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Un intreccio di iniziative scientifiche.

Reti Medievali e il futuro della storiografia digitale

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014)

<http://rivista.retimedievali.it>

Roberto Delle Donne

(2)



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5HWL0HGLHYDOL5LYLVWD  KWWSULYLVWDUHWLPHGLHYDOLLW!





Un intreccio di iniziative scientifiche.

Reti Medievali e il futuro della storiografia digitale











GL5REHUWR'HOOH'RQQH







3HUSDUODUHGHOIXWXURRFFRUUHDYROWHUDFFRQWDUHLOSDVVDWR$PDJJLRUUD

JLRQHTXDQGRVLYRJOLDQRGHOLQHDUHJOLRULHQWDPHQWLGLXQJUXSSRGLVWXGLRVL

DELWXDWL D FRQIURQWDUVL WUD ORUR VSHVVR TXRWLGLDQDPHQWH GD SL GL TXLQGLFL

DQQL SHU HODERUDUH ULIOHVVLRQL H VFHOWH FRQGLYLVH VXOOD VWRULRJUDILD GLJLWDOH





'DOUDFFRQWRGLXQDSDUWLFRODUHHVSHULHQ]DFXOWXUDOHHVFLHQWLILFDFHUFKHUzGL

IDUHPHUJHUHFRPHLQXQDmise en abymeLOPRGRLQFXLSLLQJHQHUDOHJOL

VWRULFLKDQQRJXDUGDWRHJXDUGDQRDOODUHWHGHOOHUHWL$IIURQWHUzTXLQGLXQ

WHPDFKHVLFROORFDDOFURFHYLDWUDO¶HYROX]LRQHGHOOHWHFQRORJLHLQIRUPDWLFKHH

WHOHPDWLFKHLSHUFRUVLGHOODVWRULRJUDfiDHOHWUDVIRUPD]LRQLGHOOHVXHPHWRGR

ORJLH L PXWDPHQWL GHO PHUFDWR GHOOD FRPXQLFD]LRQH VFLHQWLILFD L FDPELD

PHQWLQHLFULWHULGLYDOXWD]LRQHGHOODTXDOLWjGHOOHSXEEOLFD]LRQL





Pratiche disciplinari e sperimentazioni digitali

5HWL0HGLHYDOLqXQ¶LQL]LDWLYDDYYLDWDQHOGDXQJUXSSRGLPHGLHYLVWL

SURYHQLHQWL GDOOH 8QLYHUVLWj GL )LUHQ]H 1DSROL 3DOHUPR 7RULQR 9HQH]LD H

9HURQDDOODUJDWDSRLDSDUWLUHGDODVWXGLRVLGLDOWULDWHQHLLWDOLDQLH



1DWXUDOPHQWHODUHVSRQVDELOLWj GHOOHRSLQLRQL TXLVRVWHQXWHq VRORGHOO¶DXWRUH /¶DUWLFRORWUDH

VSXQWR GD XQ LQWHUYHQWR GDO WLWROR Ein Zusammenspiel wissenschaftlicher Initiativen. Die

Zukunft digitaler Mediävistik aus den Erfahrungen von Reti Medievali, einer Plattform in Italien GD PH SUHSDUDWR SHU LO VHPLQDULR Neues Werkzeug des Historikers: Blogs und Social Media für Mediävisten RUJDQL]]DWR GD 0DUWLQ %DXFK LO  H LO  JLXJQR  SUHVVR O¶,VWLWXWR

(3)

[2] Roberto Delle Donne

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Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

stranieri, che hanno dato decisivo impulso alla comune impresa

2

. A unirci

era stata la volontà di rispondere al disagio provocato dalla frammentazione

dei linguaggi storiografici e degli oggetti di ricerca, per sperimentare

insie-me, di là dagli specialismi cronologici, tematici e disciplinari, l’uso delle

nuo-ve tecnologie informatiche nelle pratiche di ricerca e di comunicazione del

sapere. Ritenevamo infatti che gli sviluppi dell’informatica e delle reti

tele-matiche potessero soddisfare, in modo più efficace della stampa, l’esigenza di

rapido confronto informato tra esperti, di diversa lingua e nazionalità,

avver-tita con forza, almeno dalla seconda metà dell’Ottocento, anche all’interno

delle discipline medievistiche. Scegliemmo quindi fin dall’inizio di

pubblica-re contributi in più lingue, non solo in italiano ma anche in inglese, francese,

tedesco e spagnolo, consapevoli che lo spazio pubblico della comunicazione

scientifica avesse carattere multilinguistico e transnazionale

3

. Pensavamo

inoltre che il web consentisse di aprire all’esterno la comunicazione

scientifi-ca, anche di livello specialistico, e di veicolare gli orientamenti più recenti

della ricerca e della didattica universitaria verso un pubblico più ampio di

docenti e di studenti delle scuole, di operatori nei beni culturali (archivi,

bi-blioteche, musei e altri enti) e nell’editoria (case editrici, giornali, periodici),

di cultori della disciplina. Con le sue diverse sezioni Reti Medievali intendeva

quindi offrire una rivista elettronica (RM 5LYLVWD), un repertorio delle risorse

in rete (RM 5HSHUWRULR), una biblioteca digitale (RM %LEOLRWHFD), una collana

di studi e testi pubblicati in formato “ibrido”, in digitale e a stampa (RM (

ERRN), uno spazio per la sperimentazione della didattica ipermediale e

tele-matica (RM 'LGDWWLFD), un archivio della memoria storiografica (RM 0HPR

ULD), un bollettino informativo su convegni (RM &DOHQGDULR), seminari e

bandi di concorso (RM 1HZV).

Ad alcuni di noi che si erano confrontati con un metalinguaggio

comples-so come lo Standard Generalized Markup Language (SGML) per le edizioni

di testi, lo HyperText Markup Language (HTML) appariva un linguaggio di

marcatura facile, immediato, che chiunque poteva imparare a usare con poca



2 Il nucleo originario di Reti Medievali si è raccolto per iniziativa di Andrea Zorzi intorno al &D

OHQGDULRGHOOD0HGLHYLVWLFD (poi divenuto RM &DOHQGDULR), avviato nel 1997 e online dal 1998

<http://www.rm-calendario.it/?page_id=171>; oltre a lui ne facevano parte Enrico Artifoni, Pietro Corrao, Roberto Delle Donne, Stefano Gasparri e Gian Maria Varanini. A partire dal 2001 sono entrati in momenti diversi nel gruppo Paola Guglielmotti, che ne è divenuta un insostitui-bile punto di riferimento, insieme a Claudio Azzara, Guido Castelnuovo, Nadia Covini, Laura Gaffuri, Marina Gazzini, Umberto Longo, Vito Loré, Iñaki Martín Viso, Marilyn Nicoud, Riccardo Rao. Ne hanno fatto parte Marco Bettotti, Luigi Canetti, Adele Cilento, Simone Maria Collavini, Nicolangelo D’Acunto, Amedeo De Vincentiis, Tiziana Lazzari, Isabella Lazzarini, Francesco Panarelli, Enrica Salvatori, Raffaele Savigni, Andrea Tabarroni, Andrea Tilatti <http://www.rmojs.unina. it/index.php/rm/about/editorialTeam>. Fanno parte del Comitato scientifico: Enrico Artifoni, Giorgio Chittolini, William J. Connell, Élisabeth Crouzet-Pavan, Jean-Philippe Genet, Knut Görich, Julius Kirshner, Giuseppe Petralia, Giuliano Volpe, Chris Wickham <http://www.rmojs. unina.it/index.php/rm/ about/displayMembership/8>. Per il

UHIHUHHERDUG: <http://www.rm ojs.unina.it/index.php/rm/about/displayMembership/4>.

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Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

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fatica per inserire in rete le proprie pagine, collegarle a quelle degli altri e

ge-nerare uno spazio informativo integrato

4

. Già dal 1998 cominciammo anche

a interessarci all’eXtensible Markup Language(XML) e al suo possibile

uti-lizzo in rete nei più diversi contesti, dalla definizione della struttura

dei documenti allo scambio delle informazioni tra sistemi diversi, dalla

rap-presentazione di immagini alla definizione di formati di dati. Quando a

parti-re dal 2001 cominciarono a diffondersi i primi Content Management System

(CMS), in grado di gestire integralmente e in maniera assai semplice interi

siti web, pur rilevandone alcune rigidità, ne riconoscemmo subito l’utilità

soprattutto per pubblicare in forma collaborativa QHZV e informazioni

rela-tive a convegni e seminari. Abbiamo quindi cominciato a usare la

piattafor-ma :RUG3UHVV, molto cara ai EORJJHU, per gestire la sezione RM &DOHQGDULR,

e )ODW1XNH, un Content Management System basato sul linguaggio di

pro-grammazione Hypertext Preprocessor (PHP) e su XML, per la gestione delle

1HZV.

Nei primi anni del XXI secolo eravamo quindi consapevoli che il web si

stesse ormai trasformando da superficie sostanzialmente “piatta”, su cui

ap-poggiare informazioni, in una sorta di piattaforma applicativa condivisa,

all’interno della quale le informazioni potevano essere non solo distribuite

ma anche create ed elaborate collettivamente, eventualmente con l’aiuto di

apposite “web applications” utilizzabili direttamente dall’interno del proprio

programma di navigazione. A nostro avviso, la facilità di progettare

e realizzare collaborativamente 8VHU*HQHUDWHG&RQWHQW che caratterizzava il

cosiddetto Web 2.0

5

, con i blog, i forum, le chat, i wiki e le piattaforme di

condivisione di media, rispondeva però soprattutto ad alcune esigenze della

nostra comunità scientifica, non a tutte.

Pensavamo infatti che la rete dovesse innanzitutto rendere più serrate le

forme dell’argomentazione storica, perché permette di raccogliere in un

uni-co ambiente, fortemente interuni-connesso da nuove forme di testualità, anche a

carattere multimediale, prodotti editoriali tra loro complementari che nel

“mondo di carta” restano separati, come la sintesi storica, la rassegna

storio-grafica, l’edizione documentaria, la serie statistica dei dati.

Erano anni di vivaci discussioni sugli ipertesti, sia al nostro interno sia

con studiosi di altre discipline ed epoche storiche, di confronto e polemica

con chi contrapponeva allo stile argomentativo lineare della storiografia

tra-dizionale forme argomentative più fluide e meno strutturate, in cui la

lineari-

4 Sull’uso della rete in quegli anni Zorzi, /¶HGL]LRQHGLJLWDOH; Zorzi, &RPXQLFD]LRQH; Zorzi, 'XHR

WUHFRVH; Corrao, 6WRULDQHOOD5HWH; Corrao, (FODVVURRP; Corrao, 5LFHUFDPHGLHYLVWLFD;

Varani-ni, 3UHID]LRQH.

5 L’espressione è stata utilizzata per la prima volta nel 2005 da Tim O’Reilly (:KDW,V:HE)

per descrivere le “nuove” funzionalità della rete ed enfatizzarne, forse oltre il dovuto, la contrap-posizione rispetto a una precedente e più statica concezione del Web. Una contrap-posizione critica è in Metitieri, ,OJUDQGHLQJDQQR. Per una lettura del Web 2.0 fatta da uno storico, Noiret, 'LJLWDO

(5)

[4] Roberto Delle Donne

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Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

tà avrebbe dovuto lasciare spazio a una discorsività non architettonica, non

finalizzata al raggiungimento di una conclusione definita

6

. Alcuni autori

en-fatizzavano infatti, nel solco di una lettura in chiave decostruzionista di

Mi-chel Foucault, di Hayden White e di Roland Barthes, il contrasto tra il testo

lineare, che procede secondo un ordine unico, e il testo che può essere letto

in molti modi, perché strutturato ipertestualmente in nodi o blocchi di testo

collegati in maniera non lineare. Un’eco di tali dibattiti, che avevano per

al-tro ampiezza internazionale, è negli ipertesti pubblicati tra il 2000 e il 2004

in RM 5LYLVWD: tra loro, per complessità dell’architettura, per ricchezza delle

fonti e delle risorse rese disponibili, spicca quello di Pietro Corrao, dedicato

nel 2001 a 8QGRPLQLRVLJQRULOHQHOOD6LFLOLDWDUGRPHGLHYDOH,9HQWLPLJOLD

QHOWHUULWRULRGHOOH0DGRQLH VHF;,,,;9 8QVDJJLRLSHUWHVWXDOH

7

.

Al problema delle fonti e al loro uso in ambiente di rete, abbiamo

d’altronde sempre dedicato grande attenzione, consapevoli che il connubio

tra storia e informatica non è affatto scevro di complesse implicazioni

meto-dologiche

8

. In particolare, tra il 2001 e il 2005 abbiamo lavorato d’intesa con

il gruppo di paleografi e diplomatisti della rivista «Scrineum» a comuni

pro-getti di codifica di documenti bassomedievali in XML, introducendo

all’interno delle fonti, interamente acquisite in formato elettronico,

marcato-ri (WDJ) in grado di descmarcato-riverne la struttura, l’articolazione logica, le relazioni

e il ruolo dei singoli elementi giudicati significativi

9

. In tal modo, l’identità

del testo era salvaguardata, senza però rinunciare ad alcune delle

funzionali-tà di ricerca e di elaborazione dei dati tradizionalmente permesse da una

ge-stione strutturata dell’informazione, come la possibilità di compiere ricerche,

anche incrociate, su singoli segmenti della fonte, che contengono

informa-zioni e dati omogenei.

Il nostro interesse andava infatti anche alle trasformazioni che l’avvento

del digitale provoca nei processi di ricerca, selezione, studio, interpretazione

e critica delle fonti, quali si sono consolidati nel corso degli ultimi due secoli,

facendo della storiogra¿a lo studio del passato basato su prove documentarie

veri¿cabili. L’attenzione si concentrava quindi sul mondo delle pratiche della

ricerca, su quella serie di gesti e di atti che gli storici compiono

quotidiana-mente per realizzare le proprie opere e che non sono mai la mera

concretiz-zazione di una imperiosa volontà individuale bensì il frutto del continuo

a-

6Mi limito a ricordare: Landow, +\SHUWH[W; Roncaglia, ,SHUWHVWL. Alle discussioni

partecipa-vano anche Guido Abbattista, Alessandro Cristofori, Rolando Minuti, Serge Noiret; menziono soltanto alcuni loro contributi: Abbattista, 5LFHUFDVWRULFD; Cristofori, /D5HWH; Minuti, ,QWHUQHW; Noiret, 6WRULDH,QWHUQHW; altri studi di Noiret sono reperibili nella sua pagina di Academia.edu <https://eui.academia.edu/SergeNoiret>.

7 Pubblicato in «Reti Medievali - Rivista», 2 (2001), 1 (Doi: 10.6092/1593-2214/230). Si leggano

anche le sue riflessioni Corrao, *OLVWXGLPHGLHYDOL.

8 Zorzi, 'RFXPHQWL; Vitali, 3DVVDWRGLJLWDOH; Delle Donne, /HIRQWLGLJLWDOL.

9 Le iniziative e gli orientamenti di «Scrineum» sono espressi in Ansani, 'LSORPDWLFD; Ansani,

(6)

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9

dattamento delle strategie di ricerca alla disponibilità, all’efficacia, ma anche

alla vischiosità degli strumenti di lavoro. Per riflettere sul modo in cui

l’infor-matica si sia progressivamente annidata in tali pratiche, fin da quando i

computer hanno fatto il loro ingresso nell’DWHOLHU dello storico, Reti Medievali

ha organizzato numerosi convegni e seminari, a partire dal primo intitolato

0HGLXP(YR*OLVWXGLPHGLHYDOLHLOPXWDPHQWRGLJLWDOH e realizzato da

An-drea Zorzi a Firenze nel 2001, al quale parteciparono non solo storici della

più giovane generazione, ma anche prestigiose figure della medievistica

ita-liana, come Giorgio Chittolini, Paolo Delogu e Giuseppe Sergi

10

.

2. /DFRPXQLWjGLVFLSOLQDUHWUDWUDGL]LRQHHLQQRYD]LRQH



Preoccupazione costante del nostro gruppo è sempre stata quella di

mo-strare che l’informatica è ormai divenuta una componente essenziale del

“mestiere di storico” con cui è necessario confrontarsi direttamente, senza

pensare di “alienarla” a settori disciplinari autonomi, come l’“informatica

umanistica”. Pur riconoscendo la speci¿cità del testo elettronico, abbiamo

sempre cercato di evidenziare i molteplici fili che avvincono il presente al

passato della nostra disciplina e messo in rilievo i nessi di continuità lineare

esistenti tra il “mondo di carta” e l’“universo digitale”, per ridimensionare i

proclami di assoluta e irriducibile diversità della testualità digitale rispetto a

quella su supporto cartaceo, per minimizzare i roboanti annunci di una sua

presunta estraneità ontologica alla tradizione delle pratiche testuali

consoli-datesi negli ultimi secoli.

Da qui deriva anche l’attenzione del nostro gruppo per il libro

elettroni-co, un oggetto digitale in cui tradizione culturale e innovazione tecnologica

appaiono fortemente intrecciate

11

. Infatti, se inteso come ©un testo

elettroni-co ragionevolmente esteso, elettroni-compiuto e unitario (“monografia”),

opportuna-mente codificato ed eventualopportuna-mente accompagnato da metainformazioni

de-scrittive, accessibile attraverso un dispositivo hardware e un’interfaccia

sof-tware»

12

, l’e-book conserva ancora chiari i caratteri della “cultura del libro”



10 Al convegno c’erano state relazioni di Michele Ansani su /D WUDGL]LRQH GLVFLSOLQDUH IUD

LQQRYD]LRQHHQHPHVLGLJLWDOH, di Andrea Zorzi su /HULYLVWHWUDGXHWUDQVL]LRQLFULVLGLUXRORH QXRYHSUDWLFKHHGLWRULDOL, di PietroCorrao su 6DJJLRVWRULFRIRUPDGLJLWDOHWUDVIRUPD]LRQHR LQWHJUD]LRQH", e di Roberto Delle Donne su *OL VWUXPHQWL GL FRQVXOWD]LRQH. Gli interventi di

Chittolini, Delogu e Sergi sono pubblicati in «Reti Medievali - Rivista», 5 (2004), 2 <http://www.rmojs.uni na.it/index.php/rm/issue/view/11>.

11 Si veda il volume /LEULHOHWWURQLFL, a cura di R. Delle Donne.

12 La definizione, che è sostanzialmente riconducibile all’idea tradizionale e condivisa di libro, è

di Roncaglia, /LEUL HOHWWURQLFL. Più generale quella presente in Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela,

)URQWLHUH, pp. 105-106: «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e

consultabile mediante appositi dispositivi informatici». Tali definizioni distinguono gli e-book dagli e-text, caratterizzati dalla mera codifica dei testi in formato ASHII e dalla loro



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[6] Roberto Delle Donne

9

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

su cui si è edificata la tradizione della storiografia scientifica, con il suo stile

argomentativo prevalentemente espositivo-lineare. Nondimeno, il libro

elet-tronico, almeno in linea di principio, non si esaurisce nell’incessante

tensio-ne emulativa dei più consueti caratteri del libro cartaceo, dalla sua struttura

compositiva e argomentativa alle sue modalità di fruizione, come alcuni

vor-rebbero; esso appare infatti aperto alle possibilità espressive della scrittura e

della lettura ipertestuale, nonché alle potenzialità euristiche insite nelle

ban-che dati a restituzione dinamica dell’informazione. Dal 2002, muovendo

dal-lo standard aperto e non proprietario Open eBook (OeB), creato dall’ente no

profit Open eBook Forum, Reti Medievali ha cominciato a produrre e a

pub-blicare libri elettronici, in diversi formati, dal .lit per Microsoft Reader al

.mobi per Kindle, all’Epub per Iphone e Ipad, ai PDF per gli E-book Reader e

per la stampa

13

. Grazie ad accordi con Firenze University Press e con alcune

tipografie convenzionate, alla versione elettronica si affianca, per tutti i

con-tributi autoriali, la versione a stampa, grazie alla tecnologia del SULQWRQ

GHPDQG.

Per ottemperare agli obblighi di legge sul deposito delle pubblicazioni e

assicurare loro piena validità legale abbiamo anche aderito, prima attraverso

Firenze University Press, poi attraverso il Centro di Ateneo per le Biblioteche

dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, alla procedura di deposito

telematico in Magazzini Digitali, un sistema per la conservazione

permanen-te dei documenti elettronici pubblicati in Italia e diffusi tramipermanen-te repermanen-te

informa-tica realizzato dalle Biblioteche Nazionali di Firenze, Roma e Venezia

Mar-ciana. Precondizione di questo accordo è però che tutti i testi su supporto

di-gitale possano essere univocamente identificati; in altri termini, che la loro

struttura e il loro contenuto non mutino nel tempo. Per tener fede a questo

impegno Reti Medievali chiude perciò ogni sei mesi tutti i numeri online di

Rivista, congelandone i contenuti. In tal modo, i testi autoriali su supporto

digitale assumono la stessa stabilità dei testi a stampa, rendendone possibile

il deposito telematico nelle forme contemplate dalle norme italiane. Questo

accordo, che fa salva, senza ombra di dubbio, la possibilità di spendere a fini

concorsuali le pubblicazioni effettuate in Reti Medievali, ha riscosso

imme-diato e ampio favore nella comunità degli storici del medioevo. Da quel

mo-mento le dichiarazioni di apprezzamo-mento per Reti Medievali si sono

moltipli-cate e le richieste di pubblicazione sono cresciute. Forse è persino superfluo

precisare che quest’onda montante di interesse si è prevalentemente

indiriz-zata verso quelle sezioni che ospitano contributi ispirati alla consolidata

struttura argomentativa della monografia o del saggio a stampa, articolata

nelle due solide arcate del testo e degli apparati di note a piè di pagina; ha



distribuzione in rete, come avviene, ad esempio, con il 3URMHFW*XWHQEHUJ, <http://www.guten berg.org/>. Roncaglia è tornato su questi temi in /DTXDUWDULYROX]LRQH.

13 Si vedano i volumi pubblicati nella sezione RM (ERRN <http://www.rm.unina.it/rmebook/in

(8)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

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invece appena lambito la sperimentazione di forme di scrittura ipertestuale,

che evidentemente continuano ad apparire sin troppo “spericolate” e poco

spendibili in sedi concorsuali. Non è un caso, quindi, che sia aumentata la

richiesta di pubblicare come e-book persino opere riconducibili ai

tradiziona-li riti accademici della )HVWVFKULIWe della *HGHQNVFKULIW (studi in onore di

Ar-nold Esch, Giorgio Chittolini, Mario Ascheri, e in memoria di Benjamin G.

Kohl, Vincenzo Matera

14

), ma che per contenere i costi sia drasticamente

crollata la domanda di formati di file differenziati, per optare a partire dal

2005 per il solo PDF, il formato per rappresentare documenti in modo

indi-pendente dall’hardware e dal software utilizzati per generarli o per

visualiz-zarli, che è possibile inviare in tipografia per ottenere le copie a stampa e, al

tempo stesso, distribuire in rete, nel sottoformato PDF/A, utile pure per

l’archiviazione nel lungo periodo dei documenti elettronici.

Il radicamento di Reti Medievali nella comunità dei medievisti italiani è

stato quindi favorito dalla costante attenzione per le esigenze, gli interessi e

gli orientamenti dei nostri colleghi, dall’incessante dialogo intrattenuto con

loro per avvicinarli alla storiografia e alla didattica digitale: che fossero

stu-diosi già affermati, alle prime prove oppure ancora in formazione. Dal 2001

al 2007 abbiamo dedicato grande impegno all’organizzazione di VWDJH e

tiro-cini presso la redazione, ai quali hanno partecipato centinaia di giovani e

giovanissimi studiosi, in alcuni casi non ancora laureati

15

.

Frattanto la progressiva disponibilità in formato elettronico di riviste e

libri dei più noti editori italiani (il Mulino, Carocci, Franco Angeli e le altre

aziende presenti sulla piattaforma di Casalini Torrossa

16

); la nascita delle

University Press, prevalentemente orientate alla pubblicazione in rete

17

; la

Valutazione della Qualità della Ricerca 2004-2010 (VQR), con cui l’Agenzia

nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR),

d’intesa con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, ha

imposto a docenti e ricercatori di presentare la sola copia digitale delle

pro-prie pubblicazioni

18

; l’affermarsi infine, in ambito giuridico, dei processi di

dematerializzazione della documentazione amministrativa a partire dal



14Una miscellanea in memoria di Vincenzo Matera è in corso di preparazione.

15 Se ne veda l’elenco alla pagina <http://www.rm.unina.it/index.php?mod=none_archivio_

1998-2010/none_presentazioni/workshop>.

16 L’acquisizione da parte dell’editore il Mulino di Carocci Editore ha portato alla confluenza

delle riviste dei due editori in Rivisteweb <http://www.rivisteweb.it/>; per i libri Darwinbooks <http://www.darwinbooks.it/>. Sulla piattaforma Torrossa di Casalini sono presenti i libri di Franco Angeli Editore e di moltissimi altri editori italiani, tra i quali anche viella: <http://www. torrossa.it/>.

17 Manca un loro elenco completo. In Italia sono circa trenta. Alcune di esse (solo alcune)

aderi-scono al Coordinamento delle University Press Italiane (UPI) <http://www.university pressita-liane.it/>.

18 Per la VQR 2004-2010 <http://www.anvur.org/index.php?option=com_content&view=arti

(9)

[8] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

2009

19

, hanno convinto anche i nostri più misoneisti colleghi di quanto fosse

obsoleta la loro pervicace volontà di brandire la carta per scacciare il digitale.

Essi hanno quindi cominciato a riconoscere che la qualità dei prodotti

sto-riografici non può essere giudicata esclusivamente in base a considerazioni

del tutto estrinseche sulla natura del supporto, cartaceo o digitale che sia,

anche se alcuni continuano riduttivamente a ritenere che la bontà dei

pro-dotti storiografici nati per la telematica consista soltanto nella loro

conformi-tà agli standard tradizionali, e non nella possibiliconformi-tà di delineare forme nuove

di produzione e di comunicazione dell’informazione storica, nei suoi aspetti

documentari ed espositivi-narrativi.

3. ,OPHUFDWRGHOODFRPXQLFD]LRQHVFLHQWLILFDHODVFHOWDGHOO¶2SHQ$FFHVV

In un quadro di estrema incertezza circa i finanziamenti del sistema

uni-versitario e della ricerca, in un contesto di crisi generalizzata dell’editoria

ita-liana, molto poco competitiva nel mercato globale della comunicazione

scientifica, i nostri colleghi chiedevano di avere garanzie non soltanto in

me-rito alla piena validità legale delle nostre pubblicazioni ma anche alla loro

piena dignità scientifica. D’altronde, è l’atto della pubblicazione ad

assicura-re diffusione e circolazione alle ricerche compiute, a certificarne i risultati, ad

attribuire all’autore un primato rispetto agli studi che altri stanno svolgendo

sullo stesso tema, a rinsaldare la sua reputazione scientifica e ad assicurargli

l’attribuzione di fondi per proseguire le sue indagini. Affinché fosse

ricono-sciuta a Reti Medievali, nella filiera della comunicazione scientifica,

l’importante funzione di certificazione e di diffusione dei risultati conseguiti

dai singoli ricercatori, era necessario presentarsi loro come un sistema

edito-riale in grado di usare le reti telematiche in modo efficiente ed efficace, anche

per uscire dalla crisi del mercato delle riviste e delle monografie di ricerca,

che cominciava a farsi sentire pure in Italia.



Sono noti i mutamenti strutturali che hanno investito il circuito

commer-ciale dell’editoria scientifica a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, e

che sono stati avvertiti prima nelle università e nei centri di ricerca degli

Sta-ti UniSta-ti, poi, dalla seconda metà degli anni Novanta, anche dell’Europa

20

.

Sono trasformazioni che, in prospettiva più ampia, possono essere ricondotte

all’avvio su scala internazionale di un ciclo politico-economico di forte

am-pliamento della sfera economica privata e di rapida crescita e diffusione delle

nuove tecnologie informatiche applicate alle telecomunicazioni. Più

specifi-camente, nell’ambito dell’editoria accademica, tali mutamenti sono stati

ca-

19 Sulla dematerializzazione si veda Presidenza del Consiglio dei Ministri, Agenzia per l’Italia

Digitale, 'RFXPHQWLGLLQGLUL]]R <http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/pubblica-amministra zione/gestione-procedimenti-amministrativi/dematerializzazione>.

(10)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>



ratterizzati dall’iniziativa di gruppi commerciali internazionali, non sempre

sensibili alle esigenze del mondo della ricerca. Essi hanno introdotto

innova-tive strategie distribuinnova-tive, commerciali e promozionali, e assunto una

posi-zione di mercato nettamente dominante, caratterizzata da una forte

intera-zione strategica tra gruppi commerciali egemoni, se non da concentrazioni

oligopolistiche, in grado di incidere, profondamente, sulle SUDWLFKH di

comu-nicazione del sapere delle varie discipline: dalle scienze matematiche e

fisi-che a quelle tecnologifisi-che e naturali; dalle scienze della vita a quelle umane e

sociali.

Più precisamente, negli ultimi due decenni i prezzi dei periodici

scientifi-ci offerti alle biblioteche di università e centri di ricerca sono stati sempre

meno determinati dalla mutua interazione di venditori e di acquirenti,

se-condo quanto auspicato dai sostenitori del libero mercato, e il saggio di

in-cremento annuo degli abbonamenti alle riviste soprattutto di “area STM”

(6FLHQFH 7HFKQRORJ\ 0HGLFLQH) è divenuto superiore all’inflazione in una

misura compresa tra il 200 e il 300%

21

: basti l’esempio di «Brain research»,

dell’editore Elsevier, che ha visto crescere il costo di abbonamento annuale

dalle 3.713 sterline del 1991 alle 9.148 del 2001, fino alle circa 17.500 di

og-gi

22

. Persino in fasi di crollo dei titoli tecnologici (anni 2000-2001) o di forte

rallentamento dell’economia e di sostanziale stagnazione dei mercati, il

set-tore dei periodici STM ha vissuto una vertiginosa crescita, assicurando alle

imprese e, più spesso, alle società di investimenti che lo controllano margini

di profitto che sono arrivati, in alcuni casi, fino al 30/40% del fatturato

(Ta-bella 1)

23

. Negli ultimi cinque anni, in un periodo di drammatica crisi

eco-nomica, il loro sviluppo non è affatto declinato e i profitti di Elsevier variano

tra il 24,8% nel 2007 e il 27,1% del 2011, mentre quelli dell’editore Kluwer

oscillano tra il 19,9% del 2009 e il 21,7% del 2011

24

. La posizione

predomi-nante di mercato dei grandi editori commerciali appariva poi corroborata da

uno sviluppo normativo del FRS\ULJKW (diritto di copia) poco rispondente alle

esigenze di circolazione del sapere proprie della comunità scientifica, anche

se era talvolta ambiguamente presentato come premessa indispensabile per

la tutela dei diritti morali dell’autore, per loro natura, invece, imprescrittibili,

irrinunciabili e inalienabili

25

. Alcuni anni fa, Jean-Claude Guédon

26

osserva-

21 6WXG\RQWKHHFRQRPLFDQGWHFKQLFDOHYROXWLRQ, del gennaio 2006, <http://ec.europa.eu/

re-search/science-society/pdf/ scientific-publication-study_en.pdf>.

22 Sono i costi richiesti a un ateneo delle dimensioni dell’Università degli Studi di Napoli

Fede-rico II.

23 Per i dati si veda Vitiello, (GLWRULHELEOLRWHFKH, p. 69, che rielabora informazioni raccolte sui

siti degli editori e dati presenti in Gasson, 7KHHOHFWURQLFFDVK. Per gli anni successivi Vitiello, ,O

OLEURFRQWHPSRUDQHR, pp. 299-300.

24 Vitiello, &LUFXLWLFRPPHUFLDOL, p. 11.

25 Per l’ordinamento giuridico italiano (Legge 633/41), i diritti morali sono quelli all’inedito, alla

paternità e all’integrità dell’opera, al ritiro dell’opera dal commercio. Per un inquadramento sul piano giuridico della convergenza tecnologica al web 2.0 si veda Pascuzzi, ,O GLULWWR; per un’analisi comparativa del diritto d’autore in Italia e in Germania: Cogo, 'LULWWRGDXWRUH.

(11)

[10] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

va come attraverso le strategie di mercato dei grandi gruppi editoriali

inter-nazionali si sia consolidato, all’interno della scienza, un sistema gerarchico

anglo-centrico, dominato da Science citation index - Web of science di

Thomson Reuters (in passato ISI Web of Knowledge), che ha gradualmente

provocato il progressivo svilimento e il declino dei periodici pubblicati in

lin-gue diverse dall’inglese, generando una netta, quanto artificiosa, dicotomia

tra la cosiddetta “scienza centrale o PDLQVWUHDP”, canonizzata col crisma

dell’,PSDFWIDFWRU e della misura quantitativa della qualità, e la “scienza

loca-le o periferica”, loca-legata a istituzioni e associazioni, regionali e nazionali, che

pubblicano contributi scientifici non valutabili con parametri quantitativi.

Tabella 1

Margini di profitto di alcuni editori STM (200-2004)27









26 Guédon, ,Q2OGHQEXUJ¶V; Guédon, 2SHQDFFHVV.

27 Vitiello, (GLWRULHELEOLRWHFKH, p. 69. Dal momento che i dati del 2004 sono relativi solo al I

semestre oppure ai primi 3 trimestri dell’anno, i profitti furono con ogni probabilità persino su-periori a quelli del 2000.

(12)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

3

Sarebbe tuttavia erroneo pensare che la crescita esponenziale dei prezzi

dei periodici si ripercuota solo su quei settori disciplinari di area scientifica,

tecnica e medica, che affidano quasi esclusivamente alle riviste la diffusione

dei risultati delle ricerche, dal momento che le biblioteche, trascinate nella

spirale del rialzo dei prezzi, sono state presto costrette a tagliare anche gli

acquisti delle monografie di ricerca – il prodotto preminente, nell’ambito

delle scienze umane e sociali, per presentare i risultati di un articolato

per-corso di ricerca

28

.

Non è questa la sede per ripercorrere le voci critiche, di contestazione e

di protesta, che si sono quindi levate, in tutto il mondo, e che hanno indotto

governi, istituzioni scientifiche, centri di ricerca ed enti finanziatori a cercare

una risposta complessiva ed efficace alle esigenze espresse dalle diverse

co-munità disciplinari, suggerendo alcuni correttivi alle distorsioni presenti

nell’attuale sistema della comunicazione scientifica e sostenendo politiche di

promozione dell’accesso aperto ai risultati della ricerca finanziata con denaro

pubblico

29

. Mi limito a ricordare che la consapevolezza di tali dinamiche si è

presto diffusa all’interno di Reti Medievali, certamente anche per gli stretti

legami che alcuni di noi intrattenevano con la Max-Planck-Gesellschaft, che

nel 2003 promuoveva 7KH%HUOLQ'HFODUDWLRQRQ2SHQ$FFHVVWR.QRZOHGJH

LQ WKH 6FLHQFHV DQG +XPDQLWLHV, e con i sistemi bibliotecari degli atenei,

sempre particolarmente attenti al tema della libera diffusione in rete del

sa-pere

30

. In questa temperie, nel 2003, fu organizzato a Napoli un convegno

sui libri elettronici, fortemente connotato in prospettiva interdisciplinare,

che trovò il suo baricentro nel tema dell’accesso aperto alla letteratura

scien-tifica

31

.

In questi anni la rete Internet si è dimostrata uno strumento prezioso ed

estremamente efficiente per la raccolta, l’integrazione e la distribuzione di

documenti e risorse informative di ogni genere ed è dunque entrata a pieno

titolo fra gli strumenti specifici del ciclo della ricerca. Come tale, essa è stata

ed è ampiamente utilizzata dalle diverse comunità scientifiche per la

pubbli-cazione e la diffusione di documenti, articoli, SUHSULQW, e in generale come

piattaforma per la condivisione e lo scambio dei risultati delle attività di

ri-cerca. Il cosiddetto Web 2.0 e i suoi sviluppi hanno quindi rappresentato

un’opportunità non solo per rendere disponibili in rete contenuti prodotti

dai singoli, ma anche, e soprattutto, per dar vita a comunità di ricerca

forte-mente interconnesse e volte a realizzare, in forma collaborativa, la

dissemi-nazione e, nelle forme che vedremo, anche la valutazione delle pubblicazioni.



28 Tali dinamiche erano state subito colte da Darnton, 7KHQHZDJH.

29 Una sintesi in Suber, 2SHQ$FFHVV; Cassella, 2SHQ$FFHVV; Eve, 2SHQ$FFHVV.

30 Per il testo della Dichiarazione di Berlino <http://openaccess.mpg.de/Berlin-Declaration>.

Dal 1992 sono stato a più riprese borsista e poi *DVWSURIHVVRU presso il 0D[3ODQFN,QVWLWXWIU

*HVFKLFKWH di Göttingen. Dal 2002 ho seguito, con ruoli diversi, gli sviluppi della biblioteca

digi-tale e del sistema bibliotecario dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

(13)

[12] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

Le nuove forme di distribuzione delle pubblicazioni e le modalità

secon-do cui compierne la valutazione in un ambiente cooperativo di rete sono

quindi i due snodi comunicativi divenuti cruciali anche per Reti Medievali.

Ad essi sono rispettivamente dedicati i due paragrafi seguenti.





4. &ODVVLILFD]LRQHHGLVWULEX]LRQHGHOOHSXEEOLFD]LRQL

È noto che con il moltiplicarsi dei produttori di contenuti in grado di

in-serire facilmente in Internet informazione strutturata è cresciuta anche

l’esigenza di descrivere e organizzare tale informazione, per garantirne la

re-peribilità ed evitare che si perda nel rumore di fondo della rete.

Alcuni studiosi hanno voluto individuare il profilarsi, nel corso del primo

decennio del nuovo millennio, di due diversi orientamenti relativi alla

classi-ficazione dell’informazione, per sottolinearne il rapporto di tensione

recipro-ca, se non di contrapposizione

32

: da un lato, il Web 2.0, al quale abbiamo già

più volte fatto riferimento nelle pagine precedenti; dall’altro, il progetto di

Semantic Web, proposto da Tim Berners Lee, da lui concepito come una

componente del Web 3.0

33

. In realtà, in un contesto di comunicazione

scien-tifica, le tecnologie che caratterizzano i due indirizzi possono essere usate in

forma complementare per rispondere a differenti esigenze, come cercherò di

chiarire nelle pagine seguenti.

Il Web 2.0 pone al centro del processo di classificazione gli utenti che

immettono informazione in rete e coloro che la usano, invitati ad aggiungere

all’informazione primaria etichette descrittive (WDJ) totalmente libere, sulla

base della loro percezione della natura dell’informazione stessa e dei contesti

di sua potenziale utilità. È l’idea che è alla base del cosiddetto VRFLDOWDJJLQJ,

affermatasi in seguito a due sviluppi del “panorama di rete”: innanzitutto, la

diffusione di strumenti come i ZHEORJ, che nel luglio 2004 erano già oltre tre

milioni e prefiguravano non solo una molteplicità di punti di distribuzione

dell’informazione “individuali” ma una vera e propria “blogosfera”, una rete

di contenuti ai quali strumenti come i Feed RSS e il “trackback” offrivano la

possibilità di una circolazione personalizzata e dinamica, nonché di una

rie-laborazione parzialmente automatica; in secondo luogo, la nascita dei primi

siti in cui la condivisione di risorse era esplicitamente orientata alla

creazio-ne di relazioni sociali fra gli utenti, il cosiddetto VRFLDOQHWZRUNLQJ,

inaugu-rato da MySpace, nel 2003, e seguito, nel febbraio 2004, dalla nascita di



32 Roncaglia, :HE; Roncaglia, /DUHWHPHGLXPJOREDOH.

33 Berners-Lee:HDYLQJWKH:HE; Berners-Lee, Hendler, Lassila, 7KH6HPDQWLF:HE; Shadbolt,

Hall, Berners-Lee, 7KH 6HPDQWLF :HE 5HYLVLWHG. Sull’idea di Tim Berners-Lee del Web 3.0 si veda l’intervista raccolta da Shannon, $³PRUHUHYROXWLRQDU\´:HE: «People keep asking what Web 3.0 is. I think maybe when you’ve got an overlay of scalable vector graphics – everything rippling and folding and looking misty – on Web 2.0 and access to a semantic Web integrated across a huge space of data, you’ll have access to an unbelievable data resource».

(14)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>



Flickr, uno strumento per la condivisione di immagini che permetteva agli

utenti di “etichettare” liberamente le fotografie archiviate in rete, secondo

quel principio del cosiddetto VRFLDO WDJJLQJ riconosciuto come tipico del

Web 2.0. Nel 2004 nasceva anche Facebook, la piattaforma di VRFLDO

QHWZRUN che sarebbe divenuta la più popolare al mondo. Indubbiamente, se i

sistemi di VRFLDOWDJJLQJ (si usa spesso anche il termine IRONVRQRP\) restano

del tutto privi di qualunque meccanismo di validazione, che assicuri un

mi-nimo di uniformità e di affidabilità alle classificazioni proposte, il rischio di

scelte imprecise o arbitrarie è fortissimo. Chi potrebbe mai assicurare che le

etichette usate da un singolo utente per classificare una determinata

infor-mazione corrispondano a quelle che avrebbero utilizzato altri, e soprattutto

che esse coincidano con quelle che userebbe un altro utente ancora al

mo-mento di ricercare quei contenuti o contenuti simili?

A partire da questi interrogativi, si è diffusa in Reti Medievali la

consape-volezza che le piattaforme di ZHEORJ, come WordPress o FlatNuke, possono

essere molto efficaci per comunicare e condividere contenuti con una cerchia

di lettori non limitata ai soli specialisti, ma che esse non sono del tutto

ade-guate ad assicurare la reperibilità di articoli, monografie e altri prodotti della

ricerca nei circuiti internazionali della comunicazione scientifica. Allo

spon-taneismo classificatorio del VRFLDOWDJJLQJ abbiamo quindi preferito

l’orien-tamento del Semantic Web secondo cui il lavoro di organizzazione e di

ge-stione dell’informazione deve essere in gran parte automatico e basato su

de-scrizioni fortemente standardizzate e formalizzate, elaborate da specialisti.

I sistemi di classificazione dell’informazione alla base del Semantic Web

sono infatti ontologie formali, schemi di ordinamento dei documenti

gerar-chico-enumerativi oppure analitico-sintetici elaborati da esperti del settore,

espressi in maniera uniforme e rigorosa e associati all’informazione primaria

attraverso l’uso di linguaggi e formalismi, a loro volta rigidamente strutturali

e ben definiti, comprensibili dalle macchine

34

. Si tratta di una tecnologia che

consente di superare alcuni limiti connaturati al “web dei documenti”, basato

sul linguaggio HTML, in cui è possibile solo l’interrogazione per sequenze di

parole o di caratteri contenuti nelle risorse. Attraverso l’associazione ai

do-cumenti di informazioni e dati (metadati) che ne specificano il

conte-sto semantico in un formato adatto all’interrogazione e all’interpretazione e,

più in generale, all’elaborazione automatica, tale tecnologia consente di

ren-dere “visibile” l’enorme massa di informazioni, non rilevata dai motori di

ri-cerca perché presente in database dinamici o in siti di particolare

complessi-tà architetturale, in pagine ad accesso ristretto, in contenuti non testuali

per-ché in formato immagine o multimediale: è il cosiddetto web “invisibile”,

perché “profondo” oppure “nascosto”, il cui volume complessivo è stato

sti-mato fino a 1000-2000 volte superiore a quello del web rilevato da motori di



(15)

[14] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

ricerca come Google

35

. Ed è nel web “invisibile” ai motori di ricerca che sono

spesso contenuti articoli scientifici, libri elettronici, tesi di dottorato, banche

dati testuali e statistiche, archivi di immagini e multimediali, altri contributi

accademici.

D’altronde, proprio nelle biblioteche degli atenei e dei centri di ricerca,

che sono il principale snodo della filiera distributiva della comunicazione

scientifica prima che le pubblicazioni raggiungano gli studiosi, il problema

della loro reperibilità in rete è stato subito avvertito con forza. Dalla fine

de-gli anni Novanta si sono infatti susseguite numerose innovazioni

tecnologi-che volte a realizzare l’integrazione di fonti informative eterogenee in

un’unica piattaforma di ricerca. Per aumentare e ottimizzare il reperimento

dell’informazione da parte degli utenti finali sono stati messi a punto prima i

MetaOPAC e i software dedicati alla ricerca federata; ad essi è seguito il

con-solidamento del paradigma “Discover to Deliver” (D2D), per l’interrogazione

simultanea di più cataloghi e metacataloghi in rete attraverso il protocollo

Z39.50; poi, nei primi anni del nostro secolo si è affermato il protocollo

Ope-nURL, per lo scambio di metadati finalizzato alla gestione di servizi di OLQ

NLQJ contestualizzato (FRQWH[WVHQVLWLYH), e si sono stabilizzate alcune

inno-vazioni tecnologiche come i ZHEVHUYLFH basati su SOAP (Simple Object

Access Protocol) oppure REST (Representational state transfer). Negli ultimi

anni si è infine largamente affermata la tendenza a realizzare enormi

conte-nitori di metadati come i 'LVFRYHU\WRRO, in cui milioni di risorse vagliate

dal-la comunità scientifica sono indicizzate e descritte a un livello di granudal-larità

dei dati che può arrivare fino al singolo articolo

36

.

Qualsiasi iniziativa scientifica che voglia essere presente e riconosciuta

all’interno di questi circuiti comunicativi non può quindi prescindere dalla

scelta di un software adeguato per dotare articoli, monografie e altri

contri-buti di ricerca di metadati conformi ai principali standard internazionali. A

partire dal 2010 Reti Medievali utilizza 2SHQ-RXUQDO6\VWHPs per la

gestio-ne e per la pubblicaziogestio-ne della rivista elettronica; gestio-nel 2014 ha poi adottato

(3ULQWV per la creazione di RM 2SHQ $UFKLYH, l’archivio ad accesso aperto

dedicato agli studi medievistici, che nello spirito della Open Access Initiative

sostituisce e aggiorna, integrandola nel circuito internazionale degli archivi

aperti, le precedenti sezioni RM%LEOLRWHFD e RM 'LGDWWLFD

37

. Sia consentito

fornire ancora alcune informazioni tecniche sui due programmi applicativi e

sulle ragioni della loro scelta.



35 Devine, Egger-Sider, *RLQJ EH\RQG *RRJOH; sul web invisibile i due autori sono tornati in

Devine, Egger-Sider, *RLQJ%H\RQG*RRJOH$JDLQ.

36 Pasqui, (YROX]LRQH; Marchitelli, *OL23$&.

37 Nel 2006 era stato avviato un analogo progetto naufragato per un difetto di progettazione e

per la sostanziale indisponibilità del Consorzio Interuniversitario Lombardo per l’Elaborazione Automatica (CILEA) a comprendere quali fossero le pratiche della comunicazione scientifica all’interno della nostra disciplina. Cenni al progetto sono in Varanini, 5HWLPHGLHYDOL.

(16)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>



2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è un software RSHQVRXUFH, gratuito, per la

gestio-ne di riviste elettroniche, sviluppato da due ategestio-nei canadesi, la University of

British Columbia e la Simon Fraser University, di concerto con la

statuniten-se Stanford University, nell’ambito del Public Knowledge Project,

un’iniziativa collaborativa volta a migliorare la “qualità della ricerca

scientifi-ca e acscientifi-cademiscientifi-ca” attraverso lo sviluppo di software per l’editoria, la

comuni-cazione scientifica e la condivisione della conoscenza, secondo i principi del

libero accesso ai risultati delle ricerche scientifiche. IlPublic Knowledge

Pro-ject, oltre a 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV, ha sviluppato 2SHQ&RQIHUHQFH6\VWHPV,

per la gestione, la pubblicazione e l’indicizzazione di conferenze, in diversi

formati, anche video, così come 2SHQ $UFKLYHV +DUYHVWHU e /HPRQ;0/

per facilitare l’indicizzazione della produzione accademica e di ricerca; a

par-tire dal 2012 ha poi reso disponibile in versione beta anche la piattaforma

2SHQ0RQRJUDSK3UHVV per gestire i flussi editoriali e la pubblicazione di

vo-lumi ad accesso aperto

38

. Nel dicembre 2013 circa 7.500 riviste elettroniche

usavano 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV, perché garantisce un’elevata visibilità in

re-te ai contributi pubblicati, grazie alla conformità al protocollo per

l’esposizione e la raccolta dei metadati PMH (Protocol for Metadata

Harve-sting), sviluppato dall’Open Archives Initiative. Tale protocollo, che si basa

sui protocolli HTTP (Hypertext Transfer Protocol), per il trasferimento in

re-te dei dati, e sul metalinguaggio dichiarativo e descrittivo XML, per la loro

rappresentazione nel formato Dublin Core, garantisce la massima

interope-rabilità tra i sistemi che lo utilizzano. 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è compilato in

PHP, un linguaggio di VFULSWLQJ interpretato

39

, e utilizza Smarty, un

com-plesso WHPSODWHHQJLQH, scritto in PHP e utilizzato per compilare i WHPSODWH,

tenendo separata la logica e il contenuto dell’applicazione dalla sua

presenta-zione grafica. In tal modo gli script PHP relativi alla parte applicativa del

sof-tware sono resi indipendenti da quelli relativi al layout grafico, mentre è il

WHPSODWHHQJLQH a fondere i due aspetti, generando contenuti web mediante

l’interpretazione dei dati forniti dalla parte applicativa e la sostituzione di

va-riabili e di istruzioni di controllo del flusso, grazie all’inserimento all’interno

del documento di speciali marcatori

40

. Tutti i dati inseriti in 2SHQ -RXUQDO

6\VWHPV sono salvati in un database SQL, interrogato tramite il provider di

accesso ai dati ADODB, una libreria di astrazione del database

41

.

L’adozione da parte di Reti Medievali di un software come 2SHQ-RXUQDO

6\VWHPV per pubblicare una rivista ad accesso aperto, secondo VWDQGDUG e

protocolli definiti a livello internazionale, ha comportato e ancora comporta



38 Una installazione è usata dal &HQWURGL$WHQHRSHUOH%LEOLRWHFKH dell’Università degli Studi di

Napoli Federico II per la gestione delle collane di ateneo ad accesso aperto <http://www.fedoa books.unina.it/index.php/fedoapress>.

39 <http://www.php.net>. 40 <http://smarty.net>.

41 L’installazione di 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV è stata da me personalizzata con gli interventi

(17)

[16] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

un intenso lavoro redazionale per provvedere tutti gli articoli di metadati

non solo in italiano ma anche in inglese: autore, titolo, ente di afferenza,

ab-stract, settore scientifico-disciplinare, classificazione decimale Dewey e

Li-brary of Congress, ambito cronologico e geografico, tipologia della ricerca,

fonti utilizzate, parole chiave ecc. Tale scelta ha però l’indubbio vantaggio di

assicurare ai contributi di ricerca una rapida diffusione planetaria nei circuiti

controllati della comunicazione scientifica, non solo grazie al loro

inserimen-to nei cataloghi unificati delle risorse digitali (KDUYHVWHU), come 2$,VWHU,

6FLHQWLILF&RPPRQVRUJ o 3OHLDGL

42

, oppure nelle banche dati bibliografiche,

come -RXUQDO7RFV, 3UR4XHVW'DWDEDVHV o 8OULFKV, che raccolgono i metadati

esposti secondo il protocollo OAI-PMH; ma anche grazie al loro

riversamen-to nella 'LUHFWRU\RI2SHQ$FFHVV-RXUQDOV(DOAJ)

43

, uno straordinario

ser-vizio offerto dalla biblioteca della Lund University, che indicizza soltanto le

riviste scientifiche, ad accesso aperto, sottoposte a SHHU UHYLHZ. 2SHQ

-RXUQDO6\VWHPV, attraverso un apposito SOXJLQ, consente infatti di esportare

automaticamente tutti gli articoli pubblicati e i relativi metadati nel formato

XML richiesto daDOAJ.

DOAJ indicizza 10.067 riviste scientifiche sottoposte a SHHU UHYLHZ, di

cui ben 5.944 conformi anche al protocollo OAI-PMH. Le riviste conformi a

tale protocollo sono le uniche che sono ricercabili, attraverso gli KDUYHVWHU e

particolari software di interrogazione integrata, non solo a livello di testata,

ma anche di articolo. Le riviste italiane ad accesso aperto presenti in DOAJ

sono 298

44

e tra queste vi è anche RM 5LYLVWD, indicizzata e ricercabile a

li-vello di singolo contributo. La circostanza che RM 5LYLVWD sia in DOAJ e che

DOAJ sia 7DUJHW di SFX e sia integrato nel .QRZOHGJH%DVH di MetaLib, due

potenti software, sviluppati dalla Ex-Libris e adottati nel mondo da più di

1500 istituzioni universitarie e di ricerca

45

; il fatto che DOAJ sia indicizzato

nei 'LVFRYHU\ 7RRO commerciali (di Ex-Libris, di Ebsco, di Summon) e sia

facilmente indicizzabile in quelli RSHQVRXUFH (VuFind), fanno sì che RM 5L

YLVWD sia presente nei cataloghi di migliaia di biblioteche al mondo, dalla

Spagna alla Francia, dalla Germania agli Stati Uniti, dalla Svezia alla

Finlan-dia, dalla Cina al Giappone

46

. È evidente che nessuna rivista storica diffusa

attraverso i tradizionali canali della distribuzione editoriale a stampa può

raggiungere la stessa potenziale platea di lettori.



42 Le URL sono, rispettivamente, <http://www.oclc.org/oaister/>, <scientificcommons.org> e

<http://www.openarchives.it/pleiadi/>.

43 <http://www.doaj.org/>.

44 <http://www.doaj.org/doaj?func=byCountry>; dato aggiornato al 02/12/2014.

45 Dal 2002 al 2008 ho coordinato il gruppo di implementazione di SFX/MetaLib presso

l’Università degli studi di Napoli Federico II, che è stata la prima in Italia a sperimentare tali software per realizzare un portale e un sistema di ricerca integrata. Per SFX, <http://www.exli brisgroup.com/category/SFXOverview>; per Metalib, <http://www.exlibrisgroup.com/category /MetaLibOverview>.

46 Un elenco, molto parziale, è alla pagina <http://www.rm.unina.it/RM-Cataloghi-periodici.

(18)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>



Grazie a un SOXJLQ appositamente sviluppato dal gruppo 2SHQ $FFHVV

della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, d’intesa con Magazzini

Digitali e il CILEA, 2SHQ -RXUQDO 6\VWHPV effettua poi automaticamente il

deposito legale di RM 5LYLVWD sui server delle Biblioteche Nazionali di

Firen-ze, Roma e Venezia Marciana

47

. Contestualmente è anche attribuito a ciascun

articolo un identificativo univoco 1DWLRQDO %LEOLRJUDSK\ 1XPEHU (NBN),

utile ai fini della conservazione nel lungo periodo

48

.

D’altronde, lo spinoso problema della preservazione del patrimonio

digi-tale è sempre stato nell’agenda di Reti Medievali almeno dal 2003, quando

invitammo Maria Guercio ad affrontarlo al convegno napoletano sui libri

e-lettronici. Di recente, il 30 marzo 2012, abbiamo sottoscritto un accordo con

la Bayerische Staatsbibliothek di Monaco di Baviera per assicurare

l’archiviazione a lungo termine della rivista e degli e-book anche sui server

della biblioteca tedesca nell’ambito del progetto 'LJLWDOH %LEOLR

WKHN/DQJ]HLWDUFKLYLHUXQJ. Inoltre, a partire dal 2013, in seguito

all’adesione del Centro di Ateneo per le Biblioteche dell’Università degli

Stu-di Stu-di Napoli Federico II a Controlled Lots of Copies Keep Stuff Safe

(CLOCKSS), le sezioni RM 5LYLVWD e RM (ERRNV, presenti sui server

dell’ateneo federiciano, sono entrate in questo programma internazionale di

conservazione distribuita delle pubblicazioni digitali, al quale partecipano

biblioteche ed editori di oltre 50 paesi

49

.

L’adozione di 2SHQ-RXUQDO6\VWHP è risultata oculata ancora per

un’al-tra ragione. Nel 2008 avevamo infatti avviato le laboriose procedure per

ot-tenere l’indicizzazione di RM 5LYLVWD nei principali database citazionali: in

$UWVDQG+XPDQLWLHV&LWDWLRQ,QGH[Š e &XUUHQW&RQWHQWVŠ$UWV +XPD

QLWLHV di Thomson Reuters (già ISI), in SCOPUS di Elsevier. È noto che tali

banche dati impongono il costante rispetto di una serie di requisiti strutturali

e funzionali, come l’assoluta regolarità di pubblicazione, la presenza di un

comitato scientifico internazionale, il ricorso alla EOLQG SHHU UH

YLHZ documentata e corredata di UHSRUW statistici, la redazione di DEVWUDFW in

inglese per ogni articolo, la pubblicazione di contributi di autori non solo

na-zionali e di almeno uno in una lingua diversa dall’italiano. Thomson Reuters

si riservava inoltre di sottoporre almeno un numero della rivista alla

re-visione paritaria di esperti della disciplina. Tali procedure di ammissione si

sono concluse per RM 5LYLVWD nel 2011, con esito positivo sia per Thomson

Reuters sia per Elsevier. Indubbiamente è stata determinante l’estrema cura

per la qualità scientifica ed editoriale degli articoli, sostenuta da uno stile di

lavoro redazionale fortemente collaborativo, in grado di reggere l’onda d’urto

di nervosismi e tensioni che inevitabilmente insorgono in prossimità di

im-

47 Sul gruppo che coordino dal 2006 Delle Donne, &58,. Sul plugin Marchitelli, 6YLOXSSDWR. 48 Bellini, Cirinnà, Lunghi, Luddi, Messina, Bergamin, Messuti, Cordani, Delle Donne, Rossi,

Vignocchi, Arabito, Pišþanc’, ,OSURJHWWR.

(19)

[18] Roberto Delle Donne



Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>

procrastinabili scadenze. Non irrilevante è però stata la standardizzazione

dei metadati e delle procedure di gestione e di archiviazione delle

pubblica-zioni resa possibile da 2SHQ-RXUQDO6\VWHPV.

Grafico 1

Fonte: 5HJLVWU\RI2SHQ$FFHVV5HSRVLWRULHV <http://roar.eprints.org/> (05/12/2014)

La volontà di dotare ogni contributo di metadati descrittivi

standardiz-zati e controllati è alla base anche della scelta del software (3ULQWV per la

cre-azione della nuova sezione RM 2SHQ$UFKLYH. Nel corso del 2014, dopo una

progettazione durata alcuni anni, è iniziato il caricamento di tutti i contributi

attualmente presenti in RM %LEOLRWHFD e in RM 'LGDWWLFD, per veicolare nei

circuiti internazionali della comunicazione scientifica anche i contributi

me-dievistici già pubblicati in altre sedi, sia in formato testo, sia in altri formati,

persino multimediali

50

. Ancora una volta si è scelto un software RSHQVRXUFH

gratuito, (3ULQWV, realizzato in linguaggio PERL (Practical Extraction and

Report Language) dalla University of Southampton con il sostegno di

un’ampia comunità internazionale di sviluppatori. L’esposizione dei

meta-

50 Sul software si veda <http://www.eprints.org/>. Finora sono stati già caricati oltre 1100

tito-li. Dati gli standard prescelti, dati e metadati potranno all’occorrenza migrare agevolmente su altre piattaforme, come DSpace <http://www.dspace.org/>.

(20)

Reti Medievali Rivista, 15, 2 (2014) <http://rivista.retimedievali.it>



dati descrittivi dei singoli contributi nel formato 'XEOLQ &RUH secondo lo

standard OAI-PMH si è nuovamente rivelata efficace per la disseminazione

della produzione scientifica e il libero accesso in rete alle risorse digitali per

la ricerca e la didattica. Tutte le pubblicazioni depositate in RM 2SHQ $U

FKLYH potranno quindi essere indicizzate dagli KDUYHVWHU e incluse in banche

dati bibliografiche e a testo pieno, nei cataloghi di università e centri di

ri-cerca di tutto il mondo.

A indurci a creare un archivio disciplinare ('LVFLSOLQDU\$UFKLYH) non è

però stata soltanto la volontà di veicolare due importanti sezioni di Reti

Me-dievali, con oltre 2.500 contributi di ricerca e didattici, all’interno di un

cir-cuito internazionale che conta circa 3.850 UHSRVLWRU\ nel mondo e che

pre-senta valori di incremento annuo del numero dei record depositati superiori

alle 500.000 unità (Grafico 1). Non meno determinante è stato

l’intendimento di offrire alla comunità nazionale e internazionale dei

medie-visti una piattaforma adeguata a rispondere alle richieste che molti enti

sov-venzionatori, sia pubblici sia privati, rivolgono agli studiosi da loro finanziati

di depositare i risultati della ricerca, entro un limitato arco di tempo, in

ar-chivi ad accesso aperto. Mi limito a ricordarne alcuni.

Nell’agosto del 2008, European Research Council e Commissione

Euro-pea hanno approvato un progetto pilota sull’accesso aperto

51

, relativo alle

ri-cerche realizzate con finanziamenti europei nell’ambito del Seventh

Frame-work Programme (2007-2013)nelle aree salute, energia, ambiente,

tecnolo-gia dell’informazione e della comunicazione, infrastrutture di ricerca, scienze

sociali, studi umanistici e scienza nella società. I ricercatori che hanno

otte-nuto tali finanziamenti sono tenuti a depositare nell’archivio aperto della

propria istituzione o in uno disciplinare tutti gli articoli realizzati nell’ambito

dei progetti finanziati che siano stati pubblicati in riviste scientifiche

sotto-poste al controllo di qualità (SHHUUHYLHZHG). Per l’area delle scienze umane e

sociali tali articoli dovranno essere resi disponibili ad accesso aperto al

mas-simo entro 12 mesi dalla pubblicazione

52

. Per sostenere la realizzazione di

questo progetto pilota, la Commissione Europea ha finanziato la creazione di

OpenAIRE (2SHQ$FFHVV,QIUDVWUXFWXUHIRU5HVHDUFKLQ(XURSH), una

piatta-forma interoperabile con anagrafi della ricerca, archivi disciplinari e

istitu-zionali, in grado di assicurare funzionalità di ricerca, navigazione e accesso ai

contenuti dei diversi archivi, secondo protocolli definiti dalla comunità 2SHQ

$FFHVV, allo scopo di favorirne la massima diffusione. Le installazioni di 2

SHQ-RXUQDO6\VWHPV e di (3ULQWV di 5HWL0HGLHYDOLsono state rese

“compa-tibili” (FRPSOLDQW) con OpenAIRE attraverso l’implementazione di un

appo-sito SOXJLQ.



51 EC, 5HVHDUFK ,QQRYDWLRQ3DUWLFLSDQW3RUWDO, 5HIHUHQFH'RFXPHQWV <http://ec.europa.eu/

research/participants/portal/desktop/en/funding/reference_docs.html#fp7>.

(21)

>@5REHUWR'HOOH'RQQH



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GDOPRPHQWRFKHJLjQHOQHOOR Study on the economic and technical

evolution of the scientific publication markets in Europe. Final report



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 3HU OD 6SDJQD Ley 14/2011, de 1 de junio, de la Ciencia, la Tecnología y la Innovación

DUWLFXORDifusión en acceso abiertoKWWSZZZERHHVERHGLDVSGIV%2($ SGI! /D OHJJH VSDJQROD HVFOXGH GDOOD GLIIXVLRQH DG DFFHVVR DSHUWR OH RSHUH GL FXL VLDQR VWDWL WUDVIHULWL D WHU]L L GLULWWL FRQ FRQWUDWWR 3HU OD *HUPDQLD Gesetz zur Nutzung

verwaister und vergriffener Werke und einer weiteren Änderung des Urheberrechtsgesetzes

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