Martin Heidegger
1889 - 1976Opera fondamentale: Essere e Tempo
Lo scopo è quello di determinare il senso dell’Essere
Indagine sull’Uomo che pone la domanda sull’essere
Analitica esistenziale
Nota: dopo il ‘30 si concentrerà sulla autorivelazione dell’essere
L’analitica esistenziale e l’esser-ci
La domanda da cui partire:Presso quale ente si dovrà capire il senso dell’essere?
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Sull’Uomo dunque (Dasein, Esserci) L’uomo è sempre in una situazione
L’uomo non è un ente, una semplice presenza, oggettività
L’uomo è quell’ente per cui le cose stanno presenti ● È un esser possibile
● È un prendersi cura del Mondo e degli altri L’essere dell’uomo è sempre una possibilità da attuare
da Pietro Chiodi, nell'Introduzione ad Essere e Tempo, Longanesi
Per quanto concerne il primo punto, va anzitutto osservato che l’opera, considerata a ragione come il più importante documento della filosofia dell’esistenza fra le due guerre, è in realtà una riproposizione del problema dell’« essenza » e non dell’esistenza. Del resto Heidegger ha dichiarato (e ribadito) : « Debbo ripetere... che le mie tendenze filosofiche... non possono essere classificate come
Existemphilosophie. La questione che mi preoccupa non è quella dell’esistenza dell’uomo, ma quella dell’essere nel suo insieme e in quanto tale ».
L’esistenza fa la sua comparsa solo in sede di analisi della struttura del problema del senso dell’essere in generale. Questa struttura comporta un cercato (l’essere), un ricercato (il suo senso) e un
interrogato (presso cui si cerca). Gli enti sono molti: vegetali, animali, cose, l’uomo, eccetera. Si chiede Heidegger: esiste un ente che possa vantare un rango primario per fungere da interrogato a proposito del problema del senso dell’essere in generale? Esiste un ente che abbia rapporti privilegiati con l’essere rispetto alla sua possibile comprensione? Sì, questo ente esiste ed è quell’ente che noi stessi siamo, l’uomo (Dasein, Esserci); il suo primato consiste nel fatto che la comprensione dell’essere è costitutiva del modo di essere (esistenza) di questo ente. L’esistenza, come modo di essere esclusivo dell’uomo, non è dunque semplicemente il luogo occasionale del problema del senso dell’essere in generale, ma la condizione costitutiva della sua possibilità. L'analitica esistenziale diviene l’« ontologia fondamentale »
L’essere nel mondo e l’essere con gli altri
Il modo di essere dell’uomo è l’esistenza poter essere
l’uomo è progetto e le cose del mondo sono utensili per il progetto
Ma l’utilizzazione delle cose non può essere fine a se stessa
Tra le varie possibilità c’è la morte (= possibilità dell’impossibilità di ogni
possibilità)
Svela la nullità di ogni progetto
La morte proibisce di fissarci su di una
situazione
Anticipare la morte non vuol dire rinunciare alle possibilità effettive ma coglierle nella loro vera natura di pure possibilità; esige quindi una sorta di sospensione dell’assenso agli interessi intramondani nei quali siamo sempre dispersi.
Anticipare la morte è esistenza autentica:
si scopre che una qualsiasi cosa possibile non è
così perché così si fa ma è possibilità propria
In quanto anticipazione della morte la decisione
anticipatrice della morte è una autentica
possibilizzazione delle possibilità, ma si
irrigidisce su nessuna particolare realizzazione
raggiunta: essa ha un avvenire, un futuro!!
Il coraggio e l’angoscia
L’essere per la morte è essenzialmente angosciaAngoscia pone di fronte al nulla
Non senso di ogni progetto (nullità possibile di ciò che è possibile)
L’esistenza autentica è accettazione della propria finitezza
L’angoscia non è paura: la paura è l’angoscia banalizzata nell’esistenza inautentica
La paura presuppone che l’uomo intenda se stesso a partire dal mondo e si senta in gioco in esso. L’Esserci ha paura per sé ed ha paura davanti a qualcosa che gli si presenta nel mondo. Nell’angoscia invece il davanti a che si dissolve interamente perché il mondo ha perso ogni significato. Davanti all’angoscia non c’è che il nulla.
Il tempo
Poiché l’esistenza è possibilità di progettare, il tempo essenziale e fondamentale è il FUTURO
Tuttavia tutti tre i tempi trovano una giustificazione nell’esistenza autentica:
Tempo autentico (=assumere la morte come possibilità)
Passato: non accettare passivamente la tradizione ma affidarci alle possibilità che la tradizione ci offre
Presente: è l’istante dove si decide il destino e si ripudia il presente fatto di manipolazione di cose da fare
Le tre determinazioni del tempo mutano ciascuna in base al fatto che si tratti di tempo autentico
o di tempo inautentico, dove il tempo autentico è quello dell' esistenza autentica e quello
inautentico è tipicizzato dalla preoccupazione per il successo, è l'attenzione alla riuscita; mentre
nell’ esistenza autentica che assume la morte come possibilità qualificante dell'esistenza, il
futuro è un vivere per la morte che non permette all'uomo di venir travolto nelle possibilità
mondane. E se il passato autentico è non l’accettare passivamente la tradizione ma un affidarci
alle possibilità che la tradizione ci offre e rivivere le possibilità dell'uomo che è già stato, il
presente autentico è l'istante in cui l'uomo ripudia il presente inautentico (dove l'uomo è
assorbito senza requie nelle cose da fare) e decide il suo destino. Da questa analisi del tempo
derivano alcune conseguenze di rilievo nel pensiero di Heidegger: l’esistenza autentica è
l’esistenza angosciata che vede l'insignificanza di tutti i progetti e i figli dell'uomo tale
insignificanza rende tutti i progetti equivalenti. Ponendolo dinanzi alla equivalente nullità dei fini
l'angoscia dà all' individuo la possibilità di accettare il proprio tempo e di rimanervi fedele, vale a
dire di assumere come proprio in una specie di amor Fati il destino della comunità umana cui
egli appartiene. In altri termini l'uomo che vive autenticamente seguita a vivere la vita per così
dire banale del suo tempo e del suo popolo, ma la vive con tutto quel distacco proprio di chi ha
avuto attraverso l'esperienza anticipatrice della morte la rivelazione del nulla degli umani
progetti e della esistenza umana. (Reale-Antiseri)
La metafisica occidentale come oblio dell’essere
Il problema era di scoprire il Senso dell’Essere ma
L’analisi dell’esser-ci non ha rivelato il senso dell’essere ma il nulla dell’esistenza
Platone è stato il primo responsabile della degradazione della Metafisica a Fisica (Platone ha subordinato l’essere alla Verità, per Platone è il pensiero che stabilisce i rapporti di idee, e perciò l’essere è subordinato al linguaggio)
Ma il linguaggio (che è limitato da regole, forme, etc.) parla di enti e non dell’essere. Non si può ricercare il senso dell’essere
indagando gli enti
La metafisica occidentale ha identificato l’essere con l’oggettività
È necessario ritornare ai primi filosofi che avevano concepito la verità come un dis-velarsi
La rivelazione dell’essere non può essere opera di un ente (uomo) ma dell’essere stesso Nota: si può vedere a cura di U.Galimberti, sull’Essenza della Verità, La scuola vedi
L’uomo non può svelare il senso dell’essere: deve essere pastore dell’essere non padrone dell’ente
Ma dove si svelerà l’essere? Heidegger indica il linguaggio.
Non è però il linguaggio scientifico ma quello poetico
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