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Complessi di Salvetti e Squier e loro equivalenza.

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Academic year: 2021

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(1)

Università di Pisa

Dipartimento di Matematica

Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Complessi di Salvetti e Squier

e loro equivalenza

Tesi di Laurea Magistrale

Candidato

Cristoforo Ca

Relatore

Controrelatore

Dott. Filippo Callegaro

Prof. Giovanni Gai

(2)
(3)

Indice

1 Gruppi di Coxeter e Gruppi di Artin 7

1.1 Gruppi di Coxeter . . . 7

1.2 Rappresentazione Geometrica . . . 9

1.3 Rappresentanti minimali delle classi laterali. . . 10

1.4 Gruppi di Artin . . . 11

1.5 Mappa di Tits . . . 12

1.6 Spazio classicante per G . . . 14

2 Complesso di Salvetti 17 2.1 Costruzione di X . . . 17

2.2 Applicazione all'Arrangiamento di Coxeter . . . 26

2.3 Costruzione del Complesso di Salvetti . . . 27

3 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale 31 3.1 Monoide di Artin . . . 31

3.2 Divisibilità . . . 32

3.3 Minimo comune multiplo . . . 35

3.4 Parole libere da quadrati . . . 37

3.5 Esistenza dell'Elemento Fondamentale . . . 39

3.6 Proprietà dell'elemento fondamentale. . . 40

3.7 Iniettività di M → G. . . 44

4 Il Complesso di Squier 47 4.1 Costruzione del complesso (C•, ∂•) . . . 47

4.2 Costruzione del Complesso (C•, ∂•)e Contraibilità. . . 49

4.3 Isomorsmo tra i Complessi. . . 51

4.4 Esattezza del funtore − ⊗ZM ZG. . . 53

(4)
(5)

Introduzione

Lo scopo di questa tesi è quello di presentare due complessi di catene, il Com-plesso di Salvetti e il ComCom-plesso di Squier, che si possono costruire a partire da un sistema di Coxeter di tipo nito, e dimostrare che sono equivalenti. La loro importanza sta nel fatto che l'omologia di questi complessi è l'omologia del gruppo di Artin associato al sistema di Coxeter.

I gruppi di Artin vengono deniti negli anni '60 da Tits e Brieskorn come generalizzazione del Gruppo delle Trecce, introdotto da Artin nel 1925.

Dal nostro punto di vista, essi saranno visti sempre in relazione con i gruppi di Coxeter, cioè i gruppi che hanno una presentazione della forma

W =s1, . . . , sn| s2i = 1, (sisj)mij = 1 .

I gruppi di Artin possono essere deniti attraverso generatori e relazioni in modo del tutto simile:

G = hs1, . . . , sn | sisjsi· · · | {z } mij = sjsisj· · · | {z } mij i.

Il gruppo di Coxeter corrispondente si ottiene quindi da un gruppo di Artin con l'aggiunta delle relazioni s2

i = 1.

In questa tesi parleremo solo di gruppi di Coxeter niti. Questi am-mettono una descrizione geometrica, ognuno di essi infatti è isomorfo ad un sottogruppo di GLn(R) generato da n riessioni rispetto a iperpiani di Rn.

Possiamo quindi considerare lo spazio Y = Cnr

[ Hj,

dove gli Hj sono le complessicazioni degli iperpiani di Rn relativi alle

ri-essioni in W . Il gruppo W agisce Y e lo spazio quoziente Y/W ha come gruppo fondamentale il gruppo di Artin G relativo a W .

Nel 1972 Pierre Deligne nel suo articolo "Les immeubles des groupes de tresses généralisés" dimostra che lo spazio Y/W è uno spazio classicante per G, può essere usato quindi per calcolare l'omologia e la coomologia di G.

(6)

6 Indice Nel 1994 Mario Salvetti nell'articolo "The Homotopy Type of Artin Groups" fornisce una descrizione del tipo di omotopia di Y/W in termini di un polie-dro convesso in Rn con un'opportuna identicazione delle facce. Ne deriva

quindi il relativo complesso algebrico, mediante il quale è possibile calcolare l'omologia del gruppo di Artin G.

Nel 1995 Craig Squier fornisce un altro complesso algebrico la cui omolo-gia è quella di G. Tuttavia lo ottiene mediante un percorso di tipo puramente algebrico, a partire dallo studio del "Monoide di Artin".

In questa tesi descriveremo questi due complessi e inne dimostreremo che sono lo stesso complesso.

La tesi è strutturata nel seguente modo: nel primo capitolo presentiamo alcuni dei fatti più importanti riguardanti i gruppi di Coxeter e i gruppi di Artin. Nel secondo capitolo ci occupiamo della costruzione del Complesso di Salvetti. Nel terzo capitolo parliamo del Monoide di Artin, diamo la no-zione di divisibilità e dimostriamo che l'insieme dei generatori {s1, . . . , sn}

possiede un minimo comune multiplo, che chiamiamo elemento fondamenta-le. Esso svolge un ruolo fondamentale nel capitolo 4, quando costruiremo il Complesso di Squier. Inne, nel capitolo 5, dimostriamo l'equivalenza tra i due complessi.

(7)

Capitolo 1

Gruppi di Coxeter e Gruppi di

Artin

In questo capitolo introduciamo gli oggetti principali di studio di questa tesi, che sono i gruppi di Coxeter e i gruppi di Artin.

1.1 Gruppi di Coxeter

Sia S un insieme nito e, per ogni coppia di elementi distinti s, t ∈ S, siano dati degli interi positivi mts > 1 tali che mst = mts.

Denizione 1.1.1. Il Gruppo di Coxeter W relativo a S è il gruppo denito per generatori e relazioni nel seguente modo:

• S è l'insieme di generatori. • Le relazioni sono le seguenti:

 s2 = 1 per ogni s ∈ S.

 hstimst = htsimst per ogni s, t ∈ S distinti, dove

hstiq = sts · · ·

| {z }

qtermini

La coppia (S, W ) verrà detta sistema di Coxeter.

Ad ogni sistema di Coxeter è possibile associare un grafo, detto Grafo di Coxeter, ottenuto nel seguente modo:

• S è l'insieme di vertici.

(8)

8 Gruppi di Coxeter e Gruppi di Artin • Due vertici distinti s, t sono connessi se e solo se mst ≥ 3 e il lato che

li connette è etichettato con il numero mts.

Per comodità, quando mts = 3, l'etichetta sul lato che collega s e t è omessa.

Esempio 1.1.2. Sia S = {s, t} e m = mst. Il grafo di Coxeter corrispondente

è

s m t

Il gruppo di Coxeter corrispondente si indica con I2(m)ed è isomorfo al

grup-po diedrale Dmdelle isometrie dell'm-agono. Gli elementi s e t corrispondono

in Dm a due riessioni.

Esempio 1.1.3. Sia S = {s1, . . . , sn} e consideriamo il seguente grafo di

Coxeter.

s1 s2 sn−1 sn

Il gruppo di Coxeter corrispondente si indica con An ed è isomorfo a

Sn+1, il gruppo simmetrico con {n + 1} elementi. L'isomorsmo si ottiene

mandando il generatore si nella trasposizione (i i + 1).

Osservazione 1.1.4. Dato un sottoinsieme Γ ⊆ S, possiamo considerare il sottogruppo generato da Γ. Esso ha in modo naturale una struttura di gruppo di Coxeter. Questi sottogruppi di W sono detti sottogruppi parabolici. Denizione 1.1.5. Un gruppo di Coxeter è detto irriducibile se il grafo di Coxeter corrispondente è connesso.

Dato un gruppo di Coxeter W , possiamo considerare i sottogruppi parabo-lici W1, . . . , Wk generati dai sottoinsiemi di S corrispondenti alle componenti

connesse del grafo di Coxeter di W . Allora si dimostra che W ∼= W1× · · · × Wk.

In altre parole, per studiare i gruppi di Coxeter è suciente prendere in considerazione solamente quelli irriducibili.

Denizione 1.1.6. Dato un elemento w ∈ W , una sua espressione ridotta è una scrittura

w = s1· · · sk.

dove gli si ∈ S e k è minimo possibile. L'intero k è detto lunghezza di w e

viene indicato con l(w).

Fatto. Dato un sottogruppo parabolico W0 < W e un elemento w ∈ W ,

possiamo considerare due lunghezze di w, una relativa al gruppo W e l'altra al sottogruppo W0. Si dimostra che queste due lunghezze coincidono ([8],

(9)

Rappresentazione Geometrica 9

1.2 Rappresentazione Geometrica

Abbiamo visto come ai Gruppi di Coxeter di tipo I2(m) si possa dare un

signicato geometrico: sono sottogruppi niti di isometrie di R2 generati da

riessioni. Vediamo come tale descrizione si adatta ai gruppi di Coxeter di tipo An. Abbiamo detto che tale gruppo è isomorfo ad Sn+1, e l'isomorsmo

manda un generatore si nella trasposizione (i i + 1). Ora, Sn+1 agisce su

Rn+1 permutando le coordinate. Una trasposizione (i i + 1) agisce come la riessione per l'iperpiano {xi = xj}. Quindi anche il gruppo di Coxeter

An può essere visto come un gruppo nito di isometrie di Rn+1 generato da

riessioni.

Vediamo il caso generale: non è sempre vero che i gruppi di Coxeter sono isomor a gruppi generati da riessioni di RN, tuttavia possiamo fare

la seguente costruzione:

• Sia V uno spazio vettoriale reale di dimensione |S| e sia {es}s∈S una

sua base.

• Deniamo una forma bilineare simmetrica B nel seguente modo: B(es, et) = − cos

π mst

.

• Per ogni s ∈ S, deniamo la trasformazione lineare ρs : V → V nel

seguente modo:

ρs(v) = v − 2B(es, v)es.

Un semplice calcolo mostra che le mappe ρssoddisfano le seguenti proprietà:

• ρs manda es in −ese ssa l'iperpiano ortogonale ad es rispetto a B. In

particolare ρ2 s = id.

• ρs preservano la forma bilineare B.

Vale inoltre la seguente proposizione:

Proposizione 1.2.1. ([8], proposition 5.3) L'ordine di ρsρt è mst per ogni

s, t ∈ S.

Questo ci permette di denire un omomorsmo ρ : W → GL(V )

che manda s in ρs. Tale omomorsmo è detto rappresentazione canonica di

(10)

10 Gruppi di Coxeter e Gruppi di Artin Proposizione 1.2.2. ([8], Corollario 5.4) L'omomorsmo ρ è iniettivo.

In questa tesi verranno presi in considerazione soltanto i gruppi di Coxeter niti, per i quali esiste una caratterizzazione in termini di B. Vale infatti il seguente teorema.

Teorema 1.2.3. ([8], Teorema 6.4) Sia W un gruppo di Coxeter. Allora le seguenti condizioni sono equivalenti:

• W è nito.

• B è denita positiva.

Alla luce di questo teorema possiamo identicare (V, B) con RN dotato

del prodotto scalare standard, da cui segue il seguente risultato.

Corollario 1.2.4. Ogni gruppo di Coxeter nito è isomorfo a un gruppo nito di isometrie di RN generato da riessioni.

1.3 Rappresentanti minimali delle classi

latera-li.

In questa sezione mostreremo che dato un sottogruppo parabolico WΓ < W

generato da Γ, ogni classe laterale di WΓ ammette un unico elemento di

lunghezza minima. Per arrivare a questo partiamo enunciando un teorema classico delle teoria dei gruppi di Coxeter che riguarda la combinatoria di un'espressione ridotta.

Teorema 1.3.1. ([8], Teorema 5.8) Sia w = s1· · · sr ∈ W, con sk ∈ S per

ogni k. Sia s ∈ S tale che l(ws) < l(w). Allora esiste un indice i tale che ws = s1· · · s2i · · · sr= s1· · · ˆsi· · · sr.

Il teorema 1.3.1 talvolta prende il nome di Exchange Condition. Ne ricaviamo il seguente corollario.

Corollario 1.3.2. Sia w ∈ W , w = s1· · · sr, con sk ∈ S per ogni k e

l(w) < r. Allora esistono i, j tali che

(11)

Gruppi di Artin 11 Dimostrazione. Poiché l(w) < r, esiste un indice j tale che, posto w0 =

s1· · · sj−1, si ha l(w0sj) < l(w0). Per il teorema 1.3.1 esiste un indice i < j

tale che

w0sj = s1· · · ˆsi· · · sj−1.

Moltiplicando entrambi i membri per sj· · · sr otteniamo il risultato

deside-rato.

Sia ora Γ ⊆ S, deniamo

WΓ = {w ∈ W | l(ws) > l(w)∀s ∈ Γ}.

Teorema 1.3.3. Sia Γ ⊆ S. Allora per ogni w ∈ W esiste un unico u ∈ WΓ

e un unico v ∈ WΓ tali che w = uv. Inoltre si ha l(w) = l(u) + l(v) e u è

l'unico elemento di lunghezza minima nella classe laterale wWΓ.

Dimostrazione. Sia u un elemento di lunghezza minima nella classe laterale wWΓ e sia v = wu−1 ∈ WΓ. Per ogni s ∈ Γ, abbiamo che us ∈ wWΓ, quindi

l(us) > l(u), da cui u ∈ WΓ. Siano ora q = l(u) e r = l(v) e consideriamo

due espressioni ridotte

u = s1· · · sq, v = s01· · · s 0 r.

Supponiamo per assurdo che l(w) < l(u) + l(v) = q + r. Per il Corolla-rio 1.3.2 , è possibile ottenere un'espressione per w omettendo due fattori da s1· · · sqs01· · · s

0

r. Se omettiamo un si allora otterremmo un elemento di

wWΓdi lunghezza inferiore a u, contro quanto assunto. Se invece omettiamo

due fattori s0

i, s0j, otterremmo un'espressione di v più corta di quella ridotta,

assurdo. Abbiamo dimostrato che l(w) = l(u) + l(v).

Questo argomento mostra che ogni elemento w0 può essere scritto nella

forma uv0, con l(w0

) = l(u) + l(v0) (u è lo stesso di prima). In particolare se w0 6= u, abbiamo l(w0) > l(u), che signica che u è l'unico elemento di

lunghezza minima in wWΓ.

Mostriamo inne che u è l'unico elemento di WΓ∩ wW

Γ. Supponiamo che

ci sia un altro elemento u0, allora potremmo scrivere u0 = uv, per un qualche

v ∈ WΓ diverso dall'identità, con l(u0) = l(u) + l(v). Ma se prendiamo s ∈ Γ

tale che l(vs) < l(v) otterremmo l(u0s) < l(u), quindi u0 ∈ W/ Γ.

1.4 Gruppi di Artin

(12)

12 Gruppi di Coxeter e Gruppi di Artin Denizione 1.4.1. Consideriamo un sistema di Coxeter (S, W ). Il gruppo di Artin G corrispondente è il gruppo denito per generatori e relazioni nel seguente modo:

• S è l'insieme di generatori.

• le relazioni sono hstimst = htsimst.

Osserviamo che la descrizione è la stessa che portava alla denizione dei Gruppi di Coxeter, con l'omissione delle relazioni s2 = 1 con s ∈ Γ.

Lo studio di tali strutture è motivato dal seguente esempio.

Esempio 1.4.2. Consideriamo il sistema di Coxeter di tipo An−1. Il gruppo

di Artin corrispondente è chiamato gruppo delle trecce su n li ed è indicato con Bn. I gruppi di trecce sono stati ampiamente studiati, soprattutto per la

loro connessione con la teoria dei nodi. Un altro modo per ottenerli è come gruppo fondamentale dello spazio degli insiemi di n punti di Cn+1:

Bn= π1     C N r [ i6=j {xi = xj}  /Sn    dove Sn agisce permutando le coordinate.

In questa tesi studieremo dei complessi in grado di calcolare l'omologia e la coomologia di un gruppo di Artin dato da un sistema di Coxeter nito.

1.5 Mappa di Tits

Dato un sistema di Coxeter con gruppo di Coxeter W e gruppo di Artin G, indichiamo con π : G → W la mappa quoziente. Per comodità, se s ∈ S, indichiamo con la stessa lettera l'elemento corrispondente nel gruppo di Artin e nel gruppo di Coxeter.

In questa sezione costruiamo una sezione τ : W → G, cioè una funzione (non è un omomorsmo) tale che π ◦ τ = id. Ci servirà il seguente lemma, di cui si può trovare una dimostrazione in [8].

Lemma 1.5.1. ([8], Proposizione 5.3) Dati s, t ∈ S, l'ordine di st in W è mt,s

Enunciamo e dimostriamo ora il risultato che ci permetterà di denire la mappa di Tits.

(13)

Mappa di Tits 13 Lemma 1.5.2. Sia w ∈ W e siano α e β due espressioni ridotte di w. Allora esiste una successione nita di trasformazioni della forma hstimst → htsimst

che mandano α in β.

Dimostrazione. Dimostriamo il lemma per induzione su l = l(w) ≥ 0. Il passo base l = 0 è banale, assumiamo quindi l > 0 e siano α = s1· · · sl

e β = t1· · · tl le due espressioni ridotte. Se s1 = t1, allora si conclude

applicando l'ipotesi induttiva alle espressioni ridotte s2· · · sk= t2· · · tk.

Supponiamo quindi s1 = s 6= t = t1. Vogliamo mostrare che w ammette

una espressione ridotta che inizia con hstimst. Sia h il massimo intero tale

che w ammette un'espressione ridotta δ che inizia con hstih o con htsih.

Supponiamo per assurdo che h < mst e, senza perdita di generalità, che δ

inizia con hstih, diciamo

δ = hstihrh+1· · · rk,

per qualche ri ∈ S. Poiché w ammette un'espressione che incomincia con

t, per il teorema 1.3.1 applicato a δ esiste un'espressione ridotta di w che si ottiene da δ aggiungendo t all'inizio e omettendo una lettera successiva. Distinguiamo ora due casi:

• La lettera omessa è nel presso hstih. Non può essere la lettera

ini-ziale perché s 6= t. Non può essere la lettera nale perché in tal caso otterremmo

δ = htsihrh+1· · · rk,

cioè hstih = htsih, che è impossibile per il lemma 1.5.1, essendo h < m st.

Inne la lettera omessa non può essere all'interno di hstih, infatti tale

cancellazione lascerebbe due s o due t consecutive, quindi l'espressione ottenuta non sarebbe ridotta.

• La lettera omessa è una degli ri. In tal caso avremmo

w = thstihrh+1· · · ˆri· · · rk = htsih+1· · · ˆri· · · rk,

contro la massimalità di h.

Abbiamo quindi dimostrato che w ammette un'espressione ridotta δ che in-comincia con hstimst. Per ipotesi induttiva la tesi vale per le espressioni

ridotte α a δ. Sia ora δ0 è l'espressione ridotta che otteniamo scambiando

hstimts con htsimst, allora sempre per ipotesi induttiva la tesi vale per δ0 e β.

(14)

14 Gruppi di Coxeter e Gruppi di Artin Possiamo quindi denire la mappa di Tits τ : W → G nel seguente modo: preso w ∈ W , scriviamo una sua espressione ridotta s1· · · sk. L'immagine

di w è s1· · · sk, dove stavolta gli si sono visti come elementi di G. Il lemma

1.5.2 ci assicura che è una buona denizione ed è chiaro che τ è una sezione di π : G → W .

1.6 Spazio classicante per G

Incominciamo con le seguente denizione:

Denizione 1.6.1. Dato un CW-complesso X con gruppo fondamentale π, si dice che X è uno spazio classicante o che è un K(π, 1) se il suo rivestimento universale è contraibile.

L'importanza degli spazi classicanti sta nel seguente fatto: se X è un K(π, 1), allora vale

H•(X, Z) = H•(π, Z).

Quindi poter calcolare l'omologia di uno spazio classicante permette di ricavare quella del suo gruppo fondamentale.

Nell'esempio della sezione 1.4.2 abbiamo visto che il gruppo di Artin relativo al sistema di Coxeter An è il gruppo fondamentale di un opportuno

spazio topologico, la cui costruzione fa uso del gruppo di Coxeter An.

È possibile estendere tale costruzione ad ogni sistema di Coxeter di tipo nito nel seguente modo: sia W un gruppo di Coxeter nito e sia G il gruppo di Artin corrispondente. Abbiamo visto nella Sezione 2 che possiamo identi-care W con un gruppo generato da riessioni in RN, per un opportuno N.

Consideriamo la famiglia {Hi}i∈I di tutti gli iperpiani ssati dalle riessioni

in W e consideriamo lo spazio

X = CN r [

i∈I

Hi,C

dove Hi,C è il complessicato di Hi. Il gruppo W agisce su X e possiamo

quindi lo spazio delle orbite

Y = X/W.

Valgono allora i seguenti due teoremi fondamentali, che giusticano lo studio dello spazio Y .

Teorema 1.6.2. [2] Il gruppo fondamentale di Y è G. Teorema 1.6.3. [6] Lo spazio Y è un K(G, 1).

(15)

Spazio classicante per G 15 Quindi studiando Y è possibile ricavare informazioni sul gruppo di Artin corrispondente. In particolare calcolando l'omologia o la coomologia di Y otteniamo quella di G. Tuttavia la denizione di Y non fornisce un modo esplicito per il calcolo dei gruppi di omologia. Nel prossimo capitolo mostre-remo come ottenere un CW-complesso omotopicamente equivalente a Y , il Complesso di Salvetti, per il quale si può calcolare esplicitamente l'omologia.

(16)
(17)

Capitolo 2

Complesso di Salvetti

Questo capitolo è diviso in due parti: nella prima parte partiamo da un gene-rico arrangiamento di iperpiani reali (cioè descritti di equazioni a coecienti reali) in CN e consideriamo il suo complementare Y . Costruiremo un

CW-complesso X ⊆ Y omotopicamente equivalente a Y . La parte reale di tale complesso sarà il complesso cellulare duale della partizione di RN indotta

dagli iperpiani. Nella seconda parte applicheremo tale costruzione nel caso in cui gli iperpiani sono i luoghi di punti ssi delle riessioni di un gruppo di Coxeter nito W . In tal caso, X può essere scelto invariante rispetto al-l'azione di W e l'equivalenza omotopica tra X e Y passa ad una equivalenza omotopica tra X/W e Y/W . In tal modo otterremo un complesso cellulare che calcola l'omologia di Y/W , che è proprio l'omologia del gruppo di Artin relativo a W

Le referenze principali per questo capitolo sono i seguenti articoli di M. Salvetti: "Topology of the complement of real hyperplanes in Cn" del 1987

([9]) e "The Homotopy Type of Artin Groups" del 1994 ([10]).

2.1 Costruzione di X

Consideriamo una famiglia nita di iperpiani ani {Hj}j∈J in RN. Tali

iperpiani inducono una partizione di RN in faccette secondo la seguente

descrizione:

• Le camere (componenti connesse del complementare dell'unione degli iperpiani) sono le faccette di codimensione zero.

• Dato un iperpiano H, gli altri iperpiani inducono su H un arrangiamen-to. Le camere di questo arrangiamento sono le faccette di codimensione 1.

(18)

18 Complesso di Salvetti • Se H, H0 sono due iperpiani non paralleli, consideriamo l'intersezione

H ∩ H0. Gli altri iperpiani inducono su H ∩ H0 un arrangiamento le cui camere sono le faccette di codimensione 2.

• In modo del tutto analogo si costruiscono le faccette di codimensione 3, . . . , N.

Denoteremo con F l'insieme di tutte le faccette.

Mettiamo un ordine parziale sull'insieme F ponendo F < F0 se cl(F ) ⊆

cl(F0), dove con cl intendiamo la chiusura topologica.

Il supporto di una faccetta è lo spazio ane da essa generata, cioè l'in-tersezione di tutti gli iperpiani che la contengono. Se F ∈ F, indicheremo il suo supporto con |F |.

Data F ∈ F, chiamiamo

pF : RN → RN/|F |

la proiezione ane. Questa induce un arrangiamento (centrale) in RN/|F |,

formato dalle immagini degli iperpiani che contengono F . Questo a sua volta genera una decomposizione in faccette di RN/|F |, che chiameremo F

F.

Inne, denoteremo con

πF :F → FF

la mappa che manda una faccetta E in quella più piccola che contiene pF(E). Se chiamiamo FF l'insieme delle faccette che hanno F come faccia,

osserviamo che πF è una bigezione se ristretta a FF .

Fatte queste premesse, procediamo nella costruzione del complesso X. Per ogni faccetta F ∈ F, scegliamo un punto arbitrario wF ∈ F. Diremo che

wF < wF0 se F < F0. Incominciamo dal seguente lemma:

Lemma 2.1.1. Supponiamo che l'arrangiamento sia centrale e centrato in 0. Allora per ogni x ∈ RN \ {0} è associata un'unica catena w

Fj0 > · · · > wFjk,

dove codim(Fji)= j

i e jk < N tale che la semiretta s(x) = {tx | t > 0}

incontra il meet wFj0 ∨ · · · ∨ wFjk in un unico punto x0.

Dimostrazione. Sia Fj0 la faccetta che contiene x. Se wFj0 ∈ s(x), allora

x0 = wFj0 e abbiamo nito. Altrimenti proiettiamo s(x) da wFj0 su ∂Fj0,

ottenendo la retta s1(x) ⊂ Fj1, con Fj0 > Fj1. Se wFj1 ∈ s1(x), allora x

0 è

il punto su s(x) che si proietta su di esso; è combinazione convessa di wFj0

e wFj1 e la catena è wFj0 > wFj1. Altrimenti, proiettiamo s1(x) da wFj1

su ∂Fj1 ottenendo una semiretta s2(x) ⊂ Fj2 e ripetiamo il ragionamento

precedente. Tale procedimento si arresta al più in N passi, e ci fornirà la catena richiesta.

(19)

Costruzione di X 19 Al punto x = 0 = wFN associamo la catena wFN. Il lemma 2.1.1 ci dice

in particolare che, nel caso di arrangiamento centrale, l'insieme D =[wF0 ∨ · · · ∨ wFk−1 ∨ wFN,

dove l'unione è fatta su tutte le catene wF0 > · · · wFk−1 > wFN, dove codim(Fi) =

i è una N-cella triangolata, il cui bordo è

S = [wF0 ∨ · · · ∨ wFk−1.

Consideriamo ora il caso non centrale.

Lemma 2.1.2. Sia Fk∈ F di codimensione k. Chiamiamo

DFk =

[

wF0 ∨ · · · ∨ wFk−1 ∨ wFk

dove l'unione è fatta su tutte le catene wF0 > · · · wFk−1 > wFk, dove codim(Fi) =

i. Allora DFk è una k-cella triangolata in R

N, che ha come bordo

SFk =

[

wF0 ∨ · · · ∨ wFk−1

dove l'unione è fatta sulle stesse catene.

Dimostrazione. Consideriamo la bigezione πFk : F

Fk → F

Fk. Poiché FF0 è

centrale, possiamo applicare il lemma 2.1.1. Per ogni faccetta Fj = πFk(Fj) ∈

FFk scegliamo il punto wFj = pFk(wFj). Sia

DF

k =

[ wF

0 ∨ · · · ∨ wFk

dove l'unione è fatta su tutte le catene wF0 > · · · > wFk. Allora DFk è una

cella triangolata con bordo SF k = [ wF 0 ∨ · · · ∨ wFk−1. Ma è chiaro che prFk : DFk → DFk

è un omeomorsmo, e questo completa la dimostrazione.

Lemma 2.1.3. Sia k il massimo delle codimensioni delle faccette in F. Allora valgono i seguenti fatti:

(20)

20 Complesso di Salvetti (i) Sia Fk una faccetta di codimensione k. Allora tutti gli iperpiani sono

paralleli a Fk oppure lo contengono. Viceversa, se F è una

faccet-ta faccet-tale che ogni iperpiano è parallelo a F o lo contiene, allora F ha codimensione k ed è parallelo a Fk.

(ii) Dato Fj ∈ F di codimensione j, è possibile costruire una catena

F0 ⊃ · · · ⊃ Fj−1 ⊃ Fj ⊃ Fj+1· · · ⊃ Fk,

dove ogni Fi ha codimensione i.

Dimostrazione. (i) Se per assurdo esistesse un iperpiano H che non con-tiene Fk e non è parallelo a Fk, allora si avrebbe

dim(H ∩ |Fk|) = dim Fk− 1,

esisterebbero quindi faccette di codimensione > k. Viceversa, se F è pa-rallelo ad ogni iperpiano, o ne è contenuto, allora esiste una traslazione che manda |F | in |Fk|, e per massimalità di k si ha la tesi.

(ii) Consideriamo una faccetta Fj di codimensione j. In primo luogo

co-struiamo la catena wFj > · · · > wFk. Se tutti gli iperpiani sono paralleli

o contengono Fj, per il punto precedente avremmo j = k e la catena

è semplicemente Fj. Altrimenti gli iperpiani non paralleli a Fj

de-terminano una suddivisione di |Fj| che ha Fj come camera. Sia Fj+1

una faccia di Fj. Possiamo iterare il ragionamento no a quando non

raggiungiamo una faccetta di codimensione k, e in tal caso abbiamo ottenuto la catena wFj > · · · > wFk.

Per completare la catena, consideriamo la proiezione πFj :F → FFj

Esiste un'unica faccetta di massima codimensione in FFj, cioè 0 =

π(Fj). Usando il ragionamento precedente, partiamo da una camera

F0 ∈ FFj e costruiamo una catena

F0 > F1 > · · · > Fj = 0.

Siano ora Fi ∈ F tali che πFj(Fi) = Fi. Otteniamo in tal modo una

catena

F0 > F1 > · · · > Fj,

(21)

Costruzione di X 21 Denotiamo ora con Q l'insieme di tutte le celle DF e con Q l'unione di

tali celle:

Q = [

F ∈F

DF

Esso è un complesso cellulare e il bordo delle celle è dato da ∂DFj =

[

Fj−1>Fj

DFj−1.

Inoltre, per il lemma 2.1.3 precedente ogni DFj−1 è nel bordo di un qualche

DFj. Quindi Q è un complesso di celle regolare.

Lemma 2.1.4. Il complesso Q è contraibile.

Dimostrazione. Sia k la massima codimensione delle faccette in F. Distin-guiamo due casi:

k = N Denotiamo con B l'unione delle camere limitate. L'insieme B è stel-lato (vedere per esempio [13], pagina 33), in particolare è contraibile. Osserviamo che Q ⊇ B e RN si contrae su B, infatti la chiusura di

ogni faccetta interseca B, grazie al lemma 2.1.3, e può essere contratta linearmente su tale intersezione. Ma allora anche Q si contrae su B, quindi Q è contraibile.

k < N Sia Fk una faccetta di codimensione k. Se U è un sottospazio com-plementare a |Fk|, allora gli iperpiani inducono su U una suddivisione:

ogni faccetta F ∈ F interseca U in un faccetta della stessa codimen-sione, grazie al lemma 2.1.3. Per costruzione la dimensione di U è k, quindi ci siamo ricondotti al caso precedente: se BU è l'unione

del-le camere limitate in U, allora BU è contraibile. Consideriamo ora la

proiezione RN = |F

k| ⊕ U → U. Analogamente al caso precedente,

l'immagine di Q in U si retrae su BU. Poiché BU è contraibile, segue

che anche Q è contraibile.

In RN, possiamo considerare il seguente grafo:

• I vertici sono i punti wF, dove F è una camera. Indicheremo con V

l'insieme dei vertici.

• Due vertici sono collegati se e solo se le camere corrispondenti sono adiacenti.

(22)

22 Complesso di Salvetti Data una faccetta F ∈ F, indicheremo con VF l'insieme di vertici che

appartengono alle camere in FF.

La distanza tra due vertici è il numero di lati che compongono un per-corso minimo tra essi, cioè il numero di iperpiani che dividono le camere che rappresentano. Si ricava facilmente il seguente lemma.

Lemma 2.1.5. ([9], lemma 3) Dati F ∈ F e w ∈ V , esiste un unico vertice wF,w ∈ VF di minima distanza rispetto a w.

Consideriamo ora la complessicazione CN di RN e lo spazio

Y = CN \[

j∈J

Hj,C dove Hj,C è il complessicato di Hj.

Mostriamo ora come costruire il CW -complesso X ⊂ Y . Siano w ∈ V e Fk ∈ F. Deniamo ora le mappe

φFk,w : D

k→ Y.

Identichiamo il disco Dk con D

Fk. Sia x ∈ DFk, allora possiamo scrivere

x = k X i=0 λiwFi, X λi = 1, 0 ≤ λi ≤ 1 dove wF0 > · · · > wFk. Poniamo <φFk,w(x) = x =φFk,w(x) = k X i=0 λi(wFi,w− wFi)

Nel seguente lemma mostriamo che la mappa è ben denita. Lemma 2.1.6. L'immagine di φFk,w è contenuta in Y .

Dimostrazione. Sia x ∈ DFk. Se x non appartiene a nessun iperpiano, allora

chiaramente φFk,w ∈ Y. Supponiamo allora che x ∈ H, con H iperpiano.

Osserviamo che x+iy ∈ HCse e solo se x ∈ H e y ∈ H0, dove H0è la giacitura

di H. Basta quindi mostrare che y = Pk

i=0λi(wFi,w− wFi) non appartiene

a H0. Osserviamo che i punti wFi,w stanno tutti nello stesso semispazio

rispetto a H. Quindi, poiché wFi ∈ H, i punti wFi,w − wFi stanno nello

stesso semispazio rispetto a H0, ma allora una loro combinazione convessa

(23)

Costruzione di X 23 Denoteremo con DFk,w l'immagine di φFk,w. Abbiamo ottenuto quindi un

CW-complesso X = S DFk,w. Osserviamo che le sua parte reale è proprio Q;

inoltre

∂DFk,w =

[

Fk−1>Fk

DFk−1,w.

e ogni DFk−1,w è nel bordo di qualche DFk, w, cioè X è un complesso di celle

regolare.

Nella rimanente parte della sezione dimostreremo che gli spazi X e Y sono omotopicamente equivalenti. Innanzitutto osserviamo che possiamo ri-condurci al caso in cui k = N (k è la massima codimensione). Infatti se Fk ha tale codimensione, e W è lo spazio ortogonale a |Fk| in RN, allora la

proiezione CN → CN/W

C induce una contrazione di Y su Y ∩ WC.

Inol-tre, scegliendo V ⊂ W , abbiamo X ⊂ WC; in tal modo X è ssato dalla

proiezione. Possiamo dunque supporre che k = N. Chiamiamo QC = (<|Y )

−1(Q), allora è facile trovare una contrazione di

Y su QCche modica solo la parte reale, contraendo ogni faccetta F su F ∩Q. Sia ora F ∈ F e w ∈ V , corrispondente alla camera Cw e consideriamo

l'insieme in RN

C(F, w) = p−1F πF(Cw) − wF

dove il - indica la traslazione. Osserviamo che • Vale S{C(F, w) | w ∈ VF

} = RN.

• Presi due elementi distinti w, w0 ∈ VF, allora le parti interne di C(F, w)

e C(F, w0) sono disgiunte.

• Se F > F0, allora C(F, w) ⊃ C(F0, w).

Notiamo inoltre che C(F, w) è l'unione disgiunta dei traslati di ∂C(F, w) nella direzione wF,w− wF, quindi possiamo parametrizzare in modo unico un

generico elemento y ∈ C(F, w) come

y = β(wF,w− wF) + α,

dove µ ≥ 0 e α ∈ ∂C(F, w).

Data una catena wF0 > · · · > wFN,introduciamo il seguente sottoinsieme

di Y :

Y (wF0 > · · · > wFN, w) = {x + iy ∈ Y | x ∈ wF0 ∨ · · · ∨ wFN, y ∈ C(FN, w)}.

Abbiamo S Y (wF0 > · · · > wFN, w) = QC, dove l'unione è fatta su tutte le

catene e su tutti i w. Sia ora x + iy ∈ QC, con x = P N

j=0λjwFj. Poiché

y ∈ C(FN, w) ⊃ C(Fj, w), per ogni j possiamo scrivere

(24)

24 Complesso di Salvetti dove µj ≥ 0 e αj ∈ ∂C(Fj, w). Per j = 0 abbiamo y = α0, quindi µ0 è

indenito; nel seguito supporremo µ0 = λ0.

Osservazione 2.1.7. I µj non sono tutti nulli, più precisamente vale che

λ0 = · · · = λj−1 = 0, λj 6= 0 =⇒ µj 6= 0

Infatti se λ0 = · · · = λj−1 = 0, λj 6= 0, allora x ∈ Fj. Con un ragionamento

analogo a quello usato nel lemma 2.1.6 si ricava che y /∈ ∂C(Fj, w), quindi

µj 6= 0.

Grazie all'osservazione precedente, la quantità S(λ, µ) =X

j

min{λj, µj}

non è nulla. Possiamo quindi denire V (λ, µ) = 1 S(λ, µ)   X j min{λj, µj}wFj+ i X j min{λj, µj}(wFj,w− wFj)  . Osserviamo che V (λ, µ) ∈ X. Proposizione 2.1.8. Le mappe Y (wF0 > · · · > wFN, w) → X x + iy 7→ V (λ, µ) deniscono una mappa

[ Y (wF0 > · · · > wFN, w) = QC→ X Dimostrazione. Sia x + iy ∈ Y (wF0 > · · · > wFN, w) ∩ Y (wF00 > · · · > wFN0 , w 0 )

con i rispettivi parametri λ, µ, λ0, µ0. Dobbiamo mostrare che V (λ, µ) =

V (λ0, µ0). Osserviamo che se Fj 6= Fj0, allora λj = 0 = λ0, mentre se Fj = Fj0,

allora λj = λ0j, quindi λ = λ

0. Ragioniamo ora sui µ

j e distinguiamo 3 casi:

• Se Fj 6= Fj0, allora 0 = λj = min{λj, µj} = min{λ0j, µ 0 j}. • Se Fj = Fj0 e wFj,w 6= wFj0,w0, allora C(Fj, w) = C(F 0 j, w0), quindi µj = µ0j.

(25)

Costruzione di X 25 • Se Fj = Fj0 e wFj,w 6= wFj0,w0, allora C(Fj, w) 6= C(F 0 j, w 0), quindi y ∈ ∂C(Fj, w) ∩ ∂C(Fj0, w0), da cui µj = 0 = µ0j.

In ogni caso abbiamo min{λj, µj} = min{λ0j, µ 0

j}, quindi V (λ, µ) = V (λ 0, µ0)

e la mappa è ben denita.

Sia x + iy ∈ QC, con x = PjλjFj, y = µj(wFj,w − wFj). Per ogni

0 ≤ t ≤ 1, deniamo

φt(x + iy) = (1 − t)(x + iy) + tV (λ, µ)

Nel seguito mostreremo che φ1 denisce un'equivalenza omotopica tra QC e

X.

Lemma 2.1.9. L'immagine di φt è contenuta in QC.

Dimostrazione. Chiamiamo xt+ iyt l'immagine di x + iy attraverso φt. Dalle

denizioni risulta chiaro che xt ∈ Q, quindi ci basta dire che xt + iyt ∈

Y. Se λ0 = µ0 6= 0, allora xt appartiene a una camera e la tesi segue

immediatamente. Supponiamo ora che λ0 = · · · = λj−1 = 0 e λj 6= 0. Allora

µj 6= 0e x ∈ Fj. Ma allora per costruzione xt∈ Fj per ogni t, quindi ci basta

mostrare che yt non appartiene alla giacitura degli iperpiani che contengono

Fj. Poiché µj 6= 0, y sta nella parte interna di C(Fj, w). La formula per yt è

yt= (1 − t)y + t N X i=j 1 S(λ, µ)min{λi, µi}(wFi,w− wFi).

Dato che C(Fi, w) ⊂ C(Fj, w)per ogni j ≥ i, i punti wFi,w−wFiappartengono

alla parte interna di C(Fj, w), per i ≥ j. Per convessità di C(Fj, w), segue che

yt è nella parte interna di C(Fj, w), per ogni t e il lemma è dimostrato.

Proposizione 2.1.10. La mappa φ1 è un'equivalenza omotopica tra QC e X.

Dimostrazione. Osserviamo intanto che φ1 è surgettiva. Infatti, dato x =

P λjwFj, possiamo prendere y ∈ C(FN, w) in modo che λj ≤ µj per ogni j.

In tal caso

φ1(x + iy) = x + i

X

λj(wFj,w− wFj),

cioè riusciamo a realizzare ogni punto di X come immagine attraverso φ1.

Osserviamo inoltre che φ1 manda il j- scheletro Xj in se stesso e

la-scia invariati i centri delle celle, quindi è una mappa cellulare, omotopa all'identità.

(26)

26 Complesso di Salvetti

2.2 Applicazione all'Arrangiamento di Coxeter

Sia ora W un gruppo di Coxeter nito, generato da riessioni in RN.

Al-lora ad esso è associato l'arrangiamento degli iperpiani di riessione a cui possiamo applicare i risultati della sezione precedente. In questa sezione mo-streremo che possiamo costruire il complesso X in modo che sia invariante per l'azione di W e costruiremo un complesso algebrico ad esso equivalente, derivando inne una formula esplicita per le mappe di bordo.

D'ora in poi supporremo quindi che l'arrangiamento in RN sia associato

ad un gruppo di Coxeter W .

Fissiamo ora una camera F0. Associamo a F0un sistema di Coxeter (W, S)

scegliendo come generatori le riessioni che hanno come iperpiani quelli che delimitano la camera F0. Denotiamo inoltre con F l'insieme delle faccette

incluse nella chiusura di F0.

Il gruppo W agisce in modo naturale sull'insieme delle faccette F; tale azione verica i seguenti fatti:

• Data una faccetta F ∈ F, il sottogruppo di W che ssa F è un sotto-gruppo parabolico, generato dalle riessioni relative agli iperpiani che contengono F .

• Data una faccetta qualsiasi F ∈ F, esiste un'unica faccetta F ∈ F che appartiene all'orbita di F .

• Gli elementi di W che mandano F in F sono una classe laterale del sottogruppo parabolico che ssa F .

Scegliamo in modo opportuno i punti wF ∈ F in modo che l'insieme di

tali punti sia W -invariante.

• Per ogni F ∈ F, scegliamo in modo arbitrario un punto wF ∈ F.

• Se F è una qualsiasi faccetta, consideriamo la faccetta F che sta nel-l'orbita di F . Se γ è un qualsiasi elemento che manda F in F , allora poniamo wF = γ(wF).

Fatte queste scelte, applichiamo i risultati della sezione precedente: costruia-mo le celle DF e il complesso Q. Con Q indichiamo ancora l'insieme delle celle

DF, mentre con Q denotiamo il sottoinsieme di Q dato delle celle relative

alle faccette in F.

Il complesso Q, costruito in questo modo, è invariante per l'azione di W : più precisamente, se γ ∈ W , allora vale γ(DF) = Dγ(F ). Inoltre, data una

(27)

Costruzione del Complesso di Salvetti 27 L'insieme degli elementi di W che mandano D in D è una classe laterale di un sottogruppo parabolico di W (quello generato dalle riessioni che hanno D come insieme invariante). Indicheremo con γD l'elemento di lunghezza

minima (rispetto al sistema di Coxeter S) di tale classe laterale.

Sia XW il complesso di celle ottenuto quozientando Q nel seguente modo:

due celle D, D0 di Q che stanno nella stessa orbita sono identicate mediante

l'omeomorsmo γD0γ−1

D .

Sia ora Y = CN \S H

C, dove H sono gli iperpiani dell'arrangiamento. Il

gruppo W agisce in modo libero su Y , quindi possiamo considerare lo spazio quoziente Y/W .

Teorema 2.2.1. Lo spazio quoziente Y/W ha lo stesso tipo d'omotopia di XW.

Dimostrazione. Nella sezione precedente abbiamo visto che Y è omotopica-mente equivalente al complesso X = SF,wDF,w. Osserviamo che per

costru-zione X è invariante per l'acostru-zione di W su Y , infatti un elemento γ ∈ W porta la cella DF,w in Dγ(F ),γ(w). Inoltre l'omotopia costruita tra Y e X passa al

quoziente per l'azione di W , cioè punti appartenenti alla stessa orbita in Y vengono mandati in punti della stessa orbita in X. Questo ci dice che gli spazi Y/W e X/W sono omotopicamente equivalenti.

Ora studiamo come W agisce sulle celle di X. Consideriamo una cella DF,we sia WF < W lo stabilizzatore di F (che sappiamo essere il sottogruppo

generato dalle riessioni per iperpiani che contengono F ). Osserviamo che l'orbita di DF,w attraverso WF consiste in tutte le celle DF,w0, con w0 ∈ VF.

Fissiamo ora w ∈ V e consideriamo l'insieme C delle celle DF,w, al variare di

F ∈ F. Osserviamo che gli omeomorsmi φF,w tra le celle di Q e quelle di

C sono compatibili sui bordi, quindi incollano ad un omeomorsmo tra Q e S C. Poiché C contiene celle di ogni orbita dell'azione di W su Q, il teorema segue dal fatto che ogni cella DF,w è W -equivalente ad un'unica cella del tipo

DF ,w, con F ∈ Q, attraverso l'elemento γDF.

2.3 Costruzione del Complesso di Salvetti

Possiamo quindi usare il complesso XW per calcolare l'omologia di Y/W , che

non è altro che l'omologia del gruppo di Artin cho corrisponde a W . Diamo ora una descrizione esplicita del complesso XW in catene e bordi.

Consideriamo la camera F0 ⊂ RN e chiamiamo Hs0, · · · , HsN gli iperpiani

che racchiudono tale camera, dove si ∈ W è la riessione per l'iperpiano Hsi.

Chiamiamo wi il punto scelto sulla faccetta data dall'intersezione tra Hsi e

(28)

28 Complesso di Salvetti Hs0∪· · ·∪Hsk, dove k è la codimensione di F e i0 < · · · < ik. Quindi possiamo

identicare tale faccetta con il sottoinsieme Γ(F ) = {si0, . . . , sik}. Diamo

come orientazione all faccetta "duale" DF quella indotta dall'ordinamento

dei vertici wi0, . . . , wik. Quindi estendiamo l'orientazione a tutto il complesso

Qin modo che le mappe γD preservino l'ordine.

Se D, D0 sono due celle di Q, indichiamo con [D : D0] il numero di

incidenza tra di esse:

[D : D0] =                  0 se D0 non è faccia di D.

1 se D0 è faccia di D e l'orientazione indotta da D su D0 è uguale a quella di D0.

−1 se D0 è faccia di D e l'orientazione indotta da D su D0

è opposta a quella di D0.

Le celle di XW corrispondono alle celle di Q, quindi a un unico

sottoin-sieme Γ ⊆ IN = {1, . . . , N }.

Lemma 2.3.1. Siano F0 e G0 due faccette che hanno F come faccia comune,

con F, F0 ∈ F e sia γ l'elemento di minima lunghezza tra quelli che mandano

F0 in G0. Allora vale

[DF : DG0] = (−1)l(γ)[DF : DF0]

Dimostrazione. Si ha

[DF : DG0] = [γ−1DF : γ−1DG0] = [γ−1DF : DF0]

Ma γ−1D

F = DF e si preserva l'orientazione se e solo se γ ha lunghezza pari,

da cui segue la tesi.

Costruiamo ora il complesso algebrico associato a XW. Fissiamo un

ordi-namento totale < su S. Come k-catene scegliamo lo Z-modulo libero generato dai sottoinsiemi di S di cardinalità k:

Ck=

nX

aΓΓ | aΓ ∈ Z; Γ ⊆ S, |Γ| = k

o e come bordi le mappe date da

δk(Γ) = X s∈Γ (−1)s(Γ) X γ∈WΓ/WΓ\{s} (−1)l(γ) Γ \ {s} dove:

(29)

Costruzione del Complesso di Salvetti 29 • s(Γ) = #{t ∈ Γ | t < s}.

• WΓ e WΓ\{s} sono i sottogruppi parabolici di W generati da Γ e Γ \ {s}

rispettivamente.

• Data una classe laterale γ ∈ WΓ/WΓ\{s}, γ è l'elemento in γ di

lun-ghezza minima.

Osservazione 2.3.2. Dato un gruppo di Coxeter W , possiamo considerare il polinomio

W (q) = X

γ∈W

ql(γ)

Tale polinomio è fondamentale nella teoria dei gruppi di Coxeter. Inoltre, se H è un sottogruppo parabolico di W , è facile mostrare che la bigezione W ' H × W/H del teorema 1.3.3 si traduce nell'uguaglianza

W (q) = H(q) X

γ∈W/H

(−1)l(γ)

Inoltre c'è un risultato che esprime la relazione tra questo polinomio e gli esponenti m1, . . . , mN del gruppo di Coxeter, vale infatti

W (q) =

N

Y

i=1

(1 + q + · · · + qmi).

Una dimostrazione di questa formula si può trovare in [8], Teorema 3.15. Abbiamo quindi un modo esplicito per calcolare tale polinomio.

Grazie a questa osservazione, possiamo facilmente calcolare il termine di bordo, infatti abbiamo

X γ∈WΓ/WΓ\{s} (−1)l(γ) = WΓ(q) WΓ\{s}(q) q=−1 Teorema 2.3.3. La bigezione Q → C∗ DF 7→ Γ(F )

(30)

30 Complesso di Salvetti Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che alla mappa di bordo δkcorrisponde

il bordo topologico delle celle di XW. Denotiamo con π la proiezione di Q su

XW. Chiamiamo Fke Fkl'insieme delle faccette di codimensione k di Q e Q

rispettivamente, inoltre se G, H ∈ Fk, scriviamo G ≡W H se le due faccette

stanno nella stessa orbita rispetto all'azione di W . Sia ora F ∈ Fk, il bordo

topologico di π(DF) è ∂kπ(DF) = X G∈Fk−1 X H∈Fk,H≡WF [DH : DG]π(DG) = X G∈Fk−1 X H∈Fk,H≡WF (−1)l(γ(H))[DF : DG]π(DG) X G∈Fk−1 [DF : DG] X γ∈WΓ(F )/WΓ(G) (−1)l(γ)π(DG)

Concludiamo osservando che se Γ(F ) \ Γ(G) = {s}, allora [DF : DG] =

(−1)s(Γ(F )).

Abbiamo quindi costruito un complesso, il Complesso di Salvetti, che ci permette di calcolare in modo esplicito l'omologia di un gruppo di Artin.

(31)

Capitolo 3

Monoide di Artin ed Elemento

Fondamentale

Dato un gruppo di Coxeter nito con generatori S, è possibile considerare il monoide di Artin associato, che presenta la stessa descrizione in relazioni e generatori del gruppo di Artin corrispondente. In questo capitolo ci dedi-cheremo ad analizzare alcune proprietà che soddisfa tale oggetto algebrico, in particolare quelle legate alla "divisibilità" tra gli elementi del monoide. In ogni monoide di Artin con gruppo di Coxeter nito è presente un "elemento fondamentale" ∆S, che è denito come il minimo comune multiplo di S. In

questo capitolo daremo la dimostrazione dell'esistenza di ∆S e verranno

de-scritte alcune proprietà che esso soddisfa. Esso sarà l'ingrediente principale per la costruzione del complesso di Squier. La referenza principale è [3].

3.1 Monoide di Artin

Consideriamo un sistema di Coxeter (W, S), con W nito. Ricordiamo che il gruppo di Artin G relativo si ottiene come quoziente del gruppo libero FS

con insieme di generatori S per le relazioni

hstimst = htsimts ∀s, t ∈ S.

Possiamo associare a tale sistema un monoide, denito nel seguente modo: • Diremo che una parola V ∈ FS è positiva se può essere scritta senza

inversi di lettere in S.

• Due parole positive si dicono positivamente equivalenti se è possibile ottenere l'una dall'altra mediante trasformazioni del tipo hstimst →

htsimst.

(32)

32 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale • Le classi di equivalenza di parole positive formano un monoide, detto

Monoide di Artin, che indicheremo con M.

Date due parole positive U e V , scriveremo U ≡ V se vale l'uguaglianza lettere per lettera (cioè sono lo stesso elemento nel gruppo libero), mentre scriveremo semplicemente U = V se rappresentano lo stesso elemento nel mo-noide di Artin, cioè è possibile passare dall'una all'altra mediante operazioni del tipo hstimst → htsimst.

Enunciamo il seguente lemma fondamentale, che in seguito verrà chiamato "lemma di riduzione".

Lemma 3.1.1. ([3] lemma 2.1) Siano X e Y parole positive e s, t due lettere tali che sX = tY . Allora esiste una parola positiva V tale che

X = ht, simst−1V e Y = hs, timst−1V.

In particolare, se s = t allora il lemma ci dice che aX = aY ⇒ X = Y, cioè la proprietà di cancellazione a sinistra.

Osservazione 3.1.2. Vale anche la proprietà di cancellazione a destra: data una parola positiva

V ≡ s1· · · sk,

deniamo revV come

revV ≡ sk· · · s1.

Osserviamo che tale mappa è compatibile con le relazioni del monoide, per-tanto denisce una bigezione M → M. Applicando tale mappa alle parole del lemma 3.1.1 otteniamo una versione "a destra" del lemma di Riduzione, da cui segue la cancellazione a destra.

3.2 Divisibilità

Denizione 3.2.1. Siano U e V parole positive. Diremo che U divide V (a sinistra) se esiste una parola positiva Z tale che

V = U Z e scriveremo U | V .

(33)

Divisibilità 33 Dati una lettera s ∈ S e una parola positiva V , ci chiediamo se c'è un modo per determinare se s | V . È chiaro che se V non contiene la lettera s oppure se V ≡ ht, siq, con q < m

st, allora V non può essere multiplo di s.

In questa sezione arriveremo a descrivere un algoritmo per vericare se s | V. Partiamo dalla seguente denizione:

Denizione 3.2.2. Sia s ∈ S.

(1) Una s-catena primitiva è una parola positiva V tale che mst = 2 per

ogni lettera t di V . Diremo che s è la sorgente e il bersaglio di V . (2) Una s-catena elementare è una parola positiva del tipo ht, siq, con m

st >

2 e 0 < q < mst. La sorgente è s, il bersaglio è t se q è pari, è s se q è

dispari.

(3) Una s-catena è una parola C ≡ C1· · · Ck, dove ogni Ci è una si-catena

primitiva o elementare per qualche si ∈ S, tale che s1 = se il bersaglio

di Ci è la sorgente di Ci+1.

Esempio 3.2.3. Sia W = H3, il gruppo di Coxeter con tre generatori a, b, c e

mab = 3, mac = 2, mbc = 5. Allora

• c, c2 sono a-catene primitive.

• b, bc, bcb sono c-catene elementari. • cbacbcba2 è una catena da a a c.

Osservazione 3.2.4. Esiste un'unica decomposizione di una s-catena in fattori primitivi o elementari se richiediamo che i fattori primitivi siano lunghi il più possibile.

Lemma 3.2.5. Sia C ≡ C1· · · Ck una catena da s a t e sia D una parola

positiva tale che s | CD. Allora t | D, in particolare s non divide C.

Dimostrazione. Dimostriamo il lemma procedendo per induzione su k. Per il passo base poniamo k = 1 e distinguiamo i due casi.

• Supponiamo che C sia primitiva, diciamo C ≡ x1· · · xm, con msxi = 2.

Sia V una parola positiva tale che CD = sV . Allora per il lemma di riduzione (lemma 3.1.1) esiste una parola positiva Z tale che

x2· · · xmD = sZ

Applicando ripetutamente il lemma di riduzione arriviamo all'espres-sione D = sU, per qualche U, cioè s | D.

(34)

34 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale • Supponiamo ora che C = htsiq sia elementare, quindi m

st > 2 e 0 <

q < mst. Come prima, sia V tale che

htsiqD = sV.

Sempre per il lemma di riduzione, esiste una parola U tale che D =

(

hstimst−qU se q è dispari.

htsimst−qU se q è pari.

In ogni caso, D è divisibile per il bersaglio di C.

Poniamo ora k > 1 e supponiamo che la tesi valga per k − 1. Se sk è il

bersaglio di C1· · · Ck−1, allora per ipotesi induttiva sk | CkD, quindi per

quanto visto il bersaglio di Ck divide D.

L'ultima aermazione segue ponendo D uguale alla parola vuota.

Data una parola positiva V e una lettera s, esiste un algoritmo, descritto in [3], 3.2, che genera una parola Ts(V ) equivalente a V che soddisfa le

seguenti proprietà:

• Ts(V ) ≡ V se e solo se V è una s-catena o inizia con s.

• Ts(V )è una s-catena oppure inizia con s.

Questo algoritmo permette quindi di decidere se una parola V è divisibile per s: lo è se e solo se Ts(V ) incomincia con s.

Vediamo brevemente come funziona l'algoritmo: • La parola V possiede un'unica fattorizzazione

V ≡ Cs(V )Ds(V )

dove Cs(V ) ≡ C0C1, dove C0 è una s-catena primitiva e C1 è una

s-catena elementare, tali che Cs(V )sia più lunga possibile.

• Se Cs(V ) ≡ C0htsiq, poniamo

Cs(V )+ ≡

(

sCs(V ) se q = mst− 1,

C0htsiq+1 altrimenti.

Data una qualsiasi parola positiva V , poniamo V− la parola ottenuta

cancellando la prima lettera.

(35)

Minimo comune multiplo 35 • Altrimenti, supponiamo che Cs(V ) abbia bersaglio t. Deniamo

ricor-sivamente Ts(V )nel seguente modo: poniamo

Us(V ) ≡

(

Cs(V )Tt(Ds(V )) se Tt(Ds(V ))non incomincia con t

Cs(V )+Tt(Ds(V ))− altrimenti

Deniamo inne Ts(V ) = Usl(V ) (cioè U iterata l volte), dove l è la

lunghezza di V .

Esempio 3.2.6. Consideriamo W = A3, con generatori a, b, c e relazioni mab =

mbc = 3, mac = 2. Sia V = abcaba, vogliamo determinare se V è divisibile

per c. Calcoliamo quindi Tc(V ):

• Cc(V ) ≡ abcche ha bersaglio b.

• Per trovare Us(V )ci serve calcolare Tb(aba).

• Cb(aba) ≡ ab, con bersaglio b.

• a è una b-catena, quindi Tb(a) ≡ a.

• Ub(aba) ≡ (ab)+(a)− ≡ bab ≡ Tb(aba).

• Uc(V ) ≡ (abc)+(aba)−≡ abcbab.

• Uc(abcbab) ≡ (abc)+(bab)− ≡ cabcab.

• È stato suciente iterare U due volte: infatti abbiamo generato una parola che inizia con c. Quindi Tc(V ) ≡ cabcab e c | V .

3.3 Minimo comune multiplo

Dalla nozione di divisibilità in M segue la seguente denizione.

Denizione 3.3.1. Dato un insieme di parole positive X, un multiplo comu-ne (sinistro) di X è una parola Z tale che V | Z per ogni V ∈ X. Un minimo comune multiplo (sinistro) è un multiplo comune di lunghezza minima. Osservazione 3.3.2. Se esiste un minimo comune multiplo, esso è unico in M. Infatti se Z e Z0 fossero due m.c.m di X, allora esisterebbe una parola non

vuota U con Z = Z0U. Si avrebbe pertanto l(Z) < l(Z0). Invertendo i ruoli

di Z e Z0 avremmo anche l(Z0) < l(Z), assurdo.

Osservazione 3.3.3. In modo analogo è possibile dare la nozione di divisibilità a destra e minimo comune multiplo destro.

(36)

36 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale Il m.c.m sinistro (risp. destro) di un insieme X verrà indicato con [X]l

(risp [X]r).

Nel seguito descriviamo un algoritmo che produce il minimo comune multiplo tra una lettera e una parola, se questo esiste.

Sia s ∈ S e V una parola positiva. Se V comincia con s, poniamo Rs(V ) ≡ V.

Se V è una catena da s a t, poniamo

Rs(V ) ≡ Ts(V t).

Denizione 3.3.4. Sia V una parola positiva e s ∈ S. La s-successione di V è la successione di parole positive {Vi}, dove

V1 ≡ Ts(V )

Vi+1≡ Rs(Vi)

Il seguente lemma aerma che se la s-successione di V si stabilizza, allora produce il minimo comune multiplo tra s e V .

Lemma 3.3.5. (i) Se Z è un multiplo comune di V e s, allora Vi | Z per

ogni i e Vj ≡ Vj+1 per j > l(Z) − l(V ).

(ii) Viceversa, se Vj ≡ Vj+1 per qualche j, allora Vj è un multiplo comune

di V e s. (Quindi un minimo comune multiplo per (i)).

Dimostrazione. (i) Sia Z un multiplo comune di V e s. Mostriamo per induzione su i che Vi | Z per ogni i. Poiché V e Ts(V )sono equivalenti,

V1 | Z. Supponiamo ora che Vi | Z e siano X, Y parole positive tali che

Z = sX = ViY.

Se Vi inizia con s, allora Vi ≡ Vi+1 e abbiamo nito. Altrimenti Vi è

una s-catena, sia t il suo bersaglio. Per il lemma 3.2.5, t | Y , quindi esiste una parola Y0 tale che Y = tY0. Ma allora abbiamo

Z = VitY0 = Ts(Vit) ≡ Vi+1Y0,

cioè Vi+1 | Z. Se Vi 6≡ Vi+1, allora l(Vi+1) = l(V ) + i. Ma vale anche

l(Vi+1) ≤ l(Z), quindi i ≤ l(Z) − l(V ). Si deduce che se Vj ≡ Vj+1,

allora j > l(Z) − l(V ).

(ii) Se vale Vj ≡ Vj+1, allora Vj incomincia con s. Inoltre è chiaro che ogni

(37)

Parole libere da quadrati 37 Esempio 3.3.6. Il minimo comune multiplo di due lettere s, t è hstimst.

Esempio 3.3.7. Consideriamo il sistema di Coxeter B3, con generatori a, b, c

e relazioni mab = 3, mbc = 4, mac = 2. Cerchiamo il minimo comune multiplo

delle tre lettere. Sappiamo che il minimo comune multiplo tra a e b è V ≡ aba. Applichiamo quindi l'algoritmo precedente alla parola V e alla lettera c:

• V1 ≡ aba che ha bersaglio c.

• V2 ≡ Tc(abac) ≡ abca che ha bersaglio b.

• V3 ≡ Tc(abcab) ≡ abcab che ha bersaglio a.

• V4 ≡ Tc(abcaba) ≡ abcbab che ha bersaglio c.

• V5 ≡ Tc(abcbabc) ≡ abcbabc che ha bersaglio b.

• V6 ≡ Tc(abcbabcb) ≡ abcbabcb che ha bersaglio c.

• V7 ≡ Tc(abcbabcbc) ≡ cabcbabcbe abbiamo nito.

3.4 Parole libere da quadrati

In questa sezione studieremo una classe importante di parole positive, che sono quelle che non sono equivalenti a parole che contengono lettere conse-cutive.

Denizione 3.4.1. Se una parola positiva V può essere scritta nella forma V ≡ U ssZ, dove U e Z sono parole positive, diremo che V contiene un quadrato. Una parola positiva è libera da quadrati se non è equivalente ad una parola che contiene quadrati.

Incominciamo con il seguente lemma.

Lemma 3.4.2. Sia V una parola positiva divisibile per s ∈ S che contiene un quadrato. Allora esiste una parola positiva V equivalente a V che contiene un quadrato e inizia con s.

Dimostrazione. Si dimostra per induzione sulla lunghezza di V . Come fatto in precedenza, scriviamo V nella forma

V ≡ Cs(V )Ds(V ).

Possiamo assumere che V sia il rappresentante della sua classe di equivalenza con Cs(V ) di lunghezza maggiore, tra le parole che contengono quadrati. Se

Cs(V )è vuota, allora V incomincia con s, quindi poniamo V ≡ V . Se Cs(V )

(38)

38 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale • Se Cs(V ) contiene un quadrato, allora possiamo prendere V ≡ Ts(V ).

Infatti V incomincia con s, avendo s | V , e il quadrato in V non viene modicato da Ts.

• Supponiamo ora che Ds(V )contenga un quadrato. Per il lemma 3.2.5, il

bersaglio di Cs(V )divide Ds(V ), quindi per ipotesi induttiva possiamo

trovare una parola equivalente a Ds(V ) che comincia con tale lettera.

Ricordiamo che avevamo scelto Cs(V ) di lunghezza massima, quindi

Cs(V )è del tipo

Cs(V ) ≡ C0htsimst−1,

dove C0 è una s-catena primitiva (se l'esponente di hsti fosse minore

di mst − 1, potremmo allungare Cs(V ) inglobando la prima lettera

di Ds(V )). Ora, se Ds(V )− contiene un quadrato, allora possiamo

prendere V ≡ sCs(V )Ds(V )−, infatti

sCs(V )Ds(V )− = C0hstimstDs(V )−

= C0htsimstDs(V )−

= C0htsimst−1Ds(V )

≡ V.

Se invece Ds(V )− non contiene un quadrato, signica che Ds(V )

inco-mincia con il quadrato del bersaglio di C0(V ); in questo caso possiamo

porre V ≡ s2C

s(V )Ds(V )−−, un ragionamento analogo al precedente

mostra che V e V sono equivalenti.

• L'ultimo caso da analizzare è quello in cui né Cs(V )né Ds(V )

conten-gono un quadrato. Ciò signica che V si scrive V = C0htsiqDs(V ),

dove q > 1 e Ds(V )incomincia con s se q è pari, con t se q è dispari. In

ogni caso, Ds(V ) è divisibile sia per s che per t, quindi, per il lemma

di riduzione, esiste una parola positiva U tale che Ds(V ) = htsimtsU.

Possiamo quindi porre

V ≡ sC0htsimst+q−1.

(39)

Esistenza dell'Elemento Fondamentale 39 Veniamo ora al risultato principale di questa sezione:

Lemma 3.4.3. Sia V una parola libera da quadrati e s una lettera tali che sV non è libera da quadrati. Allora s | V .

Dimostrazione. Per il lemma 3.4.2 esiste una parola positiva U tale che sV = sU e sU contiene un quadrato. Per cancellazione abbiamo V = U, quindi U è libera da quadrati. Ma allora U deve incominciare con s, cioè s | V .

Concludiamo la sezione applicando questo risultato alla s-successione di una parola.

Lemma 3.4.4. Sia V una parola libera da quadrati e s ∈ S. Allora le parole della s-successione di V sono libere da quadrati.

Dimostrazione. Dimostriamo per induzione su i che Vi è libero da quadrati.

il caso i = 1 è banale. Supponiamo quindi che Vi sia libero da quadrati

e dimostriamo che lo è anche Vi+1.Per denizione vale Vi ≡ Vi+1 oppure

Vi+1 = Vit, dove t è il bersaglio di Vi. Supponiamo per assurdo che Vit

contenga un quadrato, allora anche trevVi lo contiene. Per il lemma 3.4.3,

t |revVi, assurdo perché revVi è una t-catena.

3.5 Esistenza dell'Elemento Fondamentale

In questa sezione dimostreremo che ogni sottoinsieme Γ di S possiede un minimo comune multiplo, esso verrà detto elemento fondamentale e sarà indicato con ∆Γ.

Sia ora SF M l'insieme degli elementi liberi da quadrati in M. Nel capitolo 1 abbiamo denito la mappa di Tits τ : W → G. Osserviamo che possiamo denire in modo del tutto analogo una mappa

˜

τ : W → M che fa commutare il diagramma

W

M G

˜

τ τ

Se w = s1· · · sk è un'espressione ridotta per w, allora deniamo ˜τ(w) =

s1· · · sk, dove stavolta gli si sono visti come elementi di M. Il lemma 1.5.2

ci dice che ˜τ è ben denita. Inoltre abbiamo ˜

(40)

40 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale Infatti il 1.3.2 ci assicura che s1· · · sk∈ W è un espressione ridotta se e solo

se la parola s1· · · sk ∈ M è libera da quadrati.

Questo mostra in particolare che esistono solamente un numero nito di elementi liberi da quadrati in M. Ma allora data s ∈ S e V libera da quadrati, il lemma 3.4.4 aerma che tutte le parole della sequenza Vi sono

libere da quadrati. Questo implica che tale successione deve stabilizzarsi, e lo fa proprio sul minimo comune multiplo tra s e V , che quindi esiste sempre. Abbiamo appena dimostrato il seguente risultato.

Teorema 3.5.1. Esiste il minimo comune multiplo di S.

Osserviamo che se Γ ⊆ S, allora possiamo applicare il teorema al monoide MΓ, cioè quello generato da Γ, e ottenere l'esistenza del minimo comune

multiplo di Γ.

Denizione 3.5.2. Il minimo comune multiplo di Γ ⊆ S viene detto ele-mento fondamentale di Γ e viene indicato con ∆Γ.

3.6 Proprietà dell'elemento fondamentale.

In questa sezione, dimostreremo una serie di proprietà soddisfatte dall'ele-mento fondamentale.

Lemma 3.6.1. Sia Γ ⊆ S. Allora vale (i) ∆Γ = [Γ]r.

(ii) rev∆Γ = ∆Γ.

Dimostrazione. (i) Se [Γ]r non fosse divisibile (a sinistra) per un elemento

s ∈ Γ, allora si potrebbe rappresentare con una catena da s a t, dove t ∈ Γ. Per il lemma 3.2.5 esso non potrebbe essere divisibile a destra da t, assurdo.

(ii) Segue dal fatto che [X]l =rev[revX]r, come dimostrato in [3], lemma

4.3.

Lemma 3.6.2. Dato Γ ⊆ S, allora esiste un unico automorsmo σΓ di MΓ

che soddisfa le seguenti proprietà: (i) σ2

Γ= id.

(41)

Proprietà dell'elemento fondamentale. 41 (iii) Per ogni V ∈ MΓ, vale

V ∆Γ = ∆ΓσΓ(V ).

Dimostrazione. Consideriamo la parola V ∆Γ. Mostriamo che essa è divisibile

a sinistra per ogni lettera in Γ. Sia quindi s ∈ Γ e supponiamo che s - V ∆Γ.

Allora V ∆Γ è equivalente ad una catena da s a t ∈ Γ. Ma allora revV ∆Γ =

∆ΓrevV è una t-catena, cioè non è divisibile a sinistra per t, assurdo perché

t | ∆Γ.

Poiché ogni lettera in Γ divide V ∆Γ, questa è divisibile per ∆Γ, cioè

esiste ed è unica (grazie alla proprietà di cancellazione in MΓ) una parola

σΓ(V ) ∈ MΓ tale che

V ∆Γ = ∆ΓσΓ(V ).

Una semplice verica mostra che σΓ è un automorsmo di MΓ. Inoltre σΓ

conserva le lunghezze delle parole, quindi manda lettere in lettere. Rimane da mostrare che σ2

Γ = id. Sia V ∈ MΓ, abbiamo

σΓ(V )∆Γ = ∆ΓσΓ2(V ).

Applicando la mappa rev otteniamo

σΓ2(revV )∆Γ = ∆ΓσΓ(revV ) = revV ∆Γ,

da cui σ2

Γ(revV ) = revV , cioè σΓ2 = id.

L'unicità della mappa σΓ segue dalla proprietà (iii).

Osservazione 3.6.3. Per ogni s, t ∈ Γ deve valere mst = mσΓ(s)σΓ(t).

Esempio 3.6.4. Consideriamo il sistema di Coxeter A3, con generatori a, b, c

e relazioni mab = mbc = 3, mac = 2. L'elemento fondamentale è

∆ = ∆abc = abacba.

Determiniamo l'automorsmo σ = σabc. Per l'Osservazione precedente deve

valere σ(b) = b. Mostriamo quindi che σ(a) = c: a∆ = aabacba

= ababcba = abacbca = abacbac = ∆c.

(42)

42 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale Lemma 3.6.5. Sia Γ ⊆ S e siano U, V ∈ MΓ tali che UV = ∆Γ. Allora

σΓ(V )U = V σΓ(U ) = ∆Γ.

Dimostrazione. Basta scrivere

σΓ(V )U V = σΓ(V )∆Γ= ∆ΓV

e cancellare a destra.

Lemma 3.6.6. Sia Γ ⊆ S e siano U, V ∈ MΓ. Allora

(i) ∆Γ divide a sinistra V se e solo se lo divide a destra.

(ii) U divide a sinistra ∆Γ se e solo se lo divide a destra.

(iii) Se ∆Γ | U V, allora ogni lettera di Γ divide a destra U oppure divide a

sinistra V .

Dimostrazione. Il punto (i) segue direttamente dal lemma 3.6.2. Per il punto (iii), supponiamo che s ∈ Γ non divida a destra U e non divida a sinistra V . Allora U può essere rappresentato da una catena con bersaglio s e V da una catena con sorgente s. Ma allora la parola UV è una catena, pertanto non può essere divisibile per la sua sorgente, ma allora nemmeno ∆Γ è divisibile

per tale lettera, assurdo.

Lemma 3.6.7. Sia Γ ⊆ S, allora valgono i seguenti fatti: (i) U ∈ MΓ è libero da quadrati se e solo se U | ∆Γ.

(ii) Il minimo comune multiplo di elementi liberi da quadrati in MΓ è libero

da quadrati.

Dimostrazione. Dal lemma 3.4.4 sappiamo che ∆Γè libero da quadrati,

quin-di lo è ogni suo quin-divisore. Viceversa, supponiamo V libera da quadrati, mo-striamo che V | ∆Γ per induzione sulla lunghezza di V . Scriviamo V = Us,

per ipotesi induttiva possiamo supporre che U | ∆Γ, cioè esiste Z ∈ MΓ tale

che ∆Γ = U Z. Poiché s non può dividere a destra U, per il lemma 3.6.6 deve

dividere a sinistra Z, quindi V è un divisore di ∆Γ. Con questo abbiamo

dimostrato il punto (i).

Dal punto (i) segue facilmente (ii), infatti se U e V sono liberi da quadrati, allora ∆Γ ne è un multiplo comune. Quindi il minimo comune multiplo di U

(43)

Proprietà dell'elemento fondamentale. 43 Dato un insieme di parole X ⊆ M, è possibile denire un comune divisore di X come una parola che divide tutti gli elementi di X e il massimo comune divisore di X il comune divisore di lunghezza massima. È noto che esiste sempre il massimo comune divisore di un insieme X ([3], proposizione 4.2). Noi siamo in grado di dimostrarlo in questo caso particolare:

Lemma 3.6.8. Sia X ⊆ M un insieme di parole libere da quadrati. Allora esiste il suo massimo comune divisore.

Dimostrazione. Sia Y l'insieme (nito) di tutti i comuni divisori di X. Per il lemma 3.6.7 esiste il minimo comune multiplo di Y , ed è chiaro che coincide con il massimo comune divisore di X.

Lemma 3.6.9. Sia Γ ⊆ S e supponiamo che ∆Γ = U V, con U, V ∈ MΓ.

Allora per ogni Λ ⊆ Γ esiste un'unica fattorizzazione in MΓ U = U1U2 e

V = V1V2 tale che U2V1 = ∆Λ.

Dimostrazione. Sia V1 ∈ MΓ il massimo comune divisore tra ∆Λ e V .

Pos-siamo quindi scrivere V = V1V2 e ∆Λ = U2V1 (grazie al lemma 3.6.6), per

opportuni V2, U2 ∈ MΓ.

Mostriamo che per ogni t ∈ Λ, t - V2. Se t ∈ Λ dividesse V2, allora V1t | V,

quindi V1 non può avere t come fattore destro, essendo ∆Γlibero da quadrati.

Ora, poiché V1 è un fattore sinistro di ∆Λ e t non è fattore destro di V1, per

il lemma 3.6.6 abbiamo V1t | ∆Λ. Ma allora V1t sarebbe un comune divisore

tra ∆Λ e V , contro le ipotesi.

Applichiamo ora il lemma 3.6.6 alla fattorizzazione ∆Γ = (U V1)V2,

otteniamo che ogni t ∈ Λ, non potendo dividere V2, deve essere un fattore

destro di UV1, quindi ∆Λ divide UV1 a destra. Sia quindi U1 ∈ MΓ tale che

U V1 = U1∆Λ,

ricordando che ∆Λ = U2V1 otteniamo U = U1U2.

Discutiamo ora l'unicità di tale fattorizzazione. Supponiamo di poter scrivere anche U = U0

1U20 e V = V10V20 con ∆Λ = U20V10. Allora V10 divide V e

∆Γ, quindi divide anche il loro massimo comune divisore, cioè V1. Sia quindi

Z ∈ MΛ tale che V1 = V10Z. Possiamo quindi scrivere

∆Γ = U V

= U10U20V1V2

= U10U20V10ZV2

(44)

44 Monoide di Artin ed Elemento Fondamentale Se Z non fosse la parola vuota, allora ∆Γ conterrebbe un quadrato, assurdo.

Quindi V1 = V10, da cui seguono anche le uguaglianza U10 = U1, U20 = U2 e

V20 = V2.

Per il prossimo risultato introduciamo la seguente notazione: data V ∈ M, con R(V ) indichiamo l'insieme di tutti i divisori destri di V .

Teorema 3.6.10. Siano Λ ⊆ Γ ⊆ S. Allora la funzione R(∆Γ∆−1Λ ) × R(∆Λ) → R(∆Γ)

(V1, V2) 7→ V1V2

è una bigezione.

Dimostrazione. Mostriamo innanzitutto che la mappa è ben denita: scri-viamo ∆Γ∆−1Λ = U1V1 e ∆Λ = U2V2 . Il lemma 3.6.5 giustica i seguenti

passaggi:

∆Γ = U1V1U2V2

= U1V1V2σΛ(U2)

= σΓ(σΛ(U2)U1V1V2,

quindi V1V2 ∈ L(∆Γ).

Mostriamo che è surgettiva: sia V ∈ R(∆Γ), UV = ∆Γ. Allora vale

V σΓ(U ) = ∆Γ. Per il lemma 3.6.9 possiamo scrivere V = V1V2, σΓ(U ) = U1U2

con V2U1 = ∆Λ. Allora, ricordando che i divisori destri e sinistri dell'elemento

fondamentale sono gli stessi, abbiamo V2 ∈ R(∆Λ). Dall'uguaglianza

∆Γ = V1∆ΛU2 = σΓ(U2)V1∆Λ,

ricaviamo

σΓ(U2)V1 = ∆Γ∆−1Λ ,

quindi V1 ∈ R(∆Γ∆−1Λ ).

Mostriamo inne l'iniettività: sia U = U1U2, con UV = ∆Γ; allora vale

anche V σΓ(U ). Dalla dimostrazione del lemma 3.6.9, V2 è univocamente

determinato dal fatto di essere il massimo comune divisore tra ∆Λ e V , di

conseguenza V1 e V2 sono unici.

3.7 Iniettività di M → G.

Un'importante conseguenza dell'esistenza dell'elemento fondamentale è l'i-niettività della mappa naturale M → G.

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