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analisi e realizzazione di un campionatore ottico basato su FWM in diversità di polarizzazione

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

FACOLTÀ DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN

INGEGNERIA DELLE TELECOMUNICAZIONI

Tesi di Laurea Specialistica

Analisi e realizzazione di un campionatore ottico basato sul Four

Wave Mixing in diversità di polarizzazione per segnali ultra-veloci

Candidato:

Alessandro Lapesa

Relatori: Prof. Ing. Filippo Giannetti Prof. Ing. Marco Luise Dott. Ing. Antonella Bogoni Dott. Ing. Luca Potì

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Alla mia famiglia

A Gianluigi

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INTRODUZIONE

Negli ultimi decenni l’importanza delle tecnologie ottiche ha conosciuto un rapido aumento.

Tali tecnologie hanno trovato applicazioni nei campi più disparati: da quello industriale, medico, militare, fino ai sistemi di navigazione degli aeroplani e il restauro di monumenti e opere d’arte.

Nel campo delle telecomunicazioni la loro importanza è dovuta al fatto che essi permettono il trasporto rapido, affidabile e a lunga distanza di enormi quantità d’informazione. Ma oggi l’infrastruttura delle reti di telecomunicazione è ancora “electronic-based”: l’elaborazione dei segnali è ancora delegata a dispositivi ed apparati elettronici (previa conversione opto-elettronica) che sono troppo lenti se confrontati con le dinamiche dei processi ottici e rappresentano un grosso limite alle prestazioni dei sistemi ottici di comunicazione. Affinché sia garantito un flusso dell’informazione più fluido e continuo è auspicabile che le attuali reti superino tali limiti. A tal fine diventa indispensabile realizzare reti in cui, oltre al trasporto, anche l’elaborazione dei segnali sia realizzata da dispositivi completamente ottici.

In tale contesto si giustificano gli sforzi atti a progettare dispositivi di tipo “all optical” capaci di gestire segnali ultraveloci ma in tempi tipici delle

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dinamiche ottiche. Nonostante sia ancora troppo presto per pensare ad un calcolatore completamente ottico, a livello sperimentale esistono già circuiti capaci di gestire segnali con bit-rate fino a 640 Gb/s in trasmissione point-to-point.

Si tratta di circuiti come porte logiche, reti combinatorie, Flip-Flop, commutatori completamente ottici.

Tra di essi si trovano anche quelli che hanno la funzione di monitorare i segnali, osservarne la forma e rivelare possibili errori in modo da permettere ai sistemi ottici di lavorare in modo corretto. In altre parole si parla di oscilloscopi a campionamento ottico.

Al fine di superare i limiti imposti dalle apparecchiature elettroniche, muovendosi verso sistemi completamente ottici, è necessario passare attraverso la messa a punto di nuove e fruttuose strategie di progetto di uno strumento così importante come il sistema di campionamento completamente ottico di un oscilloscopio digitale.

Questa attività di tesi, svolta nel Laboratorio Nazionale di Reti Fotoniche presso il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) in Pisa ha come oggetto lo studio di un particolare schema che implementa un campionatore ottico, con particolare riferimento ad una configurazione della finestra di campionamento insensibile alla polarizzazione del segnale in ingresso.

Nel Capitolo I vengono descritte le funzionalità e le caratteristiche dei campionatori utilizzati negli oscilloscopi digitali. Sono messi in oltre in evidenza i limiti tecnologici dovuti all’interfacciamento con segnali dati ottici ultra-veloci;

Il Capitolo II tratta gli effetti di propagazione non lineare che hanno luogo in fibra ottica (FO) e che sono alla base di uno degli schemi attualmente più promettenti per realizzare un campionatore ottico;

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Introduzione

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Il Capitolo III fornisce una panoramica sulle varie soluzioni architetturali fin’ora proposte per la realizzazione di un campionatore ottico, comparandole ed evidenziandone vantaggi e svantaggi.

Infine nel Capitolo IV è mostrato il particolare set-up che implementa una finestra di campionamento basata su Four Wave Mixing (FWM) in fibra altamente non lineare (HNLF), in diversità di polarizzazione e configurazione contro-propagante

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il Prof. Filippo Giannetti che mi ha indirizzato verso una siffatta attività di tesi e verso lo stesso Laboratorio Nazionale di Reti Fotoniche. Senza il suo consiglio questo lavoro non esisterebbe.

Desidero ringraziare i direttori di ricerca Antonella Bogoni e Luca Potì che mi hanno accolto a braccia aperte, illustrato le loro attività, introdotto nel loro ambiente di lavoro.

Ringrazio sentitamente i Dott. Ing. Gianluca Berrettini, Francesco Fresi, Gianluca Meloni e Antonio Malacarne, di cui ho potuto seguire il lavoro ed ammirare la competenza, la dedizione e lo spirito con cui quotidianamente lo svolgono.

Ringrazio chi, all’interno del laboratorio, non ha perso occasione per darmi suggerimenti, delucidazioni, aiuto.

Grazie.

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INDICE

INTRODUZIONE ... 7 RINGRAZIAMENTI... 11 INDICE ... 13 I - CAMPIONAMENTO OTTICO ... 17 1.1 Oscilloscopio digitale ... 17 1.1.1 Struttura generale ... 18 1.1.2 Strategie di campionamento ... 21

1.1.3 Parametri di un oscilloscopio digitale ... 25

1.2 Segnali dati ultra-veloci ... 26

1.2.1 Sistemi DWDM ... 27

1.2.2 Sistemi OTDM ... 30

1.2.3 Sorgenti ottiche impulsate ... 31

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II - EFFETTI NON LINEARI ... 35

2.1 Effetti non lineari in fibra. ... 35

2.1.1 Self-Phase Modulation e Cross-Phase Modulation ... 38

2.1.2 Four-Wave Mixing ... 42

2.1.3 Scattering di Raman ... 49

2.1.4 Scattering di Brillouin ... 51

2.2 Fibra ad alta non linearità (HNLF) ... 52

III - TECNICHE DI CAMPIONAMENTO OTTICO ... 55

3.1 Strategie di campionamento ... 55

3.1.1 Tempo reale e tempo equivalente ... 56

3.1.2 Tempo equivalente sincrono, asincrono e quasi - sincrono ... 58

3.2 Implementazione ... 62

3.2.1 Principio di funzionamento ... 63

3.2.2 Architetture ... 64

3.3 Blocchi costituenti ... 66

3.3.1 Finestra ottica ... 67

3.3.2 Sorgente degli impulsi di campionamento ... 70

3.3.3 Blocco di recupero del sincronismo ... 72

3.4 Parametri globali ... 73

IV - RISULTATI SPERIMENTALI ... 81

4.1 Schema a blocchi in diversità ... 82

4.1.1 Diversità di polarizzazione ... 83

4.1.2 Interazione non lineare ... 85

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Indice

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4.2.2 Stadio di compressione e misura ... 93

4.3 Esperimenti ... 94

4.3.1 Misura di sensibilità alla polarizzazione ... 94

4.3.2 Campionamento di impulsi a 10 Gb/s ... 99

4.3.3 Interleaver ... 105

4.3.4 Campionamento di impulsi a 320 Gb/s ... 113

CONCLUSIONI ... 117

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I - CAMPIONAMENTO OTTICO

In generale la necessità di creare dispositivi di elaborazione completamente ottica nasce dalla convivenza forzata tra ottica ed elettronica all’interno delle attuali reti di comunicazione. In particolare le tecniche ottiche di multiplazione del portante ampiamente sviluppate hanno permesso un aumento vertiginoso delle velocità di trasmissione di dati, affidata a segnali ottici detti ultra-veloci, caratterizzati da tempi di bit inferiori al picosecondo. Le sorgenti ottiche sfruttano avanzate tecniche di creazione di impulsi ultra-corti che è possibile modellare e comprimere ulteriormente con tecniche di compressione e sagomatura. L’elettronica degli attuali strumenti di misura ha prestazioni insufficienti per trattare questo tipo di segnali. Tale limite è però superabile utilizzando tecniche di campionamento completamente ottico.

1.1 Oscilloscopio digitale

La struttura e i modi d’impiego della strumentazione elettronica più recente è stata rivoluzionata dall’adozione di tecniche numeriche la cui filosofia di

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base è quella di effettuare, inizialmente, una conversione analogico/digitale (A/D) del segnale da analizzare e operare successivamente sui valori campionati, impiegando adeguati algoritmi numerici, al fine di ricavare l’informazione d’interesse. Questo è reso possibile dalla disponibilità di microprocessori in grado di gestire e di elaborare dati numerici con prestazioni spinte.

I vantaggi di questo modus operandi sono molteplici. Ad esempio, per ricavare un parametro diverso da quello inizialmente previsto è sufficiente rielaborare, con un algoritmo diverso, i dati già acquisiti; oppure è possibile operare diverse misurazioni allo stesso tempo (con diversi algoritmi), senza dover. settare un sistema di misura multiplo duplicando i blocchi comuni ad ogni misura, come invece è inevitabile usando apparecchiature analogiche.

Poiché il risultato dell’operazione è disponibile in forma numerica, è possibile sottoporlo ad ulteriori elaborazioni, eventualmente anche collegando lo strumento ad un calcolatore.

Spesso è possibile, inoltre, migliorare l’accuratezza dei risultati, o la velocità di esecuzione delle misurazioni.

In ultima analisi si può dire che la strumentazione di misura numerica presenta notevoli vantaggi in termini di versatilità, prestazioni e costi.

1.1.1 Struttura generale

Il Digital Storage Oscilloscope (DSO), o oscilloscopio digitale, fa parte di questo tipo di strumentazione. Dunque, oltre a presentare tutti i vantaggi del caso rispetto al suo antenato analogico, prevede al suo interno una sottostruttura comune a tutti i sistemi di misura numerici, illustrata nella figura 1.1.

Il blocco di condizionamento analogico svolge la funzione di amplificare o attenuare il segnale in ingresso in modo da permettere al convertitore di lavorare

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Campionamento ottico

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Fig.1.1: Struttura comune alla strumentazione di misura numerica

Il convertitore A/D converte in digitale il segnale condizionato. La conversione può essere effettuata in diverse modalità e la scelta dipende essenzialmente da due parametri intrinseci del convertitore: il numero di bit massimo richiesto per la codifica dei valori numerici e la massima velocità di conversione (parametri che per altro sono legati in quanto non si può pensare di aumentare quest’ultima senza diminuire l’altro).

Infine i valori forniti dal convertitore vengono immagazzinati nella memoria di acquisizione, da cui successivamente possono essere estratti per le elaborazioni a cui devono essere sottoposti.

Oltre a tale struttura l’oscilloscopio digitale contiene un blocco in cui risiede la sua capacità elaborativa (più o meno sofisticata) e un blocco di

visualizzazione.

L’architettura complessiva [1,2] è mostrata in figura 1.2.

Si nota che la memoria di acquisizione può essere considerata come un elemento di separazione fra due diverse architetture: una di tipo serie, a monte, formata dalla cascata di due blocchi (quelli appartenenti alla struttura comune) opportunamente comandati; una di tipo parallelo, a valle, dotata di bus dati, la cui gestione è affidata a un’unità centrale. Le due strutture, essendo funzionalmente diverse, mantengono un certo grado di indipendenza. Ad esempio non esiste un legame diretto tra la banda passante del blocco di condizionamento e quella del dispositivo di visualizzazione.

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La gestione della memoria è basata su un comando che prende il nome di

trigger e che può essere ricavato dal segnale in ingresso con le stesse modalità

utilizzate in un oscilloscopio analogico. Si può fissare cioè un livello ed una pendenza; ogni volta che il segnale in ingresso assume il dato livello con la data pendenza, viene generato un impulso di trigger che condiziona il funzionamento del blocco di memorizzazione.

Ciò che invece si differenzia dal caso analogico è che l’oscilloscopio digitale può visualizzare valori anche antecedenti all’evento di trigger. Si può parlare in fatti di istanti pre-trigger e post-trigger.

Fig.1.2: Doppia architettura di un DSO

Un ruolo di primaria importanza nell’oscilloscopio è assunto dal convertitore A/D. Esso ha la duplice funzione di campionare il segnale analogico e di quantizzare e codificare i campioni. Il segnale di clock scandisce gli istanti e la frequenza di acquisizione dei campioni. I maggiori sforzi progettuali sono

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Campionamento ottico

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Come sarà chiaro in seguito quest’ultima rappresenta un indice prestazionale fondamentale; per quanto riguarda gli istanti invece, essi sono alla base di strategie diverse di campionamento.

Il cuore del convertitore è il gate (o finestra), cioè il dispositivo attraverso il quale viene fatto passare il segnale analogico per essere campionato. Esso è normalmente chiuso e si apre periodicamente, solo per la durata di una finestra temporale durante la quale presenta alla sua uscita il valore campionato. I convertitori più diffusi adottano sostanzialmente tre soluzioni tecnologiche e in base a tali soluzioni si distinguono in [3]:

1. convertitori ad approssimazioni successive (SAR); 2. convertitori flash;

3. convertitori multiplexati.

Gli ultimi due sono caratterizzati da un’elevata velocità (frequenza) di acquisizione., che è definita come il massimo numero di campioni che è possibile acquisire nell’unità di tempo e si misura in campioni al secondo (S/s). Gli strumenti più sofisticati non superano le centinaia di GS/s.

Il blocco contenente la capacità elaborativa del sistema è , insieme a quello di visualizzazione, contenuto nella struttura parallelo, ed è costituito dall’unità di elaborazione dati, da una memoria contenente gli algoritmi di elaborazione e dal blocco di input/output I/O. L’importanza di quest’ ultimo non è da sottovalutare in quanto rappresenta il collegamento con altri dispositivi o con un calcolatore , che ha capacità di calcolo maggiori e a cui può essere delegato l’onere parziale o totale dell’elaborazione dati.

1.1.2 Strategie di campionamento

La conversione A/D può essere organizzata con diverse modalità [1,2,10,11,12]; la scelta della modalità più adeguata dipende dal tipo di segnale in ingresso e dal tipo di analisi che si intende eseguire. Il modo più semplice ed

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intuitivo prende il nome di conversione in tempo reale (real time). Utilizzando come comando per il blocco A/D un segnale di clock periodico di frequenza fc , si

procede al campionamento del segnale in ingresso, depositando in sequenza nella memoria i campioni numerici ottenuti.

Le frequenze di campionamento ottenibili con gli attuali convertitori A/D rendono particolarmente complessa la realizzazione non solo del blocco di conversione, ma anche di quello di memorizzazione. Si deve infatti tenere presente che, ad esempio, con una frequenza di campionamento di 1 GS/s si ha a disposizione, sia per la conversione che per la memorizzazione di ogni dato, un solo nanosecondo.

Le soluzioni circuitali adottate dalle case costruttrici nella realizzazione di questi blocchi sono raramente rese note.

Esistono varie situazioni nelle quali il campionamento in tempo reale è l’unico possibile per analizzare una forma d’onda. Un caso è quello in cui si vuole indagare sulle caratteristiche di un transitorio, o su un fenomeno che si verifica una sola volta.

Con questo modo di procedere, però, la frequenza di campionamento fc

impone un limite superiore alla frequenza massima fs del segnale in ingresso;

devono infatti essere rispettate le condizioni imposte dal teorema di Nyquist, cioè

fc>2fs, altrimenti non è possibile ottenere una misura corretta del segnale.

Se la banda del segnale non rispetta tale limite è sempre possibile risolverlo, a patto però di cambiare strategia di campionamento e di imporre una condizione restrittiva sul segnale stesso. La condizione che si impone è che il segnale sia ripetitivo e la strategia di campionamento è quella in tempo

equivalente.

Com’è noto, si definisce periodico un segnale che soddisfa la relazione: )

( )

(t x t nT

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Campionamento ottico

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dove n è un intero e T è il minimo valore che permette di soddisfare la relazione.

La definizione richiede che la porzione di segnale di durata T si ripeta in modo identico su tutto l’asse temporale. Nessun segnale nella realtà può essere effettivamente periodico in quanto senz’altro ha un inizio e una fine. Se però all’interno di un intervallo di tempo durante il quale viene osservato è possibile individuare una porzione di segnale che si ripete più volte, allora il segnale viene detto ripetitivo nei confronti della porzione individuata.

Un semplice esempio di segnale ripetitivo è mostrato in figura 1.3

Fig:1.3: Segnale ripetitivo

Imporre che un segnale sia ripetitivo all’interno di un dato intervallo è una condizione che può essere ritenuta spesso verificata in pratica. Implicitamente questa condizione è sempre stata accettata per analizzare l’andamento di un segnale utilizzando un oscilloscopio analogico senza memoria. Infatti, affinché sullo schermo di tale strumento sia osservabile una traccia stabile, è necessaria una sincronizzazione delle successive spazzolate, così da ottenere un continuo rinfresco dei fosfori eccitati.

La strategia di campionamento in tempo equivalente si basa su di un principio molto semplice. L’uguaglianza delle diverse porzioni di un segnale

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ripetitivo può essere sfruttata per ricostruire l’andamento temporale delle porzioni utilizzando i campioni prelevati in ripetizioni successive. Questo, a sua volta, lascia una certa libertà sul modo in cui la ripetitività viene sfruttata. I campioni possono essere collezionati in maniera sincrona o asincrona (casuale) rispetto al segnale in ingresso.

Entrambe presentano i loro pro e contro. Recentemente è stata sviluppata una terza modalità detta quasi-sincrona, con l’intento di sintetizzare le qualità positive di entrambe le tecniche.

Fig.1.4: Campionamento in tempo equivalente

La figura 1.4 mostra graficamente “il trucco” di collezionare valori appartenenti a diverse repliche, per ricostruire una forma d’onda in tempo equivalente (nella fattispecie asincrono). La differenza tra le modalità sincrona, asincrona e quasi sincrona sarà chiarita in seguito.

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1.1.3 Parametri di un oscilloscopio digitale

Nel caso degli oscilloscopi numerici i parametri in base ai quali viene caratterizzato non sono definiti in modo rigoroso ed universalmente accettato. Non solo ogni costruttore riporta parametri diversi, spesso senza specificarne la definizione e rendendone così difficile una corretta interpretazione, ma in parecchi casi lo stesso nome viene addirittura usato per intendere parametri diversi. Un confronto fra le prestazioni di diversi modelli di oscilloscopi digitali risulta pertanto molto complesso. Nonostante tutto è sempre possibile individuare più o meno direttamente dei parametri fondamentali quali [1,2]:

Banda passante

Spesso vengono indicate due bande passanti, relative ognuna ad una modalità di funzionamento. Nel fornire questo parametro, tutti i costruttori fanno sempre esplicito o implicito riferimento a un’attenuazione pari a 3 dB.

Indicata con Vi la tensione presente in ingresso e con Vv quella visualizzata

sullo schermo, alla frequenza di taglio superiore si può scrivere:

dB V V v i 3 log 20 10 =− (1.2) da cui: i i v V V V 10 20 0.7 3 ≅ ⋅ = − (1.3)

La tensione visualizzata sullo schermo presenta una diminuzione di circa il 30% rispetto a quella d’ingresso. Uno scostamento di questa entità non è generalmente accettabile in un sistema di misurazione. La banda passante a 3dB di un oscilloscopio deve quindi essere intesa come un parametro di riferimento dal quale si può dedurre il campo di impiego dello strumento.

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Frequenza di campionamento

La frequenza di campionamento corrispondente alla traccia visualizzata può al massimo coincidere con quella utilizzata nel blocco di conversione nel caso di campionamento in tempo reale, mentre può essere superiore nel caso di campionamento asincrono. In molti casi entrambe sono specificate nei data-sheet; altrettanto spesso è possibile solo dedurre la frequenza di campionamento usata in tempo reale, mentre non è fornita alcuna indicazione su quella in tempo equivalente.

Va però considerato che la funzione di interpolazione lineare è ormai prevista da tutti i modelli in circolazione; sono sufficienti al più una decina di campioni per periodo per visualizzare correttamente una forma d’onda. Nel fornire i dati relativi alle frequenze, alcuni costruttori fanno implicito riferimento a questa situazione.

1.2 Segnali dati ultra-veloci

Le velocità trasmissive nei sistemi di comunicazione ottica hanno conosciuto una crescita costante e ininterrotta sin dagli albori di tale tecnologia.

Le varie generazioni si sono susseguite con un passo di incremento di tale velocità pari a 4, dettato dallo schema di multiplazione adottato dagli organismi internazionali di standardizzazione, quali l’ITU (International Telecommunication Union). Attualmente, nel giro quindi di quasi 25 anni, i sistemi con standard SDH (Synchronous Digital Hierarchy) e SONET (Synchronous Optical Network) di più recente standardizzazione hanno un trasmissivo di 160 Gb/s (STM-1024)

Parallelamente la domanda di capacità trasmissiva, cioè di banda, è incrementata a dismisura, soprattutto a causa dell’aumento del traffico Internet,

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in continua crescita anche grazie alla varietà di reti di accesso ad Internet, tra cui spiccano le varie versioni di DSL (Digital Subscriber Line) su doppino telefonico, le tecnologie FTTH (FIber To The Home) in fibra e quelle su portante radio.

Con queste premesse, è indubitabile che si assisterà ad una costante richiesta di maggiore capacità complessiva nei sistemi di trasporto ottici sia per il futuro prossimo che a medio e lungo termine.

Ma l’incremento della velocità di trasmissione dei dati numerici sul singolo canale in fibra non è stato sufficientemente rapido da poter sostenere da solo la crescita del traffico.

Per aumentare la capacità di trasporto della rete ci sono tre modi realmente praticabili: installare più fibre, impiegare più lunghezze d’onda sulla stessa fibra, aumentare la velocità di trasmissione sulla singola lunghezza d’onda.

In pratica, tutte e tre queste cose si stanno già facendo e si sono fatte nel recente passato, ma la “pressione” allo sviluppo esercitata su ciascuna delle diverse vie è stata, e potrà ancora essere, molto diversa e variabile nel tempo, cambiando da una all’altra via.

La crescita dell’istallazione di nuova fibra è tuttavia fortemente limitata da ragioni economiche e difficoltà pratiche nella stesura.

Si comprende quindi come gli sforzi per attuare la multiplazione del portante ottico siano stati così intensi. Essa è resa possibile da due tecnologie in particolare: DWDM (Dense Wavelength Division Multiplexing) e OTDM (Optical Time Division Multiplexing). Tali tecniche di multiplazione altro non sono che la versione ottica, su fibra, di tecniche “classiche” quali sono la FDM (Frequency Division Multiplexing) e la TDM (Time Division Multiplexing).

1.2.1 Sistemi DWDM

La multiplazione DWDM viene effettuata assegnando ad ogni tributario una lunghezza d’onda portante. Tutti i tributari possono trasmettere allo stesso

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tempo: ad ognuno sarà assegnata una porzione della banda disponibile. I flussi relativi ai segnali dati tributari comandano dei modulatori Mach-Zender oppure

EAM (Electro-Absorption Modulator) che modulano le “continue” emesse da dei

laser sintonizzati alla giusta lunghezza d’onda. Le portanti vengono poi affasciate mediante un modulatore DWDM per poi essere trasmesse sulla fibra [4].

Se si devono attraversare diverse tratte di fibra è necessaria un’operazione di amplificazione. Sono dunque impiegati amplificatori ottici a banda sufficientemente larga sia come ripetitori che come amplificatori di potenza (booster) e preamplificatori .

In ricezione un demodulatore, speculare rispetto a quello usato in trasmissione, estrae i flussi dati ottici relativi ai tributari, grazie a dei filtri a banda stretta centrati sulle lunghezze d’onda portanti. Ogni flusso viene poi separatamente rivelato con tecniche e dispositivi classici, come fonorivelatori PIN. La figura 1.4 (a) mostra lo schema di massima di un sistema DWDM.

Il numero N di canali che è possibile affasciare dipende in sostanza dalla banda che gli amplificatori mettono a disposizione e dalla spaziatura tra le portanti. La prima copre approssimativamente la banda C (1530-1570 nm), che è la banda della terza finestra di trasmissione in fibra standard, quella cioè a minore attenuazione. La spaziatura invece dipende innanzitutto dalla banda di ogni tributario e poi anche dalla tolleranza che il sistema presenta rispetto ai fenomeni di tipo non lineare che influenzano la propagazione del segnale DWDM e che saranno ampiamente trattati nel prossimo capitolo. Per rendere l’idea, i sistemi commerciali hanno utilizzato spaziature fino a 100 GHz (0.8 nm) andando verso i 50 GHz, con canali che trasmettono ognuno a 10 Gbit/s. Il limite fisico per sistemi di questo tipo è rappresentato da una spaziatura di 12.5 GHz, che però presenta forti limitazioni dovute agli effetti lineari e non lineari del mezzo trasmissivo.

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1.2.2 Sistemi OTDM

La tecnica OTDM consiste nella multiplazione nel tempo di un numero N di canali ottici tributari. La risorsa assegnata ad ogni tributario è uno slot temporale all’interno del quale può trasmettere i dati. Tutti i tributari trasmettono sulla stessa portante ottica con la stessa banda a disposizione. Il segnale aggregato, come mostra la figura 1.5, risulta essere un segnale dati con velocità di trasmissione Ra, pari a N volte la velocità Rt, dei singoli tributari [4,9].

Il numero di slot disponibili dipende da molti parametri di progetto, primo fra tutti il numero di tributari che devono condividere la stessa portante ottica.

Fig.1.5: Principio di funzionamento del OTDM.

In ricezione, il segnale aggregato viene demodulato da un demodulatore OTDM che sfrutta le informazioni di temporizzazione fornitegli da un blocco di

recupero del sincronismo. La sua funzione è quella di riconoscere gli slot del

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Anche nei sistemi OTDM la velocità di trasmissione è cresciuta costantemente: da 2.5 Gb/s a 10 Gb/s, 40 Gb/s. Nei più recenti studi di laboratorio è stato possibile raggiungere una velocità del flusso aggregato pari a 1,2 Tb/s. Ma già a cominciare dai sistemi che presentano una velocità di 40 Gb/s, si sono resi necessari degli accorgimenti. Innanzitutto la banda dei dispositivi elettronici comincia ad essere insufficiente. Inoltre bisogna considerare che quanto più è elevata la velocità del flusso aggregato, tanto minore è il tempo di bit, dunque tanto più brevi devono essere gli impulsi di trasmissione. Può essere necessario utilizzare un compressore d’impulso, eventualmente seguito da un soppressore di piedistallo, come quelli mostrati in figura 1.6, relativa ad un set-up sperimentale avente una velocità del flusso aggregato pari a 160 Gb/s.

Infine, soprattutto all’aumentare della lunghezza del collegamento, non è più possibile trascurare fenomeni fisici distorcenti quali la dispersione cromatica della fibra, che allarga la durata temporale degli impulsi producendo crosstalk tra i canali, e la dispersione modale di polarizzazione.

Per ovviare a tali problemi si ricorre ad un blocco di rigenerazione del segnale, spesso indicato con l’acronimo 3R, che stanno per riamplificazione,

risagomatora, risincronizzazione, come mostrato sempre nella figura 1.6.

1.2.3 Sorgenti ottiche impulsate

La tecnica Mode Locking (ML) è una delle più utilizzate per ottenere impulsi ottici ultra-corti e di tipo trnsform limited (TL) cioè che presentano un prodotto banda-durata contenuto [4,7].

Per generare il segnale ottico impulsato la tecnica sfrutta un laser multimodale forzando la fase relativa dei singoli modi di oscillazione.

La tecnica si può usare con laser in semiconduttore o in fibra con diversi metodi. Per entrambe le tecnologie la realizzazione dipende dal dispositivo

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utilizzato per forzare le fasi. Dunque il mode docking è attivo (AML) se si usano dispositivi attivi come possono essere dei modulatori di fase o di ampiezza;

passivo (PML) se invece vengono impiegati dispositivi quali assorbitori saturabili; ibrido (HML), infine, se la forzatura viene eseguita tramite un segnale

di controllo esterno che comanda un dispositivo passivo.

Inoltre il mode locking si dice armonico se il modulatore viene comandato esternamente, rigenerativo se il segnale di controllo viene ottenuto tramite retroazione e conversione opto/elettronica (O/E) del segnale in uscita.

La tecnica AML rappresenta una buona soluzione per la generazione dei segnali OTDM a causa dell’elevata potenza degli impulsi generati e della loro forma a sech2 TL, il cui spettro è mostrato in figura 1.7.

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Campionamento ottico

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1.3 Limiti tecnologici

Qualsiasi segnale ottico, per essere elaborato o visualizzato, necessita di un convertitore O/E (fotorivelatore) che lo converta opportunamente in un segnale elettrico. L’elaborazione o la visualizzazione sono effettuate da dispositivi elettronici più o meno veloci.

Per quanto riguarda la visualizzazione, il sistema di misura è costituito dalla cascata di un fotodiodo e di un oscilloscopio a campionamento. La banda complessiva di un siffatto sistema, anche utilizzando i dispositivi più moderni, dunque più veloci, non supera i 100 Ghz.

Fig. 1.7: Spettro di un impulso sech2 TL.

Per un segnale impulsato questo si traduce in una durata minima FWHM

(Full Width Half Maximum) degli impulsi che, con enorme difficoltà, raggiunge i

5ps. Dunque, per visualizzare un siffatto segnale è necessario utilizzare i dispositivi più avanzati, più veloci e, di conseguenza, più elaborati e costosi.

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Dal lato ottico invece, come appare chiaro da quanto detto nel paragrafo precedente, i dispositivi di generazione, multiplazione e compressione trattano segnali che eccedono il rate del Tb/s, con impulsi di durata inferiore (a volte anche di molto) al ps, e la tendenza è quella di una forte crescita in termini di prestazioni [4,5,10,11,12].

La conseguenza di tutto ciò è che non è possibile elaborare e visualizzare i segnali ottici con tecniche elettroniche. Il limite intrinseco è dettato dalla necessità di conversione in elettrico del segnale ottico.

Per ovviare a questo problema, ormai non più trascurabile, è necessario portare l’elaborazione del segnale dal dominio dell’elettronica a quello dell’ottica bypassando così i limiti della conversione.

Come è stato mostrato sopra, la prima operazione (a parte il condizionamento, che è opzionale) a cui si sottopone il segnale in ingresso è il campionamento. Operare il campionamento nel dominio ottico, dunque a monte della conversione opto/elettronica, risolve il problema del limite di banda della cascata convertitore-oscilloscopio; inoltre, come sarà illustrato in seguito, permette di utilizzare dispositivi elettronici caratterizzati da prestazioni non necessariamente spinte [12].

I risultati che è possibile ottenere grazie a questo approccio sono notevoli: allo stato dell’arte esistono campionatori in fase di sviluppo che trattano segnali fino a 640 Gb/s con impulsi di durata inferiore al ps.

Prima di illustrare tecniche, strategie, architetture ed approcci progettuali alla realizzazione di campionatori completamente ottici, è necessario comprendere ciò che rende possibile il campionamento (e non solo) dei segnali ottici, cioè i fenomeni di propagazione non lineare, trattati nel capitolo successivo.

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II - EFFETTI NON LINEARI

Gli effetti di propagazione non lineare, in fibra ottica o in altri dispositivi come gli amplificatori ottici a semiconduttore (SOA), assumono un ruolo fondamentale nell’elaborazione ottica. Quasi tutte le operazioni effettuate sul segnale ottico infatti sono possibili sfruttando un fenomeno non lineare. Basti pensare all’amplificazione tramite amplificatori Raman o Brillouin, alla rigenerazione, alla conversione di lunghezza d’onda, all’implementazione di porte logiche, generazione di super continuum e alla compressione, la sagomatura ed il campionamento di impulsi ottici usati nei segnali dati ultra-veloci.

2.1 Effetti non lineari in fibra.

Mentre i fenomeni lineari, quali attenuazione e dispersione (GVD) sono dovuti esclusivamente alla natura della fibra ed in particolare alla sua composizione chimica ed al suo comportamento come struttura guidante, quelli non lineari dipendono anche dalle caratteristiche del segnale accoppiato alla fibra, prima fra tutte la sua potenza istantanea. Infatti, quando il suo valore supera

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determinate soglie che dipendono dalle caratteristiche non lineari del mezzo, essi s’innescano e possono essere osservati con tutte le caratteristiche proprie delle non linearità [4,5].

Intuitivamente ciò può essere spiegato a livello molecolare, considerando che gli elettroni di legame, che per basse intensità di campo non vengono coinvolti nella propagazione, al crescere della potenza del segnale cominciano a muoversi in maniera armonica, contribuendo così in modi diversi al campo totale.

La polarizzazione P indotta dai dipoli elettrici non è lineare in funzione del campo elettrico E, ma soddisfa la relazione generale :

( ) ( ) ( )

(

1 2 : 3 ...

)

0 ⋅ + + +

= E EE EEE

P ε χ χ χ M (2.1)

dove ε0 è la costante dielettrica nel vuoto e χ(j) (j=1,2,...) è la suscettibilità di

j-esimo ordine e gli operatori ·, :, M indicano prodotti tensoriali. Per considerare gli effetti della polarizzazione della luce, χ(j) è un tensore di rango j+1, dove la suscettibilità lineare χ(1) è il contributo dominante. I suoi effetti sono inclusi nell’indice di rifrazione n e nel coefficiente di attenuazione α. La suscettibilità di secondo ordine χ(2) è diversa da zero solo per i mezzi che non sono centro simmetrici a livello molecolare, e non è il caso della silice di cui la fibra è composta.

Gli effetti non lineari di più basso ordine sono originati nelle fibre ottiche dalla suscettibilità di terzo ordine χ(3) che è responsabile di fenomeni quali la generazione di terza armonica, miscela a quattro onde detta FWM (Four-Wave Mixing), e rifrazione non lineare. I primi due effetti riguardano la generazione di nuove frequenze, mentre la rifrazione non lineare è originata dalla dipendenza dell’indice di rifrazione, che proviene dal contributo di χ(3), dall’intensità del campo propagante in fibra. L’indice di rifrazione della fibra diventa allora:

(37)

Effetti non lineari

37

dove n(ω) è la parte lineare dell’indice di rifrazione, |E2| è l’intensità ottica dentro

la fibra e n2 è il coefficiente dell’indice di rifrazione non lineare, legato alla

suscettibilità del terzo ordine dalla seguente relazione:

(

(3)

)

2 Re 8 3 xxxx n n = χ (2.3)

dove Re sta per parte reale e il campo ottico è assunto essere linearmente polarizzato cosicché solo la componente (3)

xxxx

χ del tensore contribuisce all’indice di

rifrazione. La natura tensoriale di (3)

xxxx

χ può interessare le proprietà di

polarizzazione del raggio ottico attraverso la birifrangenza non lineare.

Spesso si utilizza un indice non lineare della fibra γ , legato a n2 dalla

seguente relazione:

cAeff n2ω0

γ = (2.4)

dove Aeff è l’area efficace della fibra e ha le dimensioni di [m2] c è la velocità

della luce e ω0 è la pulsazione a centro banda.

La dipendenza dell’indice di rifrazione dall’intensità del campo causa un grande numero di effetti non lineari tra cui l’auto-modulazione di fase SPM (Self-Phase Modulation) e la modulazione incrociata di fase XPM (Cross-(Self-Phase Modulation).

Gli effetti non lineari legati a χ(3) sono elastici nel senso che non c’è scambio di energia tra il campo elettromagnetico e il mezzo dielettrico.

Una seconda classe di effetti non lineari deriva da fenomeni di tipo anelastico nei quali il campo ottico trasferisce parte della sua energia al mezzo non lineare. In questa categoria ricadono lo scattering stimolato di Raman SRS

(38)

(Stimulated Raman Scattering) e lo scattering stimolato di Brillouin SBS (Stimulated Brillouin Scattering).

2.1.1 Self-Phase Modulation e Cross-Phase Modulation

Come già visto l’indice di rifrazione della fibra dipende in maniera non lineare dall’intensità del campo presente al suo interno. Questo ha delle importanti conseguenze che ci apprestiamo ad analizzare partendo dall’equazione di Schrödinger semplificata per l’ampiezza normalizzata, valida per un impulso di forma U(z,t) di durata a metà potenza non inferiore a 1 ps. In regime di nonlinearità dominanti, vale a dire in condizioni in cui l’effetto di dispersione cromatica è trascurabile rispetto all’entità del SPM si può scrivere:

(

)

U U L z z U i NL 2 exp −α − = ∂ ∂ (2.5)

dove α è il coefficiente di attenuazione della fibra e

0 1 P LNL γ = (2.6)

è la sua lunghezza non lineare.

La soluzione della (2.5) risulta essere:

(

z T

)

U

(

T

)

[

i

(

z T

)

]

U , = 0, exp

φ

NL , (2.7)

con T=t-z/vg , vg velocità di gruppo dell’impulso e

(

)

(

)

(

eff NL

)

NL z,T U 0,T L /L

2

=

(39)

Effetti non lineari

39

(

)

[

1 exp αz

]

Leff = − − (2.9)

Dalla (2.7) si evince che, mentre la forma dell’impulso rimane invariata, la sua fase istantanea subisce una rotazione dipendente dall’intensità di campo, che varia sia nel tempo che lungo la coordinata di propagazione z (attraverso Leff) e

che può assumere un valore massimo in radianti di:

eff NL eff

L

P

L

L

0 max

/

γ

φ

=

=

(2.10)

Tale sfasamento può essere interpretato come un’auto-modulazione del segnale su se stesso, da cui il nome di Selph-Phase Modulation. Ed essendo esso dipendente dal tempo ha come conseguenza l’allargamento spettrale dell’impulso, dato che una variazione temporale della fase implica una variazione della frequenza istantanea. Quantitativamente si ha:

( )

(

(

)

)

NL eff NL L L T U T T T 0, 2 ∂ ∂ − = ∂ ∂ − = φ δω (2.11)

Il SPM induce quindi un chirp di frequenza che cresce con la distanza percorsa. In altri termini nuove componenti frequenziali sono continuamente generate durante la propagazione in fibra dell’impulso producendo un allargamento del suo spettro intorno alla larghezza spettrale originale. L’allargamento dipende dalla forma dell’impulso stesso, come mostrato in figura. 2-1 dove consideriamo il caso di un impulso gaussiano la cui espressione è:

( )               + − = 2 0 2 1 exp , 0 T T iC T U (2.12)

Le curve sono ottenute per una distanza di propagazione pari alla lunghezza efficace. Le variazioni temporali del chirp indotto da SPM mostrano

(40)

alcune caratteristiche interessanti. Innanzitutto, il chirp è negativo sul fronte di salita dell’impulso e positivo sul fronte di discesa;

Fig. 2-1: Variazioni temporali dello spostamento di fase e di frequenza indotti da SPM nel caso di un impulso gaussiano

inoltre, il chirp è lineare a pendenza positiva su un’ampia zona centrale dell’impulso e infine cresce considerevolmente tanto più sono ripidi i fronti di salita e discesa dell’impulso.

In generale l’allargamento spettrale dipende dalla forma e dal chirp iniziale dell’impulso.

Il chirp è presente principalmente sui fronti di discesa e di salita e più quest’ultimi diventano ripidi più le code dello spettro si estendono su un intervallo frequenziale maggiore, come mostrato in figura 2-2.

Fin’ora abbiamo considerato il caso di un solo impulso propagante all’interno della fibra. Nel caso in cui, invece, i segnali ad essa accoppiati siano più di uno si può assistere ad un effetto simile al SPM detto Cross-Phase Modulation (XPM). Il responsabile di ciò è sempre l’indice di rifrazione della

(41)

Effetti non lineari

41

campo elettrico ora ha diversi contributi riconducibili ognuno ad un segnale. Ciò implica che ognuno dei segnali sperimenta uno spostamento di fase che non dipende più esclusivamente dalla sua potenza, ma anche dalla potenza di tutti gli altri segnali presenti in fibra contemporaneamente ad esso e che, come nel caso del SPM, si traduce in una modulazione.

Fig: 2-2: Spettro di un impulso gaussiano senza chirp iniziale che ha sperimentato un forte SPM (con uno sfasamento massimo di 20 radianti).

L’espressione dello spostamento di fase per il canale j-esimo, se M è il numero complessivo di segnali, diventa:

(

)

          + =

≠ = M j m m m j eff NL z T L P P 1 2 , γ φ (2.13)

dove Pj/m è la potenza del j-esimo/m-esimo segnale. Se assumiamo che tutti i canali portino la stessa potenza lo spostamento è massimo e la sua espressione diventa:

(42)

(

)

(

)

j

NL z,T =γ /α 2M −1P

φ (2.14)

Se tali segnali sono, come spesso accade, segnali “digitali”, che presentano cioè un impulso in corrispondenza di un “1” logico, il massimo XPM si ha nel momento in cui tutti i segnali presentano tale valore contemporaneamente e di conseguenza i relativi impulsi si sovrappongono. Tale interferenza incrociata è da tenere in considerazione soprattutto nei sistemi ottici multi-canale, in cui per l'appunto molti segnali vengono lanciati in fibra contemporaneamente. La potenza dei segnali è limitata dal XPM che rappresenta uno dei principali fattori di degradazione delle prestazioni [8].

2.1.2 Four-Wave Mixing

Il Four-Wave Mixing è un altro di quei processi detti parametrici, cioè causati dalla variazione di un particolare parametro che caratterizza il mezzo di propagazione, nel nostro caso la fibra, cioè la suscettibilità del terzo ordine (3). In termini di meccanica quantistica esso consiste nell’annichilazione di due o più fotoni co-propaganti e nella creazione di altri fotoni a diverse frequenze (lunghezze d’onda) inizialmente non presenti.

Per analizzarlo è necessario ragionare in termini di campi elettrici e risolvere l’equazione di Schrödinger nel caso in cui più canali a diverse frequenze si propagano contemporaneamente in fibra. Se ipotizziamo i canali monocromatici, co-propaganti e tutti polarizzati linearmente lungo l’asse x possiamo esprimere il campo totale E(z,t) come:

(

)

=

{

( )

( − )+

}

p z i p ze cc A T z E p p . 2 1 , ω β (2.15)

(43)

Effetti non lineari

43

dove Ap(z) è l’inviluppo complesso del campo relativo al singolo canale,

c.c indica i termini complessi e coniugati di quelli che li precedono nella stessa

espressione e p è l’indice del canale.

Il vettore di polarizzazione può essere diviso in due termini, lineare e non lineare, come segue:

( )E

( )

z t PL 0 1 , r r χ ε = (2.16) ( )

( ) ( ) ( )

t z E t z E t z E PNL , , , 3 0 r r r r χ ε = (2.17) Sostituendo si ottiene:

( )

{

( )

( ) . .

}

2 1 ,t 0 3Q ze cc z PNL NL i ft pz + = ε χ ω −β (2.18) dove

( )

( ) ( ) ( )

( )       =

= − + − − + − f k j i z j k j i NL f k j i e z A z A z A z Q * β β β β (2.19) con ( )3 3 4 3 χ χ ≡ (2.20)

e la somma è estesa a tutte le “pompe” (canali) per cui è valida la relazione: κ ω ω ω ωf = i+ j − (2.21)

(44)

Analizzando le possibili combinazioni dei tre indici i, j e k è possibile distinguere tre possibili casi con tre differenti contributi allo stato di polarizzazione e diversi effetti sul campo che si propaga:

• i=j=k=f : termini di SPM dovuti solo al campo alla frequenza; • (i=f) ≠ (j=k) or (i=k) ≠ (j=f): termini di XPM dovuti a due campi a

frequenze ωf e ωk diverse;

• (i,j) ≠ (k,f): termini di FWM dovuti a campi a frequenze per cui è valida la (2.21).

Dunque non tutte le combinazioni generano FWM. La (2.21) discende direttamente dal principio di conservazione dell’energia, ed semplice convincersene considerando che l’energia dei fotoni implicati nel processo è funzione esclusivamente della frequenza; ma per parlare propriamente di FWM è necessario che sia rispettata la condizione ωi, ωj ≠ ωk, ωf , altrimenti si generano

contributi di SPM o XPM. Inoltre, come indicato nella Tab. 2-1, possiamo distinguere due casi particolari di FWM a seconda che ωi coincida o meno con ωj.

Nel primo caso il FWM è detto parzialmente degenere e solo due pompe interagiscono tra loro per generare una terza frequenza ωf =i - ωk; nel

secondo caso, detto non degenere, le due combinazioni i, j, k e j, i, k danno origine alla stessa frequenza ωfi + ωj - ωk. Se N è il numero di canali, il numero di

possibili frequenze diverse generate da tutte le possibili combinazioni è rispettivamente N(N-1) e N(N-1)(N-2)/2, per un totale pari a :

( )       = − 2 2 1 2 N N N N (2.22) Ovviamente l’efficienza con cui tali frequenze vengono generate decresce

(45)

Effetti non lineari 45 ω ω ω ωi + ω ω ω ωj = ω ω ω ωk + ωωωωf, i=j=k=f SPM (i=f) ≠ (j=k) or (i=k) ≠ (j=f) XPM

(i,j) ≠ (k,f) and ( i=j) FWM parzialmente degenere

(i,j) ≠ (k,f) and (i≠j) FWM non degenere

Tab.2-1

Rispetto agli effetti di SPM e XPM, la particolarità del FWM è quella di non dipendere necessariamente dalla presenza di un segnale alla frequenza ωf

considerata. SPM e XPM producono, infatti solamente una rotazione di fase su un segnale presente, mentre il FWM genera potenza anche su bande di frequenza che in ingresso dalla fibra non erano occupate da alcun segnale come si può vedere osservando lo spettro ottico misurato in uscita da 25km di fibra NZDS riportato in figura 2-3. In questo caso all’ingresso della fibra erano presenti solo le due pompe rappresentate dai picchi centrali dello spettro. I nuovi campi possono a loro volta generarne altri per lo stesso effetto, sebbene l’efficienza di queste generazioni secondarie sia notevolmente più bassa da poter essere trascurata in molti casi di interesse, tranne nelle applicazioni in cui si cerca di massimizzare l’efficienza di FWM; in tali casi anche i contributi di ordine superiore, cioè quelle derivanti da combinazioni tra pompe e campi di FWM o solo tra campi di FWM, risultano considerevoli, come mostra la figura 2-4, in cui è riportato lo spettro ottico misurato in uscita da 25 km di fibra DS con due pompe in ingresso e potenza di lancio per canale relativamente alta, pari a 14 dBm. Le lunghezze d’onda delle pompe sono state scelte in prossimità dello zero di dispersione della fibra per massimizzare l’efficienza di FWM. Dallo spettro ottico si possono individuare, oltre che i due canali di pompa, anche i contributi di FWM di primo ordine, cioè generati dai segnali fatti propagare nella fibra e quelli di ordine superiore cioè generati in parte o completamente da campi di FWM.

(46)

Contributo di FWM Contributo di FWM S p e tt ro o tt ic o [d B ] Lunghezza d’onda [nm]

Fig. 2-3: Spettro ottico misurato in uscita da un tratto di 25 km di fibra NZDS con due canali in ingresso e potenza d’ ingresso per canale pari a 3 dBm

-40 -30 -20 -10 0 10 20 1538 1540 1542 1544 1546 1548 1550 1552 lunghezza d'onda [nm] S p e tt ro o tt ic o [ d B m ] pompa pompa 1° ord 1° ord 2° ord 2° ord 3° ord 3° ord

Fig. 2-4: Spettro ottico misurato in uscita da 25 km di fibra DS nel caso di due pompe in ingresso con una potenza in ingresso per canale pari a 14 dBm.

Il FWM degrada le prestazioni di un sistema ottico di comunicazione in due modi: da una parte impoverisce i segnali in ingresso, trasferendo parte della loro energia ad altre frequenze, tale fenomeno è noto come svuotamento delle pompe (pump depletion); dall’altra l’energia trasferita può cadere a frequenze in

(47)

Effetti non lineari

47

La potenza associata ad ogni campo di FWM vale:

( ) ( ) ( ) ( ) eff( ) ijk z k j i f zt d P t P t P te L z P γ2 2 α 2 η , 0 , 0 , 0 , − = (2.23)

dove ηijk è l’efficienza di FWM:

(

)

(

)

      − ∆ + ∆ + ≡ − − 2 2 2 2 2 1 2 / sin 4 1 z ijk z ijk ijk e z e α α β β α α η (2.24)

dove ∆βijk è il coefficiente di accoppiamento di fase tra le pompe

interagenti.

Nella (2.23) il parametro d, detto fattore di degenerazione, assume valore 1 o 2 a seconda che la combinazione i, j, k corrisponda ad un caso parzialmente degenere o non degenere. Infatti nel caso non degenere le due combinazioni i, j, k e j, i, k, presenti simultaneamente, danno origine, alla stessa frequenza, a due termini distinti e perfettamente in fase tra loro che, pertanto, si possono considerare come un unico interferente di ampiezza doppia; la potenza del loro contributo è quindi quadrupla rispetto a quella di un singolo temine.

La lunghezza efficace ha lo scopo di tenere in conto l’attenuazione dei campi che generano FWM. Dopo un tratto iniziale in cui i campi hanno una certa intensità, i nuovi contributi alla potenza globale di FWM risultano sempre più trascurabili rispetto a quelli iniziali. Per α tendente a zero Leff tende a coincidere

con z, mentre per un dato valore di α la lunghezza efficace tende a saturare al valore 1/α dopo una distanza pari a 3-4 volte il valore di 1/α stesso. Per valori di attenuazione tipici pari a circa 0.2 dB/km, 1/α risulta dell’ordine di 20 km. Il significato fisico legato a Leff è che gli effetti non lineari della fibra sono tutti

concentrati nei primi chilometri di propagazione, dopo di che la fibra si comporta come se fosse lineare se non esistono altri fenomeni di amplificazione che riportano i segnali ad alti valori di potenza.

(48)

Infine è utile sottolineare come, nel caso di una spaziatura uniforme tra i canali con passo ∆λ, il termine di FWM più efficiente sia quello parzialmente degenere, per il quale ∆λik= ∆λjk= ∆λ e:

        ∆ = ∆ = ∆ ijk n n c D 2 2 0 2 λ λ π β β (2.25)

dove n = 1, 2, ... può essere assunto quale identificatore dell’ordine degli interferenti e D è il coefficiente di dispersione cromatica.

E ff ic ie n z a

Fig. 2-5: Efficienza ηijk in funzione della spaziatura tra i canali generanti ∆λ [nm] per diversi

valori della dispersione D [ps/(nm km)] nel caso parzialmente degenere e con ∆λik= ∆λjk= ∆λ.

In Fih. 2-5, infine, viene riportata la curva dell’efficienza ηijk al variare del

parametro di dispersione D, in funzione della spaziatura uniforme tra i canali, nel caso z=100 km e nel caso parzialmente degenere. Si può notare che già per spaziature dell’ordine di 0.8 nm il FWM non rappresenta più un problema su fibre standard (D =17 ps/(nm km)), mentre su fibre DS (D = 0.2ps/(nm km)) la sua

(49)

Effetti non lineari

49

≈ 2 ps/(nm km)), risultano infine un compromesso tra i due tipi precedenti di fibre.

2.1.3 Scattering di Raman

Il fenomeno non lineare di diffusione stimolata di Raman SRS (Stimulated Raman Scattering) si manifesta in fibra ottica quando un segnale di pompa a potenza sufficientemente elevata si propaga nella fibra [6,7]. Come già accennato è un effetto anelastico, in cui cioè c’è scambio di energia tra la radiazione ed il materiale. I fotoni incidenti, di cui il fascio luminoso si compone, interagiscono con il materiale attraverso i modi vibrazionali delle molecole. Il risultato di questa interazione è la creazione di altri fotoni ad energia minore, dunque a frequenza minore, che costituiscono la luce diffusa (fascio di Stokes). L’energia rimanente viene trasferita al mezzo sotto forma di vibrazioni molecolari. Un fonone è una quasi particella che rappresenta un quanto di vibrazione meccanica: si può considerare l’energia persa dalla luce, dunque da un fotone, come trasferita ad un fonone. La differenza fondamentale tra SRS ed emissione stimolata sta nel fatto che in quest’ultima un fotone incidente stimola l’emissione di un suo clone senza perdere una parte della sua energia; inoltre il fotone secondario nasce da un elettrone precedentemente eccitato e presente in un livello energetico superiore. Tale condizione di inversione di popolazione non è richiesta nello scattering di Raman.

La differenza di frequenza ΩR = ωp - ωs, tra la frequenza della luce incidente

e quella della luce diffusa, meglio nota come scostamento Stokes, ha un ruolo fondamentale nel processo SRS. I livelli energetici vibrazionali delle molecole determinano il valore di ΩR e lo scostamento che garantisce comunque una certa

efficacia al fenomeno. Fortunatamente, i livelli energetici vibrazionali delle molecole di silicio danno origine ad una banda continua dovuta alla natura amorfa

(50)

del vetro. La diretta conseguenza è che la frequenza del segnale può differire da quella della pompa in un intervallo esteso (più di 20 THz) in maniera continua.

Fig. 2-6: Guadagno Raman in funzione della frequenza

In generale se un segnale alla frequenzaωsed una pompa alla frequenzaωp

> ωs vengono accoppiati e fatti propagare in fibra, per effetto Raman la pompa

trasferisce parte della sua energia sul segnale, amplificandolo. Questo è il principio di funzionamento degli amplificatori Raman. In figura 2-6 è mostrato lo spettro di guadagno Raman delle fibre al silicio. Il coefficiente di guadagno Raman gR scala linearmente con ωp (o in modo inversamente proporzionale alla

lunghezza d’onda della pompa λp), mentre il guadagno g è proporzionale

all’intensità del segnale di pompa Ip, g = gR Ip. In termini di potenza di pompa Pp,

il guadagno per unità di lunghezza può essere scritto come:

( )

gR

( )

(

Pp ap

)

g ω = ω (2.26)

dove ap è la sezione d’urto per la pompa nella fibra. Come si evince dalla

(51)

Effetti non lineari

51

Gli amplificatori Raman sono particolarmente interessanti ed abbondantemente utilizzati in quanto presentano una banda così estesa. Tuttavia, affinché l’amplificazione s’inneschi hanno bisogno di potenze di pompa abbastanza elevate. Inoltre presentano una caratteristica che “satura” a causa del fenomeno di svuotamento delle pompe (pump depletion). Infatti, come si è visto, le pompe trasferiscono direttamente la loro energia alle frequenze del segnale da amplificare e questo causa una perdita della potenza ad esse associata e, di conseguenza, una diminuzione del guadagno ottico.

2.1.4 Scattering di Brillouin

L’interazione tra luce e materia che è alla base del fenomeno di scattering di Brillouin SBS (Stimulated Brillouin Scattering) è dello stesso tipo di quella che causa lo scattering di Raman.

I fotoni incidenti vengono diffusi dando origine anche in questo caso a fotoni a frequenza minore e fononi, cioè quanti di vibrazione del reticolo. Dunque anche l’SBS può essere sfruttato per l’amplificazione di segnali attraverso l’immissione in fibra del segnale da amplificare e di una pompa ad una lunghezza d’onda minore (frequenza maggiore). Ci sono però delle differenze, riassunte in Tab. 2-2, che rendono gli amplificatori Brillouin così ottenuti meno versatitli, quindi meno diffusi.

Principalmente, tali differenze risiedono nel fatto che si può avere amplificazione SBS solo in configurazione contro-propagante ed inoltre lo scostamento di Stokes nel caso di SBS è inferiore (~10 GHz) di tre ordini di grandezza rispetto allo SRS e dipende dalla frequenza della pompa; infine la banda di guadagno nel caso di SBS è estremamente stretta, inferiore a 100 MHz.

(52)

Differenze Raman Brillouin

Potenza d’innesco

(fibra monomodo standard) 30 dBm 0-10 dBm Frequenza del fonone ottica non ottica Propagazione rispetto al

segnale utile

co-propagante

contro-propagante contro-propagante Spostamento stokes 20 THz (circa) 10 GHz (circa)

Banda di guadagno 6 THz 100 MHz

Tab. 2-2: Differenze tra SRS e SBS

2.2 Fibra ad alta non linearità (HNLF)

Le fibre ottiche al silicio, oltre ad essere il mezzo di trasporto per eccellenza nelle attuali reti di comunicazione, sono utilizzate anche come dispositivi funzionali, come avviene ad esempio in apparecchiature come i laser e gli amplificatori in fibra o i moduli di compensazione di dispersione.

In generale, gli effetti non lineari che hanno luogo al loro interno dovrebbero essere evitati, in quanto limitano pesantemente la potenza del segnale accoppiato, il bit rate, la spaziatura dei canali, la banda di trasmissione e quindi l’intera capacità informativa del sistema. Ma a dispetto del loro effetto dannoso sui sistemi di comunicazione gli stessi effetti di propagazione non lineare vengono abbondantemente sfruttati per creare, ad esempio, laser e amplificatori in fibra di tipo Raman o Brillouin, oscillatori parametrici, e vari dispositivi per l’elaborazione completamente ottica: insomma in tutte le applicazioni funzionali della fibra.

(53)

Effetti non lineari

53

La fibra ad alta non linearità HNLF nasce proprio per rendere tali effetti quanto più pronunciati possibile utilizzando allo stesso tempo spezzoni di fibra di lunghezza ragionevole.

Il silicio vetroso presenta un indice non lineare n2, definito dalla (2.3),

molto basso (2.7 · 10 -20 m2/W). Nelle fibre standard le nonlinearità son generate principalmente a causa del confinamento del campo all’interno di una superficie molto piccola (un valore tipico per il mode field diameter può essere di 7.5 µm a 1550 nm, per un core di 6 µm) e dell’interazione “lunga” tra campo e fibra.

Abbiamo già definito nella (2.4) il parametro γ che misura le capacità non lineari della fibra. Per aumentarlo si agisce drogando la fibra con GeO2 nell’area

del core e aumentando la differenza tra gli indici di rifrazione tra core e cladding. In questo modo si ottengo fibre con una bassa area efficace Aeff ed un elevato

indice di rifrazione non lineare n2.

Fig. 2.6: Profili dell’indice di rifrazione di: (a) HNLF; (b) Fibra standard.

La Figura 2.6 mostra i profili di una HNLF e di una monomodo standard. Tipicamente in una HNLF la differenza percentuale tra gli indici di rifrazione del core e del cladding è di circa il 3%, mentre il diametro del core in media è di 4 µm.

(54)

Di conseguenza il coefficiente di non linearità γ aumenta fino ad un valore di 20 (W·Km)-1, circa 20 volte maggiore di quello di una fibra standard (circa 1.5 (W ·Km)-1) mentre l’attenuazione rimane inalterata.

Se un segnale di pompa che attraversa la fibra ha potenza Pp, le

nonlinearità sono generate in proporzione alla quantità (γ· Leff · Pp) per SPM e

XPM, e a (γ · Leff · Pp)2 per FWM, dove Leff è la lunghezza efficace, definita dalla

(2.9). Si capisce dunque come, attraverso l’uso delle fibre HNLF, sia possibile aumentare l’efficienza di generazione dei fenomeni non lineari.

(55)

III - TECNICHE DI

CAMPIONAMENTO OTTICO

Come già anticipato, tramite il campionamento ottico è possibile superare l’empasse dovuta ai limiti prestazionali degli attuali strumenti di misura elettronici. Nel corso degli anni sono state presentate diverse soluzioni tecnologiche. Infatti, oltre che per gli effetti non lineari sfruttati ed i mezzi in cui hanno luogo, i sistemi di campionamento ottico possono differire anche nel modo in cui sono sincronizzati ai segnali dati. Infine è possibile classificarli, confrontarli e valutarne le prestazioni utilizzando degli appositi parametri.

3.1 Strategie di campionamento

Da un punto di vista teorico, campionare un segnale, ottico o elettrico che sia, significa collezionare diversi valori del segnale stesso, presi a determinati istanti temporali. Questo determina il sorgere di diverse questioni: la prima è quanto spesso, con che frequenza collezionare i campioni: in altre parole, quanti campioni acquisire al secondo; la seconda è: quando prendere il primo

(56)

campione; la terza, meno intuitiva, consiste nel modo di visualizzare, in seguito, i valori acquisiti.

Per quando riguarda la seconda, ovvero la scelta dell’istante di inizio del campionamento, si può subito dire che è possibile stabilire un valore ed una pendenza che, se assunti in un determinato istante dal segnale da campionare, determinano l’attivazione di un comando che fa partire l’operazione di campionamento. Tale comando è detto trigger, e l’istante a cui è attivato istante

di trigger.

I campioni vengono così acquisiti ad una certa frequenza, o velocità, misurata in campioni al secondo (S/s). Sempre teoricamente, com’è noto, la possibilità di visualizzare correttamente un segnale campionato a velocità fc

viene meno se non è rispettata la condizione di Nyquist.

3.1.1 Tempo reale e tempo equivalente

Il limite superiore imposto dalla condizione di Nyquist alla banda del segnale da campionare porta alla prima distinzione tra diverse strategie di campionamento

Campionamento in tempo reale

Si utilizza quando la banda del segnale non eccede tale limite e, proprio per questo, è possibile successivamente una corretta visualizzazione del segnale.

Il campionamento in tempo reale rappresenta l’unica alternativa possibile per risolvere segnali di tipo transitorio, che si presentano solo una volta, o comunque non hanno particolari regolarità.

Un campionatore in tempo reale deve prevedere l’utilizzo di una memoria molto veloce, in quanto i dati sono presentati al suo ingresso ad una velocità pari

Figura

Fig. 1.6: Set-up sperimentale con velocità di flusso aggregato di 160 Gb/s.
Fig. 1.7: Spettro di un impulso sech 2  TL.
Fig. 2-1:  Variazioni temporali dello spostamento di fase e di frequenza indotti da SPM nel caso di  un impulso gaussiano
Fig: 2-2:  Spettro di un impulso gaussiano senza chirp iniziale che ha sperimentato un forte SPM  (con uno sfasamento massimo di 20 radianti)
+7

Riferimenti

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