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Agenzie di rating fra potere e responsabilità

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Academic year: 2021

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(1)Università degli studi di Pisa Dipartimento di Economia e Management TESI DI LAUREA MAGISTRALE IN STRATEGIA, MANAGEMENT E CONTROLLO. Agenzie di rating fra potere e responsabilità. Relatore: Prof.ssa Amal Abu Awwad. Controrelatore: Prof.ssa Giulia Romano. Candidata: Sofia Agostini. Anno accademico 2012/2013.

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(3) CAPITOLO PRIMO Il caso “Bathurst Regional Council v Local Government Financial Services Pty Ltd” 1.1 Il problema 1.2 La pronuncia 1.2.1 Osservazioni 1.3 Un approccio economico 1.3.1 Profili generali del rating nei mercati finanziari 1.3.2 Analisi economica della responsabilità CAPITOLO SECONDO L’evoluzione della funzione delle agenzie di rating 2.1 Le origini 2.1.1 La Crisi del 1929 2.2 L’introduzione della Rule 15c3-1 2.3 La vendita di “licenze” 2.4 Il ruolo della reputazione 2.4.1 La visione delle agenzie di rating in un’ottica reputazionale 2.4.2 Critiche alla teoria del capitale reputazionale CAPITOLO TERZO L’eccessiva influenza delle agenzie di rating sull’economia: i rimedi 3.1 La circoscrizione del fenomeno sul piano normativo 3.1.1 La soluzione normativa 3.1.2 Le “alternative” al giudizio di rating 3.2 Il rafforzamento delle norme in tema di vigilanza 3.3 La concorrenza fra le agenzie di rating 3.4 Gli strumenti di tutela preventiva 3.5 La responsabilità 3.5.1 La funzione general – preventiva della tutela risarcitoria 3.5.2 Profili critici dell’azione di responsabilità 3.5.3 Le fattispecie di responsabilità. BIBLIOGRAFIA.

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(5) CAPITOLO PRIMO. Il caso “Bathurst Regional Council v Local Government Financial Services Pty Ltd”. La presente indagine muove dall’analisi della sentenza della Corte Federale australiana sul caso “Bathurst Regional Council v Local Government Financial Services Pty Ltd”, e cioè dall’analisi della prima sentenza che ha dichiarato responsabile un’agenzia di rating1 nei confronti degli acquirenti di un prodotto finanziario complesso, che avevano riposto fiducia nel giudizio altamente positivo espresso dall’agenzia. In questa prima parte non si intendono anticipare le riflessioni su tale sentenza, ma si persegue l’obiettivo di far emergere le diverse problematiche connesse al fenomeno del rating: il problema del regime di responsabilità a cui assoggettare le agenzie di rating, il loro ruolo nel sistema economico, attribuito loro anche da una disciplina che ne enfatizza l’importanza,2 il conflitto di interessi in cui si trovano per la natura del modello issuer – pays,3 il ricorso a strumenti derivati4 sempre più complessi e slegati dall’economia reale e l’erronea se non fuorviante presentazione al pubblico di questi come strumenti. 1. Con il termine rating si indica la valutazione della capacità di un emittente o di uno strumento finanziario di ripagare il creditore alla scadenza dei termini. Traduzione della definizione del Fondo Monetario Internazionale: “A credit rating measures the relative risk that an entity or transaction will fail to meet its financial commitments, such as interest payments and repayment of principal, on a timely basis”. Vedi. IMF, The uses and abuses of sovereign credit ratings, IMF Global Financial Stability Report, October 2010, pagina. 88. Le agenzie affermano che si basi su valutazioni di tipo sia quantitativo sia qualitativo, e che non costituiscano indicazioni a vendere o comprare titoli. Vedi FERRI GIOVANNI, LACITIGNOLA PUNZIANA, Concorrenza e agenzie di rating: il dibattito economico, in Analisi giuridica dell’economia, 2012, p. 299–322. Possono anche riguardare interi Paesi (sovereign rating). 2 Nel capitolo III sarà oggetto di approfondimento il sistema di norme che fa riferimento al rating per la valutazione degli attivi patrimoniali di diversi istituti; per ora basti accennare al fatto che queste previsioni rendono necessario per chi emette strumenti di debito ottenere un rating per poterli collocare. 3 Il modello in cui sono gli emittenti di strumenti finanziari a pagare le agenzie di rating per la valutazione dei loro titoli, contrapposto al sistema investor – pays, in cui le valutazioni sono acquistate dagli investitori. Altri autori utilizzano invece le locuzioni “issuers – paid” e “investors – paid”. 4 “I «derivati» (derivatives) sono strumenti finanziari il cui valore dipende (ossia deriva) da una o più «variabili sottostanti» (underlying variables). Molto spesso le variabili sottostanti sono rappresentate dal prezzo di «attività negoziabili» (traded asset). (…) i derivati possono dipendere da qualsiasi variabile, dal prezzo dei suini vivi alla quantità di neve che cade in una certa località sciistica”. HULL, JOHN C., Opzioni, Futures e Altri Derivati, edizione italiana a cura di Emilio Barone, Milano, 20097, p.1.. 1.

(6) parificabili a quelli tradizionali sotto il profilo del rischio.5 Nell’ordinamento italiano, i casi analoghi di domanda di risarcimento dei danni alle agenzie di rating non si sono conclusi con la condanna di queste ultime. È tuttavia necessario osservare che le motivazioni addotte sono state alquanto diverse tra loro. Anche nel noto caso Parmalat è stata presentata una richiesta di risarcimento ad una agenzia per i suoi giudizi, istanza caratterizzata da una particolarità importante, dal momento che questa era avanzata non dagli investitori insoddisfatti ma dall’emittente, soggetto peraltro rappresentato da un amministratore straordinario, che sosteneva che la società di rating non avrebbe dovuto procedere all’esecuzione del suo incarico in seguito alla non collaborazione da parte del valutato. Chiamato a decidere sulla questione, il Tribunale di Milano ha sì accertato la “ripetuta, macroscopica e consapevole violazione delle regole tecniche”6 da parte dell’agenzia, e il fatto che questa avesse provveduto ad emanare il suo giudizio pur non avendo a disposizione le informazioni necessarie per l’adempimento della prestazione, ma ha condannato la società di rating alla sola restituzione dei compensi percepiti da Parmalat, in assenza della prova da parte degli attori del danno ricevuto, individuato da questi come un più facile collocamento delle obbligazioni che avrebbe aumentato il dissesto finanziario. Il Tribunale di Roma, nel gennaio 2012, ha rigettato la domanda di risarcimento dispiegata da un investitore nei confronti di Moody’s che aveva fornito un buon rating alle obbligazioni Lehman Brothers, seguendo la giurisprudenza americana degli anni passati. Il rigetto è stato motivato in considerazione del fatto che “qualsiasi valutazione dell’agenzia di rating, sebbene sbagliata (...), non può dar adito ad alcun risarcimento in quanto mera opinione, come tale non passibile di essere classificata errata sulla base di dati oggettivi”7. Detta pronuncia è assai lontana dalla sentenza della Corte Federale australiana, nella quale invece quest’ultimo passaggio logico non viene ritenuto corretto, almeno nei casi di colpa grave. 5. Anche l’esistenza stessa di un’unica scala di rating per strumenti tradizionali e innovativi ha contribuito a generare questo equivoco. Se, ad esempio, un soggetto molto avverso al rischio avesse notato nel prospetto informativo il valore “111”(ipotizzando una scala numerica per i prodotti complessi) al posto del più familiare “AAA”, avrebbe potuto capire che il suo consulente finanziario gli stava offrendo un prodotto diverso da quello richiesto. Probabilmente persone con scarse conoscenze in materia potrebbero comunque fidarsi del consiglio del proponente, ma forse almeno qualcuno di questi potrebbe avere ripensamenti sull’investimento. 6 Tribunale di Milano, 1 luglio 2011, n.8790. 7 Tribunale di Roma, 17 gennaio 2012, n. 835, citata da SAPONARO, MICHELE, Il danno da rating: se e come le agenzie sono tenute a rispondere, in Danno e responsabilità, 2013, n. 2, pp. 177–194.. 2.

(7) Da ultimo, anche il Tribunale di Catanzaro si è occupato della materia, stabilendo invece che l’affidamento degli investitori sui giudizi delle agenzie di rating è meritevole di tutela, individuando nella lesione di questo affidamento un illecito di tipo extracontrattuale. Anche nel caso ora richiamato, nella sentenza non si è tuttavia arrivati a condannare l'agenzia: il che perché non si è ritenuta dimostrata la colpa, individuata come negligenza professionale. Pur tenendo conto delle diversità esistenti tra l’ordinamento italiano e quello australiano, un’analisi della sentenza sul caso “Bathurst Regional Council v Local Government Financial Services Pty Ltd” può esser utile poiché la necessità di fornire una migliore disciplina delle agenzie di rating e di garantire una maggiore tutela ai destinatari dei loro giudizi è presente su scala mondiale e quindi un confronto con le soluzioni applicate in altri Paesi può suggerire spunti anche per una normativa europea. 1.1 Il problema Nel 2006 ABN AMRO Bank NV formulava il primo Constant Proportion Debt Obligation (CPDO), uno strumento derivato complesso, basato su un portafoglio sintetico, caratterizzato da un elevato effetto leva e con durata pari a dieci anni, costruito per ottenere un rating pari ad AAA, in modo tale da poter esser commercializzato facilmente.8 La redditività del CPDO era dovuta a contratti di trasferimento del rischio di credito (Credit Default Swap contracts), riferiti alla media degli indici CDX e iTraxx, rappresentanti rispettivamente il rischio di default delle imprese americane ed europee 9 e soggetti a cambiamenti ogni sei mesi. La corresponsione di interessi ai detentori dello strumento avrebbe dovuto esser fissa. È emerso che nell’attribuzione del rating Standard & Poor’s è stata altamente negligente, utilizzando il modello valutativo proposto da ABN AMRO, senza elaborarne uno proprio. In questo modello S&P ha inoltre inserito valori, anch’essi forniti da ABN AMRO, eccessivamente ottimistici, che non trovavano riscontro nel contesto economico reale. 8 9. Per questa sezione il riferimento è al testo della sentenza della Corte Federale australiana. In particolare il CPDO faceva riferimento agli indici Dow Jones CDX 6 e iTraxx Europe 5.. 3.

(8) ABN Amro ha richiesto a S&P l’uso di un roll down benefit (RDB) 10 pari al 7%, cioè di assumere che ogni sei mesi il cambio delle posizioni del derivato sulla base di un nuovo indice portasse un guadagno di sette punti base: senza questa condizione il rating complessivo del prodotto non sarebbe arrivato neppure all’investment grade (pari a BBB- per S&P). La volatilità dell’indice Globoxx, ottenuto come media aritmetica tra CDX e iTraxx, è stata indicata da ABN AMRO pari al 15%, e S&P non ha provveduto a procedere ad una propria stima del valore, che in realtà era calcolabile intorno al 28– 29%. Inoltre è stato scelto di considerare nei test un LTAS (long term average spread) di 40 bps per un anno e di 80 bps per i nove anni successivi e non pari a 40 bps per due anni, perché questo avrebbe portato il rating ad AA-, giustificando questa decisione con l’interpretazione delle curve dei tassi; nel modello il periodo di stress a cui lo strumento poteva esser sottoposto è stato molto limitato e non è stato ponderato adeguatamente il rischio legato alla necessità di cambiare il rating del CPDO stesso. Senza l’introduzione di queste ipotesi create ad hoc, dopo una contrattazione tra le parti, come emerge dalla ricostruzione dei fatti, lo strumento finanziario non avrebbe mai ottenuto un rating pari ad AAA, che è risultato poi essere non indicativo del vero livello di rischio a cui erano esposti gli acquirenti. Nell’Agosto 2006 ABN AMRO ha iniziato a creare una versione del CPDO in dollari australiani, il Rembrandt 2006–2; il rating di questo prodotto era stato calcolato considerando le ipotesi sopra elencate e un livello iniziale degli spread sui crediti aziendali pari a 36 bps, anche se al momento dei test sul rating questo livello era sceso a 31,85 bps, che avrebbe abbassato notevolmente il rating del CPDO. Local Government Financial Services, società di consulenza finanziaria creata per investire congiuntamente i surplus delle amministrazioni locali australiane del New South Wales che ne erano proprietarie e poi ceduta ad una finanziaria, Local Government Superannuation Scheme, a sua volta posseduta da Future Plus Financial Services Pty Ltd, era stata incaricata di gestire gli investimenti di StateCover, ente previdenziale per i lavoratori pubblici, ed ha consigliato alla sua cliente di acquistare 10. All’epoca, stando alla ricostruzione fatta da Fitch, il roll down benefit era addirittura negativo. BECKER, LUKAS, “Deceptive and negligent”: How the first CPDO got its AAA rating, 30 gennaio 2013, Risk Magazine, consultabile su www.risk.net.. 4.

(9) obbligazioni Rembrandt 2006–2 per dieci milioni di dollari australiani. Spinta da questo successo e dalla crescente concorrenza di altri intermediari che si occupavano di CDO,11 LGSF chiese ad ABN AMRO di costruire un altro prodotto simile al Rembrandt 2006–2, con lo stesso rating; nacque così il Rembrandt 2006–3. ABN AMRO sapeva che LGFS avrebbe venduto le obbligazioni ad amministrazioni locali sue clienti e S&P era a conoscenza del fatto che il Rembrandt 2006–3 era stato creato per un solo intermediario finanziario. Anche questa versione del CPDO aveva un rating viziato dalle stesse ipotesi viste in precedenza; nel frattempo all’interno di S&P erano emerse voci critiche circa le assunzioni e il modello adottato per la valutazione, e l’azienda era venuta a conoscenza del fatto che altre agenzie e operatori del mercato avevano opinioni diverse dalla loro sul rating. LGFS acquisì obbligazioni Rembrandt 2006–3 per quaranta milioni di dollari australiani entro la fine del 2006 e altri cinque nel 2007; di questi tra il novembre 2006 e il giugno 2007 sedici milioni vennero venduti alle tredici amministrazioni locali attrici in questa causa ed una parte ad altre due. È stato appurato che tra i motivi che hanno portato gli acquirenti finali a scegliere questo investimento sono stati decisivi il rating del prodotto e la partecipazione di LGFS all’operazione. Nel bilancio di LGSF erano rimaste quote del Rembrandt 2006–3 per ventisei milioni di dollari. Nel 2008 il rating del Rembrandt 2006–2 e 2006–3 scese a causa dell’aumento degli spread, e il valore netto delle obbligazioni si ridusse al 40% di quello nominale; LGSF non poteva più detenere il titolo perché il downgrade l’aveva reso non più in linea con le regole sugli investimenti a cui era sottoposta e fu costretta a cederlo alla sua controllante LGSS, con una perdita di circa sedici milioni. Gli enti territoriali che invece avevano continuato a detenere le obbligazioni acquistate nel 2008 subirono una perdita pari al 90% del loro investimento.. 11. Collateralizet Debt Obligation: sono strumenti derivati dalla “cartolarizzazione” di obbligazioni, e “rappresentano un modo per creare debito di alta qualità da debito di media (o anche bassa) qualità.” HULL, JOHN C., Opzioni, Futures e Altri Derivati, cit., p. 574.. 5.

(10) 1.2 La pronuncia Il giudice Jayne Jagot ha stabilito che il rating fornito da S&P sui due titoli era fuorviante ed ingannevole12, presentandoli al pubblico in una maniera che non sarebbe stata possibile se S&P avesse usato la diligenza professionale, che ABN AMRO era implicata nelle violazioni compiute da S&P nella valutazione e non aveva adempiuto al contratto in cui si impegnava a fornire a LGSF un prodotto con rating pari ad AAA, e che LGSF stessa ha contribuito a diffondere presso il pubblico informazioni ingannevoli e non ha adempiuto alle proprie regole, venendo meno a doveri verso i suoi clienti, perché non autorizzata ad occuparsi della compravendita di derivati. È stata respinta l’ipotesi di concorso di colpa da parte delle amministrazioni territoriali formulata dai difendenti e quella formulata da S&P e ABN AMRO nei confronti di LGSF, sulla base del fatto che quest’ultima ha mantenuto le quote di Rembrandt 2006–3 che non aveva venduto ai council. Pertanto il giudice ha stabilito che LGSF ha diritto ad essere risarcita in parti uguali da S&P e ABN AMRO per la perdita dovuta alla quota di Rembrandt 2006–3 che deteneva e per un terzo da ciascuna di esse per il procedimento di StateCover contro S&P, ABN AMRO e LGSF, in questo caso con la responsabilità di un terzo anche da parte di LGSF. I council hanno diritto ad esser risarciti da S&P, ABN AMRO e LGSF, per un ammontare pari alla differenza tra quanto hanno speso e quanto hanno ricevuto alla liquidazione dei titoli, e inoltre hanno diritto ad un equo compenso da parte di LGSF per la sua inosservanza dei doveri fiduciari che aveva nei confronti dei suoi clienti, considerato pari ai danni che devono esser ripagati in ugual misura da S&P, ABN AMRO e LGSF.. 12. La locuzione impiegata nella sentenza è “misleading and deceptive”.. 6.

(11) 1.2.1 Osservazioni È bene notare, a margine, che anche gli enti territoriali australiani,13 come quelli italiani14, sembrano non possedere le competenze necessarie per valutare e acquistare prodotti finanziari complessi; in questa situazione sarebbe consigliabile ricorrere piuttosto a strumenti di investimento più “tradizionali” e meno pericolosi, oltre che più comprensibili. Sicuramente l’unica risposta all’importanza eccessiva che le agenzie di rating hanno acquisito negli ultimi quarant’anni non può essere la previsione della loro responsabilità per i giudizi da loro emessi. Al riguardo parte della dottrina si esprime con chiarezza, chiedendosi se “davvero, s’intende affidare alle regole di responsabilità civile il compito di verificare se sono stati rispettati gli standards e i protocolli internazionali”15: un insieme di regole più stringenti su quali siano i requisiti di correttezza dell’attività da rispettare è senz’altro necessario, per garantire una maggior qualità dei rating e per evitare pericolosi casi di contrattazione tra agenzie e clienti. Tuttavia, per la risoluzione di un problema così complesso e capace di creare gravi distorsioni economiche, la rinuncia preventiva ad un correttivo non è consigliabile: per quanto l’imputazione di una responsabilità sia un rimedio solo ex post (poiché il danno deve essersi già verificato), essa può avere anche un effetto preventivo, spronando le agenzie di rating ad un comportamento più corretto. È agevole comprendere come sia un incremento della vigilanza sulle agenzie sia 13. A questo riguardo assume rilievo un’altra vicenda che ha visto coinvolti come attori alcuni enti territoriali australiani, il caso Wingecarribee Shire Council v Lehman Brothers Australia Ltd (in liq), in cui questi ultimi eranoro stati considerati investitori “unsophisticated”. La data di decisione di questo processo è di circa un mese e mezzo precedente a quella del caso in esame, si può quindi ritenere che ci sia una continuità nella giurisprudenza. In questa pronuncia precedente Grange Securities Ltd, poi acquisita da Lehman Brothers, è stata condannata al risarcimento delle perdite subite dai council che avevano incaricato la società della gestione dei loro patrimoni. I danni erano dovute all’acquisto di SCDO (synthesised collateralised debt obligations), che erano stati presentati come un investimento sicuro, simile per liquidità e rischio agli strumenti tradizionali di debito; in merito a questi punti la convocata ha invocato il concorso di colpa delle agenzie di rating per l’uso di un’unica scala di valutazione per diverse tipologie di strumenti. 14 Esiste in realtà una differenza di fondo tra i due fenomeni: in Australia gli enti avevano fatto ricorso ai derivati per investire il surplus dei loro bilanci, in Italia l’obiettivo principale era “ottenere subito finanziamenti che prevedono periodi di ammortamento lunghi quel tanto che basta a gonfiare i bilanci, rimandando a giunte e amministratori successivi il “rosso” da saldare”. (LEPIDO, DANIELE, Enti locali, paura derivati, in Il Sole 24 Ore, 18 Ottobre 2007) In entrambi i casi comunque la perdita finale è gravata sui contribuenti. 15 PONZANELLI, GIULIO, Quando sono responsabili le agenzie di rating, in Analisi Giuridica dell’Economia, n. 2, 2012. Non concordo invece con il parallelismo tra attività di rating e professione medica: in un caso si parla di società di grandi dimensioni, dotate di personale ben retribuito; nell’altro si tratta di personale che affronta lunghi orari lavorativi, opera spesso con mezzi scadenti, risorse limitate e in condizione di urgenza, senza considerare il ben più grave impegno sul profilo psicologico.. 7.

(12) una revisione del regime di responsabilità a cui sono sottoposte restino soluzioni parziali, meri palliativi che non vanno ad incidere sulla problematica di base: l’eccesso di dipendenza del mercato dai rating, come ha rilevato efficacemente parte della dottrina.16 Ciò premesso, non si può neppure consentire che sia previsto un esonero da responsabilità per le agenzie di rating nei confronti dei risparmiatori che hanno subito un danno dalla loro attività, creando una fattispecie di attività illecita “consentita” dalla legge – se non “favorita” – dato il ricorso normativo ai rating come parametro per la valutazione del merito creditizio. Il Giudice della Corte Federale è ricorso al modello del “tort of negligence”, cioè ad un “principio generale di responsabilità per colpa”,17 individuando una colpa di tipo oggettivo nel mancato rispetto da parte di S&P delle regole di ordinaria diligenza. In questo modo si arriva a stabilire in capo alle agenzie di rating un “duty of care”, cioè un obbligo di tenere un determinato standard di comportamento nell’esercizio della loro attività. Nel caso in esame si può ritenere che l’imputazione di una responsabilità in capo all’agenzia di rating sia stata agevolata dalla macroscopicità delle deviazioni da un modus operandi caratterizzato da correttezza e professionalità compiute nel corso del processo di valutazione, che in questo caso, come avviene in generale per i prodotti cosiddetti rating – driven, costruiti cioè per ottenere un dato rating, non interviene solamente ex post sul prodotto finito, ma anche durante tutto l’iter, con il grave pericolo di far risaltare al massimo le criticità dei modelli impiegati: questi prodotti infatti vengono creati con lo scopo precipuo di raggiungere un certo livello di rating, e nel processo di fabbricazione l’agenzia, aumentando il conflitto di interessi, agisce come consulente dell’emittente. Si può osservare che qualora un’agenzia di rating attribuisse ad un prodotto finanziario costruito sotto la sua supervisione un basso merito di credito finirebbe per 16. “In my view, the central problem is not that the major rating agencies, particularly Moody’s and S&P, have been hopelessly incompetent, inaccurate, and conflicted in their assessments of credit risk, particularly in the structured finance area. All of those diagnoses are correct, of course. The recent performance of the major agencies is an embarrassment for our capital markets. But these are symptoms, and too much focus on symptoms ignores the underlying disease. Instead, the key issue continues to be the overdependence on credit ratings”. PARTNOY, FRANK, Roundtable on Issues Related to the Oversight of Credit Rating Agencies, intervento presso la Securities and Exchange Commission, 15 aprile 2009. 17 VILLA, GIOVANNI, Il tort of negligence nel sistema inglese dei fatti illeciti, in Contratto e Impresa, n.1 , 2011.. 8.

(13) muovere critica anche al proprio operato, ipotesi in sé poco credibile. Poiché alcune assunzioni fatte dalle società di rating per la valutazione di strumenti finanziari complessi sono disponibili nell’informativa predisposta per gli investitori,18 non è da escludersi che un’autorità garante del mercato possa almeno chiedere maggiori chiarimenti trovandosi di fronte a valori la cui accettabilità possa sembrare discutibile. Con un controllo di questo tipo un caso come quello australiano avrebbe potuto esser scongiurato, data l’evidente problematicità di alcune assunzioni critiche. Possono sorgere altresì perplessità riguardo alle procedure utilizzate per la valutazione delle probabilità di default di strumenti simili: questa infatti discendeva solo dall’esecuzione di diecimila simulazioni del metodo Monte Carlo, numero in sé alto, ma stabilire che se in 728 simulazioni l’investimento è risultato in perdita automaticamente la percentuale di default è dello 0,0728% è un’assunzione probabilmente troppo forte.19 Una parte della dottrina, criticando l’interpretazione “classica” delle agenzie di rating in funzione del capitale reputazionale20, afferma che in realtà una responsabilità come quella prevista nella pronuncia del giudice Jagot non possa essere invocata in caso di prodotti innovativi, perché per questi è maggiore il guadagno che esse possono avere attribuendo rating elevati, che il consumatore non potrà giudicare in quanto sono considerati experience goods.21 È peraltro possibile sostenere che questa sentenza smentisca in gran parte questa affermazione perché dimostra che, nel caso di uno strumento come il CPDO (che può rientrare a pieno diritto nella definizione di “prodotto innovativo”), può esser compiuta un’analisi dello sforzo compiuto dell’agenzia di rating per cercare di esprimere un parere che possa avvicinarsi il più possibile alla realtà, anche senza riuscirci. Nell’ottica di una valutazione dell’attività delle agenzie di rating si può inoltre osservare che Fitch aveva espresso dubbi riguardo ad un giudizio così elevato, nel caso 18. Vedi ad esempio l’informativa proposta da ABN AMRO a proposito della prima tranche di CPDO, Surf 100, a pagina 29 sono esposte alcune delle assunzioni del modello. 19 Arturo Cifuentes afferma addirittura che i rating ottenuti con il metodo Monte Carlo siano meno soddisfacenti di quelli ottenuti con il metodo “Binomiale”, introdotto precedentemente. CIFUENTES ARTURO, Turmoil in U.S. Credit Markets: The Role of the Credit Rating Agencies, Testimony before the Senate Committee on Banking, Housing and Urban Affairs, 22 Aprile 2008. 20 HUNT, JOHN PATRICK, Credit Rating Agencies and the‘Worldwide Credit Crisis’: The Limits of Reputation, the Insufficiency of Reform, and a Proposal for Improvement, in Columbia Business Law Review, vol. 2009, n. 1. 21 La qualità di beni di questo tipo può esser valutata solo dopo il consumo; esempi classici sono gli spettacoli cinematografici o teatrali.. 9.

(14) in esame, e aveva presentato i risultati di una propria valutazione nel 2007.22 Moody’s invece aveva tenuto un comportamento simile a quello di S&P’s: infatti anch’essa aveva inizialmente fregiato i CPDO di ABN AMRO di una ottima AAA, dovuta in realtà ad un errore nel codice del programma di valutazione; dopo la scoperta di questo bug furono ripetute le prove, cambiando inoltre altre due ipotesi alla base del modello per mantenere lo stesso livello del rating – viene inoltre affermato che un’altra ipotesi non venne cambiata perché avrebbe impedito il raggiungimento della tripla A, con un modus operandi che pare assimilabile a quello stigmatizzato nella sentenza.23 Il fatto che un’agenzia di rating fosse riuscita a fornire una valutazione rivelatasi in seguito maggiormente corretta può essere considerato la dimostrazione della possibilità di un’analisi più corrispondente alla realtà; tuttavia è necessario, nel formulare questa valutazione, tenere in considerazione anche l’eventualità che la divulgazione di un giudizio del genere potesse essere un semplice espediente per ottenere da ABN AMRO la richiesta di un giudizio pagato.24 1.3 Un approccio economico 1.3.1 Profili generali del rating nei mercati finanziari L’originaria funzione delle agenzie di rating è quella di assicurare la riduzione delle asimmetrie informative presenti nel mercato finanziario – indubbiamente esse tendono alla massimizzazione del loro profitto –, come osservato da parte della dottrina, 25 ma ciò non implica necessariamente che questo impedisca loro di fornire informazioni utili per gli investitori: sarebbe come affermare che ogni impresa, che non sia un ente no 22. BECKER, LUKAS, op. cit. Vedi HILL, CLAIRE A., Why Did Rating Agencies Do Such a Bad Job Rating Subprime Securities? (March 1, 2010). University of Pittsburgh Law Review, Minnesota Legal Studies Research Paper 10–18. consultabile su http://ssrn.com/abstract=1582539, pagine 8 e 9. 24 I rating si suddividono infatti tra solicited e unsolicited, i primi elaborati su richiesta dell’emittente e con la sua partecipazione al processo valutativo e i secondi elaborati invece sulla base di informazioni pubbliche. 25 SAVONA, PAOLO, introduzione a Ferri Giovanni, Lacitignola Punziana, Le agenzie di rating: tra crisi e rilancio della finanza globale, Il Mulino, Bologna, 2009, pagina 12, in cui l’autore argomenta che le società di rating sono profit organization e dunque interessate principalmente al proprio profitto e non alla riduzione delle asimmetrie informative, affermazione che sembra sottintendere una certa diffidenza nei confronti delle imprese, per il solo fatto che esse “tendano” alla propria conservazione; in realtà bisogna tener ben presente il fatto che il fenomeno aziendale (utilizzando il termine “azienda” nel significato ad esso attribuiti dagli studiosi della scuola pisana di economia aziendale) nasce come mezzo per soddisfare i bisogni umani. 23. 10.

(15) profit, non possa fare altro che fornire beni di scarsa qualità, per contenere al massimo i costi, chiedendo però in cambio il corrispettivo dovuto per un bene di alta qualità. Questa ipotesi del resto non trova riscontro nella realtà, poiché implicherebbe l’assenza di qualsiasi mercato: perché un cliente dovrebbe comprare un qualsiasi bene o servizio sapendo di pagare un corrispettivo maggiore del valore di ciò che acquista? Del resto uno scambio economico tra due controparti nasce per assicurare un beneficio ad entrambe, quindi non è escludibile a priori che un’impresa possa massimizzare il suo profitto non a danno degli investitori, ma favorendo la loro conoscenza degli emittenti e degli strumenti finanziari. Questo almeno in linea teorica. Sul mercato finanziario si incontrano l’offerta di fondi da parte dei risparmiatori e la domanda di risorse, che nella trattazione successiva ipotizzeremo raccolte solamente tramite obbligazioni, cioè a titolo di capitale di debito; ciò perché il mercato azionario presenta caratteristiche prettamente diverse, dato che i titoli scambiati su quest’ultimo non sono crediti ma porzioni del capitale sociale. Il tasso di interesse corrisposto da chi riceve un finanziamento è pari alla somma tra il tasso corrisposto per un titolo che presenta un rischio “pari a zero” e quello per compensare il maggior rischio che grava su chi finanzia un ente che non ha solvibilità certa;26 ovviamente il soggetto finanziato ha tutto l’interesse a corrispondere un interesse minore possibile ai suoi finanziatori. Per fare ciò è possibile che il debitore tragga vantaggio da informazioni in suo possesso di cui la controparte non dispone; può fare ciò sia prima dell’ottenimento del prestito facendo apparire la sua situazione economica e le sue prospettive più floride di quanto non siano in realtà, e in questo caso si parla di hidden information, sia in seguito utilizzando le somme ottenute per investimenti più rischiosi di quelli prospettati; in quest’ultimo caso si tratta di azzardo morale. Inoltre un investitore può avere difficoltà nel reperire informazioni perché non in possesso di tutte le competenze tecniche o di disponibilità di tempo adeguato da dedicare all’attività di ricerca, o ancora per il fatto che il soggetto finanziato è collocato e opera in un Paese diverso. Per evitare questi malfunzionamenti del mercato esistono vari gatekeeper che dovrebbero vigilare sui comportamenti dei vari soggetti presenti e sulla correttezza delle 26. In realtà esiste anche, per alcune obbligazioni, una quota del tasso di interesse per coprire l’inflazione.. 11.

(16) informazioni diffuse agli investitori, tra questi rientrano anche le agenzie di rating. Più precisamente con il termine gatekeeper vengono individuati quei soggetti che siano dotati di un elevato capitale reputazionale che garantisca veridicità e onestà delle loro affermazioni e che non ricavino un grande beneficio dalla loro attività. 27 Inizialmente i clienti delle agenzie di rating erano gli investitori, che erano disposti a pagare per scegliere i loro investimenti: il cosiddetto modello subscriber – pays. In questo caso i conflitti tra gli interessi delle agenzie e gli investitori erano diversi, poiché tra i due si creava un rapporto principale – agente. 28Le agenzie erano incentivate ad uno sforzo nel cercare di emettere rating il più possibile accurati fino al raggiungimento dell’utilità ricavata dal pagamento ricevuto, mentre gli investitori non soddisfatti dalle caratteristiche del rating, valutate ex post, avrebbero potuto rivolgersi ad un’altra agenzia danneggiando la reputazione di chi non aveva saputo operare correttamente. Coloro che potevano non esser soddisfatti da questo meccanismo erano i soggetti che si trovavano dalla parte della domanda nel mercato del credito, poiché le agenzie potevano corrispondere loro un rating inferiore per evitare, in caso di default del debitore, l’insoddisfazione dei loro clienti.29 Con la diminuzione del costo delle riproduzioni dei manuali in cui erano venduti i rating, e l’aumento dei testi normativi che ad essi facevano riferimento, sono stati gli stessi emittenti di strumenti finanziari a pagare per ottenere una valutazione da parte delle agenzie. Nel modello issuer – pays l’agenzia di rating si trova a dover giudicare chi le compra il servizio; per aumentare il numero di clienti è portata quindi ad alzare il rating concesso, il che equivale a diminuire il prezzo richiesto agli emittenti, non fornendo più, quindi, un servizio di qualità agli investitori. 27. COFFEE, JOHN C. JR., GATEKEEPER FAILURE AND REFORM: The Challenge of Fashioning Relevant Reforms, pagina 11. L’Autore specifica che esiste anche un’accezione più ampia di gatekeeper, che comprende tutti i soggetti che forniscono servizi o certificazioni necessari per il completamento di una transazione. 28 “Nella formulazione generale del rapporto di agenzia sono presenti due soggetti stilizzati. Un primo soggetto, definito principale, fa ricorso ad un altro soggetto, l’agente, incaricandolo di una certa attività o mansione. Il principale e l’agente possono essere singoli individui, o anche intere imprese.” NICITA ANTONIO, SCOPPA VINCENZO, Economia dei contratti, Roma, 2005, p. 37. 29 Trattasi del fenomeno del cosiddetto under – rating: anche questo può portare ovviamente ad una distorsione del mercato dei capitali.. 12.

(17) Le agenzie di rating sono perciò diventate, da organismi nati per diminuire le asimmetrie informative, organismi che le aumentano, diffondendo – almeno in parte – informazioni che distorcono il mercato, spingendo gli investitori a non allocare in maniera ottimale il loro risparmio, collocandolo in strumenti non meritevoli e peggiorando le condizioni contrattuali per soggetti che non “comprano” una buona valutazione corrompendo l’agenzia. 1.3.2 Analisi economica della responsabilità L’analisi economica del diritto mira – come noto – a fornire spunti interpretativi sulle norme osservando gli effetti che queste possono produrre in un’ottica di massimizzazione del beneficio collettivo.30 Ovviamente questo modus operandi può portare a ritenere preferibile una scelta che comporti una situazione caratterizzata da una forte iniquità, ma con un livello di utilità complessiva maggiore, ad una più equa ma con un benessere complessivo lievemente inferiore, e non può quindi esser applicata acriticamente, per i risultati non etici a cui potrebbe pervenire; tuttavia questa analisi può contribuire, promuovendo valutazioni non inquinate da considerazioni ideologiche, alla messa in discussione di regole non efficienti. Tendenzialmente l’analisi economica porta a dividere i problemi allocativi e distributivi, relativi cioè alla creazione e ad alla distribuzione del reddito, suggerendo di dividere la produzione dall’intervento dello Stato per riequilibrare la situazione creatasi attraverso la fiscalità. Da notare che la fiscalità comporta una perdita secca di benessere, poiché una parte del reddito prodotto va persa durante la fase di raccolta e di redistribuzione dello stesso. Per procedere ad un’analisi degli effetti di un propagarsi di sentenze simili a quella della Corte Federale Australiana bisogna valutare se la previsione di una responsabilità per falsa informazione in caso di colpa o dolo è efficiente, cioè se comporta un aumento o una diminuzione del benessere collettivo. L’analisi economica del diritto è più efficace quanto più si discute di ruoli giuridici “simmetrici”, cioè non ricoperti da diversi gruppi sociali, ma che possono esser 30. Cfr., nell’ordinamento italiano, DENOZZA, FRANCESCO, Norme efficienti. L’analisi economica delle regole giuridiche, Giuffrè, Milano, 2002.. 13.

(18) interpretati da diverse categorie di persone; ad esempio le categorie di creditore e debitore: una persona può addirittura esser nello stesso momento creditore di Tizio e debitore di Caio.31 Innanzitutto bisogna distinguere due casi, quello in cui i rating sono richiesti dall’emittente e quello in cui non lo sono. L’analisi seguente si concentra sul primo profilo. In questo caso non è presente nessuna simmetria nei ruoli giuridici, in quanto ad agenzie di rating32 e clienti corrispondono due categoriche economiche ben definite: da una parte solo alcune imprese che sono riuscite ad ottenere il riconoscimento, 33 dall’altra coloro che vogliono procedere alla richiesta di capitali sul mercato (e in questa definizione rientrano sia le grandi banche di investimento sia società che non hanno come attività principale quella finanziaria); oltre a ciò bisogna ricordare che i fruitori ultimi del rating sono sia investitori professionali sia soggetti più “deboli”, con meno capacità di comprendere le differenze tra diverse possibilità di investimento. In questo caso abbiamo quindi una relazione contrattuale tra due soggetti – agenzia ed emittente – che però incide per sua natura anche su soggetti terzi rispetto a questo rapporto. L’esternalità che promana da queste transazioni è, inoltre, meritevole di tutela, perché consente di migliorare l’allocazione del risparmio.34 Per scegliere tra autoregolamentazione delle parti contraenti e etero regolamentazione è necessario capire quale tra le due garantisca una minor probabilità di decisioni inefficienti, che non massimizzano cioè il benessere collettivo.35 Lasciando pienamente libere di agire le parti in causa, agenzie ed emittenti non hanno incentivi a tenere un comportamento “integro”: le agenzie possono infatti dichiarare che il rating indica solo una probabilità e quindi la sua correttezza non può esser valutata ex post, mentre l’interesse dei clienti è quello di ottenere il minor prezzo 31. DENOZZA FRANCESCO, op. cit., pagina 130. Si fa riferimento alle sole agenzie che traggono i loro profitti dalla vendita di rating agli emittenti di strumenti finanziari, escludendo quindi quelle che seguono ancora un modello di tipo investor – pays, che presenta tutte le caratteristiche di un contratto di agenzia. 33 Questo perché la normativa. che sarà esaminata in seguito (vedi infra cap. 2 e 3), pone limiti all’accesso a questa tipologia di attività. 34 Essendo un’analisi economica non si considerano qui altre istanze di tipo giuridico, come la protezione del risparmio garantita dalla Costituzione Italiana; del resto anche questo tipo di tutela affonda le sue radici in motivazioni economiche, oltre che sociali. 35 Il confronto è necessario in quanto non si assume che il legislatore sia perfetto. DENOZZA FRANCESCO, op. cit., pagina 72 32. 14.

(19) possibile per il capitale di debito, non quello di fornire informazioni veritiere al mercato. Le problematiche relative al mantenimento della reputazione da parte delle società di rating nel corso degli anni hanno perso significato, perché ormai la domanda è diventata rigida a causa delle norme che prevedono l’utilizzo del rating a fini regolamentari; questa è una distorsione del mercato creata dal legislatore – e da altri soggetti come il Comitato di Basilea – di cui in questa analisi non viene ipotizzata la cancellazione. Gli investitori, interessati a poter accedere ad un’informazione più veritiera e corretta possibile, non hanno invece la possibilità di impegnarsi con le compagnie di rating per richiedere che i loro giudizi siano accurati: infatti l’informazione economica può esser considerata un bene pubblico, e questo comporta l’insorgere di costi di transazione elevati; non è plausibile che gli investitori dichiarino una rinuncia all’uso di informazioni per la cui correttezza non hanno dato un corrispettivo. Un’altra causa di inefficienza di questa soluzione è data dalla pluralità degli investitori, che rende difficile la negoziazione. Per questi motivi la scelta di lasciare libertà al mercato, senza eliminare i riferimenti normativi al rating,36 sembra apportare benefici soprattutto ad agenzie ed emittenti. Analizzando la scelta di una regolamentazione esterna bisogna inoltre considerare due possibili diverse modalità di protezione: una “assoluta” e una “relativa”.37 Una protezione “assoluta” comporta il ripristino della situazione precedente alla violazione del diritto,38 più precisamente il diritto dell’investitore a non esser ingannato. Questa soluzione comporterebbe l’annullamento degli atti compiuti in seguito all’emissione di un rating non affidabile, quindi non sarebbero più validi i contratti di acquisto delle obbligazioni, e l’emittente dovrebbe restituire le somme ottenute, eventualità che sembra poco plausibile se successiva ad un suo fallimento. 36. Scelta che probabilmente cambierebbe molto le condizioni del mercato, aumentando la rilevanza della reputazione delle agenzie di rating; infatti un’emissione obbligazionaria corredata dal giudizio di un valutatore poco stimato dal pubblico non otterrebbe gli stessi risultati di quella certificata da una società autorevole. 37 DENOZZA FRANCESCO, op. cit., pagina 60. 38 Le property rules sono infatti caratterizzate dall’ “irriducibilità dell’interesse protetto a soddisfarsi con un mero diritto di credito di natura risarcitoria”, e il valore di questo diritto “può esser determinato solo dal titolare, nell’ambito di uno scambio volontario”. GIUDICI, PAOLO, La responsabilità civile nel diritto dei mercati finanziari, Milano, 2008, pagina 69.. 15.

(20) Si renderebbe quindi più difficoltosa la strada del reperimento di risorse finanziarie a titolo di capitale di debito, soprattutto se venisse considerato idoneo alla revoca della transazione anche un errore limitato, cioè in grado solo di cambiare il prezzo delle obbligazioni, e non di spingere l’investitore a rinunciare del tutto all’investimento; in questo caso sarebbe più consono uno strumento che consentisse alle parti una rinegoziazione. L’interesse degli emittenti ad un rating buono o ottimo anche se senza riscontro nella realtà potrebbe trovare quindi un limite, e l’informazione divulgata dalle agenzie migliorerebbe; tutto questo comunque non si verificherebbe per quegli emittenti ormai in default o comunque incapaci di far fronte ai loro doveri che non potrebbero riacquistare i loro titoli, e potrebbe avere come effetto perverso quindi la proliferazione di società apparentemente valide, create ad hoc per reperire risorse con un basso costo del capitale per poi reinvestirle dopo aver causato il fallimento dell’impresa “fantasma”. Una protezione di tipo relativo è invece quella che comporta il solo risarcimento del danno subito dall’investitore.39 È necessaria una quantificazione accurata del quantum, per evitare che venga fissato ad un livello inferiore, con la conseguente spinta per il danneggiante o potenziale tale a mettere in atto comportamenti opportunistici perché per lui più redditizi, o maggiore, con una conseguente spoliazione ingiusta del danneggiante.40 Si può tuttavia ritenere che la probabilità di errori nella quantificazione del risarcimento non sia eccessivamente elevata, avendo una base certa nell’importo pari all’investimento effettuato, che è conoscibile. Resta da stabilire se la responsabilità debba esser posta in capo alla società di rating o all’emittente: si può sostenere che questo aspetto debba essere valutato nella fattispecie concreta, osservando chi tra i due soggetti abbia posto in essere condotte censurabili: ad esempio un emittente che avesse fornito tutti i dati necessari per ottenere il rating non può esser condannato se l’agenzia non ha posto in essere la dovuta diligenza nell’elaborazione del suo giudizio. A questo punto non resta altro che valutare i vantaggi e gli svantaggi che una soluzione del genere può comportare per il benessere collettivo. 39. Le liability rules consentono infatti che l’interesse possa esser sacrificato, “a patto che il titolare sia risarcito di un importo deciso, evidentemente, da un terzo soggetto. GIUDICI, PAOLO, ibidem. 40 DENOZZA FRANCESCO, op. cit., pagina 74.. 16.

(21) i) “Benefici” apportati dalle agenzie di rating al mercato finanziario Le società di rating consentono di ridurre i costi per il reperimento e l’analisi delle informazioni, perché se un unico soggetto – o un numero limitato di soggetti – può diffondere il proprio lavoro tutti gli altri ne possono beneficiare, evitando inutili duplicazioni, che sono inefficienti per loro natura; inoltre data la loro maggior capacità e disponibilità di risorse si può presumere che il loro giudizio possa essere migliore di quello di un piccolo investitore. Inoltre consentono di risolvere il problema del free – riding tra gli investitori: poiché l’informazione economica è un “bene pubblico”, dato che dopo la sua elaborazione è difficile escludere altri dal suo godimento (infatti l’utilizzo della stessa per decidere se procedere o meno ad operazioni di acquisto o vendita di titoli ne comporta automaticamente la comunicazione ad altri operatori del settore), gli investitori sono incentivati a non sostenere tutti i costi per poi godere solo in parte del loro lavoro, ma ad aspettare che sia un altro ad affrontare queste spese per creare l’informazione. Anche se il primo che la elabora può avere un vantaggio rispetto agli altri – vendendo per primo, ottiene un prezzo migliore e così via. Un esempio può esser quello del piccolo investitore che “copia” le mosse di una grande banca di investimento; in questo caso il piccolo investitore sconta naturalmente una riduzione del suo beneficio dovuta al ritardo delle sue mosse, ma potrebbe riuscire ad evitare perdite gravose. Le agenzie di rating permettono anche agli emittenti di diffondere informazioni sul loro conto senza dover pagare un prezzo eccessivamente alto: infatti rendere pubbliche informazioni sensibili consentirebbe agli imprenditori di far apprezzare meglio il proprio merito creditizio, ma comporterebbe anche la perdita di un vantaggio rispetto ai concorrenti.41 Si pensi, ad esempio, ad un’impresa che emette obbligazioni per finanziare l’acquisto strategico di una società che possiede conoscenze e brevetti che potrebbero essere utilmente impiegati anche dall’acquirente: altri acquirenti si profilerebbero all’orizzonte e potrebbero aumentare il prezzo di acquisto o impedire del tutto l’operazione. 41. In questo senso, HUSISIAN, GREGORY, What Standard of Care Should Govern the World’s Shortest Editorials?: An Analysis of Bond Rating Agency Liability, in Cornell Law Review, pagina 419.. 17.

(22) Un’altra possibilità per l’impresa acquirente potrebbe esser quella di effettuare un aumento di capitale – nel caso di una società non quotata ciò comporterebbe una minor pubblicità dei motivi alla base dell’operazione – o di rivolgersi ad un istituto di credito per ottenere un mutuo. La presenza delle agenzie di rating può quindi impedire che il mercato finanziario scompaia o si riduca notevolmente a causa delle asimmetrie informative.42 Nel primo contributo sull’argomento, basato sul mercato delle auto usate, se i venditori non possono dare informazioni sulla qualità delle loro auto i compratori saranno disposti a pagare un prezzo medio, ma così facendo i venditori ritireranno dal mercato le auto con un valore superiore, abbassando ulteriormente il valore medio dei beni presenti sul mercato. Allo stesso modo un emittente non sarà disposto ad accettare un tasso di interesse medio se il progetto che intende finanziare con le obbligazioni è meno rischioso perché per lui sarebbe troppo oneroso – quindi rimarranno disposti a contrattare solo gli emittenti per cui il tasso è buono, quindi quelli che hanno progetti più rischiosi: in questo modo il tasso di interesse sul mercato dovrà salire per rispettare quello medio, finché ad un certo punto non ci sarà più nessuno disposto ad accettare di concedere credito perché il rischio sarà troppo alto e resteranno solo pochi investitori capaci di valutare autonomamente il merito creditizio degli imprenditori e interessati a sostenere investimenti realmente rischiosi. ii) Profili di criticità Tutti gli aspetti sopra evidenziati si possono verificare solo se il pubblico dei risparmiatori ha fiducia nelle capacità delle agenzie. Quando queste vengono messe in discussione, a causa di dimostrazioni dell’inaffidabilità dei loro giudizi per incapacità di eseguire il loro compito in maniera adeguata o addirittura per comportamenti non etici, tutto il sistema rischia di crollare. Una parte della teoria meno recente individua tre forze di mercato che dovrebbero spingere le agenzie di rating a mantenere un alto livello di qualità dei loro 42. Questo fenomeno è stato descritto da Akerlof nel suo famoso saggio. AKERLOF, GEORGE A., The Market for “Lemons”: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, in The Quarterly Journal of Economics, vol. 84, n. 3. (Aug., 1970), pp. 488–500. Per asimmetrie informative si intendono le situazioni in cui una parte tra le contraenti è dotata di maggiori informazioni rispetto all’altra e può farne uso a suo vantaggio.. 18.

(23) giudizi: la competizione di altre imprese che cercano un vantaggio competitivo offrendo ai loro sottoscrittori valutazioni più affidabili, di altri analisti di mercato che considerati “close substitute” e la facilità per gli investitori nel controllare l’affidabilità di un’agenzia verificando nel tempo quanti default si siano verificati.43 In realtà questi tre argomenti non sono condivisibili: il primo non può esser applicato alle agenzie che adottano il modello issuer – pays, perché l’interesse della maggior parte dei loro clienti – tranne eccezioni probabilmente esistenti – non è ottenere un giudizio accurato, ma elevato, dato che ciò si riflette in una riduzione del costo del capitale.44 Per quanto riguarda la seconda motivazione si può osservare che il rating, grazie alle norme attualmente in vigore,45 non può esser sostituito dagli emittenti con altri beni; gli investitori certamente potrebbero fare ricorso ad altri strumenti ed enti per decidere tra diversi investimenti, e qualora questi si dimostrassero più utili e capaci la reputazione delle agenzie ne verrebbe danneggiata, e questo nel lungo periodo potrebbe portare anche a cambiamenti legislativi, come del resto sta accadendo ultimamente.46 Analogamente gli investitori – o almeno una parte di questi – possono essere in grado di valutare il grado di fiducia che può esser accordata alle imprese di rating con un controllo ex post sulla percentuale di successi nelle loro previsioni,47ma comunque tra la produzione e diffusione di rating di bassa qualità e il riscontro di questa caratteristica dovrebbero passare alcuni anni, durante i quali un’agenzia poco corretta potrebbe aver deciso di puntare su un comportamento più etico e viceversa, quindi anche questa informazione non sarebbe così utile per disciplinare le agenzie attraverso una minor domanda dei titoli da loro valutati. 43. Vedi HUSISIAN, GREGORY,What Standard of Care Should Govern the World’s Shortest Editorials?: An Analysis of Bond Rating Agency Liability, cit., pagine 425 e 426. 44 Si pensi ad esempio agli esami: difficilmente uno studente che ha ottenuto un buon voto si interrogherà sull’accuratezza della valutazione, chiedendo poi all’esaminatore un giudizio più aderente alla realtà; più plausibilmente si limiterà ad analizzare la propria preparazione per migliorare la strategia di studio per gli esami successivi e si disinteresserà della correttezza di quanto riportato sul libretto, forte della convinzione che per uno sbaglio a suo favore ce ne sono molti altri a suo svantaggio. 45 Vedi nota 2. 46 Come è già intuibile io ritengo che la teoria del capitale reputazionale non riesca a spiegare il potere oggigiorno detenuto dalle agenzie di rating, o meglio che sia in grado di farlo solo in parte, e credo quindi che la lettura del fenomeno come vendita di “licenze regolamentari”, sostenuta dal professor Frank Partnoy, sia più convincente. Questi aspetti saranno oggetto di analisi nel capitolo II. 47 Alla data in cui è stato pubblicato l’articolo del professor Gregory Husisian verosimilmente era più difficile, se non altro più impegnativo anche dal punto di vista della quantità di tempo da impiegare, raccogliere una quantità di dati statisticamente rilevante su rating di anni passati e percentuali di default di strumenti ed emittenti ed analizzarla.. 19.

(24) Si possono inoltre individuare ulteriori correttivi al problema delle asimmetrie informative che potrebbero portare il mercato al collasso: la reputazione degli emittenti, che può portare gli investitori a fidarsi di società conosciute e capaci di rispondere delle loro obbligazioni, la previsione di norme che comportino una maggiore trasparenza, tale da rendere possibile per un maggior numero di soggetti valutare il merito creditizio, in maniera autonoma, aumentando anche la cultura finanziaria di quegli investitori che altrimenti avrebbero seguito passivamente indicazioni altrui. I problemi più rilevanti che pongono i rating non corretti sono rappresentati dall’ostacolo all’allocazione ottimale delle risorse nel mercato finanziario48 e l’avallo che concedono alla pratica di costruzione ingegneristica di strumenti finanziari complessi, che finiscono per creare una rete di scommesse sul default o meno di un’impresa o di un Paese, rendendo ancora più instabile il sistema finanziario. Permettono inoltre che investitori poco attenti comprino questi prodotti, attirati da un giudizio che ritengono affidabile. Per tutti questi motivi, appare possibile affermare che, anche se la responsabilità delle agenzie di rating finisse per costituire per esse un prezzo troppo alto da pagare, tale da costringerle alla chiusura dell’attività, probabilmente per il mercato finanziario non sarebbe una grave perdita. Infatti dato che le agenzie già presenti sul mercato si sono dimostrate incapaci di svolgere il loro ruolo originario potrebbe esser possibile la creazione di nuovi soggetti, che anche grazie a regole di condotta più severe potrebbero essere un valido aiuto alla diffusione dell’informazione. Un passaggio cruciale perché la vigilanza sia effettivamente fruttuosa resta comunque la fine del periodo di “abdicazione normativa”, inteso come abbandono da parte del legislatore di parte delle sue prerogative per concederle a soggetti privati. Ovviamente non si possono indicare come uniche responsabili della recente crisi economica le agenzie: altri attori hanno avuto colpa nella recente crisi, ma sottrarre loro il facile alibi del buon rating potrebbe già costituire un buon inizio per regolare anche la loro condotta.. 48. Infatti in questa situazione gli investitori effettuano le loro scelte sulla base di informazioni distorte, con un risultato probabilmente diverso rispetto ad uno scenario con informazioni incomplete ma corrette.. 20.

(25) CAPITOLO SECONDO. L’evoluzione della funzione delle agenzie di rating. Le agenzie di rating hanno assunto un ruolo fondamentale per il mercato, che è stato loro attribuito sul piano normativo. Per una migliore comprensione del fenomeno è necessario muovere da un’analisi storica che consideri detta prospettiva. 49 Verrà invece approfondito in seguito il problema della responsabilità delle agenzie, che probabilmente ha prodotto effetti anche sull’affidabilità dei rating (infra cap. 3). È bene preliminarmente precisare che, in questo lavoro, l’attenzione sarà concentrata prevalentemente sul rating di titoli obbligazionari e strumenti di finanza strutturata, toccando solo in parte la questione del rating di emittenti e azioni quotate.50 2.1 Le origini Il fenomeno delle agenzie di rating51 riguarda il mercato finanziario mondiale, ma le 49. Vedi in questo senso F. Parmeggiani quando afferma “Infatti, la storia delle agenzie di rating e l’evoluzione del loro ruolo nei mercati si possono comprendere solamente tramite l’analisi delle norme predisposte in materia dal legislatore e, in misura ancora maggiore, dalla aree in cui tale intervento regolamentare è mancato o è risultato carente” e “Le agenzie di rating nascono negli Stati Uniti e si evolvono di pari passo con la storia del sistema finanziario americano del XX secolo: la loro costituzione, la struttura del loro business e il potere da esse accumulato negli anni sono infatti determinati da contesti economici ben precisi e conseguono alle risposte regolamentari adottate di volta in volta dal legislatore americano”. PARMEGGIANI, FEDERICO, I problemi regolatori del rating e la via europea alla loro soluzione, in Banca Impresa Società, 2010, p 460. Ancora, Lawrence J.White ha affermato “It is clear that the three dominant credit rating firms have received a considerable boost from financial regulators”, WHITE, LAWRENCE J., Statement for the “Roundtable to Examine Oversight of Credit Rating Agencies”, U.S. SEC, Washington DC, 15 Aprile 2009. Vedi inoltre, sul potere delle agenzie di rating dovuto a richiami normativi, i vari articoli di Frank Partnoy a partire da PARTNOY, FRANK, The Siskel and Ebert of Financial Markets?: Two Thumbs Down for the Credit Rating Agencies. 77 Washington University Law Quarterly, 1999, pp. 619–712, consultabile su http://ssrn.com/abstract=167412 o http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.167412. 50 Del resto il rating di un emittente implica una valutazione anche delle azioni, poiché esse sono capitale apportato a titolo di rischio, e l’interesse di un emittente ad esser valutato nasce solo in seguito alla creazione di uno strumento negoziabile. 51 O imprese “di rating” come preferisce chiamarle Lawrence J. White, per evitare che il termine agenzia possa suggerire che esse siano diverse da altre imprese o che facciano parte di agenzie governative, uso che purtroppo non ha trovato seguito nella letteratura in materia. WHITE, LAWRENCE J.,. 21.

(26) loro origini si rinvengono in un Paese, e, per quanto oggi possano sembrare indispensabili, la necessità dei loro servizi non si era ancora manifestata fino agli albori del secolo scorso. Individuare l’origine delle agenzie di rating, le esigenze a cui si è ritenuto di dover dare risposta può aiutare a capire anche quale funzione esse svolgano, formulando una valutazione in ordine all’effettiva capacità di assolvere a detta funzione. Secondo parte della dottrina,52 nei primi secoli di vita del mercato finanziario di tipo moderno, nato in Olanda nel ‘600, non vi sarebbe stata la necessità di agenzie di rating perché i titoli presenti erano essenzialmente quelli di Stato, soggetti quindi ad un livello di rischio ridotto rispetto a quello dei privati; da questa minor rischiosità sarebbe disceso un minor bisogno di tenere sotto controllo la capacità del creditore di adempiere alle sue obbligazioni nel tempo. Inoltre “in Europa la domanda di risorse finanziarie da parte delle imprese era soddisfatta essenzialmente attraverso mutui bancari e capitale di rischio”.53 Negli Stati Uniti invece dalla seconda metà dell’Ottocento le compagnie ferroviarie attraversarono una forte fase di sviluppo e cominciarono ad avere sempre più bisogno di fondi, che raccoglievano attraverso l’emissione di obbligazioni; per cinquant’anni questo mercato, in cui la presenza di titoli emessi da parte del settore pubblico era molto ridotta,54 si sviluppò senza la presenza delle agenzie di rating. La prima agenzia di cui si ha notizia fu fondata da John Moody ed iniziò ad operare solamente nel 1909. La dottrina individua tre tipologie di soggetti che nel ‘900 avrebbero contribuito The credit rating industry: an industrial organization analysis, intervento preparato per la conferenza “Rating Agencies in the Global Financial System”, June 1, 2001, in LEVICH RICHARD M., MAJNONI GIOVANNI, REINHART CARMEN M. (a cura di), Ratings, Rating Agencies and the Global Financial System, Boston, 2002, pp. 41–64, nota numero 7: “Standard terminology for the firms in the credit rating industry is to refer to them as “agencies”. But this terminology makes them sound as if somehow they are different from other enterprises --they are not -- or they might be part of a “government agency”. To avoid any of these connotations, this paper will refer to them as “firms”. 52 SYLLA, RICHARD. A Historical Primer on the Business of Credit Ratings in LEVICH RICHARD M., MAJNONI GIOVANNI, REINHART CARMEN M. (a cura di), Ratings, Rating Agencies, and the Global Financial System. Boston, 2002, intervento preparato per la conferenza “The Role of Credit Reporting Systems in the International Economy”, The World Bank, Washington DC, 1-2 Marzo 2001. Si tratta di un contributo tra i più importanti sulla storia delle agenzie di rating. 53 Vedi SYLLA, RICHARD. A Historical Primer on the Business of Credit Ratings, cit., pagina 5 del dattiloscritto. (Nell’originale, “Businesses in Europe met most of their external capital needs by means of bank loans and stock issues”) 54 Dal 1817 al 1840 molti Stati avevano fatto ricorso alle emissioni obbligazionarie, ma in seguito all’inadempimento di nove di questi la pratica era cessata; il debito pubblico americano invece era stato ripagato nel 1836. Vedi SYLLA, RICHARD, op. cit., pagine 5 e 6 del dattiloscritto.. 22.

(27) a diminuire le asimmetrie informative e che quindi possono essere considerati in una certa misura precursori delle agenzie di rating: le agenzie di reporting sui crediti, le banche di investimento e la stampa finanziaria specializzata.55 Le banche d’investimento, occupandosi del collocamento degli strumenti finanziari presso la loro clientela, curavano anche i rapporti con gli emittenti, richiedendo informazioni adeguate sugli andamenti economici e, a volte, anche la presenza di persone di fiducia negli organi direttivi, per non mettere a rischio la loro reputazione, e in questo modo concorrevano a. ridurre almeno parzialmente le. asimmetrie informative presenti sul mercato. Esse facevano uso di informazioni privilegiate, pratica che iniziò ad esser criticata con l’ampliamento del numero degli investitori.56 La stampa specializzata si occupava di produrre dati di diversa tipologia sulle imprese, comunicandoli agli investitori attraverso pubblicazioni periodiche: dal 1832 venne stampato “The American Railroad Journal”, portato al successo da Henry Varnum Poor che ne fu direttore dal 1849 al 1862, grazie alla diffusione di informazioni su “proprietà delle ferrovie, asset, risorse finanziarie e profitti”; 57 lo stesso Poor con il figlio dal 1868 pubblicò il “Poor’s Manual of the Railroads of the United States”, “un’analisi di vari tipi di investimenti, incluse le obbligazioni”, 58 la cui autorevolezza era ben conosciuta,59 e dal 1916 iniziò ad occuparsi anche di rating.60 Le agenzie di reporting sui crediti, o agenzie di credito mercantile, non esprimevano un giudizio sintetico come le agenzie di rating ma fornivano una serie di dati su svariate imprese.61 La prima di queste, la “Mercantile Agency”, venne fondata a New York nel 1841, da Lewis Tappan, un imprenditore in precedenza attivo nel settore della seta, 62 55. SYLLA, RICHARD, op. cit., pagina 7 del dattiloscritto. SYLLA, RICHARD, op. cit., p. 9 s. del dattiloscritto. 57 SYLLA, RICHARD, op. cit., pagina 8 del dattiloscritto. 58 PARTNOY, FRANK, The Siskel and Ebert of Financial Markets?: Two Thumbs Down for the Credit Rating Agencies, cit., p. 637. 59 SYLLA, RICHARD, op. cit., pagina 9 del dattiloscritto. 60 FERRI GIOVANNI, LACITIGNOLA PUNZIANA, Le agenzie di rating. Tra crisi e rilancio della finanza globale, Bologna, 2009, pagina 24. 61 Parte della dottrina sembra tuttavia sostenere che anche le agenzie di reporting fornissero un riassunto delle loro analisi, quando dichiara, a proposito delle valutazioni sugli investimenti di Moody’s che “tali conclusioni vengono sinteticamente indicate con un simbolo alfanumerico, lo stesso utilizzato dalle progenitrici imprese di credit reporting sin dal tardo Ottocento.” Vedi FERRI GIOVANNI, LACITIGNOLA PUNZIANA, Le agenzie di rating. Tra crisi e rilancio della finanza globale, cit., pagina 27. 62 Altri invece affermano che fosse un “commerciante di bibite di New York”, anche se ciò è in disaccordo con quanto riferito da Richard Sylla, che sembrerebbe costituire un’ipotesi più coerente con 56. 23.

(28) abituato a raccogliere informazioni e pareri sulle condizioni economiche attuali e prospettiche di altre imprese per poter scegliere i partner commerciali migliori; dopo la chiusura della sua impresa a seguito della Crisi del 1837, capì che i dati in suo possesso potevano aver valore per altre persone, e quindi decise di sfruttarli fondando la prima agenzia di credit reporting, acquistata in seguito da Robert Graham Dun che la rinominò R.G.Dun and Company e iniziò nel 1859 a stampare la prima guida, il Dun rating book.63 Nel 1849 l’esempio di Lewis Tappan venne seguito da John Bradstreet, 64che iniziò le pubblicazioni nel 1857.65 In questo contesto, John Moody, analista di Wall Street, capì l’importanza che avrebbe potuto avere fornire agli investitori non solo un insieme di dati (come facevano le società di reporting), ma anche un’analisi di tali dati condensata in un unico valore, comprensibile da chiunque, che potesse sostituire i complessi report sulle compagnie ferroviarie; alcuni banchieri e analisti cercarono di dissuaderlo dall’intraprendere questa attività, affermando che usare le informazioni private per ottenere guadagni in Borsa gli avrebbero procurato maggiori guadagni, mentre l’editore del Wall Street Journal diede un giudizio positivo sul progetto.66 La fonte di ispirazione per l’idea imprenditoriale di John Moody potrebbe essere stata un sistema di rating austriaco, confluito nel Manuale Austriaco di Statistiche, a cui egli accenna in una sua lettera.67 I rating offerti, inizialmente riguardanti solo obbligazioni di compagnie l’attività svolta successivamente. Nulla esclude comunque che Lewis Tappan sia stato attivo in tutti e due i settori, verosimilmente in epoche differenti: cfr FERRI GIOVANNI, LACITIGNOLA PUNZIANA, Le agenzie di rating. Tra crisi e rilancio della finanza globale, cit., pagina 23 e SYLLA, RICHARD, op. cit., pagina 7 del dattiloscritto. 63 V. PARTNOY, FRANK, The Siskel and Ebert of Financial Markets?: Two Thumbs Down for the Credit Rating Agencies, cit., p. 637, nota 74 e CANTOR RICHARD, PACKER FRANK, The Credit Rating Industry, in Federal Reserve Bank of New York Quaterly Review, Summer-Fall 1994, vol. 19, consultabile su http://www.newyorkfed.org/research/quarterly_review/1994v19/v19n2article1.html, p.1. 64 CANTOR RICHARD, PACKER FRANK, The Credit Rating Industry, cit, p.2. 65 Secondo Richard Sylla questo sembrerebbe il primo “commercial rating book”. SYLLA, RICHARD, op. cit., pagina 8 del dattiloscritto. 66 HAROLD, GILBERT, Bond Ratings as an Investment Guide: An Appraisal of Their Effectiveness [non vidi] e MOODY, JOHN, The Long Road Home [non vidi], citati da PARTNOY, FRANK, The Siskel and Ebert of Financial Markets?: Two Thumbs Down for the Credit Rating Agencies, cit., p. 638. 67 In realtà l’opera in questione, citata anche in “Hystory of Statistics”, risulta essere più che altro un insieme di dati raccolti da un istituto di statistica centralizzato. V. P ARTNOY, FRANK, The Siskel and Ebert of Financial Markets?: Two Thumbs Down for the Credit Rating Agencies, cit., p. 637, e KOREN, JOHN, The History of Statistics. Their Development and Progress in Many Countries, The American Statistical Association, 1918, consultabile su https://archive.org/details/cu31924013894997.. 24.

(29) ferroviarie e dal 1910 anche altre tipologie di imprese, 68 erano soprattutto un “riassunto” di vari dati disponibili, e avevano solo una valenza ordinale, senza indicare diverse probabilità di default dell’emittente;69 una caratteristica importante del servizio di Moody’s era la velocità nella comunicazione di eventuali novità che potevano interessare gli investitori, grazie ad una linea di pony da lui istituita tra New York e i siti di costruzione delle ferrovie.70 Considerando le condizioni economiche e sociali dell’epoca si può quindi ritenere che il motivo per cui nacquero le agenzie di rating negli Stati Uniti, in quel preciso momento storico, debba essere rinvenuto nella “grandezza della distanza” tra debitori e creditori: le grandi imprese di costruzione delle ferrovie avevano un bisogno sempre maggiore di fondi, e non potevano più bastare le garanzie di tipo personale, data la grande distanza che poteva esserci tra l’acquirente del titolo e il luogo dove erano costruite le nuove ferrovie; inoltre un sistema di questo genere sarebbe stato oltremodo lento e farraginoso, perché richiedente collegamenti di tipo personale tra due individui.71 Si rendeva quindi necessaria la presenza di un “garante” della solvibilità di questi soggetti, i cui giudizi potessero aver valore su scala nazionale. Inoltre è necessario sottolineare come l’economia americana dal 1870 al 1913 abbia vissuto una fase di ascesa economica relativa, cioè un periodo prolungato in cui il tasso di crescita è maggiore rispetto a quello medio mondiale.72 In sintesi, le agenzie di rating sono nate con lo scopo di ridurre le asimmetrie informative tra domande ed offerta di credito, che erano incrementate con l’ampiezza della distribuzione spaziale dei soggetti coinvolti e con la comparsa di forme di partecipazione che potevano consentire anche a piccoli risparmiatori di mettere a repentaglio una parte del loro risparmio in una grande impresa. 68. CANTOR RICHARD, PACKER FRANK, The Credit Rating Industry, cit, p.2. Vedi PARTNOY, FRANK, Rethinking Regulation of Credit Rating Agencies: An Institutional Investor Perspective (July 6, 2009). Council of Institutional Investors, April 2009; San Diego Legal Studies Paper No. 09-014, consultabile su http://ssrn.com/abstract=1430608, pagina 4. 70 Vedi FERRI GIOVANNI, LACITIGNOLA PUNZIANA, Le agenzie di rating. Tra crisi e rilancio della finanza globale, cit., pagina 25. 71 Vedi SYLLA, RICHARD, op. cit., p. 7 del dattiloscritto. 72 Vedi VALLI, VITTORIO, L’economia americana da Roosevelt a Obama, Carocci, Roma, 2010, pagina 15. L’Autore sostiene che questa crescita sia stata resa possibile dalla presenza della frontiera, ovvero della possibilità di cercare ad Ovest nuove terre e nuove risorse naturali, anche se è doveroso ricordare come tutto questo sia stato possibile “anche attraverso lo sterminio di una parte importante della popolazione indigena”.(cfr. pagine 17-18, ultima enfasi aggiunta). 69. 25.

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