Le nuove politiche di sviluppo
rurale: la posizione dell’Italia
di Gianni Alemanno, Ministro delle Politiche Agricole e Forestali
o scorso 14 luglio la Commissione europea ha presenta-to la bozza di regolamenpresenta-to di riforma del sostegno al settore dello sviluppo rurale relativo al periodo 2007-2013. Il documento proposto conferma la crescente importanza attribuita a livello comunitario all’insieme delle politiche ormai comunemente note come “secondo pilastro della PAC”, anche perché interessano oltre il 90% del territorio dell’UE-25 e più della metà della sua popolazione.
Molti gli elementi innovativi inseriti nel testo della proposta. Tra tutti, un consistente passo in avanti, per quanto concerne la semplificazio-ne, è stato fatto recependo le principali indicazioni emerse nella conferenza di Salisburgo, con la creazione di un fondo unico dedica-to al finanziamendedica-to dei soli interventi di sviluppo rurale su tutdedica-to il ter-ritorio comunitario.
Inoltre, sono state privilegiate modalità di programmazione più snel-le delsnel-le attuali e recepiti gli orientamenti scaturiti dai Consigli di Lisbona e Göteborg, in ordine agli aspetti socio-economici ed ambientali delle varie politiche comunitarie.
Il calendario dei lavori proposto dalla Commissione prevede l’ap-provazione del testo entro la metà del prossimo anno, prima della scadenza del mandato di Presidenza lussemburghese (giugno 2005).
In questo modo, si dovrebbe disporre del nuovo testo con un anno e mezzo di anticipo rispetto all’avvio della nuova fase di programmazione e ciò dovrebbe consentire la redazione di programmi più mirati ed attenti alle reali esigenze del territorio su cui andranno applicati.
L’analisi dell’articolato è stata suddivisa per temi, consentendo alle varie delegazioni di approfondi-re l’esame sulle singole misuapprofondi-re, mentapprofondi-re il dibattito comunitario si concentra sul problema delle pro-spettive finanziarie, che alcuni Stati membri vor-rebbero ridimensionare fortemente, fino a limitare
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Istituto Nazionale di Economia AgrariaDirettore responsabile Francesco Mantino Responsabile di redazione Laura Viganò Comitato di redazione Giuseppe Blasi, Emilio Gatto, Alessandro Monteleone, Alessandra Pesce,
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Stampa Stilgrafica s.r.l. Via I. Pettinengo, 31 - Roma Finito di stampare nel mese di dicembre 2004
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in questo numero
Editoriale Attualità Le politiche
di sviluppo rurale e di coesione nel periodo 2007-2013, L’Europa e le aree montane. Il Rapporto di NordRegio: uno studio a servizio delle nuove Politiche di Coesione e dello Sviluppo rurale per il periodo di programmazione 2007-2013
A che punto siamo? L’attuazione degli interventi a favore dello svi-luppo dell’agricoltura e delle aree rurali nei primi quattro anni di pro-grammazione Strumenti della
programmazione I programmi interregionali
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il livello di contribuzione al bilancio UE alla soglia del 1% del PIL.
E’ evidente che non può esistere una politica di svi-luppo rurale degna di tal nome se non la si suppor-ta con adeguate risorse finanziarie. In questo senso, la proposta della Commissione costituisce la base minima su cui discutere ed ogni tentativo di ridimensionamento finanziario del secondo pilastro della PAC deve essere decisamente contrastato. Tornando invece ai contenuti della proposta, alcu-ni elementi meritano di essere tenuti in attenta considerazione.
Il primo è rappresentato dall’introduzione della regola del disimpegno automatico, già presente negli attuali programmi operativi dell’obiettivo 1. Per utilizzare al meglio i fondi comunitari, è neces-sario effettuare un’attenta valutazione circa il livel-lo geografico più opportuno rispetto al quale pre-disporre i programmi.
Pur condividendo un livello di programmazione regionale, i piani di sviluppo rurale hanno dimo-strato che una gestione finanziaria unitaria può consentire compensazioni finanziarie fra program-mi che non sarebbero altrimenti possibili, portan-do a una perdita secca di risorse a carico dei pro-grammi meno efficienti.
Inoltre, l’ampia gamma di misure inserite nei tre assi in cui si articola la proposta e l’eliminazione di numerosi vincoli presenti nel regolamento attual-mente in vigore garantiscono maggiore elasticità nell’accesso agli interventi.
Tuttavia, non sembra giustificabile la limitazione alle micro e piccole imprese degli aiuti alla trasfor-mazione e commercializzazione dei prodotti
agri-coli, così come non si condivide l’assenza di una specifica misura di sostegno alle assicurazioni con-tro le calamità naturali, in relazione alla quale la Commissione si era impegnata ad avanzare una specifica proposta.
Infine, potrebbe risultare eccessivamente vinco-lante il rispetto delle percentuali minime di alloca-zione finanziaria stabilite in favore di ciascun asse ed, in particolare, la percentuale del 7% fissata per l’approccio LEADER.
Anche l’attribuzione della riserva del 3% prevista per il LEADER suscita qualche perplessità, sia per-ché non viene estesa a tutto il programma, sia perché la collocazione temporale per la sua attri-buzione appare troppo sbilanciata verso la fine della programmazione, rischiando di compromet-terne l’utilizzo.
In sintesi, continueremo il nostro impegno per valorizzare le politiche di sviluppo rurale: durante il negoziato sulla “Riforma Fischler” ci siamo battuti per ottenere maggiori risorse per il secondo pila-stro della PAC e per fare in modo che queste risor-se possano esrisor-sere utilizzate su nuove misure dedi-cate alla qualità delle produzioni agroalimentari. L’Italia è stata protagonista di questa importante svolta e ne ha ottenuto anche un beneficio nazio-nale in termini di distribuzione percentuale del budget disponibile. Saremo, quindi, estremamente attenti affinché la nuova programmazione finan-ziaria dell’Unione non penalizzi questa impostazio-ne e la collaborazioimpostazio-ne con le Regioni porti alla migliore utilizzazione delle risorse disponibili.
Le politiche di sviluppo rurale e di
coesione nel periodo 2007-2013
di Alessandro Monteleone - INEA
Con la pubblicazione delle proposte di regola-mento relative alle politiche di coesione e di svi-luppo rurale per il periodo 2007-2013 del luglio 2004, la Commissione europea ha dato decisa-mente avvio a una nuova Riforma dei Fondi strut-turali. Il dibattito che ha portato a tali proposte ha conosciuto diverse tappe, alcune delle quali comuni a tutta la politica dell’Unione europea, altre specifiche per la politica di sviluppo rurale. Per quanto riguarda il dibattito “comune”, è neces-sario partire dai Consigli europei di Lisbona (marzo 2000) e di Göteborg (giugno 2001), che hanno por-tato alla definizione della nuova strategia della politica europea. Questa deve essere finalizzata a rendere l’Unione europea, entro il 2010, “l’econo-mia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e miglio-ri posti di lavoro e una maggiore coesione sociale” (Lisbona) e a integrare maggiormente la dimen-sione ambientale nella nuova strategia di svilup-po sostenibile (Göteborg), incentrata sugli aspetti economici e sociali.
Vanno poi segnalati altri due momenti fondamen-tali. Il primo è costituito dalla presentazione della proposta della Commissione relativa alle prospet-tive finanziarie per il 2007-2013 (tabella 1), basate sull’ipotesi “forte” che gli Stati membri contribuisca-no al bilancio comunitario con una quota pari all’1,24% del PIL e, pertanto, al centro di un inten-so dibattito tra gli Stati membri favorevoli e quelli contrari (il blocco dei sei, composto da Germania, Francia, Regno Unito, Austria, Olanda e Svezia, tutti paesi contributori netti al bilancio comunita-rio). Il secondo è rappresentato dalla pubblicazio-ne della Terza relaziopubblicazio-ne sulla coesiopubblicazio-ne economica e sociale, in cui la Commissione, oltre a esaminare l’impatto delle passate e attuali politiche di coesio-ne, anticipa di fatto le principali linee strategiche contenute nella proposta di Regolamento presen-tata a luglio.
Per quanto riguarda più specificatamente la politi-ca di sviluppo rurale, va segnalata innanzitutto la Riforma di Medio Termine della PAC (MTR, settem-bre 2003), la cui adozione ha riflessi diretti e indi-retti sullo sviluppo rurale. Da un lato, infatti, con il regolamento 1783/03, la MTR ha modificato la
politica di sviluppo rurale, prevedendo la possibi-lità di finanziare cinque nuove misure (si veda BPSA n. 19); dall’altro, ha mutato le modalità di concessione degli aiuti diretti al settore agricolo, rendendo obbligatori l’eco-condizionalità, che influirà in maniera significativa sul contesto di intervento nel settore agricolo, e la modulazione, che apporterà nuove risorse finanziarie alla politi-ca di sviluppo rurale.
Pochi mesi dopo l’adozione della MTR, la Commissione ha organizzato la Conferenza euro-pea di Salisburgo (novembre 2003), con l’obiettivo di discutere dell’attuale e della futura politica di sviluppo rurale. La Conferenza ha confermato il ruolo strategico di tale politica nel garantire la vitalità economica, sociale e ambientale dei terri-tori rurali, sottolineando l’importanza degli stru-menti sia settoriali che territoriali, enfatizzando il ruolo delle partnership territoriali e propugnando una maggiore sussidiarietà e semplificazione. Sulla base di queste conclusioni, la Commissione ha presentato un documento di valutazione degli impatti dei passati e degli attuali strumenti di pro-grammazione e un’analisi di tre possibili scenari relativamente alla politica di sviluppo rurale1, il secondo dei quali anticipa di fatto i contenuti fon-damentali della proposta di Regolamento di luglio.
E’ comunque opportuno evidenziare come siano stati tre gli aspetti principali della discussione, che hanno favorito l’ennesima svolta negli obiettivi e nei meccanismi di funzionamento della politica di coesione e di quella per lo sviluppo rurale: l’effica-cia degli strumenti adottati, l’allargamento dell’Unione europea, la semplificazione.
Per quanto riguarda l’efficacia della politica di coesione, la Terza relazione sulla coesione della Commissione europea ha evidenziato l’esistenza di un processo di convergenza, in termini di “rapida riduzione dei divari di reddito tra ricchi e poveri, creazione di numerose nuove opportunità, spesso in attività innovative, e istituzione di reti che colle-gano regioni, imprese e persone in tutto il conti-nente”. Tuttavia, la Commissione osserva come la convergenza non abbia avuto un andamento uniforme all’interno dell’Unione e che il divario in termini di PIL pro capite rimane ampio, in partico-lare in alcune regioni di Grecia, Portogallo, Spagna, Germania e Italia.
L’allargamento dell’Unione europea ai dieci nuovi Stati membri, divenuto effettivo a partire dal I maggio 2004, invece, pone problemi nuovi alla
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numero 20 politica di coesione e a quella di sviluppo rurale,
soprattutto per quanto riguarda:
- l’ampliamento dei divari socio-economici tra le diverse aree dell’UE: ad esempio, il divario in ter-mini di PIL tra il 10% della popolazione che vive nelle regioni più ricche e il 10% di quella che vive nelle regioni più povere risulta più che rad-doppiato rispetto alla situazione dell’UE-15; inol-tre, nella UE-25, 123 milioni di persone, pari al 27% della popolazione complessiva, vivono in regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE, contro il 19% relativo all’UE-15, e il 60% di tali persone vive nei nuovi Stati membri; è necessario creare quattro milioni di posti di lavoro, per allineare il livello medio di attività nei nuovi Stati Membri a quello dell’UE-15;
- l’ammissibilità delle aree: con riferimento all’o-biettivo 1, l’entrata dei nuovi Stati ha ridotto il PIL medio pro capite dell’Unione europea, escluden-do alcune Regioni dalla possibilità di accedere alle risorse riservate per questo obiettivo, non perché la loro situazione economica sia migliora-ta, ma per il solo effetto “statistico”, dovuto alla riduzione del valore dell’indicatore utilizzato per la verifica dell’ammissibilità2;
- la disponibilità di risorse finanziarie: questa non è variata proporzionalmente alle necessità di inter-vento dei nuovi Stati membri, con riferimento sia alla politica di coesione (il territorio dei nuovi Stati membri è quasi interamente ammissibile all’attuale obiettivo 1), sia alla politica di svilup-po rurale (il settore agricolo in questi paesi ha un peso decisamente superiore a quello dell’UE-15, in termini di contributo al valore aggiunto nazio-nale, ma soprattutto di occupati).
L’ultimo aspetto è relativo alla richiesta di una maggiore semplificazione, già individuata da Agenda 2000 come elemento che può incidere significativamente sull’efficienza e sull’efficacia dei programmi. Tale richiesta proviene da parte di tutti gli attori del sistema, la Commissione euro-pea, gli Stati membri, le Regioni e anche i benefi-ciari degli interventi, e riguarda, in particolare, gli strumenti di intervento dell’Unione europea (la Politica di coesione, comprensiva delle Iniziative comunitarie, e la Politica di sviluppo rurale), le cui modalità di funzionamento, nell’attuale periodo di programmazione, comportano, da un lato, un
numero eccessivo di programmi e, dall’altro, rego-le troppo spesso diverse all’interno dei vari pro-grammi.
Per quanto riguarda il primo aspetto, basti pensa-re che in Italia, solo con riferimento allo sviluppo rurale, sono operativi 49 diversi programmi, con ovvie ripercussioni sia sulle capacità organizzative all’interno delle amministrazioni regionali, sia sulle attività di coordinamento nazionale e di gestione a livello comunitario svolte, rispettivamente, dal MiPAF e dalla Commissione europea. Per quanto riguarda il sistema di regole attualmente in vigo-re, invece, per comprendere la difficoltà con cui i vari soggetti si trovano ad operare, può essere suf-ficiente fare riferimento ai diversi meccanismi finanziari previsti nell’ambito delle due sezioni del FEOGA, Orientamento e Garanzia, alla presenza/assenza della riserva di premialità, alle distinte regole sulla concessione e rendicontabilità degli anticipi, alle differenti modalità con cui effet-tuare i controlli, il monitoraggio e la valutazione.
La politica di sviluppo rurale nel
2007-2013
Con Agenda 2000 si assegnava il ruolo di secondo Pilastro della PAC alla politica di sviluppo rurale, che doveva accompagnare la riforma della politi-ca agricola di merpoliti-cato, il primo pilastro, nell’intero territorio dell’Unione europea. Nelle regioni obietti-vo 1, comunque, lo sviluppo rurale rimaneva for-temente integrato con la politica strutturale all’in-terno dei Programmi Operativi Regionali.
Con i nuovi regolamenti si assiste, almeno formal-mente, all’uscita della politica di sviluppo rurale dagli strumenti della coesione economica e socia-le. Infatti, la proposta della Commissione prevede l’istituzione di un fondo unico per il finanziamento dello sviluppo rurale, il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR)3, al cui budget dovrebbero contribuire sia le risorse oggi stanziate all’interno del FEOGA Garanzia, sia quelle del FEOGA Orientamento. Tutte le risorse confluiranno in un’apposita voce del Bilancio comunitario e saranno pari a circa 88 miliardi di Euro per il perio-do 2007-2013 (tabella 1).
Con l’istituzione del FEASR si dà vita al sistema di programmazione unico per lo sviluppo rurale,
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2 Per essere considerata obiettivo 1 una Regione deve avere un PIL medio pro capite regionale inferiore al 75% della media comu-nitaria.
3 Le proposte di regolamento sulla politica di sviluppo rurale sono in realtà due, la prima relativa ai contenuti, alle modalità di programmazione e gestione dei programmi, la seconda relativa alle modalità di finanziamento dei programmi.
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numero 20 per cui tutti gli interventi saranno attuati attra-verso Programmi di Sviluppo Rurale formalmen-te separati da quelli previsti dalla politica di coe-sione. Da questo punto di vista, come si può
osservare nella figura 1, è evidente la semplifi-cazione del sistema di programmazione con l’aggregazione degli interventi attualmente pre-visti nei PSR (FEOGA Garanzia), nei POR obiettivo
Figura 1 - Confronto tra le modalità di programmazione attuali e future
2006 % 2007 % 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Totale Media % 1. Crescita sostenibile 47.582 39,4% 59.675 44,7% 62.795 65.800 68.235 70.660 73.715 76.785 477.665 68.238 46,6% 1a. Competitività per la
crescita e l'occupazione
8.791 7,3% 12.105 9,1% 14.390 16.680 18.965 21.250 23.540 25.825 132.755 18.965 13,0% 1b. Coesione per la crescita
e l'occupazione
38.791 32,1% 47.570 35,6% 48.405 49.120 49.270 49.410 50.175 50.960 344.910 49.273 33,6% 2. Conservazioe e gestione
delle risorse naturali
56.015 46,4% 57.180 42,8% 57.900 58.115 57.980 57.850 57.825 57.805 404.655 57.808 39,5% 2a. Interventi di mercato e
pagamenti diretti 43.735 36,2% 43.500 32,6% 43.673 43.354 43.034 42.714 42.506 42.293 301.074 43.011 29,4% 2b. Sviluppo rurale 10.544 8,7% 11.759 8,8% 12.235 12.700 12.825 12.952 13.077 13.205 88.753 12.679 8,7% 2c. Pesca 630 0,5% 655 0,5% 678 701 713 726 738 752 4.963 709 0,5% 2d. Ambiente 1.106 0,9% 1.266 0,9% 1.314 1.360 1.408 1.458 1.504 1.555 9.865 1.409 1,0% 3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia 1.381 1,1% 1.630 1,2% 2.015 2.330 2.645 2.970 3.295 3.620 18.505 2.644 1,8% 4. L'Unione come partner
globale 11.232 9,3% 11.400 8,5% 12.175 12.945 13.720 14.495 15.115 15.740 95.590 13.656 9,3% 5. Amministrazione 3.436 2,8% 3.675 2,8% 3.815 3.950 4.090 4.225 4.365 4.500 28.620 4.089 2,8% Compensazioni 1.042 0,9% Totale stanziamenti d'impegno 120.688 100,0% 133.560 100,0% 138.700 143.140 146.670 150.200 154.315 158.450 1.025.035 146.434100,0% Programmazione 2000-2006 Programmazione 2007-2013 14 Piani di Sviluppo
14 Programmi Leader 14 Complementi di
programmazione
Regioni del Centro Nord
Regioni Obiettivo 1
1 Quadro Comunitario di sostegno (FESR, FSE, SFOP e FEOGA O.)*
7 Programmi Operativi 7 Complementi di
programmazione
7 Programmi Leader 7 Complementi di
programmazione 7 Piani di Sviluppo
1 Documento Strategico della CE*
1 Piano Strategico Nazionale (MiPAF)
21 Programmi di Sviluppo Rurale ** FEASR
* Approvati con Decisione Comunitaria
*Adottato con Decisione del Consiglio **Approvati con Decisione Comunitaria
Rurale - Feoga G.*
Regionali - Feoga O*
Regionali - Feoga O.*
Rurale - Feoga G.* Regionali - Feoga O.*
Tabella 1 - Nuove prospettive finanziarie 2007-2013 (meuro)
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numero 20 1 (FEOGA Orientamento) e nei Programmi
LEA-DER+ (FEOGA Orientamento). E’ altrettanto chiaro che sarà necessario un notevole sforzo per integra-re la politica di sviluppo rurale con i programmi previsti nell’ambito della politica di coesione.
L’approccio strategico
Rispetto al periodo di programmazione attuale, la proposta di regolamento sul sostegno allo sviluppo rurale per il 2007-2013 prevede l’introduzione della pianificazione strategica, tramite l’adozione di un documento di linee guida da parte della Commissione, che fisserà le priorità strategiche a livello comunitario per l’attuazione dei programmi e di ciascuno degli assi previsti, e la definizione, da parte degli Stati membri, di un piano strategico nazionale (PSN), da sottoporre alla Commissione prima dell’invio dei Programmi di sviluppo rurale. Le linee guida comunitarie dovranno essere adot-tate con decisione del Consiglio entro 3 mesi dal-l’approvazione del regolamento, mentre per il PSN, che deve essere comunque coerente con gli indirizzi strategici della Commissione, non si preve-de una sua approvazione con Decisione comuni-taria.
Sulla base delle indirizzi strategici comunitari e nazionali, le autorità designate dagli Stati membri dovranno redigere i programmi di sviluppo rurale. A differenza del passato, tuttavia, non saranno più possibili soluzioni “miste”, con una politica attuata in parte attraverso programmi nazionali e in parte mediante programmi regionali. Gli Stati membri, quindi, dovranno scegliere a monte se optare per una programmazione completamente nazionale o regionale.
Gli obiettivi prioritari, il LEADER e l’equilibrio finanziario
I programmi, siano essi nazionali o regionali, dovranno fare riferimento ai seguenti tre obiettivi prioritari:
1. competitività del settore agricolo e forestale; 2. gestione ambientale;
3. diversificazione economica delle aree rurali e qualità della vita.
I tre obiettivi prioritari dovrebbero essere perseguiti attraverso altrettanti Assi di intervento. Nel caso italiano, tale novità non altera la struttura della programmazione, visto che, nel periodo 2000-2006, questa è stata completamente regionalizza-ta e la maggior parte dei programmi è organizza-ta in tre assi che perseguono i tre obiettivi sorganizza-tabiliti
nella proposta regolamentare. Va evidenziato, tut-tavia, come tale struttura faccia venir meno la possibilità di operare in ambiti in cui, anche in questa programmazione, sarebbe stato opportuno intervenire, come nel caso di azioni a carattere interregionale (ad esempio su alcune filiere pro-duttive) o sovraregionale (ad esempio alcune azio-ni di sistema). Per tali azioazio-ni, non essendo prevista una programmazione nazionale, sarà necessario individuare alcune modalità attuative.
Per quanto riguarda il contenuto dei programmi, tre ulteriori novità sono rappresentate da:
- l’obbligo di mantenere un equilibrio finanziario tra gli Assi prioritari, da rispettare attraverso la fis-sazione di soglie minime di spesa per asse all’in-terno di ciascun programma (25% Asse I; 15% ASSE II; 15% Asse III);
- la predeterminazione delle misure che possono contribuire all’implementazione e al raggiungi-mento degli obiettivi di ciascun asse. La distribu-zione delle misure tra gli Assi è, quindi, fonda-mentalmente funzionale alla verifica del rispetto delle soglie minime;
- l’introduzione del LEADER nel mainstream comu-nitario. L’iniziativa LEADER, infatti, non sarà più attuata attraverso programmi ad hoc, ma verrà integrata all’interno dei futuri programmi di svi-luppo rurale.
Con riferimento al LEADER, le sue caratteristiche principali rimangono pressoché inalterate rispetto all’attuale programmazione, in particolare con riferimento all’approccio (territoriale e integrato) e ai soggetti coinvolti. Infatti, attraverso la costituzio-ne di GAL, dovrebbero venir finanziate delle stra-tegie di sviluppo locale finalizzate al raggiungi-mento degli obiettivi di uno o più degli assi temati-ci previsti nel regolamento. In questi termini, l’in-terpretazione del regolamento dovrebbe portare a vedere il LEADER non come un asse a sé stante, ma come una modalità di programmazione e attuazione degli interventi. Da questo punto di vista, tale cambiamento di impostazione può rap-presentare una interessante opportunità, in quan-to si apre alla possibilità di finanziare all’interno delle strategie locali di sviluppo, interventi di svi-luppo rurale fino ad oggi finanziabili solo nell’am-bito dei “grandi” programmi (PSR e POR). Nello stesso tempo, va evidenziato come, nell’attuale formulazione del regolamento, sembrerebbe venir meno la possibilità che il LEADER intervenga in ambiti propri del FESR e del FSE.
Il regolamento mantiene la possibilità di finanziare, sempre nell’ambito del LEADER, progetti di coope-razione interterritoriale e transnazionale e azioni
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numero 20 finalizzate a sostenere il funzionamento dei GAL, l’acquisizione di competenze e l’animazione del ter-ritorio.
Si rileva, inoltre, che, anche nel caso dell’approc-cio LEADER, la Commissione ha ritenuto opportuno fissare una soglia minima di risorse, pari al 7% del programma, che dovrebbero essere destinate all'implementazione delle strategie locali di svilup-po.
Infine, a riprova dell’interesse verso questo stru-mento di intervento, viene prevista l’introduzione di una riserva premiale del 3%, che verrebbe asse-gnata solo sulla base della qualità dell’implemen-tazione dell’approccio LEADER e destinata esclusi-vamente a quest’ultimo. In generale, i meccanismi premiali all’interno dei programmi si configurano come strumenti innovativi, in quanto spostano l’at-tenzione dalla velocità e dall’efficienza finanziaria della spesa alla qualità ed efficacia della spesa stessa. Appare, quindi, particolarmente appropria-to l’utilizzo della riserva legata al LEADER. Tuttavia, potrebbe essere opportuno allargare la premialità al resto del programma, eventualmente preveden-do una quota di riserva nazionale, rispetto sia alla qualità della spesa, sia a fattori diversi, come quelli organizzativi e istituzionali, che su questa possono incidere anche significativamente .
La gestione finanziaria
Un tema che appare rilevante in vista della nuova programmazione è quello della gestione finanzia-ria, per la quale la Commissione ha scelto di mediare tra i meccanismi di funzionamento del FEOGA Garanzia e quelli del FEOGA Orientamento, prevedendo, ad esempio, da un lato, l’introduzione della regola del disimpegno automatico sulla base del meccanismo dell’n+2 e, dall’altro, il manteni-mento degli organismi pagatori come Autorità di pagamento dei programmi. Ovviamente, ciò sem-plifica notevolmente la gestione dei programmi rispetto all’attuale programmazione, nella quale tutte le regioni si devono confrontare con regole diverse legate al funzionamento del FEOGA Garanzia (PSR) e del FEOGA Orientamento (POR obiettivo 1 e PLR del LEADER). Rimangono, tutta-via, alcuni punti oscuri, come quello legato all’im-possibilità di operare con una gestione finanziaria a livello nazionale, facendo venir meno l’opportu-nità di effettuare compensazioni tra le Regioni per rispettare i vincoli annuali di spesa; nell’attuale programmazione, infatti, ciò ha rappresentato un punto di forza nella gestione dei PSR e, in prospetti-va, potrebbe risultare utile anche per rispettare l’e-quilibrio finanziario tra gli assi.
Qualche dubbio persiste anche rispetto all’inseri-mento della regola dell’n+2 per tutti gli interventi di sviluppo rurale: se, da un lato, il disimpegno automatico appare più adatto a programmi che prevedono interventi strutturali, perché sposta di due anni il momento della certificazione della spesa, dall’altro, i meccanismi attualmente in vigore per il FEOGA Garanzia prevedono che gli eventuali tagli siano non pari all’ammontare di risorse impegnate ma non spese, come nel disim-pegno automatico, bensì proporzionali alle previ-sioni non rispettate.
Sempre dal punto di vista della gestione finanzia-ria, va evidenziato, come elemento di notevole semplificazione, il passaggio all’articolazione per Asse del piano finanziario e, di conseguenza, all’a-naloga articolazione per la verifica dei pagamenti effettuati all’interno di ciascun programma.
Le misure
Riguardo alle misure ammissibili e al loro contenu-to, si deve osservare una sostanziale stabilità rispetto all’attuale quadro regolamentare (prospet-to 1). In generale, infatti, solo l’ingegneria finanzia-ria viene effettivamente cancellata dagli interven-ti finanziabili dalla poliinterven-tica di sviluppo rurale, men-tre per un insieme non troppo ampio di misure attualmente in vigore viene semplicemente modi-ficato il “contenitore”. Infatti, in alcuni casi, si assi-ste alla scissione di alcune delle attuali misure in altre che ne precisano i possibili contenuti (è il caso, ad esempio, dell’attuale misura i, “altre misu-re fomisu-restali”), mentmisu-re, in altri, le vecchie misumisu-re o la maggior parte delle azioni da queste previste con-fluiscono in misure riconfermate nella proposta di regolamento o di nuova proposizione (è il caso ad esempio della misura q, “gestione delle risorse idri-che”, che rientrerà nella nuova misura sulle infra-strutture rurali).
All’interno delle singole misure, invece, si segnala-no le seguenti insegnala-novazioni:
- misura insediamento dei giovani agricoltori: viene previsto un premio unico, al massimo pari a 40 mila Euro, e introdotto l’obbligo di presenta-re di un Piano di miglioramento aziendale; - misura accrescimento del valore aggiunto delle
produzioni primarie agricole (ex misura g, “miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli”): la concessione dell’aiuto viene limitata alle micro e piccole imprese, così come definite dalla legisla-zione comunitaria (con fatturato inferiore a 10 milioni di Euro e meno di 50 addetti);
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Prospetto 1 - Confronto tra le misure del Reg. (CE) 1257/99 e quelle contenute nella proposta di
regolamento sullo sviluppo rurale per il periodo di programmazione 2007-2013
Misure 2000-2006 Misure 2007-2013 Novità più significative Miglioramento della competitività dei
settori agricolo e forestale Capitale umano
b) Insediamento dei giovani agricoltori Insediamento dei giovani agricoltori Introduzione di un premio unico fino a un max di 40 mila Euro e necessità di un "Piano di miglioramento aziendale". c) Formazione Formazione Possibilità di finanziare attività di
informazione. d) Prepensionamento Prepensionamento
l) Avviamento di servizi di assistenza alla gestione, di sostituzione e di consulenza
Avviamento di servizi di assistenza alla gestione, di sostituzione e di consulenza y) Utilizzazione dei servizi di consulenza
agricola
Utilizzo dei servizi di consulenza Estensione a tutti i servizi di consulenza agricola e forestale, anche al di là di quelli previsti dal Reg. (CE) 1782/03. Capitale fisico
a) Investimenti nelle aziende agricole Investimenti nelle aziende agricole Eliminazione "sbocchi di mercato" dai criteri di ammissibilità.
g) Miglioramento delle condizioni di trasformazione e di
commercializzazione dei prodotti agricoli
Accrescimento del valore aggiunto delle produzioni primarie agricole e forestali
La misura comprende alcune tipologie di intervento attualmente previste nella misura i).
Il supporto è limitato alle piccole e micro imprese (< 50 addetti; <10 milioni di Euro di fatturato).
j) Miglioramento fondiario k) Ricomposizione fondiaria q) Gestione delle risorse idriche in
agricoltura r) Infrastrutture rurali
Infrastrutture relative allo sviluppo e all’adattamento dei settori agricolo e forestale
Le misure sono state incluse in un'unica misura.
u) Ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da calamità naturali e introduzione di adeguati strumenti di prevenzione
Ricostituzione del potenziale agricolo danneggiato da calamità naturali e introduzione di adeguati strumenti di prevenzione
Miglioramento del valore economico delle foreste
La misura comprende alcune tipologie di intervento attualmente previste nella misura i).
Riduzione tassi di cofinanziamento pubblico (40% e 50% nelle zone svantaggiate, ZS).
Qualità della produzione agroalimentare x) Attuazione di norme vincolanti Rispetto delle norme imposte dalla
legislazione comunitaria z) Partecipazione degli agricoltori ai
sistemi di qualità alimentare
Partecipazione degli agricoltori ai sistemi di qualità alimentare
Le condizioni di ammissibilità agli aiuti saranno definite nei Regolamenti attuativi.
aa)Promozione dei prodotti di qualità Attività di informazione e di promozione per i prodotti che rientrano nei sistemi di qualità alimentare
Gestione sostenibile dei terreni Agricoltura sostenibile Pagamenti agli imprenditori agricoli per gli svantaggi naturali presenti nelle zone di montagna
Pagamenti agli imprenditori agricoli che si trovano in zone con svantaggi diversi da quelli delle zone di montagna e) Zone svantaggiate e zone soggette a
vincoli ambientali
Pagamenti NATURA 2000
Vengono abrogate le ZS come definite nei programmi 2000-2006.
Definizione di nuovi criteri per la loro individuazione.
Per aree di montagna max 250 Euro/ha.
f) Agroambiente e benessere degli animali
Pagamenti agroambientali e a favore del benessere degli animali
Rispetto criteri di gestione obbligatori (cross compliance) e non più nBPA. Possibilità di individuare beneficiari attraverso bandi di gara.
Possibilità di finanziare soggetti gestori di terreni diversi dagli agricoltori.
t) Tutela dell'ambiente Sostegno agli investimenti non produttivi In parte include interventi prima finanziati nella misura t).
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numero 20 Prospetto 1- segue
Misure 2000-2006 Misure 2007-2013 Novità più significative Gestione sostenibile dei terreni
Forestazione sostenibile Sostegno al primo imboschimento delle superfici agricole
Costi di impianto: riduzione tassi di cofinanziamento pubblico (40% e 50% nelle ZS).
Per le perdite di reddito: riduzione periodo massimo di compensazione (10 anni).
h) Imboschimento delle superfici agricole
Sostegno al primo impianto di sistemi agro-forestali sulle superfici agricole
Il sostegno viene concesso per i costi di impianto di sistemi agroforestali (sistemi che riuniscono agricoltura estensiva e silvicoltura).
Tassi di cofinanziamento (40% e 50% nelle ZS).
Pagamenti NATURA 2000 Introduzione di aiuti specifici per aree Natura 2000 con modalità analoghe all'agroambiente (min 40 Euro/ha - max 200 Euro/ha).
Pagamenti ambientali forestali Introduzione di aiuti specifici per comportamenti "ambientali" con modalità analoghe all'agroambiente (min 40 Euro/ha - max 200 Euro/ha). Sostegno al primo imboschimento dei
terreni non agricoli
Per i costi di impianto: riduzione tassi di cofinanziamento pubblico (40% e 50% nelle ZS).
Sostegno alla ricostituzione del potenziale di produzione silvicolo e all’introduzione di misure di prevenzione
i) Altre misure forestali
Sostegno agli investimenti non produttivi Alcuni interventi, prima compresi in "Altre misure forestali", possono comunque essere finanziati in diverse nuove misure della proposta di regolamento.
Diversificazione dell'economia rurale e qualità della vita nelle aree rurali Formazione professionale
Acquisizione di competenze e animazione
Diversificazione dell'economia rurale p) Diversificazione delle attività aziendali Diversificazione verso attività non
agricole
Possibilità di estendere il sostegno alla moglie e ai figli dell'imprenditore agricolo.
Sostegno alla creazione e allo sviluppo di microimprese al fine di promuovere l’imprenditoria e il tessuto economico
Sostegno limitato alle micro imprese (< di 5 addetti) anche in settori diversi dall'artigianato.
s) Incentivazione delle attività turistiche e artigianali
Incentivazione di attività turistiche Il regolamento precisa che il sostegno è diretto a piccole infrastrutture, a infrastrutture ricreative di accesso agli spazi naturali, agli alloggi con capacità di accoglienza ridotta e allo sviluppo e immissione sul mercato di prodotti turistici legati al turismo rurale.
t) Tutela dell'ambiente Protezione, valorizzazione e gestione del patrimonio naturale che contribuisce allo sviluppo economico sostenibile
In parte include interventi prima finanziati nell’ambito della misura t). Qualità della vita nella aree rurali
n) Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale
Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale
o) Rinnovamento e sviluppo dei villaggi nonché la protezione e la
valorizzazione del patrimonio rurale
Rinnovamento e sviluppo dei villaggi nonché la protezione e la valorizzazione del patrimonio rurale
v) Ingegneria finanziaria Eliminata dalle misure finanziabili dal FEASR. Non si esclude la possibilità di adottare strumenti analoghi all'interno di altre misure.
w) Gestione di strategie integrate di sviluppo rurale attraverso partenariati locali
Formalmente eliminata per l'integrazione dell'approccio LEADER nel regolamento.
- misura investimenti nella aziende agricole e per quella accrescimento del valore aggiunto delle produzioni primarie agricole: eliminazione della dimostrazione degli sbocchi di mercato come condizione di ammissibilità degli investimenti set-toriali;
- misura agroambientale e benessere degli anima-li: gli impegni degli agricoltori devono andare oltre i criteri di gestione obbligatori (CGO), previ-sti dal Reg. 1782/03, e agli eventuali altri requisiti stabiliti dalle legislazioni nazionali e non più le normali buone pratiche agricole e zootecniche; - misurazone svantaggiate: vengono ridefiniti i
cri-teri per la delimitazione delle aree ammissibili, nel caso sia delle aree montane che delle altre zone svantaggiate, nel futuro legate alle caratte-ristiche dei terreni (condizioni climatiche, chimi-co-fisiche, geomorfologiche), mentre scompare il criterio demografico dello spopolamento;
- misura diversificazione dell'attività aziendale: possibilità di estendere l’aiuto ai membri della famiglia dell'imprenditore agricolo;
- introduzione di due misure di formazione: Formazione professionale per gli attori economici che operano nei settori d'intervento coperti dal-l'asse III e per l’acquisizione di competenze e ani-mazione, in vista della preparazione e dell'imple-mentazione della strategia di sviluppo locale.
Gli strumenti di gestione
Guardando agli strumenti di gestione, sul tema del Monitoraggio e della Valutazione la proposta di Regolamento introduce alcune importanti e interessanti novità. In primo luogo, si prevede l’in-troduzione del monitoraggio strategico dell’attua-zione delle linee guida comunitarie e, in particola-re, la redazione di un rapporto di sintesi annuale a livello UE. Tale rapporto dovrebbe basarsi sui rap-porti di sintesi presentati annualmente dagli Stati membri. Analogamente, si propone l’introduzione del monitoraggio strategico dell’attuazione del PSN, da realizzarsi attraverso un rapporto di sintesi annuale nazionale. Il rapporto dovrebbe basarsi, come minimo, sulle relazioni annuali di esecuzio-ne presentate dalle diverse Autorità di gestioesecuzio-ne regionali. In particolare, il regolamento richiede che il rapporto sintetizzi i risultati dell’attuazione dei programmi regionali, con particolare riferi-mento agli indicatori definiti nel PSN, e i risultati delle valutazioni in itinere.
L’introduzione della valutazione in itinere dei pro-grammi e la stesura di un rapporto annuale di valutazionein itinere a partire dal 2008 costituisce
una delle novità più rilevanti, scelta sicuramente condivisibile, in quanto presuppone che il valutato-re affianchi l’Autorità di gestione sin dal primo anno di attuazione del programma e fa propria l’idea della valutazione come processo; si tratta, quindi, di un’attività che può fornire indicazioni utili ai diversi soggetti interessati all’attuazione del pro-gramma nel corso dell’intero ciclo di propro-gramma- programma-zione. Tuttavia, la Commissione associa strettamen-te la valutazionein itinere alla redazione di rapporti di valutazione annuale. La redazione di tali rappor-ti può essere considerata un’innovazione posirappor-tiva a patto che si ponga la dovuta enfasi sulla necessità che questa contribuisca realmente al miglioramen-to della qualità dei programmi e alla preparazione della valutazione di medio termine ed ex-post. Si deve evitare, quindi, che i rapporti annuali di valu-tazione rappresentino una duplicazione di quelli di esecuzione, ma si concentrino piuttosto su temati-che temati-che si rivelano particolarmente rilevanti nel corso dell’attuazione dei programmi.
Al fine di disporre di una metodologia comune, inoltre, la Commissione propone di emanare un quadro comune di Monitoraggio e Valutazione, adottato in concertazione con gli Stati membri, che dovrebbe individuare un set minimo di indi-catori applicabile a ciascun programma. E’ inte-ressante anche il fatto che la Commissione pro-ponga di organizzare occasioni di scambio di esperienze tra valutatori, esperti dei diversi Stati membri, membri dei CdS, ecc.
La politica di coesione nel 2007-2013
La proposta della Commissione relativa alla politi-ca di coesione mira a una maggiore semplifipoliti-cazio- semplificazio-ne degli strumenti di intervento, più incentrati su alcune priorità strategiche rispetto all’attuale perio-do di programmazione. In generale, nella proposta di regolamento, si assiste al tentativo di aumentare la sussidiarietà nei confronti degli Stati membri e, nel contempo, di semplificare il quadro degli stru-menti di programmazione (ad esempio, l’introduzio-ne della programmaziol’introduzio-ne finanziaria per asse, la verifica dei pagamenti effettuati per asse e non più per misura, l’implementazione di sistemi di gestione e controllo nazionali, basati su principi comuni e non sulla base di regolamenti comunitari).
Come per il regolamento sullo sviluppo rurale, viene posto l’accento sull’approccio strategico, attraverso la proposizione di un documento strate-gico globale sulla politica di coesione della Commissione e un successivo documento politico sulla strategia di sviluppo da parte di ciascuno Stato membro.
numero 20
11
numero 20 Il cambiamento più significativo si osserva, comunque, nell’individuazione degli obiettivi della nuova politica di coesione:
- l’obiettivo convergenza, che interessa le regioni meno sviluppate dell’Unione europea, con PIL pro capite inferiore al 75% della media comunita-ria. Saranno ammissibili a questo obiettivo anche quelle regioni che nell’attuale programmazione beneficiano del Fondo di coesione. Nella propo-sta, inoltre, viene introdotta una distinzione tra le regioni in sostegno transitorio e quelle che esco-no dal sostegesco-no dell’attuale obiettivo 1 per l’effet-to statistico dovul’effet-to all’allargamenl’effet-to: a queste ultime verrà garantito un aiuto più elevato di quello attualmente concesso alle regioni in pha-sing out, mentre le prime entrano in phapha-sing in all’interno dell’obiettivo competitività (vedi punto successivo). Per il raggiungimento della conver-genza, la Commissione individua alcuni temi chiave sui quali i programmi operativi devono incentrare la propria strategia di sviluppo: l’au-mento e il miglioral’au-mento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo svilup-po dell’innovazione e della società della cono-scenza, l’adattabilità ai cambiamenti economici
e sociali, la tutela e il miglioramento della qua-lità dell’ambiente e l’efficienza amministrativa. Nel complesso, al raggiungimento di tale obietti-vo saranno destinati circa 264 miliardi di Euro, finanziati dal FESR, dal FSE e dal Fondo di coesio-ne (tabella 2);
- l’obiettivo competitività regionale e occupazione, relativo a tutte le regioni dell’Unione europea non interessate dall’obiettivo convergenza. A questo fine la Commissione ha proposto due tipo-logie di programmi, da attuare a livello regiona-le e cofinanziati, rispettivamente, dal FESR e dal FSE. I temi chiave dei primi saranno: innovazione ed economia della conoscenza, ambiente e pre-venzione dei rischi, accessibilità e servizi di inte-resse generale. I temi chiave dei secondi, invece, sono mutuati dalla Strategia europea per l’occu-pazione, che persegue il miglioramento dell’a-dattabilità dei lavoratori e delle imprese, il miglioramento dell’accesso al lavoro e l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, il rafforzamento dell’inclusione sociale e della lotta alla discriminazione, l’avvio di riforme nei settori del lavoro e dell’inclusione. Nel complesso, al raggiungimento di tale obiettivo saranno
desti-Tabella 2 - Proposte di riforma della politica di coesione. Scenario finanziario 2007-2013
Fonte: Commissione europea, 2204
Obiettivi prioritari EUR 15 EUR 10 EUR 2 Totale % del totale
% del PIL Convergenza regionale e occupazione (ex obiettivo 1) 82.021 83.700 13.185 178.906 53,2 0,22 Convergenza nazionale (Fondo di coesiosne) 6.055 48.818 8.126 62.999 18,7 0,08
Phasing out statistico 21.688 454 0 22.142 6,6 0,03
Obiettivo 1
Convergenza (FESR, FSE e
Fondo di Coesione) Totale 109.76 132.972 21.311 264.047 78,5 0,32
Phasing in (ex phasing out) 8.513 1.073 - 9.586 2,9 0,01
Competitività regionale e occupazione (ex ob. 2 e ob. 3) 48.034 279 - 48.313 14,4 0,06 Obiettivo 2 Competitività regionale e occupazione
(FESR e FSE) Totale 56.547 1.352 - 57.89 17,2 0,07
Obiettivo 3
Cooperazione territoriale europea (FESR)
Totale (ex Interreg) 7.498 5.847 90 14.251 4,2 0,02
TOTALE 173.809 140.171 22.217 336.197 100 0,41 FEOGA/SFOP 18.302 18.001 36.303 LEADER+ 1.463 Trasferimenti al Fondo di Sviluppo Rurale e allo SFOP Totale 37.766 0,05
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nati circa 57,9 miliardi di Euro.
- l’obiettivo cooperazione territoriale europea, che, sulla base dell’esperienza di INTERREG, persegue “l’integrazione armoniosa ed equilibrata del territo-rio dell’Unione, favorendo la cooperazione tra le
sue diverse componenti su temi di importanza comunitaria a livello transfrontaliero, transnaziona-le e interregionatransnaziona-le”. Nel comptransnaziona-lesso, al raggiungi-mento di tale obiettivo saranno destinati circa 13,2 miliardi di Euro, finanziati esclusivamente dal FESR.
L’Europa e le aree
montane. Il Rapporto
di NordRegio: uno
studio a servizio delle
nuove Politiche di
Coesione e dello
Sviluppo rurale per il
periodo di
programmazione
2007-2013
a cura di Paolo Zaggia - IREALP, Settore Contatti e Coordinamento
Introduzione
Un rapporto di quasi trecento pagine con numerose tabelle e carte tematiche che riprende, secondo diversi punti di vista, informazioni e criteri di delimita-zione delle aree montane nei ter-ritori per l’Europa a 25, a cui si aggiungono quelli di Svizzera e Norvegia: così si presenta il primo studio interamente dedi-cato alla montagna europea, redatto dal Nordic Centre for Spatial Development, coordina-tore di un consorzio di 22 part-ner, al momento pubblicato in lingua inglese e francese. Per
l’Italia, ha partecipato il CENSIS. Scopo del rapporto, fortemente voluto dalla DG Regio della Commissione europea, è quello di offrire un vasto supporto infor-mativo che, a partire dalle diver-se specificità dei territori margi-nali europei, ponga le basi per pervenire a una definizione, per quanto possibile, unitaria del concetto di “montanità”, così da favorire l’attuazione di interventi più coerenti ed efficaci su questi territori da parte dell’Unione europea, anche attraverso la scelta di specifici tematismi. Considerando che, sia nell’Atto costitutivo dell’UE che nelle nuove proposte di regolamento sul sostegno allo Sviluppo rurale e sui Fondi strutturali, il territorio montano è definito come territo-rio con “handicap naturali per-manenti”, per cui è possibile porre in essere politiche di soste-gno mirate, tale rapporto risulta di estrema attualità, facendo pre-supporre che, con la program-mazione 2007-2013, sia possibile arrivare alla definizione di stru-menti di sostegno facilmente coordinabili tra loro per le aree montane, che tengano conto
anche delle relazioni che queste innescano con gli altri territori. Un’unica annotazione riguarda, come spesso accade in questa tipologia di studi, la mancata declinazione del rapporto da un livello “macro” a uno locale, che rilevi specificità e potenzialità, rimaste così sottaciute. Ciò risulta importante, in particolare, per le aree scarsamente omogenee, come quelle che caratterizzano il territorio italiano.
I contenuti
Il rapporto sulle aree montane si suddivide in tre parti: la prima riporta i risultati di un tentativo di delimitare le aree montane in Europa; la seconda riguarda la creazione di una banca dati, che è possibile implementare ulteriormente, su cui basare lo sviluppo di nuove politiche, mentre la terza concerne l’anali-si delle politiche già el’anali-sistenti a livello nazionale in favore della montagna.
In particolare, per la delimitazio-ne delle aree montadelimitazio-ne europee, si parte dal criterio utilizzato dall’UNEP World Conservation
13
numero 20 Monitoring Centre (2000),
adat-tandolo al contesto europeo e assimilando alla montagna terri-tori di altezza limitata, ma parti-colarmente “impervi” dal punto di vista morfologico e del pae-saggio (è il caso delle aree medi-terranee inferiori ai 300 m.s.l.m.), oppure quelli con un clima tale
da assimilarli alle zone di alta montagna (è il caso delle aree del Nord Europa). In questo modo ci si trova di fronte all’indi-viduazione di ben 16 differenti scenari, indice della reale com-plessità di analisi di questa tipo-logia territoriale.
Rimane impercorribile, quindi, la
strada di una unica definizione europea di montagna, a meno di rimandare a livelli di studio “più bassi”, per considerare terri-tori più omogenei tra loro dal punto di vista economico, storico e culturale, nei quali le popola-zioni montane possano identifi-carsi.
Delimitazione delle aree montane europeee (livello 3) Fonte: UNEP-WCMC,NORDREGIO
14
numero 20 E’ il caso delle divisioni di
cate-ne montuose o dei cosiddetti Massicci che, in alcuni casi, come quello delle Alpi, sono stati aggregati anche a livello sovranazionale, lasciando poi a livello di singolo Stato membro o limitrofo (Svizzera e Norvegia) il riferimento alle divisioni e suddi-visioni tradizionali (ad esempio, Alpi occidentali, Alpi centrali, Alpi orientali). I massicci isolati, come quelli presenti sulle isole di minori dimensioni, sono stati aggregati ai massicci più vicini. Il data base riporta informazioni per la maggior parte aggiornate al 2001 e rilevate a livello comu-nale o NUTS V. In questo modo, vengono rilevati indicatori demografici, socioeconomici, geografici, climatici, infrastruttu-rali, ecc. e la loro analisi è spes-so rappresentata in modo imme-diato, grande merito di questo rapporto, da carte tematiche con situazioni altamente diffe-renziate tra loro. Sono descritte e rappresentate, infatti, aree a bassissima densità di popolazio-ne, con meno di 25 ab./kmq, ed aree nella media dei Paesi, con più di 150 ab./kmq; aree forte-mente senilizzate, come l’Appennino, ed aree che non lo sono assolutamente, come i Monti Tatra della Polonia; aree dove una quota significativa pari al 20% della popolazione è impegnata in agricoltura ed aree dove questa percentuale scende all’1-2%.
Lo studio misura anche i diversi indici di perifericità, intesa come difficoltà di collegamento, in ter-mini di tempi di percorrenza, strutture viarie e ferroviarie, ma anche in senso politico, come lontananza dai centri di potere, dalle grandi città, dagli aeropor-ti, ecc. In questo ultimo caso assume una grande rilevanza il più o meno marcato
decentra-mento amministrativo esistente nei diversi territori analizzati, ma anche, ed è il caso dell’Italia, la carenza di aeroporti di confine che non tengono il confronto con il numero di quelli situati in Oltralpe. Infine, viene preso in esame l’accesso ai servizi, anche con riferimento ai servizi rari, come ad esempio le sedi universitarie.
Un aspetto nuovo che emerge, grazie alla visione di insieme offerta dal Rapporto con le sue numerose carte tematiche, è certamente l’evidenziazione di come questo territorio, in parti-colare quello montano tradizio-nalmente inteso, possa davvero concepirsi come un territorio di relazioni e non più come un ter-ritorio che vive una dimensione sostanzialmente autoreferenzia-le. E’ possibile così riflettere su cosa intendere per “dimensione relazionale dei territori montani” e su come, attraverso l’inseri-mento all’interno delle reti dello sviluppo nazionale e sovranazio-nale, la montagna possa vivere e partecipare a veri e propri “processi di modernizzazione”1.
A testimonianza di ciò, possono essere considerati quattro aspet-ti.
Il primo riguarda i flussi turistici, che si originano in ambito urba-no e metropolitaurba-no, verso il terri-torio montano, che offre spazi da fruire nel tempo libero, per praticare attività sportive e per riscoprire il territorio naturale nelle sue diverse accezioni, e momenti di svago. Questo tipo di attività richiede più che mai professionalità e capacità di stare sul mercato attraverso l’in-troduzione di innovazioni tecno-logiche e non, quanto mai necessarie in uno scenario così popolato di nuovi antagonisti. A questo riguardo, l’esempio più calzante può essere individuato
nell’esercizio, sempre più diffuso, della promozione territoriale attraverso le reti telematiche. Il secondo considera la capacità di riunire le forze economico-sociali, favorendone l’aggrega-zione, mediante l’utilizzazione di specifici strumenti di program-mazione territoriale. Si tratta di una modalità di intervento che i territori montani europei hanno, a diversi livelli, imparato a prati-care. Basti pensare all’adesione ad iniziative comunitarie come il LEADER, attualmente proposto per caratterizzare l’intero approccio della politica di svi-luppo rurale così come quello della politica di coesione nel periodo 2007-2013. Tali iniziative hanno visto la costituzione dei Gruppi di Azione Locale (GAL), composti da soggetti pubblici e privati impegnati nello speri-mentare nuove opportunità di valorizzazione delle risorse dispo-nibili, oppure, è il caso di INTERREG, lo sviluppo della capacità di cooperare fra territo-ri di regioni e stati diversi.
Lo sviluppo della programma-zione negoziata ha permesso, invece, il rafforzamento di nuove architetture istituzionali, come possono considerarsi le Unioni di Piccoli Comuni, e la delega di funzioni a quei sogget-ti, siano essi le Comunità Montane, gli Enti Parco o i sog-getti pubblici e privati che ope-rano a livello di bacino, che sono in grado di erogare servizi alla scala più adeguata e di definire le linee di intervento per la promozione dello sviluppo locale. In tal senso - e in questo risiede una importante sfida per il futuro - attraverso la definizio-ne di strategie di bacino o, se si preferisce, di dorsale, di Massiccio o di sistema vallivo, la montagna può attrezzarsi per gestire in modo evoluto le
prie risorse di base, soprattutto quelle idriche e le foreste. In questo caso, la dimensione rela-zionale si estrinseca nella defini-zione di meccanismi di scambio con quei territori che diventano destinatari e beneficiari delle risorse naturali di cui la monta-gna abbonda (lemonta-gname, acqua, energia elettrica, ecc.).
La relazionalità implica anche, quale ultimo aspetto da consi-derare, ma non per importanza, la possibilità di immaginare un ruolo strategico dei territori mon-tani all’interno delle reti lunghe. Non bisogna dimenticare, infat-ti, che la montagna, nel suo essere crinale, costituisce territo-rio di confine ora nazionale, nel caso, ad esempio, del sistema alpino, ora regionale, come avviene per la dorsale appenni-nica. Stare sul confine, in un contesto caratterizzato dal costante incremento della domanda di trasporto, significa, da un lato, entrare in contatto con flussi di merci e di persone e, dall’altro, costituire il territorio di elezione per infrastrutture di collegamento e di scambio di importanza cruciale. A questo riguardo, la sfida per la moder-nizzazione delle aree montane si gioca tutta sulla capacità di interpretare con accortezza il ruolo di custodi dei confini, evi-tando di essere relegate a sem-plici aree di attraversamento. Un ulteriore elemento che emer-ge dal Rapporto riguarda la dif-ferenza tra i territori montani della “vecchia” Europa con quel-li dei Paesi di nuova adesione. In questi ultimi, infatti, la per-centuale di territorio montano in rapporto alla superficie totale è decisamente più bassa. Diversamente, i due macroag-gregati presentano percentuali di popolazione montana rispetto a quella complessiva molto simi-li tra loro. Si può affermare così che la montagna dei Paesi di
nuova adesione non è stata interessata da fenomeni di spo-polamento nella misura di quelli che hanno caratterizzato la montagna dell’UE-15 negli ultimi decenni. Il probabile e tumul-tuoso sviluppo delle aree pia-neggianti dei nuovi Paesi euro-pei potrebbe determinare movi-menti rilevanti di popolazione e riproporre una problematica a noi ben nota. Le prossime politi-che di coesione territoriale, quin-di, dovranno, evidentemente, tener conto di tutto ciò assieme alla necessità di integrare una politica europea per la monta-gna, che ne consideri le diffi-coltà intrinseche, così come le potenzialità e l’importanza, quale patrimonio comune di tutti i cittadini.
La terza parte del Rapporto, infi-ne, riporta un’analisi delle politi-che nazionali per la montagna, che poggia, a sua volta, sull’a-nalisi della normativa di settore e sui risultati di interviste rivolte a un centinaio di testimoni privi-legiati esperti o coinvolti, a diverso titolo, su questo tema (responsabili di politiche locali, ricercatori, rappresentanti di categorie professionali, ecc.), contattati in ogni singolo Paese. Anche in questo caso, i risultati hanno evidenziato una situazio-ne composita: ci sono Paesi, infatti, che non hanno politiche per la montagna, altri dove le politiche sono settoriali o multi-settoriali e Paesi con politiche specifiche per la montagna (Francia e Italia) o sviluppate pur senza un’apposita normati-va di riferimento (Bulgaria e
Romania). Nei Paesi candidati, Bulgaria e Romania, inoltre, sono in via di predisposizione leggi specifiche per i territori montani.
Nel complesso, l’analisi mostra che le politiche per la monta-gna, là dove esistono, sono per gran parte implicite, legate all’agricoltura o allo sviluppo regionale.
Occorre, a questo riguardo, apri-re una riflessione sulla necessità di avviare politiche, soprattutto a livello nazionale e regionale, che non cadano, da un lato, nel pregiudizio di guardare a questo territorio come qualcosa a sé stante, svincolato dai restanti territori e dal tempo che avanza e, dall’altro, nel tentativo ottuso di appiattirlo su scale troppo ampie, slegandolo ancora una volta da ciò che caratterizza la sua specificità sociale, culturale, economica.
Forse, per aiutare lo sviluppo di politiche sempre più aderenti alla realtà e, quindi, per svilup-pare strumenti di programma-zione più efficaci, sarebbe bene cominciare a pensare metodolo-gie di rilevamento nuove, che consentano una migliore cono-scenza di un territorio, magari basate su informazioni non solo derivanti da numeri e cartine, ma anche di tipo qualitativo sui modelli e le condizioni di vita e di lavoro nelle diverse aree, tenendo conto fondamental-mente del “sentire” o del “pre-sentire” di un territorio che è dentro la coscienza di chi lo vive.
15
L’attuazione degli
interventi a favore
dello sviluppo
dell’agricoltura e
delle aree rurali nei
primi quattro anni di
programmazione
di Raoul Romano - INEA
Nel periodo di programmazione dei Fondi strutturali 2000-2006, l’anno 2003 ha segnato un pas-saggio importante con riguardo agli interventi cofinanziati sia dal FEOGA-Orientamento nel-l’ambito dei Programmi Operativi Regionali (POR) obietti-vo 1, sia dal FEOGA-Garanzia nei Piani di Sviluppo Rurale (PSR).
Con la revisione di metà perio-do, prevista dall’art. 14 del Reg. (CE) 1260/99, infatti, si è proce-duto a una verifica dell’impian-to strategico e delle capacità attuative dei singoli programmi, alla luce dei risultati ottenuti al termine dei primi quattro anni di attuazione. La successiva ripro-grammazione ha comportato non una modifica dell’impianto strategico dei Programmi, ma un loro adattamento per render-li maggiormente coerenti con le finalità dei Fondi strutturali e degli specifici obiettivi program-mati.
Le Autorità di gestione, quindi, sono state impegnate in un pro-cesso di analisi e verifica dei propri interventi, a cui hanno contribuito i valutatori indipen-denti1e i diversi soggetti coin-volti a vario titolo nelle attività
di attuazione dei Programmi. Il processo di riprogrammazione ha dovuto tenere conto, inoltre, delle novità introdotte nell’ambi-to del secondo pilastro della PAC con la Revisione di medio termine (M.T.R.), che raggiungo-no una formulazione definitiva, nel settembre del 2003, con l’ap-provazione del Reg. (CEE) 1783/2003 del Consiglio, che modifica il testo del Reg. (CE) 1257/99, e, nell’aprile 2004, del nuovo regolamento applicativo per lo sviluppo rurale, il Reg. (CE) 817/2004.
Il Reg. (CE) 1783/2003 modifica alcune norme già in vigore e introduce delle nuove misure, consentendo di correggere alcu-ni degli aspetti più critici emersi nel corso della programmazione 2000/2006. In particolare, si pre-vede un potenziamento degli interventi per la qualità dei pro-dotti alimentari (attraverso l’in-troduzione di forme di incentiva-zione), un regime di aiuti per favorire la rapida diffusione e applicazione nell’agricoltura della normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, igiene e benessere degli animali e sicurezza del lavoro e un sostegno a favore dei partenariati locali e si proce-de a una revisione proce-delle norme di programmazione e gestione dei programmi per introdurre una limitata semplificazione pro-cedurale.
Le nuove misure previste, inol-tre, ricadono nell’ambito dell’o-peratività del FEOGA-Garanzia, ad eccezione del sostegno ai partenariati locali (art. 33) che,
limitatamente alle regioni obiet-tivo 1, è cofinanziato dal FEOGA-Orientamento.
Lo stato di attuazione degli
interventi finanziati dal
FEOGA-Garanzia.
Le regole di gestione del FEOGA-Garanzia, che finanzia i PSR, impongono una programmazio-ne su base annua2, il cui rispetto in fase di erogazione dei paga-menti è condizione essenziale per evitare il taglio delle risorse finanziare disponibili.
Rispetto alle previsioni di spesa trasmesse alla Commissione europea entro il 30 settembre di ciascun anno3, l’Italia non è stata mai penalizzata, spenden-do mediamente, nei primi quat-tro anni di programmazione, il 92% di quanto programmato. Nel 2003, la maggior parte delle regioni italiane ha superato la soglia del 75% di spesa, mante-nendo, in alcuni casi, un profilo superiore alle previsioni. Nel complesso, le spese cumulate a livello di Stato membro per il quarto anno consecutivo hanno superato la dotazione finanziaria inizialmente attribuita dal profilo di Berlino. Inoltre, il sottoutilizzo di risorse da parte di alcuni Stati ha consentito di assegnare all’Italia altri 39 meuro che, som-mati ai 644,2 meuro previsti dal profilo di Berlino, hanno portato la quota FEOGA per il 2003 a 683,2 meuro.
Nel corso del 2003, le regioni ita-liane hanno effettuato interventi a valere sui propri PSR per circa
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1 Rapporti di Valutazione Intermedia dei Programmi cofinanziati dai Fondi strutturali, redatti dai valutatori indipendenti e conse-gnati alla Commissione entro il 31 dicembre del 2003.
2 Le regole di gestione del Feoga-Garanzia dispongono che, qualora le spese sostenute nel corso di un anno finanziario, che si chiude il 15 ottobre, risultino inferiori al 75% delle previsioni di spesa per il medesimo anno, l’importo massimo consentito per quello successivo viene ridotto di un ammontare pari a un terzo della differenza tra spesa realizzata e spesa programmata. 3 Vengono considerate le annualità 2001, 2002, 2003; per l’annualità 2001 il confronto tra le previsioni e le spese effettive
risulta-no poco significative, in quanto le previsioni sorisulta-no state formulate a settembre del 2000, quando gran parte delle spese erarisulta-no già in pagamento.
1.330 meuro, 100 meuro in più rispetto all’annualità 2002 (tabel-la 1). Dall’inizio del(tabel-la program-mazione ad oggi, il totale dei pagamenti effettuati risulta supe-riore ai 5 miliardi di Euro, rappre-sentando circa il 58% della quota FEOGA-Garanzia assegnata per l’intero periodo 2000-2006. Le regioni obiettivo 1, dove i PSR comprendono solo le ex misure di accompagnamento e le indennità compensative, evi-denziano un più elevato livello di avanzamento finanziario (66%; grafico 1). In particolare,
molto elevata è la capacità di spesa di Calabria (83%), Puglia (70%) e Sardegna (68%), deter-minata esclusivamente dal pagamento di impegni pregres-si, ossia relativi ai Regg. (CE) 2078/92, 2079/92 e 2080/92. Per le regioni fuori obiettivo 1 l’inci-denza della spesa sul contributo pubblico totale si attesta, in media, sul 55%; le uniche Regioni che mostrano una spesa superiore alla media sono la Liguria e l’Umbria.
La distribuzione delle risorse pubbliche erogate nei primi
quattro anni di programmazio-ne tra le principali categorie di misura (tabella 2) evidenzia la marcata incidenza degli inter-venti riconducibili alle misure di accompagnamento, in cui i pagamenti riguardanti sia il vecchio regime (Regg. (CE) 2078/92, 2079/92 e 2080/92) che il nuovo (misure d, e, f, h) supe-rano il 65% delle risorse erogate. Nelle regioni obiettivo 1, la spesa riferita alle misure deri-vanti dal vecchio regime rag-giunge quasi il 92% delle risorse dei PSR, contro il 36% relativo alle regioni fuori obiettivo 1, che
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Tabella 1 - Quota assegnata e spesa relativa al FEOGA-Garanzia nel 2003
Regione o Spesa pubblica Spesa pubblica Stanziamenti Capacità
Provincia Autonoma 2003 2000-2003 2000-2006 di spesa
a b c d=b/c meuro % Abruzzo 29,9 136,3 290,4 46,9 Basilicata 22,9 144,7 244,3 59,3 Calabria 21,9 248,9 299,2 83,2 Campania 16,3 90,4 201,7 44,8 Emilia Romagna 144,4 498,5 836,7 59,6 Friuli V.Giulia 36,4 102,9 209,7 49,1 Lazio 94,2 305,6 587,2 52,0 Liguria 33,8 130,6 210,7 62,0 Lombardia 132,3 429,8 804,7 53,4 Marche 57,3 215,3 451,8 47,7 Molise 7,8 22,9 45,2 50,6 P.A. Bolzano 50,7 154,0 266,3 57,8 P.A. Trento 34,8 107,1 210,1 51,0 Piemonte 135,1 485,0 863,9 56,1 Puglia 81,4 272,3 389,4 69,9 Sardegna 35,6 273,7 403,7 67,8 Sicilia 70,5 362,3 560,8 64,6 Toscana 113,5 392,0 721,6 54,3 Umbria 82,3 249,4 395,2 63,1 Valle d’Aosta 15,1 61,3 117,6 52,1 Veneto 113,1 372,9 660,3 56,5
Totale fuori Ob.1 1.073,0 3.640,7 6.626,1 54,9
Totale Ob.1 256,5 1.415,3 2.144,2 66,0
Totale 1.329,5 5.056,0 8.770,3 57,6
contano un numero più elevato di misure tra cui la quota pubbli-ca si ripartisce (grafico 2). Con riferimento alle altre catego-rie di misura, gli investimenti nelle aziende agricole insieme a quelli per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti
agricoli incidono per il 14,8%. I pagamenti relativi all’inserimen-to dei giovani agricolall’inserimen-tori si atte-stano sul 6,7% del totale, mentre alle misure riconducibili all’artico-lo 33 del Reg. (CE) 1257/99, che si propongono di sviluppare fonti alternative di reddito nelle
azien-de agricole e nelle aree rurali (misure m, p, s), rafforzando l’in-tegrazione tra i diversi settori di attività (misure l, n, o, q, r, u, v), è associata una spesa pari al 5,3%. Molto contenuti, inoltre, sono i pagamenti riguardanti le altre misure forestali e la formazione.
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numero 20 0 100 200 300 400 500 600 700 800 900Spesa pubblica 2000-2003 Stanziamenti 2000-2006
Abruzzo
Basilicata Calabria Campania
Emilia Romagna Friuli V.Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise
P.A. Bolzano P.A. Trento
Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Valle d'Aosta Veneto
Grafico 1 - PSR. Spesa relativa agli interventi finanziati dalla sezione Garanzia del
FEOGA (meuro)
Fonte: elaborazioni INEA su dati AGEA
Investimenti 14,87% Insediamento giovani 6,68% Formazione 0,32% Misure articolo 33 5,33% Altre misure forestali
1,59% Indennità compensative 5,17% Valutazione 0,07% Misure in corso 0,82% Misure accompagnamento 65,14%
Grafico 2 - Distribuzione della spesa pubblica nel periodo 2000-2003
Lo stato di attuazione degli
interventi nelle regioni
obiettivo 1 finanziati dal
FEOGA-Orientamento
Nel quarto anno di attuazione dei programmi strutturali, le regioni obiettivo 1 hanno nuo-vamente evitato il disimpegno automatico (articolo 31 Reg. (CE) 1260/99) e sono state desti-natarie dell’assegnazione della “riserva di premialità”.
Al 31 dicembre 2003, infatti, più del 52% delle risorse impegnate (40% circa) sono state utilizzate per la realizzazione degli inter-venti cofinanziati dal FEOGA-Orientamento, mentre la capa-cità di spesa delle singole Regioni raggiunge, in media, quasi il 21% del contributo pub-blico totale per il periodo 2000-2006 (tabella 3).
In particolare, gli impegni più elevati sono connessi alla misu-ra insediamento dei giovani
agricoltori, con il 59,7% del costo totale, a cui corrisponde anche una buona capacità di spesa (45,4%). Impegni superiori al 50%, inoltre, si registrano per gli interventi volti alla
salvaguar-dia del territorio rurale e alla tutela dell’ambiente e al miglio-ramento delle infrastrutture rura-li (compresi quelrura-li a favore delle risorse idriche), che presentano, però, una capacità di spesa
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Tabella 2 - Andamento della spesa dal 2000 al 2003 per categorie di misura (meuro)
Categorie di misura e misure 2000-2003 Spesa Pubblica Capacità
Spesa % di spesa programmata di spesa
Pubblica sul totale
Investimenti 751,99 14,9 1.594,01 47,18
Insediamento giovani 337,88 6,7 438,76 77,01
Formazione 16,20 0,3 50,52 32,07
Misure accompagnamento 3293,65 65,1 4.759,35 69,20
Accompagnamento nuovo regime 650,00 12,86 1.784,31 36,43
Accompagnamento vecchio regime 2643,66 52,29 2.975,05 88,86
Indennità compensative 261,55 5,2 512,79 51,01
Altre misure forestali 80,39 1,6 312,67 25,71
Misure articolo 33 269,26 5,3 862,48 31,22 di cui infrastrutture (o q r u) 116,65 2,31 329,12 35,44 di cui diversificazione (m p s) 79,00 1,56 295,08 26,77 di cui servizi (l n v) 48,12 0,95 116,82 41,19 di cui altro 25,48 0,50 121,45 20,98 Valutazione 3,44 0,1 20,51 16,78 Misure in corso 41,69 0,8 219,17 19,02 Totale 5.056,05 100,0 8.770,26 57,65