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Me pinxit, me fecit

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Academic year: 2021

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Me pinxit, me fecit

A cura di Eleonora Del Riccio

Sapienza Università di Roma E-mail: elo-dr@hotmail.it

Riv Psichiatr 2016; 51(6): 275

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Personalmen-te, ho sempre pro-vato un affetto particolare per le opere di Pietro da Cortona ed ecco perché ho scelto per l’ultimo nu-mero di quest’an-no uquest’an-no splendido disegno prepara-torio per la Volta Barberini.

Consiglio viva-mente a tutti co-loro che non l’avessero ancora fatto, di approfit-tare delle vacanze che si avvicinano per concedersi un’ora di svago e andare a vedere lo splendido Pa-lazzo seicentesco della famiglia, si-tuato nell’omonima piazza a Roma. L’entrata odierna però è su via delle Quattro Fontane e penso sia un bene specificar-lo perché il Museo Nazionale d’Arte Antica, che oggi si tro-va al suo interno, ha deciso di non investire su indicazioni o cartelloni che potessero accompagnare il visitatore curioso verso l’entrata del Museo e, quindi, al suo interno.

Bene, ammesso che riusciate a ritagliarvi un’ora di tempo e che, soprattutto, riusciate ad entrare nel Museo, quello a cui vi troverete ad assistere sarà una raccolta di quadri apparen-temente simile ad altre raccolte dello stesso tipo a Roma, co-me quella della Galleria Borghese nell’omonima Villa o di Palazzo Corsini a Trastevere. Non lasciatevi impressionare dai nomi altisonanti che compaiono nella collezione: Raffa-ello, Guido Reni, Lanfranco, Tiziano, Caravaggio, Poussin…, passate con sicurezza attraverso le varie sale, provate a ve-dere se c’è qualcosa che catturi la vostra attenzione, ma non soffermatevi per troppo tempo: siete alla ricerca di una volta affrescata non di una tela. Ad un certo punto entrerete in una

sala che vi sembrerà affrescata e penserete di aver trovato il Cortona, ma non illudetevi, perché si tratta di Andrea Sacchi e della volta con la Divina Sapienza. Vi piace? Io ho i miei dubbi. Proseguite, andate avanti sul piano, correte dal Corto-na e dopo, se ne avrete voglia, potrete torCorto-nare indietro per ri-percorrere con più calma tutti i quadri visti di fretta, tutti i busti solo intravisti (e badate bene, perché la maggior parte è opera di Gian Lorenzo Bernini).

Andando avanti, spero che le aspettative che vi siete co-struiti sull’opera che state per vedere siano ben grandiose perché il Cortona stesso, nella fase progettuale, aveva avuto lo stesso tipo di aspettative visionarie. E poi eccola la sala giusta, e ve ne accorgerete perché alle pareti non ci sono più quadri ma solo un broccato elegante che va da terra fino al soffitto. Guardate in alto e stendetevi sui divanetti posizio-nati al centro della sala, se sono occupati fatevi fare posto o stendetevi per terra perché il Trionfo della Divina Provvi-denza è fatto per essere contemplato.

Non riuscirete ad indovinare di che scena si tratti, né a in-dividuare tutti i personaggi. Ma questo non importa, perché ciò che conta in questo momento contemplativo è lo stupo-re che dovstupo-rebbe assalirvi. Non vi dirò nemmeno io che cosa racconta il soffitto Barberini, o almeno non lo farò nel det-taglio.

Giuliano Briganti, uno storico dell’arte di chiara fama e serietà, nella sua magnifica opera monografica su Pietro da Cortona, a proposito della Volta Barberini intesa come ope-ra simbolo dell’essenza del Barocco, scrisse: «Una proiezione in cielo di tutti i desideri più caduchi di quaggiù, delle virtù più utili al governo, delle glorie più mondane; una rappre-sentazione, in nube, di una società gerarchica che, trasferen-dosi nei Santi l’antico culto degli eroi, testimoniava appunto una fede: quella di una sicura rispondenza fra il cielo e gli al-tari e i troni di questa terra»1.

Ed effettivamente non c’è molto di più da sapere sulla Volta per comprenderne il senso: essa è una visione terrena traslata in cielo perché potesse essere legittimata.

Adesso, chissà quando avrete voglia di alzarvi dai diva-netti per uscire.

BIBLIOGRAFIA

1. Briganti G. Pietro da Cortona o Della pittura Barocca. Firenze: Sansoni, 1962.

Pietro da Cortona (1596-1669), Testa della Dignità (ante 1632)

Matita nera su carta bianca Darmstadt, Hessisches Landesmuseum

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