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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico nell’altomedioevo

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Il santuario di San Michele

a Olevano sul Tusciano

Culto dei santi e pellegrinaggi

nell’altomedioevo (secc. VI-XI)

Atti del Convegno Internazionale

“La Grotta di San Michele ad Olevano sul Tusciano”

Salerno, 24-25 novembre 2018

a cura di

Alessandro Di Muro e Richard Hodges

(4)

Tutti i diritti riservati

Prima edizione: dicembre 2019 ISBN 978-88-3313-312-6

Questo volume e il relativo Convegno sono stati realizzati grazie al contributo della Fondazione Cassa Rurale Battipaglia

viella

libreria editrice

via delle Alpi, 32 I-00198 ROMA tel. 06 84 17 758 fax 06 85 35 39 60 www.viella.it

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A Riccardo Francovich

in memoria

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Indice

Prefazione 9

RichaRd hodges

Introduction. Olevano sul Tusciano:

a Place of Healing and Knowledge Exchange 11 immacolata aulisa

San Michele al Gargano

e la diffusione del modello garganico nell’altomedioevo 21 claudio azzaRa

San Michele e il culto dei santi militari in età longobarda 51 PietRo dalena

I cammini dell’angelo o dell’arcangelo Michele 61 Fulvio delle donne

La grotta di Olevano e le cronache del Mezzogiorno 83 alessandRo di muRo

L’arcangelo, il martire e la danza degli ossessi: ideologie politiche e percorsi di rigenerazione

nel santuario del Mons aureus 95 Bonnie eFFRos

Le strategie dell’archeologia cristiana tra fine Ottocento

e inizi Novecento 159 amalia galdi

Il pellegrinaggio medievale:

(8)

sauRo gelichi

Un grande monastero europeo tra Longobardi e Carolingi:

San Silvestro di Nonantola 183 RichaRd hodges, simona caRRacillo

San Vincenzo al Volturno: The Making

of a Great Beneventan Central-Place in the 9th Century 201

FRancesco la manna

Considerazioni sugli strumenti musicali altomedievali in osso

rinvenuti nella grotta dell’angelo a Olevano sul Tusciano 233 antonio macchione

La grotta e l’uso terapeutico dell’acqua nel culto micaelico 253 John mitchell

The Riddle of the Cave: The Painted Decoration

of Chapels 1 and 2 in the Grotta di San Michele 283 angelo Plaitano, Pasquale di lascio, giovanni saviello

(9)

i

mmacolata

a

ulisa

San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico

nell’altomedioevo

Negli ultimi decenni si sono moltiplicate le ricerche relative all’ange-lologia, in quanto in numerosi sistemi religiosi è contemplata la credenza in esseri intermediari tra l’uomo e la divinità. Nelle religioni monoteistiche gli angeli sono oggetto di una problematica assai dibattuta e nel cristia-nesimo di una vera e propria dottrina, in quanto la loro rappresentazione riflette aspetti mitologici che l’ideologia monoteistica tende a purificare e a recuperare ad una concezione demitizzata. Soprattutto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso le indagini sull’angelologia si sono estese a temi demonologici per individuare, attraverso la segnalazione di elemen-ti specifici di altre culture religiose, l’influenza di religioni non criselemen-tiane sull’angelologia cristiana.

Il dibattito, allo stato attuale delle ricerche, si inserisce in un panorama denso di studi e di iniziative e si giova di un rinnovato confronto fra saperi e competenze diverse, nonché delle scoperte documentarie a Qumran e dei recenti studi sulla letteratura pseudoepigrafica. Sono utilizzati nuovi stru-menti di indagine e nuove metodologie per affrontare le questioni relative ai momenti fondanti dell’angelologia giudaica e cristiana antica e alla sua evoluzione lunga e complessa, condizionata dalle situazioni culturali delle diverse comunità. Si tratta di un’evoluzione ancora da approfondire, ma che sicuramente possiede basi molto solide nel mondo biblico. Numerosi aspetti dell’angelologia cristiana, che col passare del tempo si accentuaro-no, sono fondati, infatti, sulle testimonianze delle Sacre Scritture e degli scritti del giudaismo posteriore. In tale ambito di studi, si tiene ormai conto anche della forte persistenza delle tradizioni giudaiche negli apocrifi cri-stiani dell’Antico e del Nuovo Testamento. Una serie di iniziative scienti-fiche e culturali ha evidenziato l’importanza, nella storia dell’angelologia

(10)

e della demonologia cristiana, del patrimonio dell’apocalittica giudaica, considerata come tradizione che, in base alle diverse esperienze storiche, venne di volta in volta reinterpretata e ripensata. D’altro canto, da più parti vengono ormai ribaditi il riconoscimento dell’importanza della stessa de-monologia nel Nuovo Testamento e l’attenzione ai molteplici influssi che la tradizione cristiana ha recepito dal pensiero giudaico, da quello ellenisti-co e dalle stesse ellenisti-correnti minoritarie al suo interno.

In tale ambito si distinguono numerose ricerche specificamente desti-nate a ricostruire l’origine e la diffusione del culto dell’arcangelo Miche-le nei più diversi contesti, in Oriente e in Occidente. Il culto micaelico, infatti, gode di una lunga tradizione storiografica, relativa soprattutto al suo insediarsi sul monte Gargano in Puglia e al suo successivo estendersi nel resto della penisola italica e dei territori occidentali. Da lungo tempo è al centro di un dibattito assai vivace la complessa documentazione ar-cheologica, epigrafica, iconografica, letteraria, agiografica, liturgica, devo-zionale, demoetnoantropologica legata alla grotta garganica. Il complesso santuariale, infatti, con le ricche testimonianze che lo caratterizzano, si configura come un osservatorio privilegiato di numerosi aspetti della so-cietà altomedievale: il pellegrinaggio, la devozione popolare, il rapporto tra religione e politica.1

1. La bibliografia sul santuario garganico è molto ampia e articolata. Mi limito a se-gnalare i seguenti convegni internazionali di particolare rilevanza: Il santuario di S.

Miche-le sul Gargano dal VI al IX secolo. Contributo alla storia della Langobardia meridionaMiche-le,

Atti del convegno (Monte Sant’Angelo, 9-10 dicembre 1978), a cura di C. Carletti, G. Otranto, Bari 1980; Culto e insediamenti micaelici nell’Italia meridionale fra tarda

anti-chità e medioevo, Atti del convegno internazionale (Monte Sant’Angelo, 18-21 novembre

1992), a cura di C. Carletti, G. Otranto, Bari 1994; Culte et pèlerinages à Saint Michel en

Occident. Les trois monts dédiés à l’archange, Actes du colloque international (Cerisy la

Salle, 26-30 settembre 2000), a cura di P. Bouet, G. Otranto, A. Vauchez, Roma 2003; Culto

e santuari di san Michele nell’Europa medievale. Culte et sanctuaires de saint Michel dans l’Europe médiévale, Atti del congresso internazionale (Bari-Monte Sant’Angelo, 5-8 aprile

2006), a cura di P. Bouet, G. Otranto, A. Vauchez, Bari 2007; Pellegrinaggi e santuari di

San Michele nell’Occidente medievale. Pèlerinages et sanctuaires de Saint-Michel dans l’Occident médiéval, Atti del secondo convegno internazionale dedicato all’arcangelo

Mi-chele (Sacra di San MiMi-chele, 26-29 settembre 2007), a cura di G. Casiraghi, G. Sergi, Bari 2009; Rappresentazioni del Monte e dell’Arcangelo san Michele nella letteratura e nelle

arti. Représentations du Mont et de l’archange saint Michel dans la littérature et dans les arts, Atti del terzo convegno internazionale dedicato all’arcangelo Michele (Centre culturel

de Cerisy-la-Salle, 29 settembre-3 ottobre 2008), a cura di P. Bouet, G. Otranto, A. Vau-chez, C. Vincent, Bari 2011.

(11)

San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 23

1. La prima fase di diffusione del culto micaelico sul Gargano

È ormai condiviso dalla critica che l’arrivo del culto micaelico dall’Oriente2 in Occidente si possa collocare nel V secolo.3 Se ancora si

discute su quale sia da ritenersi il primo insediamento in ordine di tempo, la grotta del monte Gargano o una chiesa al VII miglio della via Salaria, ri-cordata nel Martirologio Geronimiano al 29 settembre,4 sicuramente si può

affermare che il santuario garganico ha fortemente condizionato l’evolver-si del culto micaelico in Occidente.

La prima fase di diffusione del culto micaelico sul Gargano è stata variamente ricostruita dagli storici sulla base di un’anonima operetta agio-grafica che ne riporta la leggenda di fondazione. Pur nella sua brevità, lo scritto è stato al centro di numerose indagini che ne hanno evidenziato l’importanza e le molteplici implicazioni sul piano storico e devozionale. Nel corso del tempo sono state proposte diverse chiavi di lettura e

datazio-2. Sulla diffusione del culto micaelico in Oriente cfr. J.P. Rohland, Der Erzengel

Mi-chael, Artz und Feldherr. Zwei Aspekte des vor- und frühbyzantinischen Michaelskultes,

Leiden 1977; V. Saxer, Jalons pour servir à l’histoire du culte de l’archange saint Michel

en Orient jusqu’à l’iconoclasme, in Noscere Sancta. Miscellanea in memoria di

Agosti-no Amore, I, Storia della Chiesa, archeologia, arte, a cura di I. Vázques Janeiro, Roma 1985, pp. 357-426; B. Martin-Hisard, Le culte de l’archange Michel dans l’empire byzantin

(VIIIe-XIe siècles), in Culto e insediamenti micaelici, pp. 351-373.

3. G. Otranto, Genesi, caratteri e diffusione del culto micaelico del Gargano, in Culte

et pèlerinages à saint Michel en Occident, p. 44. La tradizione locale fissa le tre apparizioni

al 490, 492, 493, ma non vi sono fonti che possano confermare tali dati, che si ritengono, pertanto, convenzionali.

4. Mart. Hier., III kal. Oct., AA.SS. Nov. II/2, ed. H. Delehaye, H. Quentin, Bruxel-les 1931, pp. 532-533. Sulla basilica, individuata nei pressi dell’attuale collina di Castel Giubileo, cfr. V. Fiocchi Nicolai, I monumenti paleocristiani della via Flaminia (territorio

laziale) nelle più recenti ricerche archeologiche. Con un’appendice su S. Michele al VII miglio della via Salaria, in Domum tuam dilexi. Miscellanea in onore di Aldo Nestori, a

cura di F. Guidobaldi, Città del Vaticano 1998, pp. 338-349; M. Vitti, S. Panciera, S. Bia-gini, A. Malizia, P. Catalano, S. Di Giannantonio, A. Starace, Roma. Via Salaria. La villa

“di Marco Claudio Ponzio Ponziano Marcello” e la Basilica di San Michele sulla collina di Castel Giubileo, in «Notizie degli Scavi di Antichità», 11-12 (2000-2001), pp. 465-541;

M. Bianchini, M. Vitti, La basilica di San Michele Arcangelo al VII miglio della via Salaria

alla luce delle scoperte archeologiche, in «Rivista di Archeologia Cristiana», 79 (2003),

pp. 173-242; A.M. Nieddu, Castel Giubileo. San Michele, in I santuari d’Italia. Lazio, a cura di S. Boesch Gajano, M.T. Caciorgna, V. Fiocchi Nicolai, F. Scorza Barcellona, Roma 2010, pp. 224-225.

(12)

ni: VI5 secolo, VII,6 VIII,7 IX.8 Al centro di accese discussioni è stata anche

la questione se si debba intendere il racconto come il frutto di un’unica ste-sura o, diversamente, il risultato di differenti fasi redazionali.9 Nuova luce

su numerosi aspetti dell’operetta è stata fatta dalla recente edizione critica che ha pubblicato Alessandro Lagioia,10 il quale ha restituito alla comunità

scientifica un testo frutto della collazione di circa duecento testimoni ma-noscritti vergati nei più diversi scriptoria europei a partire dal IX secolo.11

5. A. Petrucci, L’unico eletto fra tutti gli altri monti. Contributo allo studio della

leg-genda di S. Michele, Foggia 1954, p. 13; A. Quacquarelli, Gli apocrifi nei riflessi di un graffito del Calvario e il «Liber de apparitione», in Il santuario di S. Michele sul Gargano dal VI al IX secolo, p. 237; J.C. Arnold, The Footprints of Michael the Archangel: the For-mation and Diffusion of a Saintly Cult, c. 300-c. 800, New York 2013, p. 70.

6. E. Gothein, L’Arcangelo Michele. Santo popolare dei Longobardi, in «Rassegna Pugliese di Scienze, Lettere ed Arti», 13 (1896), n. 3, pp. 81-89; n. 4, pp. 107-112; n. 5, pp. 137-146; n. 6, pp. 162-168 (tr. it. di G.B. Guarini); N. Everett, The Liber de apparitione S.

Michaelis in monte Gargano and the Hagiography of Dispossession, in «Analecta

Bollan-diana», 120 (2002), pp. 364-391.

7. G. Otranto, Il «Liber de apparitione» e il culto di san Michele sul Gargano nella

documentazione liturgica altomedievale, in «Vetera Christianorum», 18 (1981), pp.

441-442; Id., Il «Liber de apparitione», il santuario di San Michele sul Gargano e i Longobardi

del Ducato di Benevento, in Santuari e politica nel mondo antico, a cura di M. Sordi,

Mi-lano 1983, pp. 235-239; Id., Genesi, caratteri e diffusione del culto micaelico, pp. 43-44; E. Susi, L’Apparitio di San Michele, in Bizantini, Longobardi e Arabi in Puglia nell’Alto

Medioevo, Atti del XX congresso internazionale di studio sull’Alto Medioevo (Savelletri

di Fasano, 3-6 novembre 2011), Spoleto 2012, pp. 317-340; M. Trotta, Il Santuario di San

Michele sul Gargano dal tardoantico all’altomedioevo, Bari 2012, p. 63.

8. G. Waitz, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI-IX, Hannoverae 1878, pp. 541-543; F. Cardini, L’Arcangelo Michele nell’Europa occidentale, in Le ali di Dio. Messaggeri e guerrieri alati fra Oriente e Occidente. Mostra sugli Angeli

per il Giubileo del Duemila (Bari-Caen, 6 maggio-31 dicembre 2000), a cura di M.

Bussa-gli, M. D’Onofrio, Cinisello Balsamo 2000, pp. 119-122.

9. Quest’ultima ipotesi ha trovato ampia diffusione nella critica: cfr., fra gli altri, Pe-trucci, L’unico eletto fra tutti gli altri monti, p. 13; Quacquarelli, Gli apocrifi nei riflessi di

un graffito, p. 237; Otranto, Il «Liber de apparitione», il santuario di san Michele sul Gar-gano e i Longobardi del Ducato di Benevento, pp. 210-245; R.F. Johnson, Saint Michael the Archangel in Medieval English Legend, Woodbridge 2005, p. 37; Arnold, The Footprints of Michael the Archangel, p. 70.

10. A. Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, Testo critico, traduzione e commento, Bari 2017.

11. Del testo si è conservata anche una versione in greco: cfr. S. Leanza, Una versione

greca inedita dell’Apparitio S. Michaelis, in «Vetera Christianorum», 22 (1985), pp.

291-316; Id., Altre due versioni greche inedite dell’Apparitio Sancti Mchaelis in Monte

(13)

San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 25

Lo studioso dissente dall’ipotesi di presupporre diversi stadi redazionali dell’operetta, che ritiene frutto di un’unica elaborazione da parte del suo autore. Egli colloca la redazione dello scritto attorno alla seconda metà del VII secolo,12 nella temperie di conflittualità tra Bizantini e Longobardi

nell’Italia meridionale,13 quando prese avvio il processo di

“longobardizza-zione” e monumentalizzazione della grotta garganica, e quando la diocesi di Siponto, in cui insiste il santuario, fu annessa a quella di Benevento.14

Per lo studioso: «l’Apparitio costituisce uno dei primi prodotti della primi-tiva “agiografia politica” beneventana».15

L’operetta, ormai nota con il titolo di Liber de apparitione sancti

Mi-chaelis in monte Gargano (= Apparitio),16 anche se, come ha evidenziato

Lagioia, tale titolo non è attestato nella tradizione manoscritta, fornisce la localizzazione del santuario17 e una descrizione concisa, ma essenziale nei

suoi elementi peculiari: si tratta di una grotta semplice, non abbellita da mano d’uomo, ma speciale per la sua configurazione. Il racconto si snoda attraverso la descrizione di tre apparizioni dell’angelo e di tre episodi, ormai noti come episodio «del toro», «della battaglia» e «della consacrazione della grotta».18

della “Apparitio sancti Michaelis” in monte Gargano (BHG 1288h, Messan. Gr. 29), in

«Vetera Christianorum», 51 (2014), pp. 163-195.

12. Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, pp. 24-25. 13. Per un quadro delle vicende storiche, cfr. P. Corsi, Ai confini dell’impero. Bisanzio

e la Puglia dal VI all’XI secolo, Bari 2003; A. Galdi, Vescovi, santi e poteri nella Puglia settentrionale (secoli IX-XI), in Bizantini, Longobardi e Arabi in Puglia nell’Alto Medioe-vo, pp. 341-363.

14. Per l’annessione della diocesi cfr. J.M. Martin, La Pouille du VIe au XIIe siècle, Roma 1993, p. 243; Id., Le culte de saint Michel en Italie méridionale d’après les actes de

la pratique (VIe -XIIe siècle), in Culto e insediamenti micaelici, pp. 389-390. 15. Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, p. 25.

16. Per il testo dell’Apparitio seguo l’edizione di Lagioia, La memoria agiografica di

San Michele sul Gargano, pp. 101-117.

17. Apparitio 1, 2, p. 106: «Est autem locus in Campaniae finibus, ubi inter sinum Adriaticum et montem Garganum civitas Sepontus posita est, qui a moenibus civitatis ad duodecim milia passuum erectus, in cacumine suppremo beati archangeli, quam prefatus sum, gestat ecclesiam».

18. Per l’episodio «del toro»: Apparitio 2, pp. 106-109. Sull’episodio cfr. Otranto, Il

«Liber de apparitione», il santuario di san Michele sul Gargano e i Longobardi del Ducato di Benevento, pp. 223-236; G.B. Bronzini, Dal mitico Gargan al praedives Garganus della leggenda micaelica, in Il tempo dei santi tra Oriente e Occidente. Liturgia e agiografia dal tardo antico al concilio di Trento, Atti del IV convegno di studio dell’Associazione italiana

per lo studio della santità, dei culti e dell’agiografia (Firenze, 26-28 ottobre 2000), a cura di A. Benvenuti, M. Garzaniti, Roma 2005, pp. 387-396; A. Lagioia, L’eventus di Gargano,

(14)

Secondo il racconto, l’arcangelo Michele apparve tre volte al vescovo di Siponto, per manifestargli la volontà di avere un luogo di culto in suo onore sulla montagna garganica. Questa era già sede di culti precristiani, la cui fioritura risaliva alla colonizzazione greca: i più noti, attestati da Licofrone19 e Strabone,20 erano quelli del veggente omerico Calcante e del

medico Podalirio,21 figlio di Esculapio, dio greco della medicina. Il culto

micaelico si sovrappose in modo sincretico a tali antichi culti, dato che la figura dell’arcangelo, in qualità di messaggero divino e guaritore, presen-tava le medesime caratteristiche mantiche di Calcante e terapeutiche di Podalirio.22

È interessante sottolineare come l’anonimo autore, nel descrivere la storia delle apparizioni dell’angelo, si dilunghi sul contesto fisico-ambien-tale del luogo di culto, mettendo in luce l’inscindibile nesso tra i motivi peculiari del culto micaelico e l’ambientazione montana. L’autore

dell’Ap-paritio precisa, infatti, che il santuario dedicato all’angelo era posto sulla

cima dell’alta montagna, il cui scenario naturale, costituito da una silva, ben si configurava come sede privilegiata di un contatto mistico con il divino:

Questa chiesa non si distingue per il rifulgere dei metalli, ma per il privilegio dei miracoli; è costruita in una forma insignificante, ma fornita di poteri ce-lesti, in quanto l’Arcangelo […] si è degnato di fondarla di propria mano per

eroe eponimo della Montagna dell’Angelo, in «Invigilata Lucernis», 34 (2012), pp. 125-135.

Tale episodio ha influenzato anche l’iconografia e ha lasciato tracce negli ambienti e nelle epoche più diverse con chiari riferimenti al Gargano: cfr. P. Belli D’Elia, Il toro, la montagna,

il vescovo. Considerazioni su un tema iconografico, in Culto e insediamenti micelici, pp.

575-618; Ead., L’iconographie de saint Michel au Mont Gargan, in Culte et pèlerinages à saint

Michel en Occident, pp. 523-530; C. Denèle, Apparitions et sanctuaires de Saint Michel dans la peinture italienne des XIIIe-XVe siècles, in Ierofanie e luoghi di culto, Atti del IV convegno internazionale AIRS (Monte Sant’Angelo, 21-23 aprile 2015), a cura di L. Avellis, Bari 2016, pp. 185-196. Per l’episodio «della battaglia»: Apparitio 3, pp. 109-112; sull’episodio cfr. La-gioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, pp. 19-23, 173-175, 186-188. Per l’episodio «della consacrazione della grotta»: Apparitio 4, pp. 112-114.

19. Lyk., Alex. 1047-1055. 20. Strab., Geogr. 6, 3, 9.

21. Sui culti precristiani cfr. G.B. Bronzini, La Puglia e le sue tradizioni in proiezione

storica, in «Archivio storico pugliese», 21 (1968), pp. 83-117; D. Lassandro, Culti precri-stiani nella regione garganica, in Santuari e politica nel mondo antico, pp. 199-209.

22. Cfr. G. Otranto, C. Carletti, Il santuario di S. Michele Arcangelo sul Gargano

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 27 procurare in questo luogo ai mortali la comunione con i celesti. Posta sulla cima di un alto monte, scavata nel corpo della stessa roccia, appare a guisa di spelonca […].23

La descrizione della natura consente all’autore di esprimere, in chiave simbolica e con un più denso pathos, il monito dell’angelo: «Dio cerca e predilige non l’ornato delle pietre, ma la purezza del cuore».24

Quando il culto dell’angelo dall’Oriente giunse sul Gargano aveva, dunque, le caratteristiche di un culto naturale e l’angelo si caratterizzava per il suo ruolo di taumaturgo. È proprio sul Gargano che il culto micae-lico assunse caratteristiche con le quali fu poi esportato nel resto della pe-nisola italica e nell’Europa settentrionale. Sicuramente acquistò un ruolo preponderante nella caratterizzazione cultuale proprio lo scenario naturale, che si legò strettamente al culto micaelico fino a costituirne un elemento precipuo: montagna, grotta, acqua, percorso in salita e accidentato diven-nero elementi imprescindibili. Molteplici ricerche, individuali e collettive, hanno messo in luce lo stretto legame tra le montagne e il culto micaelico nell’intera penisola italica e in tutto il territorio dell’Europa occidentale. Si deve soprattutto ai contributi di Giorgio Otranto25 l’individuazione di una

vera e propria “tipologia di insediamenti micaelici” derivata dall’approdo del culto dell’arcangelo sulla montagna del Gargano: «Il sodalizio tra la montagna e l’angelo era stato sul Gargano tanto forte e intenso da segnare definitivamente la storia del culto micaelico».26 È stato evidenziato, d’altra

23. Apparitio 1, pp. 105-106. 24. Apparitio 5, p. 115.

25. G. Otranto, Il culto di San Michele dal Gargano a Mont Saint-Michel in

Nor-mandia alla Sacra in Val di Susa, in Il faro di San Michele tra angeli e pellegrini, Atti del

VII convegno sacrense (Sacra di San Michele, 5-6 giugno 1998), a cura di A. Salvatori, Stresa 1999, pp. 49-88, anche in «Vetera Christianorum», 36 (1999), pp. 71-107; Id., Il

pellegrinaggio micaelico dal Gargano all’Europa, in Munera amicitiae. Studi di storia e cultura sulla Tarda Antichità offerti a Salvatore Pricoco, a cura di R. Barcellona, T.

Sardel-la, Soveria Mannelli 2003, pp. 329-352; Id., Note sulla tipologia degli insediamenti

micae-lici nell’Europa medievale, in Culto e santuari di san Michele nell’Europa medievale, pp.

385-415. Cfr. anche Cardini, L’Arcangelo Michele nell’Europa occidentale, pp. 119-122; M. Sensi, Santuari e culto di San Michele nell’Italia centrale, in Culto e santuari di san

Michele nell’Europa medievale, pp. 241-280; Id., Santuari e pellegrini lungo le vie dell’an-gelo: storie sommerse del culto micaelico, Roma 2014.

26. G. Otranto, La montagna garganica e il culto micaelico: un modello esportato

nell’Europa altomedievale, in Monteluco e i monti sacri, Atti dell’incontro di studio

(16)

parte, come in molti sistemi religiosi la montagna eserciti un particolare fa-scino sugli uomini e, per la sua elevatezza e il senso di mistero che sovente la circonda, assuma un significato sacrale. Monti sacri sono venerati nelle religioni monoteistiche, caratterizzate da una visione trascendente del divi-no; sono monti in cui si sono manifestate la presenza e la potenza di Dio e che sono variamente coinvolti nel Patto di alleanza tra Dio e l’uomo.27

Un altro elemento peculiare dell’insediamento micaelico garganico, che si è poi imposto nella tradizione cultuale successiva, è quello dell’auto-consacrazione della grotta da parte dell’arcangelo. La montagna garganica costituisce uno “spazio sacro” privilegiato, scelto e consacrato direttamen-te dall’arcangelo che se ne dichiara inspector atque custos: «Io, infatti, sono l’Arcangelo Michele […] ho voluto dimostrare di essere ispettore e custode di tutto ciò che avviene qui e del luogo stesso».28 L’angelo,

appa-rendo in visione al vescovo sipontino, rivelò: «Non spetta a voi dedicare questa basilica che io ho costruito. Io stesso, infatti, che l’ho fondata, l’ho anche dedicata».29

Tra gli elementi fisici costitutivi dell’insediamento garganico e del suo relativo culto anche la grotta, che costituisce un archetipo plurivoco nel-la religione cristiana, merita alcune considerazioni che diano rilievo alnel-la sua singolarità.30 La conformazione naturale della grotta, infatti, fa sì che

la roccia ne costituisca l’essenza: la roccia, che assumerà grande rilevan-za nelle successive tradizioni micaeliche, è parte integrante della grotta e diviene portatrice di una forte valenza taumaturgica. Secondo il testo dell’Apparitio, infatti, l’arcangelo Michele, durante la sua seconda appari-zione, avrebbe assicurato al vescovo di Siponto non solo di aver consacrato

27. Cfr. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni, Torino 1983, pp. 111 ss.; F. Cardi-ni, Boschi sacri e monti sacri fra tardoantico e altomedioevo, in Monteluco e i monti sacri, pp. 5-6; V. Neri, La montagna e il sacro nella cristianità tardoantica, in Gli antichi e la

montagna. Les anciens et la montagne, Atti del convegno (Aosta, 21-23 settembre 1999), a

cura di S. Giorcelli Bersani, Torino 2001, pp. 65-80. 28. Apparitio 2, pp. 108-109.

29. Apparitio 4, p. 114. Sul ruolo del vescovo, che nel testo non viene menzionato con il nome e si limita a mediare e attuare la volontà dell’arcangelo, cfr. S. Boesch Gajano, Il

pellegrinaggio nelle sue espressioni liturgiche e devozionali, in Pellegrinaggi e santuari di San Michele nell’Occidente medievale, pp. 20-21.

30. Sul culto micaelico e sugli insediamenti in grotta cfr. S. Piazza, Pittura rupestre

medievale, Roma 2006; Puglia rupestre inedita. Archeologia Arte Devozione, a cura di M.

Mignozzi, R. Rotondo, Bari 2016. Sulla grotta quale luogo privilegiato di culti pagani e cristiani cfr. Antrum. Riti e simbologie delle grotte nel Mediterraneo antico, a cura di A. Maiuri, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», 82 (2016) (Suppl.).

(17)

San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 29

lui stesso il luogo di culto, ma di aver anche impresso un’orma nella roccia come segno visibile della propria presenza.31 Considerando, dunque, sia le

caratteristiche del paesaggio garganico sia le qualità taumaturgiche proprie dell’arcangelo Michele, non desta stupore che il testo agiografico riporti poi il racconto di numerosi prodigia e guarigioni miracolose provocate anche dall’acqua sorgiva che sgorgava dalla roccia e che gli abitanti del luogo chiamavano stilla. Sofia Boesch Gajano,32 richiamando l’attenzione

sul legame tra l’arcangelo e il potere miracoloso dell’acqua, attestato fin dalle origini,33 ha sottolineato come, dopo l’arrivo del culto micaelico sul

Gargano, l’acqua da elemento naturale si sia trasformata in strumento tau-maturgico per la devozione dei fedeli.

Nel complesso, l’Apparitio conferma un motivo ricorrente nel genere agiografico, ossia la solida relazione tra montagna, natura e santità, che so-vente ha generato topoi letterari adoperati per conferire maggiore credibilità e fondamento storico alla narrazione. Nel caso della tradizione del santuario garganico, la natura non funge da elemento ornamentale, ridotto a una mera funzione contestuale o strumentale, bensì è la conditio che consente al santo di esercitare appieno il suo potere taumaturgico. Dalle puntuali ricerche di Giorgio Otranto34 risulta che il connubio tra culto micaelico, montagne,

grot-te, boschi non è attestato in Oriente: esso costituisce, dunque, un modello che caratterizza in modo precipuo l’insediamento sul Gargano.

2. Il santuario del Gargano e l’arrivo dei Longobardi

Una fase storica particolarmente rilevante per il culto micaelico sul Gargano è stata quella legata all’arrivo dei Longobardi in Italia meridiona-le. Un filone di ricerche molto fecondo ha individuato proprio nel periodo del dominio longobardo in Puglia l’epoca di redazione e/o ampliamento

31. Apparitio 3, pp. 111-112.

32. Il pellegrinaggio nelle sue espressioni liturgiche, p. 22.

33. Il legame tra l’arcangelo e il potere miracoloso dell’acqua è ampiamente attestato nella letteratura apocrifa: cfr. R. Infante, Michele nella letteratura apocrifa del giudaismo

del Secondo Tempio, in «Vetera Christianorum», 97 (1997), pp. 221-222. Anche nella

let-teratura ebraica di tradizione talmudica san Michele è l’angelo dell’acqua: cfr. Otranto,

Genesi, caratteri e diffusione del culto micaelico, p. 46; T. Canella, Santuari di memoria costantiniana fra V e VI secolo, in L’impero costantiniano e i luoghi sacri, a cura di T.

Ca-nella, Bologna 2016, p. 538, n. 17.

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della leggenda di fondazione, ma soprattutto l’instaurarsi di un profondo legame tra dinastia longobarda e santuario micaelico del Gargano. Dopo il 650, l’area del Gargano venne, infatti, inglobata nel territorio del ducato longobardo di Benevento: il culto dell’angelo fu particolarmente conge-niale alla nuova sensibilità dei Longobardi convertiti al cattolicesimo, ai quali non sfuggirono le similitudini dell’arcangelo Michele con il dio della mitologia germanica, Wodan, dio della guerra, psicopompo, protettore di eroi e guida verso l’aldilà.35

Il racconto dell’Apparitio, trasfigurato e amplificato rispetto all’evento storico, tramanda che i Napoletani (Bizantini) dichiararono guerra ai Sipon-tini e ai Beneventani (Longobardi), i quali, su invito del loro vescovo, osser-varono un digiuno di tre giorni per implorare la protezione dell’arcangelo. La notte precedente la battaglia, Michele apparve in sogno al vescovo per assicurargli che le preghiere erano state esaudite e che, grazie al suo aiuto, avrebbero ottenuto la vittoria sugli avversari. Tale vittoria contro il minac-cioso assalto bizantino è stata ascritta al duca di Benevento, Grimoaldo I (647-671), che si impadronì del santuario garganico e volle sfruttare l’epi-sodio dell’apparizione dell’arcangelo per fini politici.36

La stessa Apparitio è stata collegata alle vicende storiche del ducato di Benevento e collocata nell’ambiente politico e culturale assai fecondo che fu la corte di Arechi II,37 duca dal 758 al 774, nella rinnovata temperie

volta all’affermazione dell’identità politico-religiosa del ducato longobar-do. È l’epoca in cui, come ha sottolineato Vuolo,38 gli scritti agiografici

35. Sulla figura di Wodan/Odino cfr. B. Branston, Gli dei del Nord, Milano 1991; G. Isnardi, I miti nordici, Milano 1991; A.S. Mercatante, D.H. Green, Lingua e storia

nell’an-tico mondo germanico, trad. it. a cura di R.B. Finazzi, P.Tornaghi, Milano 2006.

36. Otranto, Il «Liber de apparitione» e il culto di san Michele sul Gargano, pp. 225-226.

37. Cfr. Susi, L’Apparitio di San Michele, pp. 317-340.

38. A. Vuolo, Agiografia beneventana, in Longobardia e Longobardi nell’Italia

meri-dionale. Le istituzioni ecclesiastiche, Atti del II convegno internazionale di studi promosso

dal Centro di cultura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Benevento, 29-31 maggio 1992), a cura di G. Andenna, G. Picasso, Milano 1996, p. 201; cfr. anche Id., Ancora a

proposito della «Vita Barbati episcopi Beneventani» (BHL 973), in «Hagiographica», 13

(2006), pp. 13-14. Sui testi agiografici di area beneventana dall’epoca di Arechi II al princi-pe Sicardo, cfr., in particolare, l’articolo citato di Vuolo, Agiografia beneventana, pp. 199-237 e E. Paoli, Tradizioni agiografiche dei Ducati di Spoleto e Benevento, in I Longobardi

dei ducati di Spoleto e Benevento, Atti del XVI congresso internazionale di studi sull’alto

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 31

vennero concepiti come: «un atto di natura precipuamente politica, tenden-te a legittimare con il supporto celestenden-te le imprese della dinastia longobar-da beneventana». Se questa risulta l’ipotesi maggiormente accreditata di storicizzazione dei riferimenti vaghi e privi di connotazioni cronologiche dell’Apparitio, altre nel corso del tempo sono state proposte, fra cui quella che ambienta il racconto all’epoca della guerra greco-gotica (535-553),39

quando i Goti di Totila avevano riconquistato Napoli (543) e attorno al 547 avrebbero potuto attaccare Siponto, in considerazione del fatto che lo stesso Totila, stando alla testimonianza di Procopio,40 era nei pressi del

Gargano. Il racconto è ambientato in epoca prelongobarda anche da altri studiosi,41 che fanno riferimento al conflitto tra i Goti ariani e i fautori

dell’ortodossia.

Tuttavia, l’attenzione dei Longobardi di Benevento per il Gargano è confermata dalle imponenti opere di ampliamento commissionate per il santuario. Epigrafi di apparato, volute dai duchi longobardi, celebrano, infatti, l’opera di monumentalizzazione della grotta e lasciano il ricor-do di importanti pellegrinaggi ivi compiuti.42 Le epigrafi attestano grossi

lavori che fecero assumere al santuario una connotazione architettonica molto diversa e più idonea ad accogliere i pellegrini che, già a quell’epo-ca, giungevano numerosi dall’Europa centro-settentrionale. Ancora

leg-39. A. Petrucci, Aspetti del culto e del pellegrinaggio di San Michele sul monte

Gar-gano, in Pellegrinaggi e culto dei Santi in Europa fino alla prima crociata, a cura di A.M.

Nada Patrone, Todi 1963, p. 152.

40. Bell. Goth. 3, 22. Su tali vicende cfr. P. Corsi, Dall’antichità al Medioevo, in

Sto-ria della Puglia. Antichità e Medioevo, a cura di G. Musca, Bari 1987, I, p. 135.

41. Cfr. C.D. Fonseca, Ritualità e religiosità tra i Longobardi del Sud. Ricerche e

problemi, in I principati longobardi, Cinisello Balsamo 1982, pp. 189-195; Cardini, L’ar-cangelo Michele nell’Europa occidentale, pp. 119-122.

42. Un’epigrafe, dedicatoria, presenta il nome di Romualdo I (662-687), che, per de-vozione al santo arcangelo, finanziò i monumentali lavori di ampliamento. Una seconda epigrafe, incisa sullo stesso capitello, riporta i nomi dei viri honesti della corte di Bene-vento che contribuirono a finanziare i lavori: la presenza di diversi antroponimi indica che si trattò di un’operazione imponente, cui collaborarono anche coloro che appartenevano all’entourage della corte. Una terza epigrafe dà prova della rinomata importanza del san-tuario, divenuto tappa di pellegrinaggi già tra VII e VIII secolo: l’iscrizione, in cui ricorre l’invocazione all’angelo Gabriele, ricorda un pellegrinaggio al santuario effettuato dal duca longobardo Romualdo II (706-731) e dalla sua prima moglie, Gumperga. Un’altra epigrafe, di tono dedicatorio-celebrativo, riconducibile a Grimoaldo I e al figlio Romualdo I, oppure a Pertarito e al figlio Cuniperto, segnala opere di ristrutturazione eseguite all’interno del santuario.

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gibile è un imponente corpus di iscrizioni di epoca altomedievale che dimostra quanti pellegrini visitassero il santuario garganico: esponenti illustri della corte, ma anche uomini e donne di bassa condizione sociale che spesso si servivano di lapicidi locali per lasciare impresso il proprio nome.43 Si possono ancora ammirare anche iscrizioni in alfabeto runico

futhork, di cui si conservano pochi esemplari in Italia, che presentano

antroponimi di pellegrini anglosassoni – Hereberehct, Herraed, Wigfus,

Leofwini – che, tra la fine del VII e la prima metà dell’VIII secolo, si

recarono per devozione nel santuario garganico, lasciandovi il ricordo della propria visita.

Altro elemento legato ai Longobardi è la data dell’8 maggio.44 Come ha

rilevato Giorgio Otranto,45 anche se l’Apparitio non contiene alcun

riferimen-to a tale data, l’8 maggio fu ritenuriferimen-to il dies festus dell’angelo sul Gargano, come prova la storiografia longobarda del IX secolo che colloca proprio in quel giorno la vittoria dei Longobardi di Benevento sui Bizantini,46

generan-do una lunga tradizione giunta fino ad epoca contemporanea. La data dell’8 maggio è attestata nella tradizione diretta dell’Apparitio solo in pochi mano-scritti di origine italiana databili a partire dall’XI secolo, posteriori, dunque, alle fonti di area beneventano-cassinese o alle testimonianze dei martirolo-gi.47 Recentemente sono state avanzate alcune ipotesi per retrodatare al

VII-VIII secolo le prime attestazioni dell’8 maggio come dies festus riferito al

43. Cfr. C. Carletti, «Gargania rupes venerabilis antri»: la documentazione archeo­

logica ed epigrafica, in Monteluco e i monti sacri, pp. 63-84; Id., Iscrizioni murali del santuario garganico, in Culte et pèlerinages à saint Michel en Occident, pp. 91-103.

44. L’indicazione è in un calendario di Montecassino, il Casanatensis 641 dell’811-812, che registra anche la data del 29 settembre: G. Morin, Les quatre plus anciens calendriers du

Mont-Cassin (VIIIe et IXe siècles), in «Revue Bénédictine», 25 (1908), pp. 490-495. 45. G. Otranto, Il «Liber de apparitione» e il culto di San Michele sul Gargano, pp. 423-433. Sul dies festus cfr. anche Susi, L’Apparitio di San Michele, p. 335; Lagioia, La

memoria agiografica di San Michele sul Gargano, pp. 67-72; M. Trotta, I dies festi di san Michele sul Gargano, in Siponto e Manfredonia nella Daunia, Atti del convegno di storia

patria, sezione di Manfredonia (Manfredonia, 23-24 novembre 2016), a cura di L. Pellegri-no, Manfredonia 2018, pp. 219-229.

46. Mentre nella Hist. Lang. Ben. 27 di Erchemperto il collegamento è esplicito («Nam octavo Idus Maias, quo beati Michahelis archangeli sollemnia nos sollemniter ce-lebramus…», in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, p. 244), nella

Chron. S. Ben. Cas. 14 sembra solo presupposto («Per idem tempus Neapolites audacter

super Capuanos venire in bellum conati sunt, eo siquidem die quo beati Michaelis est festi-vitas», in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum, p. 475).

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 33

Gargano nelle testimonianze liturgiche. In particolare, si segnalano le ricer-che di Ó Riain48 sulle fonti del Martirologio irlandese di Tallaght, nella

con-tea di Dublino, e di Johnson49 e Lapidge50 sull’Old English Martyrology, che,

a parere degli studiosi, restituirebbero riferimenti alla tradizione garganica precedenti alle testimonianze di area meridionale e di ambiente longobardo. La riconsiderazione dei dati e l’analisi della tradizione manoscritta, tuttavia, hanno portato Lagioia51 a sottolineare che il Martirologio irlandese non è

tradito da testimoni più antichi del IX secolo e che nelle testimonianze prese in esame non vi sono elementi per ritenere che il dies festus dell’8 maggio fa-cesse parte del nucleo latino più antico. È stata ipotizzata, infatti, una presun-ta fonte del Martirologio Geronimiano tramandapresun-ta dal codice Epternacensis (codice datato al primo decennio dell’VIII secolo), che, tuttavia, non registra all’8 maggio alcuna festività micaelica. A suo parere, non si dispone di dati sufficienti per retrodatare a fine VII-inizi VIII secolo le prime testimonianze della memoria garganica dell’8 maggio.

In ogni caso, è innegabile che, grazie alla dinastia longobarda, dall’epi-centro garganico il culto micaelico si irradiò nell’intera penisola italica e in molti Paesi europei.52 Travalicando la dimensione geografica locale, il

san-tuario divenne così uno dei più importanti luoghi di culto dedicati all’ar-cangelo in Occidente, nonché meta di un pellegrinaggio internazionale e tappa per raggiungere la Terrasanta.53

48. P. Ó Riain, The Tallaght martyrologies, redated, in «Cambridge Medieval Celtic Studies», 20 (1990), pp. 21-38; Id., A Northumbrian Phase in the Formation of the

Hiero-nymian Martyrology. The Evidence of the Martyrology of Tallaght, in «Analecta

Bollandia-na», 120 (2002), pp. 311-363; Id., Feastdays of the saints: a history of Irish martyrologies, Bruxelles 2006.

49. R.F. Johnson, Feasts of Saint Michael the Archangel in the Liturgy of the Early

Anglo-Saxon Church: Evidence from the Eighth and Ninth Centuries, in «Leeds Studies in

English», n.s., 31 (2000), pp. 55-79.

50. M. Lapidge, Acca of Hexam and the Origin of the Old English Martyrology, in «Analecta Bollandiana», 123 (2005), pp. 29-78; cfr. anche L.M.M. Olivieri, L’Old English

Martyrology e il culto micaelico dal santuario garganico alla Northumbria, in «Vetera

Christianorum», 48 (2011), pp. 305-317.

51. Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, pp. 72-74. 52. Cfr. Otranto, Il pellegrinaggio micaelico dal Gargano all’Europa, pp. 329-360. 53. Cfr. Pellegrinaggi e santuari di San Michele nell’Occidente medievale; G. Otran-to, I. Aulisa, Il santuario di San Michele Arcangelo tra devozione e storia, Bari 2012; G. Otranto, Il pellegrinaggio alla grotta di San Michele sul Gargano, in De peregrinatione.

Studi in onore di Paolo Caucci von Saucken, Atti dell’Università degli Studi di Perugia

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3. Il santuario del Gargano: “modello” per altri luoghi di culto micaelici

In Italia

Numerosi studi hanno messo in rilievo come si possa parlare del san-tuario del Gargano in tutta la sua polivalenza quale vero e proprio “proto-tipo”, modello di altri santuari, sia nella penisola italica, sia in molti altri Paesi dell’Europa.

Già agli albori del IX secolo ampia diffusione ebbe il testo dell’Apparitio:54 fu, infatti, questa l’epoca di grande fioritura del culto

mi-caelico, in cui si registrò una massiccia imitazione del modello santuariale del Gargano in diversi contesti territoriali. Alla metà del IX secolo, ad esem-pio, Adone,55 arcivescovo di Vienne, ripropone il racconto dell’Apparitio

garganica e aggiunge che papa Bonifacio56 volle che fosse dedicata al santo

una chiesa in summitate Circi… altissime porrecta, da edificare cryptatim, cioè a forma di cripta. Come ha messo in luce Giorgio Otranto,57 l’avverbio

cryptatim risulta essere un neologismo coniato da Adone (in analogia agli

avverbi con suffisso in -tim) sul termine crypta, presente proprio nel testo dell’Apparitio: l’ipotesi filologica più probabile che spiega la coniazione dell’avverbio è ravvisabile nell’intento dell’autore di enfatizzare la volon-tà del pontefice di imitare la grotta del Gargano. Adone, inoltre, mette in relazione la costruzione della chiesa micaelica a Roma direttamente con la tradizione garganica: ciò rivela come la montagna e la cripta gargani-che avessero oramai assunto una valenza paradigmatica e prototipica nei modelli di insediamento micaelico, anche al di fuori dell’Apulia. Alla fine

54. Cfr. Otranto, Il «Liber de apparitione», il santuario di San Michele sul Gargano

e i Longobardi del Ducato di Benevento, pp. 210-245; V. Sivo, Ricerche sulla tradizione manoscritta e sul testo dell’Apparitio latina, in Culto e insediamenti micaelici, pp. 95-106;

Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, pp. 37-40.

55. Mart., III kal. Oct., in Le martyrologe d’Adon. Ses deux familles. Ses trois

re-censions, edd. J. Dubois et G. Renaud, Paris 1984, p. 336: «Sed non multo post, Romae,

venerabilis etiam Bonifacius pontifex ecclesiam, sancti Michaelis nomine constructam de-dicavit, in summitate Circi, cryptatim miro opere altissime porrectam. Unde et isdem locus in summitate sui continens ecclesiam, inter nubes situs vocatur».

56. Probabilmente il testo fa riferimento a Bonifacio IV (608-615); la chiesa in que-stione è quella costruita sulla Mole di Adriano, poi denominata Castel S. Angelo, che, se-condo la tradizione, sarebbe stata costruita a seguito di un’apparizione dell’angelo a Grego-rio Magno in occasione della peste del 590.

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 35

del IX secolo Notker Balbulus,58 maestro e bibliotecario del monastero di

San Gallo, nel suo Martirologio riporta al latercolo del 29 settembre il rac-conto del Gargano e segnala che, alla sua epoca, era possibile trovare quel racconto in molti codici. Anche lo scrittore francese Jean Beleth nel XII secolo, cogliendo con acuta sensibilità la stretta relazione tra grotta e culto micaelico, evidenziò come, dopo le apparizioni sul Gargano, gli insedia-menti micaelici fossero edificati quasi sempre sulle alture per perpetrare la volontà dell’angelo, che scelse la montagna garganica. Molto significative sono le sue parole:

Egli stesso (San Michele) apparve sul monte Gargano. Per cui, poiché è stato Egli stesso a scegliere per sé un luogo elevato, quasi in ogni contrada della terra gli viene dedicata una chiesa in un luogo elevato.59

Per ovvie ragioni di vicinanza geografica all’epicentro garganico, nel medioevo, numerosi insediamenti furono dedicati all’arcangelo in Puglia. Tra i principali siti ancora oggi noti, si ricordano le grotte con-sacrate all’arcangelo nella provincia di Foggia (Sannicandro Gargani-co, Cagnano Varano, Orsara), nel territorio barese (Altamura, Minervino Murge, Gravina, Putignano60), nell’arco tarantino (Mottola, Massafra,

Castellaneta, Statte), e nel territorio salentino di Brindisi e Lecce (Ostu-ni, Otranto).61

Anche la Langobardia Maior presentava numerosi siti micaelici, qua-li, per citare i principali ancora esistenti, la basilica intitolata all’arcangelo a Pavia,62 capitale del regno longobardo; la chiesa di San Michele in Foro

a Lucca,63 capoluogo del ducato di Tuscia.

58. Mart., in PL 131, 1155: «Qualiter autem civibus per sanctum archangelum coele-stibus ostensis miraculis, victoria de hocoele-stibus collata sit, atque de eiusdem loci situ miracu-lorumque ibidem ostensorum numerositate, in plerisque codicibus scriptum reperies».

59. Bel., Sum. de eccl. off. 154, in CCh, Cont. Med., 41A, ed. H. Douteil, Turnholti 1976, p. 295.

60. Su tale insediamento cfr. il recente volume di M. Mignozzi, San Michele in Monte

Laureto a Putignano. La grotta dell’Angelo e la cultura pittorica angioina nel meridione barese, Bari 2018.

61. Otranto, La montagna garganica e il culto micaelico, p. 106.

62. Sulla diffusione del culto micaelico nella città di Pavia cfr. G. Forzatti Golia,

Isti-tuzioni ecclesiastiche pavesi dall’età longobarda alla dominazione visconteo-sforzesca,

Roma 2002.

63. J.A. Quiròs Castillo, Modi di costruire a Lucca nell’Altomedioevo: una lettura

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Nella penisola italica la diffusione del culto dell’angelo e la sua pre-cipua caratterizzazione montano-grottale sono riscontrabili anche nei nu-merosi agio-toponimi medievali attestati tra VIII e XI secolo. Diversi siti, quasi sempre ubicati in collina o montagna, soprattutto nel Meridione, sono stati intitolati, inoltre, secondo le varie denominazioni del culto micaelico, all’angelo, all’arcangelo, a san Michele.64

Nel territorio campano, in virtù di una serie di fattori, quali le ca-ratteristiche orografiche regionali, la vicinanza con l’area garganica e la decisiva influenza del ducato longobardo di Benevento, sono attestati numerosi insediamenti cultuali dedicati all’angelo. La Regione, infatti, è ricca di grotte micaeliche, che custodiscono al proprio interno preziose testimonianze archeologico-monumentali e storico-artistiche. Tra le grotte più significative è sicuramente quella di Olevano sul Tusciano, oggetto di questo convegno.65

Tra i più antichi e significativi esempi di insediamenti santuariali sorti sul modello garganico, nell’Italia meridionale, di particolare rilevanza è il Monte Maggiore, detto anche Monte San Michele, situato al centro del triangolo geografico formato da Capua, Teano e Alife. L’anonimo autore di una Chronica del IX secolo mostra di essere a conoscenza di una tradi-zione orale diffusa nella zona, secondo cui sulla sommità di una montagna si poteva ammirare un santuario con caratteristiche analoghe a quelle gar-ganiche:

Tra Capua, Teano e Alife c’è una montagna sulla quale corre voce che sia pre-sente una potenza angelica allo stesso modo del beato Arcangelo Michele sul monte Gargano; e così vi scorre acqua, vi è scavata in profondità una grotta, vi è una basilica e vi si verificano frequentemente prodigi divini.66

64. Cfr. C. Angelillis, Il Santuario del Gargano e il culto di S. Michele nel mondo, Foggia 1955, I, p. 320; Sensi, Santuari e culto di San Michele nell’Italia centrale, pp. 241-280; G. Otranto, Le rayonnement du Sanctuaire de Saint-Michel au Mont Gargan en

Italie du sud a l’époque médiévale, in Colloque “Les sanctuaires et leur rayonnement dans le monde méditerranéen de l’antiquité a l’époque moderne”, a cura di J. La Genière, A.

Vauchez, J. Leclant, Paris 2010, pp. 323-357; Id., La diffusione del culto di San Michele del

Gargano nell’Italia meridionale in epoca medievale, in Segni del francescanesimo a Biton-to e in Puglia, Atti del convegno di studi (BiBiton-tonBiton-to, 3-5 giugno 2012), a cura di N. Pice-F.

Moretti, Bari 2012, pp. 117-145.

65. Cfr. i contributi di F. Delle Donne, J. Mitchell, A. Di Muro all’interno di questo stesso volume.

66. Chron. S. Ben. Cas. 17, in MGH, Scriptores rerum Langobardicarum et

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 37

Secondo la tradizione agiografica, all’interno di questa basilica scava-ta nella roccia, un vescovo di Teano, nel IX secolo, fece edificare alcuni al-tari, richiamandosi esplicitamente al prototipo architettonico del Gargano. In provincia di Salerno, nel territorio di Calvanico, il culto micaelico ha investito l’intera montagna di Pizzo San Michele che ospita due chiese micaeliche, ricavate in grotta: sulla cima della montagna si può ammirare la chiesa di “San Michele di Cima”, mentre più in basso un’altra chiesa-grotta, significativamente denominata San Michele di mezzo o San Miche-le di basso.67 Tra le grotte micaeliche presenti nell’Avellinese si può

segna-lare quella di San Michele ad Avella, al cui interno si possono ammirare affreschi.68 Per una disamina di fonti letterarie e archeologiche relative a

insediamenti micaelici in Campania, per molti dei quali si può ipotizzare un collegamento più o meno diretto con il Gargano, rimando alle ricerche di Fonseca,69 Ebanista,70 Caffaro,71 Di Nardo,72 Gervasio,73 D’Alessio.74

Nel Lazio uno dei più antichi insediamenti che riprende elementi tipici della tradizione garganica è la grotta sul Monte Tancia in Sabina, a circa 10 km da Rieti, al centro di ricerche recenti da parte di Tessa Canella e

67. Il santuario di San Michele di Cima e il culto micaelico a Calvanico, a cura di A. Laghezza, Bari 2014.

68. Cfr. C. Ebanista, Testimonianze di culto ad Avella tra tarda antichità e medioevo, in Giuliano d’Eclano e l’Hirpinia cristiana, Atti del convegno (4-6 giugno 2003), a cura di A.V. Nazzaro, Napoli 2004, pp. 325-360; Id., La chiesa rupestre di S. Michele ad Avella, in «Klanion/Clanius. Semestrale del Gruppo Archeologico Avellano per la ricerca storica e lo studio del territorio», XII/1-2 (2005), pp. 8-79.

69. C.D. Fonseca, Civiltà delle grotte. Mezzogiorno rupestre, Napoli 1988; Id., «Usque

dum pervenit ad cryptam S. Angeli»: culto micaelico e insediamenti rupestri nell’Italia me-ridionale, in Studi in onore di M. D’Elia. Archeologia, arte, restauro e tutela archivistica,

a cura di C. Gelao, Matera 1996, pp. 85-95; Id., La vita in grotta fra angeli e demoni, in Le

ali di Dio, pp. 36-39.

70. C. Ebanista, L’utilizzo cultuale delle grotte campane nel Medioevo, in Campania

Speleologica, Atti del I convegno regionale di speleologia, a cura di S. Del Prete, F.

Maura-no, Oliveto Citra (SA) 2007, pp. 127-150.

71. A. Caffaro, L’eremitismo e il monachesimo nel Salernitano. Luoghi e Strutture, Salerno 1996.

72. L. Di Nardo, Angeli nelle grotte. Il culto di S. Michele in Campania, in «Campania Felix», IV/4 (2002), pp. 40-47.

73. F.L. Gervasio, Il culto micaelico nelle provincie di Avellino e Salerno in età

medie-vale, in «Apollo. Bollettino dei Musei Provinciali del Salernitano», 21 (2005), pp. 59-92.

74. V. D’Alessio, Il culto di San Michele Arcangelo. Santuari tra Salerno e Avellino, Montoro Inferiore 2006, pp. 21-96.

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Umberto Longo.75 La grotta ha ospitato una chiesa micaelica fin dall’VIII

secolo,76 mentre in precedenza era sede di un culto pagano, con molta

probabilità dedicato alla dea Vacuna,77 divinità sabina delle acque e dei

boschi. L’anonimo agiografo, che ha composto il racconto di fondazione del santuario laziale (X-XI secolo), riporta il racconto della vittoriosa lotta dell’angelo contro un drago per il possesso della grotta. Un dato letterario interessante riguarda la consapevolezza della precisa funzione simbolica e poietica della natura e del contesto ambientale nell’affermazione del culto micaelico. Lo scrittore, infatti, afferma che: «la posizione del luogo è adat-ta al servizio di Cristo e dei suoi ministri»78 e, nella narrazione, insiste sui

motivi archetipici della tradizione garganica, quali la montagna, l’impervio luogo roccioso, le apparizioni dell’angelo con i suoi prodigia, l’acqua mi-racolosa, il dies festus dell’8 maggio.

Nel Nord della penisola italica, il principale centro del culto micaelico che meglio mostra come la montagna, nella sua pluralità di significati ed elementi naturali connessi, fosse il motivo più ricorrente nella storia del culto dell’angelo, è la “Sacra” di San Michele,79 fondata, verso la fine del X

75. T. Canella, U. Longo, Dinamiche politiche e strategie agiografiche. Il caso di san

Michele al monte Tancia, in Spazi e percorsi sacri. I santuari, le vie, i corpi, a cura di L.

Carnevale, C. Cremonesi, Padova 2014, pp. 235-259.

76. Cfr. M.G. Mara, Contributo allo studio del culto di S. Michele nel Lazio, in «Ar-chivio della società romana di storia patria», 83 (1960), pp. 269-290; M.A. Radozycka Pao-letti, Sulle origini del santuario di S. Michele sul monte Tancia, in «Analecta Bollandiana», 106 (1988), pp. 99-111; I. Aulisa, Le fonti e la datazione della “Revelatio seu apparitio S.

Michaelis Archangeli in monte Tancia”, in «Vetera Christianorum», 31 (1994), pp.

315-331.

77. Su Vacuna cfr. A. Saggioro, Vacuna, un cas d’école, in Dieux des Grecs, dieux

des Romains. Panthéons en dialogue à travers l’histoire et l’historiographie, a cura di C.

Bonnet, V. Pirenne-Delforge, G. Pironti, Bruxelles-Roma 2016, pp. 187-198.

78. Cfr. il testo in A. Poncelet, San Michele al monte Tancia, in «Archivio della reale società romana di storia patria», 29 (1906), pp. 545-547; cfr. anche Aulisa, Le fonti e la

datazione, pp. 325-328.

79. La bibliografia sulla “Sacra” è molto ampia. Mi limito a segnalare gli Atti dei convegni sacrensi organizzati dai Padri Rosminiani: La Sacra di San Michele simbolo del

Piemonte europeo, Atti del IV convegno sacrense (Sacra di San Michele, 26-27 maggio

1995), a cura di C. Campi, L. Lombardi, Torino 1996; Spiritualità, culture e ambiente nelle

Alpi occidentali, Atti del VI convegno sacrense (Sacra di San Michele, 6-7 giugno 1997),

a cura di A. Salvatori, Stresa 1998; Il faro di San Michele fra angeli e pellegrini;

Pellegri-naggio ieri e oggi, Atti dell’VIII convegno sacrense (Sacra di San Michele, 3-5 settembre

1999), a cura di A. Salvatori, Stresa 2000; cfr. anche La Sacra di San Michele. Storia, Arte,

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 39

secolo, su uno sperone roccioso del monte Pirchiriano, che fungeva anche da sistema difensivo delle Chiuse della Val di Susa.80

L’anonima Chronica monasterii sancti Michaelis Clusini,81 composta

tra il 1058 e il 1061, tramanda le vicende della fondazione dell’abbazia e si sofferma sui tria peculiaria loca82 nei quali l’angelo apparve in Occidente:

Nelle regioni occidentali del mondo l’Arcangelo del Signore scelse per sé tre luoghi in particolare che visitò con luminose apparizioni proprie e dei suoi (angeli): primo il monte Gargano, ormai famosissimo in tutta la terra; secon-do quello nei pressi dell’Oceano, detto “Ad maris periculum”; terzo quello posto tra questi, proprio a metà strada, cioè il monte Pirchiriano.83

Il brano riportato mette in luce sia la correlazione tra il monte Gar-gano e il Pirchiriano, sia la rilevanza della posizione dell’abbazia stessa, disegnando le tappe dell’itinerario di pellegrinaggio devozionale per l’ar-cangelo: essa, infatti, in linea d’aria, era posta esattamente a metà strada tra il Gargano e la Normandia, ove vi era un terzo santuario, quello di Mont-Saint-Michel.

In Europa

La menzione del santuario di Mont-Saint-Michel in Normandia84 ci

porta a varcare i confini geografici della penisola italica e ad analizzare la

Michele della Chiusa, in «Bullettino dell’Istituto Storico italiano per il Medio Evo e

Archi-vio Muratoriano», 81 (1969), pp. 143-152; Id., La produzione storiografica di S. Michele

della Chiusa. Una cultura fra tensione religiosa e propaganda terrena, Borgone di Susa

1983; Id., L’Arcangelo sulle Alpi. Origini, cultura e caratteri dell’abbazia medievale di S.

Michele della Chiusa, Bari 2011.

80. Cfr. G. Casiraghi, Lungo la via dell’Angelo: origini e raggio d’azione

dell’abba-zia di S. Michele della Chiusa, in Culte et pèlerinages à saint Michel en Occident, pp.

321-340; G. Gandino, San Michele della Chiusa nel confronto con il potere, ivi, pp. 403-426. 81. Chronica monasterii sancti Michaelis Clusini, in MGH, Scriptores, XXX/2, edd. G. Schwartz, E. Abegg, Leipzig 1929, pp. 959-970.

82. Per alcune osservazioni sui tre luoghi di culto micaelici cfr. I. Aulisa, La Chronica

monasterii sancti Michaelis Clusini a confronto con altre tradizioni micaeliche, in «Vetera

Christianorum», 33 (1996), pp. 29-56.

83. Chronica 2, in MGH, Scriptores, XXX/2, pp. 960-961.

84. La bibliografia sul santuario francese è molto ampia. Mi limito a segnalare i cin-que volumi di Millénaire monasticin-que du Mont Saint Michel: Histoire et vie monasticin-que, a cura di D. Laporte, Paris 1967, I; Vie montoise et rayonnement intellectuel, a cura di R. Foreville, Paris 1967, II; Culte de saint Michel et pèlerinages au Mont, a cura di M. Baudot, Paris 1971, III; Bibliographie général et sources, a cura di H. Decaëns, M.

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No-diffusione del culto micaelico in Francia.85 L’anonima operetta agiografica,

l’Apparitio sancti Michaelis Archangeli in monte Tumba,86 composta verso

l’820,87 tramanda che, agli inizi dell’VIII secolo, al vescovo di Avranches,

Oberto, apparve tre volte Michele: fu l’angelo stesso a chiedere a Oberto di costruire sulla sommità del monte Tumba una chiesa affinché la sua memoria fosse celebrata anche in quel luogo, non meno che sul Gargano. Il vescovo, obbedendo alla volontà dell’angelo, fece costruire la chiesa a guisa di cripta rotonda, ad imitazione del modello garganico: «Fece co-struire, dunque, un edificio di forma rotonda a guisa di cripta… volendo uguagliare la forma del santuario esistente sul monte Gargano».88 A

se-guito della costruzione del luogo di culto, Oberto ordinò ad alcuni fratres di recarsi in pellegrinaggio sul Gargano affinché reperissero dei pignora, ossia frammenti di roccia della grotta: lo scopo della spedizione sarebbe stato quello di trasferire nella nuova chiesa, attraverso tali frammenti, le virtù taumaturgiche manifestate dall’arcangelo sul Gargano. I fratres, dun-que, portarono nel santuario normanno un lembo del drappo (palliolum) che l’angelo avrebbe riposto sull’altare e un frammento della roccia su cui avrebbe lasciato la sua impronta.89 Lo scrittore fornisce un’accurata

descrizione naturalistica che richiama in modo manifesto l’ambientazione garganica: di primaria importanza nell’economia della narrazione risulta-no, infatti, il contesto ambientale e la natura selvaggia e isolata del luogo.90

Come ha messo in luce Otranto,91 i pignora prelevati dalla grotta potevano

tier, Paris 1967, IV; Études archéologique, a cura di M. Nortier, Paris 1993, V. Cfr. inoltre S. Bettocchi, Il culto di S. Michele sul Gargano e a Mont Saint Michel: due tradizioni a

confronto, in «Vetera Christianorum», 31 (1994), pp. 333-355; P. Bouet, La Revelatio et les origines du culte à saint Michel sur le Mont Tombe, in Culte et pèlerinages à saint Michel en Occident, pp. 65-90.

85. Cfr. V. Juhel, C. Vincent, Culte et sanctuaires de saint Michel en France, in Culto

e santuari di san Michele nell’Europa medievale, pp. 183-207.

86. Apparitio sancti Michaelis Archangeli in monte Tumba, in AA.SS. Sept. 8, ed. J. Stilting, Antwerp 1762, pp. 76-78.

87. Cfr. Bouet, La Revelatio et les origines du culte à saint Michel, pp. 72, 80, 84, 88-90. 88. Apparitio in monte Tumba 5, in AA.SS. Sept. 8, p. 77.

89. Apparitio in monte Tumba 8, in AA.SS. Sept. 8, pp. 77-78; cfr. G. Otranto, Aspetti

del vissuto cristiano e tipologia dei santuari fra tarda antichità ed epoca moderna: la storia di una ricerca, in Spazi e percorsi sacri, p. 55.

90. Apparitio in monte Tumba 3, in AA.SS. Sept. 8, pp. 76-77.

91. Otranto, Note sulla tipologia degli insediamenti micaelici nell’Europa medievale, p. 396; cfr. anche F. Neveux, Les reliques du Mont-Saint-Michel, in Culte et pèlerinages à

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 41

trasferire anche nel santuario francese le virtù taumaturgiche dell’angelo e conferire una sorta di sigillo al nuovo culto: «La comunità normanna non solo ebbe coscienza di imitare un modello di architettura sacra, come gli studiosi generalmente ammettono, ma intese anche mutuare un modello di santità e di spiritualità micaeliche».

Le storie dei tre santuari, nelle loro leggende di fondazione, getta-no luce sulle dinamiche di costruzione di ugetta-no “spazio sacro” a partire da un’apparizione e in considerazione dell’incorporeità dell’arcangelo: quali siano i protagonisti, quali possano considerarsi le testimonianze materia-li di una presenza immateriale, quamateria-li, appunto, le forme della devozione. Sofia Boesch Gajano92 ha sottolineato, come, al di là della comune

intitola-zione e dei rapporti ricordati dai racconti di fondaintitola-zione, si debba segnalare, tuttavia, la diversa identità dei tre santuari micaelici. Le differenze sono dovute soprattutto agli interventi fatti per strutturare lo “spazio sacro” e agli elementi che hanno scandito le fasi cultuali e devozionali:

Il santuario del Monte Gargano rimane legato alla sua origine di “luogo na-turale”, sacralizzo, secondo la fonte, dall’apparizione angelica con un debole concorso delle istituzioni, mentre il Mont Saint Michel e San Michele della Chiusa appaiono dalle fonti in primo luogo come due istituzioni che proget-tano e costruiscono consapevolmente la propria identità spaziale e monu-mentale.

L’operetta di fondazione santuariale della Chiusa menziona i tria

pe-culiaria loca micaelici, ma vi include anche un riferimento – geografico e

religioso – a Roma che costituisce la novità della prospettiva. Direttamente indicati dall’arcangelo, i tre santuari micaelici costituiscono punti di una geografia sacra, della quale fa parte anche la città degli Apostoli. La storia di Mont-Saint-Michel si configura sempre più nella prospettiva di un’isti-tuzione monastica.

Come è stato evidenziato da Vincent Juhel e da Catherine Vincent,93 in

Francia il culto micaelico trovò ampia diffusione a partire dall’VIII secolo, anche grazie all’azione di missionari e di importanti famiglie stabilitesi in Alsazia e in Lorena, di cui sono documentati i legami con i Longobardi. Particolare rilievo assunse il culto tra la fine del X secolo e gli inizi dell’XI, quando si enfatizzarono, oltre alla funzione militare dell’arcangelo, ben

92. Boesch Gajano, Il pellegrinaggio nelle sue espressioni liturgiche, p. 18; cfr. anche pp. 29 e 32-33.

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attestata con i Longobardi e i Carolingi, la dimensione funeraria e il suo ruolo di psicopompo. La topografia e la dedicazione di santuari micaelici lasciano emergere come san Michele, in quanto santo militare, divenne il protettore delle porte delle città e delle abbazie; in quanto angelo psico-pompo, fu titolare di numerose cappelle cimiteriali, soprattutto in Alsazia. A partire dalla fine dell’VIII secolo, il modello del santuario garga-nico fu esportato anche nell’area meridionale della Germania e sul corso del Reno.94 Nella Baviera e nella regione di Württemberg, soprattutto in

epoca carolingia, culti pagani già diffusi nella zona furono sostituiti da quello dell’arcangelo Michele, i cui attributi di guerriero e psicopompo lo avvicinavano a Wodan, protettore di montagne.95 Una delle più antiche

testimonianze della fusione sincretica del culto micaelico con preesistenti tradizioni pagane in area tedesca è l’esistenza di una chiesa di San Miche-le nel comune di Brackenheim, nel distretto di Stoccarda. L’insediamento micaelico, documentato a partire dall’VIII secolo, era situato proprio su di una collina, quella indicata con il nome di Michelsberg (Monte San Mi-chele), che, in precedenza aveva ospitato un luogo di culto pagano.96 Il

toponimo della cittadina di Bad Godesberg, a sud di Bonn, conferma la preesistenza in un sito dedicato poi a san Michele del culto germanico del dio della guerra: “Godesberg” significa, infatti, “Monte di Wodan” ed è proprio nella parte più alta di tale città che i cristiani eressero una cappella in onore di san Michele. Più recentemente Heinz97 ha ridimensionato la tesi

diffusa secondo la quale il culto di san Michele nei Paesi germanici abbia sostituito il culto di Wodan.98 La concezione di Michele psicopompo, guida

delle anime e intercessore presso il Giudice supremo ha un solido fonda-mento nella liturgia e, dunque, non è necessario ricorrere alla mitologia germanica per spiegarla. A parere dello studioso, i tramiti per l’arrivo del

94. A. Heinz, Saint Michel dans le “monde germanique”. Histoire - Culte - Liturgie, in Culto e santuari di san Michele nell’Europa medievale, pp. 39-55.

95. C. Wilsdorf, La diffusion du culte de saint Michel en Allemagne, in Millénaire

monastique, III, pp. 389-391.

96. J. Armstadt, Südgermanische Religion seit der Völkerwanderungszeit, Stuttgart 1991, p. 116.

97. Heinz, Saint Michel dans le “monde germanique”, p. 50.

98. Cfr. J. Grimm, Deutsche Mytologie, Göttingen 1835; K. Meisen, St. Michael in der

volkstümlichen Verehrung des Abendlandes, in «Rheinisches Jahrbuch für Volkskunde»,

13-14 (1962/1963), pp. 195-255; M. Müller, St. Michael. Der Deutschen Schutzpatron? Zur

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San Michele al Gargano e la diffusione del modello garganico 43

culto micaelico in Germania possono considerarsi i missionari irlandesi e anglosassoni. In numerosi casi si può pensare che i santuari innalzati sulle alture siano modellati sull’esperienza del Gargano o anche del Mont-Saint-Michel.

Una prova indiretta della presenza della tradizione micaelica di ori-gine garganica nell’area di Magonza, sul fiume Reno, giunge dall’erudito arcivescovo di Magonza, Rabano Mauro,99 il quale compose, nella prima

metà del IX secolo, un Martirologio, che fissava al 29 settembre la data di commemorazione della chiesa micaelica del Gargano, senza far alcun riferimento alla chiesa romana. Sebbene i dati desunti dall’opera di Ra-bano Mauro siano di matrice colta e libresca, si può pensare, tuttavia, che il vescovo di Magonza ben conoscesse la tradizione del Gargano e fosse consapevole che il santuario micaelico del Gargano avesse costituito un modello per la costruzione di altri luoghi di culto su alture, in epoche e aree geografiche tra loro molto diverse.100 Tuttavia, malgrado la devozione degli

imperatori Sassoni, la vittoria nel 933 in Turingia del re Enrico I (919-936) sugli Ungari pagani e quella del 955 di suo figlio Ottone I (936-973), attribuite a san Michele, non si sviluppò nei secoli a venire un patronato particolare dell’arcangelo.

Altro insediamento micaelico ad instar Gargani è quello di San Gallo, nella Svizzera tedesca. È lecito ipotizzare che, considerata la prossimità al lago di Costanza, il culto dell’arcangelo si sia irradiato dall’area meridio-nale tedesca attraverso la mediazione dell’esperienza normanna. A riprova della stretta correlazione con la tradizione pugliese, Müller101 ha

ipotizza-to che, presso il complesso cultuale di San Gallo, fossero cusipotizza-toditi anche alcuni pignora micaelici, provenienti dal Gargano. Nel centro monastico di San Gallo, peraltro, erano conservate numerose copie della leggenda garganica.102

Per l’area anglosassone, un rilevante contributo agli studi micaelici è fornito da Jones,103 il quale ha censito i luoghi di culto del Regno Unito.

99. Mart., III kal. Oct., in CCh, Cont. Med., 44, ed. J. McCulloh, Turnhout 1979, p. 99. 100. Otranto, La montagna garganica e il culto micaelico, p. 120.

101. Müller, Zum frühmittelalterlichen Michaelskult in der Schweiz, in Millénaire

monastique, III, pp. 393-419.

102. Lagioia, La memoria agiografica di San Michele sul Gargano, p. 34.

103. G. Jones, The cult of Michael the archangel in Britain. A survey, with some

thoughts on the significance of Michael’s May feast and angelic roles in healing and bap-tism, in Culto e santuari di san Michele nell’Europa medievale, pp. 147-182.

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