• Non ci sono risultati.

Guarda Annabela Rita, Fernando Cristóvão (e ds.), Daniela Marcheschi (Prefácio). Fabricar a Inovação – O Processo Criativo em Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Guarda Annabela Rita, Fernando Cristóvão (e ds.), Daniela Marcheschi (Prefácio). Fabricar a Inovação – O Processo Criativo em Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

Fabricar a Inovação

O Processo Criativo em Questão nas Ciências,

nas Letras e nas Artes

Luísa Marinho Antunes

Universidade de Madeira

Abstract

Recensione del volume Annabela Rita e Fernando Cristóvão (eds). Fabricar a Inovação – O Processo

Criativo em Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes, coord. Prefácio Daniela Marcheschi. Lisboa:

Gradiva, 2016. Stampa (pp.396) seguita dalla versione italiana della Prefazione.

Review of Annabela Rita e Fernando Cristóvão (eds). Fabricar a Inovação – O Processo Criativo em

Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes, coord. Prefácio Daniela Marcheschi. Lisboa: Gradiva,

2016. Print (pp.396) followed by the italian version of the Preface. Parole chiave

Innovazione, creazione, tradizioni Contatti lu.p@live.com

Fabbricare l’innovazione

La raccolta di saggi Fábricar a Inovação, coordinata da Annabela Rita, professore dell’Università di Lisbona e da Fernando Cristóvão, personalità tra le maggiori nello stu-dio delle letterature e culture lusofone - professore emerito dell’Università di Lisbona e membro della Accademia delle Scienze di Lisbona -, intende rispondere alla complessa questione dell’innovazione epistemologica e culturale in quanto distinta da quel concetto di novità fine a se stessa che conduce allo svuotamento delle risorse della cultura. Pro-prio dalla comune consapevolezza inquieta di tale svuotamento muovono i curatori e gli autori del volume. Riunendo figure di spicco provenienti da diversi campi e aree della conoscenza in Portogallo altri paesi europei (Slovenia, Spagna, ad esempio), il libro è un invito alla riflessione sulle forme e le pratiche dell’innovazione e sul ruolo da essa eserci-tato negli sviluppi del processo creativo delle scienze (economia, ingegneria ed elettroni-ca comprese), delle lettere e delle arti (anche del cinema e del suo modo specifico di crea-re le immagini).

Dagli scrittori Alexandre Honrado, Miguel Real e Teolinda Gersão – considerata quest’ultima una delle autrici più importanti della Letteratura portoghese contemporanea –, a studiosi di letteratura e storia come Ernesto Rodrigues e José Eduardo Franco, il vo-lume presenta diversi punti di vista uniti dall’adesione a un’idea di innovazione come es-senziale alla creazione/invenzione autentica. Come scrive Paulo Maria Dias, nella Postfa-zione, fabbricare l’innovazione è «la via aperta nell’inquietudine dell’emozione e del pen-siero, delle parole e delle immagini. È il percorso nel/l’(dis)ordine, nella costruzione dell’innovazione e del cambiamento per la creazione di un nuovo incontro, un altro

(2)

Enthymema, XVII 2017, p. 315

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

momento, che si fa singolare, giacché è un nuovo ordinamento della rappresentazione emergente» (395).

Il percorso scelto da ciascuno dei diversi autori ‘inquieti’ è unico, ma anche collettivo, perché conduce al luogo della nascita dell’innovazione e alla domanda su come questa possa esistere nei più differenti aspetti in rapporto stretto con la creazione. Innovazione – genialità o pazzia? –, si chiede Alexandre Honrado; e della creazione come «trilogia» filosofica della ricerca di Dio, dell’Uomo e della scienza tratta Amadeu Lacerda. Una re-lazione fra arte e chimica, a partire dai principi di Lavoisier, è proposta da Annabela Rita; mentre l’autoriflessione di Fernando Pessoa sulle modalità della conoscenza poetica, del ruolo del soggetto (nei termini di Alain Badiou) e della “riscrittura” del mondo è portata come esempio da Dionísio Vila Maior. Cultura, arte e creazione in libertà è l’insieme su cui discute Joaquim Patrício come processo, ricco di scambi reciproci, della costruzione di una forma; la storiografia come costruzione e creazione, fra verità dei fatti e finzione narrativa, è la tematica affrontata da José Eduardo Franco. Il contributo di chi scrive qui è invece dedicato al narratore e critico italiano Giuseppe Pontiggia e alla sua riflessione sulla dinamica della conoscenza che affiora in particolare nel volume Le sabbie immobili del 1991: dal movimento dello sguardo e della mente sulle cose più diverse, sempre immobili e sempre mobili, alla formazione del pensiero attraverso la frizione, l’attrito della con-traddizione, tra serio e non serio. Tanti sono insomma i contributi che fanno parte del libro Fábricar a Inovação e che aprono orizzonti ed offrono una visione multidisciplinare ed ampia sui significati e gli aspetti esperienziali e teoretici dell’innovazione.

La prefazione di Daniela Marcheschi allerta sull’urgenza di cambiare il cambiamento, seguendo l’appello di Günther Anders, e richiamando l’essere umano alla propria re-sponsabilità: quella di operare sulla/nella cultura e di realizzare le possibilità, rendendo questo mondo un luogo più umano, dove l’Uomo sia soggetto e non mero spettatore di un spettacolo che egli ha lasciato prendere il predominio sulla sua vita.

In effetti, già nel 2001, nei saggi interdisciplinari raccolti in Prismi e Poliedri, Marcheschi si poneva in maniera acuta la questione dell’innovazione che, insieme con le tradizioni e in dialogo con queste ultime, è il motore della creazione vera. Nel libro del 2013 Il Sogno della Letteratura, una decade dopo, la studiosa e critico della letteratura ritornava di nuovo su questa materia basilare e assiale per le scienze e le arti. In un mondo sempre più co-struito intorno ad una cultura consumistica, dello spettacolo (con rimando al termine usato da Mario Vargas Llosa in La Civiltà dello Spettacolo per caratterizzare la civiltà odier-na) e della confusione fra valore e marketing, arte e scelte televisive e d’intrattenimento, perennità e gloria effimera, dove il lavoro e l’apprendimento della tecnica vengono sotto-valutati e considerati su un piano inferiore a quello della capacità di vendere un’immagine o una idea, dove il presente fa a meno del passato, la voce di Daniela Marcheschi si fa sentire come preoccupazione per lo svuotamento dell’arte, della cultura e, ancora di più, dell’identità.

Infatti, secondo la studiosa, la cultura e la scienza perdono il dinamismo necessario in direzione del nuovo, inteso come costruzione del futuro e non come novità, quando si trascura la riflessione sulle tradizioni, dando l’egemonia ad una sola Tradizione e seguendo dei modelli in maniera imitativa: non come l’imitazione era concepita da Dionisio di Ali-carnasso (in Sull’imitazione), cioè quale rielaborazione e creazione del nuovo, ma come ri-produzione di formule. È poi sbagliato pensare che una crisi delle arti e delle discipline umanistiche non riguardi anche le scienze: se queste dimenticano il reale privilegiando l’attualità, l’interesse momentaneo e il presente senza il necessario dialogo e la tensione con gli insegnamenti del passato, finiranno per allontanarsi dalla verità, dall’etica e dalla

(3)

Enthymema, XVII 2017, p. 316

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

innovazione fruttifera di nuove sfide. Lo stesso accade ugualmente in altri campi, come la politica e l’imprenditoria.

La mancanza di un’innovazione che sia basata sulla responsabilità, la conoscenza e il pensiero analitico e sintetico, è sinonimo dunque di un vuoto culturale, perché il rappor-to presente-presente non crea futuro, ma solamente dei simulacri di se stesso in un cer-chio chiuso e pericoloso. Il creatore è l’artista, lo scienziato, il politico, l’imprenditore, capace di comprendere come solo nei binomi di tecnica e arte, di tradizione/tradizioni e innovazione, di passato e futuro si trovi la possibilità del nuovo e del cambiamento. L’originalità del pensiero, della creazione artistica, delle idee politiche dipende, così, non dall’imitazione tout court o dall’invenzione, ma, come efficacemente afferma Giovanni Pa-scoli, dalla capacità di riscoperta, di maturazione e riflessione critica, su quanto è stato nel tempo esperito. «Il nuovo non s’inventa: si scopre».

Bibliografia

Dionigi di Alicarnasso. Sull’imitazione. Ed. Daniela G. Battisti. Pisa e Roma: Istituti Edito-riali e Poligrafici Internazionali, 1997. Stampa.

Marcheschi, Daniela. Prismi e Poliedri. Saggi di Critica e Antropologia delle Arti. Livorno: Silla-be, 2001. Stampa.

---. Prismas e poliedros. Escritos de Crítica e Antropologia das Artes. Prefaçao, Traduçao e notas Luìsa Marinho Antunes e Fernando Figueiredo. Funchal: Atlantida, 2004. Stampa. ---. Il Sogno della Letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni. Roma: Gaffi, 2013. Stampa. Pontiggia, Giuseppe. Le sabbie immobili. Milano: Mondadori, 1991. Stampa.

Vargas Llosa, Mario. La Civiltà dello Spettacolo. Trad. Federica Niola. Torino: Einaudi, 2013. Stampa. Passaggi.

(4)

Enthymema, XVII 2017, p. 317

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

Prefazione a

Fabbricare l’Innovazione

Daniela Marcheschi

Fondazione Dino Terra Abstract

Versione italiana della Prefazione al volume Annabela Rita e Fernando Cristóvão (eds). Fabricar

a Inovação – O Processo Criativo em Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes. Lisboa: Gradiva, 2016.

Stampa.

Italian version of the Preface to Annabela Rita e Fernando Cristóvão (eds). Fabricar a Inovação –

O Processo Criativo em Questão nas Ciências, nas Letras e nas Artes, coord. Lisboa: Gradiva, 2016.

Print.

Parole chiave

Innovazione, creazione, tradizioni Contatti daniela.marcheschi@alice.it

«Il nuovo non s’inventa: si scopre» – scriveva il grande poeta Giovanni Pascoli,1 che, da

simbolista e raffinato esperto di cultura classica qual era, pensava all’etimologia del termine inventare come derivata dall’omonimo verbo latino, intensivo di invenire, ossia trovare. Tuttavia, come si può trovare o produrre scoperta, invenzione, di conseguenza innovazione?

Isaac Newton attribuiva le proprie scoperte «to industry and patient thought» (cit. in D’Israeli, 197) cioè ad applicazione e pazienza, in un binomio che sarebbe pure diventato caro a George-Louis Leclerc de Buffon. Al naturalista francese è stato infatti attribuito il detto «Le génie n’est qu’une plus grande aptitude à la patience».2 Ciò significa che,

secondo Newton e Buffon, per «fabbricare l’innovazione», creare il nuovo o modificare in meglio qualcosa, si deve affrontare un percorso tenace di indagine, ricerca e riflessione o verifica teorica e che, quanto più è attento e meticoloso lo studio, tanto più è sicuro il raggiungimento della meta del rinnovamento o della scoperta. L’asserzione di Newton in particolare – meno ovvia di quanto si potrebbe pensare – rimanda ad un’idea di acquisizione di strumenti e dati, che si sviluppa dall’osservazione e per induzione, sintetizzabile nella sua celebre affermazione «Hypotheses non fingo», secondo la quale si devono assumere solo quelle ipotesi indotte da esperimenti e ragionamenti basati sul nesso di causa-effetto.

La scienza, seguendo un metodo sperimentale e specifici protocolli, deve occuparsi del vero della natura, ossia di ciò che sembrerebbe risultare coerente, ‘reale’ su un piano oggettivo, indipendente dalle convinzioni o dai gusti personali del ricercatore. Secondo Thomas Kuhn, però, gli scienziati creerebbero o accetterebbero semplicemente alcuni paradigmi teorico-operativi, per scontrarsi poi con delle anomalie, capaci di mettere in 1 Così nel capitolo VI del suo saggio di poetica Il fanciullino.

2 Da parte di Marie-Jean Hérault de Séchelles 15. In ogni caso Buffon associa i termini attribuiti a Newton da D’Israeli (il padre del celebre statista inglese Benjamin Disraeli) nel primo discorso della

(5)

Enthymema, XVII 2017, p. 318

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

crisi i paradigmi consolidati, e per aprire ulteriormente la via a paradigmi nuovi, sulla cui persuasività discuterà la comunità scientifica. Senza entrare nel merito delle contestazioni che Karl Popper ha avanzato a Kuhn, secondo le quali gli scienziati devono abbandonare una teoria, non appena emerga una prova in grado di falsificarla, è interessare notare che Imre Lakatos distingue tra programmi di ricerca progressivi e programmi di ricerca degenerativi. Questi ultimi, per il filosofo della scienza ungherese, sono quelli contraddistinti dalla mancanza di sviluppi o dalla proliferazione di ipotesi protettive, cioè incapaci di condurre alla scoperta di fatti nuovi.

La grande letteratura e le arti, qualsiasi cosa raccontino o rappresentino, ispirata dal ‘vero’ o di pura invenzione che sia, puntano invece sempre alla verità dell’essere umano, anche perché – come riteneva Pablo Picasso – tutto ciò che può essere immaginato, e ‘inventato’ dalla fantasia, è reale. La percezione del mondo o del reale filtra attraverso la nostra soggettività, che mira nelle arti ad un’esperienza di espressione, di bellezza e conoscenza: di verità nell’accezione antica del termine, cioè di faticosa acquisizione di valori autentici, intimi ed indimenticabili. È la verità dell’incontro emozionante del soggetto con le cose o gli eventi fondamentali dell’esistenza, che ci hanno in vario modo già interpellato, perché si sono presentati, inevitabili, a noi. La verità è ciò che viene incontro, che riguarda e apre una possibilità unica e irripetibile: è ciò che si conosce già, da tempo ed intimamente, e che si propone all’ascolto, perché si possa seguire la strada ‘vera’, senza scorciatoie, della coscienza e della conoscenza (Sias 27-30).

‘Vero’ e ‘verità’, dunque. Ambedue sono in stretta relazione, i loro confini sono molto sottili, ma diversi sono i loro ambiti. L’equivoco operativo del Naturalismo e di tutti i neo-realismi scaturisce proprio dal confonderli in poetiche anche troppo pronte ad abolirne i tratti di demarcazione: fini quanto si vuole, eppure ben visibili.

Se un intento conoscitivo puro può essere esclusivo della scienza piuttosto che dell’arte o della letteratura, in cui agiscono al contrario anche altre istanze d’ordine comunicativo, sentimentale, speculativo o etico, è però un errore attribuire alla letteratura e all’arte in genere un’esclusiva, totalizzante, funzione di conoscenza irrazionale, che, riducendo e semplificando ad arbitrio il carattere molteplice dell’opera d’arte, ingenera altri equivoci. La verità della letteratura e delle arti, che scaturisce da un’istanza profonda della soggettività, presuppone comunque un lavoro razionale, speculativo, artigianale e di invenzione serrato e rigoroso, sebbene non si ottenga con un unico metodo. Quella verità delle arti è appunto verità da mettere sempre in discussione, perché gli uomini, nel cammino della storia, vivono e sperimentano il molteplice, gli aspetti sempre nuovi dell’esistere. In letteratura o nelle arti, così, la verità è la sfida stessa della verità, un valore che non può mai essere posseduto una volta per tutte, altrimenti si muta in dogma o in modello manierista. La lezione di uno scrittore come Fëdor Dostoevskij, ad esempio, non suggerisce né la resa al nichilismo (negatore dell’esistenza stessa della verità) né l’adesione al dogmatismo, ad una Verità stabilita una volta per sempre, bensì invita l’uomo all’unica «libertà» e «responsabilità» che gli sono veramente possibili: la crisi, animata da una perpetua tensione di ricerca per approntare una soluzione ulteriore, solo un’altra verità provvisoria. È una ricerca di verità attiva, di una totalità, in nome di istanze sentimentali, etiche e utopiche della soggettività, tali da coinvolgere prima di tutto l’autore, che si esprime e conosce il mondo attraverso la letteratura. Per una scoperta che è in primis quella di chi scrive, che trova ciò che non sapeva di sapere; e il lettore con lui. Si tratta infatti della verità di «quel sé che coincide con gli altri» umani ‘sé’ su un piano

(6)

Enthymema, XVII 2017, p. 319

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

ideale, come asseriva Giuseppe Pontiggia in L’Isola volante (126);3 e di cui la parola è

svelamento, quando l’io accoglie la ragione delle cose e se ne fa trasparente segno. Poiché scrivere non è solo manipolare superficialmente la grammatica del linguaggio o di una lingua, bensì cercare la propria verità passando anche al vaglio del linguaggio stesso i contenuti da comunicare, quindi ri-verificando il linguaggio ancora con il linguaggio. Di necessità, l’Etica non sta fuori di quest’ultimo, ma dentro di esso (Marcheschi, Prismas e poliedros 33-48) e si pone pertanto in tensione con l’Estetica.

La stessa realtà non è solamente le cose o gli oggetti percepiti, bensì una visione complessiva degli eventi e dei rapporti significativi che intercorrono fra di essi. Nelle attività creative, in conclusione, laddove si producono alti valori formali, nel senso forte del termine, l’innovazione è un processo continuo, che coincide con l’ininterrotta ricerca soggettiva di verità da parte dell’autore o dell’artista.

Il destino biologico e antropologico dell’uomo – che è costituito del passato della specie, del presente della storia e delle sue tradizioni e del futuro da indirizzare – è quello di poter produrre e potersi misurare con ogni sapere e fare. Bisogna allora avere ben presente che si deve e si può fare la letteratura e l’arte con tutto; anzi, più aperto e ricco di sapere è l’angolo visuale di uno scrittore o di un artista, più il suo occhio saprà cogliere i nessi profondi delle cose e raccontarle o restituirle nella loro complessità. È precisamente in un tale modo di porre in interrelazione le discipline, che il pensiero acquisterà un nuovo impulso verso il cambiamento.

Ogni metodo può allora permettere di raggiungere la verità, essere utile, intrecciandosi con la varietà delle esperienze, dei casi, dei bisogni umani. Non solo le esperienze della vita vissuta, che pure sono essenziali, è ovvio, ma le Scienze naturali, la Fisica e la Matematica, l’Antropologia, la Chimica, il Mito, la Filosofia, o la Psicanalisi possono diventare uno strumento di approssimazione alla verità di sé, alla comprensione delle cose e al loro mutamento in un percorso circolare continuo fra inconscio e conscio, materia e spirito, ragione e sentimento.

Lo stesso realismo è la realizzazione di un’esigenza razionale e, se le scienze e i saperi servono allo scrittore o all’artista per una sua maggiore consapevolezza del mondo, è però l’arte a potersi e doversi occupare di metafisica, cioè a sollevare il problema della realtà, come indicava Hermann Broch (35-60).

Lakoff e Johnson hanno mostrato come immaginazione e razionalità formino la nostra mente e il nostro pensiero: attraverso le metafore, che non sempre avvertiamo come tali, si strutturano le percezioni e la comprensione stessa, l’intero nostro sistema concettuale. Come indicano la Neurofisiologia e l’Antropologia, la traducibilità dei sistemi di pensiero, delle culture, delle tradizioni consente che le esperienze non restino settoriali. Sono quindi destinate a cadere le distinzioni idealistiche, mascherate talvolta di specialismo o scientismo, che le riguardano.

Cosa accade allora nella critica o negli studi di storia dell’arte e della letteratura? Il processo di innovazione non risulta sempre così dinamico, perché le prassi di lettura, di ricerca e di produzione saggistica incappano in nuclei problematici che potremmo considerare analoghi a quelli individuati da Lakatos nella scienza: urgenza di continua ricerca dei testi nelle biblioteche e negli archivi, di scavo filologico e di nuovo continua lettura e interpretazione a parte. Si pensi in particolare alla riflessione su quali regole metodologiche adottare e perché, in relazione alla materia o all’oggetto di studio; sulla necessità di modificare alcune ipotesi ausiliarie oppure di rifiutarle perché incapaci di 3 Ora in Opere. Cfr. Marcheschi, Saggio introduttivo 1374.

(7)

Enthymema, XVII 2017, p. 320

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

spiegare il maggior numero dei fatti e di produrre progressi, di ampliare conoscenze e paradigmi.

La critica è creatività ed analisi riflessiva esercitata direttamente sulla letteratura e sull’arte (è questo, lo ripetiamo, che remore romantiche, idealistiche e metafisiche di vario genere impediscono talvolta di accettare, dando supremo valore alla fantasia e alla sua potenza di creazione in rapporto alla natura e al mondo).

Vero e verità – ossia interdisciplinarità – rappresentano comunque non tanto geometriche e ineliminabili polarità, bensì insiemi definiti del fare artistico o letterario, e ciò vale anche nell’ambito della critica. Solo un simile tipo di rispecchiamento fra vero e verità, nella continua stratificazione delle conoscenze e dei saperi e nel loro reciproco illuminarsi, può infatti consentire di creare insolite configurazioni o ‘finzioni’ di pensiero: cioè di pensare e, contemporaneamente, di mettere in discussione, verificandole nell’esperienza storica – con un’ampia serie di strumenti –, le categorie culturali stesse del pensare. Il confronto fra ambiti disciplinari e teorie diverse può costringere a riesaminare aspetti trascurati di un tema, a seguire percorsi di ricerca inesplorati o poco battuti dalla cultura, a gettare una luce problematica nuova su quanto facciamo pensando e pensiamo facendo.

Consideriamo ad esempio quanto suggeriscono l’Antropologia, ancora, e la Fisica moderna, e ci renderemo conto che ‘cultura’ è solo un nome collettivo e che la molteplicità dell’agire umano nella storia è connessa alla pluralità delle esperienze, nella compresenza di storie e geografie disparate, corrispondente alla molteplicità delle varie tradizioni e della loro coesistenza.

Sovrapponendo i saperi, proiettando gli uni sugli altri e considerandoli quasi in trasparenza, ciò consente di evitare un errore abbastanza diffuso negli studi di storia della letteratura, vale a dire quello di identificare la Tradizione – una presunta unica Tradizione – con il passato e la Storia: errore, ad esempio, che compie Harold Bloom in The Western Canon.4 Questo genere di identificazione, eccessivamente semplificante, discende dalla

tradizione di pensiero della filosofia idealistica di matrice hegeliana: lo Spirito, che è ‘uno’, diviene articolandosi come Storia per Tesi/Antitesi/Sintesi dialettiche sempre nuove, in un incessante percorso di superamento e ricongiungimento perfetto con se stesso.

Ancora, il confronto fra gli stessi saperi (a cui possiamo aggiungere la Filosofia – di S. Agostino e Henri Bergson – e la Psicanalisi) permette di comprendere che la temporalità storica non è solo quella della Fisica classica e una linea retta, formata da una serie di punti in successione e in perenne fuga in avanti, che è possibile sezionare a piacimento, come ritennero ad esempio i Futuristi. Se il passato appartiene a una serie di punti lontana, indietro, su quella retta-vettore che costituirebbe la temporalità storica, e non sono possibili movimenti ‘en arrière’, il passato sarà morto per sempre, e noi, la nostra cultura sarà costretta a vivere nell’eterno presente della cronaca e a inseguire solo le mode. Questa è però una patologia di certa cultura/critica letteraria e artistica contemporanea, che tende a non aprire ed allargare i propri orizzonti conoscitivi. Esiste anche una durata. L’essere umano è dotato di memoria e di immaginazione, ambedue in grado di attivare le stesse aree cerebrali, come hanno scoperto i neurofisiologi. Tutta la cultura umana è arricchita dal passato ed è un grande strumento-modo di essere per slanciarsi nel futuro: immaginarlo e crearlo. Lo stesso essere umano è immerso in un 4 Cfr. la confutazione di Marcheschi, Il Sogno della Letteratura 245-256, anche diversamente ribadita in

(8)

Enthymema, XVII 2017, p. 321

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

orizzonte spazio-temporale, entro il quale, in relazione alla sua collocazione, si vengono via via a definire le coordinate di passato, presente e futuro in cui egli si muove o intende farlo. Siamo noi con le nostre scelte a «presentificare» le tradizioni culturali, che devono essere poste in tensione con il loro portato di tempo fattosi pensiero, materie, forme, tecniche, parole o concetti. Siamo noi a renderle oggi vive e operanti nella nostra impronta; noi a «passatizzarle», se ci appaiono inadatte a quanto sembra giusto esprimere qui e ora; a «futurizzarle», a consegnarle nelle mani delle generazioni avvenire. Così le tradizioni sono piuttosto dei grandi fiumi carsici, pronti a scorrere a cielo aperto, poi ad inabissarsi nelle viscere della terra per tornare infine in qualche luogo di nuovo ben visibili alla superficie.

Per la sua stessa natura antropologica l’essere umano, lungi dall’essere una tabula rasa, pensa per tradizioni, conosce per tradizioni, perché così si articola la cultura stessa, che ha prodotto nella sua esistenza di specie animale sul nostro pianeta. Allora pensare le forme della tradizione in cui ci riconosciamo, o delle tradizioni che sono il nostro bagaglio, e ripensarle, è l’unico modo per rinnovarla o rinnovarle, giacché la tradizione o le tradizioni sono il solo e autentico principio unificante dell’arte o della letteratura e, proprio in quanto tali, in grado di consentire la pluralità libera e attiva delle voci interpretanti e creative. Solo su simili basi conoscitive e razionali, sempre in dialogo con la nostra struttura biologica, l’inconscio, il nostro mondo affettivo, sarà possibile innovare, sostituendo il nichilismo che pervade anche troppa cultura contemporanea.

Il passato è in noi e opera in noi, ma non determina senza scampo il futuro; e la cultura vive luminosa solo nell’apertura verso il possibile, il nuovo. È il reale, infatti, che si fa incessantemente altro, che determina il possibile: soltanto in questo può dispiegarsi quella tensione a «cambiare il cambiamento», auspicata da Günther Anders5, affinché «il

mondo non continui a cambiare senza di noi e, alla fine, non si cambi in un mondo senza di noi».

Bibliografia

Anders, Günther. Die Antiquiertheit des Menschen. München: Beck’sche Verlag, 1980. Stampa.

---. L’uomo è antiquato. La terza rivoluzione industriale. Trad. Maria Adelaide Mori. Torino: Bollati Boringhieri, 1992. Stampa.

Bloom, Harold. The Western Canon. The Books and School of the Ages. New York: Harcourt Brace, 1994. Stampa.

Broch, Hermann. Hofmannsthal e il suo tempo. Introduzione Saverio Vertone. Roma: Edito-ri Riuniti, 1981. Stampa.

D’Israeli, Isaac. Curiosities of Literature. London, Richard Bentley, 1838. Stampa. Hérault de Séchelles, Marie-Jean. Voyage à Montbar. Paris: chez Solvet, 1800. Stampa.

5 Si cita l’epigrafe a Anders Die Antiquiertheit des Menschen nella traduzione italiana di Maria Adelaide Mori.

(9)

Enthymema, XVII 2017, p. 322

http://riviste.unimi.it/index.php/enthymema

Kuhn, Thomas. The Structure of Scientific Revolutions. 50th Anniversary. Introduction Ian

Hacking. Chicago: University of Chicago Press, 20124 Stampa.

Lakatos, Imre and Musgrave, Alan. Criticism and the Growth of Knowledge. Cambridge: Cam-bridge University press, 1970. Stampa.

Lakoff, George and Johnson, Mark. Metaphors, We live by. Chiacago: The University of Chi-gago Press, 1980. Stampa.

Marcheschi, Daniela. Prismas e poliedros. Escritos de Crítica e Antropologia das Artes. Prefaçao, Traduçao e notas Luìsa Marinho Antunes e Fernando Figueiredo. Funchal: Atlantida, 2004. Stampa.

---. Il Sogno della Letteratura. Luoghi, maestri, tradizioni. Roma: Gaffi, 2012. Stampa.

---. Saggio introduttivo. Opere. Di Giuseppe Pontiggia. Milano: Mondadori, 2004. Stampa. ---. Prefaçao. Luz & sombras do Cânone literário. Di Annabela Rita. Lisboa: Esfera do Caos,

2014. Stampa.

Pascoli, Giovanni. “Il fanciullino”. Miei pensieri di varia umanità. Messina: Muglia, 1903. Stampa.

---. “Il fanciullino”. www.fondazionepascoli.it/testi8.htm. Web.

Pivoteau, Jean et al. Oeuvres philosophiques de Buffon. Paris: PUF, 1954. Stampa.

Pontiggia, Giuseppe. Opere. Ed. Daniela Marcheschi. Milano: Mondadori, 2004. Stampa. Sias, Giovanni. Fuga a cinque voci. L’anima della Psicoanalisi e la formazione degli psicoanalisti.

Riferimenti

Documenti correlati

patologica ovina (PrP Sc )”- Tesi di Dottorato in Scienze Biomolecolari e Biotecnologiche – Università degli Studi di

In the kidney, tubular cell polyploidization has frequently been observed in the proximal convoluted tubule S2 segment that is not directly injured during ATN (Figure 2 ).

Il percorso di ricerca partecipativa realizzato con le scuole della provincia di Pistoia, nono- stante la ristrettezza del campione, ha messo in evidenza come non esista un “noi” e

Giuseppe Renzo, presidente nazionale Commissione Albo Odontoiatri (Cao) della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli

cita Punt eggi o. Anno

Stabilito ch altre classi avranno un al 10% dei specializza passaggio musicale, u concorso d Ma c’è anc classi di co Altro motivo cui non è p possesso d domande, p che non

ggio Anno Scuola Acquis.. PIO DA PIETRALCINA

o Cognome Nome Data Nascita..