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5. Sara Albano, Alice e il gusto delle meraviglie

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Academic year: 2021

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Alice e il gusto delle meraviglie

Introspettiva del racconto senza tempo

in cui Lewis Carroll ha celato innumerevoli immagini

e messaggi che ruotano intorno al mondo del cibo

Di Sara Albano

Una delle storie fantastiche che ci ha più appassionato durante l’infanzia è sicuramente quella di Alice nel paese delle meraviglie, personaggio creato da Lewis Carroll (alter ego di Charles Dodgson) nella seconda metà dell’Ot-tocento, autore di due volumi - Le avventure di Alice nel paese delle mera-viglie, 1865, e Attraverso lo specchio, 1872 - che hanno ispirato numerose pellicole cinematografiche (oltre a diverse variazioni letterarie sul tema). Primo fra tutti, l’indimenticabile lungometraggio Disney del 1951, seguito da Alice in Wonderland del 2010, dell’eclettico regista Tim Burton.

Siamo certi che molti di voi non si saranno di certo lasciati sfuggire che i due libri di Alice (nonché innumerevoli altre opere di Carroll, tra prosa e poesia) sono pregne di riferimenti al mondo gastronomico: c’è sempre un buon motivo per parlare di tè, pane imburrato, marmellate, biscotti e chi più ne ha più ne metta. Ed il cibo diventa anche protagonista di dettagli e scene che lo rendono magico e “fantasy”, come il pane in cassetta le cui fette svolazzano come farfalle (il panfarfalle, appunto, come lo traduce il cartone animato di Walt Disney), o i biscotti ed i funghi che consentono di cambiare dimensioni.

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Lewis Carroll si divertiva fin da bambino a inventare storie assurde e diver-tenti, con le quali prima dilettava le sorelle, poi divennero invece mezzo per lanciarsi nel mondo della scrittura di poesie umoristiche, filastrocche per bambini, giochi di parole, indovinelli e rompicapi, che divennero poi parte dei suoi capolavori. Ma la sua vera innovazione fu l’introduzione di quelle che vengono definite come parole-portmanteau, o parole-baule, che fondono insieme due o più vocaboli in uno solo, per condensarne il senso. Per comprendere di cosa parliamo, un moderno esempio di parola-baule è ad esempio il termine smog, nato dalla fusione delle parole “smo-ke” (fumo) e “fog” (nebbia). E tornando a Carroll, potremmo tornare a pensare alle suddette “panfarfalle”, in cui due parole si uniscono in questo caso per creare una figura immaginaria ma resa già estremamente realisti-ca dalla nuova terminologia.

I numerosissimi riferimenti al cibo, a detta di molti, sono legati ad una vera e propria ossessione verso di esso da parte dell’autore, sin da quando era bambino (forse come riflesso di motivazioni profondamente familiari). Ma non solo: secondo altri, Carroll conosceva bene la mente dei bambini e la loro naturale inclinazione verso il mangiare, che li portava ad amare anche i libri che ne parlavano. Nella sua fiaba non il momento dei pasti si fa inol-tre mezzo per trasmetterne l’importanza come vero rituale, dall’ora del tè al pic-nic fino alla cena.

Qualunque ragione si voglia dunque addurre all’abbondanza di cibo in Ali-ce nel paese delle meraviglie, ciò che appare Ali-certo è che in una fiaba così complessa e ricca di concetti che possono assumere più significati, di sim-bolismi e di paradossi, gli alimenti assumono valenze molto più profonde di quelle puramente “mangerecce”.

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Ricordate l’orologio del Bianconiglio che il Cappellaio Matto taglia a metà come un panino, spalmandolo con il burro? Sotto gli occhi di un’Alice allibi-ta, il grande orologio “da taschino” viene anche riempito di briciole di pa-ne (provenienti dal coltello) e inzuppato in una tazza di tè dalla Lepre Mar-zolina. Inizia un vortice in cui i personaggi fanno di tutto nell’ottica in cui ciò che non è commestibile finisce per esserlo (come il Cappellaio Matto che addenta e sgranocchia una tazza da tè).

Ancora un’immagine “fantasy” del cibo, che lo porta ai limiti dell’immagi-nazione, si colloca nel momento in cui Alice sceglie di bere da una botti-glietta con su scritto “Bevimi” nel tentativo di riuscire ad attraversare la stretta porta presidiata dal Signor Serratura. La descrizione del liquido in-gerito da Alice da parte di Carroll parla di qualcosa che non somigliava af-fatto ad una bevanda, ma ad una mistura di cibi solidi. Alice ne descrive il sapore di pane tostato, di caramello, di ananas e di arrosto al tempo stes-so!

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E infine, come non ricordare la storia del Tricheco e il Carpentiere, dove co-protagoniste sono le ostriche e una grande scorpacciata finale delle stesse da parte del Tricheco, con il compare che rimane a bocca asciutta? In generale, comunque, si può dire che nei libri che raccontano dei viaggi di Alice il cibo è molto presente, ma è soprattutto un’illusione: non si rie-sce a mangiare, sfugge, scompare, causa “effetti collaterali” come il cam-bio di dimensioni. Sul lungo tavolo da te del party del Cappellaio Matto, in realtà non c’è nulla da mangiare. Al banchetto della Regina dello Specchio, Alice arriva in ritardo e si perde la zuppa e la portata di pesce: le restereb-bero il montone e il budino, ma la buona educazione le vieta di nutrirsi di cibi che…le si sono presentati con un inchino. Il Cinque di Cuori rischia la decapitazione perché ha recapitato alla cuoca reale bulbi di tulipano anzi-ché cipolle, e le tartine della Regina non si possono mangiare peranzi-ché sono state rubate.

Il cibo è dunque vissuto in modo sbalorditivo, ovvero si mostra appetitoso ma per rivelarsi in seguito un miraggio, quasi un’allucinazione. Il reale ber-saglio di Carroll – ovvero il messaggio nascosto nei suoi libri – è stato l’in-tero sistema educativo dell’epoca, basato su moralismi e su filastrocche e poesie sai contenuti edificanti, spesso neanche compresi da un bambino, ma da imparare rigorosamente a memoria. Ed anche la presenza-assenza del cibo rivela un tono satirico dell’autore nei confronti della società vitto-riana del tempo e dei gravi problemi di malnutrizione che affliggevano il Regno Unito.

L’alleanza dell’autore con i bambini, per difenderne la purezza, la dignità e soprattutto i sogni, vuole essere sugellata dalle sue opere: dopotutto, fu proprio la piccola figlia di un amico di Lewis Carroll la prima a sentirgli rac-contare di Alice e a chiedergli di scrivere la sua fantastica storia in un libro, che sarebbe diventato in breve tempo un vero patrimonio dell’umanità.

Note bibliografiche

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