is. I think maybe when you’ve got an overlay of scalable vector graphics – everything rippling and folding and looking misty – on Web 2.0 and access to a semantic Web integrated across a huge space of data, you’ll have access to an unbelievable data resource».
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Flickr, uno strumento per la condivisione di immagini che permetteva agli
utenti di “etichettare” liberamente le fotografie archiviate in rete, secondo
quel principio del cosiddetto VRFLDO WDJJLQJ riconosciuto come tipico del
Web 2.0. Nel 2004 nasceva anche Facebook, la piattaforma di VRFLDO
QHWZRUN che sarebbe divenuta la più popolare al mondo. Indubbiamente, se i
sistemi di VRFLDOWDJJLQJ (si usa spesso anche il termine IRONVRQRP\) restano
del tutto privi di qualunque meccanismo di validazione, che assicuri un
mi-nimo di uniformità e di affidabilità alle classificazioni proposte, il rischio di
scelte imprecise o arbitrarie è fortissimo. Chi potrebbe mai assicurare che le
etichette usate da un singolo utente per classificare una determinata
infor-mazione corrispondano a quelle che avrebbero utilizzato altri, e soprattutto
che esse coincidano con quelle che userebbe un altro utente ancora al
mo-mento di ricercare quei contenuti o contenuti simili?
A partire da questi interrogativi, si è diffusa in Reti Medievali la
consape-volezza che le piattaforme di ZHEORJ, come WordPress o FlatNuke, possono
essere molto efficaci per comunicare e condividere contenuti con una cerchia
di lettori non limitata ai soli specialisti, ma che esse non sono del tutto
ade-guate ad assicurare la reperibilità di articoli, monografie e altri prodotti della
ricerca nei circuiti internazionali della comunicazione scientifica. Allo
spon-taneismo classificatorio del VRFLDOWDJJLQJ abbiamo quindi preferito
l’orien-tamento del Semantic Web secondo cui il lavoro di organizzazione e di
ge-stione dell’informazione deve essere in gran parte automatico e basato su
de-scrizioni fortemente standardizzate e formalizzate, elaborate da specialisti.
I sistemi di classificazione dell’informazione alla base del Semantic Web
sono infatti ontologie formali, schemi di ordinamento dei documenti
gerar-chico-enumerativi oppure analitico-sintetici elaborati da esperti del settore,
espressi in maniera uniforme e rigorosa e associati all’informazione primaria
attraverso l’uso di linguaggi e formalismi, a loro volta rigidamente strutturali
e ben definiti, comprensibili dalle macchine
34. Si tratta di una tecnologia che
consente di superare alcuni limiti connaturati al “web dei documenti”, basato
sul linguaggio HTML, in cui è possibile solo l’interrogazione per sequenze di
parole o di caratteri contenuti nelle risorse. Attraverso l’associazione ai
do-cumenti di informazioni e dati (metadati) che ne specificano il
conte-sto semantico in un formato adatto all’interrogazione e all’interpretazione e,
più in generale, all’elaborazione automatica, tale tecnologia consente di
ren-dere “visibile” l’enorme massa di informazioni, non rilevata dai motori di
ri-cerca perché presente in database dinamici o in siti di particolare
complessi-tà architetturale, in pagine ad accesso ristretto, in contenuti non testuali
per-ché in formato immagine o multimediale: è il cosiddetto web “invisibile”,
perché “profondo” oppure “nascosto”, il cui volume complessivo è stato
sti-mato fino a 1000-2000 volte superiore a quello del web rilevato da motori di
[14] Roberto Delle Donne
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ricerca come Google
35. Ed è nel web “invisibile” ai motori di ricerca che sono
spesso contenuti articoli scientifici, libri elettronici, tesi di dottorato, banche
dati testuali e statistiche, archivi di immagini e multimediali, altri contributi
accademici.
D’altronde, proprio nelle biblioteche degli atenei e dei centri di ricerca,
che sono il principale snodo della filiera distributiva della comunicazione
scientifica prima che le pubblicazioni raggiungano gli studiosi, il problema
della loro reperibilità in rete è stato subito avvertito con forza. Dalla fine
de-gli anni Novanta si sono infatti susseguite numerose innovazioni
tecnologi-che volte a realizzare l’integrazione di fonti informative eterogenee in
un’unica piattaforma di ricerca. Per aumentare e ottimizzare il reperimento
dell’informazione da parte degli utenti finali sono stati messi a punto prima i
MetaOPAC e i software dedicati alla ricerca federata; ad essi è seguito il
con-solidamento del paradigma “Discover to Deliver” (D2D), per l’interrogazione
simultanea di più cataloghi e metacataloghi in rete attraverso il protocollo
Z39.50; poi, nei primi anni del nostro secolo si è affermato il protocollo
Ope-nURL, per lo scambio di metadati finalizzato alla gestione di servizi di OLQ
NLQJ contestualizzato (FRQWH[WVHQVLWLYH), e si sono stabilizzate alcune
inno-vazioni tecnologiche come i ZHEVHUYLFH basati su SOAP (Simple Object
Access Protocol) oppure REST (Representational state transfer). Negli ultimi
anni si è infine largamente affermata la tendenza a realizzare enormi
conte-nitori di metadati come i 'LVFRYHU\WRRO, in cui milioni di risorse vagliate
dal-la comunità scientifica sono indicizzate e descritte a un livello di granudal-larità
dei dati che può arrivare fino al singolo articolo
36.
Qualsiasi iniziativa scientifica che voglia essere presente e riconosciuta
all’interno di questi circuiti comunicativi non può quindi prescindere dalla
scelta di un software adeguato per dotare articoli, monografie e altri
contri-buti di ricerca di metadati conformi ai principali standard internazionali. A
partire dal 2010 Reti Medievali utilizza 2SHQ-RXUQDO6\VWHPs per la
gestio-ne e per la pubblicaziogestio-ne della rivista elettronica; gestio-nel 2014 ha poi adottato
(3ULQWV per la creazione di RM 2SHQ $UFKLYH, l’archivio ad accesso aperto
dedicato agli studi medievistici, che nello spirito della Open Access Initiative
sostituisce e aggiorna, integrandola nel circuito internazionale degli archivi
aperti, le precedenti sezioni RM%LEOLRWHFD e RM 'LGDWWLFD
37. Sia consentito
fornire ancora alcune informazioni tecniche sui due programmi applicativi e
sulle ragioni della loro scelta.
35 Devine, Egger-Sider, *RLQJ EH\RQG *RRJOH; sul web invisibile i due autori sono tornati in
Devine, Egger-Sider, *RLQJ%H\RQG*RRJOH$JDLQ.
36 Pasqui, (YROX]LRQH; Marchitelli, *OL23$&.
37 Nel 2006 era stato avviato un analogo progetto naufragato per un difetto di progettazione e
per la sostanziale indisponibilità del Consorzio Interuniversitario Lombardo per l’Elaborazione Automatica (CILEA) a comprendere quali fossero le pratiche della comunicazione scientifica all’interno della nostra disciplina. Cenni al progetto sono in Varanini, 5HWLPHGLHYDOL.
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è un software RSHQVRXUFH, gratuito, per la
gestio-ne di riviste elettroniche, sviluppato da due ategestio-nei canadesi, la University of
British Columbia e la Simon Fraser University, di concerto con la
statuniten-se Stanford University, nell’ambito del Public Knowledge Project,
un’iniziativa collaborativa volta a migliorare la “qualità della ricerca
scientifi-ca e acscientifi-cademiscientifi-ca” attraverso lo sviluppo di software per l’editoria, la
comuni-cazione scientifica e la condivisione della conoscenza, secondo i principi del
libero accesso ai risultati delle ricerche scientifiche. IlPublic Knowledge
Pro-ject, oltre a 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV, ha sviluppato 2SHQ&RQIHUHQFH6\VWHPV,
per la gestione, la pubblicazione e l’indicizzazione di conferenze, in diversi
formati, anche video, così come 2SHQ $UFKLYHV +DUYHVWHU e /HPRQ;0/
per facilitare l’indicizzazione della produzione accademica e di ricerca; a
par-tire dal 2012 ha poi reso disponibile in versione beta anche la piattaforma
2SHQ0RQRJUDSK3UHVV per gestire i flussi editoriali e la pubblicazione di
vo-lumi ad accesso aperto
38. Nel dicembre 2013 circa 7.500 riviste elettroniche
usavano 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV, perché garantisce un’elevata visibilità in
re-te ai contributi pubblicati, grazie alla conformità al protocollo per
l’esposizione e la raccolta dei metadati PMH (Protocol for Metadata
Harve-sting), sviluppato dall’Open Archives Initiative. Tale protocollo, che si basa
sui protocolli HTTP (Hypertext Transfer Protocol), per il trasferimento in
re-te dei dati, e sul metalinguaggio dichiarativo e descrittivo XML, per la loro
rappresentazione nel formato Dublin Core, garantisce la massima
interope-rabilità tra i sistemi che lo utilizzano. 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è compilato in
PHP, un linguaggio di VFULSWLQJ interpretato
39, e utilizza Smarty, un
com-plesso WHPSODWHHQJLQH, scritto in PHP e utilizzato per compilare i WHPSODWH,
tenendo separata la logica e il contenuto dell’applicazione dalla sua
presenta-zione grafica. In tal modo gli script PHP relativi alla parte applicativa del
sof-tware sono resi indipendenti da quelli relativi al layout grafico, mentre è il
WHPSODWHHQJLQH a fondere i due aspetti, generando contenuti web mediante
l’interpretazione dei dati forniti dalla parte applicativa e la sostituzione di
va-riabili e di istruzioni di controllo del flusso, grazie all’inserimento all’interno
del documento di speciali marcatori
40. Tutti i dati inseriti in 2SHQ -RXUQDO
6\VWHPV sono salvati in un database SQL, interrogato tramite il provider di
accesso ai dati ADODB, una libreria di astrazione del database
41.
L’adozione da parte di Reti Medievali di un software come 2SHQ-RXUQDO
6\VWHPV per pubblicare una rivista ad accesso aperto, secondo VWDQGDUG e
protocolli definiti a livello internazionale, ha comportato e ancora comporta
38 Una installazione è usata dal &HQWURGL$WHQHRSHUOH%LEOLRWHFKH dell’Università degli Studi di
Napoli Federico II per la gestione delle collane di ateneo ad accesso aperto <http://www.fedoa books.unina.it/index.php/fedoapress>.
39 <http://www.php.net>. 40 <http://smarty.net>.
41 L’installazione di 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è stata da me personalizzata con gli interventi
[16] Roberto Delle Donne
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
un intenso lavoro redazionale per provvedere tutti gli articoli di metadati
non solo in italiano ma anche in inglese: autore, titolo, ente di afferenza,
ab-stract, settore scientifico-disciplinare, classificazione decimale Dewey e
Li-brary of Congress, ambito cronologico e geografico, tipologia della ricerca,
fonti utilizzate, parole chiave ecc. Tale scelta ha però l’indubbio vantaggio di
assicurare ai contributi di ricerca una rapida diffusione planetaria nei circuiti
controllati della comunicazione scientifica, non solo grazie al loro
inserimen-to nei cataloghi unificati delle risorse digitali (KDUYHVWHU), come 2$,VWHU,
6FLHQWLILF&RPPRQVRUJ o 3OHLDGL
42, oppure nelle banche dati bibliografiche,
come -RXUQDO7RFV, 3UR4XHVW'DWDEDVHV o 8OULFKV, che raccolgono i metadati
esposti secondo il protocollo OAI-PMH; ma anche grazie al loro
riversamen-to nella 'LUHFWRU\RI2SHQ$FFHVV-RXUQDOV(DOAJ)
43, uno straordinario
ser-vizio offerto dalla biblioteca della Lund University, che indicizza soltanto le
riviste scientifiche, ad accesso aperto, sottoposte a SHHU UHYLHZ. 2SHQ
-RXUQDO6\VWHPV, attraverso un apposito SOXJLQ, consente infatti di esportare
automaticamente tutti gli articoli pubblicati e i relativi metadati nel formato
XML richiesto daDOAJ.
DOAJ indicizza 10.067 riviste scientifiche sottoposte a SHHU UHYLHZ, di
cui ben 5.944 conformi anche al protocollo OAI-PMH. Le riviste conformi a
tale protocollo sono le uniche che sono ricercabili, attraverso gli KDUYHVWHU e
particolari software di interrogazione integrata, non solo a livello di testata,
ma anche di articolo. Le riviste italiane ad accesso aperto presenti in DOAJ
sono 298
44e tra queste vi è anche RM 5LYLVWD, indicizzata e ricercabile a
li-vello di singolo contributo. La circostanza che RM 5LYLVWD sia in DOAJ e che
DOAJ sia 7DUJHW di SFX e sia integrato nel .QRZOHGJH%DVH di MetaLib, due
potenti software, sviluppati dalla Ex-Libris e adottati nel mondo da più di
1500 istituzioni universitarie e di ricerca
45; il fatto che DOAJ sia indicizzato
nei 'LVFRYHU\ 7RRO commerciali (di Ex-Libris, di Ebsco, di Summon) e sia
facilmente indicizzabile in quelli RSHQVRXUFH (VuFind), fanno sì che RM 5L
YLVWD sia presente nei cataloghi di migliaia di biblioteche al mondo, dalla
Spagna alla Francia, dalla Germania agli Stati Uniti, dalla Svezia alla
Finlan-dia, dalla Cina al Giappone
46. È evidente che nessuna rivista storica diffusa
attraverso i tradizionali canali della distribuzione editoriale a stampa può
raggiungere la stessa potenziale platea di lettori.
42 Le URL sono, rispettivamente, <http://www.oclc.org/oaister/>, <scientificcommons.org> e
<http://www.openarchives.it/pleiadi/>.
43 <http://www.doaj.org/>.
44 <http://www.doaj.org/doaj?func=byCountry>; dato aggiornato al 02/12/2014.
45 Dal 2002 al 2008 ho coordinato il gruppo di implementazione di SFX/MetaLib presso
l’Università degli studi di Napoli Federico II, che è stata la prima in Italia a sperimentare tali software per realizzare un portale e un sistema di ricerca integrata. Per SFX, <http://www.exli brisgroup.com/category/SFXOverview>; per Metalib, <http://www.exlibrisgroup.com/category /MetaLibOverview>.
46 Un elenco, molto parziale, è alla pagina <http://www.rm.unina.it/RM-Cataloghi-periodici.
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
Grazie a un SOXJLQ appositamente sviluppato dal gruppo 2SHQ $FFHVV
della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, d’intesa con Magazzini
Digitali e il CILEA, 2SHQ -RXUQDO 6\VWHPV effettua poi automaticamente il
deposito legale di RM 5LYLVWD sui server delle Biblioteche Nazionali di
Firen-ze, Roma e Venezia Marciana
47. Contestualmente è anche attribuito a ciascun
articolo un identificativo univoco 1DWLRQDO %LEOLRJUDSK\ 1XPEHU (NBN),
utile ai fini della conservazione nel lungo periodo
48.
D’altronde, lo spinoso problema della preservazione del patrimonio
digi-tale è sempre stato nell’agenda di Reti Medievali almeno dal 2003, quando
invitammo Maria Guercio ad affrontarlo al convegno napoletano sui libri
e-lettronici. Di recente, il 30 marzo 2012, abbiamo sottoscritto un accordo con
la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera per assicurare
l’archiviazione a lungo termine della rivista e degli e-book anche sui server
della biblioteca tedesca nell’ambito del progetto 'LJLWDOH %LEOLR
WKHN/DQJ]HLWDUFKLYLHUXQJ. Inoltre, a partire dal 2013, in seguito
all’adesione del Centro di Ateneo per le Biblioteche dell’Università degli
Stu-di Stu-di Napoli Federico II a Controlled Lots of Copies Keep Stuff Safe
(CLOCKSS), le sezioni RM 5LYLVWD e RM (ERRNV, presenti sui server
dell’ateneo federiciano, sono entrate in questo programma internazionale di
conservazione distribuita delle pubblicazioni digitali, al quale partecipano
biblioteche ed editori di oltre 50 paesi
49.
L’adozione di 2SHQ-RXUQDO6\VWHP è risultata oculata ancora per
un’al-tra ragione. Nel 2008 avevamo infatti avviato le laboriose procedure per
ot-tenere l’indicizzazione di RM 5LYLVWD nei principali database citazionali: in
$UWVDQG+XPDQLWLHV&LWDWLRQ,QGH[ e &XUUHQW&RQWHQWV$UWV +XPD
QLWLHV di Thomson Reuters (già ISI), in SCOPUS di Elsevier. È noto che tali
banche dati impongono il costante rispetto di una serie di requisiti strutturali
e funzionali, come l’assoluta regolarità di pubblicazione, la presenza di un
comitato scientifico internazionale, il ricorso alla EOLQG SHHU UH
YLHZ documentata e corredata di UHSRUW statistici, la redazione di DEVWUDFW in
inglese per ogni articolo, la pubblicazione di contributi di autori non solo
na-zionali e di almeno uno in una lingua diversa dall’italiano. Thomson Reuters
si riservava inoltre di sottoporre almeno un numero della rivista alla
re-visione paritaria di esperti della disciplina. Tali procedure di ammissione si
sono concluse per RM 5LYLVWD nel 2011, con esito positivo sia per Thomson
Reuters sia per Elsevier. Indubbiamente è stata determinante l’estrema cura
per la qualità scientifica ed editoriale degli articoli, sostenuta da uno stile di
lavoro redazionale fortemente collaborativo, in grado di reggere l’onda d’urto
di nervosismi e tensioni che inevitabilmente insorgono in prossimità di
im-
47 Sul gruppo che coordino dal 2006 Delle Donne, &58,. Sul plugin Marchitelli, 6YLOXSSDWR. 48 Bellini, Cirinnà, Lunghi, Luddi, Messina, Bergamin, Messuti, Cordani, Delle Donne, Rossi,
Vignocchi, Arabito, Pišþanc’, ,OSURJHWWR.
[18] Roberto Delle Donne
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procrastinabili scadenze. Non irrilevante è però stata la standardizzazione
dei metadati e delle procedure di gestione e di archiviazione delle
pubblica-zioni resa possibile da 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV.
Grafico 1
Fonte: 5HJLVWU\RI2SHQ$FFHVV5HSRVLWRULHV <http://roar.eprints.org/> (05/12/2014)
La volontà di dotare ogni contributo di metadati descrittivi
standardiz-zati e controllati è alla base anche della scelta del software (3ULQWV per la
cre-azione della nuova sezione RM 2SHQ$UFKLYH. Nel corso del 2014, dopo una
progettazione durata alcuni anni, è iniziato il caricamento di tutti i contributi
attualmente presenti in RM %LEOLRWHFD e in RM 'LGDWWLFD, per veicolare nei
circuiti internazionali della comunicazione scientifica anche i contributi
me-dievistici già pubblicati in altre sedi, sia in formato testo, sia in altri formati,
persino multimediali
50. Ancora una volta si è scelto un software RSHQVRXUFH
gratuito, (3ULQWV, realizzato in linguaggio PERL (Practical Extraction and
Report Language) dalla University of Southampton con il sostegno di
un’ampia comunità internazionale di sviluppatori. L’esposizione dei
meta-
50 Sul software si veda <http://www.eprints.org/>. Finora sono stati già caricati oltre 1100
tito-li. Dati gli standard prescelti, dati e metadati potranno all’occorrenza migrare agevolmente su altre piattaforme, come DSpace <http://www.dspace.org/>.
Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>
dati descrittivi dei singoli contributi nel formato 'XEOLQ &RUH secondo lo
standard OAI-PMH si è nuovamente rivelata efficace per la disseminazione
della produzione scientifica e il libero accesso in rete alle risorse digitali per
la ricerca e la didattica. Tutte le pubblicazioni depositate in RM 2SHQ $U
FKLYH potranno quindi essere indicizzate dagli KDUYHVWHU e incluse in banche
dati bibliografiche e a testo pieno, nei cataloghi di università e centri di
ri-cerca di tutto il mondo.
A indurci a creare un archivio disciplinare ('LVFLSOLQDU\$UFKLYH) non è
però stata soltanto la volontà di veicolare due importanti sezioni di Reti
Me-dievali, con oltre 2.500 contributi di ricerca e didattici, all’interno di un
cir-cuito internazionale che conta circa 3.850 UHSRVLWRU\ nel mondo e che
pre-senta valori di incremento annuo del numero dei record depositati superiori
alle 500.000 unità (Grafico 1). Non meno determinante è stato
l’intendimento di offrire alla comunità nazionale e internazionale dei
medie-visti una piattaforma adeguata a rispondere alle richieste che molti enti
sov-venzionatori, sia pubblici sia privati, rivolgono agli studiosi da loro finanziati
di depositare i risultati della ricerca, entro un limitato arco di tempo, in
ar-chivi ad accesso aperto. Mi limito a ricordarne alcuni.
Nell’agosto del 2008, European Research Council e Commissione
Euro-pea hanno approvato un progetto pilota sull’accesso aperto
51, relativo alle
ri-cerche realizzate con finanziamenti europei nell’ambito del Seventh
Frame-work Programme (2007-2013)nelle aree salute, energia, ambiente,
tecnolo-gia dell’informazione e della comunicazione, infrastrutture di ricerca, scienze
sociali, studi umanistici e scienza nella società. I ricercatori che hanno
otte-nuto tali finanziamenti sono tenuti a depositare nell’archivio aperto della
propria istituzione o in uno disciplinare tutti gli articoli realizzati nell’ambito
dei progetti finanziati che siano stati pubblicati in riviste scientifiche
sotto-poste al controllo di qualità (SHHUUHYLHZHG). Per l’area delle scienze umane e
sociali tali articoli dovranno essere resi disponibili ad accesso aperto al
mas-simo entro 12 mesi dalla pubblicazione
52. Per sostenere la realizzazione di
questo progetto pilota, la Commissione Europea ha finanziato la creazione di
OpenAIRE (2SHQ$FFHVV,QIUDVWUXFWXUHIRU5HVHDUFKLQ(XURSH), una
piatta-forma interoperabile con anagrafi della ricerca, archivi disciplinari e
istitu-zionali, in grado di assicurare funzionalità di ricerca, navigazione e accesso ai
contenuti dei diversi archivi, secondo protocolli definiti dalla comunità 2SHQ
$FFHVV, allo scopo di favorirne la massima diffusione. Le installazioni di 2
SHQ-RXUQDO6\VWHPV e di (3ULQWV di 5HWL0HGLHYDOLsono state rese
“compa-tibili” (FRPSOLDQW) con OpenAIRE attraverso l’implementazione di un
appo-sito SOXJLQ.
51 EC, 5HVHDUFK ,QQRYDWLRQ3DUWLFLSDQW3RUWDO, 5HIHUHQFH'RFXPHQWV <http://ec.europa.eu/
research/participants/portal/desktop/en/funding/reference_docs.html#fp7>.
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5HWL0HGLHYDOL5LYLVWDKWWSULYLVWDUHWLPHGLHYDOLLW!
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GDOPRPHQWRFKHJLjQHOQHOOR Study on the economic and technical
evolution of the scientific publication markets in Europe. Final report
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QHOODRecommendation on access to and preservation of scientific
in-formation(8KDTXLQGLULEDGLWR
3ROLFLHVRQRSHQDFFHVVWRVFLHQWLILFUHVHDUFKUHVXOWVVKRXOGDSSO\WRDOOUHVHDUFKWKDW UHFHLYHVSXEOLFIXQGV6XFKSROLFLHVDUHH[SHFWHGWRLPSURYHFRQGLWLRQVIRUFRQGXFWLQJ UHVHDUFKE\UHGXFLQJGXSOLFDWLRQRIHIIRUWVDQGE\PLQLPLVLQJWKHWLPHVSHQWVHDUFKLQJ IRULQIRUPDWLRQDQGDFFHVVLQJLW7KLVZLOOVSHHGXSVFLHQWLILFSURJUHVVDQGPDNHLWHDV LHUWRFRRSHUDWHDFURVVDQGEH\RQGWKH(86HFRQGROD&RPPLVVLRQH(XURSHDODGLIIXVLRQHDGDFFHVVRDSHUWRGHLULVXOWDWL
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3HU OD 6SDJQD Ley 14/2011, de 1 de junio, de la Ciencia, la Tecnología y la Innovación
DUWLFXORDifusión en acceso abiertoKWWSZZZERHHVERHGLDVSGIV%2($ SGI! /D OHJJH VSDJQROD HVFOXGH GDOOD GLIIXVLRQH DG DFFHVVR DSHUWR OH RSHUH GL FXL VLDQR VWDWL WUDVIHULWL D WHU]L L GLULWWL FRQ FRQWUDWWR 3HU OD *HUPDQLD Gesetz zur Nutzung
verwaister und vergriffener Werke und einer weiteren Änderung des Urheberrechtsgesetzes
VHFRQGRTXDQWRVWDELOLWRGDOO¶ArtikelLQYLJRUHGDOJHQQDLRSHUO¶ArtikelHGDOD SULOHSHUO¶ArtikelKDDJJLXQWRXQTXDUWRFRPPDDOSDUDJUDIRGHOODOHJJHWHGHVFDVXO GLULWWR GL DXWRUH Urheberrechtsgesetz) KWWSGLSEWEXQGHVWDJGHH[WUDNWED:3 KWPO!3HUO¶,WDOLD'/Valore culturaGHOO¶DJRVWRQPRGLILFDWRGDOODOHJJHGL FRQYHUVLRQH GHO RWWREUH Q 8Q¶DQDOLVL FRPSDUDWD GHOOH GLYHUVH OHJJL HXURSHH q LQ 0DLHOOR%DWWLVWLDes lois