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Una ipotesi di turnaround nel piccolo dettaglio. Verso la definizione del "sistema vitale urbano"

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UNA IPOTESI DI TURNAROUND NEL PICCOLO DETTAGLIO. VERSO LA DEFINIZIONE DEL "SISTEMA VITALE URBANO"

Amedeo Maizza

Professore Straordinario di Economia e Gestione delle Imprese

Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Lecce "A. de Viti de Marco"

Savino Santovito

Ricercatore di Economia e Gestione delle Imprese Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Bari

Paola Scorrano

Dottoranda di ricerca

Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Lecce "A. de Viti de Marco"

Sommario: Premessa - I. Il piccolo dettaglio nell'attuale panorama distributivo - 2. Elementi per lo sviluppo commerciale delle città: il marketing urbano - 3. Il sistema vitale urbano - 4. L'analisi del contesto urbano: un modello applicativo - 5. Conclusioni

Premessa

Partendo dalla verifica dei mutamenti dello scenario distributivo, il lavoro, applicando l'approccio sistemico-vitale', presenta una metodolo-gia di analisi delle potenzialità, eventualmente presenti nelle città - o in talune loro aree -, per l'emersione di un "sistema vitale urbano", inteso come l'insieme coordinato della dotazione strutturale e dell'offerta com-merciale di un'area urbana.

In particolare, qui si intendono esaminare le connotazioni specifiche dell'evoluzione del piccolo commercio al fine di individuare gli elementi essenziali che consentono alle forme distributive tradizionali, presenti nelle aree urbane, di poter costituire una rete in grado di competere, dif-ferenziandosi, con i moderni grandi centri commerciali, generalmente localizzati fuori dalla città.

Per la realizzazione di un compiuto sistema vitale urbano, risulta indispensabile impiegare idonee politiche di marketing finalizzate sia allo sviluppo del piccolo dettaglio, sia all'aumento dell'attrattività ed alla rivitalizzazione del centro-città, le quali necessitano di una preliminare attività di conoscenza dell'area interessata. Considerata l'evidenza ine-quivocabile delle possibili azioni di marketing realizzabili nei diversi contesti cittadini (si pensi ad esempio: al ripristino ed alla valorizzazione

* Benché il presente lavoro derivi da una comune opera degli autori, i paragrafi 2 e 4 sono da attribuire ad Amedeo Maizza, i paragrafi I e 5 a Savino Santovito, il paragrafo 3 a Paola Scorrano.

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di aree ed edifici, all'arredo urbano, alla riqualificazione commerciale, alla comunicazione, alla realizzazione di iniziative promozionali e di eventi), ci si è soffermati sulla creazione della conoscenza che risulta indispensabile per le decisioni strategiche ed operative. A tal fine, nel prosieguo si presenta un metodo di analisi del contesto urbano che, gra-zie alla sua potenziale astrazione, derivante dal riscontro ottenuto con una verifica empirica, può risultare utile per conoscere le caratteristiche delle singole aree su cui poi realizzare mirate azioni di governo per lo sviluppo urbano.

1. 11 piccolo dettaglio nell'attuale panorama distributivo

La rivoluzione commerciale, ovvero il cambiamento del panorama distributivo, avviatasi in Europa nella seconda metà del secolo scorso, in seguito anche al parziale spostamento degli interessi dei grandi gruppi capitalistici dalla produzione industriale all'attività distributiva, ha determinato considerevoli ricadute economiche e sociali2, favorendo, anche, l'applicazione di strumenti innovativi e tecniche gestionali d'im-presa fino ad allora estranei all'attività commerciale.

Per l'Italia, i momenti fondamentali che contraddistinguono l'evolu-zione del sistema commerciale sono riconducibili all'introdul'evolu-zione dei rilevanti cambiamenti normativi nella disciplina del commercio, ovvero alla Legge n. 426/1971 3 e, successivamente, al D. Lgs. n. 114/1 9984.

Sul territorio nazionale il settore distributivo ha, così, recepito con ritardo, rispetto agli altri paesi europei commercialmente più evoluti, quali l'Inghilterra, la Francia e la Germania, le conseguenze di tale rivo-luzione commerciale, anche a causa dell'atteggiamento poco innovativo dei numerosi piccoli operatori commerciali, per i quali il settore distri-butivo rappresentava un ammortizzatore sociale, ovvero un rimedio alla disoccupazione.

Negli ultimi anni '80, l'assetto territoriale della distribuzione ha subi-to l'influenza di gruppi economici d'interesse estranei al setsubi-tore del com-mercio, che hanno condizionato le scelte localizzative delle moderne strutture commerciali, favorendo l'insediamento dei centri commerciali e degli ipermercati5.

Negli anni '90 la realizzazione delle grandi strutture di vendita -con l'affermazione della grande distribuzione organizzata (GDO)-, il forte rallentamento della domanda interna di beni di consumo ed il peggiora-mento progressivo delle condizioni di accessibilità dei centri storici di molte città italiane hanno generato la progressiva desertificazione com-merciale di alcune aree urbane, evidenziando chiaramente lo stato di crisi del dettaglio tradizionale con una diminuzione dei piccoli punti vendita, rilevante soprattutto nel comparto alimentare6.

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1991, un calo generalizzato degli esercizi commerciali al dettaglio (con le variazioni percentuali evidenziate in Tabella.1) attribuibile ai processi di ristrutturazione e concentrazione degli esercizi conseguenti al nascere di nuovi modelli di consumo e all'andamento poco brillante della domanda da parte delle famiglie.

Tabella 1

EVOLUZIONE DEGLI ESERCIZI DEL COMMERCIO AL DETTAGLIO IN SEDE FISSA (Variazione %)

2001/1991 Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati -8,4 Con prevalenza di prodotti alimentari -13,1

Con prevalenza di prodotti non alimentari 139,6 Commercio al dettaglio di prodotti alimentari in esercizi specializzati -23,8 Commercio al dettaglio di frutta e verdura -26,0 Commercio al dettaglio di carne e prodotti a base di carne -25,0 Commercio al dettaglio di pesci, crostacei e molluschi 8,1 Commercio al dettaglio di pane, pasticceria e dolciumi -23,2 Commercio al dettaglio di bevande (vini, oli, birra ed altre bevande) -31,2 Commercio al dettaglio di prodotti del tabacco e altri generi di monop. -12,2 Altro commercio al dettaglio di prodotti alimentari -33,6 Commercio al dettaglio di prodotti farmaceutici, articoli di profumeria 10,5

Farmacie 4,4

Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici 9,6 Commercio al dettaglio di cosmetici e articoli di profumeria 15,6 Commercio al dettaglio di altri prodotti in esercizi specializzati -2,2

Commercio al dettaglio di tessili -6,6

Commercio al dettaglio di articoli di abbigliamento -4,5 Commercio al dettaglio di calzature e articoli in cuoio -17,1 Commercio al dettaglio di mobili e articoli di illuminazione -0,7

Commercio al dettaglio di elettrodomestici, apparecchi radio e televisori -7,0 Commercio al dettaglio ferramenta, colori e vernici, vetro -12,0

Commercio al dettaglio di libri, giornali, riviste e articoli di cartoleria 7,0 Commercio al dettaglio di altri prodotti in esercizi specializzati 5,4 Commercio al dettaglio di articoli di seconda mano -36,0

TOTALE -7,8

Fonte: Elaborazione Centro Studi Confcommercio su dati Censimento 1991 e Osservatorio Nazionale del Commercio

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La rivoluzione commerciale, dunque, in Italia si è compiuta con una notevole espansione della GDO che, ritenuta dai piccoli commercianti la causa principale del declino delle proprie attività e il fattore che li spin-geva fuori mercato, dopo aver affrontato il conflitto con l'industria per la

channel leadership, si è scontrata pure con le organizzazioni del piccolo

commercio che l'hanno presentata come il "grande nemico" dell'intera società moderna7.

Anche in Italia, come già accaduto in altri Paesi europei, la modernizza-zione della rete distributiva non ha causato l'estinmodernizza-zione del piccolo detta-glio, ma ha determinato una selezione delle imprese e la ricerca di una migliore convivenza tra piccolo e grande commercio, con il primo neces-sariamente obbligato a garantirsi la sopravvivenza in condizioni di mag-giore concorrenza, quindi spinto a rinnovarsi e ad indirizzare la propria attività verso un miglioramento della qualità del servizio offerto ai clien-ti8

E' opportuno rimarcare come la guerra condotta dalle piccole imprese commerciali contro la GDO sia principalmente riconducibile ad una par-ziale carenza conoscitiva, da parte delle stesse, sia del nuovo scenario concorrenziale del settore, con i connessi fattori critici di successo com-petitivo, sia della •stessa piccola struttura commerciale, con i propri punti di forza e le inespresse potenzialità di sviluppo collettivo in reti organizzate. Tale conflitto ha rallentato il percorso evolutivo dei piccoli esercizi commerciali, allontanandoli dal perseguire, nel nuovo contesto di accentuata concorrenzialità, gli obiettivi della maggiore efficienza e della realizzazione di progetti condivisi di sviluppo e rilancio di centri commerciali naturali nelle aree urbane o nei centri storici.

L'auspicata valorizzazione e tutela dei centri storici rappresenta uno strumento strategico rilevante, da impiegare per la soluzione dei proble-mi delle imprese del piccolo dettaglio9, ed è indicata anche nell'ambito della citata nuova normativa sul commercio 1°, per la quale assume note-vole rilevanza il riposizionamento dei piccoli punti vendita nell'ambito del territorio cittadino, attraverso la riscoperta della loro funzione di aggregazione sociale e del loro ruolo economico. In qualsiasi città, infat-ti, il centro storico da sempre rappresenta il fulcro della vita urbana e spesso un polo attrattivo anche per le città limitrofe, sebbene negli ulti-mi anni tale sua funzione fondamentale abbia perso di importanza a causa, principalmente, della chiusura di numerosi piccoli punti vendita e del conseguente degrado urbano.

L'affermazione della GDO, quindi, ha spostato il polo di attrazione com-merciale dal centro della città verso la periferia dove, grazie alla presen-za di strade a scorrimento veloce e di parcheggi, sono sorti numerosi centri commerciali' 1, nei quali sono state riprodotte artificialmente le condizioni presenti naturalmente nei centri storici. I centri commerciali, riunendo un certo numero di esercizi commerciali al dettaglio di varia dimensione e assortimento, gestiti da imprese diverse, sono caratterizza-ti da un'impostazione architettonica unificata, che prevede l'inserimento

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di spazi commerciali selezionati e programmati in un'ottica comune12. In tali luoghi, i cittadini possono usufruire di un'offerta concentrata di beni, ma anche di servizi extra-commerciali e servizi sociali atti a soddisfare le esigenze più varie°, e possono trasformare lo shopping da attività fina-lizzata al soddisfacimento di un bisogno di prima necessità in attività ricreativa e di svago, bisogni, questi ultimi, che tradizionalmente hanno sentito l'esigenza di soddisfare coloro che si sono recati nel centro stori-co per il proprio shopping.

Tuttavia, solo più recentemente, indagando la problematica, miglioran-done la conoscenza ed esaminanmiglioran-done a fondo la complessità, si è riscon-trato che il contesto nel quale sono inseriti i punti vendita del centro cit-tadino è difficilmente riproducibile in un luogo chiuso ed artificiale, quale è quello dei centri commerciali, per cui si sta rivolgendo l'attenzio-ne, nuovamente, ai centri storici in quanto potenziali "centri commercia-li naturacommercia-li", impiegabicommercia-li per il rilancio del piccolo commercio e della vita-lità economica e sociale dell'intera città, di cui possono costituire l'iden-tità urbana, intesa quale ricchezza culturale paragonabile alla biodiver-sità sul piano biologico".

E' facilmente rilevabile, però, la generalizzata carenza di efficaci attività di pianificazione strategica da parte degli Enti locali territoriali, ai quali il D. Lgs. n. 114/98 riconosce un ruolo fondamentale nella formulazione della normativa di dettaglio15, e che non sembrano aver svolto una com-piuta attività di governo per l'affermazione di sistemi urbani del piccolo commercio, essendosi limitati a regolamentare il settore, in un'ottica ten-denzialmente conservativa della struttura commerciale preesistente16. E' indispensabile, invece, che le Regioni ed i Comuni svolgano in pieno il compito loro attribuito dall'attuale normativa, realizzando un'efficace attività di programmazione commerciale per il perseguimento della nor-male convivenza tra il piccolo ed il grande dettaglio, con azioni ammini-strative volte a valorizzare determinate aree cittadine, incentivando lo shopping ed agevolando la conduzione delle piccole attività commerciali in esse presenti".

Va segnalato, infine, il pericolo di un progressivo peggioramento delle competenze professionali e delle capacità gestionali dei titolari delle pic-cole imprese di commercio al dettaglio, poiché se è vero che lo scenario concorrenziale determina l'espulsione degli operatori meno efficienti, è altrettanto vero che l'abbassamento delle barriere all'entrata nel settore agevola l'ingresso anche di operatori con scarsa professionalità, poco dotati di autonome capacità imprenditoriali e spesso allettati dalla sola idea di affiliarsi ad una rete di franchising riconducibile ad un marchio noto.

I più recenti dati disponibili circa la natalità e la mortalità degli esercizi commerciali18, riportati in Tabella 2, confermando l'andamento positivo del saldo registrato a partire dal 1999 (anno di inversione del trend, con-seguente alla riforma normativa), mostrano un incremento dei valori

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assoluti del ricambio degli operatori, che genera imprese sempre più giovani, con probabile minore grado di esperienza gestionale.

Tabella 2 - Movimentazione delle imprese del commercio al dettaglio fisso

ISCRITTE CANCELLATE SALDO

ITALIA Sede U. Locale Totale Sede U. Locale Totale Sede U. Locale Totale

2001 41.150 18.901 60.091 38.007 13.637 51.644 3.143 5.264 8.447

2002 42.414 19.891 62.305 38.271 14.280 52.551 4.143 —5.611 9.754

Fonte: ns. elaborazioni su dati dell'Osservatorio Nazionale del Commercio

Tale situazione potrebbe, paradossalmente, determinare effetti oppo-sti a quelli desiderati dalla riforma normativa, all'aumentare del numero di nuove imprese, che finiscono per rappresentare l'elemento terminale

stupido del canale distributivo e che potrebbero non essere in grado di

migliorare il livello di servizio offerto ai clienti, né di partecipare autono-mamente ed attivamente alla strutturazione di reti aggregative, governa-te localmengoverna-te.

Contrariamente al caso del libero servizio, infatti, va recuperato il prezioso ruolo della piccola impresa commerciale indipendente, valoriz-zando la tradizionale connotazione umana della stessa che basa il conse-guimento del vantaggio competitivo essenzialmente sul fattore lavoro, dato che il personale di vendita interagisce con i clienti, rispondendo con professionalità alle domande degli stessi, acquisendone la fiducia e ponendosi come "consulente d'acquisto" del consumatore finale19.

2.

Elementi per lo sviluppo commerciale delle città: il marketing urbano

I mutamenti di scenario sopra delineati si ripercuotono, dunque,

oltre che sulle imprese anche sulle aree urbane le quali, da sempre2° cen-tri di aggregazione sociale ricchi di storia, cultura e tradizione, potreb-bero rischiare di ridurre la loro tradizionale individualità degradandosi verso forme vicine ai cosiddetti "non luoghi" (per usare una celebre defi-nizione con cui l'antropologo Auge 1 individua gli insiemi "artificiali" privi di specificità -come: la stazione ferroviaria, l'autogrill, il motel, l'ae-roporto, il metrò e, potremmo aggiungere, i centri commerciali artificia-li- caratterizzati, tra l'altro, dal "transito" più che dallo "stazionamento"). Tale eventuale pericolo ovviamente non può farsi risalire unicamente ai citati effetti del mutato scenario distributivo, ma rappresenta la summa di diversi fattori tra cui occorre anche menzionare la ricerca di standar-

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dizzazione e l'omogeneizzazione negli stili di vita22, condizioni che spin-gono alcune aree urbane - soprattutto quelle zone di nuova realizzazio-ne- verso l'uguaglianza, uniformando così spesso anche ciò che storica-mente si è contraddistinto per l'unicità. Mentre molti centri storici vivo-no di autovivo-noma specificità, poiché risentovivo-no dell'impostazione urbanisti-ca del passato (con tutte le connesse difficoltà di viabilità ed accesso), le altre aree talvolta appaiono uguali da città in città (ciò anche per effetto dell'attuazione di talune -fortunatamente ormai superate- tendenze urba-nistiche secondo le quali ad ogni area va assegnata una funzione corre-data da standard qualitativi prescindendo dal contesto in cui si colloca). Questa dicotomia strutturale, quando presente, può determinare un generale abbassamento delle complessive potenzialità commerciali con evidenti ripercussioni sull'immagine della città.

A tale aspetto urbanistico, va aggiunto quello sociologico, determina-to dalla crescita e dalla modifica della popolazione che gravita nell'ambi-to delle città. Oltre ai tradizionali residenti, infatti, si devono considerare anche i pendolari, gli immigrati ed i cosiddetti city users, ovvero coloro che non "vivono" la città ma la "usano". Tutto ciò concorre a modificare la vivibilità cittadina, imponendo una revisione anche della sua offerta commerciale.

La complessità e vastità del problema -particolarmente sentito nelle grandi città con tradizione industriale23- impone una sua delimitazione che, per ristrettezza conoscitiva e per rimanere nell'alveo del nostro argo-mento, ci conduce ad esaminare gli ambiti e le potenzialità che presenta il marketing urbano (qui considerato come il complesso di azioni coordi-nate da un'univoca regia volte allo sviluppo dell'immagine cittadina) per rivitalizzare il commercio nelle città.

Il parallelo "città - sistema" risulta abbastanza evidente; non altret-tanto chiare appaiono, invece, le condizioni inerenti gli aspetti del gover-no e gli indirizzi che i centri urbani devogover-no intraprendere per raggiunge-re il praggiunge-redetto obiettivo. In tal senso, un valido ausilio può esser fornito dall'approccio sistemico vitale il quale, come meglio si dirà nel prosie-guo, consente un'agevole lettura dei connotati propri anche di tali com-plesse entità. Differenti appaiono gli obiettivi ed i soggetti che hanno il compito di consentirne il raggiungimento; ciononostante, si può osserva-re come l'immagine della città costituisca un elemento aggosserva-regante che funge da catalizzatore e che può armonizzare le differenti finalità. In questo ambizioso programma può, dunque, riconoscersi il più importan-te e generale obiettivo del marketing urbano che, per avere buone pro-spettive di successo, preliminarmente deve considerare la città, al tempo stesso, come soggetto ordinatore e beneficiario delle sue azioni, come area commerciale e come bene fruibile.

Per la realizzazione dell'identità territoriale24 -ovvero l'insieme delle sensazioni e considerazioni degli utenti dell'area- occorre ricercare dap-prima la sua omogeneità in modo da consentire poi un'agevole differen-ziazione e percezione. Per tale ragione, al pari di un qualsiasi altro piano

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marketing, è necessario realizzare una preliminare attività di ricerca che consideri tutte le componenti dell'area oggetto d'indagine. Tra queste rientrano gli elementi intangibili della città (come l'ospitalità, la profes-sionalità degli operatori, il clima, le tradizioni), i quali presentano un buon grado di flessibilità utile per perseguire politiche di differenziazio-ne25. Nella costruzione dell'immagine cittadina intervengono ovviamente anche gli elementi strutturali ovvero l'arredo urbano (illuminazione, pavimentazione stradale, piante, cartelloni pubblicitari) ed i cosiddetti "attrattori" (ovvero le strutture capaci di richiamare visitatori) che pos-sono declinarsi in:

• "architettonico-culturali" come monumenti, chiese, palazzi, musei, paesaggio;

• "del tempo libero" come cinema, teatri, luoghi d'incontro, bar, ristoran-ti;

• "direzionali" come uffici pubblici, banche, scuole.

Le predette componenti (materiali ed immateriali) possono rappre-sentare un aggregato informe, ovvero un insieme armonico rientrante in un univoco programma comunicazionale capace di poter diventare un richiamo naturale per i fruitori della città. La differenza tra queste due situazioni è rappresentata dall'esistenza (o dall'assenza) di un organismo che coordini e finalizzi il programma di sviluppo dell'identità territoria-le.

Da quanto sinora asserito emerge come tale attività necessiti dell'a-zione congiunta di più professionalità che, con un approccio multidisci-plinare, consenta di migliorare l'aspetto complessivo di un'area incenti-vando la presenza dei cittadini (latu sensu). Sinora è mancata tale impo-stazione e le varie difficoltà delle città (o di loro aree) sono state conside-rate in maniera distinta, non valutando le potenzialità offerte dal marke-ting urbano che deve cercare il rilancio del territorio attraverso una pro-grammazione unitaria in grado di analizzare congiuntamente l'aspetto sociale, economico, urbanistico e culturale. L'obiettivo di tale azione molto spesso può riconoscersi nella ricerca di un nuovo posizionamento che, per rimanere nell'ambito del nostro argomentare, appaia diverso rispetto a quello dei non luoghi (grandi realtà commerciali) posti nelle aree extra urbane. Ciò potrebbe agevolare il compito dei piccoli operato-ri i quali, per il loro operato-rilancio, devono oggi puntare sulla differenziazione dell'offerta sganciandosi dalla price competition.

Per rivitalizzare il territorio è, dunque, necessaria un'armonica atti-vità di ricerca, pianificazione ed attuazione realizzata attraverso il coin-volgimento degli amministratori, dei cittadini, degli imprenditori e delle varie categorie interessate che devono partecipare alle scelte progettuali di ridisegno dell'area urbana. Si tratta, in definitiva, di cercare di realiz-zare una rete polifunzionale in grado di rendere competitive le realtà in essa rientranti; pensare, infatti, di poter competere isolatamente con i grandi centri commerciali artificiali (capaci di attrarre utenti camuffan-dosi da centri naturali) appare una scelta destinata a fallire26. Le attività

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indipendenti, non rientranti quindi in un sistema, oggi presentano ben poche possibilità di sopravvivenza poiché, se si escludono talune residua-li ed ormai modeste "rendite di posizione", appaiono incapaci di attrarre significativi flussi di clientela i quali, invece, possono ritrovarsi ove vi sia un efficace sistema in grado di coordinare le complesse scelte program-matiche volte alla valorizzazione dell'area interessata.

Il raggiungimento di tale obiettivo richiede la presenza di un apposito organismo atto a pianificare, coordinare e controllare la realizzazione del programma di rivalutazione della città che dovrà caratterizzarsi, tra l'altro, anche per la multisettorialità ovvero per la previsione di interventi rivolti ad aree e a loro aspetti diversi (ristrutturazione, sostegno sociale, servizi alle imprese, viabilità, ecc.) 27.

In quest'ambito si inserisce il piano di marketing urbano il quale risente, in definitiva, di due generali difficoltà: la prima derivante dall'in-dividuazione del sistema (e del connesso organo di governo) deputato alla sua ideazione ed implementazione; la seconda può ritrovarsi nell'a-dozione di un metodo di indagine che consenta una corretta conoscenza dei variegati elementi che compongono l'ambito di osservazione, ciò al fine di poter operare efficaci e fattibili scelte strategiche28. Nelle pagine che seguono si sono volute affrontare tali problematiche adottando l'ap-proccio sistemico vitale e presentando un modello di analisi che, dopo aver avuto la richiamata impostazione teorica multidisciplinare, è stato convalidato da una ricerca condotta sul territorio con finalità conoscitive propedeutiche all'adozione di piani di marketing urbano.

3. Il sistema vitale urbano

L'emersione del sistema vitale urbano (relativamente agli ambiti di interesse del presente contributo) richiede la verifica dell'esistenza degli elementi necessari per la predisposizione di una matrice concettuale che conduca alla formalizzazione del funzionamento del sistema29.

Nell'ipotesi in cui oggetto dell'osservazione sia un fenomeno riferibile ad un'area territoriale, gli elementi che, in un primo momento, si qualifi-cano come accolta possono essere sia di natura materiale che immateria-le. Si suole30, infatti, classificare le componenti del prodotto territoriale in offerta di insediamento, quando ci si riferisce ai luoghi e, in generale, alle componenti infrastrutturali, e in offerta di inquadramento, quando si considerano le competenze e le risorse intangibili di un territorio come il patrimonio culturale, il know-how produttivo, la qualità delle relazioni, l'immagine, ecc. Generalmente, nello stadio di accolta, il soggetto osser-vatore è in grado di individuare piuttosto agevolmente gli elementi tangi-bili del territorio, mentre incontra maggiori difficoltà nel percepire la presenza degli elementi intangibili. Ciò poiché essi acquistano rilievo, per merito della loro capacità di differenziare l'offerta, soltanto in un momento successivo. Il soggetto potenzialmente interessato all'insedia-mento nel territorio, infatti, riconosce in tali componenti un valore solo dopo avere appurato, anzitutto, la presenza di alcuni prerequisiti, cioè le

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componenti materiali, che egli ritiene necessari affinchè l'area possa essere inclusa nel novero delle possibili localizzazioni31. Nel momento in cui l'osservatore di un fenomeno territoriale è in grado di cogliere la pre-senza di elementi intangibili, è ragionevole pensare che abbia preventi-vamente individuato un nesso anche tra le componenti fisiche che con-senta il passaggio verso lo stadio di insieme.

Qualora l'oggetto di osservazione sia costituito dall'offerta commer-ciale del centro cittadino, le componenti materiali sono rappresentate dai vari punti vendita e dai loro caratteri distintivi (vetrine, insegna, arredamento interno, illuminazione, colori, ecc.), dall'accessibilità al luogo, dalla presenza di spazi commerciali, dall'arredo urbano (panchi-ne, tavolini, verde pubblico); gli elementi immateriali sono essenzial-mente: la qualificazione professionale del personale e delle associazioni di categoria, la propensione alla collaborazione con gli altri commer-cianti, la validità delle relazioni con la Pubblica Amministrazione, l'at-mosfera, l'immagine del luogo. Il fattore di omogeneità che consente il passaggio da accolta ad insieme può identificarsi nella localizzazione dei punti vendita in una medesima zona della città (una via, un quartiere, ecc.) oppure nella tipologia merceologica trattata32. L'assegnazione di un ruolo a ciascuna componente dell'insieme così individuato, da eseguire attraverso l'attivazione di relazioni tra di esse e nel rispetto di vincoli e regole per il raggiungimento di una finalità comune (aumento dell'attrat-tività del centro cittadino), potrà consentire l'emersione del sistema vitale urbano. Con tale definizione ci si vuole riferire a quella entità - rappresentata dal complesso dei punti vendita (che costituiscono il nucleo centrale del sistema) e degli elementi su menzionati- avente i caratteri propri dei sistemi vitali e deputata a produrre non solo benefici di natura economica e commerciale, ma anche di tipo sociale.

Se si osserva la realtà esclusivamente sotto il profilo commerciale, è possibile notare come, spesso, i punti vendita presenti nei centri cittadi-ni si trovino nello stadio di accolta, cioè vivono ed operano indipenden-temente l'uno dall'altro senza nessun elemento di aggregazione che li sti-moli ad agire in modo organizzato per il perseguimento di uno scopo univoco. Qualora si analizzi detta accolta con un opportuno bagaglio conoscitivo (conforme ai principi dell'approccio sistemico-vitale) potreb-be in essa individuarsi un sistema embrionale33 nell'ipotesi in cui le sin-gole entità abbiano potenziali operativi consoni alla successiva emersio-ne del sistema vitale. In questo stadio si riconosce una struttura operati-va con componenti -minimamente organizzate- caratterizzate dall'assen-za di un organo di governo che ne guidi l'evoluzione al fine di rispondere agli indirizzi ed alle regole dei sovra-sistemi. Molto spesso tale assenza deriva dalla ridotta capacità dei soggetti, potenzialmente deputati a rico-prire il ruolo di organo di governo, di cogliere la presenza di un elemen-to che naturalmente dovrebbe fungere da aggregaelemen-tore tra i vari punti vendita, ad esempio la loro ubicazione nel centro città.

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consente, tuttavia, di pensare che anche nei centri cittadini possa auspi-carsi l'evoluzione dell'attuale sistema embrionale in sistema in via di

compimento per giungere, infine, alla nascita di un sistema vitale urbano.

I diversi stadi evolutivi che portano alla sua individuazione sono contrad-distinti dal differente ruolo svolto dall'organo di governo la cui presenza, quindi, risulta necessaria affinchè si possa giungere al sistema vitale. Più precisamente, i soggetti che ai vari livelli logici sono in grado di ricoprire il ruolo di organo di governo sono classificabili, mutuando una recente posizione34, come:

- soggetto ordinatore del territorio: sulla base della finalità che si

pro-pone di raggiungere (attrazione nell'area di nuovi investitori, di nuovi residenti o di visitatori in genere), è in grado di individuare un fattore di omogeneità tra alcuni degli elementi del territorio che osserva35. Tale ruolo è, generalmente, ricoperto da soggetti istituzionali come i vari enti pubblici nazionali, regionali o comunali;

- uno o più soggetti coordinatori: il loro compito consiste nel concepi-re proposte ineconcepi-renti il contesto territoriale individuato dal soggetto ordi-natore; può trattarsi, oltre che di soggetti istituzionali, anche di organiz-zazioni private o enti misti (potrebbe, ad esempio, riconoscersi tale ruolo alle Aziende di Promozione Turistica, alle associazioni di categoria, ecc.); - uno o più soggetti proponenti: hanno il compito di tradurre in azioni concrete le proposte del soggetto coordinatore; anch'essi possono essere soggetti istituzionali oppure organizzazioni private o enti misti.

L'evoluzione del sistema embrionale urbano in sistema in via di com-pimento può muovere dal basso, seguendo un percorso di tipo bottom-up, oppure può partire dall'alto (top-down): ciò che differenzia queste due tipologie di percorsi è la natura del soggetto osservatore.

Esempi di sistemi urbani distributivi in via di compimento generati da un percorso di tipo bottom-up sono le associazioni di via, le unioni tra dettaglianti, i mercati rionali. Questi sistemi, infatti, possono nascere su stimolo delle associazioni di categoria e/o per volontà dei dettaglianti di una via o di una zona della città allo scopo di renderla attrattiva e ricono-scibile. Il raggiungimento dell'obiettivo prefissato richiede la predisposi-zione di un idoneo piano di marketing urbano che consenta la costruzio-ne o il potenziamento dell'immagicostruzio-ne della via o della zona attraverso il miglioramento dell'illuminazione, dell'arredo urbano e dell'accessibilità al luogo, il recupero degli edifici degradati, l'organizzazione di eventi e di campagne promozionali collettive, la risoluzione di problematiche comu-ni a più commercianti, ecc.36.

Poiché, come già accennato, la distinzione tra i tre diversi tipi di siste-ma dipende dal ruolo assunto dall'organo di governo, può ipotizzarsi che nei sistemi urbani in via di compimento su menzionati l'organo di gover-no svolga le mansioni peculiari del "soggetto proponente", il quale tradu-ce in azioni concrete le proposte derivanti non da un soggetto che si trova ad un livello logico di governo superiore, ma direttamente dalla struttura operativa, cioè i dettaglianti (che sono gli attori principali e,

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come già detto, in tal caso sono anche i soggetti osservatori). Il rischio della mancata ulteriore evoluzione del sistema urbano in via di compi-mento in sistema vitale è molto elevato quando tali entità sorgono in modo spontaneo, ossia senza attenersi alle indicazioni contenute in un piano strategico che consenta loro di difendersi dalle eventuali minacce - oppure di cogliere le opportunità- provenienti da sistemi esterni.

Nel caso, invece, dei sistemi urbani in via di compimento generati da un percorso di tipo top-down, tale rischio, seppur presente, appare atte-nuato poiché l'evoluzione è innescata da un progetto predisposto da un soggetto coordinatore (Comuni, associazioni di categoria, camere di commercio, Aziende di promozione turistica, ecc.) sulla base delle indi-cazioni fornite da un soggetto ordinatore il quale possiede una maggiore quantità di informazioni sull'ambiente circostante e, grazie a ciò, è in grado di studiare le strategie più opportune che possono consentire l'e-mersione del sistema37. La presenza di un soggetto istituzionale (soven-te, l'amministrazione comunale) garantisce, dunque, la base conoscitiva necessaria per la promozione del progetto che potrà condurre al sistema vitale urbano, il sostegno economico e finanziario per l'avvio dell'inizia-tiva e, inoltre, facilita il contatto con gli operatori del settore38.

In definitiva, il maggiore rischio di mancata evoluzione in sistemi vitali cui vanno incontro i sistemi in via di compimento generati da un processo bottom-up deriva da un più elevato rischio di non conoscenza39 che essi affrontano rispetto ai sistemi in via di compimento generati da un processo top-down. Naturalmente, la sopravvivenza di un sistema vitale urbano eventualmente generato dall'evoluzione di un sistema urbano in via di compimento top-down necessita di una piena condivi-sione, da parte della struttura operativa (cioè i dettaglianti), del progetto che ne è alla base40. E necessario, dunque, che ci sia consonanza41 tra le componenti del sistema urbano in via di compimento per poter raggiun-gere, in un secondo momento, la risonanza42 che consentirà la sua tra-sformazione in sistema vitale urbano.

La tipologia dei sistemi vitali necessita della presenza di un organo di governo che abbia ampi poteri di influenza sulla struttura operativa del sistema di cui è alla guida e che, inoltre, con le proprie decisioni sia in grado di influenzare anche l'ambiente circostante. Detto sistema potrà sopravvivere se riuscirà ad uniformarsi agli indirizzi ed alle regole asse-gnati dai suoi sovra-sistemi prioritari che, nel caso di un sistema territo-riale come quello oggetto di analisi, sono rappresentati dalle istituzioni con delega sovraordinamentale e dai pubblici di particolare rilievo socio-economico43.

I requisiti che connotano il sistema vitale urbano possono, dunque, riconoscersi nella pluralità di esercizi commerciali, nel coordinamento tra essi ad opera dell'organo di governo, nell'univoca finalità, che consi-ste nel realizzare una specifica ed attrattiva immagine della via o della zona di pertinenza. Il valore che i singoli negozianti traggono dall'appar-tenenza al sistema" può essere non solo di natura economica (si pensi al

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risparmio dei costi di promozione e comunicazione ed alla valorizzazio-ne degli edifici commerciali), ma si manifesta anche valorizzazio-nella maggiore forza contrattuale (soprattutto nei confronti della Pubblica Amministrazione) che il sistema ha rispetto al singolo commerciante.

Utile per l'emersione del sistema vitale urbano è certamente la proget-tazione e l'attuazione di piani plurifunzionali che assegnino al centro cit-tadino quegli usi che tradizionalmente gli debbono essere riconosciuti e cioè luogo di incontro e di promozione commerciale. Ciò richiede la pre-visione di azioni mirate alla ristrutturazione degli immobili in disuso ed alla riconversione del loro utilizzo per la creazione di spazi commerciali e ricreativi, all'aumento dell'accessibilità anche attraverso l'eliminazione delle barriere architettoniche, alla conservazione e valorizzazione delle bellezze artistiche e archeologiche, alla realizzazione nella strada di azio-ni ludiche e culturali previa creazione di aree pedonali". In tal modo si favorirà l'attrazione di visitatori nelle aree centrali urbane, i commer-cianti saranno incentivati ad ubicare la loro attività nello stesso territo-rio, i proprietari degli immobili vedranno crescere il valore del loro patri-monio. In breve si darà avvio al circolo virtuoso "soddisfazione-attratti-vità-valore"".

4. l'analisi del contesto urbano: un modello applicativo

La complessità ambientale, intesa come manifestazione di fenomeni aventi tra loro caratteristiche difformi e fortemente variabili, può essere soggettiva poichè l'osservatore definisce tanto il fenomeno da osservare quanto il suo elemento distintivo che, per essere analizzato, necessita di classificazione qualitativa e temporale47. Uno stesso fenomeno, infatti, può assumere differenti aspetti a seconda dell'interesse specifico dell'os-servatore ed anche in funzione dei periodi nei quali si analizza. In tal senso può distinguersi la "varietà", che riguarda la diversità con cui si presentano gli attributi di un fenomeno in un dato momento, dalla "variabilità" intesa come possibile evoluzione (cambiamento) dei predetti attributi. La varietà, quindi, può considerarsi un concetto statico poiché attiene al presente, ovvero al momento dell'osservazione, mentre la varia-bilità riguarda le prospettive (ipotesi) di mutamento dello stesso attribu-to"

Tale premessa ci consente di interpretare l'area urbana, rispetto agli ambiti ed alle finalità del presente lavoro, come un "fenomeno" in cui possono riconoscersi preliminarmente due elementi di varietà (a loro volta ulteriormente declinabili): l'offerta commerciale e la dotazione strutturale. Ciò motiva la poliedrica composizione del marketing urbano che, come già detto, necessita di varie competenze. Su tali presupposti, nell'ideazione e nella successiva attuazione dell'indagine conoscitiva (più avanti presentata), si sono considerate due fasi così come di seguito esposto.

Il primo momento del lavoro" ha riguardato l'esame dell'assetto com-merciale dell'area interessata inserendola nel contesto cittadino e valu-

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tando per ogni singola via la densità commerciale. E stato così necessa-rio effettuare un censimento delle attività presenti nelle aree urbane oggetto di analisi, considerando per ognuno dei punti vendita la "varietà" dell'oggetto d'indagine, individuata nei seguenti elementi:

1. classe suddivisa in: artigianato, negozi, pubblici esercizi.

Per ogni classe si è poi considerata la tipologia dell'attività (ad esempio la classe negozi è stata declinata in: alimentari, abbigliamento, calzatu-re e accessori, biancheria, articoli sportivi e giocattoli, elettronica di consumo, elettrodomestici, gioielleria, argenteria, orologeria, libreria, hobbistica, edicole, mobili e articoli di arredamento, profumeria, arti-coli sanitari, erboristerie);

2. posizionamento con cui si è voluto considerare l'immagine dell'unità

commerciale percepita dal cliente;

3. finitura intesa come l'aspetto fisico esteriore (ossia le facciate, le

vetri-ne, gli ingressi, le insegne) attraverso il quale i punti vendita comuni-cano con il pubblico;

4. numero di affacci ovvero gli accessi e le vetrine presenti in ogni

nego-zio.

Per cercare di raggiungere l'obiettivo conoscitivo su richiamato (da cui dovevano scaturire conseguenti decisioni per realizzare la parte stra-tegica e poi operativa del piano di marketing urbano) è stata condotta un'analisi sul campo, preceduta dalla definizione dei parametri di valu-tazione oggettivi che rendessero misurabili e paragonabili le rilevazioni effettuate per gli elementi sub 2 e 3. A tal fine, è stato necessario realiz-zare degli incontri, tra i coordinatori del lavoro ed i rilevatori, durante i quali si è cercato di condividere la valutazione. Attraverso la proiezione di immagini relative a differenti realtà commerciali, si sono individuati degli elementi di stima che consentissero di catalogare il punto vendita in un'apposita sezione del costruendo database (ad esempio per il para-metro posizionamento si sono stabiliti degli elementi che conducessero il rilevatore ad inserire il punto vendita in una delle seguenti categorie: generico, lusso, trendy). Con tale rilevazione si sono così potute acquisi-re notizie che vanno oltacquisi-re il generico censimento commerciale e che appaiono importanti per la qualificazione generale dell'area. Un esempio del risultato di tale fase dell'indagine è riportato nella tabella seguente.

In questo modo è possibile avere un quadro sintetico dell'offerta com-merciale di ogni via da cui poter trarre conseguenti considerazioni utili a definire idonee scelte programmatiche coerenti con la "struttura" esi-stente.

Il secondo momento del lavoro ha visto considerare gli elementi rite-nuti importanti ai fini della valutazione dell'immagine urbanistica dell'a-rea, ovvero:

a) la qualità ambientale (data dall'insieme degli elementi che defini-scono la vivibilità),

b) l'accessibilità (ovvero la semplicità di giungere nell'area considera-ta),

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c) l'attrattività (con cui si considera il richiamo che l'area genera nei confronti degli utenti).

Via Posizionamento Finitura Classe Incidenza comm.le

(%)

Numero affacci

Matteotti Generico 8 Alta 2 Artigianato 1 1 6

Lusso 2 Media 6 Negozi 6 2 2

Bassa 2 Pubblici Esercizi 3 3 2

Totale Matteotti 10 10 10 12,82 10

Roma Generico 8 Alta 1 1 5

Media 3 Negozi 6 2 3

Bassa 4 Pubblici Esercizi 2

Totale Roma 8 8 8 10,26 8

Diaz Generico 7 Alta 1 Artigianato 1 1 5

Lusso 1 Media 7 Negozi 5 2 2

Pubblici Esercizi 2 3 1

Totale Diaz 8 8 8 10,26 8

Vittorio Veneto IGenerico Lusso

8 Alta 1 Artigianato 8 1 6

2 Media 9 Negozi 2 2 3

3 1

Totale Vittorio Veneto 10 10 10 12,82 10

S. Francesco Generico 5 Alta 1 1 1

Media 4 Negozi 5 2 1

3 2 4 1

Totale S. Francesco 5 5 5 6,41 5

Mercato coperto Generico 7 1 4

Media 7 Negozi 7 2 2

3 1

Totale Mercato coperto 7 7 7 8,97 7

Riguardo alla qualità ambientale, nell'indagine si sono considerati esclusivamente i fattori "fisici" che la determinano (ciò poiché quelli "simbolici" -come, ad esempio, la sicurezza- sono variamente percepiti dai visitatori e, quindi, difficilmente valutabili in maniera oggettiva). Gli elementi di detta analisi sono stati: viabilità pedonale e carrabile, verde pubblico, illuminazione, aspetto esteriore degli edifici (quinte edilizie), barriere architettoniche. Essi sono stati valutati attribuendo ad ognuno un voto da 1 a 10 sulla base di una tabella redatta con l'ausilio di specifi-che competenze urbanistispecifi-che (cfr. tabella seguente). In tal modo, ogni via considerata ottiene una valutazione complessiva frutto della somma (eventualmente anche della media semplice o ponderata) dei risultati di ogni singolo parametro.

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Tabella 4: Valutazione della qualità ambientale

Voto Viabilità pedonale e carrabile

Verde pubblico Illuminazione Quinte edilizie Barriere

architettoniche

I 2

Mancanza di strato di finitura

Assente Assente Pericolanti Barriere numerose

ed insormontabili, impossibiliti di movimento per i disabili 3 Presenza di deformazioni e di Presenza di piante rade ed in sofferenza Illuminazione insufficiente, Intonaco scrostato, presenza di fessure e Presenza di barriere superabili con

4 rotture vegetativa presenza di aree

oscurate vegetazione spontanea, segnaletica commerciale desueta o abbandonata

difficoltà dai disabili nella maggior parte

dell'area

Buono stato di Presenza di piante in Illuminazione Prospetti rifiniti Sufficiente 5 manutenzione buono stato sufficiente, assenza ordinariamente, possibilità di

6 vegetativo di aree oscure componenti non

coordinate e presenza sovrabbondante ed intrusiva di segnaletica commerciale movimento per i disabili nella maggior parte dell'area

Più o meno parziali Presenza di verde Parziale presenza di Prospetti per la Scarsa presenza di 7 rifiniture con pubblico ben curato organi illuminanti di maggior parte ben barriere 8 materiali di pregio anche se non coordinati e provvisto di impianti di protezione e/o di irrigazione

pregio e luce oltre la norma rifiniti ed elementi di arredo e segnaletica commerciale curati ma totale assenza di coordinamento architettoniche, comunque superabili

Finiture con Verde pubblico Organi illuminanti di Prospetti Completa assenza di 9 materiali di pregio, selezionato ed pregio e presenza di accuratamente barriere e totale IO coordinate su

disegno (progetto a

ubicato con criteri paesaggistici, ben

impianti illuminotecnici

rifiniti negli intonaci, nelle pitturazioni e

libertà di movimento per i disabili monte) curato e provvisto di

impianti di protezione e/o irrigazione direzionali e scenografici (progetto a monte) negli infissi o rigorosamente restaurati; eventuale presenza di un coordinamento degli interventi edilizi, segnaletica commerciale di pregio ed inserita nel

contesto ambientale

Gli elementi sub b) e c) dell'immagine urbanistica sono stati esamina-ti con un'analisi desk, considerando per l'accessibilità le vie per raggiun-gere gli "attrattori" già definiti in precedenza (cfr. paragrafo 2).

I risultati dei primi due momenti della ricerca (valutazione

dell'asset-to commerciale e dell'immagine urbanistica) sono stati inseriti in un

apposito database dal quale è possibile trarre molteplici indicazioni incrociando vari parametri di interrogazione.

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Per le motivazioni in precedenza esposte in merito alla coralità neces-saria per il buon esito di un piano di marketing urbano, il lavoro si è completato con la predisposizione e somministrazione di due questiona-ri. Il primo rivolto ai commercianti e finalizzato a conoscere essenzial-mente l'anzianità dell'attività commerciale, l'andamento delle vendite, la tipologia di clientela abituale, la volontà di continuare ad operare nel centro ed, eventualmente, gli strumenti per incrementare l'attività; il secondo indirizzato agli utenti dell'area con domande riguardanti: il motivo della loro presenza nella zona, il mezzo di trasporto utilizzato per raggiungerla, un loro giudizio sull'aspetto generale, sull'offerta commer-ciale e sulla vivacità (anche relazionale) dell'area.

5. Conclusioni

Il sistema distributivo italiano, profondamente mutato rispetto al pas-sato, presenta caratteristiche ancora non definite, dato che il processo di trasformazione è ancora caratterizzato da significativi cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda gli assetti organizzativi delle imprese e le strategie di sviluppo sul territorio, condizionate dall'applicazione del D. Lgs. 114/985°.

Tuttavia, la recente evoluzione del settore distributivo italiano ha evi-denziato alcune linee di fondo, oramai ben note, quali:

- la trasformazione della rete distributiva, caratterizzata dal peso cre-scente delle superfici di media e grande distribuzione con la presenza rilevante degli operatori stranieri e dell'innovazione delle tecniche di vendita e dall'espulsione di numerose imprese generalmente di piccole dimensioni;

- l'incremento dei conseguenti costi "sociali" imposti, cui vanno aggiunti i costi derivanti dagli effetti sullo sviluppo del territorio urbano, sulla mobilità dei consumatori e sulla difesa dell'ambiente;

- la persistenza delle piccole imprese, nonostante il ridimensionamento numerico, quale elemento fondamentale del sistema distributivo, pur non riuscendo a valorizzare i propri punti di forza, consistenti nella localizzazione urbana diffusa, nel livello di servizio, nella qualità dei prodotti e nella professionalità degli operatori;

- la scarsa competitività del sistema nel suo complesso, nonostante i muta-menti intervenuti, poiché le imprese minori denunciano un basso livello di innovazione, denotano generalmente una incapacità a migliorare il livello di servizio al cliente ed una scarsa diffusione delle forme associati-ve, necessarie ad attuare progetti condivisi di sviluppo e rilancio dei cen-tri commerciali naturali urbani per contrastare l'azione della GDO.

Nell'ambito di tale contesto, la realizzazione di efficaci politiche di marketing urbano necessita di un preliminare processo di conoscenza delle specificità territoriali, ovvero della complessità degli aspetti urbani-stici, sociologici ed economici, affinché le piccole attività commerciali indipendenti, per superare le criticità, possano organizzarsi in reti di operatori che evolvano in sistemi vitali urbani, dotati di un organo di

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governo idoneo a garantirne la sopravvivenza, respingendo le minacce provenienti da sistemi esterni.

Data la specificità delle singole aree territoriali in cui tali sistemi vita-li commerciavita-li possono emergere, l'attività di ricerca, che sarebbe potuta risultare generica se avesse esclusivamente tentato di fornire soluzioni riferibili in generale alle politiche di marketing territoriale, peraltro già oggetto di numerosi contributi scientifici ed autorevoli interventi, ha focalizzato l'attenzione sulla metodologia di conduzione della prelimina-re attività di conoscenza della complessità ambientale, tralasciando l'a-nalisi degli specifici risultati ottenuti nell'indagine empirica condotta nei dieci maggiori Comuni (con popolazione superiore a 15.000 abitanti) della provincia di Lecce e soffermandosi sull'indicazione degli elementi di varietà esaminati.

In particolare, l'indagine empirica condotta ha consentito di verifica-re che l'averifica-rea urbana può esseverifica-re utilmente indagata nei due pverifica-reliminari elementi di varietà, quali l'assetto commerciale (declinabile in: classe e tipologia dell'attività, posizionamento, finitura, numero di affacci) dei punti vendita presenti e l'immagine urbanistica (declinabile in: qualità ambientale e vivibilità, accessibilità, attrattività), affinché possano emer-gere le specificità della sua struttura, la cui conoscenza è indispensabile per garantire una efficace azione dell'organo di governo.

Affinché dalla rete di piccoli dettaglianti organizzati ed ubicati in un centro commerciale naturale possa emergere un sistema vitale, è neces-sario che:

- sia superato il rischio di non conoscenza del contesto operativo da parte dell'organo di governo;

- sia realizzata la consonanza/risonanza tra la pluralità di piccoli detta-glianti, componenti la struttura del sistema urbano distributivo;

- gli stessi si riconoscano nell'univoca finalità indicata dall'azione di coordinamento esercitata con influenza dall'organo di governo.

La ricerca empirica condotta ha dimostrato l'utilità della metodologia proposta per l'attività di conoscenza indispensabile alla corretta azione dell'organo di governo.

Più problematica è risultata la definizione del possibile ruolo dello stesso organo di governo, che svolge le mansioni proprie di soggetto

pro-ponente nel compimento dei sistemi urbani distributivi con percorso di

tipo bottom-up (associazioni di via, unioni di dettaglianti, mercati riona-li, etc.) e di soggetto coordinatore nel compimento dei sistemi urbani distributivi con percorso di tipo top-down (Comuni, Associazioni di cate-goria, Camere di Commercio, etc.); ne deriva che l'organo di governo può essere maggiormente esposto a difficoltà di coordinamento, ovvero al rischio di non conoscenza, a seconda che la sua composizione risulti più allineata con i dettaglianti che partecipano alla struttura operativa (percorso di tipo bottom-up), ovvero con soggetti posti ad un livello gerarchicamente superiore (percorso di tipo top-down).

Se l'attività di analisi condotta negli specifici contesti territoriali ridu-

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ce i rischi di non conoscenza, le difficoltà di coordinamento dipendono anche dalla natura autonoma del piccolo dettaglio che tende a rifiutare posizioni dirigiste e, sempre più di frequente, aderisce anche a reti diffe-renti da quella territoriale del sistema vitale urbano, quali ad esempio le reti di franchising, che lo condizionano e vincolano ulteriormente nelle politiche gestionali.

Pertanto, affinché l'organo di governo possa con successo realizzare il compimento e garantire la sopravvivenza del sistema vitale urbano, è necessario che, servendosi dei meccanismi di controllo basati sulla fidu-cia, non imponga gerarchicamente vincoli, ma organizzi tra le compo-nenti della struttura quelle relazioni tipiche delle "reti minimali"51; in tali realtà, la fiducia stessa, la condivisione, la similarità e la struttura di integrazione sono mantenute ad un livello minimo e i singoli operatori sono capaci di comunicare mentre coordinano le proprie azioni per il raggiungimento degli obiettivi organizzativi, prendendo singolarmente decisioni rapide, irreversibili, interdipendenti, orientate all'innovazione ed alla creatività. Tali interazioni tra i componenti delle reti minimali sono assimilabili metaforicamente a quanto accade nei gruppi musicali jazz, formati da diversi specialisti capaci di coordinarsi, comunicare e contemporaneamente di improvvisare autonomamente mediante le sin-gole abilità, assegnando un tempo ed un ritmo alle proprie realtà perso-nali.

NOTE

Golinelli G.M., L'approccio sistemico al governo dell'impresa, vol. I, ed. Cedam 2000.

2 Si pensi, ad esempio, ai cambiamenti degli equilibri tra industria e distribuzione, alla

riduzione dei prezzi di vendita di taluni prodotti, alla progressiva chiusura dei piccoli punti vendita, al cambiamento nelle abitudini di acquisto e di consumo.

3 Sul punto si veda Scicutella M., La gestione d'impresa, ed. Cacucci 1999, pag. 255 e

segg.

4 Per una disamina delle principali caratteristiche di tale normativa e dei suoi obiettivi

si veda Tridente N. - Stasolla V. Tecnica Commerciale, ed. Cacucci 1992, pag. 37 e segg.

5 ljart.1 della citata normativa dispone le seguenti fondamentali finalità:

a) la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circola-zione delle merci;

b) la tutela del consumatore, con particolare riguardo all'informazione, alla possibilità di approvvigionamento, al servizio di prossimità, all'assortimento e alla sicurezza dei pro-dotti;

c) l'efficienza, la modernizzazione e lo sviluppo della rete distributiva, nonché l'evolu-zione tecnologica dell'offerta, anche al fine del contenimento dei prezzi;

d) il pluralismo e l'equilibrio tra le diverse tipologie delle strutture distributive e le diverse forme di vendita, con particolare riguardo al riconoscimento e alla valorizzazione del ruolo delle piccole e medie imprese;

e) la valorizzazione e la salvaguardia del servizio commerciale nelle aree urbane, rurali, montane, insulari.

Per una panoramica sul percorso che ha portato all'attuale normativa sul commercio si veda Cuomo G., La disciplina del commercio in Italia e i suoi effetti reali, in Baccarani C. (a cura di), Imprese commerciali e sistema distributivo. Una visione economico-manageriale, ed. Giappichelli 1997, pagg. 65-103.

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6 Barile S., Rideterminazione dei criteri di autonomia spaziale del commercio nel rispetto

dei vincoli socio ambientali, in Sinergie Quaderno n. 6/91.

7 Per i fattori che hanno accentuato la fase recessiva del commercio nei centri storici, si veda Varaldo R., La disciplina del commercio tra liberalizzazione e regolamentazione, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, vol.IV, ed. Giuffrè 1998, pagg. 997-998.

8Il confronto tra GDO e piccolo commercio si è radicalizzato, polarizzandosi su

prov-vedimenti conservativi contro lo sviluppo della GDO, con l'introduzione di alcuni vincoli di carattere normativo per l'apertura dei nuovi punti vendita della GDO, piuttosto che sull'op-portunità di dotare il piccolo commercio degli strumenti (finanziari, legislativi, ma soprat-tutto di natura economica e di impresa) necessari per rispondere alle sfide della GDO con forme gestionali innovative. Miglietta A., I centri commerciali naturali: una via per il

rilan-cio delle città e del piccolo commerrilan-cio, in Sinergie n. 47/98.

9 n citato Decreto Legislativo n.114/98, si propone essenzialmente il perseguimento di questa finalità, con l'art.6, primo comma, che, affidando alle Regioni i compiti di program-mazione della rete distributiva, fissa gli obiettivi generali per l'insediamento delle attività produttive in: a) favorire la realizzazione di una rete distributiva che, in collegamento con le altre funzioni di servizio, assicuri la migliore produttività del sistema e la qualità dei ser-vizi da rendere al consumatore; b) assicurare, nell'indicare gli obiettivi di presenza e di svi-luppo delle grandi strutture di vendita, il rispetto del principio della libera concorrenza, favorendo l'equilibrato sviluppo delle diverse tipologie distributive; c) rendere compatibile l'impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico e l'inquinamento e valorizzare la funzione commercia-le al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del com-mercio; d) salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale; e) salvaguardare e riqualificare la rete distri-butiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari anche attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tes-suto commerciale; f) favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle pic-cole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione; g) assicurare, avvalendosi dei comuni e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema coordinato di monitoraggio riferito all'entità e all'efficienza della rete distributiva, attraverso la costituzione di appositi osservatori, ai quali partecipano anche i rappresentanti degli enti locali, delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti coordinati da un Osservatorio nazionale costi-tuito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

10 Zanderighi L., Town Center Management: uno strumento innovativo per la valorizza-

zione del centro storico e del commercio urbano, in Industria & Distribuzione n. 2/2001.

I i Si veda, in particolare, la lett.d) del già citato art. 6, comma 1, sopra riportato.

12 Una rilevante espansione di questa formula di vendita si è registrata nel periodo

1991-1995, quando furono aperti oltre 250 centri commerciali, seguita da una fase di ral-lentamento per le barriere che le diverse regioni hanno posto in materia di apertura di insediamenti commerciali di grande dimensione.

13 Sul ruolo della piazza nella città moderna si veda Monestiroli A., Diffusione del

cen-tro urbano e architettura dei suoi luoghi, in Mazzocchi G.-Villani A. (a cura di), Sulla città, oggi, ed. FrancoAngeli 2002, pagg. 88-89.

14 Aguiari R., Le strutture commerciali come componenti dell'arredo urbano, in

Baccarani C. (a cura di) Imprese commerciali e sistema distributivo, ed. Giappichelli 1993, pag.383.

15 Pinto Flaminio A., Tendenze evolutive e sttategiche nei servizi e nella distribuzione

commerciale, ed. Cedam 1996, pag. 90.

16 Sul punto si veda Castaldo S. - Botti S., La dimensione emozionale dello shopping, in Economia & Management n. 1/99, pagg. 17-37.

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18 Si pensi anche ai Comuni che, nel promuovere lo sviluppo delle strutture commercia-li e, più in generale, nel definire le scelte di pianificazione urbanistica relative al settore commerciale, devono perseguire:

- la modernizzazione del sistema distributivo e lo sviluppo equilibrato delle diverse tipologie di vendita;

- la libera concorrenza, prospettando agli operatori molteplici alternative di scelta; - la riconversione di strutture distributive già esistenti per la nascita di nuove iniziative; - la qualificazione dei servizi per le zone periferiche e di nuovo insediamento.

19 Ferrucci L.-Porcheddu D., Riforma del commercio, discrezionalità delle Regioni e

con-tinuità con il passato, in Industria & Distribuzione n.1/2002.

20 Di Cagno N. - Maizza A., Un'analisi del comparto distributivo e del franchising in

Puglia, in Sinergie Rapporti di ricerca n.14/2003.

21 Si tralasciano i dati relativi agli anni precedenti, poco comparabili, poiché a partire dall'anno 2001, la produzione dei dati nazionali, regionali e provinciali relativi al numero di iscrizioni e di cancellazioni degli esercizi di commercio al dettaglio fisso negli archivi dei registri imprese delle Camere di Commercio presenta una consistente novità: a differenza degli anni precedenti, le sedi di impresa si riferiscono soltanto a quelle che svolgono al pro-prio interno l'attività commerciale, e non conteggiano più le sedi esclusivamente ammini-strative.

22 Baccarani C., Evoluzione dell'apparato distributivo e rapporti Industria -

Distribuzione, in Sinergie n.19/89.

23 Aristotele così asseriva:«L'associazione di più villaggi é la città, che basta a se stessa,

formandosi per lo scopo dell'esistenza, e dopo averlo raggiunto per conseguire la sua perfezio-ne. La città esiste per natura... La città a dunque un fatto naturale».

24 Augé M., Nonluoghi: introduzione a una antropologia della surmodernità, ed. Eleuthera 1996.

25 Benevolo L., La città nella storia d'Europa, ed. Laterza 1998.

26 Tali città hanno subito, nel corso degli ultimi anni, i negativi effetti del declino indu-striale riconoscibili nell'aumento della disoccupazione, nel degrado ambientale, nella migrazione. A tale situazione molte di esse hanno risposto con l'implementazione di piani strategici indirizzati allo sviluppo economico attraverso la riqualificazione e valorizzazione urbana, il sostegno sociale e la promozione della città. Emblematici in questo senso appaio-no i casi delle città di Glasgow, Lione, Francoforte, Bilbao, Barcellona che, con piani plu-riennali, sono riuscite a rivitalizzare l'intera area urbana o parte di essa.

27 Guérin J.P., Marketing urbano e identità territoriale, in Ave G.-Corsico F. (a cura di),

Marketing urbano in Europa, ed. Torino Incontra 1994, pagg. 477-481.

28 Rullani E., L'impresa e il suo territorio: strategie di globalizzazione e di radicamento sul

territorio, in Sinergie n. 49/99, pag. 28.

29 Lugli G., Il ruolo, la potenzialità e l'attualità della piccola impresa commerciale, in Baccarani C. (a cura di), Imprese commerciali e sistema distributivo, ed. Giappichelli 1997.

30 In proposito interessante appare l'esperienza del "Piano Urban 1994-99" (ovvero il programma comunitario di sostegno per la riqualificazione delle città aventi oltre 100mila abitanti che è stato prorogato sino al 30-09-02). Secondo gli ultimi dati -giugno 2003- della Corte dei Conti (sezione autonomie) la realizzazione del Piano ha avuto buon successo per la rivitalizzazione delle città, per la formazione degli operatori, per il sostegno alle imprese ed alla popolazione. Il suddetto programma ha interessato 16 città per complessivi 321 mmn di euro. Lecce, città in cui si è svolta l'indagine conoscitiva di seguito esposta, è stata la prima per destinazione dei fondi al sostegno economico alle attività imprenditoriali.

31 Naturalmente qui si è voluto omettere di considerare le altre evidenti difficoltà ricon-ducibili a fattori politici, finanziari e strutturali che frequentemente sono presenti in molte aree urbane.

32 Posto che l'esistenza di un qualsiasi sistema è subordinata alla presenza di un soggetto che osserva la realtà e considerato che dall'osservazione della stessa realtà possono emergere sistemi differenti sulla base delle diverse prospettive assunte dall'osservatore, si evidenzia come l'emersione di qualunque sistema richieda una serie di fasi preliminari, che rappresen-tano delle tappe ricorrenti. Osservando, pertanto, una determinata realtà fenomenica si rile-

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va la presenza di elementi disaggregati tra loro (definiti accolta) i quali diventano insieme quando l'osservatore, sulla base del suo bagaglio di conoscenza, individua tra essi un carat-tere omogeneizzante attraverso il quale possono essere aggregati. Gli elementi dell'insieme, inoltre, possono essere qualificati come componenti di una struttura logica se ad ognuno di essi è assegnato un ruolo, da eseguire ponendo in essere le relazioni necessarie con le altre componenti logiche e nel rispetto di dati vincoli e regole, al fine di attivare i processi pre-ventivamente descritti in uno schema organizzativo di massima. L'osservanza del ruolo asse-gnato alle componenti logiche avverrà attraverso le componenti fisiche (struttura fisica) che, in genere, sono sia tangibili che intangibili. l'attivazione, tra le componenti della struttura fisica, del set di relazioni necessarie per il raggiungimento di una finalità comune consente l'emersione del sistema. In tale fase può rendersi anche necessario instaurare relazioni con entità esterne al sistema di riferimento (struttura ampliata). Golinelli G.M., L'approccio siste-mico al governo dell'impresa, vol. I, ed. Cedam 2000, pag. 75 e segg.

" Sul punto si veda, tra gli altri, Valdani E.-Ancarani E, Il marketing territoriale nell'e-conomia della conoscenza, in Valdani E.-Ancarani E (a cura di), Strategie di marketing del territorio, ed. Egea 2000, pagg. 35-36.

34 Latusi S., Marketing territoriale per gli investimenti, ed. Egea 2002, pag. 66.

" La possibile esistenza di diversi elementi di omogeneità tra i punti vendita cittadini è una prova del fatto che dall'osservazione della stessa realtà possono emergere sistemi diffe-renti in funzione del grado di conoscenza del soggetto osservatore o della finalità che si

propone di raggiungere attraverso l'osservazione. Ciò consente anche di affermare

che:«non esiste un sistema territoriale definito a priori in riferimento ad una specifica area geografica; piuttosto il processo di definizione del sistema territoriale coinvolge i soggetti deci-sori impegnati ai diversi livelli di indagine». Barile S. - Golinelli C.M., Modalità e limiti del-l'azione di governo del territorio in ottica sistemica, relazione presentata al XXV Convegno AIDEA, Novara, 4-5 ottobre 2002.

36 Golinelli G.M., L'approccio sistemico al governo dell'impresa, vol. I, cit., pag. 185 e segg.

37 Golinelli C.M., Il territorio sistema vitale, ed. Giappichelli 2003, pag. 159 e segg.

38 In tal modo, il soggetto osservatore estrae dall'ambiente il contesto di riferimento. Sul punto si vedano Panati G.-Golinelli G.M., Tecnica economica industriale e commerciale, vol. I, ed. NIS 1997, pag. 114 e segg.; Golinelli G.M., L'approccio sistemico al governo del-l'impresa, vol. I, cit., pag. 56 e segg.

39 Aguiari R., Le strutture commerciali come componenti dell'arredo urbano: i centri commerciali, le associazioni di via, l'ambulantato, in Baccarani C. (a cura di), Imprese com-merciali e sistema distributivo, ed. Giappichelli 1997, pag. 413 e segg.

40 In proposito, con riferimento al percorso evolutivo di tipo bottom-up, può osservarsi,

a titolo esemplificativo, come le recenti disposizioni di agevolazione finanziaria emanate dalla Regione Puglia (POR) in favore delle associazioni di via possono considerarsi un utile strumento per sopperire alla naturale carenza di risorse che, viceversa, risultano necessarie per il completamento del percorso evolutivo qui analizzato.

41 Sul punto si veda Zanderighi L., Town Centre Management: uno strumento innovativo per la valorizzazione del centro storico e del commercio urbano, in Industria & Distribuzione n. 2/2001, pag. 30.

42 Il rischio di non conoscenza deriva da eventi ignoti (cioè assolutamente non prevedi-bili) e da eventi ai quali l'organo di governo non è in grado di assegnare una probabilità di manifestazione e, di conseguenza, di prevedere gli effetti che si verificheranno sull'evolu-zione del sistema. Sul punto si veda Golinelli G.M., L'approccio sistemico al governo dell'im-presa, vol. II, ed. Cedam 2000, pagg. 146-150.

43 Sull'importanza della condivisione della strategia e sulla partecipazione si vedano: Volterrani A., Politiche di rete e marketing territoriale, in Rivista italiana di comunicazione pubblica, ed. Franco Angeli n. 2/99, pagg. 75/87; Filosa Martone R., La città in ascolto. Una nuova visione del city marketing, in Economia & Management n. 6/1998, pagg. 15-16.

44 II concetto di consonanza può essere inteso come «una sorta di compatibilità tra sistemi, atta a consentire che essi possano rapportarsi raccordandosi». Golinelli G.M., L'approccio sistemico al governo dell'impresa, vol. I, cit., pagg. 178-179.

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