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eBook per la Scuola | A. Diotti, S. Dossi, F. Signoracci | Libera Lectio - Vol. 2 | SEI

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(1)

1

Premessa

3

L’ETÀ DI AUGUSTO

L’affermazione del principato

4

Gli eventi, la società, la cultura

4 Cronologia 6 I nodi della storia

6 Dalla repubblica al principato: un problema istituzionale 7 La riorganizzazione dello Stato e la politica estera 9 La crescita economica e il nuovo ruolo delle province 9 in sintesi

10 Società e cultura

10 Apparato burocratico e modificazioni sociali 11 La politica culturale di Augusto

11 Il ruolo delle arti figurative: il “caso” dell’Ara Pacis 12 La carta di Agrippa

12 Il rapporto con gli intellettuali e il ruolo di Mecenate 12 La repressione del dissenso

13 in sintesi

14 Pubblico, generi letterari e scrittori nell’età di Augusto 14 I circoli culturali

14 Il circolo di Mecenate 16 Il circolo di Messalla Corvino 16 Il circolo di Asinio Pollione 17 Le occasioni della letteratura 18 Augusto scrittore

18 Il rapporto con i modelli greci e lo sviluppo dei generi letterari 20 La lingua

20 Varietà poetica e lingua tecnica 20 in sintesi

Indice

III

(2)

22

P u b l i o V i r g i l i o M a r o n e

22 L’autore 22 La vita 23 Un’immagine di Virgilio 24 in sintesi 24 L’opera 24 Le Bucoliche 24 I temi

25 I contenuti delle Bucoliche 26 Cronologia e struttura

26 Le descrizioni naturali e la cronologia 28 Il locus amoenus

28 Il genere bucolico: il modello teocriteo 29 I rapporti con il neoterismo

29 Gli elementi di originalità 31 Lo stile

31 in sintesi

32 Le Georgiche 32 La struttura

32 I contenuti delle Georgiche 33 Genesi e fonti

34 Il complesso rapporto con Lucrezio 35 Pubblico e ideologia 37 L’età dell’oro 37 Il finale 38 L’orfismo 39 in sintesi 40 L’Eneide

40 L’epica nella società augustea 41 I discendenti di Enea 41 I problemi connessi alla stesura 42 L’argomento

42 I contenuti dell’Eneide 43 La struttura: un nuovo modello di epica 44 La discesa agli inferi

45 Un codice innovato

45 Rapporto tra mito e storia: l’ideologia del principato 46 Ellissa di Tiro

47 Il Fatum

47 La riflessione sulla sofferenza 48 Laocoonte

49 Enea, eroe della pietas 50 Un’enciclopedia di valori 51 Lo stile 52 in sintesi 53 L’Appendix vergiliana 54 in sintesi 55 La fortuna 55 Virgilio mago 56 in sintesi

57 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

(3)

58

Percorsi antologici

58 1. La complessa relazione tra Arcadia e Storia 59 TESTO1 (LAT):Titiro e Melibeo (BucolicaI)

65 SCHEDA LESSICALE:Quincunx

66 Approfondimento:L’Arcadia “lirica” delle Bucoliche 68 AN A L I S I D E L T E S T O

69 TESTO2 (LAT):L’addio alla patria (BucolicaIX)

75 AN A L I S I D E L T E S T O

76 TESTO3 (LAT/ITA):Felix, qui potuit rerum cognoscere causas (Georgica II, 458-502)

78 Approfondimento:Virgilio tra epicureismo e religiosità 79 TESTO4 (LAT):Il vecchio di Corico (Georgica IV, 116-138)

82 TESTO5 (LAT/ITA):L’epilogo delle Georgiche (Georgica IV, 559-566)

82 TESTO6 (LAT):Il regno di Evandro, realizzazione dell’Arcadia nella storia (Aeneis VIII, 306-369)

88 Approfondimento:L’Arcadia “storica” dell’Eneide 88 riepilogo del percorso

89 2. Il labor, fondamento di ordine 89 TESTO1 (LAT/ITA):Il canto di Sileno (BucolicaVI)

94 TESTO2 (LAT):Un puer per un mondo nuovo (BucolicaIV)

100 AN A L I S I D E L T E S T O

101 TESTO3 (ITA):La nascita del lavoro (Georgica I, 118-146)

102 TESTO4 (LAT):L’elogio dell’Italia (Georgica II, 136-176) 106 AN A L I S I D E L T E S T O

107 TESTO5 (LAT):L’elogio della primavera (Georgica II, 315-345)

109 TESTO6 (LAT/ITA):La società delle api (Georgica IV, 149-227)

112 Approfondimento:La società perfetta delle api 113 riepilogo del percorso

114 3. Il furor, distruttore dell’ordine

114 TESTO1 (LAT/ITA):La potenza dell’amore (Georgica III, 209-244)

116 TESTO2 (ITA):Omnia vincit Amor (BucolicaX)

118 TESTO3 (LAT):Il mito di Orfeo ed Euridice (Georgica IV, 450-527)

125 AN A L I S I D E L T E S T O

126 TESTO4 (LAT):Il furor di Didone abbandonata (Aeneis IV, 296-330)

129 Approfondimento:Il furor contrapposto al labor 130 TESTO5 (LAT): Il suicidio di Didone (Aeneis IV, 584-665)

136 AN A L I S I D E L T E S T O

137 riepilogo del percorso

138 4. L’ineluctabile fatum

138 TESTO1 (LAT/ITA):Il proemio dell’Eneide (Aeneis I, 1-11)

139 TESTO2 (LAT):Il sacrificio di Laocoonte (Aeneis II, 199-227)

142 Approfondimento:Il sacrificio “necessario” 143 TESTO3 (LAT/ITA):La morte di Priamo (Aeneis II, 506-558)

146 TESTO4 (LAT):Enea e Didone: l’incontro nell’Ade (Aeneis IV, 440-476)

149 AN A L I S I D E L T E S T O

149 TESTO5 (LAT):Il destino di Roma (Aeneis VI, 847-853)

150 riepilogo del percorso

151

Q u i n t o O r a z i o F l a c c o

151 L’autore 151 La vita 152 Angulus ridet 152 in sintesi V Indice

(4)

153 L’opera

153 La cronologia delle opere 154 L’Ars poetica

154 Gli Epòdi

156 Le isole dei beati 157 Le Satire (o Sermones)

157 Caratteri del primo libro dei Sermones

157 I contenuti del i libro dei Sermones 158 Sagge storie di animali

159 Il secondo libro

159 I contenuti del ii libro dei Sermones 160 Lo stile

161 in sintesi

162 Le Odi 162 L’Alceo romano 162 Il simposio

163 Il rapporto con gli altri modelli greci 163 Il motivo dell’ego primus

164 I filoni tematici delle Odi 164 Il tema amoroso 166 Le forme metriche 166 Motivi ricorrenti 167 Un angolo sicuro 167 I fondamenti ideologici 169 Lo stile 169 in sintesi 170 Le Epistole

170 La critica al viaggio di evasione 171 La fortuna

172 in sintesi

173 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

174

Percorsi antologici

174 1. Exegi monumentum aere perennius

175 TESTO1 (LAT/ITA):Gli insegnamenti paterni (SermonesI, 4, 103-143) 177 TESTO2 (ITA):Ars poetica (EpistulaeII, 3 passim)

178 TESTO3 (LAT):Maecenas atavis edite regibus (Carmina I, 1) 182 AN A L I S I D E L T E S T O

182 TESTO4 (LAT): Exegi monumentum aere perennius (Carmina III, 30) 184 Approfondimento:Il segno della piramide

185 riepilogo del percorso

186 2. L’universo ideale del poeta

186 TESTO1 (LAT/ITA):La favola del topo di campagna e del topo di città (SermonesII, 6, 79-117) 188 TESTO2 (LAT):Un’allegoria dello Stato (CarminaI, 14)

190 AN A L I S I D E L T E S T O

191 TESTO3 (LAT):Il congedo del libro primo (Carmina I, 38) 192 TESTO4 (LAT):L’angulus (Carmina II, 6)

194 TESTO5 (LAT):La religiosità di Fidile (Carmina III, 23) 196 riepilogo del percorso

197 3. Amici, nemici e seccatori

197 TESTO1 (ITA):Un componimento augurale per Virgilio (Carmina I, 3) 198 TESTO2 (LAT/ITA):Un “propemptikón a rovescio” (Epodon liber 10) 200 Approfondimento:Il genere del propemptikón

(5)

201 TESTO3 (LAT):Rapiamus, amici, occasionem de die (Epodon liber 13) 203 TESTO4 (LAT):Ibam forte via sacra (Sermones I, 9)

210 AN A L I S I D E L T E S T O

211 Approfondimento:La dimensione universale della poesia oraziana 212 TESTO5 (LAT):Vides ut alta stet nive candidum (Carmina I, 9)

214 Approfondimento:Per una lettura di CarminaI, 9 215 TESTO6 (ITA):Una rievocazione del passato (Carmina II, 7) 216 riepilogo del percorso

217 4. Carpe diem: la vita, la festa, la morte 217 TESTO1 (LAT):Tu ne quaesieris (Carmina I, 11) 219 SCHEDA LESSICALE:Il verbo sapio

219 Approfondimento:Due traduzioni a confronto 220 AN A L I S I D E L T E S T O

220 TESTO2 (LAT):Nunc est bibendum (Carmina I, 37) 223 AN A L I S I D E L T E S T O

224 TESTO3 (LAT):A Fauno (Carmina III, 18)

225 TESTO4 (LAT/ITA):L’aequa mens di fronte alla morte (Carmina II, 3) 227 TESTO5 (LAT/ITA):La fugacità del tempo (Carmina II, 14)

229 TESTO6 (LAT): Solvitur acris hiems (Carmina I, 4)

232 SCHEDA LESSICALE:I termini hiems, mensis, lucus e immolare 233 TESTO7 (LAT):Pulvis et umbra (Carmina IV, 7)

236 Approfondimento:La costante letteraria dell’antitesi tra la primavera e la condizione esistenziale dell’uomo

236 riepilogo del percorso

238 I GENERI LETTERARI

:

L’elegia

238 Definizione e caratteri del genere 238 L’elegia greca arcaica

240 L’elegia nell’età alessandrina 241 L’elegia latina

242

L’ e l e g i a a R o m a : T i b u l l o e P r o p e r z i o

242 I caratteri dell’elegia

242 L’amore, motivo centrale dell’elegia romana 242 I topoi dell’elegia

243 Il rapporto tra il poeta e la donna 244 La figura del rivale 245 I rapporti con i poeti neoterici 245 in sintesi

246 Cornelio Gallio 246 in sintesi

247 Albio Tibullo 247 La vita

247 Tibullio e il corpus Tibullianum

248 I contenuti del corpus Tibullianum 248 La poetessa Sulpicia 249 I temi 250 Poetica e stile 250 in sintesi 251 Sesto Properzio 251 La vita 251 Le opere 252 in sintesi VII Indice

(6)

253 L’amore per Cinzia 253 L’amore e morte

254 I modelli culturali di riferimento 254 L’elegia svincolata dall’eros 255 Lo stile

255 in sintesi

256 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

257

Percorsi antologici

257 1. Tibullio e il corpus Tibullianum

258 TESTO1 (LAT):Amore e vita agreste: il sogno esistenziale di Tibullo (corpus TibullianumI, 1) 264 AN A L I S I D E L T E S T O

265 TESTO2 (LAT):La rievocazione dell’età dell’oro (corpus TibullianumI, 3, 35-50) 266 Approfondimento:Il mito letterario dell’età dell’oro

268 TESTO3 (LAT): Le fantasticherie del poeta (corpus TibullianumI, 5, 21-36) 269 AN A L I S I D E L T E S T O

270 TESTO4 (ITA):La profezia della Sibilla cumana (corpus TibullianumII, 5, 39-64) 271 TESTO5 (LAT/ITA):La festa dei Palilia (corpus TibullianumII, 5, 83-100)

272 TESTO6 (LAT/ITA):Un’altra festa agreste: gli Ambarvalia (corpus TibullianumII, 1, 1-30) 275 Approfondimento:Le principali festività agresti romane

277 TESTO7 (LAT):Alla fine è giunto l’amore (corpus TibullianumIII, 13)

278 Approfondimento:La poetica di Tibullo sullo sfondo dell’età augustea 279 riepilogo del percorso

280 2. L’elegia di Properzio

280 TESTO1 (LAT):In amore valgono le suppliche e le azioni meritevoli (I, 1) 283 AN A L I S I D E L T E S T O

284 TESTO2 (LAT/ITA):La perfidia di Cinzia (I, 15)

286 Approfondimento:Amore e morale tradizionale in Properzio 288 TESTO3 (LAT):Un terribile viaggio (I, 17)

290 Approfondimento:Il rapporto tra realtà e finzione in Properzio 281 TESTO4 (ITA):Una fides oltre la morte (I, 19)

292 TESTO5 (LAT):Un litigio tra innamorati (II, 11) 292 TESTO6 (LAT):Un incubo (II, 26)

294 AN A L I S I D E L T E S T O

295 TESTO7 (LAT):L’elegia del discidium (III, 25)

297 TESTO8 (LAT/ITA):La morte non distrugge tutto (IV, 7, 1-34) 298 riepilogo del percorso

299

P u b l i o O v i d i o N a s o n e

299 L’autore

299 La vita

300 Una terra di confine 300 in sintesi

301 L’opera 301 Amores

302 Gli strumenti di Cupido 303 Heroides

304 Le opere erotico-didascaliche

304 I contenuti dell’Ars amatoria 305 Cosmetici e acconciature 306 in sintesi

(7)

307 Le Metamorfosi 307 Caratteri e intrecci

308 I contenuti delle Metamorfosi 308 I modelli e la tecnica narrativa

309 I temi

310 La metamorfosi come nuova forma di vita 310 Il superamento dell’epica 311 I Fasti 312 in sintesi 313 Le opere dell’esilio 314 Lo stile e la lingua 315 La fortuna 316 in sintesi

316 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

318

Percorsi antologici

318 1. Cantore d’amore

319 TESTO1 (LAT/ITA):Il ritratto del poeta d’amore (AmoresI, 3) 320 TESTO2 (LAT/ITA):La milizia d’amore (Amores II, 12, 1-16) 322 TESTO3 (LAT):Il congedo degli Amores (Amores III, 15) 324 AN A L I S I D E L T E S T O

324 Approfondimento:Matrimonio e adulterio nell’età di Augusto 326 TESTO4 (ITA):Ego sum praeceptor Amoris (Ars amatoriaI, 1-34) 327 TESTO5 (ITA):Consigli per il banchetto (Ars amatoriaI, 563-582) 328 TESTO6 (LAT):Il fascino dei capelli femminili (Ars amatoriaIII, 135-154) 329 AN A L I S I D E L T E S T O

329 riepilogo del percorso

330 2. L’arte di trasformare le cose

330 TESTO1 (LAT):Un universo di forme mutate: il proemio delle Metamorfosi (Metamorphoseon libriI, 1-4) 331 Approfondimento:Le riscritture del mito

332 TESTO2 (LAT):Apollo e Dafne (Metamorphoseon libriI, 525-566) 335 AN A L I S I D E L T E S T O

336 Approfondimento:Il principio dell’analogia nella metamorfosi di Dafne 337 TESTO3 (LAT):Dedalo e Icaro (Metamorphoseon libriVIII, 183-235)

341 AN A L I S I D E L T E S T O

341 TESTO4 (LAT/ITA):Eco e Narciso (Metamorphoseon libriIII, 344-510) 348 TESTO5 (LAT):Orfeo ed Euridice (Metamorphoseon libriX, 1-77) 354 AN A L I S I D E L T E S T O

355 TESTO6 (ITA):Il fascino dell’arte: il mito di Pigmalione (Metamorphoseon libriX, 247-297) 356 Approfondimento:La potenza dell’arte nel mito di Pigmalione

357 TESTO7 (ITA):Il natale di Roma (FastiIV, 827-852) 358 riepilogo del percorso

359 3. Il triste volto dell’esilio

359 TESTO1 (LAT):La partenza per Tomi (TristiaI, 3, 1-20) 361 TESTO2 (ITA): Alla moglie (Epistulae ex PontoI, 4)

363 TESTO3 (ITA):Lettera autobiografica ai posteri (TristiaIV, 10) 366 riepilogo del percorso

367

T i t o L i v i o

367 L’autore

367 Uno storico-letterato

IX

(8)

368 La patavinitas di Livio 368 in sintesi

368 L’opera

368 La storiografia di età augustea: Asinio Pollione e Pompeo Trogo 369 Un’arte al plurale

370 Ab Urbe condita libri: la struttura dell’opera

370 I contenuti degli ab urbe condita libri 371 Il metodo storiografico di Livio

372 in sintesi

373 La visione della storia 373 Machiavelli e Livio 373 Il rapporto con il principato 374 La funzione degli exempla

374 I personaggi di Livio nell’arte successiva 375 Esaltazione di Roma e conservatorismo politico 376 Roma e i culti stranieri

377 in sintesi

377 La tecnica narrativa 378 Gli errori di Livio 379 in sintesi

380 Lo stile

380 Una prosa varia, solenne e maestosa 381 Un racconto emozionante

381 La fortuna

381 Fama immediata e duratura 382 in sintesi

383 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

384

Percorsi antologici

384 1. La praefatio e la funzione degli exempla

385 TESTO1 (LAT/ITA):La praefatio (Ab Urbe condita liberI,praefatio 1-3) 387 Approfondimento:Praefatio: le chiavi di lettura dell’opera liviana

389 TESTO2 (ITA):Gli exempla: Lucrezia (Ab Urbe condita liberI, 57, 4-11) 390 DE N T R O I L T E S T O

390 TESTO3 (ITA):Gli exempla: Camillo (Ab Urbe condita liberV, 49, 1-5) 391 riepilogo del percorso

392 2. Il conservatorismo di Livio

392 TESTO1 (LAT/ITA):Il conservatorismo politico: la secessione della plebe (Ab Urbe condita liberII, 32; 33, 1-2) 395 DE N T R O I L T E S T O

395 TESTO2 (ITA):Il conservatorismo religioso: la repressione dei baccanali (Ab Urbe condita liberXXXIX, 8-18 passim) 398 Approfondimento:Un processo politico

398 riepilogo del percorso

400 3. La grande storia, i grandi uomini: Annibale tra le Alpi e Canne 401 TESTO1 (ITA):La prefazione e il giuramento di Annibale (Ab Urbe condita liberXXI, 1) 401 DE N T R O I L T E S T O

402 Approfondimento:L’epopea di Annibale tra storia, poema e tragedia 404 TESTO2 (LAT):Ritratto del nemico da giovane (Ab Urbe condita liberXXI, 4) 405 SCHEDA LESSICALE:Ius iurandum

405 SCHEDA LESSICALE:Dux

406 TESTO3 (ITA):Il sogno di Annibale (Ab Urbe condita liberXXI, 22, 5-9; 23, 1) 407 TESTO4 (LAT):Alle pendici delle Alpi (Ab Urbe condita liberXXI, 32, 6-13) 407 SCHEDA LESSICALE:Mons

(9)

408 TESTO5 (LAT):Il valico (Ab Urbe condita liberXXI, 35, 4-12) 410 AN A L I S I D E L T E S T O

410 TESTO6 (LAT):La lotta contro la montagna (Ab Urbe condita liberXXI, 36) 412 TESTO7 (LAT):Le rocce spezzate (Ab Urbe condita liberXXI, 37)

413 AN A L I S I D E L T E S T O

413 TESTO8 (ITA):Le forze di Annibale in Italia (Ab Urbe condita liberXXI, 38, 1-5) 414 TESTO9 (LAT):Gli eserciti giungono a Canne (Ab Urbe condita liberXXII, 43) 416 Approfondimento:Un greco racconta la battaglia di Canne

417 TESTO10 (LAT):La disfatta: muore il console Emilio Paolo (Ab Urbe condita liberXXII, 49, 1-3; 5-15) 418 TESTO11 (LAT):Un’amara riflessione (Ab Urbe condita liberXXII, 50, 1-3)

419 riepilogo del percorso

420

L a p r o s a i n e t à a u g u s t e a e V i t r u v i o

420 L’oratoria e l’erudizione

420 La fine dell’oratoria deliberativa 420 Tra antiquaria e studi della lingua 421 Gli studi giuridici

421 La figura del giureconsulto 421 Le scuole giuridiche del Isecolo 422 in sintesi

423 Vitruvio Pollone e l’architettura 423 Un architetto-ingegnere

424 Un trattato dalla solida base teorica 424 Vitruvio e Leonardo da Vinci 425 Un testo di riferimento

426 Approfondimento:Il ruolo dei tecnici nella società romana 426 Lo stile e la lingua

427 Approfondimento:Architetti e ingegneri a Roma 428 in sintesi

428 IN DIC A ZION I BI B LIOGR AF ICH E

429

Appendice

430 Nozioni di prosodia e metrica 430 Prosodia

Le principali figure prosodiche, 430 431 Cenni generali di metrica

L’esametro dattilico, 432; Il pentametro dattilico, 432; Il distico elegiaco, 432; I principali metri lirici, 432 434 Glossario di retorica e stilistica

438 Repertorio di autori della letteratura greca 447 Indice dei nomi e dei generi letterari

XI

Indice

INSERTO ICONOGRAFICO

ROMA OLTREROMA: LARTE • Roma città eterna • Le tracce del passato • Un modello di bellezza

(10)

L’età di Augusto

L’affermazione del principato

Q

uesto è l’uomo che spesso ti senti promettere,

l’Augusto Cesare, figlio del Divo, che fonderà

di nuovo il secolo d’oro nel Lazio per i campi

regnati un tempo da Saturno.

(11)

Gli eventi, la società, la cultura

4 L’età di Augusto

Quando Storia romana Letteratura latina

C R O N O L O G I A

29 a.C. Ottaviano rientra a Roma e chiude ufficialmente le porte del tempio di Giano.

28 a.C. Properzio entra nel circolo

di Mecenate.

Vitruvio presenta ad Augusto il De architectura.

Gallo costretto al suicidio e vittima della damnatio memoriae.

Properzio pubblica il primo libro delle Elegie.

Ovidio scrive gli Amores.

Orazio pubblica il primo libro delle Epistulae, scritte a partire dal 23. 27 a.C. Ottaviano assume il titolo di Augustus («degno di venerazione»):

inizia ufficialmente il principato romano.

26 a.C.

25 a.C.

Orazio pubblica i primi tre libri delle Odi.

23 a.C. Augusto assume a vita la tribunicia potestas. Morte di Marcello, nipote ed erede di Augusto.

20 a.C. I Parti restituiscono le insegne sottratte all’esercito di Crasso (nella battaglia di Carre del 53 a.C.).

13 a.C. Orazio conclude la pubblicazione

del quarto libro delle Odi.

19 a.C. Virgilio muore a Brindisi

(21 settembre): l’Eneide rimane incompiuta.

Celebrazione dei ludi saeculares.

17 a.C. Orazio compone il Carmen

saeculare per i ludi saeculares.

15 a.C. Morte di Properzio.

Ritratto di Augusto, detto di Prima Porta.

Virgilio legge le Georgiche ad Augusto e inizia la composizione dell’Eneide.

(12)

5

Gli eventi, la società, la cultura

Quando Storia romana Letteratura latina

12 a.C. Augusto riceve il titolo di pontefice massimo.

11 a.C. Inaugurazione del teatro di Marcello.

9 a.C. Inaugurazione dell’Ara Pacis.

Morte in Germania di Druso, figliastro di Augusto.

8 a.C.

2 a.C. Augusto riceve il titolo di pater patriae.

1 d.C.

4 d.C. Augusto adotta il figliastro Tiberio, che diverrà suo successore.

8 d.C.

9 d.C. Tre legioni romane, al comando di Varo, sono annientate dai Germani nella selva di Teutoburgo.

14 d.C. Augusto lascia quale suo

testamento l’Index rerum a se gestarum.

1 a.C. Ovidio pubblica l’Ars amatoria

(1 a.C.-1 d.C.).

Ovidio inizia le Metamorfosi e pubblica la seconda edizione degli Amores, i Remedia amoris e i Medicamina faciei femineae.

Morte di Asinio Pollone.

È tolta dalla circolazione l’Ars amatoria e Ovidio è condannato alla relegatio a Tomi.

Muore Augusto: gli succede al trono Tiberio.

Morte di Mecenate (30 settembre). Morte di Orazio (27 novembre).

4-6 a.C. Nascita di Gesù Cristo a Betlemme.

Il teatro di Marcello, fatto edificare da Cesare e completato da Augusto.

Ritratto di Tiberio, figlio adottivo di Augusto (Madrid, Museo Archeologico Nazionale).

(13)

Gli eventi, la società, la cultura

6

I nodi della storia

Dalla repubblica al principato: un problema istituzionale Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) Ottaviano si trovò, di fatto, ad avere nelle mani il con-trollo di Roma e di tutti i suoi domini. La sua abilità nel gestire questa favorevole si-tuazione – ricordiamo che Roma usciva da decenni di guerre civili e grande era il de-siderio di pace – si manifestò anzitutto a livello istituzionale. Infatti egli procedette nella realizzazione di un governo sostanzialmente monarchico, pur mantenendo

un rispetto formale per le magistrature della repubblica, che furono tenute in vita.

In realtà Ottaviano realizzò gradualmente un processo di accentramento del potere, attraverso una serie di passaggi significativi: si mostrò rispettoso del senato e delle sue prerogative, ma fu riconosciuto come princeps, cioè il più autorevole membro dell’assemblea, con diritto di parlare per primo nelle riunioni; nel 27 a.C. un senato oramai ridotto di numero (per abile mossa dello stesso Ottaviano) e a lui favorevole gli riconobbe il titolo di Augustus, cioè «degno di venerazione»: era un titolo di norma attribuito a Giove, che circondava perciò Ottaviano di un alone di sacralità e lo indicava come uomo scelto dagli dèi per riportare la pace e rinsaldare la gran-dezza di Roma. Nel contempo egli mantenne a vita la suprema carica militare di

im-perator, ben consapevole che il controllo delle forze armate era oramai

fondamentale per la gestione del potere. Inoltre, pur senza rivestirne la carica, si fece attribuire a vita la tribunicia potestas (dal 23 a.C.), l’au-torità dei tribuni della plebe, che prevedeva anche il diritto di veto sulle decisioni del senato e quindi si configurava come un ottimo strumento di controllo politico. Infine, quasi a coronamento “sacrale” della sua figura, fu eletto pontefice massimo alla morte di Lepido, suo collega nel secondo triumvirato (che era stato relegato a rivestire tale carica) e nel 2 d.C. fu

procla-mato pater patriae.

Insomma, senza cambiare nome e funzione alle magistra-ture repubblicane, Ottaviano giunse ad assommare in sé un imperium maius et infinitum, superiore a quello di tutti gli altri magistrati e soprattutto senza limiti temporali, instaurando così di fatto un regime monarchico. Però ebbe l’accortezza di non proclamare mai la fine della

repubblica, rendendosi conto che l’attaccamento agli

ideali repubblicani e al mito della libertas era ancora for-temente radicato, soprattutto nella classe senatoria. Nella prospettiva di un esplicito ribaltamento istituzio-nale sarà invece fondamentale l’ascesa al potere di rio alla morte di Ottaviano Augusto (14 d.C.): «In Tibe-rio si innesta l’anello tra un regime d’emergenza e un sistema. Ai contemporanei il principato di Augusto poté apparire il legittimo retaggio di un padre adottivo, Giulio Cesare, o il risultato della sua vittoria nella guerra civile con-tro Antonio, o il riconoscimento di meriti eccezionali, specie quello d’aver ristabilito l’ordine dopo decenni di violenza; un potere esercitato in base a cariche conferite via via dal senato, giuridicamente ineccepibili, rinnovabili a scadenze

rego-l’accentramento del potere

il passaggio al principato

L’età di Augusto

I ritratti del principe ebbero la funzione di affermare la sua immagine come garante della pace e della giustizia. Augusto con gli abiti del generale vittorioso detto di Prima Porta, 20 a.C. (Città del Vaticano, Museo Chiaromonti).

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lari; accettate con signorile riluttanza, dopo reiterati rifiuti, ma sempre soffuse da un prestigio indefinibile, l’Auctoritas. In realtà, fu un compromesso tra componenti contraddittorie, fattori dottrinari e crudo realismo, abili reticenze e ossequio male a pregiudizi àviti: un tentativo brillante di risolvere problemi nuovi con for-mule antiche. Se si esamina la terminologia, il risultato è composito: da co-mando militare, operativo in tempo di guerra e in zona di guerra, l’imperium diventa un titolo che comprende tutti i poteri. Ma che quel prodigio di ambi-guità e di equilibrio fosse trasmesso a un successore stava a provare che non era soltanto un rimedio transitorio a mali transitori, ma una necessità storica» (L. STO -RONIMAZZOLANI, Tiberio o la spirale del potere, Milano, Rizzoli, 1981, p. 12).

La riorganizzazione dello Stato e la politica estera Ottaviano Au-gusto, concentrando via via nelle sue mani un potere assoluto, intraprese una profonda riforma dello Stato, che incontrò poche critiche e scarsa opposizione (peraltro repressa, come vedremo).

L’influenza effettiva del senato fu diminuita insieme allo stesso numero di

se-natori, che passò da 1000 a 800, poi a 600 (rimasero in carica quelli più fedeli al

principe); l’esercito fu ridotto e riorganizzato, attraverso la formazione di sole 28

legioni, composte da professionisti in ferma prolungata, per un totale di circa

300 000 uomini: non molti, per un impero così vasto e per confini sterminati. Inoltre esso fu ben sovvenzionato dall’amministrazione centrale attraverso un erario militare, alimentato da apposite tasse, al fine di spezzare il legame troppo forte che si era creato fra le truppe e i loro comandanti. Le province

furono divise in senatorie e imperiali: le prime, pacificate e fedeli, erano

amministrate da governatori di nomina senatoria; le seconde, più turbolente

e con forte presenza militare, erano controllate da legati scelti dall’imperatore stesso. Una fra queste però, l’Egitto, fu considerata proprietà dell’imperatore (quasi la sua cassa privata) e governata da un prefetto di sua fiducia.

Gli eventi, la società, la cultura

Scultura raffigurante Augusto nelle vesti di pontefice massimo (Roma, Museo Nazionale Romano).

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Gli eventi, la società, la cultura

8

Anche il governo dell’Urbe subì mutamenti: i magistrati della repubblica furono

progressivamente esautorati da prefetti di nomina imperiale. Così il prefetto

ur-bano sovrintendeva all’apparato amministrativo e giudiziario; accanto a lui il pre-fetto dell’annona controllava l’approvvigionamento alimentare di Roma, mentre il prefetto dei vigili sorvegliava l’ordine pubblico e gestiva gli interventi in caso di in-cendi e inondazioni. Altri prefetti importanti erano quello della flotta (che coman-dava le due flotte militari di stanza a Ravenna e a Miseno, in Campania) e quello del pretorio, che comandava il corpo dei pretoriani: una sorta di guardia del corpo dell’imperatore, formata da soldati scelti, che era di stanza nella città. Quest’ultima carica, per la sua vicinanza al centro del potere, assumerà un ruolo sempre più im-portante nella successiva epoca imperiale.

In politica estera Ottaviano Augusto adottò una linea di prudente rafforzamento dei

confini e di consolidamento nel controllo di ampie regioni, sottomesse sulla carta,

ma ancora ribelli e scarsamente romanizzate. Fu così completata la sottomissione della penisola iberica; fu rinsaldato il controllo dei valichi alpini, con la definitiva sconfitta delle popolazioni che abitavano sulle Alpi nord-occidentali e con lo stan-ziamento di una forte guarnigione ad Augusta Pretoria, oggi Aosta. Fidati collabora-tori di Augusto, come Agrippa e i figliastri Tiberio e Druso, portarono a compimento le missioni più difficili, come la conquista di Norico e Rezia (Svizzera e Austria), non-ché della Pannonia (Ungheria) fino al confine naturale del Danubio. Solo il progetto di spostare il confine dal Reno all’Elba, per ridurre le minacce di incursioni da parte dei temibili Germani, fu frustrato a causa di una pesantissima sconfitta subita nel 9 d.C. da Publio Quintilio Varo, che fu attirato in un’imboscata nella selva di Teuto-burgo, dove le sue tre legioni furono massacrate. Con gli eterni

nemici orientali, i Parti, Au-gusto riuscì a stringere una pace temporanea, so-prattutto grazie all’azione diplomatica di Tiberio, sancita dalla restituzione delle insegne sottratte al-l’esercito di Crasso, scon-fitto nel 53 a.C.

L’età di Augusto il governo dell’Urbe

la politica estera

Il teatro romano di Aosta, esempio ancora visibile nell’opera di romanizzazione delle province

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La crescita economica e il nuovo ruolo delle province La stabilizza-zione dell’impero, la riorganizzastabilizza-zione amministrativa, gli investimenti per le infra-strutture furono altrettanti fattori che favorirono una florida ripresa economica dopo decenni tormentati dalle guerre civili, che avevano messo in crisi i commerci e la stessa produzione agricola, a causa dei massicci e lunghi arruolamenti per le campagne militari. L’elemento determinante della ripresa fu infatti la pace, che ne creò le condizioni. Dopo la solenne chiusura, nel 29 a.C., del tempio di Giano (il mitico e divinizzato re del Lazio, che soccorreva i Romani in tempo di guerra), si inaugurò per l’impero un sostanziale periodo di pace entro i confini – denomi-nato pax Augusta – che permise di risanare i danni causati dalle guerre civili e di at-tuare una ripresa nella produzione e nei commerci, anche su lunghi tragitti. Il potenziamento dei porti e della rete viaria – da tempo gioiello della colonizzazione romana – permise lo sviluppo del mercato centrale (a Roma confluiva un’enorme quantità di derrate e di manufatti), ma anche l’espansione economica delle stesse province. Tanto che, se in un primo tempo la penisola italica ebbe ancora un ruolo centrale nella produzione di manufatti, presto prevarrà in essa il ruolo passivo di “consumatrice” dei beni prodotti nelle altre province dell’impero, alcune delle quali in pieno sviluppo.

Gli eventi, la società, la cultura

Dopo la battaglia di Azio (31 a.C.) Ottaviano si trovò ad avere nelle mani il controllo di Roma. Pur

man-tenendo un rispetto formale per le magistrature della repubblica, egli realizzò gradualmente un

processo di accentramento del potere, assommando in sé un imperium maius et infinitum, superiore a quello di tutti gli altri magistrati e senza limiti temporali, instaurando di fatto un regime monarchico.

Non proclamò però mai la fine della repubblica, rendendosi conto che l’attaccamento agli ideali

re-pubblicani e al mito della libertas era ancora radicato, soprattutto nella classe senatoria. Nella prospettiva di un esplicito ribaltamento istituzionale sarà fondamentale l’ascesa al potere di Tiberio alla morte di Ot-taviano Augusto (14 d.C.).

Augusto intraprese una profonda riforma dello Stato. L’influenza del senato fu diminuita insieme al

numero di senatori; l’esercito fu ridotto e riorganizzato, attraverso la formazione di sole 28 le-gioni, composte da professionisti in ferma prolungata, e fu sovvenzionato tramite apposite tasse.

Le province furono divise in senatorie e imperiali, le prime amministrate da governatori di nomina senatoria, le seconde controllate da legati scelti dall’imperatore stesso. Una fra queste, l’Egitto, fu consi-derata proprietà dell’imperatore.

Anche il governo dell’Urbe subì mutamenti: i magistrati della repubblica furono progressivamente

esautorati da prefetti di nomina imperiale. Prefetti importanti erano il prefetto urbano, quello

del-l’annona, il prefetto dei vigili, quello della flotta e quello del pretorio, che comandava i pretoriani, una sorta di guardia del corpo dell’imperatore. Quest’ultima carica assumerà sempre più importanza nel-l’epoca imperiale.

In politica estera Augusto rafforzò i confini e consolidò il controllo di regioni ancora ribelli. Fu com-pletata la sottomissione della penisola iberica; fu rinsaldato il controllo dei valichi alpini; furono concluse la conquista di Norico, Rezia e Pannonia. Solo il progetto di spostare il confine dal Reno all’Elba, per ridurre le minacce di incursioni dei Germani, fu frustrato per la pesante sconfitta subita nel 9 d.C. da Publio Quintilio Varo. Con i Parti Augusto strinse una pace temporanea, soprattutto grazie all’azione diplomatica di Tiberio.

La stabilizzazione dell’impero, la riorganizzazione amministrativa, gli investimenti per le infrastrutture favorirono una florida ripresa economica, il cui elemento determinante fu la pace. La pax Augusta consentì di risanare i danni causati dalle guerre civili e di attuare una ripresa nella produzione e nei

commerci. Il potenziamento dei porti e della rete viaria permise lo sviluppo del mercato centrale, ma

anche l’espansione economica delle province.

in sintesi

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Gli eventi, la società, la cultura

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Società e cultura

Apparato burocratico e modificazioni sociali Nella sua vasta opera di riforma Ottaviano Augusto creò un apparato burocratico ampio ed efficiente, che appariva uno strumento oramai indispensabile per il governo dell’impero da parte del princeps. In minima parte vi entrarono i nobili (tra i prefetti, per esempio, solo il prefetto urbano era un senatore); la maggior parte delle alte cariche

bu-rocratiche fu assegnata a esponenti dell’ordine equestre, come tutte le altre

pre-fetture e il ruolo di curator viarum (cioè il sovrintendente alla vastissima rete via-ria): in questo modo l’ordine equestre, che fino ad Augusto aveva raccolto soprattutto affaristi, mercanti e finanzieri, si avviò a diventare pure un ceto di fun-zionari statali. Salirono d’importanza sociale anche i liberti, che Augusto

im-piegò nell’apparato pubblico, mentre la plebe urbana venne blandita e attratta

nel consenso politico grazie ad abbondanti elargizioni mensili di grano. La vita della città migliorò anche grazie a una serie di interventi strutturali: nuovi acque-dotti potenziarono la rete idrica per l’approvvigionamento di acqua potabile; la-vori di rafforzamento furono effettuati sugli argini del Tevere; si intervenne nel tessuto urbanistico, in particolare con la realizzazione di un nuovo splendido foro per la vita economica, giudiziaria e culturale della città. Non a caso Svetonio, bio-grafo del I-IIsec. d.C., scrive: Augustus urbem excoluit adeo, ut iure sit gloriatus

mar-moream se relinquere quam latericiam accepisset, «Augusto abbellì Roma a tal punto

che a ragione si vantò di lasciarla di marmo, mentre l’aveva ricevuta di mattoni (De vit. Caes., Divus AugustusXXVIII, 3).

L’età di Augusto

Il Foro di Augusto con il tempio di Marte Ultiore, promesso dopo la vittoria di Filippi del 42 a.C. e dedicato nel 2 a.C.

il ruolo dell’ordine equestre

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La politica culturale di Augusto Il nuovo signore di Roma non si curò solo di riformare lo Stato nelle sue strutture civili e militari, ma con una certa lun-gimiranza si rese conto che la sua opera doveva essere sostenuta da un forte mes-saggio ideale e accompagnata dal consenso più ampio possibile. Per quanto ri-guarda gli ideali che egli volle porre a base e immagine del proprio impero, Augusto si propose essenzialmente di richiamare ed esaltare quei valori che avevano reso grande la Roma repubblicana: la virtus, lo spirito di sacrificio, la duritia, la

parsimo-nia, il rispetto degli dèi e l’attaccamento alla famiglia. In sintesi, si sforzò di

re-staurare i valori del mos maiorum all’interno di un ritrovato clima di concordia e

di pace, puntando sulla moralizzazione della vita familiare e pubblica e sulla

valorizzazione della proprietà terriera (anche piccola), per rinvigorire

l’agricol-tura. Una serie di provvedimenti furono presi contro l’ostentazione della ricchezza e contro il lusso eccessivo, ritenuti fattori di indebolimento e corruzione della so-cietà; furono emanati decreti che limitavano le spese voluttuarie, cercavano di fa-vorire il matrimonio e la procreazione e scoraggiavano il celibato; e soprattutto – sul piano religioso – tentavano di porre un freno alla diffusione di culti orientali, ri-tenuti alieni alla tradizione romana, e di privilegiare la religione tradizionale. Bisogna subito notare, però, che i successi di questa politica sociale e culturale, che si proponeva di restaurare il tessuto della società romana secondo il modello della civitas di età repubblicana, furono limitati: anzitutto era anacronistico richia-mare gli ideali di un’epoca che il principato stesso sembrava contraddire nei fatti (non vi era più spazio per la libertas repubblicana); inoltre, come hanno eviden-ziato molti storici, i cambiamenti sociali e le nuove abitudini di vita erano frutto di una lunga e complessa trasformazione, si erano oramai radicati e non potevano certo essere cancellati per decreto del principe.

Il ruolo delle arti figurative: il “caso” dell’Ara Pacis Per creare il consenso attorno alla sua politica culturale, il princeps ebbe la felice intuizione di sfruttare le arti figurative, chiamate a rendere visibili a tutti la forza e gli ideali della Roma augustea, sui quali si poggiava la ritrovata pace, nonché l’assoluta cen-tralità del suo artefice. Così non solo l’edificazione del nuovo splendido

foro (cui si è fatto cenno sopra), ma

anche la coniazione di monete ef-figiate con simboli e motti signifi-cativi, nonché l’impulso dato alla

statuaria contribuirono a creare

la nuova immagine dell’impera-tore: innumerevoli furono i ri-tratti di Augusto, rappresentato ora come pontifex maximus, ora come imperator trionfante, ora come antico console, sempre come uomo scelto dagli dèi per governare nella pace e nella giustizia la città e l’impero. L’arte assunse così caratteri

prettamente celebrativi del nuovo

potere imperiale.

Gli eventi, la società, la cultura

gli ideali dell’impero di Augusto

i limiti

un’arte celebrativa

La dea Terra, particolare dell’Ara Pacis.

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Un caso eclatante è rappresentato dalla realizzazione dell’Ara Pacis, un altare dedicato alla Pace, decretato dal senato nel 13 a.C. e solennemente inaugurato nel 9 a.C.: gli altorilievi che ornano il recinto di marmo, posto attorno all’altare, mostrano in un continuum sia scene mitiche (Enea che compie sacrifici, la fondazione di Roma), sia eventi storici, per culmi-nare in due solenni processioni gui-date da Augusto (con i sacerdoti e con i rappresentanti della famiglia imperiale). Il messaggio sotteso è chiarissimo: in Augusto trova il suo compimento la storia di Roma e la sua missione civilizzatrice.

La carta di Agrippa Secondo esempio di condizionamento dell’immaginario collettivo sotto il principato di Augusto fu la grande rappresentazione

cartogra-fica dell’impero, realizzata sotto la supervisione di Agrippa, fidato generale

del-l’imperatore, con l’intenzione di rendere evidente il rapporto tra l’Urbe e il mondo. Per conto del principe, Vipsanio Agrippa realizzò così una carta geografica univer-sale, che fu poi esposta sotto il portico di Vipsanio, nel Campo Marzio (ne parla Plinio il Vecchio nella Naturalis historia ed è giunta a noi solo attraverso una copia difettosa detta Tabula Peutingeriana). Era la “sorella maggiore” di quelle carte geo-grafiche che accompagnavano i trionfi dei generali vincitori per illustrare al popolo le nuove terre conquistate e si estendeva dall’Inghilterra alla Cina. In essa appariva

Roma posta all’esatto centro del mondo, contornata da terre sottomesse e da un

mare che era oramai divenuto tutto romano, un mare nostrum. L’Urbs si poneva al centro dell’orbis terrarum, in una prospettiva ben chiara ai Romani, consapevoli – a differenza dei Greci “policentrici” – che una e una sola poteva essere la città regina, la città per eccellenza, tesa a esportare il suo modello nel mondo.

Il rapporto con gli intellettuali e il ruolo di Mecenate Augusto fu consapevole soprattutto della funzione che potevano assumere intellettuali e scrit-tori nel sostenere il nuovo regime. In modo intelligente, non cercando una smaccata adulazione, egli chiamò i letterati a collaborare a questo progetto ideale. Non gli mancò il loro consenso, a volte blandito, a volte sollecitato: in realtà sembra proprio che molti scrittori, desiderosi più che mai di un periodo di pace, divenissero per convinzione e spontanea adesione sinceri collaboratori della sua politica riforma-trice, grazie soprattutto all’accorta regia diplomatica e culturale di Mecenate, amico e stretto collaboratore di Augusto, il quale fu – anche se non ufficialmente – una sorta di ministro della cultura imperiale, attraverso un “circolo” che egli seppe raccogliere intorno a sé e all’imperatore.

La repressione del dissenso La politica culturale di Augusto non ebbe solo un aspetto conciliante e di promozione: se è vero che la censura imperiale e la re-pressione contro intellettuali d’opposizione si sarebbero scatenate con i suoi succes-sori, bisogna pure ricordare che Augusto stesso non tollerò il dissenso. Il filosofo Se-neca (che operò in epoca neroniana), così afferma: sub divo Augusto nondum hominibus

verba sua periculosa erant, sed iam molesta, «sotto il divo Augusto per gli uomini le

pa-role non erano ancora pericolose, ma già erano causa di fastidi» (De beneficiisIII, 27).

L’età di Augusto

Gli eventi, la società, la cultura

L’Ara Pacis, inaugurata nel 9 a.C. e posta attualmente a Roma in un apposito edificio museale destinato alla sua conservazione.

Roma al centro del mondo

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Gli oppositori erano ostacolati e spesso messi a tacere, come nel caso dell’uomo po-litico e oratore Tito Labieno, le cui opere furono mandate al rogo per decreto del se-nato nel 12 a.C. Non erano viste di buon occhio nemmeno le opere di storici non al-lineati come Pompeo Trogo, che aveva una visione universale e “in divenire” della storia e non poneva al centro della sua opera Roma e la sua presunta missione uni-versale. Forse la vittima più illustre (almeno in campo letterario) della sorveglianza augustea fu il poeta Ovidio, non a caso legato ad ambienti autonomi rispetto alla ri-stretta cerchia imperiale, come il circolo di Messalla Corvino (vedi di seguito, p. 16): Ovidio fu condannato all’esilio nell’8 d.C. probabilmente per il coinvolgimento in uno scandalo che aveva toccato la corte, ma anche per il contenuto delle sue opere poetiche, ritenuto licenzioso e lontano dal programma di restaurazione.

Diverso, ma non meno gravido di conseguenze, fu invece il caso di Cornelio

Gallo, considerato il fondatore del genere elegiaco a Roma. Infatti Gallo,

compa-gno di studi di Virgilio e poi amico di Ottaviano, accanto a costui condusse una brillante carriera politica e militare, fino a diventare nel 30 a.C. prefetto dell’Egitto (segno della stima di cui lo onorava il futuro Augusto). Qui però accadde qualcosa che lo fece cadere in disgrazia agli occhi del principe (forse si macchiò di superbia ed eccessiva autonomia): colpito da pesanti accuse, si suicidò nel 27 (o 26) a.C. La vendetta del principe non si fermò: la figura di Gallo fu sottoposta alla damnatio

memoriae («cancellazione del ricordo») e così naufragò quasi completamente anche

la sua opera poetica (a tale proposito vedi a p. 33 e a p. 246).

Gli eventi, la società, la cultura

gli oppositori

Nella sua opera di riforma Ottaviano Augusto fu supportato da un apparato burocratico ampio ed effi-ciente; la maggior parte delle alte cariche burocratiche fu assegnata a esponenti dell’ordine equestre. Salirono d’importanza sociale anche i liberti, che Augusto impiegò nell’apparato pubblico.

La vita della città migliorò grazie a interventi strutturali: nuovi acquedotti, lavori di rafforzamento sugli ar-gini del Tevere, realizzazione di un nuovo splendido foro.

Augusto volle sostenere la sua opera con un forte messaggio ideale: egli si sforzò di restaurare i valori del

mos maiorum all’interno di un ritrovato clima di concordia e di pace, puntando sulla moralizzazione della vita

familiare e pubblica e sulla valorizzazione della proprietà terriera, per rinvigorire l’agricoltura. Furono presi provvedimenti contro l’ostentazione della ricchezza e contro il lusso eccessivo; furono emanati decreti che li-mitavano le spese voluttuarie, favorivano il matrimonio e le famiglie numerose e soprattutto – sul piano reli-gioso – tentavano di porre un freno alla diffusione di culti orientali e di privilegiare la religione tradizionale. I successi di questa azione furono però limitati: troppo profondi erano i cambiamenti sociali e troppo radicate le nuove abitudini di vita.

Per creare il consenso intorno alla sua politica culturale, il princeps sfruttò anche le arti figurative, non solo attraverso l’edificazione del nuovo splendido foro, ma anche con l’impulso dato alla statuaria, che contribuì a creare la nuova immagine dell’imperatore. L’arte assunse così caratteri prettamente celebrativi (come nel caso eclatante dell’Ara Pacis). Altro clamoroso esempio di condizionamento dell’immaginario collettivo sotto il principato di Augusto fu la grande rappresentazione cartografica dell’impero, realizzata sotto la su-pervisione di Agrippa: era una carta geografica universale, in cui appariva una Roma posta all’esatto centro del mondo, contornata da terre sottomesse e da un mare che era oramai divenuto completamente interno.

Augusto fu consapevole soprattutto della funzione che potevano avere intellettuali e scrittori nel sostenere l’impostazione del nuovo regime: in modo intelligente egli chiamò i letterati a collaborare al suo

pro-getto ideale. Non gli mancò il loro consenso, perché molti scrittori, desiderosi di un periodo di pace,

diven-nero per convinzione e spontanea adesione sinceri collaboratori della sua politica riformatrice, grazie soprat-tutto all’accorta regia diplomatica e culturale di Mecenate, amico e stretto collaboratore di Augusto.

D’altra parte il principe non tollerò il dissenso. Gli oppositori erano ostacolati e spesso messi a tacere, come nel caso dell’uomo politico e oratore Tito Labieno, le cui opere furono mandate al rogo per decreto del senato nel 12 a.C., o del poeta Ovidio, che fu condannato all’esilio per il coinvolgimento in uno scandalo di corte, ma anche per il contenuto delle sue opere poetiche, lontano dal programma di restaurazione augustea.

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Gli eventi, la società, la cultura

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Pubblico, generi letterari

e scrittori nell’età di Augusto

I circoli culturali Per comprendere le dinamiche della produzione letteraria e del rapporto pubblico-committenza-autori in età augustea è opportuno soffermarsi brevemente sul fenomeno dei cosiddetti “circoli culturali” (cui si è fatto breve cenno sopra), che si verificò in questa età storica così come anche in altre precedenti. A Roma infatti era di antica data la consuetudine che poeti e scrittori si riunissero fra loro per trattare argomenti letterari, oppure aderissero a circoli patrocinati da il-lustri e potenti politici: di quest’ultimo tipo era stato il cosiddetto “circolo degli

Scipioni” (IIsecolo a.C.), che aveva contribuito a rinnovare il costume di vita ro-mano secondo gli ideali dell’humanitas. La visione del mondo che si era fatta strada tra gli intellettuali del circolo culturale degli Scipioni, di cui furono importanti membri il commediografo Terenzio, il tragediografo Pacuvio, il filosofo stoico greco Panezio di Rodi e lo storico greco Polibio, tendeva a mantenere viva la tradi-zione romana del mos maiorum integrandola e innovandola con l’apporto della cul-tura e della paidèia («educazione») greca.

In seguito, un gruppo di letterati si era riunito attorno all’aristocratico Quinto

Lu-tazio Catulo, console con Mario nel 102 a.C., manifestando tendenze innovative

rispetto al circolo scipionico, in contrasto aperto con la tradizione romana, visto che i poeti di quel circolo (chiamati preneoterici) accoglievano il modello della poesia erotica ellenistica, dando sfoggio di una notevole e minuziosa cura formale nei loro testi. Essi furono a loro volta i precursori di un altro circolo informale di giovani poeti (quasi più un raduno conviviale attorno a comuni principi di vita e di estetica): i neòteroi («poeti nuovi»), come furono denominati Catullo e i suoi amici Calvo, Varrone Atacino, Cinna, Fabullo, Aurelio, Cornificio e Veranio, coloro che introdussero la soggettività amorosa nella poesia latina.

Questa lunga tradizione mostra un’abitudine oramai invalsa nella cultura latina, che portava i letterati a radunarsi intorno a punti di riferimento comuni, dando origine a quelli che la tradizione ha chiamato “circoli”: tale termine però non deve essere interpretato in chiave moderna, perché si trattava – come abbiamo eviden-ziato – di unioni informali e aperte.

In età augustea si costituirono a Roma tre circoli culturali di letterati, più o meno

vicini al potere politico, attorno a tre influenti personalità, in grado di rappresentare anche una sicura committenza e un riferimento economico per gli scrittori.

Il circolo di Mecenate Colui che avrebbe dato per antonomasia il suo nome a ogni generoso protettore delle arti fu Gaio Cilnio Mecenate (70-8 a.C.). Discen-dente da un’illustre gens etrusca, era un fido collaboratore di Augusto, abile media-tore, diplomatico e intenditore di letteratura, anche se, da convinto epicureo qual era, doveva concepire l’arte come puro passatempo e occasione di intrattenimento. Al di là di pochi suoi versi rimasti e di un dialogo in prosa (il Symposium) di argo-mento letterario-filosofico, il suo merito maggiore fu sicuramente la fondazione del circolo di poeti e letterati che egli raccolse attorno a sé e che da lui prese il nome. Egli seppe con garbo e discrezione sollecitarne l’ispirazione e orientarne il

consenso verso l’imperatore Augusto e il suo mondo ideologico di restaurazione L’età di Augusto il “circolo degli Scipioni” il circolo dei preneoterici il circolo dei neòteroi Mecenate

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politica e civile. Entrarono nel circolo e divennero amici di Mecenate, per citare solo i principali, poeti come Virgilio, Orazio, Properzio, Domizio Marso, Vario

Rufo e Plozio Tucca. Così Michael Von Albrecht sintetizza le caratteristiche di tale

circolo, mettendo in rilievo l’opera di mediazione del suo animatore, ma anche la relativa libertà concessa ai poeti, che potevano rifiutarsi di affrontare generi letterari tendenzialmente troppo celebrativi – come quello epico – e argomenti lontani dalla loro sensibilità e dal loro stile: «Mecenate chiama di preferenza vicino a sé poeti già affermati: Virgilio gli dedica soltanto la sua seconda opera (le Georgiche), Properzio il suo secondo libro. Egli esorta i poeti della sua cerchia a comporre poemi epici in lode di Augusto. Per difendersi da questa sollecitazione i poeti au-gustei ricorrono alla tematica del cortese rifiuto (recusatio). [...] Mecenate accetta che i poeti suoi amici si mantengano fedeli alla loro indole. Solo Vario realizza il desiderio di un poema epico augu-steo – e cade in oblio –, Virgilio lo trascende. La coscienza della diffi-coltà del compito gli fa trovare una solu-zione che offre assai più del richiesto. Nonostante certe riuscite operazioni di polizia, Mecenate non era un ministro della propaganda [...]. A lui va il merito permanente di avere accordato a grandi poeti il modesto spazio di libertà loro ne-cessario» (M. VON ALBRECHT, Storia della

letteratura latina, Torino, Einaudi, 1995,

vol. II, p. 650).

Come ricorda lo studioso tedesco, pro-prio dal circolo di Mecenate uscirà, in-sieme all’altissima esperienza di poeti come Orazio e Properzio, quel poema nazionale nuovo e straordinario – inatteso nei suoi esiti dagli stessi potenti patrocinatori – che fu l’Eneide di Virgilio.

Gli eventi, la società, la cultura

Il grande ninfeo, o Auditorium, che doveva appartenere alla villa fatta costruire da Mecenate intorno al 30 a.C. sull’Esquilino.

i membri del circolo

Altare a Marte e Venere, mitici fondatori di Roma, dal portico del piazzale delle Corporazioni a Ostia, 100-130 circa (Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo).

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Gli eventi, la società, la cultura

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Il circolo di Messalla Corvino Un personaggio politico certamente di primo piano in quegli anni, a sua volta animatore di un circolo culturale, fu Marco

Valerio Messalla Corvino (ca. 60 a.C.-8 d.C.), uomo di ideali repubblicani,

sti-mato oratore d’orientamento atticista e valente generale anticesariano. Dopo avere combattuto a Filippi contro Bruto e Cassio, era passato dalla parte di Antonio e solo tardi – dopo il 38 a.C. – da quella di Ottaviano, per poi ritirarsi a vita privata. Nell’otium letterario si era dedicato alla filosofia, orientandosi verso lo spirituali-smo socratico-platonico e forse verso il pitagorispirituali-smo. Estimatore dei poeti e loro protettore, egli raccolse intorno a sé numerosi letterati fra cui Tibullo, il giovane

Ovidio, Emilio Macro, Valgio Rufo e altri

mi-nori, come la poetessa Sulpicia e Ligdamo. Il genere prediletto da questi membri del circolo fu quello elegiaco, di argomento erotico e di impostazione lirico-soggettiva, il che fa supporre un atteggiamento politico distaccato, se non di op-posizione velata rispetto agli ideali del programma di Augusto: essi non accettano di celebrarne l’ideologia nella propaganda dei valori tradizio-nali del mos sul piano sociale, religioso o poli-tico. Lo stesso ripiegarsi in sé e trattare argo-menti del tutto privati (l’amore, l’amicizia, i viaggi), tanto all’interno del loro circolo quanto nelle loro produzioni poetiche, rivela indirettamente la loro estraneità al clima culturale ufficiale e alla

poli-tica in generale. Poeti come gli elegiaci erano

indiffe-renti alle vicende politiche e dinastiche del princeps, così come già Catullo e i neòteroi avevano irriso il grande Cesare e gli ideali dell’impegno politico.

Il circolo di Asinio Pollione Promotore di cultura e poesia fu anche Gaio

Asi-nio Pollione, nato nel 76 a.C. a Teate, oggi Chieti. Egli ricevette un’ottima formazione

retorica e filosofica studiando sia in Grecia sia a Roma; divenne poi amico di Catullo e di Cinna, simpatizzando per la loro poesia neoterica. Fu il primo a Roma a

pro-muovere la consuetudine delle letture pubbliche (recitationes) delle proprie opere in

presenza di un pubblico scelto, invitato proprio allo scopo di ascoltare l’opera appena composta; riferisce infatti Seneca il Retore: Pollio Asinius primus omnium Romanorum

advocatis hominibus scripta sua recitavit, «Asinio Pollione, primo fra tutti i Romani, recitò

i suoi scritti di fronte agli invitati» (ControversiaeIV, praefatio 2).

Politicamente cesariano, alla morte del dittatore si schierò con Antonio e fu gover-natore della Gallia Cisalpina, aiutando il poeta Virgilio a conservare le sue terre al tempo della distribuzione di fondi ai veterani dei triumviri dopo Filippi (42 a.C.). Dopo una fortunata campagna militare contro i Partini dell’Illiria (oggi Albania), al-l’epoca dello scontro decisivo tra Antonio e Ottaviano egli restò neutrale, ritiran-dosi a vita privata. Morì nel 4 d.C.

Pollione compose dei nova carmina (forse affini ai testi poetici dei neòteroi, di ispi-razione pastorale) che furono lodati da Virgilio, il quale ne era stato forse l’ispira-tore. La sua opera più importante, tuttavia, furono i diciassette libri in prosa delle

Historiae, oggi perduti, che esponevano in modo libero e oggettivo i drammatici

eventi delle guerre civili avvenute fra il 60 a.C. (anno del primo triumvirato tra Ce-sare, Pompeo e Crasso) e il 35 a.C. (battaglia contro Sesto Pompeo). Ebbe anche il merito di aver fondato la prima biblioteca pubblica a Roma nel 39 a.C., nell’atrio

L’età di Augusto Messalla Corvino

i membri del circolo

Asinio Pollione

Fontana a forma di cratere con le nozze di Paride ed Elena, Isecolo (Roma, Centrale Montemartini).

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del tempio della Libertà, grazie alle entrate del bottino di guerra strappato agli sconfitti Partini, e di aver organizzato e protetto alcuni scrittori anticonformisti della sua epoca, non culturalmente integrati con il regime dominante.

Le occasioni della letteratura Proprio il riferimento alle prime recitationes organizzate da Asinio Pollione permette di aprire una finestra sulle “occasioni” della letteratura in età augustea: tempi e luoghi non solo di produzione letteraria, ma anche di consumo. Le recitationes infatti erano vere e proprie letture pubbliche, aperte ora a una ristretta cerchia di invitati e intenditori (per esempio, come avve-niva nell’aristocratico circolo di Messalla Corvino), ora a un pubblico più vasto. Erano organizzate nella domus di qualche ricco promotore oppure in sale apposite, chiamate auditoria, ed erano appuntamenti sfruttati spesso dagli autori per presen-tare le nuove opere. Accanto alle recitationes pubbliche – che caratterizzarono tutto il primo secolo del principato e rappresentarono uno strumento di “pubblicazione” e diffusione delle opere letterarie – permase, anzi, si sviluppò ulteriormente l’atti-vità di ricchi editori (sul modello di Attico, l’amico di Cicerone), che si occupa-vano di far copiare e diffondere i libri degli scrittori latini nella città e in tutti i prin-cipali centri dell’impero: dalle testimonianze che rimangono, sappiamo che il mercato librario in età augustea fu vivace.

Sul versante della fruizione del patrimonio librario, Augusto diede un impulso fon-damentale anche allo sviluppo delle biblioteche pubbliche, realizzando in grande stile un progetto che era già stato di Cesare (il quale aveva affidato a Varrone il compito di allestire la prima biblioteca pubblica a Roma) ed era stato anticipato da Asinio Pollione nel 39 a.C. (vedi sopra, p. 16): egli infatti fece allestire una grande biblioteca presso il tempio di Apollo sul Palatino, inaugurata nel 28 a.C., che aveva il merito di riunire opere greche e latine, chiaro segno della raggiunta compenetra-zione delle due culture, che oramai si potevano presentare alla pari. Pochi anni dopo, Augusto fece aprire anche un’altra biblioteca presso il portico di Ottavia.

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Gli eventi, la società, la cultura

le recitationes

l’attività degli editori

le biblioteche pubbliche

Donne che leggono un rotolo di papiro, da un affresco pompeiano (Napoli, Museo

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Gli eventi, la società, la cultura

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Augusto scrittore D’altra parte, l’interesse di Augusto per la letteratura non fu solo esteriore. Egli stesso, sia pure da dilettante, si dedicava alle lettere: esperto di eloquenza, studiata come discepolo del retore Apollodoro di Pergamo, scriveva e declamava volentieri e tentò anche la strada della poesia: abbozzò la tragedia

Aiax e compose un poemetto in esametri sulla Sicilia, mentre in prosa, per il

ge-nere autobiografico, scrisse tredici libri di Commentarii de vita sua contenenti le

vi-cende fino alla guerra cantabrica, combattuta nella Spagna Tarraconese nel 25 a.C. Inoltre, per via epigrafica, è pervenuto l’Index rerum a se gestarum (o Res gestae divi

Augusti, 14 d.C.), ma chiamato anche Monumentum Ancyranum perché ritrovato ad Ancyra (l’attuale Ankara, capitale turca) in una iscrizione bilingue greco-latina sulle

pareti di marmo di un tempio. È questa la copia dello scritto originale, fatta ripro-durre dal successore Tiberio anche su due pilastri di bronzo davanti al Mausoleo di Augusto a nord del Campo Marzio (fra la via Flaminia e il Tevere), ove sorge l’Ara

Pacis. In esso Augusto ha redatto, alla fine della sua esistenza, una sintesi elogiativa

della propria vita (dai diciannove anni in poi), una sorta di testamento politico per presentare la sua carriera, le cariche pubbliche ricoperte, gli onori, le somme di denaro donate all’erario, gli edifici e i templi fatti costruire o restaurare, i donativi per la plebe, i nemici vinti e le leggi emanate. L’opera è scritta in prima persona – a testimoniare l’auctoritas del narratore – con concisione estrema, in uno stile lapida-rio ed efficace, con un linguaggio semplice e chiaro, anche se non privo di ufficiale solennità. La coordinazione asindetica fra le proposizioni e l’assoluta mancanza di artifici retorici contribuiscono a conferire all’Index un’austera gravitas e danno al lettore il senso di un’opera tanto sobria quanto maestosa.

Il rapporto con i modelli greci e lo sviluppo dei generi letterari

La nuova generazione di scrittori che operò sotto il principato augusteo ampliò il

confronto con la letteratura greca, non fermandosi più ai soli modelli ellenistici,

che erano stati fondamentali per le generazioni precedenti: Virgilio si confrontò con l’ellenista Teocrito nella sua prima opera (le Bucoliche), ma poi risalì fino ai grandi archetipi di Esiodo e Omero per affrontare i due poemi (Georgiche ed

Eneide); Orazio nelle sue Odi si rifece all’insegnamento dei lirici greci arcaici (VII

-VIsecolo a.C.).

Quanto ai generi letterari frequentati, l’età augustea è considerata il vertice della

poesia latina: soprattutto la prima generazione di poeti che operò tra la fine delle

guerre civili e l’inizio del principato (la generazione di Virgilio e Orazio, appunto) sentì profondamente di vivere in un’epoca privilegiata e sembrò condividere un progetto di pace e civiltà che conferì alle opere un afflato veramente universale (non per nulla si identificano questi autori come i grandi “classici” latini). Più stac-cata dalla politica augustea fu invece l’esperienza degli elegiaci latini, che seppero creare e portare a piena maturazione un genere poetico originale, innestato sulla tradizione della poesia erotica e soggettiva.

La grande stagione della poesia augustea ebbe alcuni caratteri comuni, che pos-siamo identificare in due nodi significativi. Innanzitutto la poesia fu concepita come un mezzo per trasmettere idee e immagini che fossero utili alla comunità. La generazione dei poeti augustei si misurò con il modello del poeta-vate, voce della comunità tutta e al tempo stesso interlocutore della comunità con il principe. Anche chi prese le distanze dalla politica augustea cercò di convincere il lettore della problematicità della sua scelta, attraverso la pratica delle recusationes, che rive-lavano la tensione esistente tra l’orientamento etico e politico della poesia e la for-mazione letteraria che ciascun poeta aveva, forfor-mazione che tendeva alla produ-zione disimpegnata e puramente artistica.

L’età di Augusto i Commentarii

de vita sua

Augusto raffigurato come Apollo, in un cammeo del Isecolo. l’Index rerum a se gestarum il confronto con i Greci la poesia il modello del poeta-vate

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Secondo nodo importante della cultura poetica di questo tempo fu la consape-volezza dei poeti di costruire opere letterariamente alte, forti di una piena

ma-turità formale e stilistica, molto lontane dal gusto dell’età arcaica. Tutti i poeti

di questo periodo si dichiarano debitori della prima produzione arcaica e la re-cuperano soprattutto sul piano dei contenuti e della saldezza etica, ma si dicono fermamente convinti della loro superiorità formale. Si modellò così un nuovo canone letterario, che si sostituiva definitivamente al precedente, pur non senza difficoltà. Soprattutto i grammatici si dichiaravano ostili a introdurre lo studio dei nuovi poeti e continuavano a scegliere gli antichi, leggendo nelle loro le-zioni ad esempio Lucilio ed Ennio a preferenza di Orazio e Virgilio. Tuttavia, nel corso di quei pochi decenni il nuovo gusto letterario più alto e curato, in grado di competere ormai completamente con la produzione greca, venne pre-ferito anche agli antichi, dichiarando definitivamente l’introduzione di un nuovo canone poetico.

Se le considerazioni precedenti valgono per la produzione poetica, un discorso a sé va fatto per il teatro. Pur essendo perdute, sappiamo che alcune opere

tea-trali dell’epoca erano pregevoli (il Thyestes di Vario, per esempio, o la Medea di

Ovidio); Augusto vedeva di buon occhio la rinascita di un teatro di livello alto, che poteva rappresentare un utile strumento di propaganda: non a caso aveva fatto ultimare, nel cuore della città, un grande teatro iniziato da Cesare, per 20 000 spettatori, dedicandolo poi alla memoria del nipote Marcello, scomparso in giovane età. Il grande pubblico romano, però, sembrava orientato ormai verso gli spettacoli di massa, offerti dall’arena del circo.

Anche la prosa ebbe uno sviluppo differente dall’età precedente. L’oratoria conobbe un progressivo arretramento, uscendo dalla curia senatoriale e dal foro per ritirarsi nelle sale di recitazione, trasformandosi in esibito esercizio di abilità retorica. La storiografia si staccò dalla lotta politica e passò dalle mani di storiografi che provenivano dalle fila del senato ed erano coinvolti nella lotta per la res

publica (Sallustio per esempio,

o lo stesso Cesare) a quelle di un letterato di professione come Livio, che si voltò indie-tro e riassunse tutta la storia di Roma in una sorta di grande romanzo nazionale. Interes-sante e fertile fu invece la pro-duzione di prosa tecnica, che vide gli interventi di molti giu-risti, ma toccò il suo vertice con l’opera di un architetto: Vitruvio, che seppe mettere a frutto nel suo

De architectura l’esperienza diretta

acquisita nei grandi cantieri edili-zi promossi da Augusto, che appare come dedicatario dell’opera.

Gli eventi, la società, la cultura

la maturità formale e artistica il teatro la prosa Il vaso Portland, esempio di raffinatezza artistica di particolare levatura: in vetro blu con figure a cammeo (Londra, British Museum).

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