• Non ci sono risultati.

Il soggetto vulnerabile e lo Stato responsabile

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il soggetto vulnerabile e lo Stato responsabile"

Copied!
28
0
0

Testo completo

(1)

104

IL SOGGETTO VULNERABILE E LO STATO RESPONSABILE

Martha Albertson Fineman1

Abstract: Since there is no U.S. constitutional guarantee to basic social goods, the anti-discrimination, sameness-of-treatment approach to equality which is prevalent in the United States is particularly problematic. In this scenario, little help comes from the international context, since America has not ratified many of the international agreements concerning human rights, including those associated with the economic ones. Similarly, American courts face resistance, if not outright rejection, in applying human rights ideals: several Justices of the Supreme Court decried references to human rights principles used to bolster arguments about constitutionality under American precedent to be the application of "foreign fads" when (superior) American constitutional provisions should prevail. Fineman's concept of vulnerability (and the related idea of vulnerable subject), initially conceived to challenge this status quo by covertly introducing the human rights discourse in the American context, is now a peculiar approach, focused on exploring the nature of the human part, rather than the rights

1 Robert W. Woodruff Professor of Law, Emory University; Direttrice del Feminism and Legal Theory Project. Per

accedere alla pagina web della Vulnerability and the Human Condition Initiative presso la Emory University cf.:

www.emory.edu/vulnerability. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta con il titolo The Vulnerable Subject and the Responsive State, “Emory Law Journal”, 60 (2010): 151-275. Trad. it. di Brunella Casalini e Lucia Re. Email: mlfinem@emory.edu.

part, of the human rights trope. Importantly, consideration of vulnerability brings societal institutions, in addition to the State and individual, into the discussion and under scrutiny: indeed, being a characteristic of a relational self, the concept suggests that institutions should be responsive to individuals. Therefore, the nature of human vulnerability forms the basis for a claim that the State must be more responsive to that vulnerability and do better at ensuring the promise of equality of opportunity.

Keywords: vulnerability – responsivity – vulnerable subject - equality

Introduzione

La Costituzione degli Stati Uniti d'America sancisce l’eguaglianza formale dei cittadini di fronte alla legge (“equal protection law”). L'eguaglianza è dunque intesa come eguale trattamento e prescinde dai contesti, così come dalle differenti situazioni e dalle differenti abilità che possono caratterizzare gli individui. In particolare, a suscitare delle

(2)

105

perplessità è il modo in cui la dottrina dell'eguale protezione ignora le diseguaglianze esistenti nelle diverse situazioni e presume una equivalenza di posizioni e possibilità. Una concezione così ristretta di eguaglianza non può essere impiegata per combattere le crescenti diseguaglianze di ricchezza, posizione e potere che abbiamo sperimentato negli Stati Uniti negli ultimi decenni2.

Profonde diseguaglianze sono tollerate, persino giustificate, in nome della responsabilità individuale e perché si presume che la società sia regolata da principi meritocratici che funzionano all'interno del libero mercato. Lo Stato non è chiamato a dare una risposta a queste diseguaglianze, né deve stabilire meccanismi che assicurino una più

2

Il gap tra i più ricchi e i più poveri negli Stati Uniti è aumentato drasticamente dalla fine degli anni Settanta, fino a raggiungere un picco nel 1993, per poi diminuire leggermente (Wilkinson e Pickett, 2010: 235, fig.16.2). Dal 2000, però, il divario ha di nuovo visto un incremento abbastanza consistente. Questi livelli sono molto più alti di quelli che la nazione ha conosciuto per generazioni (cf. ivi: 234). Attualmente, il reddito del 20% più benestante della popolazione è circa 9 volte superiore al reddito dei più poveri (cf. ivi: 17, fig. 2.1). Dal 1992 al 2007, il 10% più benestante della popolazione degli Stati Uniti ha percepito grosso modo il 30% del reddito complessivo (cf. United Nations Development Programme, 2009:195, tabella m). 3

Al contrario, nel Regno Unito è stata recentemente introdotta una legge, l'Equality Act, che richiede che i decisori pubblici prendano in “giusta considerazione” la necessità di promuovere l'eguaglianza di opportunità (Fredman, 2010: 290; 295; cita: Equality Act ,2010: c. 15, § 149, 1).

4

Cf., per esempio, Lyng v. Auto. Workers, 485 U.S. 360, 371 (1988) (sentenza in base alla quale una legge che esclude dal programma di buoni alimentari coloro che

equa distribuzione dei beni o delle responsabilità sociali tra gli individui, i gruppi e le istituzioni3. Al contrario, negli Stati Uniti lo Stato deve astenersi dall'intervenire in nome della libertà individuale, dell'autonomia e di principi superiori quali la libertà contrattuale4.

Certamente, in risposta ai movimenti sociali e alla pressione politica, il diritto statunitense riconosce che distorsioni e disfunzioni possono esistere anche in un sistema come il nostro che si presume basato solo sul mercato e sul merito5. Le distorsioni

riconosciute nel nostro sistema sono inquadrate nella categoria della discriminazione che storicamente è stata ritenuta inammissibile se basata su certe caratteristiche individuali o di gruppo6. Poiché

partecipano ad uno sciopero non viola la clausola di eguaglianza formale sancita dal quinto emendamento perché l’esclusione “è razionalmente riconducibile al legittimo obiettivo del governo di evitare favoritismi indebiti nei confronti dell'una o dell'altra parte nelle dispute di lavoro private”).

5

Passato in risposta al Civil Rights Movement degli anni Sessanta, il Fair Housing Act del 1968, Pub. L. No. 90-284, tit. VIII, 82 Stat. 81 (codificato come emendamento al 42 U.S.C. §§ 3601–3631 (2006)) – il quale proibisce la discriminazione nella vendita o nell'affitto di una casa – è un esempio di come anche gli Stati Uniti riconoscano la necessità di interferire nel mercato e nell'ambito dei contratti privati. Cf. 42 U.S.C. § 3604 (“È illecito: (a) rifiutarsi di affittare o vendere dopo che è stata fatta un'offerta bona fide, o rifiutarsi di negoziare la vendita o l'affitto, o comunque negare o rendere indisponibile, un'abitazione a qualsiasi persona a causa della razza, del colore, della religione, del sesso, dello status familiare o dell'origine nazionale”).

6

Originariamente, il Fair Housing Act proibiva solo la discriminazione basata sulla razza, il colore, la religione e l'origine nazionale. Emendamenti hanno aggiunto il

(3)

106

le maggiori battaglie per i diritti civili nella società statunitense si sono concentrate sulle identità, caratteristiche quali il genere, la razza e la religione definiscono i gruppi protetti in prima istanza dalle nostre leggi sull'eguaglianza7. Si noti, dunque, che non è la discriminazione in generale ad essere proibita, ma solo la discriminazione fondata sulle caratteristiche distintive elencate.

Una persona può essere licenziata arbitrariamente, per una qualsiasi ragione, o le possono essere negati la casa o l'accesso a beni e servizi, purché ciò non sia il risultato di una discriminazione basata su caratteristiche come la razza o il genere8. Quest'approccio alla

diseguaglianza ha innescato una dinamica perversa che spesso sfocia nella

“sesso” nel 1974 e lo “status familiare” nel 1988. Cf. Housing and Community Development Act of 1974, Pub. L. No. 93-383, 88 Stat. 633, 728–29 (codificato come emendato in 42 U.S.C. §§ 3604–3606 (2006)); Fair Housing Amendments Act del 1988, Pub. L. No. 100-430, 102 Stat. 1619, 1620, 1622, 1623, 1635 (codificato come emendato in 42 U.S.C. §§ 3604–3606 (2006)).

7

Cf., per esempio, San Antonio Indep. Sch. Dist. v. Rodriguez, 411 U.S. 1, 28–29 (1973) (secondo cui lo “strict scrutiny” per violazione della “equal protection clause” non può essere invocato per la discriminazione in base alla ricchezza, perché non sono presenti i tradizionali indici di sospetto: la classe non è necessariamente associata a una disabilità o a una storia di trattamento diseguale intenzionale, o collegata a una posizione di mancanza di potere politico, tali da richiedere una protezione speciale da parte del processo democratico basato sulla regola maggioritaria”). Al contrario, il Canadian Human Rights Panel, nel 2000, ha raccomandato l'inclusione delle “condizioni sociali” come base di discriminazione, perché ha riconosciuto che la povertà è un fattore che le persone non possono controllare per lunghi periodi della loro vita, un fattore associato a “svantaggi duraturi” (Fredman, 2010, 2: 294

contrapposizione tra i diversi gruppi protetti, dividendo coloro che, altrimenti, potrebbero essere alleati nella lotta per una società più giusta, e generando una politica del risentimento e reazioni negative da parte di coloro che non si riconoscono come membri di gruppi favoriti da questo approccio all'eguale protezione9.

Un'ulteriore conseguenza perversa dell'attuale procedura deriva dai requisiti previsti per agire in giudizio contro la discriminazione. Al fine di ottenere il riconoscimento legale, i richiedenti devono dimostrare una storia di provata discriminazione nei confronti del gruppo col quale si identificano. Quindi, la diseguaglianza, costruita sull'identità di

(cita il Canadian Human Rights Act Review Panel, Promoting Equality: A New Vision 106–13 (2000), cf. http://dsp- psd.pwgsc.gc.ca/Collection/J2-168-2000E.pdf)).

8

Vedi, per esempio, Engquist v. Or. Dep’t of Agric., 128 S. Ct. 2146, 2149 (2008) (che sostiene che una impiegata pubblica non ha potuto presentare “un reclamo per violazione della clausola di eguale protezione denunciando di essere stata trattata arbitrariamente in modo diverso da altri impiegati con una posizione simile alla sua, perché non ha provato di essere stata trattata diversamente sulla base della sua appartenenza a qualche classe particolare”) (cf. Fineman, 2008, per una succinta illustrazione di questo caso).

9

Alcuni cittadini bianchi hanno avanzato rivendicazioni in termini di discriminazione alla rovescia, “riverse discrimination”, sostenendo che l'eguale protezione li mette in una situazione di svantaggio. Cf., per esempio, Does Affirmative Action Punish Whites? Courts See a Growing Number of Reverse Discrimination Cases, MSNBC.COM, Apr. 28, 2009, http://www.msnbc.msn.com/id/ 30462129.

(4)

107

gruppo, viene affrontata solo dopo che si è sedimentata una storia sufficientemente lunga di discriminazione. I gruppi sono quindi indotti ad escludere o includere al loro interno le persone in base all’obiettivo di proteggere la narrazione di una discriminazione di lunga durata10.

Il fatto di basarsi sulle caratteristiche individuali e di gruppo, invece che sulla distribuzione della ricchezza, del potere, delle opportunità o dei beni sociali, ha condizionato tanto l'organizzazione dei gruppi d'interesse negli Stati Uniti, quanto l’evoluzione della protezione legale. Le battaglie legali e politiche ruotano intorno alla questione se un gruppo specifico che cerca protezione possa

10

Cf., per esempio, Brooks e Widner, 2010: 107; 115 (“I critici sostengono che, come risultato del paradigma bianco/nero, le leggi antidiscriminatorie e, più in generale, l’impegno contro la discriminazione non sempre rispondono agli svantaggi razziali che sono sperimentati da persone asiatico-americane, latine e native” (l'autore cita Carbado, 2002: 1283, 1310)). 11

Cf. Witt v. Dep’t of the Air Force, 527 F.3d 806, 823 (9th Cir. 2008) (Canby, J., in parte concorrente e in parte dissenziente) (“Il diritto di intraprendere relazioni omosessuali e correlate condotte sessuali private è un diritto individuale di rango costituzionale, e […] la legge “Don’t Ask, Don’t Tell” (“Non chiedere, non dire”) penalizza quella relazione e quella condotta così da dover essere sottoposta ad uno stretto scrutinio”); Perry v. Schwarzenegger, 704 F. Supp. 2d 921, 997 (N.D. Cal. 2010) (sentenza nella quale si afferma che “le prove presentate nel corso del processo mostrano che gay e lesbiche sono il tipo di minoranza per la quale è stato previsto lo stretto scrutinio” in risposta all'argomento del ricorrente che la Proposition 8 in California violava la “equal protection clause”, discriminando in base al sesso e all'orientamento sessuale); cfr. Don’t Ask, Don’t Tell Repeal Act of 2010, Pub. L. No. 111-321, 124 Stat. 3515.

12

Nel criticare l’attuale concezione dell'eguaglianza

essere identificato come una “discrete and insular minority” (una minoranza distinta e chiaramente definita) che è stata storicamente discriminata, in modo da consentire l'analogia con quei gruppi che sono attualmente protetti sulla base di classificazioni quali la razza, il genere o l'etnia. È ciò che sta accadendo oggi con le lesbiche e i gay che stanno lottando per entrare nelle istituzioni sociali esistenti, quali il matrimonio o l'esercito, denunciando una discriminazione inammissibile, basata su una precisa ostilità11. I gruppi d'interesse in base

all'attuale dottrina della “equal protection” devono essere organizzati intorno a categorie identitarie e lottare per essere inclusi come classe protetta12.

negli Stati Uniti, non sto suggerendo che la discriminazione basata sulla razza o sul genere non sia più un problema e non dovrebbe più essere presa in considerazione dal diritto. Insisto sulla insufficienza dell'eguaglianza basata sulle identità, per contestualizzare la mia tesi, per cui non dobbiamo rinunciare all'introduzione di misure contro la discriminazione, ma dobbiamo andare oltre queste misure, in direzione di un più robusto ideale di eguaglianza. Una conseguenza deplorevole di questa dottrina dell'eguale protezione è sicuramente il fatto che protegge prevalentemente contro la discriminazione de jure (quando le leggi penalizzano in modo evidente una classe protetta), ma non riesce a offrire protezione per le situazioni di discriminazione de facto. Un'altra obiezione è che gli interessi radicati e privilegiati sono quelli che vengono avvantaggiati quando l'organizzazione politica e giuridica intorno all'identità può essere manipolata per spostare o eclissare le preoccupazioni per il benessere di tutti i membri della società americana. Sembra, infatti, che le discussioni intorno al trattamento basato sulla razza o sul genere a livello accademico, politico e nei mass media, servano ad evitare l'individuazione delle diseguaglianze che trascendono quelle categorie, come la povertà o la mancanza di accesso a un lavoro significativo. Esse riflettono anche un senso poco sviluppato di responsabilità collettiva in un sistema politico che non

(5)

108

Dal mio punto di vista, uno degli aspetti più preoccupanti dell'approccio all'eguaglianza basato sulle identità è che esso inquadra in termini restrittivi le rivendicazioni di eguaglianza e si fonda su una visione limitata di ciò che dovrebbe essere la responsabilità dello Stato in relazione alle questioni di giustizia sociale. Ben radicata nella retorica della responsabilità e dell'autonomia individuali, infatti, la dottrina antidiscriminatoria presuppone una concezione secondo la quale gli Stati Uniti d'America assicurano una vera parità di accesso e di opportunità e la discriminazione è l'eccezione rilevabile e correggibile all’interno di un sistema altrimenti giusto ed equo. Quest'approccio all'eguaglianza è particolarmente problematico dal momento che negli Stati Uniti non c'è alcuna garanzia costituzionale di beni sociali fondamentali quali la casa, l'educazione o la salute13. Il

discorso dei diritti umani che sostiene l'accesso

riesce a garantire quei beni sociali fondamentali che gli europei danno per scontati.

13

Cf., per esempio, Plyler v. Doe, 457 U.S. 202, 221 (1982) (che stabilisce che l'istruzione non è un diritto fondamentale); Ely Yamin, 2005: 1156, 1157 (“Gli Stati Uniti d'America sono anche l'unico paese industrializzato che non ha alcun tipo di riconoscimento giuridico di un diritto alla salute”).

14

Cf. Organizzazione degli Stati americani, Convenzione americana sui diritti umani, 22 novembre 1969, O.A.S.T.S. No. 36, 1144 U.N.T.S. 123 (firmata ma mai ratificata dagli Stati Uniti d'America); Patto internazionale sui diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, 6 I.L.M. 368, 999 U.N.T.S. 171 (entrato in vigore il 23 marzo 1976) (ratificato dagli Stati Uniti ma con cinque riserve, cinque lettere di intenti, e

a tali beni nei paesi europei e in altri Stati non esiste negli Stati Uniti d'America. Noi non abbiamo ratificato molti degli accordi internazionali sui diritti umani, inclusi quelli associati ai diritti economici14, la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW)15 e la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza (CRC)16. Le corti sono di poco aiuto. I tentativi di applicare all'interno dell'ordinamento – alle pratiche e al diritto statunitense – gli ideali dei diritti umani hanno incontrato ostilità, se non un aperto rifiuto. Molti giudici della Corte suprema hanno infatti criticato il riferimento ai principi dei diritti umani per sostenere la valenza costituzionale di un precedente di corti americane, considerando tale riferimento un cedimento a “mode straniere” e sostenendo che le (superiori) disposizioni costituzionali

quattro dichiarazioni che lo rendono largamente privo di significato negli Stati Uniti d'America, inclusa la riserva relativa al diritto di condannare a morte i bambini); Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, aperto alla firma il 19 dicembre del 1966, 6 I.L.M. 360, 993 U.N.T.S. 3 (entrato in vigore il 3 gennaio 1976) (firmato ma mai ratificato dagli Stati Uniti d'America). 15

Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, aperta alla firma il primo marzo 1980, 19 I.L.M. 33, 1249 U.N.T.S. 13 (firmata ma mai ratificata dagli Stati Uniti d'America). 16

Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell’adolescenza, aperta alla firma il 20 novembre 1989, 28 I.L.M. 1456, 1577 U.N.T.S. 13 (firmata ma mai ratificata dagli Stati Uniti d'America).

(6)

109

americane debbono prevalere17.

La mia elaborazione del concetto di vulnerabilità e dell'idea di soggetto vulnerabile è iniziata come un discorso furtivamente mascherato da discorso sui diritti umani, adattato ad un pubblico americano. Il concetto si è evoluto rispetto a quelle prime articolazioni, e ora penso che esso presenti alcune differenze significative come approccio rispetto al linguaggio dei diritti umani, soprattutto per il fatto che il focus sulla vulnerabilità enfatizza, nell’ambito del lemma “diritti umani”, l’analisi del versante umano, piuttosto che di quello dei diritti. Segnatamente, il fatto di prendere in considerazione la vulnerabilità porta a includere nella discussione e nell'analisi, oltre allo Stato e all'individuo, le istituzioni sociali. La vulnerabilità è posta come la caratteristica che ci posiziona in relazione gli uni con gli altri come esseri umani e promuove un rapporto tra

17

Cf. Roper v. Simmons, 543 U.S. 551, 624 (2005) (opinione dissenziente di J. Scalia, alla quale si sono uniti C.J. Rehnquist e J. Thomas) (“La premessa fondamentale dell'argomento della Corte – che il diritto americano debba conformarsi al diritto del resto del mondo – dovrebbe essere rigettata senza indugi. Infatti la Corte stessa non crede in questa premessa. Il diritto della maggior parte degli altri paesi differisce per molti aspetti significativi dal nostro – incluse non solo certe esplicite disposizioni della nostra Costituzione, come il diritto al processo con giuria e l'imputazione da parte di una giuria, ma anche molte interpretazioni della Costituzione che sono state date da questa stessa Corte”); Lawrence v. Texas, 539 U.S. 558, 598 (2003) (Scalia, J., dissenziente) (“La presa in considerazione da parte della Corte di queste concezioni straniere […] è quindi priva di senso. Si tratta di affermazioni pericolose, dal momento che 'questa Corte […] non

Stato e individuo basato sulla responsabilità. La natura della vulnerabilità umana costituisce la base per richiedere che lo Stato risponda in modo più adeguato a quella vulnerabilità. Esso assume tale responsabilità in primo luogo attraverso la creazione e il sostegno delle istituzioni sociali. Istituzioni che, a loro volta, sono vulnerabili rispetto ad una varietà di elementi interni ed esterni che tendono a corromperle o a distruggerle. Questa consapevolezza fonda la richiesta che le istituzioni siano attivamente monitorate dallo Stato, attraverso procedure trasparenti e inclusive.

Eguaglianza o autonomia

Come suggerisce l'introduzione, un modo per comprendere l'approccio della vulnerabilità è vederlo come l’articolazione di un dovere dello Stato di assumere attivamente

dovrebbe imporre sentimenti, capricci e mode straniere agli americani'” (seconda modifica nell'originale) (cita Foster v. Florida, 537 U.S. 990, 990 n.* (2002) (Thomas, J., opinione concorrente in negazione del certiorari); Thompson v. Oklahoma, 487 U.S. 815, 868 n.4 (1988) (Scalia, J., dissenziente). “La dipendenza della opinione di maggioranza dal resoconto di Amnesty International su ciò che deve considerarsi standard civile di decenza in altri paesi […] è totalmente inappropriata come strumento per stabilire le credenze fondamentali di questa nazione. Il fatto che il 40% dei nostri Stati non escluda la pena di morte per i condannati di quindici anni è determinante per la questione che è di fronte a noi oggi, anche se questa posizione contraddice la visione condivisa dal resto del mondo. Non dobbiamo mai dimenticare che è una Costituzione per gli Stati Uniti d'America quella che stiamo interpretando” (citazione omessa).

(7)

110

un'ampia responsabilità sociale, al fine di garantire l'eguaglianza dei cittadini e degli altri soggetti verso cui esso ha un qualche tipo di obbligo18. Il termine eguaglianza è sfuggente.

Esso può assumere molte sfumature diverse19.

In questo saggio esploro il modo in cui il concetto di vulnerabilità può aiutarci a capire meglio come realizzare effettivamente l'impegno americano tanto spesso glorificato in favore dell'eguaglianza di opportunità e di accesso20. La mia tesi conclusiva è che una

vera parità di opportunità porta con sé l'obbligo per lo Stato di garantire che l'accesso alle istituzioni che distribuiscono beni sociali, come la ricchezza, la salute, l'occupazione, o la sicurezza, sia generalmente aperto a tutti e che le opportunità che queste istituzioni offrono

18

Non voglio entrare qui nel merito del dibattito sui limiti della nozione di cittadinanza. Certamente, i non cittadini dovrebbero vedersi garantita l'eguaglianza negli stessi termini dei cittadini, se sono residenti o titolari di un visto di lungo periodo o hanno qualche altro legame che renda appropriata la responsabilità dello Stato nei loro confronti e nei confronti della loro situazione.

19

C'è una forte tendenza nella storia di questo paese a respingere il privilegio diseguale. Nell'America rivoluzionaria, i costituenti hanno usato l'idea di eguaglianza per respingere "ogni sorta di privilegio che andasse contro la parità di diritti delle persone.” (Wood, 1998: 83; 401). Le prime Costituzioni della Virginia, della Pennsylvania, del Vermont e del North Carolina prevedevano norme contro il privilegio. Si compari la Costituzione del North Carolina del 1776, all’art. III (“Nessun uomo o gruppo di uomini ha diritto a emolumenti esclusivi o separati o a privilegi da parte della comunità, se non in considerazione dei pubblici servizi resi”), e la Costituzione della Virginia del 1776, § 4 (simile), con la Costituzione della Pennsylvania, sempre del 1776, art. V (“Lo Stato non è […] per il particolare emolumento o vantaggio di un qualsiasi

siano distribuite in modo equo, così che nessuna persona o gruppo di persone siano indebitamente privilegiati, mentre altri siano svantaggiati in quanto hanno poche o nessuna opportunità21. Questa non vuole essere

un'affermazione in favore dell'eguaglianza dei risultati. Non ignoro, né nego che vi siano differenze nelle abilità o nell'iniziativa individuali, né respingo del tutto l’idea che gli individui siano responsabili di se stessi e delle proprie condizioni di vita. Quello che intendo sostenere è che l'accesso alle opportunità per molti americani è stato severamente compromesso negli ultimi decenni, ed è tempo che facciamo qualcosa per rimediare al tradimento di una delle nostre promesse fondative22. Lungi dall'avere eguali

singolo uomo, di una qualsiasi singola famiglia o gruppo di uomini, che sono solo una parte di quella comunità […]”), e la Costituzione del Vermont del 1777, art. VI (uguale).

20

La grande idea dell'eguaglianza di opportunità continua ad essere un grido di battaglia in questo Paese. L'allora Senatore Obama, nel suo discorso alla Convention nazionale democratica nel 2004, ha chiesto un "piccolo cambiamento" nelle priorità del governo per "assicurare che ogni bambino in America abbia adeguate opportunità al momento della nascita e che le porte delle opportunità rimangano aperte a tutti”, Barack Obama, Discorso alla Convention nazionale democratica 3 (27 luglio 2004) (trascrizione disponibile al seguente indirizzo: http://www.americanrhetoric.com/speeches/ PDFFiles/Barack Obama – 2004 DNC Address.pdf). 21

Attualmente, lo Stato assolve questo obbligo attraverso un paradigma antidiscriminatorio. Premessa fondamentale di questo saggio è che questo approccio è insufficiente e che in realtà esso ha portato a maggiori diseguaglianze di accesso e di opportunità. È necessario un intervento più positivo dello Stato.

22

(8)

111

opportunità, molti individui sono prigionieri di sistemi di svantaggio che è quasi impossibile superare. Il governo è sempre meno sensibile nei confronti di coloro che sono svantaggiati e biasima gli individui per la loro condizione, ignorando le iniquità di cui sono intessuti i sistemi in cui tutti ci troviamo irretiti23.

Certo, una garanzia di "eguaglianza", comunque definita, è solo una componente della relazione di reciprocità tra Stato e

gli Stati Uniti si collocano appena al di sotto di Singapore nella classifica dei paesi industrializzati con le più forti diseguaglianze (Wilkison e Pickett, 2010: 17, Fig. 2.1). Anche la mobilità sociale è stata limitata. I dati degli anni Ottanta e Novanta mostrano che circa il 36% dei bambini che nascono in famiglie appartenenti al quinto più povero della popolazione, da adulti, rimarranno in quella classe (ivi: 160). Gli studi che comparano il reddito dei padri al momento della nascita dei loro figli con quello di questi stessi figli all'età di trent'anni mostrano che la mobilità sociale si è rapidamente ridotta dal 1980 (ivi: 159-161). Lo Human Development Report, 2009 delle Nazioni Unite mostra che il rapporto tra il reddito o le spese del 10% più ricco della popolazione e quello del reddito o delle spese del 10% più povero della popolazione negli Stati Uniti è stato 15,9 nel periodo 1992-2007, più di 6 punti superiore rispetto allo stesso rapporto in Canada, Irlanda, Paesi Bassi, Francia e Svizzera, e 9 punti superiore rispetto allo stesso rapporto in Norvegia, Svezia, Finlandia, Austria e Germania (United Nations Development Programme, 2009: 195). Tale rapporto risultava anche di 2 punti superiore rispetto allo stesso dato nel Regno Unito (ivi).

23

Vedi, ad esempio, il Personal Responsibility and Work Opportunity Act del 1996, Pub. L. n ° 104-193, 110 Stat . 2105 (codificato come modificato nelle sezioni sparse di 8 e 42 U.S.C. ) (questa legge ha realizzato una importante riforma dello Stato sociale, imponendo requisiti lavorativi ai destinatari di programmi di welfare e limitando il periodo di tempo in cui si può beneficiare dell'assistenza). Nel firmare il disegno di legge, il presidente Clinton ha dichiarato: "La nuova legge ripristina il patto fondamentale in base al quale in America si offrono opportunità e si chiede, in cambio, responsabilità", mettendo in evidenza l'impegno dell'America in favore della parità di opportunità di cui si deve trarre vantaggio, grazie

individuo. In particolare, in America, l'aspirazione all'eguaglianza per tutti è stata bilanciata dall'ideale concorrente e spesso confliggente dell'autonomia o della libertà individuale24. Attraverso questo bilanciamento

tra libertà ed eguaglianza, è definita la responsabilità dello Stato nei confronti dell'individuo. Il significato, le implicazioni, e la posizione relativa di questi concetti può cambiare ed è cambiata nel corso del tempo25.

all'autonomia individuale, un impegno che non affronta diseguaglianze più sistemiche, cf. Presidente Bill Clinton, Remarks on Signing the Personal Responsibility and Work Opportunity Reconciliation Act of 1996 e uno scambio con i giornalisti (22 Agosto 1996) in Public Papers of the President of the United States: William J. Clinton 1996, vol. 2, 1998: 1326. 24

Nella storia americana delle origini l'eguaglianza e la libertà erano strettamente legate. La prima Costituzione dello Stato della Virginia, una delle prime Costituzioni statali, inizia con la dichiarazione: “Tutti gli uomini sono per natura egualmente liberi e indipendenti e hanno alcuni diritti innati", cf. Costituzione della Virginia del 1776, § 1. Samuel Adams sostenne che tutti i coloni avevano diritto ad una “giusta e vera libertà, ad una libertà eguale e imparziale” (Adams, 1772). Secondo Gordon S. Wood, autore di The Creation of the American Republic 1776–1787, “La nozione di 'libertà' fu la sola a essere invocata più spesso di quella di 'bene pubblico' dai rivoluzionari” (Wood, 1998: 55). Wilkinson e Pickett, autori di The Spirit Level, sostengono che l'impegno americano in favore dell'eguaglianza e della libertà si è frantumato durante la Guerra Fredda quando “l'economia di Stato dell'Europa dell'Est e dell'Unione sovietica sembrarono mostrare […] che una maggiore eguaglianza poteva essere ottenuta solo a spese della libertà” (Wilkinson e Pickett, 2010: 256).

25

All'inizio della storia politica americana, la dipendenza – un antonimo di autonomia – era intesa in modo molto diverso rispetto ad oggi. L'etichetta di dipendenti era applicata a una vasta classe di persone ed era la base per la loro esclusione dai diritti politici (dal diritto di voto), oltre a fornire, più in generale, una giustificazione per una cittadinanza di seconda classe. È ben noto che la dipendenza era utilizzata per definire la posizione delle donne e dei bambini; ma era anche il

(9)

112

Uno Stato il cui impegno primario è quello di garantire l'autonomia è meno interventista di uno Stato che privilegia l'eguaglianza nel valutare quale azione dello Stato debba essere assicurata. Non a caso, diverse aspirazioni e aspettative nei confronti dello Stato e dell'individuo informano diverse posizioni ideologiche e politiche sulla relativa importanza dell'eguaglianza e dell'autonomia26. Negli ultimi anni in

America, le possibilità di una visione solida e ampia dell'eguaglianza sembrano essersi erose, logorate dall'ascesa di una concezione ristretta e impoverita dell'autonomia (Fineman, 2004: 10)27. Infatti, l'autonomia dalla regolazione dello Stato, dal suo controllo o dalla sua interferenza è posta come essenziale per la realizzazione della libertà individuale e della libertà d'azione, anche se quella libertà ha

termine applicato agli uomini che erano semplici salariati e non avevano alcuna proprietà significativa o alcun capitale. La dipendenza era lo status di chi doveva fare affidamento su altri per il proprio sostentamento – di chi lavorava per guadagnare un salario. Sulla evoluzione del significato politico della dipendenza, vedi Fraser e Gordon (1994: 315–316), che descrive come gli uomini della classe operaia siano arrivati ad essere considerati indipendenti. Naturalmente oggi consideriamo il salariato, trasformato nel "contribuente", come il modello del cittadino indipendente. Il punto è che i significati di termini politici potenti possono cambiare; tali termini possono avere periodicamente bisogno di essere decostruiti e può essere necessario esplorare le assunzioni che essi presuppongono.

26

Il nuovo movimento del Tea Party, per esempio, si è schierato su una posizione di governo limitato e di spesa pubblica minima. In un sondaggio del maggio 2010 condotto dal University of Washington Institute for the Study of Ethnicity, Race & Sexuality, il 74% dei “veri accoliti” del Tea Party (quelli che concordano

portato ad una diminuzione delle opzioni e dell'autonomia di molti nella misura in cui la nostra società è diventata sempre più diseguale.

L’autonomia sta diventando sempre più rilevante anche come norma sulla base della quale misurare gli individui. Essa è definita in termini di aspettative di autosufficienza e di indipendenza per l'individuo. Non c’è quasi alcuno spazio per una positiva riconciliazione tra questa interpretazione dell'autonomia individuale e concetti come quelli di dipendenza o vulnerabilità. Forse questo è il motivo per cui quelli che devono ricorrere a certe forme di assistenza da parte dello Stato sono invitati a cedere la loro autonomia (e riservatezza) e vengono stigmatizzati come dipendenti e come falliti28.

fortemente con il Tea Party) era d'accordo con la seguente affermazione: “Se l'eguale opportunità dei neri e delle minoranze di avere successo è importante, non è però compito del governo garantirla” (Barreto e Parker, 2010).

27

L'importanza dell'idea di indipendenza per la costruzione di un individuo autonomo ed eguale può essere fatta risalire al fatto che l'esistenza stessa degli Stati Uniti inizia con un documento intitolato Dichiarazione d'indipendenza. Se è una dichiarazione di libertà per una nazione nascente, essa comunque afferma come principio "naturale" che ogni individuo è dotato di diritti inalienabili, come il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità. The Declaration of Independence, paragrafo 2 (U.S. 1776).

28

Solo certe forme di aiuto statale sono stigmatizzate. È difficile pensare a una qualsiasi situazione in cui qualcuno può agire senza avere, o aver avuto in passato, il sostegno sostanziale e l'aiuto dello Stato e delle sue istituzioni (cf. Fineman, 2004: 49–54).

(10)

113

Questa concezione dell'autonomia pone qualsiasi proposta di programmi statali volti a rafforzare il welfare o a fornire interventi sociali in favore di gruppi svantaggiati immediatamente in conflitto con la politica di contenimento e di non intervento che l'autonomia richiede. A livello politico, l'autonomia impedisce allo Stato di intervenire in modi possono essere caratterizzati sia come vincoli alla libertà di azione, sia come forme di redistribuzione della ricchezza o del potere29.

Questa limitazione ostacola in modo significativo la capacità dei politici di emanare o implementare qualsiasi proposta politica progressista, in particolare quelle che possono essere demonizzate come regolamentazione governativa inefficiente o come intervento dello Stato ingiustificato e demoralizzante nella sfera privata30. La retorica

dell'autonomia richiede che lo Stato non si intrometta. Il suo ruolo è principalmente quello di facilitare la competitività privata in una presunta meritocrazia che, si promette, saprà premiare debitamente l'iniziativa individuale e

29

Su questa base si giustifica la resistenza nei confronti di molti programmi dello Stato sociale, dall'assistenza pubblica o welfare, all'assistenza sanitaria, ai programmi di azione affermativa.

30

Penso che questo spieghi perché c'è stata tanta discussione su chi rientra tra i poveri “meritevoli” e chi tra quelli “non meritevoli”.

31

Come si è notato sopra, la responsabilità dello Stato potrebbe essere estesa, al fine di eliminare certe forme di discriminazione nei confronti di alcune classi di persone definite sulla base di caratteristiche di gruppo.

il talento, se solo venga lasciata libera di agire31. Il nostro privilegiare l'autonomia esige

una posizione predefinita in cui vi è libertà da regole e regolamenti vincolanti. In un tale sistema, successo e fallimento possono essere intesi solo come il risultato di azioni individuali e non come un risultato che è anche frutto del fallimento della risposta da parte dello Stato.

Se iniziamo un'analisi politica da questo punto di vista, che privilegia l'autonomia rispetto ad altri obiettivi e considera le azioni che si verificano all'interno di una linea temporale limitata, la nostra valutazione delle eguali opportunità sarà focalizzata solo sulle interazioni, sulle motivazioni e sulle caratteristiche attuali degli individui. Molto può essere nascosto o ignorato se queste relazioni individuali sono tutto ciò che includiamo nella nostra valutazione di un sistema di eguali opportunità e accesso; in particolare si possono trascurare le diseguaglianze sistemiche e storiche che stanno dietro allo status quo32.

Questa eliminazione della discriminazione è vista come una distorsione inammissibile del sistema di libero mercato e quindi come una giustificazione dell'intervento dello Stato e un'imposizione ammissibile nei confronti della libertà individuale di agire senza vincoli. La discriminazione, se provata, può essere affrontata e ad essa può essere posto rimedio attraverso procedure statali, dopo di che il sistema può tornare al suo libero mercato idealizzato, e alla sua posizione in favore della deregolamentazione.

32

I casi di azione affermativa hanno ampiamente dimostrato il limite di questa concezione dell'eguaglianza nell'affrontare la diseguaglianza storica

(11)

114

Se, però, si dovesse iniziare la nostra discussione su qual è la relazione corretta tra Stato e individuo, avendo come obiettivo principale quello di garantire e rafforzare un'eguaglianza significativa di opportunità e di accesso, si potrebbe riconoscere la necessità di uno Stato più attivo e reattivo. Ciò non significherebbe mettere da parte l'autonomia, ma, piuttosto, rendersi conto che, per quanto l'autonomia sia un’aspirazione desiderabile, essa non può essere raggiunta senza la fornitura di un'assistenza concreta, di sovvenzioni e di sostegno da parte della società e delle sue istituzioni, che dia agli individui le risorse di cui hanno bisogno per creare opzioni e compiere scelte.

L'autonomia non è una caratteristica umana innata, ma deve essere coltivata da una società che presta attenzione ai bisogni dei suoi membri, al funzionamento delle sue istituzioni e alle implicazioni derivanti dalla fragilità e

e istituzionale. Vedi, per esempio, Parents Involved in Cmty. Sch. v. Seattle Sch. Dist. No. 1, 551 U.S. 701, 712 (2007) (sentenza che afferma l'incostituzionalità del piano elaborato da un distretto scolastico di Seattle per “contrastare gli effetti che i modelli di pianificazione della edilizia su basi razziali avevano sulle assegnazioni scolastiche”, perché Seattle non ha mai avuto, dal punto di vista legale, scuole segregate; City of Richmond v. J. A. Croson Co., 488 U.S. 469, 498–99 (1989) (sentenza che afferma l'incostituzionalità di un regolamento comunale che imponeva che almeno il 30% dei soldi degli appalti edilizi comunali andassero a imprese di proprietà di membri delle minoranze. E ciò, nonostante il fatto che solo lo 0,67% degli appalti edilizi comunali fossero stati vinti da imprese di membri delle minoranze negli ultimi cinque anni, in una città in cui il 50% della popolazione era nero. La incostituzionalità del regolamento è stata sancita perché il comune non era in grado di indentificare esempi precisi di discriminazione

dalla vulnerabilità umana. Un impegno in favore dell'eguaglianza non deve essere visto come atto a diminuire le possibilità di autonomia. In realtà, se vogliamo una società in cui un gran numero di individui - e non solo coloro che sono stati storicamente privilegiati - possa esercitare l'autonomia, la società deve essere costruita su una base di eguaglianza.

L'autonomia non deve neppure essere confusa con l'isolamento o la separazione dalla società. Parte della reciprocità insita nell'essere un membro della società consiste nel fatto che ognuno ha un ruolo da svolgere per garantire il maggior bene possibile33. La mancanza di

coinvolgimento o il rifiuto di assumersi delle responsabilità per i bisogni degli altri non dovrebbe essere un'opzione per la società.

Poiché siamo parte della società e ne traiamo dei benefici, dobbiamo essere attenti a responsabilità che si estendono oltre la soddisfazione dei nostri bisogni personali e dei

nell'assegnazione degli appalti e, dunque, la minore partecipazione di imprenditori appartenenti alle minoranze poteva essere attribuita ad altri fattori, “quali carenze nel capitale lavorativo, incapacità a soddisfare requisiti vincolanti, scarsa familiarità con procedure vincolanti e ostacoli dovuti alla inadeguatezza della documentazione presentata”).

33

Cf., per esempio, Beem, 2006: 18: “Il principio di 'equa reciprocità' è un principio che afferma che ogni cittadino che volontariamente prende parte alla condivisione del prodotto sociale ha in cambio un obbligo verso la comunità di contribuire produttivamente in modo proporzionalmente rilevante. […]. In termini grossolanamente intuitivi: in un contesto di accordi economici sufficientemente equi, ognuno dovrebbe fare la sua parte” (modifica nell'originale) (cita White, 2003: 18 – citazione interna, virgolette omesse).

(12)

115

bisogni della nostra famiglia. L'autonomia vista attraverso la lente dell'eguaglianza comporta doveri sociali e reciproci nei confronti degli altri e non si confonde con l'egoismo, con l’autoreferenzialità, e con l'attenzione egocentrica solo alla propria condizione34.

È anche vero che la responsabilità dello Stato nei confronti dell'individuo per quanto riguarda l'autonomia non richiede che ci sia un numero infinito di scelte sempre disponibili per quei pochi che hanno potuto godere dei benefici della società e delle sue istituzioni. Non dovrebbe avvenire che l'unico limite all'accumulo di opportunità e ricompense sia costituito dalle capacità e dalle risorse individuali. La società dovrebbe essere in grado di definire quali limiti normativi e legali devono essere applicati ai metodi e alle modalità di accumulazione individuale. D'altra parte, se l'autonomia è intesa in modo coerente con la scelta di conferire priorità all'eguaglianza, ciò sembrerebbe richiedere che la società individui la soglia delle opportunità che devono essere offerte a tutti. Sarebbe compito dello Stato esercitare la propria autorità al fine di garantire che esistano un accesso e delle opportunità tali da offrire un

34

Studi esaminati in The Spirit Level dimostrano che la diseguaglianza riduce i livelli di fiducia tra i membri di una società, e che i membri meno fiduciosi di una società sono meno disposti a donare tempo e soldi per aiutare gli altri (Wilkinson e Pickett, 2010: 54–57). I livelli di fiducia negli Stati Uniti sono crollati dal 60% degli anni

numero minimo e praticabile di opzioni valide tra le quali un individuo può scegliere, realizzando così la propria autonomia.

Certo, "eguaglianza" e "autonomia" sono astrazioni. La loro natura amorfa, onnicomprensiva e vaga fa sì che entrambi i termini possano essere utilizzati da persone che hanno posizioni diverse in materia di responsabilità dello Stato. La mia tesi è che né l'eguaglianza, né l'autonomia possono essere comprese separandole l'una dall'altra, mentre nella società sembra che l’una sia enfatizzata o privilegiata a scapito dell'altra. Così la nostra eguaglianza, che è formale e incentrata sull'identità di trattamento, mette tra parentesi la vulnerabilità e la dipendenza e rende possibile ignorare gli svantaggi e gli oneri che vulnerabilità e dipendenza creano influendo sulla capacità degli individui di generare opzioni e, di conseguenza, sulla loro capacità di esercitare l'autonomia. Arrivare a introdurre alcuni meccanismi in grado di favorire pari opportunità e accesso richiederebbe di più da parte dello Stato in termini di regole e regolamenti atti a restringere l'autonomia illimitata di alcuni e a provvedere a una più giusta riallocazione di alcuni dei benefici e degli oneri esistenti all'interno della società.

Sessanta al 40% del 2004 (ivi: 54). Con un interessante esempio aneddottico, Josh Lauer sostiene che la recente ossessione degli statunitensi per le auto sportive è segno di “un'ammirazione per l'individualismo rampante e l'importanza di ritrarsi dal contatto con gli altri” (ivi: 57-58; viene citato Lauer, 2005: 149).

(13)

116

Mentre riconosco il fascino simbolico delle rivendicazioni sia di autonomia che di eguaglianza e la volontà di oscurare qualsiasi conflitto potenziale tra questi valori e la natura della loro relazione, sostengo che dobbiamo invertire la posizione dell'eguaglianza nella politica americana come valore dipendente, ovvero come valore che è visto attraverso la lente dominante dell'autonomia. Il perpetuarsi di tale gerarchia ha ridotto le concrete possibilità di un'eguaglianza più sostanziale ad un mero diritto individuale di essere trattati come tutti gli altri, indipendentemente dalle differenze in termini di risorse materiali, sociali, storiche, o di altro genere.

A meno che non si confronti con le sfide rappresentate dalla vulnerabilità e dalla dipendenza, l'eguaglianza è uno standard piuttosto vuoto, che garantisce solo il diritto di lottare per l'autosufficienza e l'indipendenza a individui astratti, privi delle loro limitanti caratteristiche umane e delle loro potenzialmente debilitanti diseguaglianze storiche e sociali. Il nostro senso dell'eguaglianza come subordinata all’autonomia non può tener conto né dei contesti, né delle condizioni. E neppure può

35

Cf., per esempio, Personal Responsibility and Work Opportunity Act of 1996, Pub. L. No. 104-193, sec. 103, § 407, 110 Stat. 2105, 2129 (codificato come emendato in 42 U.S.C. § 607 (2006)) (rende i sussidi del welfare dipendenti da requisiti lavorativi obbligatori); Travis (2009: 57-59) discute il precedente stabilito in sede giudiziaria prima del Pregnancy Discrimination Act,

essere utilizzato come nozione per livellare e creare eguali condizioni di partenza, dando un contenuto più sostanziale alle garanzie di accesso e di opportunità.

Dobbiamo chiederci quali distorsioni derivino dal mettere a fuoco gli obiettivi sociali mediante la lente dell'autonomia, così come dal valutare quali interessi siano serviti dal presente bilanciamento che privilegia l'autonomia rispetto ad uno schema di eguaglianza più sostanziale.

Dipendenza e vulnerabilità

Nella tradizione liberale occidentale, abbiamo costruito le nostre nozioni di ciò che costituisce l'eguaglianza, così come il rapporto adeguato tra responsabilità statale, istituzionale e individuale, attorno alla costruzione di un soggetto politico che è pienamente capace e in grado di funzionare e quindi di agire con autonomia35. La metafora principale con cui pensiamo le relazioni sociali e istituzionali (al di fuori della famiglia) è quella del contratto. La società è concettualizzata come costituita mediante un contratto sociale36. Le transazioni e le

Pub. L. No. 95-555, 92 Stat. 2076 (1978) (codificato in 42 U.S.C. § 2000e(k), 2006), che non imponeva alcuna responsabilità ai datori di lavoro, perché le corti consideravano la gravidanza semplicemente come una scelta fatta volontariamente da un attore femminile. 36

La concezione dello Stato come derivante da un contratto sociale è stata prevalente soprattutto al

(14)

117

interazioni con lo Stato e le sue istituzioni sono concepite come se coinvolgessero attori autonomi e indipendenti in processi di negoziazione, contrattazione e consenso. La competenza viene presunta e le differenze di potere, circostanze o effettiva capacità vengono ignorate. Così costruito, questo "soggetto liberale" è al centro del pensiero politico e giuridico37.

Questo saggio pone una domanda importante: se la nostra fragilità fisica, i nostri bisogni materiali e la possibilità che essi implicano di trovarsi in una qualche forma di dipendenza al di fuori del nostro controllo non possono essere ignorati nella vita, come possono essere assenti nelle nostre teorie sull'eguaglianza, sulla società, sulla politica e sul diritto (cf. Fineman, 2008)? Il riconoscimento della dipendenza e della vulnerabilità umane dovrebbe porre il tradizionale teorico della politica e del diritto di fronte ad un dilemma. Purtroppo, la dipendenza non è parte di molti approcci

momento della fondazione degli Stati Uniti (cf. Adams, 1980: 218-22).

37

Cf. Fineman (2004: 224–27), per una discussione della mal riposta fiducia nel soggetto liberale.

38

Cf. in generale Fineman (1995), in cui si sostiene che la discussione sulla famiglia deve includere i concetti di dipendenza e di cura.

39

Le nozioni di ciò che costituisce il “privato” in contrapposizione al “pubblico” contribuiscono alla vitalità di questa ideologia ponendo la famiglia concettualmente al di fuori dell'intervento o della regolazione dello Stato in assenza di abusi straordinari o

teorici alla politica e al diritto. Sono stati invece costruiti una struttura e un insieme di ordinamenti sociali nei quali la famiglia è stata pensata come la principale istituzione sociale responsabile della dipendenza38. La famiglia è

il meccanismo attraverso il quale privatizzare, e quindi nascondere, la dipendenza e le sue implicazioni (cf. Fineman, 2004: 57–59 e Fineman, 1995: 11). Ciò consente la semplicistica affermazione dell’accessibilità, così come della superiorità, dell'indipendenza e autosufficienza individuali, inventate da un'ideologia dell'autonomia e della responsabilità individuale che ha poco a che fare con la condizione umana39. Questo

approccio che offusca la dipendenza e la vulnerabilità deve essere affrontato e contestato. In The Autonomy Myth, ho argomentato contro l'approccio semplicistico alla dipendenza e contro la stigmatizzazione che spesso esso vi associa, in particolare nel discorso politico. Abbiamo bisogno di capire in modo più complesso e sfumato ciò che oggi

di particolari difficoltà da parte delle singole famiglie. Certo, la famiglia “privata” è un mito comparabile a quello dell'autonomia individuale (cf. in generale Fineman (2004), dove si afferma che l'idea dell'autonomia nella società americana è un mito costruito). La famiglia legale è sia costruita sia dissolta attraverso il diritto e le procedure legali. Attraverso il diritto, lo Stato privilegia certe entità sociali come la famiglia e dà loro sussidi e protezione che non concede ad altre entità. La famiglia è concepita anche come formata da legami unici di affiliazione e responsabilità verso i suoi membri. Tali legami collocano le relazioni intrafamiliari su un piano unico, aumentando così la percezione che si tratti di uno spazio privato idealmente libero dall'intervento dello Stato.

(15)

118

è ricompreso nel singolo termine dipendenza. Nella sua forma più elementare, la dipendenza dovrebbe essere pensata come inevitabile, come qualcosa cui non si può sfuggire; essa è evolutiva e biologica nella sua natura. Tutti noi siamo dipendenti dagli altri per la cura e l'assistenza da bambini e molti di noi diventeranno dipendenti con l'avanzare dell'età, a causa della malattia o della disabilità. Questa è quella forma di dipendenza che in genere viene vista con simpatia, che stimola tanto i nostri impulsi caritatevoli quanto i programmi statali. In termini politici, le persone inevitabilmente dipendenti sono i “poveri meritevoli" dei programmi sociali di welfare40.

C'è, però, una seconda forma di dipendenza che deve essere discussa in relazione alla dipendenza inevitabile, ma anche in modo distinto da essa41. Questa forma di dipendenza è molto meno evidente, ma quando viene notata è spesso stigmatizzata e

40

Le riforme introdotte nelle politiche a sostegno delle famiglie con bambini piccoli nel 1996 sono state meno simpatetiche nei confronti dei minori e più punitive verso quelle che erano nella maggior parte dei casi madri

single. Si è ritenuto che fossero necessarie la retorica

della “responsabilità personale” e la credenza nel matrimonio e nel lavoro per porre fine al “ciclo della dipendenza” che caratterizza spesso successive generazioni di utenti del welfare. La riforma era intitolata “Temporary Assistance for Needy Families.” (“sostegno temporaneo alle famiglie bisognose). Cf., per esempio, Causes of Poverty, with a Focus on

Out-of-Wedlock Births: Hearing Before the Subcomm. on Human Res. of the H. Comm. on Ways & Means, 104th

Cong. 16 (1996) (affermazione del repubblicano Tim Hutchinson) (“Invece di portare le persone fuori dalla

condannata. Ho etichettato come derivata questa forma di dipendenza in modo da evidenziare il fatto molto semplice, ma spesso trascurato, che coloro che assumono il carico del lavoro di cura nei confronti di persone dipendenti sono a loro volta dipendenti da risorse che consentano loro di prestare cura. Questa forma di dipendenza non è né inevitabile, né sperimentata universalmente. Piuttosto, è socialmente imposta tramite la costruzione di istituzioni come la famiglia, con ruoli e relazioni tradizionalmente definiti e differenziati lungo linee di genere. Troviamo, per questo, una differenza storica nelle aspettative e nelle aspirazioni legate alle coppie dicotomiche interne alla famiglia, come quella di marito o moglie, padre o madre, figlio o figlia (Fineman, 2009: 437, 447). Si è rivelato difficile ottenere la vera parità di genere a partire da questi assetti istituzionali e dalla persistenza delle relazioni familiari

povertà e dalla disperazione, abbiamo sviluppato un ciclo di dipendenza che entra ora nella terza generazione […]. la legislazione sulla riforma del welfare deve includere stringenti requisiti lavorativi. Dobbiamo ristabilire la centralità della dignità del lavoro per gli individui”).

41

In realtà, ci sono molte e diverse, anche se a volte correlate, forme di dipendenza, come la dipendenza economica, psicologica o emotiva. Limiterò la mia discussione alla dipendenza inevitabile e derivata inerente al lavoro di cura che si svolge nella famiglia ed è essenziale per la riproduzione della società e delle sue istituzioni. Come ho sostenuto altrove, è il lavoro di cura familiare che produce i lavoratori, i cittadini, i soldati, gli studenti, gli insegnanti, ecc., che popolano la società (cf. Fineman, 2004: 31-40; 47-49).

(16)

119

tradizionali42.

Ho sostenuto un approccio fondato su una concezione più collettiva e istituzionalmente condivisa della dipendenza: una riallocazione della responsabilità primaria nei confronti della dipendenza che imponga alcuni obblighi ad altre istituzioni sociali, al fine di condividere gli oneri della dipendenza, in particolare quelli associati con il mercato e lo Stato (Fineman, 2004: 31–49). Questa riallocazione delle responsabilità sembra particolarmente appropriata, dal momento che sia le istituzioni statali che quelle del mercato hanno tratto vantaggio dai benefici che il lavoro di cura ha prodotto sotto forma di riproduzione e rigenerazione della società (Ibid.).

Molti hanno riconosciuto la forza dei miei argomenti, altri sono meno convinti del fatto che la dipendenza sia centrale per più ampie questioni della politica sociale liberale e del diritto. Poiché quella che definisco dipendenza inevitabile è intesa come episodica

42

La maternità rende più profondo il divario salariale già esistente tra uomini e donne, perché le donne che sono madri rendono meno rispetto alle donne che non lo sono. Per esempio, uno studio sulle donne che hanno iniziato a lavorare negli anni Settanta ha mostrato una penalizzazione del 3% del salario nel caso che abbiano avuto un solo bambino e del 5%-7% nel caso di due o più figli, mentre un altro studio su donne che hanno iniziato a lavorare negli anni Ottanta ha mostrato una penalizzazione del salario del 7% a bambino (Avellar e Smock, 2003: 597-598); si veda anche Waldfogel (1997: 209, 216), secondo la quale la penalizzazione è del 4% per un bambino e del 12% per due o più bambini. 43

Questa reazione riflette la divisione tradizionale tra

e come variabile di grado durante l'arco della vita di un individuo, molti teorici politici e sociali mainstream possono ignorarla, e di fatto comodamente la ignorano, nell'elaborazione delle loro teorie della giustizia, dell'efficienza o della libertà. Nelle loro mani, questa forma di dipendenza, quando è riconosciuta, è solo uno stadio che il soggetto liberale ha trasceso o abbandonato tanto tempo fa e, quindi, non costituisce un interesse teoretico pressante quando conducono le loro grandi esplorazioni teoretiche nell'ambito della teoria della politica e del diritto. Essa può essere lasciata a quelle di noi che si occupano di questioni più ordinarie e meno interessanti, come la famiglia43. Per quanto riguarda la

dipendenza derivata, questa viene comodamente congedata attraverso il riferimento alla costruzione contrattualista della "scelta" individuale e alla norma della responsabilità personale (cf. Franke, 2009: 31-35): quante hanno assunto il ruolo di caregiver lo hanno scelto e non dovrebbero poi

pubblico e privato che ha consentito a molti studiosi

mainstream di eludere questioni difficili e potenzialmente dirompenti nel loro lavoro teorico. Woodhouse (2008: 7-11) discute le difficoltà che i teorici e altri hanno nell'affrontare i diritti dei minori e la tendenza a vederli come limitati all'ambito familiare; Fineman (1998: 183-184) osserva il fallimento di Jules Coleman nel tentativo di integrare la famiglia all'interno della sua teoria; Maloney (1996: 1898–1899) spiega la riluttanza dei giudici federali a occuparsi di questioni familiari, poiché sono convinti che esse “scombinino ingiustamente il calendario delle udienze e non siano degne di un giudice federale” (cita Althouse, 1994: 1207, 1210) (virgolette interne delle citazione omesse).

(17)

120

lamentarsi della loro situazione o aspettarsi che altri finanzino le loro scelte.

Inoltre, la divisione tra pubblico e privato è una vera e propria fissazione per i teorici. Nonostante decenni di critiche che mostrano come questa distinzione non regga, importanti teorici americani continuano a trattare la dipendenza confinando l'onere della cura all'interno della famiglia, di una famiglia che, in assenza di fallimenti familiari straordinari, come l'abuso o la negligenza, è concettualizzata come se si trovasse in una zona del tutto privata, al di fuori dell'ambito d'interesse dello Stato44. Resa per lo più

invisibile all'interno della famiglia, la dipendenza può così essere comodamente privatizzata e data erroneamente come adeguatamente gestita per la stragrande maggioranza delle persone. Per rimuovere tale equivoco, al fine di proporre una visione più sostanziale dell'eguaglianza, sono passata al concetto di vulnerabilità e all'idea del

44

Vedi anche Dworkin (1981: 185), che distingue la diseguaglianza basata sulla scelta dalla diseguaglianza inammissibile.

45

Fineman (2008: 17–18) spiega che un tale approccio ci permette di "celebrare il progresso verso l'eguaglianza razziale, etnica e di genere che è stato raggiunto con il modello antidiscriminazione", pur domandosi se il sistema abbia avvantaggiato certi individui. L'obiettivo strutturale dell'analisi della vulnerabilità mette sotto scrutinio anche le istituzioni.

46

Cf., per esempio, Fineman (2008: 8, nn.19–21); Who

Are Vulnerable Populations?, CTR. FOR

VULNERABLE POPULATIONS RESEARCH, http://www.nursing.ucla.edu/orgs/cvpr/who-are-vulnerable.html (ultimo accesso: 21 dicembre 2010) (“Il

"soggetto vulnerabile", che trovo teoricamente più potente del concetto di dipendenza45.

La vulnerabilità come condizione umana L'uso della denominazione vulnerabile al fine di distinguere alcuni gruppi considerati svantaggiati all'interno della società più ampia spesso si traduce anche nella loro stigmatizzazione. L'espressione popolazione vulnerabile ha una connotazione vittimistica, richiama le idee di deprivazione, dipendenza o patologia46. Al contrario, il mio

lavoro ha sviluppato il concetto di vulnerabilità distaccandolo da specifici sottogruppi e utilizzandolo per definire il senso di ciò che significa essere umani47. Inoltre, la premessa fondamentale di un soggetto vulnerabile universale costituisce la base per l'affermazione che la vulnerabilità umana deve essere al centro delle nostre idee di responsabilità sociale e statale (cf. Fineman,

termine 'popolazioni vulnerabili' si riferisce a gruppi sociali con un maggiore rischio relativo - per esempio, esposizione a fattori di rischio - o una maggiore suscettibilità a problemi legati alla salute […]. Le popolazioni vulnerabili sono spesso discriminate, marginalizzate e diseredate all'interno della società […]”).

47

Il concetto di vulnerabilità può fungere da strumento euristico, costringendoci ad esaminare le assunzioni nascoste e i pregiudizi insiti in pratiche legali, sociali e culturali (cf. Fineman 2008: 8, 12, che descrive la vulnerabilità come condizione umana "universale e inevitabile" e che riconosce che la condizione umana comprende una gamma di capacità nell'arco di una vita).

(18)

121

2004). Oltre a questo concetto di vulnerabilità universale, diverse altre caratteristiche teoriche rendono interessante lo sviluppo del concetto di vulnerabilità.

La seconda premessa nella definizione della vulnerabilità è quella della costanza. La vulnerabilità umana nasce dal nostro essere corporei, che porta con sé la possibilità imminente e sempre presente di essere colpiti, feriti o di andare incontro a delle avversità. I danni fisici possono assumere una varietà di forme e vanno da quelli che sono solo leggermente fastidiosi a quelli che sono catastroficamente devastanti e di carattere permanente. Il danno fisico può essere accidentale o causato da azioni intenzionali48.

Esso può derivare dallo scatenamento di forze della natura, dal semplice decorso del tempo, o dal fatto che noi esseri umani esistiamo in un mondo pieno di realtà materiali spesso imprevedibili (cf. Fineman, 2008: 9). Possiamo tentare di ridurre il rischio o di agire al fine di mitigare le possibili manifestazioni della nostra vulnerabilità, ma la possibilità del danno non può essere eliminata.

È anche vero che molti danni sono al di fuori del controllo individuale o persino del controllo umano. Il processo di

48

È importante riconoscere uno spettro di vulnerabilità. Alcune manifestazioni della vulnerabilità sono chiaramente al di là del controllo individuale o sociale, mentre altre possono essere considerate come "autoindotte". Il soggetto liberale, costruito in termini di

invecchiamento e la morte, per esempio, sono processi biologici interni palesi che mostrano i limiti della capacità umana di evitare le conseguenze ultime derivanti dal nostro essere corporei. Ci sono anche minacce esterne al nostro benessere fisico che sono difficili da eliminare o da ridurre in modo sostanziale. Possiamo soffrire o soccombere a malattie che sono casuali o sono il risultato di pandemie o di altre catastrofi che hanno un fondamento biologico. Oltre che a virus e batteri, i nostri corpi sono anche vulnerabili alle forze ambientali, come i sistemi meteorologici che producono inondazioni o siccità, accompagnati da fame o incendi. Queste sono le catastrofi "naturali" la cui prevenzione è al di là del nostro controllo individuale. Anche disastri ambientali più direttamente prodotti dall'uomo, come l'inquinamento o le fuoriuscite chimiche, possono causarci dei danni.

Oltre a descrivere la sua natura biologica e costante, nonché le possibili cause interne ed esterne di danni legati alla vulnerabilità umana, è importante rendersi conto che la vulnerabilità è complessa e può manifestarsi in molteplici forme. La nostra vulnerabilità corporea è aggravata dalla possibilità che, se dovessimo cadere vittime di

autonomia, autosufficienza e responsabilità individuale, non distingue tra le diverse vulnerabilità, suggerendo così che gli individui abbiano la responsabilità primaria per la loro situazione e le loro condizioni di vita, indipendentemente dalla natura o dalla causa di queste.

(19)

122

una malattia o di un infortunio, ciò potrebbe comportare danni o conseguenze negative nei rapporti di lavoro, economici o familiari. Tali danni derivano non dal corpo stesso, ma dal fatto che si sono interrotte o sono state distrutte relazioni istituzionali e sociali. Questo tipo di danno può essere tanto catastrofico per un individuo, quanto quello fisico ed evidenzia anche come gli esseri umani siano dipendenti da istituzioni sociali.

Danni economici e istituzionali possono accumularsi nella vita vulnerabile di un individuo, aggravando la situazione e l'esperienza della vulnerabilità e risultando in un danno maggiore. Ci può anche essere una base per il riconoscimento del danno accumulato da specifici gruppi sociali. I danni economici e istituzionali subiti da parte di singoli individui si ripercuotono anche sulle loro famiglie. Le disparità, le crisi e gli oneri che essi generano possono essere trasferiti da una generazione all'altra49. Oltre a creare famiglie svantaggiate, i danni economici e istituzionali possono colpire particolarmente, concentrandosi su di essi, i membri di un

49

Dal 1993 al 1995, solo il 29,5% delle famiglie con reddito basso è riuscito ad uscire dallo status di basso reddito (cf. Schmitt e Zipperer, 2007: 41). Tra i paesi ricchi e industrializzati, come il Regno Unito e il Canada, quello statunitense è stato il più basso livello di mobilità (ivi: 42). In un’analisi intergenerazionale, il Canada, la Finlandia, la Germania e la Svezia hanno avuto una mobilità sociale molto maggiore. Questi studi indicano che negli Stati Uniti, in media, sarebbero necessarie più di tre generazioni per i discendenti di una famiglia povera per colmare il gap reddituale con una

gruppo determinato socialmente o culturalmente che condividono certe posizioni sociali o hanno subito una discriminazione in base a categorie costruite per differenziare classi di persone, come la razza, il genere, l’etnia o l’appartenenza religiosa. La società e le sue istituzioni possono affrontare questi danni attraverso un diritto e una politica che facciano della vulnerabilità il loro principio organizzativo e cerchino di alleviare queste implicazioni.

Quest'ultimo punto mi porta ad una questione finale e un po' paradossale relativa alla vulnerabilità: se la vulnerabilità umana è universale, costante, e complessa, essa è anche particolare. Se tutti gli esseri umani si trovano in una posizione di costante vulnerabilità, in quanto singoli siamo posizionati in modo diverso. Abbiamo diversi modi di realizzazione e siamo anche situati in modo diverso all'interno di reti di relazioni economiche e istituzionali. Come risultato di ciò, le nostre vulnerabilità variano in grandezza e potenziale a livello individuale. La vulnerabilità, quindi, è al tempo stesso

famiglia della classe media (ivi: 44). Gli Stati Uniti fanno poco per migliorare la povertà minorile. Si sono classificati al venticinquesimo posto tra i 26 paesi ricchi nel Report dell'Unicef contenente i dati relativi alle misure contro la povertà infantile, perché gli altri paesi ricchi hanno ridotto i loro tassi di povertà infantile di 10-15 punti percentuali attraverso sistemi di intervento sociale, come sostegni al reddito, assegni familiari e asili infantili (cf. Bennett Woodhouse, 2007: 521–522; che cita UNICEF, Innocenti Research Center, 2005: 4, fig.1, 20).

Riferimenti

Documenti correlati

Alla fine del primo semestre del 2017 la distribuzione della ricchezza nazionale netta (il cui ammontare complessivo si è attestato, in valori nominali, a

iano al gl'ado di compl'endello t'Ili ayviarsi quindi a l'aggiungel'lo,... Elementi di ecollvlllia politica;

Il modo migliore per difendere la nostra sicurezza è proteggere i nostri dati – e, con essi, le infrastrutture e i sistemi cui li affidiamo – ed evitarne

….E, invece, GEORGE IS ALWAYS SINGING è una frase corretta, perchè se si descrive una caratteristica ​ ​speciale o sorprendente del comportamento di una persona​, si può usare

Attraverso la presente ricerca si è voluto contribuire a sviluppare l’argomento analizzando come, al fine di accrescere il valore dell’insegna, la marca privata,

Atkinson, of the London School of Economics, on unemployment compensation and labour market transitions in the OECD area, and with Sheila Marnie, of the

Nuestra explicación para este hecho es la siguiente: en primer lugar, la interpretación inclusiva de since y de desde, que corresponde a la variedad aspectual

Da queste esperienze come viaggiatore, ho vissuto in prima persona bellissimi momenti che non dimenticherò mai, ma anche molte situazioni che mi hanno lasciato un po’ l’amaro