UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA
SCUOLA DI DOTTORATO Politica, società ecu/tura
DIPARTIMENTO Soci%gio e Scienza politica
TESI DI DOTTORATO DI RICERCA
Scienza e Potere nella crisi delle società eurapee della conoscenza /talia e Gran Bretagna a confronto su/ caso della rego/azione degli Ogm
TUTORS DOTTORANDA
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Claire Waterton Brian WynneCOORDINATORE DEL DOTTORATO
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XXIV Ciclo di dottorato
A.A.
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3 INTRODUZIONE 7 TRAIETTORIE, RAGIONI E OUTLINE DELLA RICERCA 21 CAPITOLO PRIMO 49 STRUTTURA TEORICA E METODI DELLA RICERCA 49 RISCHIO E RADICALIZZAZIONE DELLA MODERNIZZAZIONE RIFLESSIVA NELLA CRISI DELLA MODERNITÀ 50 MODERNIZZAZIONE RIFLESSIVA: UN APPROCCIO (OTTIMISTICO) ALLA RADICALIZZAZIONE DEGLI EFFETTI PERVERSI DELLA
MODERNITÀ 52
L’AMARA IRONIA DELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO: IL ‘RISCHIO’ DELLA RADICALIZZAZIONE DELLA RIFLESSIVITÀ (E RIFLESSIONE)
SOCIALE? 63
CO‐PRODUZIONE DI SAPERE NORMATIVO: LE RELAZIONI COSTITUTIVE TRA SAPERE E POTERE NELLA CRISI DELLA MODERNITÀ 75 L’IDIOMA DELLA CO‐PRODUZIONE DI SAPERE NORMATIVO NELLO STUDIO SOCIALE DELLA TECNOSCIENZA E DEGLI ORDINI SOCIALI
MODERNI 83
MODELLI DI CO‐PRODUZIONE NEL CASO DEGLI OGM: STRUMENTI DI CO‐PRODUZIONE DI SAPERE NORMATIVO NELLA POLICY
BIOTECNOLOGICA 96
LO STATO DI ECCEZIONE COME PARADIGMA DI GOVERNO DELLE CONTROVERSIE SUL RISCHIO: DEMOCRAZIA, DESPOTISMO
SCIENTIFICO E RISCHIO NELLA CRISI DELLA MODERNITÀ 115
LO STATO DI ECCEZIONE COME PARADIGMA DI GOVERNO NELLE CONTROVERSIE DEL RISCHIO 119 LE IMPLICAZIONI COSTITUZIONALI DELLO STATO DI ECCEZIONE NELLE CONTROVERSIE DEL RISCHIO: DESPOTISMO SCIENTIFICO NEL
CASO DELLA REGOLAZIONE DEGLI OGM 131
METODI E FASI DELLA RICERCA: IL CASO DI STUDIO DEGLI OGM NELLA COMPARAZIONE TRA L’ITALIA E LA GRAN BRETAGNA
159 ANALISI DEI DOCUMENTI 164 INTERVISTE E OSSERVAZIONI PARTECIPANTI 166 ULTERIORI DIMENSIONI E CANALI DI REPERIMENTO DEI DATI: MEDIA ANALISI 168 FASI DELLA RICERCA 171 SECONDO CAPITOLO 174
LA REGOLAZIONE INTERNAZIONALE ED EUROPEA DEL RISCHIO TECNICOSCIENTIFICO: LE BIOTECNOLOGIE E GLI OGM NELLE
SOCIETÀ DEL RISCHIO E DELLA CONOSCENZA 174
L’EMERSIONE DELLE BIOTECNOLOGIE E DEGLI OGM: TRA RISCHIO SCIENTIFICO ED INCERTEZZE SOCIALI NELLE SOCIETÀ TARDO‐
CAPITALISTICHE 177
PRINCIPI, DIRITTI, E FORME DI REGOLAMENTAZIONE DELL’INCERTEZZA: IL CARATTERE DI RIFLESSIVITÀ DELLE SOCIETÀ DEL
RISCHIO 193
IL RISCHIO E L’INCERTEZZA TECNO‐SCIENTIFICA NELL’UNIONE EUROPEA: PROCESSI DI REGOLAZIONE GIURIDICO‐SCIENTIFICA DELLE BIOTECNOLOGIE E DEGLI OGM NELLA COMUNITÀ DELLA CONOSCENZA EUROPEA 220 PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, PRINCIPIO DELLA SOSTANZIALE EQUIVALENZA E BREVETTABILI DEGLI OGM 224 LA SCIENZA PER LA GOVERNANCE: SAPERE TECNICO‐SCIENTIFICO NELLA POLICY DI REGOLAZIONE GIURIDICO‐SCIENTIFICA E
SOCIALE DEL RISCHIO BIOTECNOLOGICO 242
SCIENZA E DIRITTO NELL’UE: LA REGOLAMENTAZIONE DEL RISCHIO DA OGM NELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA EUROPEA
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TERZO CAPITOLO 275
IL CASO DEGLI OGM IN GRAN BRETAGNA 275
4 SOGGETTI, TEMI E ARGOMENTAZIONI DENTRO I FATTI: LA CONTROVERSIA DEGLI OGM IN GRAN BRETAGNA 296 LA REGOLAMENTAZIONE SCIENTIFICO‐GIURIDICA DEGLI OGM IN GRAN BRETAGNA: UNO SGUARDO AI PROCESSI DI DI
DEPOLITICIZZAZIONE E SCIENTIZZAZIONE DEI DIBATTITI PUBBLICI SULLE BIOTECNOLOGIE 305 LA CO‐PRODUZIONE DEI FATTI E DEI DISCORSI NORMATIVI NEL CAMPO DELLE BIOTECNOLOGIE IN GRAN BRETAGNA: LA
PRODUZIONE DELLA POLICY SUGLI OGM 330
TECNICHE DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE A MONTE E A VALLE NELLA SCIENZA NELLA GOVERNANCE BIOTECNOLOGICA: LE AVVENTURE DEL PUBLIC UNDERSTANDING OF SCIENCE E DEL PUBLIC ENGAGEMENT NEL CASO DELLE BIOTECNOLOGIE IN GRAN
BRETAGNA 351
RAPPRESENTAZIONI,IMMAGINI E SEGNI DELLA RIPOLITICIZZAZIONE DEI DIBATTITI NELLE SCIENCE‐BASED POLICY DEL RISCHIO: FORME DI DISOBBEDIENZA CIVILE VS IL DESPOTISMO SCIENTIFICO NEL CASO DEGLI OGM IN GRAN BRETAGNA 372
QUARTO CAPITOLO 396
IL CASO DEGLI OGM IN ITALIA 396
RICOSTRUZIONE DEL NETWORK DEGLI ATTORI, DEI TEMI E DELLE ARGOMENTAZIONI NELLA CONTROVERSIA SUGLI OGM IN
ITALIA 410
SOGGETTI, TEMI E ARGOMENTAZIONI DENTRO LA STRUTTA REGOLATIVA ITALIANA: LA COSTRUZIONE DELLA POLICY DEGLI OGM
IN ITALIA 438
LA SCIENZA E LA POLITICA IN ITALIA NELLA CONTROVERSIA SUGLI OGM: A) GLI SCIENZIATI DAL PALCO NELLA LOTTA PER IL CONSENSO, B) CONFLITTI TRA BUONA E CATTIVA SCIENZA, C) COSA C’ENTRA IL CASO DI BELLA NELLA CONTROVERSIA DEGLI
OGM? 481
GLI OGM ‘FUORILEGGE’ E LA ‘GUERRA’ ITALIANA ALLA CONTAMINAZIONE DA MATERIALE TRANSGENICO: IL CASO DEL MAIS
INFETTO IN PIEMONTE 513 RAPPORTO TRA STATO E REGIONI ITALIANE NELLA PRODUZIONE DELLA POLICY SUGLI OGM: UNO SGUARDO AL CASO DEGLI
AGRICOLTORI DISOBBEDIENTI IN FRIULI VENEZIA GIULIA 531
CAPITOLO QUINTO 595
COMPARAZIONE TRA L’ITALIA E LA GRAN BRETAGNA 595
PERCORSI, METODI E STRUMENTI DELLA COMPARAZIONE 611
SCHEMATIZZAZIONE DEGLI ELEMENTI DELLA COMPARAZIONE E CONFRONTI 646
CONCLUSIONI 661
BIBLIOGRAFIA 676
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Introduzione
Le relazioni tra scienza e politica nel campo della regolazione pubblica delle biotecnologie sono il tema centrale di questo lavoro di ricerca, il cui focus, in generale, è sul più ampio rapporto tra riproduzione degli ordini sociali e della conoscenza tecnicoscientifica nella fase attuale di modernità.
L’attuale dimensione globale dello sviluppo della tecnoscienza1 riproduce sfide sia per i governi e per la governance della scienza, sia all’interno degli Science and Technology Studies (STS), nel loro tentativo di comprendere le complesse connessioni tra i processi sociali di riproduzione della conoscenza scientifica, del potere e degli ordini sociali moderni, in particolare, nella fase attuale di crisi sociale, politica e istituzionale delle democrazie capitalistiche moderne, e all’interno della cosiddetta società Europea della conoscenza. In questo lavoro ho inteso prendere in considerazione tali questioni attraverso il caso di studio della regolazione delle biotecnologie e esaminando, in particolare, la controversia sugli Organismi geneticamente modificati (Ogm) nel settore agro-industriale in Europa. Questo caso, specialmente nel dibattito interno agli STS, è considerato un campo di osservazione profondamente rappresentativo dell’attuali dinamiche di normalizzazione dei rischi, delle crisi e dei conflitti sociali delle democrazie capitalistiche contemporanee, all’interno delle arene politiche nazionali e internazionali. In particolare, ho sviluppato questa ricerca sul caso degli Ogm attraverso la ricostruzione del framework europeo di regolazione delle biotecnologie e attraverso uno studio comparato tra due stati Europei, l’Italia e la Gran Bretagna.
Vale la pena anticipare che ho selezionato questi due paesi europei sulla base delle differenze e delle singolarità che ho rintracciato osservando, in primo luogo, le divergenti posizioni tra il governo centrale italiano e britannico in relazione allo sviluppo dell’impresa biotecnologica in Europea e all’interno dei propri contesti nazionali: lo stato italiano ha espresso una politica totalmente contraria alla produzione e commercializzazione degli Ogm, sostenendo l’idea di
1 In questa ricerca il concetto di “tecnoscienza” è utilizzato come forma linguistica per defnire, insieme, i differenti
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tolleranza zero alla diffusione di questi prodotti in Europa e sul territorio nazionale, giustificando questa psizione principalmente sulla base della mancanza di certezza scientifica relativa ai rischi derivanti dall’immissione di tali prodotti nell’ambiente, e legittimando la decisione politica affermando l’idea di insufficienti evidenze scientifiche in questo campo.
Piuttosto, il governo centrale britannico si è dimostrato, in particolare negli ultimi tre decenni, in favore dell’affermazione dei prodotti biotecnologici nei diversi settori di applicazione di questo settore ibrido e integrato di ricerca tecnicoscientifica. Così, attraverso uno studio comparato per differenze, l’intento è di comprendere come, al di là di questi opposti risultati e decisioni politico-governative, la base di legittimazione di entrambe queste posizioni divergenti è fodata sul terreno scientifico: sulle evidenze scientifiche (sufficienti o insufficienti) e sulla centralità delle questioni di valutazione e gestione scientifica del rischio nelle dinamiche di policy e decision making e nella costruzione dei networks, in particolare quelli decisionali, e degli immaginari socio-biotecnologici (Jasanoff 2004) nazionali ed internazionali. Infatti, anche se il governo britannico sta esprimendo una politica pubblica completamente opposta alle autorità governative italiane, la definizione di questo campo di ricerca e innovazione e l’affermazione/legittimazione delle traiettorie politiche-economiche, in entrambi i paesi, sono predominantemente concentrate sull’idea di necessità di sviluppare una policy essenzialmente basata sull’evidenze scientifiche: una science-based policy. In questo lavoro, sulla base di tali elementi preliminari, l’intento è di esplorare come queste diverse traiettorie di decisione politica si formano, e sono giustificate e legittimate istituzionalmente, intendendo questi processi decisionali come parte integrante delle cruciali dinamiche di costruzione/riproduzione del potere su diversi livelli, nazionale, internazionale e locale, e focalizzando in particolare l’attenzione sugli attuali meccanismi di legittimazione delle autorità contemporanee, delle loro azioni, discorsi e decisioni: qual è la struttura discorsiva, cognitiva e materiale attraverso cui le policies e la politica trova legittimazione nello sviluppo e
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radicalizzazione dei processi di modernizzazione delle società contemporanee del rischio e della conoscenza?
Considerando la centralità dell’expertise scientifico all’interno delle strutture, dispositivi e arene di
policy making, e sottolineando il fatto che, per esempio nel caso degli Ogm in Italia e in Gran
Bretagna, questi opposti risultati politici trovano, in entrambi i contesti nazionali, affermazione sulla base dell’evidenze o delle insufficienti evidenze scientifiche, attraverso l’analisi delle differenze tra questi due paesi, allo stesso tempo, ho inteso porre in luce la base discorsiva, materiale e cognitiva costitutiva e comune (alle democrazie occidentali e europee moderne) di legittimazione pubblica delle decisioni governative relative al rischio che appaiono costruite sull’idea modernista e positivista di supremazia della conoscenza e razionalità scientifica in politica e nella riproduzione degli ordini sociali moderni.
Attraverso quail relazioni tra gli agenti scientifici e politici queste decisioni sono state assunte in Italia e in Gran Bretagna? Quali sono le implicazioni costituzionali, di queste dinamiche di costruzione della legittimazione pubblica sulla base della scienza e della tecnica, sui processi e sulle strutture democratiche? Attraverso quali tipi di relazioni tra la scienza, la politica e i cittidini questi processi decisionali sono sviluppati?
Considerando la struttura europea di regolazione degli Ogm come lo spazio politico, economico e giuridico comune nella policy biotecnologica, attraverso questa comparazione ho provato ad idenficare e mettere in luce le analogie e le dinamiche di mutua affermazione di particolari forme di conoscenze normative e di potere che tracciano un filo comune nella governance del rischio all’interno delle società europee della conoscenza. Così, al di là delle singolarità e delle opposte posizioni politico-governative di sviluppo della policy sugli Ogm, in Italia e in Gran Bretagna, i principali processi convergenti su cui ho focalizzato l’attenzione in questa comparazione sono presentati attraverso i seguenti punti-ipotesi:
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osservando il caso di studio degli Ogm come una finestra attraverso cui guardare alle attuali dinamiche nazionali ed internazionali di cambiamente e, allo stesso tempo, di mantenimento e stabilità delle strutture aturitative e degli ordini sociali nelle loro relazioni con gli agenti sociali, ho consideranto tali questioni attraverso l’idioma della co-produzione (Jasanoff, 2004) di sapere normativo. Intendo usare tale approccio al fine di porre in evidenza i processi attraverso cui vengono riprodotte quelle forme di sapere normativo che determinano – nell’indeterminazione che caratterizza principalmente quelle policies che sono definite del rischio – la regolazione e la
governance delle attuali controversie delle società della conoscenza. In questi termini, queste
dinamiche di co-produzione sono identificate attraverso una prospettiva seconda cui il potere è concepito nella sua forma di sapere normativo: quella forma di sapere-potere che emerge attraverso l’intersezione tra le azioni, rappresentazioni, contraddizioni, discorsi e pratiche poltiche, scientifiche, economiche, nelle relazioni tra strutture e agenti sociali all’interno delle democrazie capitalistiche contemporanee.
Attraverso il caso di studio degli Ogm, intendo sottolineare come questa forma di sapere normativo che regna in particolare nella governance del rischio, è principalmente il risultato di tali intersezioni e congiunzioni, piuttosto che l’espressione di attività e poteri derivanti dalla neutralità, imparzialità, oggettività, indipendenza e autonomia delle strutture gerarchiche e dell’autorità razionalizzate della modernità. Più precisamente, attraverso questo focus sulle forme coprodotte di sapere normativo ho inteso mettere in luce l’oscuramento e invisibilizzazione di questo stesso processo di co-produzione attraverso l’osservazione di quelle dinamiche di affermazione di particolari ordini e gerarchie tra saperi, che sono implicate e intrinsecamente costitutive sia nella riproduzione del potere politico-economico e della conoscenza tecnicoscientifica, nella loro versione istituzionale di strutture-atutorità all’interno di singolari e situati ordini sociali.
Da questa prospettiva, la conoscenza, e in particolare la riproduzione della conoscenza scientifica e l’esercizio del potere (governativo) sono concepiti come parte dello stesso processo di
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normalizzazione e disciplinamento tra forme di saperi, strutture e attori sociali, nelle attuali dinamiche di cambiamento sociale e innovazione tecnoscientifica, e allo stesso tempo, nella necessità ed emergenza di stabilità dei governi nazionali e internazionali. Da questa prospettiva, intendo enfatizzare come queste forme coprodotte di sapere-potere risultano essere parzialmente oscurate attraverso un processo di scientizzazione delle politiche pubbliche e della politica nel campo della regolazione delle biotecnologie. La scientizzazione, che produce l’oscuramento delle forme coprodotte di sapere normativo, consiste principalmente in un complesso, profondo e costitutivo processo di traduzione di una serie di questioni politiche e economiche e di conflitti sociali in materia di esclusiva competenza (di valutazione e gestione) scientifica. In tal senso i soggetti scientifici agiscono come attori politici, pur essendo oscurata questa dimensione di intreccio e co-produzione del sapere normativo che governa nelle questioni inerenti il rischio e le emergenze. Pertanto, l’oscuramento delle dinamiche di co-produzione di sapere normativo, che avviene attraverso la scientizzazione della policy biotecnologica, emerge dal fatto che in particolare in questi tipi di questioni controversie le autorità scientifiche sono identificate come l’esclusivo o predominante attore e arbitro (Doubleday, Wynne in Jasanoff 2011) capace di governare nella determinazione delle decisioni pubbliche sul rischio. In questo dominio scientifico nelle policies del rischio rintraccio l’oscuramento dei processi di coproduzione del sapere normativo, e, nello specifico, nella definizione della regolazione degli Ogm come una science-based policy, e per il fatto che le decisioni politiche in questo ambito di policy sono legittimate sulla base dell’evidenze scientifiche e sulla pretesa di neutralità e oggettività scientifica.
Inoltre, queste dinamiche di scientizzazione/oscuramento della dimensione politica dietro la definizione di policy scientifica producono processi di alienazione di tutta una serie di aspetti e fattori extra-scientifici che sono comunque coinvolti nella riproduzione dell’impresa biotecnologica, ma oscurati sotto l’etichetta di science-based policy. In tal senso, si esprime l’alienazione e/o esclusione/subordinazione di ragioni, razionalità e preoccupazioni pubbliche che, molto spesso,
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nelle controversie sul rischio, risultano essere in conflitto con le traiettorie di sviluppo economico e tecnicoscientifico dominanti, predisposte attraverso l’ideologia della superiorità della conoscenza scientifica.
Prendendo in considerazione tali direzioni d’analisi, nell’introdurre i quesiti, i contenuti e le ipotesi guida di questo studio l’elemento della situatezza 2 della (produzione di) conoscenza (tecnicoscientifica) si impone come premessa obbligatoria: questo lavoro – così come ogni altra forma/produzione di sapere – emerge (dall’osservazione, di processi e fenomeni, che ha luogo) entro un particolare contesto politico-culturale, in una precisa fase storica, ed entro uno specifico ordine sociale.
In tal senso, le osservazioni e le riflessioni proposte attraverso questa ricerca emergono entro uno scenario – storico, politico, culturale – definito di crisi, in particolare, in Europa e nel mondo
2 Riferendoci alla prospettiva di Dona Haraway (1998), l’idea dela situatezza della conoscenza rappresenta una visione
ciritica e un modo per problematizzare il concetto di ‘oggettività’ e ‘neutralità’ della conoscenza scientifica, e quindi un modo per evidenziare la complessità e criticità dei processi sociali di affermazione dell’oggettività della scienza come pricipio che ordina la realtà – come un implicito ed esplicito motore, allo stesso tempo, di cambiamento e stabilità che funziona riducendo e separando il mondo naturale e quello della cultura, imponendo la superiorità della conoscenza scientifica come principio/dispositivo illuministico-positivista di dominio umano sul mondo. In questo studio, tramite il concetto di situatezza della conoscenza (scientifica) intendo enfatizzare le interconessione tra la produzione della conoscenza scientifica e la riproduzione del potere e degli ordini sociali, sottolineando come l’oggettività e l’universalità si costituiscono come principi cardini e comuni nell’affermazione e costituzione delle basi di legittimazione della scienza e del potere politico-economico nelle attuali democrazie capitalistiche. Forme di scientismo espresso attraverso l’ideologia della supremazia della conoscenza scientifica, in particolare nell’ambito delle politiche pubbliche, e di approcci lineari di razionalizazione e scientizzazione dei processi democratici di partecipazione alle decisioni pubbliche, discendono, seguendo l’approccio dell’Haraway, da una mancata predisposizione a cogliere l’elemento della situatezza delle forme di conoscenza; l’autrice sostiene come l’idea di piena obbiettività/oggettività e universalità della scienza “ – the real game in town, the one we must play – is rhetoric, the persuasion of the relevant
social actors that one's manufactured knowledge is a route to a desired form of very objective power. Such persuasions must take account of the structure of facts and artefacts, as well as of language – mediated actors in the knowledge game. Here, artefacts and facts are parts of the powerful art of rhetoric. Practice is persuasion, and the focus is very much on practice. All knowledge is a condensed node in an agonistic powerfield. (…) The form in science is the artefactual-social rhetoric of crafting the world into effective objects. This is a practice of world-changing persuasions that take the shape of amazing new objects – like microbes, quarks, and genes. (…) I, and others, started out wanting a strong tool for deconstructing the truth claims of hostile science by showing the radical historical specificity, and so contestability, of every layer of the onion of scientific and technological constructions, and we end up with a kind of epistemological electro-shock therapy, which far from ushering us into the high stakes tables of the game of contesting public truths, lays us out on the table with self-induced multiple personality disorder”. (Haraway 1988: 575–599)
Attraverso questa prospettiva, l’idea di situatezza della conoscenza scientifica rappresenta una finistra da cui guardare alle attuali dinamiche di radicalizzazione delle conflittuali relazioni che emergono tra forme di saperi, entro il dominio della conoscenza tecnicoscientifica su saperi ‘locali’, ‘popolari’ (Benasayag, Sztulwark 2002), ‘pubblici’, ‘laici’ assoggettati e alienati, in particolare nelle dinamiche di decision and policy making: ‘saperi assoggettati’ (Foucault 2003b) intesi come “(…) a way of playing local, discontinuous, disqualified or nonlegitimized knowledges off against
the unitary theoretical instance that claims to be able to filter them, organize them in the name of a true body of knowledge, in the name of a rights of a science that is in the hands of the many”. (Foucault, 2003b:9)
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occidentale: le società contemporanee sono rappresentate come governate da istituzioni assediate da crisi profonde, le quali sembrano minare alle fondamenta i tipi di legittimazione che investono le stesse istituzioni dei poteri e delle autorità attraverso cui si tende a mantenere e riprodurre l’ordine sociale.
Crisi è la parola – nei discorsi dominanti delle società in via di globalizzazione – che descrive il mutamento, della civiltà occidentale, dal mondo moderno ad una fase ‘definita’ di indefinibilità e di incertezza: crisi nella e della modernità che cambia. Crisi dei mercati, crisi delle borse, crisi dell’economie statali e delle istituzioni finanziarie internazionali, crisi ambientali, crisi politiche, crisi nel e dal campo della scienza e della tecnica, crisi sociali.
Rischio, incertezza e crisi sono i caratteri generali attraverso cui – sia nel senso comune che nelle analisi filosofiche e sociologiche, da cui questa riflessione si muove – vengono rappresentate le società attuali. Allo stesso modo vengono qualificate le strutture, organizzazioni e istituzioni, a livello statale e sovranazionale, gli apparati di potere e le autorità che nelle fasi precedenti di modernità si sono, piuttosto, affermate come soggetti (collettivi, pubblici e/o privati) da cui veniva riprodotto, garantito e mantenuto l’ordine sociale e la sicurezza pubblica, tramite l’affermazione di modelli di sviluppo e progresso sociale incentrati sull’idea del primato della razionalità umana e sul principio di divisione razionale e scientifica della modernità illuministica.
Nello stato di emergenza (Agamben 2004) delle democrazie europee contemporanee, il rapporto tra scienza e politica è rappresentato, considerando la crucialità dei media in tali processi relazionali, dall’attuale ruolo dei tecnici-politici, che sembrano situarsi, in questi stati emergenziali e di necessità, in un rapporto critico e controverso con i cittadini, in cui vengono minate alle fondamenta sia la legalità che la legittimità dell’azione non soltanto (della) politica, ma anche della scienza – seguendo la suddivisione dei ruoli e delle barriere tra comunità imposte dalla modernità –, poiché da una parte i “soggetti laici” sono esclusi nei processi di regolazione, nelle manovre e nelle riforme “tecniche”, dove l’urgenza e l’emergenza costituiscono la normalità, della politica fatta dai
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demiurghi delle società contemporanee, i quali agiscono, quindi, come agenti politici, fuori dal proprio campo scientifico. E, dall’altra, i cittadini laici di scienza, nella crisi di legittimazione delle istituzioni pubbliche, vengono retoricamente coinvolti nei processi pubblico-istituzionali di partecipazione alle policies tecnicoscientifiche essenzialmente come dei soggetti da ‘educare’ al governo della scienza, poiché, in generale, non immediamente riconosciuti, principalmente dalle istituzioni di governo, come attori capaci di comprendere interamente i meccanismi tecnicoscientifici su cui le policies e le strutture di regolazione sono fondate.
Da questa prospettiva, sul versante della democraticità e delle implicazioni costituzionali nella gestione scientifica delle crisi, delle emergenze e delle politiche del rischio, enfatizzando le frizioni e le contraddizioni intrinseche nei processi di modernizzazione e nei modelli di sviluppo e progresso su cui si fonda l’idea di modernità illuminista-positivista, in questi processi di scientizzazione della politica e di parziale o totale non riconoscimento di razionalità del pubblico e del cittadino ‘profano’ della scienza, viene immediamente da chiedersi quale spazio occupa l’individuo razionale della modernità – su cui si fonda, in definitiva, l’idea illuminista dello stato di diritto moderno e delle democrazie liberali-borghesi –, portatore di diritti e doveri essenzialmente in quanto dotato di razionalità e di ragione, che lo rende uguale ad ogni altro individuo? In tal senso l’esplorazione sulle relazioni tra scienza, politica e cittadini nel campo delle biotecnologie apre questioni che vanno oltre la sola regolazione del rischio in tale ambito di innovazione e trasformazione sociale: le modificazioni genetiche portano con sé dibattiti e problematiche relative al potere dell’individuo moderno e delle strutture sociali entro cui è sorto, lo stato, le fabbriche, le industrie, le ‘diverse’ società e imprese, organizzate secondo schemi di divisione funzionale dettati al ritmo dello sviluppo capitalistico e tecnicoscientifico insieme.
Aprendo questa riflessione attraverso tale interrogativo, l’intenzione è di mettere in evidenza uno degli elementi più profondi della crisi della modernità e dei suoi modelli di razionalizzazione e scientizzazione degli ordini sociali, in particolare, per ciò che concerne le relazioni tra strutture e
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agenti sociali: nelle politiche del ‘rischio’, in particolare, le prime appaiono e vengono riprodotte come iperrazionalizzate e scientizzate – e per questo incomprensibili pienamente a chi non è professionista della politica e della scienza; e gli agenti sociali sono, piuttosto, ridotti a s-oggetti incapaci, fino in fondo, di comprendere i meccanismi delle strutture da cui sono governati e attraverso cui avvengono i processi di regolazione in cui sono, piuttosto, pienamente coinvolti, seppur all’interno di relazioni preoridinate dal dominio tecnicoscientifico.
Inoltre, continuando sul piano della situatezza e guardando all’Italia, il discorso pubblico della tecnoscienza nella politica dell’emergenze sembra dispiegarsi attraverso l’impostazione di una struttura discorsiva e performativa sulla realtà contemporanea tale per cui il messaggio può essere sintetizzato: il sistema (nazionale e internazionale) di sviluppo (economico-finanziario-tecnologico) attuale (improntato sul modello della razionalità scientifica come principio che ordina la realtà) è in crisi; per poter essere ‘aggiustato’, per far fronte alle sfide del cambiamento dei processi di modernizzazione, s’impongono sulle società europee pesanti e profondi sacrifici, in nome di un futuro migliore, meno incerto, più stabile e sicuro. I sacrifici – non solo economici – che si richiedono, dai governi della comunità europee della conoscenza, per mantenere in piedi il sistema di tecnofinanziarizzazione delle democrazie capitalistiche, nella crisi attuale, sono detti necessari e imponenti politiche emergenziali, nelle quali urge una dose ancora più massiccia di razionalizzazione dei processi decisionali-politici sorretti, sviluppati e legittimati tramite il dominio tecnicoscientifico nella politica, nelle policies e nella costituzione degli stessi ordinamenti democratici della modernità.
In tal senso (e in diversi altri), si può parlare di ristrutturazione (continua) del modello sintetizzato nel “Progetto modernista” (Harvey, 1996), sempre orientato alla pianificazione della realtà (sotto cui svanisce il reale), e all’ideologia della prevedibilità (dal calcolo tecnicoscientifico) e della certezza del futuro. Da un prospettiva riflessiva, nell’attuale crisi, in Europa, per governare tecnoscientificamente l’incertezza prodotta tecnoscientificamente, e per scongiurare l’inasprirsi del
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conflitto sociale e la crisi totale del sistema, si sta verificando lo sviluppo di governi tecnici, con scienziati ed esperti direttamente alla guida politica delle istituzioni di mantenimento dell’ordine pubblico; ciò, secondo la narrativa di questo lavoro di ricerca, per rendere maggiormente supportabili le ragioni dei sacrifici a cui siamo chiamati come cittadini europei in questi tempi di crisi, e come opera di persuasione e di ripristino della fiducia nella scienza e nella politica, da parte dei cittadini profani sia della politica che della scienza professionalizzata, dentro le istituzioni pubbliche.
In questa riflessione sul rapporto tra scienza e politica, quindi, il primo dato immediato che emerge dall’osservazione del contesto politico, economico e sociale europeo attuale è l’immagine di tecnici, scienziati ed esperti che vengono – entro le istituzioni-autorità pubbliche – direttamente investiti del potere politico, e posti, così, come ‘scudo’ in difesa di quel modello di sviluppo e progresso della modernità, visibilmente in crisi, rivolto alla ricerca di un futuro più certo, mentre il presente, nelle rappresentazioni sociali apocalittiche delle società del rischio, appare complessivamente in disfacimento.
Infine, in questo periodo di acutizzazione della crisi (economico-finanziaria, politica, sociale), nel sintetizzare i contenuti di questa ricerca sulla scienza e la politica, nel campo delle biotecnologie e, in particolare, sulla regolazione (del rischio) degli Ogm, mi torna spesso alla mente una frase, che è anche il titolo di un capitolo di un libro3 di Mark Fisher, in cui l’autore – a proposito dei futuri possibili delle società (occidentali) contemporanee – si chiede: “come è possibile che troviamo di gran lunga più semplice – culturalmente e socialmente – immaginare la fine del mondo, che la fine del capitalismo?”
Connettendo e assimilando questo quesito – neanche troppo arbitrariamente – alla riflessione proposta attraverso questa ricerca, nello scenario politico, economico, culturale attuale, gli
3 Mark Fisher, Capitalist realism. Is there no alternative? Zero Books, 2010. Il titolo del capitolo a cui mi riferisco
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‘scienziati-tecnici-primi-ministri’, in Italia, in Grecia e nella (immaginata) comunità europea della conoscenza, (mi) appaiono – in questo preciso momento storico – come una sorta di sacerdoti, dei demiurghi (a difesa) di quell’immaginario sociale (dominante) in cui, riprendendo la questione di Fisher, è facile immaginare la fine del mondo o la crisi totale – fino alla distruzione della vita sulla terra, riferendoci a tutti i possibili scenari apocalittici in cui lo scienziato e il sapere tecnico scientifico sono sempre al centro della narrazione (quasi sempre sia come causa che come soluzione dell’apocalissi) –; ma molto più difficile risulta – comunemente, per gli scienziati-ministri e per i profani di scienza – prefigurare la fine (in termini di superamento della crisi) del modello di sviluppo e di crescita permanente e lineare scandito al ritmo del progresso tecnicoscientifico come motore dei sistemi capitalistici attuali. Piuttosto, attualmente la soluzione alla crisi (dello stesso modello) sembra essere la riaffermazione di una ideologia neo-positivista proiettato verso un futuro più certo, tramite la fede assoluta nel calcolo matematico, nell’organizzazione scientifica della realtà tramite paradigmi di sviluppo lineari, sorretti, cioè, da un’ideologia moderinista di progressivo avanzamento economico, sociale e umano attraverso lo sviluppo del sapere tecnicoscientifico.
Nel progetto illuminista e modernista – entrato visibilmente in crisi già a partire dalla seconda metà del secolo scorso –, il modello di sviluppo e di progresso economico, politico, sociale e – in termini di pretesa di validità universale dello stesso modello – umano si è fondato sulla centralità e la supremazia della ragione umana, del calcolo matematico, della conoscenza tecnico-scientifica. L’ordine sociale moderno, entro tale progetto positivista, è dato dall’organizzazione scientifica della realtà: dall’applicazione del modello scientifico-razionale nella e sulla realtà naturale e sociale, il mondo moderno – seppur in continuo e rapido mutamento – viene edificato a partire dall’idea della sua totale conoscibilità, manipolabilità e controllabilità attraverso un processo lineare e progressivo di accumulazione di conoscenze – certamente – verificabili sulla stessa realtà intellegibile.
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Tuttavia, in particolare dagli anni settanta del secolo scorso, il mondo, ritenuto certamente conoscibile e dominabile attraverso tale accumulazione e dall’applicazione – ad ogni campo dell’agire e del pensiero umano – del metodo e delle conoscenze tecnicoscientifiche, si presenta, piuttosto, come incerto, di un’incertezza che alimenta sensi di colpa, socialmente e culturalmente parlando – seppur le ricadute sono del tutto individuali, nell’impossibilità di attribuire responsabilità collettive/istituzionali –, da una parte perché ci si riscopre, nudi, e tutt’altro che capaci di prevedere e dominare né i fenomeni e i processi da noi generati, né quelli ‘natuali’; e dall’altra perché ci si vede artefici dei rischi che generano panico e paura nelle società contemporanee. In linea con ciò, le società dell’informazione istantanea di massa riflettono un immagine di sé di società del rischio (quest’ultimo per lo più riprodotto – soprattutto in termini di rappresentazioni – dal processo di produzione della conoscenza tecnicoscientifica applicata a diversi settori, dalla chimica, all’industria delle armi, all’agricoltura, e, più in generale, per ciò che concerne le questioni ambientali che si sostanziano in tale fase storica).
Il ruolo della conoscenza tecnicoscientifica e del campo della scienza nella riproduzione e nel mantenimento (bio-)politico dell’ordine sociale, entro tale fase definita di incertezza e di crisi della modernità, sono al centro di questa analisi4.
4 Il tentativo generale, in questo studio, è di porre quesiti sulla costituzione, lo sviluppo, le trasformazioni e il
mantenimento dell’ordine pubblico-sociale entro le società della conoscenza (dove il dominio è quello della conoscenza tecnicoscientifica), ciò enfatizzandone il carattere di ambivalenza, in primo luogo, considerando come la stessa società della conoscenza, in maniera speculare (Greco 2007), oltre ad essere definita in tal modo, viene rappresentata contemporaneamente come società del rischio (Beck, 1986; Beck, Giddens, Lash, 1999). Prendendo in considerazione questa prospettiva, al centro di questa indagine vengono poste le relazioni tra il campo tecnicoscientifico e quello della politica – a livello locale, nazionale, transnazionale – che prendono forma entro tale ambivalenza: Zigmund Bauman (1991) in “Modernity and Ambivalence”, apre la sua comprensione e descrizione sulla modernità attraverso la congiunzione della “Questione dell’ordine” sociale al carattere ambivalente che performa le società moderne. L’ambivalenza è interpretata da Bauman come: “the possibility of assigning an object or an event to more than one
category, is a language-specific disorder: a failure of the naming (segregating) function that language is meant to perform. The main symptom of disorder is the acute discomfort we feel when we are unable to read the situation properly and to choose between alternative actions. It is because of the anxiety that accompanies it and the indecision which follows that we experience ambivalence as a disorder – and either blame language for lack of precision or ourselves for linguistic misuse. And yet ambivalence is not the product of the pathology of language or speech. It is, rather, a normal aspect of linguistic practice. It arises from one of the main functions of language: that of naming and classifying. (…) Ambivalence is therefore the alter ego of language, and its permanent companion – indeed, its normal condition. To classify means to set apart, to segregate. It means first to postulate that the world consists of discrete and distinctive entities; then to postulate that each entity has a group of similar or adjacent entities with which it belongs, and with which – together – it is opposed to some other entities; and then to make the postulated real by linking
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Considerando l’ordine sociale e la conoscenza tecnicoscientifica come i concetti che fanno da
con-fine a questo lavoro, i quesiti generali che operano da coordinate analitiche di questa ricerca sono:
come si riproduce l’ordine sociale nelle realtà contemporanee in via di globalizzazione? Che tipo di relazioni vi sono tra i processi di riproduzione della conoscenza tecnicoscientifica e la costruzione e il mantenimento dell’ordine sociale, dentro agli stati e negli ordinamenti normativi sovranazionali? Che ruolo ha la conoscenza scientifica nei processi di legittimazione della politica e delle policy nelle arene nazionali e globali? Dentro alle dinamiche di riproduzione e mantenimento dell’ordine sociale, come interagisce il campo della conoscenza scientifica con le altre forme di conoscenza e con gli altri campi dell’agire sociale? Qual è la relazione tra le istituzioni di sapere tecnicoscientifiche e le autorità politico-giuridiche? Quali forme di saperi e di poteri emergono dalla loro più stretta connessione nelle società contemporanee? Nell’incertezza che de-finisce i fenomeni di mutamento globali di questa fase di modernità, come avviene la costruzione delle credenze, delle rappresentazioni, dei discorsi e delle argomentazioni pubblico-sociali dominanti, in materia di
governance scientifica, che sorreggono e/o sfidano i processi di mantenimento dell’ordine sociale,
nella crisi delle attuali società definite – contemporaneamente – del rischio e della conoscenza5 e/o dell’informazione?
differential patterns of action to different classes of entities (the evocation of a specific behavioral pattern becoming the operative definition of the class). To classify, in other words, is to give the world a structure: to manipulate its probabilities; to make some events more likely than some others; to behave as if events were not random, or to limit or eliminate randomness of events. Through its naming/classifying function, language posits itself between a solidly founded, orderly world fit for human habitation, and a contingent world of randomness, in which human survival weapons – memory, the capacity for learning – would be useless, if not downright suicidal. Language strives to sustain the order and to deny or suppress randomness and contingency. An orderly world is a world in which `one knows how to go on' (or, what amounts to the same, one knows how to find out – and find out for sure – how to go on), in which one knows how to calculate the probability of an event and how to increase or decrease that probability; a world in which links between certain situations and the effectivity of certain actions remain by and large constant, so that one can rely on past successes as guides for future ones. Because of our learning/memorizing ability we have vested interests in maintaining the orderliness of the world. For the same reason, we experience ambivalence as discomfort and a threat. Ambivalence confounds calculation of events and confuses the relevance of memorized action patterns” (Bauman,
1993, p. 1-2).
5 Tra le prime definizioni di società della conoscenza è rilevabile quella di Norbert Wiener, il fondatore della cibernetica
(Cfr. The human use of human beings. Cybernetics and Society, Houghton Mifflin Company, London, 1950) in cui ne prefigurava le opportunità, ma anche i limiti: “Siamo entrati in nuova, grande era nella storia della società umana:
l’era dell’informazione e della conoscenza”. Un’era fondata sulla produzione incessante di nuova conoscenza
scientifica e su quel tipo di tecnologia che, come scrive il sociologo Luciano Gallino (Tecnologia e democrazia, Einaudi, Torino, 2007), “incorpora volumi senza fine crescenti di conoscenza scientifica”. La portata dei cambiamenti connessi a questo processo fa sì che la nuova era della conoscenza, fondata sulla scienza e sulla tecnologia intrisa di
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In questa ricerca ho tentato di affrontare tali questioni generali scegliendo di prendere in considerazione lo studio di un caso specifico, e cioè, attraverso l’esplorazione dei processi di costruzione del dibattito e delle politiche pubbliche sulle biotecnologie entro il quadro giuridico, politico, economico e culturale europeo e, più in particolare, sull’utilizzo di Ogm nel settore agroindustriale di applicazione biotecnologica, da una prospettiva comparata, dentro alla arena politica dell’Unione Europea (UE), mirante a confrontare i processi di regolazione degli Ogm entro due stati membri dell’UE, l’Italia e la Gran Bretagna. Ma perché indagare le forme di potere e i processi di costruzione, mutamento e/o mantenimento degli ordini sociali tardo moderni, sotto la lente delle relazioni tra scienza, politica e società attraverso il caso delle biotecnologie?
Tra i segni, i discorsi e le narrative emergenti con “l’avvento” delle società del rischio – e al fine di studiare le relazioni tra politica, conoscenza scientifica e processi di riproduzione degli ordini
conoscenza scientifica, si proponga come lo sviluppo dell’era industriale, fondata sulle macchine, che a sua volta ha costituito lo sviluppo e il superamento dell’era agricola, fondata sulla domesticazione di piante e animali (Cfr. Greco, 2007). In questa nuova era il valore dei beni prodotti dall’uomo è sempre meno definito dal lavoro manuale e sempre più dal tasso di conoscenza aggiunto, che viene individuato come il vantaggio competitivo dentro alle organizzazioni (statali e private) umane a capitalismo avanzato. “Dobbiamo diventare leader della società della conoscenza”, sostiene fin dall’anno 2000 l’Unione Europea, assumendo che lo sviluppo umano dei popoli (europei) si fondi sulla conoscenza – ripetendo l’equazione illuministico-positiva-modernista – maggiore conoscenza, maggiore libertà, ricchezza, sviluppo sostenibile ecc. Tuttavia, la società della conoscenza “suscita speculari timori; di nuovi orrori (sviluppo di armi di
inusitata potenza); di nuovi sfruttamenti (la nascita di quelli che Wiener definiva ‘schiavi umani’); di disuguaglianze tra le nazioni e all’interno delle nazioni (il cultural divide); di nuova crescita insostenibile (creazione di una più estesa classe media globale con stile di vita consumistico)” (Greco, 2007, p. 2). L’espressione società della conoscenza, dagli
anni ’50 del secolo scorso ad oggi, si è rapidamente diffusa nel lessico sia delle scienze che della politica contemporanee, sino a ricomprendere in sé le effettive potenzialità di sviluppo dei nostri sistemi non solo sociali ed economici, ma anche politici, istituzionali e, in particolare, culturali; ossia la conoscenza tecnico-scientifica come fondamento delle società, sia da un punto di vista politico, istituzionale, economico, ma anche culturale. Un carattere culturale universale (la dicotomia appare evidente) comune che si attribuisce tramite il fondamento e l’esplicita adesione delle strutture politico-culturali ed economiche degli ordinamenti moderni ad una forma di comunità globale della conoscenza, la quale è immediatamente ridotta a conoscenza tecnicoscientifica. Nelle società della conoscenza, quest’ultima significa in primo luogo comprensione – come sistematizzazione – di dati, dei fatti, delle informazioni, alla luce di criteri in grado di ordinare tali contenuti in un insieme il più possibile coerente. Tali insieme di dati e di criteri si fanno discendere dal campo della conoscenza tecnico-scientifica. In secondo luogo, società della conoscenza è uno spazio in cui la circolazione istantanea delle informazioni, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, e in particolare con la diffusione della tecnologia del web, possono raggiungere ogni soggetto in ogni parte della società della conoscenza, e la cui mole di informazioni richiede a sua volta sempre nuove forme di conoscenze da parte degli individui che vi sono sottoposti. In questo senso, le società della conoscenza fondano il proprio funzionamento generale su forme di interazioni sociali, tra soggetti ed oggetti, che producono costantemente informazioni e nuove conoscenze. La metafora di internet, laddove la definizione dell’azione che si compie sul web è di ‘navigare’, restituisce il senso delle società entro cui tale potente mezzo tecnicoscientifico è emerso: le informazioni ci investono con la crescente energia di un’onda (significativamente si afferma che su internet si navighi; in inglese, to surf), e le conoscenze che siamo chiamati a sviluppare o/e di cui disponiamo rappresentano delle zattere, o, per chi è più fortunato, dei battelli, delle vele, remi per navigare e avventurarci nelle (anche rischiose) acque delle informazioni e delle conoscenze in balia delle onde da esse prodotte.
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sociali – le biotecnologie rappresentano un caso di studio estremamente significativo. Per quanto riguarda, infatti, questo specifico ambito di applicazione scientifica:
le biotecnologie sono state probabilmente la questione più controversa, nell’ultimo decennio, nell’ambito dei rapporti tra scienza e società. La discussione sugli Ogm e cellule staminali ha caratterizzato il dibattito pubblico nel nostro Paese, in Europa e persino su scala globale, provocando non di rado accesi conflitti tra i vari soggetti coinvolti (Bucchi, Neresini, 2006, p. 13).
Allo stesso tempo:
le biotecnologie meritano interesse anche in un senso più generale, in quanto caso emblematico delle trasformazioni recenti – e per certi versi travolgenti – che hanno investito il ruolo della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica nelle società contemporanee. Ruolo degli esperti nell’ambito pubblico, influenza dei mass media, coinvolgimento dei cittadini: non c’è tema ‘caldo’ o nervo scoperto nel rapporto tra scienza e società che le biotecnologie non vadano a toccare in modo sostanziale (Ibidem).
Attraverso il caso delle biotecnologie, è possibile dar conto ed evidenziare le caratteristiche generali delle trasformazioni che attraversano le attuali realtà sociali tardo moderne: l’ambivalenza che le contraddistingue e il carattere ibrido (Latour 1995) dei temi che ne compongono i discorsi pubblici. Tali temi, nel momento in cui invadono lo spazio pubblico, appaiono ibridi perché ibridi sono gli
ambienti entro cui essi prendono forma, e ibridati sono i soggetti dalla cui interazione essi si
formano. In questa ricerca, quindi, attraverso il caso delle biotecnologie e degli Ogm, dagli immaginari sociotecnici, dalle rappresentazioni, dibattiti, pubblici e accademici, e dai fenomeni e processi che da tale campo di produzione di innovazione tecnicoscientifica si sostanziano, è possibile individuare e osservare i tratti peculiari che descrivono gli elementi di crisi e di mutamento delle attuali società del rischio e della conoscenza.
Traiettorie, ragioni e outline della ricerca
Considerando prevalentemente le dinamiche di regolazione pubblica e di governance scientifica (nazionale e sovranazionale) del rischio nel campo dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie di ultima generazione, in questo studio ho preso in considerazione le relazioni tra la scienza e la
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politica, entro la sfera pubblica, focalizzando l’attenzione sui processi di coproduzione (Jasanoff 2004) di quelle forme di sapere normativo attraverso cui si coniugano l’azione e i discorsi dei diversi soggetti (politici, scienziati, tecnici, esperti, attori economici e giuridici) nella riproduzione degli ordini sociali contemporanei. Attraverso l’analisi della controversia sugli Ogm, l’attenzione è posta in particolare sui processi congiunti di riproduzione del potere e di forme di sapere normativo e sulle dinamiche di costruzione della legittimazione, fiducia e credibilità pubblica delle autoritità scientifiche e di governo, in particolare, in situazioni di incertezza e rischio scientifico.
In linea generale, per ciò che concerne l’impianto teorico di questo lavoro, una prima connessione è rintracciabile tra gli approcci inerenti la sociologia, la storia e la filosofia della scienza, della tecnica e della conoscenza, al paradigma della società del rischio (Beck 1986) e a quelle riflessioni che prendono in considerazione la categoria di crisi nello studio della fase attuale di modernità. L’analisi di tali filoni e contributi teorici viene connessa allo studio del potere, nell’osservazione delle dinamiche di mantenimento e mutamento degli ordini sociali moderni, attraverso il focus sulla produzione sociale della conoscenza tecnicoscientifica in relazione alle politiche e alla governance del rischio. In questo quadro teorico, inoltre, nella prima parte di questa ricerca, ho tentato di connettere lo studio e gli oggetti d’analisi della sociologia della scienza e del rischio alle riflessioni che prendono in considerazione le implicazioni sui sistemi democratici nell’attuale stato di
emergenza e di eccezione in cui, nello scenario di crisi attuale, è prefigurata la riproduzione degli
ordini sociali tardo moderni (Agamben 2004).
Pertanto, attraverso una ricostruzione empirica e teorica, l’esplorazione si concentra sulle dinamiche di coproduzione di quelle forme di sapere normativo (Jasanoff 2004) che emergono dalle relazioni costitutive tra le autorità scientifiche e politiche entro la sfera pubblica nelle democrazie europee contemporanee; e in particolare in quei campi di policies che vengono definiti, all’interno del contesto politico, culturale e giuridico delle attuali società europee della conoscenza, come questioni di valutazione e gestione scientifica del rischio. La controversia sugli Ogm è il caso di
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studio attraverso cui, per la sua alta rappresentatività delle diverse dispute ‘scientifiche’ sul rischio della tarda modernità, ho sviluppato l’analisi empirica della regolazione delle policies del rischio in Europa, e in particolare, la comparazione tra i processi normativi relativi al settore agro-industriale di applicazione dei prodotti biotecnologici in Italia e in Gran Bretagna.
Negli ultimi tre decenni, considerando le dinamiche di regolazione internazionale del mercato e del commercio globale, nel quadro europeo, si è affermata l’idea per cui non sembra esserci possibilità di scelta, per le istitutzioni europee e per gli stati membri, nel dover accettare il modello di sviluppo della agricoltura biotecnologica, principalmente perché il mercato delle innovazioni biotecnologiche è stato introdotto finora, dalle isituzioni sovranazionali, in primis dall’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), verso le comunità europee, come una necessità e, allo stesso tempo, una emergenza per lo sviluppo e il progresso delle società e, in un ottica universalistica, per l’intera umanità. Questo imperativo diventa particolarmente saliente in Europa dal 2003-2004, cioè quando, dopo una serie di pressioni e sanzioni dagli Stati Uniti D’America (USA), Argentina, Canada e altri paesi, tramite la stessa Omc, l’Unione Europea (UE) stabilisce lo sblocco della moratoria su diversi prodotti biotecnologici di applicazione agroindustriale già autorizzati in diversi stati membri dell’Omc, in testa alla lista l’America.
In tal senso, così come emerge in letteratura (Levidow, Carr 2009), il caso degli Ogm entro la società europea della conoscenza può essere interpretato come (così come evolve all’interno delle istituzioni pubblici di governo nazionale, europee e internazionali) una sorta di “test of democratic
accountability for societal choices”6: un test di responsabilità democratica e di democraticità delle
scelte pubbliche e di rilevanza sociale. All’interno dei dibattiti pubblici sugli Ogm, l’UE ha, in particolare dopo il 2004, assunto una posizione promotrice e di difesa dell’impresa biotecnologica, nel settore agro-industriale, come una necessità e una emergenza per lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni europee; tutto ciò, in ogni caso, giustificando le proprie ragioni in difesa
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degli Ogm esclusivamente sul terreno scientifico, centralizzando i processi politici attorno a questioni di valutazione e gestione scientifica del rischio biotecnologico, su cui sono state costituite finora le basi di legittimità (giuridico-legali) dei processi nazionali ed europei di regolazione degli Ogm. Il medesimo terreno – scientifico – su cui, allo stesso tempo, sono state fondate, tramite l’applicazione del principio di precauzione (vs il principio di sostanziale equivalenza, sviluppato nei paesi pro Ogm), le resistenze alla commercializzazione degli Ogm in Europa. Ciò fintanto che, nelle pressioni dei mercati internazionali, in seno alle arene dell’Omc, non venissero mosse delibere di sanzionamento nei confronti delle Comunità europee, se quest’ultime avessero continuato a bloccare l’importazione di progotti gm.
All’interno di questo regime di normalizzazione dell’impresa biotecnologica, il caso della controversia sugli Ogm emerge tra espliciti e, a volte, più impliciti interessi e pressioni economiche e politiche, tra disposizioni scientifiche dell’assetto pubblico di policy; e, nei diversi contesti culturali, in maniera diffusa, attraverso da una serie di profonde frizioni e conflitti sociali.
Da una parte, la dimensione di sfiducia pubblica, di scetticismo, dubbi, e dispute sociali in relazione alla sicurezza e agli effettivi benefici dei prodotti biotecnologici – in particolare all’interno delle catene agroindustriali di produzione e distribuzione –, che pone in crisi di credibilità e legittimità le istituzioni di governo e le autorità politiche e scientifiche. Dall’altra, le pressioni internazionali e la necessità dei governi europei e nazionali di ricostituire le policies al fine di regolare questi nuovi campi di ricerca e di innovazione tecnoindustriale nelle scienze della manipolazione della vita; ciò all’interno dei diversi contesti e culture locali e territoriali, ma sulla base della diffusione internazionale di queste controverse ed emergenti imprese tecnicoscientifiche e dei processi di regolazione a cui sono soggetti.
La frizione tra la sfera globale e la dimensione locale di regolazione degli Ogm emerge in particolare se consideriamo come l’ingegneria genetica, e le sue applicazioni in campo agroindustriale, sono state riprodotte, in termini di discorsi pubblici entro le arene europee, come il
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motore di una nuova era di scoperte, sviluppo e progresso umano, con tutte le implicazioni e i rischi – non sempre calcolabili scientificamente – che ogni profondo processo di innovazione e cambiamento può implicare.
Entro il contesto internazionale, e considerando le dinamiche di decision-making e le linee economico-strategiche dell’UE in relazione alle politiche biotecnologiche, arene globali come l’Omc rappresentano quegli spazi ibridi – tecnoscientifici-politici-economici – sovranazionali di
policy-making entro cui è possible osservare lo svilupparsi delle catene di coproduzione del sapere
normativo nelle relazioni ibridate tra scienza, politica, potere economico e meccanismi di regolamentazione giuridica del rischio nelle democrazie capitalistiche tardo moderne. Gli Ogm come ibridi, quindi, poiché l’impresa biotecnologica emerge come una avventura tecnicoscientifica economica, politica e culturale insieme, come una sfida (considerata riflessivamente rischiosa) del mondo civilizzato, nelle possibilità aperte dalle scienze delle manipolazione della vita. Si può parlare di processi di ibridazione, inoltre, in quanto la produzione degli Ogm avviene, non soltanto, ma principalmente, all’interno di laboratori tecnicoscientifici che sono incorporati nelle strutture delle imprese private. Così come, al cuore dell’impresa biotecnologica, nei termini in cui è stata riprodotta discorsivamente nei dibattiti internazionali ed europei, risiede una forte connotazione commerciale dei prodotti gm, che consiste principalmente nella promessa di alti profitti econimici e vantaggi competitivi per le nazioni che sposano la causa degli Ogm, lungo la più ampia retorica dei profondi benefici e sviluppi umani attraverso il dominio dell’immaginario di un futuro biotecnologico.
Nell’esplosione del mondo degli ibridi (Latour 1994), e in stretta connessione a questi immaginari insieme di rischio e di cambiamento, progresso e innovazione, il campo di ricerca e sviluppo degli Ogm e delle biotecnologie è emerso attraverso forme di scetticismo pubblico (scientifico, politico, sociale), e una serie di incertezze per via dei rischi che possono risultare dallo sviluppo di queste tecnologie e dal rilascio di tali prodotti nell’ambiente. Insicurezza e incertezza in relazione alle
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implicazioni della diffusione degli Ogm nell’ambiente e sul sistema ‘tradizionale’ di riproduzione e miglioramento genetico delle colture; immaginari di pericolo e rischio descritti e rappresentati dall’etichetta Frankenfoods – cibo di Frankenstain; dispute sul dominio, nel campo della policy biotecnologica, e del controllo degli agenti economici e delle grandi multinazionali operanti nel settore della riproduzione e distribuzione dei semi gm e, più in genere, dei prodotti biotecnologici; controversie scientifiche sul rischio che simultaneamente sorgono come problemi e dilemmi politici e sociali.
Attraverso la controversia degli Ogm, come caso di studio rappresentativo delle attuali controversie pubbliche ibride (Latour 1994; 1995) delle società del rischio e della conoscenza, ho tentato di sviluppare l’idea secondo cui – nei modi e per la profondità attraverso cui tali prodotti biotecnologici aprono imaginari di rischio, ma anche scenari di futuri sviluppi umani e crescita economica – la regolazione degli Ogm è riprodotta in una crisi di legittimità, che spinge a continui rinnovamenti politici, e alla formulazione di diverse strategie politico-scientifiche di ripristino della fiducia pubblica nei processi di legittimazione delle autorità politiche e scientifiche, nell’affermazione delle policies biotecnologiche.
Ciò significa, dalla prospettiva di questo lavoro, che l’attuale sviluppo e diffusione di policies di
public understanding e engagment nella governance della scienza, particolarmente tipici nel caso
britannico e a livello europeo, sono individuati come dei tentativi di ristrutturazione e di costruzione del consenso e della legittimità delle decisioni politiche, davanti al dissenso e alla sfiducia pubblica nel modo in cui la gestione politica, scientifica ed economica in materia di Ogm prende forma nelle democrazie europee. Tuttavia è come se si compiesse uno sdoppiamento dei campi di policies, per cui da una parte l’assetto dei processi decisionali e di costruzione della policy biotecnologica è costruita istituzionalmente come una science-based policy, una politica pubblica fondata esclusivamente sulla scienza; dall’altra, da tale esclusione di ogni elemento extra-scientifico, e dalla intrinseca riflessività attraverso cui l’innovazione biotecnologica si sviluppa, per la connotazione di
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rischio che domina gli scenari biotecnologici, si avverte l’esigenza di costituire dei sub-campi di
policies e delle arene pubbliche entro cui ‘educare’ il pubblico alla scienza, mettere in
comunicazione il sapere tecnicoscientifico e gli esperti con i cittadini, tentando di raggiungere il consenso pubblico su una decisione che, in ogni caso, viene preordinata e supposta prendere esclusivamente sulla base delle evidenze (o delle non evidenze) scientifiche.
In tali dinamiche di costruzione del consenso pubblico, nello sviluppo di conoscenze tecnicoscientifiche e campi di innovazione, dalla prospettiva di questo lavoro, si determinano, deliberativamente o meno, forme di scientismo e di despotismo scientifico (Doubleday, Wynne, in Jasanoff 2011) attraverso cui, nei limiti democratico-costituzionali posti dalla definizione scientifica della regolazione del rischio, delle emergenze e della crisi, le policies e le decisioni politiche risultano essere scientificizzate e, in questo modo, istituzionalmente giustificate e legittimate. Ciò pur nella ricerca di consenso pubblico delle decisioni e dei processi di regolazione così sviluppati, specialmente in quelle culture politiche nazionali (Jasanoff 2004; 2005) in cui la decisione di governo risulta essere in netto contrasto con le preferenze e le attitudini espresse dai cittadini, come nel caso della Gran Bretagna, e in generale nelle arene europee di promozione del biotecnologico dinnanzi allo scetticismo generale dei popoli europei (emerso attraverso diverse manifestazioni pubbliche, e nei diversi sondaggi promossi dalla stessa UE nei diversi stati membri, in primis tramite lo strumento dell’Eurobarometro, che nasce proprio per sondare le attitudini dei cittadini europei in diversi ambiti di ricerca e sviluppo individuati cruciali dall’UE).
Differentemente, in Italia, dove la decisione anti-biotech del governo italiano in materia di commercializzazione e coltivazione degli Ogm sul proprio territorio sembra essere in linea con la resistenza a tali prodotti proveniente dall’opinione pubblica nazionale, le istituzioni di governo non hanno avvertito la necessità di sviluppare policies di coinvolgimento (costruzione di consenso pubblico) alla scienza e, nello specifico, alle biotecnologie, come invece è accaduto, in maniera del tutto peculiare in Gran Bretagna. Piuttosto in Italia, dalla ricostruzione della controversia pubblica,
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è emerso come l’opera di coinvolgimento/persuasione del pubblico alla causa del biotecnologico sia stata sviluppata direttamente dagli scienziati, in particolare provenienti dai settori interessati, ma non solo. Questi hanno compiuto una serie di manifestazioni e azioni del tutto politiche, sul territorio italiano, nel tentativo di riportare il dibattito pubblico sugli Ogm entro la sua dimensione ‘scientifica’, rimossa, secondo gli scienziati impegnati nella causa pro-Ogm, dall’oscurantismo politico del governo italiano, espressosi, dal 2000 in poi, in posizione totalmente contraria agli Ogm.
Nella specificità e situatezza di tali dinamiche di costruzione, simultanea, del potere e dell’ordine pubblico, dello sviluppo e della ricerca tecnoscientifica e di conflitto sociale, e nell’affermazione di questi immaginari socio-tecnici (Jasanoff 2009), i diversi e variegati tentativi dei governi nazionali ed europei e delle istituzioni scientifiche di ripristinare la fiducia, nella riproduzione di apparati di
governance della scienza e di governance scientifica, mettono in evidenza, nell’oscuramento,
invece, derivante dai processi di scientizzazione, l’elemento di reciprocità e di coproduzione dei processi ibridati e simultanei di costruzione della conoscenza tecnicoscientifica e degli ordini sociali moderni. In effetti, la scientizzazione della policy biotecnologica produce un’oscuramento dei processi di coproduzione tramite cui, in ogni caso, si sviluppano le dinamiche d’innovazione biotecnologie, le controversie e i dibattiti e le politiche pubbliche che sorgono attorno ad esse. L’oscuramento si avvisa, in prima istanza, nell’idea, da cui deriva la leggitimazione delle policy, cioè dal fatto che tali decisioni vengono assunte sulla base dell’indipendenza delle istituzioni scientifiche da quelle politiche e da ogni tipo di interesse, impegno, allenza politica, scientifica, economica e sociale che pur tuttavia risultano essere intrinsecamente implicati nei processi di riproduzione e regolazione degli Ogm. In particolare la scientizzazione delle terreno delle decisioni sugli Ogm, oscurando il processo di coproduzione – su più versanti, dall’ibridazione tra scienza e politica, tra scienza ed interessi economico-capitalistici, tra scienza e sfera pubblica e produzione degli immaginari sociali, ecc. –, è ciò che rende possibile la legittimazione e lo sviluppo di tali linee
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di innovaizone, davanti allo scetticismo e alla contrapposizione dei popoli europei, alimentato dall’incertezza scientifica sui rischi biotecnologici.
Dalla scientizzazione delle decisioni e delle policies biotecnologiche si riproducono, insieme all’oscuramento dei processi di ibridazione e coproduzione, una serie di implicazione costituzionali sui sistemi democratici, e trasformazioni nelle modalità di partecipazione pubblica alla decisioni politiche: in generale, si ravvisa un restringimento del potere democratico, nell’iper-razionalizzazione dei processi decisionali, e un’alienazione delle ragioni del pubblico e di ogni forma di razionalità extra-scientifica. Tuttavia, l’elemento di reciprocità in tali processi, nelle relazioni conflittuali tra strutture e agenti sociali, riemerge in maniera più visibile nella ricerca del consenso pubblico da parte delle istituzioni scientifiche e politiche, nella necessaria ed effettiva affermazione e sviluppo (coprodotto) della conoscenza e dell’innovazione biotecnologica e della regolazione e delle linee politiche ed economiche che ne derivano, e nel generale riaddamento delle strutture di potere nelle crisi e nelle controversie della tarda modernità. Pur considerando tale dimensione di reciprocità, l’alienazione delle dimensioni extra-scientifiche, dalle arene principali di
decision-making, si sviluppa nella definizione delle policies e delle decisioni dichiarate essere
costituite essenzialmente sulla base dell’evidenze scientifiche (o dell’insufficienza di evidenze scientifiche), e nel conseguente tentativo di riavvicinamento dei cittadini alla politica della scienza, in base al livello di conflitto sociale, tramite la strutturazione di spazi istituzionalizzati di comunicazione-informazione verso i pubblici scettici europei.
Questa ricerca, insieme, politica, scientifica e economica di legittimazione e credibilità rende maggiormente visibile l’invisibilizzato processo di coproduzione di sapere normativo nelle controversie sul rischio entro le strutture delle democrazie capitalistische tardo moderne; processo che è oscurato dalla disposizione e dal dispiegamento scientifico delle politiche di governo, da cui si fa discendere la legittimazione delle politiche e delle decisioni pubbliche sulla base dell’autonomia e dell’indipendenza su cui l’autorità scientifica – e più in generale le autorità e i poteri degli stati
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moderni – è fondata: ossia per la sua posizione di ‘esternalità’ e neutralità rispetto ai processi politici, sociali, economci e agli aspetti culturali entro cui, piuttosto, la produzione della conoscenza scientifica prende forma, in particolare se si considerano quei processi di regolazione pubblica del rischio, così come nel caso degli Ogm, in cui la scienza fonda la legittimità delle politiche e decisioni di governo.
Dalla prospettiva di questa ricerca, quindi, la definizione di policy scientifica del rischio riduce l’ampio e variegato spettro di questioni che sorgono attraverso la diffusione delle controversie ibride sugli Ogm ad una esclusiva o, quantomeno, dominante materia di competenza tecnicoscientifica. Inoltre, poichè l’impresa biotecnologica è trattata contemporaneamente come una emergenza (per il rischio) e una necessità (per i benefici promessi), in questo tipo di controversie la crisi di legittimità deriva dalla sospensione del ‘normale’ corso democratico di formazione delle decisioni e dei dibattiti pubblici, attraverso la riproduzione, retoricamente e materialmente, di stati di eccezione (Agamben 2004), emergenza e necessità che possono essere interpretati come paradigma di governo nelle situazioni di gestione del rischio e delle crisi. Lo stato di eccezione, nelle politiche biotecnologiche, è giustificato dalla costitutiva definizione dei processi di regolazione degli Ogm come una policy del rischio scientifico.
Entro questa struttura materiale e discorsiva in cui la tecnoscienza si caratterizza come un cruciale agente politico, piuttosto che operare come uno strumento ‘neutro’ e indipendente, e piuttosto che ampliare il ventaglio delle alternative di policies, sembra ridurre i processi democratici e di formazione delle scelte politiche a dinamiche di valutazione e gestione scientifica.
In sintesi, in questo percorso di ricerca: i porocessi di scientizzazione vs. le dinamiche di coproduzione e ibridazione, nel campo di innovazione e regolazione biotecnologica; l’esplosione delle controversie sugli Ogm come scenario di rischio, emergenza, e necessità; la riproduzione di dissenso sociale, scetticismo e riflessione pubblica; i diversi tentativi di ripristino della fiducia pubblica da parte delle istituzioni scientifiche e politiche di governo; l’alienazione delle ragioni