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Barisone d'Arborea, Giovanni Arca e un'inedita storia di Sardegna

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Academic year: 2021

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un'inedita storia di Sardegna. In: Multas per gentes: studi in memoria di Enzo Cadoni, Sassari, EDES Editrice Democratica Sarda (stampa Tipografia TAS). p. 133-146.

http://eprints.uniss.it/6557/

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI

FACOLTÀ.DI LEITERE E FILOSOFIA

Multas per gentes

Studi in memoria di Enzo Cadoni

a cura del Dipartimento di Scienze' Umanistiche e dell 'Antichità

Sassari 2000

Bes

EDITRICE DEMOCRATICA SARDA

TIpografia TAS

(3)

Tel. 079/262221· -079/262236 - Fax 079/260734 Anno 2001

EDES - EDITRICE DEMOCRATICA SARDA Via Nizza, 51/\ -Sassari

(4)

Antonio Deroma

Barisone d'Arborea, Giovanni Arca e un'inedita storia di Sardegna

Scriveva nel 1837 Pietro Martini alla voce "Giovanni Arca" della sua

Biografia sarda:

" ... si hanno pure le seguenti opere inedite, intitolate: Naturalis et moralis historiae de regno Sardiniae libri VII; De origine et fortitudine Barba-ricinorum libri duo. Né per quanto pensa il nostro primario storico meritano pubblicate: giacché per esse poco si aggiunse, nei fatti d'importanza maggio-re, ai lavori del Fara e del Vico in rischiaramento della patria storia"l.

Oggi, se la 'patria storia' è stata forse maggiormente 'rischiarata', non altrettanto può esser detto per la storia della storiografia sarda che, in partico-lare per il secolo XVI cui Giovanni Arca appartiene, soltanto da poco comin-cia a colmare delle lacune che in mezzo millennio pochi hanno pensato di sanare ed ha l'urgente necessità di rimettere in discussione i "fatti d'impor-tanza maggiore" e cosa "meriti" di essere studiato e pubblicato.

A riprova di questa urgenza, basterà citare il caso dei due più conosciuti umanisti sardi del XVI secolo: Giovanni Francesco Fara e Sigismondo Arquer.

Colui che è riconosciuto come il primo autore di storia medievale di Sardegna2, Giovanni Francesco Fara, ha dovuto attendere ben quattro secoli perché le proprie opere fossero finalmente oggetto di una completa revisione critica che desse ragione della loro importanza nel panorama culturale del1a Sardegna moderna3•

Ma se gli scritti del vescovo bosano potevano per mole e complessità sco-raggiare un gran numero di editori dall'affrontare una simile fatica, altrettan-to non può essere detaltrettan-to per la Sardiniae brevis historia et descriptio, la breve

operetta di Arquer.

L'opera, pubblicata nel 1550 a Basilea nella Cosmographia Universalis di

Sebastian Mlinster, ha attratto nel tempo l'attenzione di numerosi studiosi, ma

I P. MARTIN I, Biografia sarcJa, Cagliari 1837, I, p. 63.

2 Cfr. E. SESTA, La SarcJegna medievale, Palenno 1908-1909, I, p. XII.

3 Ci riferiamo alla edizione critica curata da E. Cadoni: I. F. FARAE Opera, Sassari 1992, 3 voli.

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l'interesse sembra essere stato catturato in maniera troppo esclusiva dalle vicissitudini dell'uomo ed intellettuale che la compose: il testo della

Sardiniae brevis historia ha al contrario sofferto nello scorrere dei secoli tra-scrizioni sempre più corrotte, che non rendono merito alla perspicuità, alla precisione ed alla concisione della trattazione.

L'impossibilità di ricostruire il quadro di un periodo così complesso senza prima definire il corpus dei testi giunti sino a noi è evidente: non altrettanto evidenti sembrano essere i motivi per cui questo corpus, già così scarno, debba essere ancor più impoverito a causa di alcune scelte che nel tempo ne hanno escluso diversi autori che certo potrebbero allargare le nostre cono-scenze sulla cultura sarda del secolo XVI.

Eppure studi come quelli curati da Enzo Cadoni nella collana "Umanisti e cultura classica nella Sardegna del '500", quali le edizioni dei beni librari di Alessio Fontana, Nicolò Canyelles, Giovanni Francesco Fara, Monserrat Rossell6, dimostrano come vi siano ancora - qualora esista la volontà e la capacità di ricercarle ed esaminarle - tracce inesplorate della cultura sarda del '500 che possono gettare nuova luce su un periodo a tutt'oggi tanto oscuro.

In particolare - e questo sarà l'oggetto del nostro breve contributo - una "traccia trascurata", un' esclusione tra tutte ci sembra assai clamorosa: Giovanni Arca e la sua Naturalis et moralis historia de regno Sardiniae.

Questa storia di Sardegna, redatta quattro secoli fa da un umanista la cui identità è ancora oggetto di studio per la povertà degli elementi biografici certi in nostro possess04, non conobbe mai la dignità della stampa e quindi non raggiunse un pubblico più vasto che non fosse quello dei pochi studiosi che ebbero modo di esaminare il manoscritto autografo che la trasmette.

L'opera tuttavia, per quanto poco sia stata presa in considerazione, non ha certo goduto dei favori della critica, poiché la sentenza storiografica espres-sa nei confronti di questa fatica di Arca è stata finora inappellabile e netta, riconducibile nella sostanza a quella succitata di P. Martini: la conoscenza della sua historia sarebbe superflua perché null'altro che più rozzo rifaci-mento dell'illustrè storia di Giovanni Francesco Fara.

Eppure già quest'ultimo si sentiva in dovere di premettere alla propria opera un'avvertenza per il lettore che mettesse l'autore al riparo da 'inevita-bili' accuse: "Del resto non mi nascondo che vi saranno taluni che critiche-ranno questo volume, che si compone di notizie tratte da molti autori, quasi fosse una vendemmia in cui i grappoli di uva appartengono ad altri. Ho rite-nuto di dover ammonire costoro che tante famose testimonianze del passato

4 Si veda a tale proposito il contributo di R. TURTAS, GiOl'anni Alt"o. Note biografiche, in questo stesso volume.

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Barisone d'Arborea, Giovanni Arca e un'inedita storia di Sardegna 135

ed i fatti dei nostri predecessori, non essendo io un indovino, li ho potuti estrapolare unicamente dagli scritti antichi. E se parrà che ho seguito troppo piatta mente l'autorità e le parole di questi, si sappia che ho agito così per non allontanare dalla veridicità storica il lettore, ponendolo anzi nella condizione di riconoscere non soltanto i nomi degli autori antichi, ma anche le loro paro-le riportate qua e là"5.

Arca dal canto suo, come vedremo, non può certo essere accusato di seguire troppo 'piattamente' le proprie fonti: l'uso di queste è al contrario tal-mente libero e spregiudicato da sorprendere ad ogni pagina il lettore contem-poraneo; le differenze poi che separano il Nostro da Fara sembrano tanto più grandi quando ci si soffermi ad affiancare brani che trattino il medesimo argo-mento per verificare quanto il primo autore realmente dipenda dal secondo.

A questo proposito prenderemo qui in esame uno tra i più discussi episo-di della storia sarda, trattato da entrambi gli autori: l'ascesa al trono episo-di re episo-di Sardegna di Barisone di Lacon, giudice d'Arborea.

La vicenda è, perlomeno nelle sue linee essenziali, comunemente nota6:

Barisone, giudice d'Arborea, ottiene attraverso l'appoggio della repubblica di Genova il favore dell'imperatore Federico I, che gli concede l'investitura regale sull'isola di Sardegna; non riuscendo a saldare i debiti contratti con Genova, è trattenuto a lungo in cattività nella repubblica ligure sinché i Genovesi non rientrano in possesso del proprio denaro.

Ecco come G. F. Fara7 sintetizza gli avvenimenti:

Barison Lacon defuncto patri iudex Arborensis successit et prius Peregrinam Laconem uxorem duxit, ex qua Petrum et Barisonem filios suscepit, deinde Peregrina defuncta secundis Iluptiis cum Agalbursa se coniunxit et anno 1164 a Genuensibus quorum era t amiclls impulsus, Ugonem episcopum S.tae Iustae, Philippum Iustum et Bonvassallum Bulferium imprimis legatos ad Fridericum imperatorem Pannam misit eiusque explorata voluntate e Sardinia Genuensium triremibus discessit et 3 Kal. Iulii Genllam appulsus multitudine procerum Sardorllm et Genuellsium comitante Papiam vellit, ubi a Friderico honorifice excep-tui eique datis quatuor millibus marcarum 4 Nonas Augusti rex Sardiniae appellatur et in basilica S.ti Syri diadema te solemni caerimo-nia coronatllr, Pisanis in eo iniuriam sibi fieri expostlliantibus Sardiniaeqlle regnllm ad se spectare contendentibus, ut ex Carolo

5 I. F. FARAE Opera, cit., De rebus Sardois liber prinms, II, p. 75. La traduzione italiana de) brano qui riportato è di G. Lupinu.

6 Per una ricostruzione degli avvenimenti cfr. specialmente E. BESTA, op. cit., pp. 120 e ss.

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Sigonio, Augustino lustiniano, Uberto Folieta et Tristano Calco constato Barison deinde Genuensium triremibus in Sardiniam reversus pecu-niam, quam ad regium fastigium emendum a Genuensibus mutuo acceperal, ex publico postulat cumque i/lam impedientibus ul creditur -Pisanis habere non posset, Genuam reducitur et in custodiam, donec 'omnia exsolveret, primariis Genuae civibus traditur, eodem [ustiniano et Sigonio et Folieta referentibus. Anno tamen 1166 Ubertus Rica(cus Genuensium consul ab hominibus Iiberis iudicatus Arborensis septin-gentas libras accepit et anno 1168, exacta collecta ex eodem iudicatu, Barison maximam partem debiti solvit atque anno 1171, cum debitum integre persolvisset, custodia liberatus ab Othone Caffaro quatuor tri-remibus in· Sardiniam reducitur magna Genuensium caterva honoris causa illum comitante et a populis Arborensibus summa laetitia solem-nique apparatu recipitur, quod ex Augustino lustilliano, Uberto Folieta et antiquis monumentis constato

Fara riserva alla vicenda di Barisone una sezione piuttosto breve della sua opera: tre periodi sono sufficienti al dotto vescovo per compendiare un capi-tolo tanto complesso della storia medievale di Sardegna. Egli cita, come è suo costume, le fonti cui poté accedere per la ricostruzione degli avvenimenti: la messe delle notizie che egli ebbe' a disposizione per giungere alla sua inter-pretazione dei fatti porta a riflettere circa la brevità e la concisione della sua narrazione.

Sono ben quattro infatti gli autori che Fara dichiara di aver consultat08,

senza che si possano rintracciare espressioni o locuzioni citate ad Iitteram di alcuno di questi. Ciò è però facilmente spiegabile qualora si pensi all'atteg-giamento che l'Autore ha in ogni caso verso fonti a lui così vicine nel tempo9:

"il Nostro (scii. Fara) non le riporta mai ad litteram ma si limita a riassumer-le o a riferire semplicemente il dato (o i dati) in esse riportato"lO, perché egli "attribuisce ai veteres una grande auctoritas che però tanto più decresce quanto più essi si avvicinano ai suoi tempi".

8 Uberto Foglietta, Carlo Sigonio, Tristano Calco e Agostino Giustiniani.

9 Ricordiamo che la prima edizione genovese degli Historiae Genuensium libri XII data al 1585 ed è quindi posteriore alla pubblicazione da parte del Fara del I libro del De rebus Sardois per i tipi di Nicolò Canyelles che avvenne invece nel 1580. Il catalogo della biblioteca fariana, redatto dallo stesso Fara nel 1585, cita d'altronde i manoscritti ,lAI secondo e terzo libro

dell'o-pera, quindi già compiuti seppure non ancora pubblicati. Si vedano a questo proposito le osser-vazioni di E. CAOONI in I. F. FARAE Opera, cit., De rebus Sarooi.'i, Il. pp. 9-10 e quanto scrive R. TURTAs in E. CADONI-R. TURTAs, Umanisti sassaresi ciel '500. Le "bibliqteche" di Giovanni Francesco Fara e Ale.'isio Fontana, Sassari 1988, pp. 21-24.

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Bar;sone d'Arborea, Giovanni Area e un 'inedita storia di Sardegna 137

Non stupisce inoltre che, seppur senza passarla sotto silenzio, Fara non esalti in alcun modo un'incoronazione che ai suoi occhi non era altro che un'illegittima usufpazione di un diritto e di un potere che apparteneva unica-mente alla Chiesa di Roma; di Federico Barbarossa egli dice anzitutto che " .. .ius Sardiniae Romanis pontificibus debitum usurpare coepit ... " li e la vicenda di Barisone non è quindi che uno dei momenti di questa usurpazio-ne.

A pochissimi anni di distanza questo stesso episodio è presentato dalla storiografia sarda sotto una luce completamente nuova e con un riguardo del tutto particolare per l'avvenimento: il passo della NaturaUs et moraUs

Izisto-ria de regno Sardiniae che riportiamo parte da premesse del tutto diverse da

quelle di Fara e giunge a conclusioni quantomeno singolari. Ecco per esteso la narràzione di Giovanni Arcal2:

Sardiniae regnum affectat Genuensique innititur ope

Sardis caeteris Barisonius opibus et potentia anteibat cumque se totum in amicitiam Genuensium commisisset, Pisanis infensus nimis superbe imperitantibus, animum ad splendidum consilium adiicit regni Sardiniae, Pisanis expulsis, sibi parandi, Consilium Genuensibus ape-rit, qui multa bzduxerunt ad Barisonii favore suo complendum, primum quod Pisano rum opibus in ea insula antecelleret longe ac multo latius pateret imperium, deinde quod aperta via assequi posset ut, Pisanis expulsis, facile sibi firmaret imperium, proinde titulum ac llOmen vim-que omnem regni penes se fore.

Ugonem episcopum destinat ad Caesarem Barisonius

19itur Ugonem episcopum Sanctae lustae ea de causa Barisonius ad Caesarem mittit quem duo legati Genuenses comitati sunt, PhiUppus lusta et Bonvassallus Bulferius; episcopus, ad Caesarem illtrodllctus, petUt Barisonium donari nomine ac diadema te Sardiniae regni, quod regnuni ille sese a Caesare fiduciarium habiturum promittere atque in Caesaris imperia iurare paratus esset, simulque annuale tributum pen-dere atque interea quatuor millia marcarum argenti praesentia nume-rare.

Il I. F. FARAE Opera, cit., De rebus Sardois Iiber secundus, Il, p. 294; cfr. E. CADONI, ibi-dem. II, intr., pp. 9-21.

12 Il passo citato è tratto dal quinto libro della edizione della Naluralis et moralis h;sloria

de regno Sard;n;ae a cura di M. T. Laneri, di prossima pubblicazione (traduzione italiana di chi

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Annuit Caesar Pisanique reclamant

Annuit Caesar sed aegreferunt Pisani, qui sibi iniuriamfieri magno cla-more conquesti sunt atque, iracundiae calore in verbo rum intemperan-tiam provecti, tota aula praedicare non dubitant neminem omnium mor-talium, invitis ipsis, ad Barisonium incontinentem virum traiiciendum aut ad viam illi in regnum expediendam satis potentem fore. Quibus Genuenses legati, a Caesare compellati, respondent suffecturos sese ad regem incolumem ad Caesarem usque ferendum.

Caesar legatos mittit ut Barisonius deducatur

Legatos quatuor Genuam mittit Caesar qui, cum Genuensi classe para-ta, Barisonium ex Sardinia Genuam deduxerunt III Kal. lulii, non sine Sardorum procerum et Genuensium multitudine comitante, et quia inter duas Genùensium praepotentes ac nobiles familias occulta gliscebant odia, in aperta erumpunt dissidia verborum, contentionibus ac iurgiis primo iactata, postremo ad manus et sanguinem relafa.

Initium anno rum in adventu Barisonii factum, cui cum consules, hono-ris causa, magna optimatum caterva comitante, obviam usque ad extre-mos fines processissent, rua inter Falconem Castellium et Orlandum Advocatum eorumque familiares et clientulos, quorum uterque haud exi-guam manumferebat, verbis prius et conviciis inchoata, mox contentio-ne ad ferrum exarsit. Cruentum commissum praelium cum non gladiis modo, sed missilibus contenderetur: multi letaliter caesi, in quibus Balduinus et Henricus Guercii, Gandulphus Usus Marius et Sardus. Orlandi Advocati filius. qui acceptis vulneribus paulo post decesserunt.

Ad Caesarem Barisonius introducitur et rex coronalur Sedata rua Barisonii causa deducunt illum Papiam Genuensium orato-res Lanfrancus Albericus, Pecamilius. Gulielmus Auria, lonata Campus quos sunt comitati Bigotius et Guido Laudensis iurisconsulti. Susceptum Caesar Barisonium honorifice regem Sardiniae creat ad IV Nonas Augusti regioque diademllte ac solemnibus ceremoniis in aede divi Syri exornat. Quasi iniuriam Pisani alto demissam animo haud tacitam ferunt cumque linguam legationis princeps moderari non posset. in haec

ipsa eruperat verba.

Pisa.norum querela

"Itane vero fieri oportet Caesar? Hancne tu gratiam perpetuis Pisano rum in Caesarianum solium studiis ac tot pro illius dignitate dimicationibus et discriminibus susceptis, ac forti et fideli toties nava-tae operae refers lIt illis Sardiniam, iusto imperio tot saecula possessam, auferas parvoque praetio emptam, quae tua non est, condones ali<i> ac

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Barisolle d'Arborea, Giovanni Afra e un 'illedita storia di Sardegna 139

degenerem ditionis nostrae hominem nobisque servitutem servire assue-tum per summam nostram iniuriam et conassue-tumeliam tanto honore affi-cias?".

Genuensium cum defensione responsio

Irritavit haec vaniloquenfia oratorum Genuensium animos, quibus auc-toribus Caesar ea perfecerat. Alta voce respondent: mentiri Pisanos Barisonium degenerem esse, cum nobilissimus sit suaeque ditionis homo, qui contra compluribus ipse Pisanis imperet, ex cuius ditionis fructibus Pisae haud parva ex parte alantur; pari mendacio Pisanos uti, cum sibi suam Sardiniam esse contendant, qua de re primas fuisse Genuensium partes, vel eam rem argumento esse quod ipsi Pisani ces-serint cum Musactus captus ad Caesarem duceretur, ut testatum esset perpetuo Genuensium opera, deiectis hostibus, christian o nomini ac Caesariano imperio Sardiniam esse adiunctam.

lncrepat Caesar Pisanos Barisoniumque dimittit

Finem imponit Caesar altercationibus istis Pisanos acriter increpando, qui falia tam inconsiderate proiecerant; nam neque Barisonium, ait, eorum ditionis unquam fuisse hominem, neque Sardiniam nullius iuris quam Caesariani esse. Addidit haec Caesaris increpatio faces incensas Pisanorum irae, qui indignationem vultu ac. verbis manifestantes aula minitabundi excedunt. Inde Barisonius educitur Genuam cum classe septem triremium et trium corbitarum ingentium.

Gratias Genuensibus Barisonius agiI

Gratias honorificentissimis verbis magistratui Barisonius agit, fassus sese immortale hoc beneficium regni Genuensibus debuisse, quorum opera adeptus sit illudo Itaque penes se regni procurationem tantum, penes Genuenses perpetuo futurum imperium quibus deberet omnia stu-dia.

Grati animi monumentum primum esse voluit haud contemnendum vec-tigal, argenti fodinarum Arborensium medietatem, in aedificationem aedis Laurentianae donatum,· ad hoc se pecuniam publice et privatim debitam publicis monumentis obstringit.

Genuenses per summam perfuliam Barisonium lenenl Cum non ita sincero in Barisonium essent animo Genuenses, simulata causa de non solvendo deque per Pisanos interelusa erogandae pecu-niae via, in Sardiniam navigans a Picamilio consule in terram numquam exponitur ac, cum esset inconfecta solvendo navigatio, Genuam reduci-tur et primariis civibus custodiendus tradireduci-tur; quem tantum exomarant,

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iniuriis nunc affidunt summis Genuenses, ul esset apertum quam animo fideli obsequerentur amico. Bunc tulit fructum Barisonius de tantis in Genuenses meritis deque tam studiosa amicitia inita. Sapientissimum illud, 'nusquam tuta fides'! Tam iniquum est habitum ut nec ipsi hostes aequo animo ferrent. Apud Caesarem questi Pisani, quod regem Sardiniae per summam iniuriam custodiis tenerent, bellum hinc inter has nationes exarsit: quas egerint strages dimittimus. ne tam aliena domestids misceamus.

Expleti pecunia Genuenses Barisonium dimiUunt

Annos octo consumpsit Barisonius Genuae, cuius causa Obertus Ricalcus consul ex Arborensi iudicatu pecuniae vim magnam extraxit anno 1166 cumque Genuenses auro et argento, ut volebant, complesset, anno 1171 custodiis solutus ab Othone Caffaro consule tribus triremi-bus tralidtur in Sardiniam: ab Arborensi populo laetitia summa solem-nique apparatu redpitur ut regem decebat tandiu desideratum. Quonam pacto finierit non adiicimus, quia non apparet interitus.

Proponiamo il brano m!Ua ,sua interezza perché la lettura non consenta dubbi: Arca è in maniera evidente - qui come in numerosi passaggi della sua opera - del tutto indipendente dal suo supposto modello. Fara, che non impie-ga che poche parole per il sardo re di Sardegna, non si prestava certo ad esse-re rielaborato ai fini della ricostruzione ideologica fatta dal Nostro di questa vicenda. Alla concisa ed asettica esposizione di Fara si contrappone un lungo testo abilmente costruito per illustrare lo sfortunato tentativo dell'incauto giudice arborense come l'ascesa e la caduta di un vero grande eroe della sto-ria sarda, attraverso un utilizzo delle fonti tanto sottile quanto spregiudicato.

I testimoni di Arca sono in questo caso soltanto due: il passo del De rebus Sardois sopraccitato e gli Historiae Genuensium libri XII del genovese

Uberto Foglietta, il primo storiografo di professione della repubblica ligure. Arca omette sistematicamente di citare le fonti cui attinge, ma la lettura di Foglietta non lascia dubbi: interi stralci della sua opera sono riportati ad lit-teraml3 oppure solo lievemente parafrasati, senza che Arca cerchi in alcun

modo di rendere irriconoscibile il testo originale.

13 Il dialogo, o meglio l'alterco, tra Pisani e Genovesi che riportiamo nella versione di Arca a p. 139 di questo contributo, è uno di questi.

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Barisone d'Arborea, Giovanni An:a e un 'inedita storia di Sardegna 141

Limitiamoci ora a leggere il passaggio dell'annalista ligure relativo alle prime mosse del 're' di Sardegna:

Regebatur eo tempore Sardinia a quattuor iudicibus, qui quattuor pro-vinciis, in quas omnis Sardinia distributa est, Callaritanae, Turritanae, Galluritanae, A/borensi, singuli singulis praeerant. Summum imperium insu/ae pro suo iure Pisani sibi vindicabant, de quo tamen cum Genuensibus semper contenderunt Sardorumque studia divisa alteru-tras partes sequebantur. In quibus Barisso Iudex Alborensis, qui ceteros opibus et potentia anteibat, totum sese ad amicitiam Genuensium con-tu/erat, Pisanis infensus nimis superbe imperitantibus. No va rum igitur opum accessione fretus, Barisso spiritus extulit animumque ad splendi-dum consilium adiecit regnum Sardiniae, Pisanis expulsis, sibi parandi, consiliis cum Genuensibus communicatis. Quos multa induxerunt ad -Barissonis conatus favore amplectendos: primum quod Pisanorum opes in ea insula longe suas antecellerent ac multo latius pateret imperium, deinde quod ea contentio magnis homfnum et pecuniarum impensis ipsis semper stetisset sine ulla magnopere fructus spe, postremo quod spera-rent quod aperta via assequi non poterant, ut Pisanis ex insula exactis, eius imperium sibifirmarent, ad id per devium iter se perventuros. Omni enim Barissonis spe regni adversus Pisanorum conatus retinendi ab ope Genuensium pendente, sese illius promptam operam et nutibus obnoxia studia habituros confidebant regisque proinde titulum ac nomen penes illum, ceterum vim omnem regni penes se forel4•

La versione dei fatti fornita dal Foglietta è molto chiara: Genova aiutò economicamente Barisone perché intendeva servirsene per cacciare i Pisani dalla Sardegna ed acquisirne cosÌ l'effettivo - ed assoluto - controllo dopo che il giudice avesse ottenuto l'investitura regale sull'isola.

Una simile lettura non conferisce certo lustro al personaggio Barisone giacché egli risulta troppo incauto - se non addirittura maldestro - e, soprat-tutto, troppo facilmente strumentalizzabile dalla repubblica ligure, quasi una marionetta del teatrino politico italiano del XII secolo.

Arca non rigetta però il proprio testimorie - probabilmente l'unico a sua disposizione, in aggiunta a Fara, che potesse fornirgli informazioni su queste

14 H. FOLIETAE Historiae Genuensium libri XII, Genuae 1585, II. coli. 33-34. Riproduciamo esattamente il testo della prima edizione dell'opera Iimitandoci ad adeguare la punteggiatura al-l'uso moderno.

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vicende - ma lo piega al proprio disegno, seguendo una linea di pensiero che non è difficile rintracciare.

Proviamo ora a comparare sinotticamente il brano di Foglietta con la corrispondente versione di Arca:

Barisso ludex Alborensis, qui ceteros Sardis caeteris Barisonius opibus et po-opibus et potentia anteibat, tenlia anteibat

tolum sese ad amicitiam Genuensium cumque se totum in amicitiam

Genuen-contu/erat, sium commisisset,

Pisanis infensus nimis superbe imperi- Pisanis infensus nimis superbe

imperi-tantibus. tantibus,

Novarum igitur opum accessione fretus, animum ad splendidum consilium adiicit Barisso spiritus extu/it animumque ad regni Sardiniae, Pisanis expu/sis, sibi splendidum consilium adiecit regnum parandi.

Sardiniae, Pisanis expulsis, sibi parandi,

consiliis cum Genuensibus communica- Consilium Genuensibus aperit, lis.

Quos multa induxerunt ad Barissonis co- qui multa induxerunt ad Barisonii favore natus favore amplectendos: suo complendum,

primum quod Pisanorum opes in ea in- primum quod Pisanorum opibus in ea in-sula longe suas antecellerent ac multo sula antecelleret longe ac multo latius /atius pateret imperium, pateret imperium,

deinde quod ea contentio magnis deinde quod aperta via assequi posset ut, hominum et pecuniarum impensis ipsis Pisanis expuisis, facile sibi firmaret im-semper stetisset sine lilla magnopere perium

fructus spe, postremo quod sperarent quod aperta via assequi non poterant, ut, Pisanis ex insula exactis, eius imperium sibi firmarent, ad id per devium iter se perventuros. Dmni enim Barissonis spe regni adversus Pisanorum conatus reti-nendi ab ope Genuensium pendente, sese illius promptam operam et nutibus ob-noxia studia habituros confidebant,

regisque proinde titulum ac nomen pe- proinde titulum ac nomen vimque om-nes illUnl, ceterum vim omnem regni pe- nem regni penes se fore.

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Barisone d'Arborea, Giovanni Afra e un'inedita storia di Sardegna 143

Entrambi gli autori aprono la trattazione sottolineando la grande disponi-bilità finanziaria ed il potere politico di Barisone: sebbene rigettata dalla sto-riografia contemporaneaJ5, questa era comunque un'opinione largamente condivisa dagli storici ed Arca si limita soltanto ad una variatio stilistica minima rispetto al proprio modello.

Foglietta afferma quindi quale ritenga sia il motivo che fa decidere Barisone per la conquista del trono del regno di Sardegna, cioè perché egli confida in novarum opum accessione: il poter contare sulle risorse economi-che della potente repubblica di Genova sembra garanzia sufficiente ad intra-prendere l'impresa.

Il Sardo invece omette il fatto che Barisone si risolve all'impresa perché può confidare nei mezzi di Genova, sottolineando così come unico elemento che lo spinga a mettere in atto il suo progetto la sua ostilità verso i Pisani che governano troppo superbamente (nimis superbe imperitantibus) e facendone di conseguenza un liberatore della terra sarda dalla dominazione straniera.

Il testo del Genovese porterebbe poi a pensare ad una decisione che nasce in comune tra Barisone e Genova (consiliis cum Genuensibus communicatis); Arca al contrario fa sì che Barisone esponga ai Genovesi una decisione già presa, in virtù dell'amicizia che egli ha accordato loro (consilium

Genuensibus aperit).

A questo punto Foglietta elenca i motivi che spingono i Genovesi ad abbracciare la causa di Barisone:

a) le forze dei Pisani ed il loro controllo sul territorio dell' isola sono molto più grandi di quelle genovesi;

b) lo scontro con i Pisani per il controllo dell'isola è già costato un gran dispendio di uomini e mezzi alla repubblica ligure, senza alcurra possibilità di guadagno per i Genovesi;

c) il giudice rappresenta il mezzo per assicurarsi indirettamente ciò che essi non sono riusciti ad ottenere apertamente: egli dipende completamente

(omni enim Barissonis spe regni retinendi adversus Pisano rum conatus ab ope Genuensium pendente) dalle casse di Genova e quindi sarà pronto ad

ogni loro comando, cosicché egli avrà la dignità ed il titolo regale, ma essi otterranno l'effettivo potere sul regno.

Il testo di Arca conserva per intero il lessico utilizzato dall'annalista, ma ne rovescia completamente il senso, in modo che i Genovesi incoraggiano Barisone a portare a termine il suo progetto ( ... multa induxerunt ad Barisonii

IS Si veda per tutti J. DAY, La Sardegna sotto lo dominazione pisano-genovese. Torino 1987,

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favore suo complendum ... ) anzitutto perché le forze ed il controllo sull'isola di Barisone sono molto più grandi di quelle pisane.

Dopo aver passato sotto silenzio il fatto che Genova desideri interrompe-re l'emorragia di denaro e vite umane versate per la causa sarda, Arca delinea un quadro del tutto nuovo: sono i liguri ad aver bisogno di un amico potente come Barisone perché egli può cacciare i Pisani dall'isola e assicurarsi con facilità il potere, ottenendo così dignità, titolo, potenza regale nell'isola.

Tutti gli interventi manipolatori sulla fonte sono esercitati secondo un principio che potremmo definire 'economico': Arca non aggiunge nulla, ma si limita ad operare per omissioni ed inversioni che tendono tutte alla rivalu-tazione di Barisone quale 'eroe' di una causa nazionale sarda.

Foglietta infatti espone da subito i termini di un foedus tra Genova e

Barisone: il rapporto tra i due 'alleati' è economico ancor prima che politico ed i Genovesi stringono questo patto perché vedono accortamente un modo per ottenere per devium iter la supremazia sull'isola di Sardegna; Arca al

con-trario parla unicamente di unafides. di un rapporto di reciproca lealtà che il

giudice onora sino alla fine: il patto che intercorre tra le due parti rientra uni-camente nel1' ambito di quella amicizia alla quale Barisone si era completa-mente affidato (cumque se totum in amicitiam Genuensium commisisset).

Dopo aver quindi esposto l'avvenuta decisione di Barisone ed i motivi che spingono i Genovesi ad abbracciarne la causa, Arca riporta pressoché alla lettera il testo di Foglietta: l'invio degli ambasciatori all'imperatore, le lamentele dei Pisani, la traduzione del giudice a Genova e la lite tra due potenti famiglie genovesi in tale occasione, l'incoronazione di Barisone, le rinnovate rimostranze dei Pisani e la gratitudine del novello re di Sardegna nei confronti della repubblica ligure sono estrapolate dagli Annales del

Genovese senza sostanziali modifiche al testo di riferimento.

Come molti sanno, l'incoronazione del giudice si risolse però in un nulla di fatto perché egli, invece di rientrare ne1la propria isola, fu trattenuto a Genova per otto anni, affidato ai primi cittadini della repubblica che lo 'custodirono' sinché i Genovesi non rientrarono in possesso delle forti somme prestate a Barisone, per le quali il giudice aveva offerto garanzie non troppo sicure.

Questo è quanto scrive Foglietta:

Gratias igitur honorificentissimis verbis magistratui egit rex,fa.'ì.~us sese immortale hoc regni parti beneficium Genuensibus debere, quorum ope opera, auctoritate, pecuniis il/ud adeptus sito Eius igitur regni penes se procurationem tanttlm penes Genuenses imperium perpetuo futtlrum, quibus omnia studia deberet. Grati animi monumentum primum esse

(16)

Barisone d'Arborea, Giovanni A~a e un 'inedita storia di Sardegna 145

voluit haud contemnendum vectigal in aedificationem aedis Laurentia-nae donatum. Ad hoc se ad pecuniam publice et privatim debitam dis-soluendam, antequam in terram exscentionem faceret, publicis monu-mentis obstrinxit. Ceterum rex cum Sardi, sive ipsi regem ac novam for-mam reipublicae per se non probantes sive a Pisanis inducti, omnes vias pecuniae erogandae ex ante praeparato intersepsissent, cum promissa non faceret neque mutuum solveret, a Piccamilio consule et collegis additis, qui aeris exigendi caussa cum rege ierant neque illum ea de caussa in terram umquam exposuerant, Genuam reductus est ac non-nullis primariis civibus in' custodiam traditusl6•

Quindi secondo il Genovese le possibili cause della mancata restituzione del denaro da parte di Barisone furono la non accettazione della nuova forma politica da parte degli abitanti della Sardegna o l'intervento dei Pisani che li spinsero a non pagare le somme per le quali il re si era solennemente impe-gnato.

Fara ritiene probabile l'ipotesi dell'intervento pisano, ma non la dà per certa (Barison ... in Sardiniam reversus pecuniam ... ex publico postulat

cum-que illam impedientibus -' ut creditur - Pisanis habere non posset, Genuam reducitur et in custodiam, donec omnia exsolveret, primariis Genuae civibus traditur17).

Arca prepara invece il campo al 'rovesciamento' finale: in primo luogo Barisone ringrazia sì i Genovesi, ma unicamente per la opera prestata e non per il denaro avutone (per Foglietta al contrario la dipendenza del giudice da Genova è assoluta: quorum ope, opera, auctoritate, pecuniis adeptus sit

illud)o

Sembra possano essere usate per il nostro Autore le parole che Eduard Fueterl8 adopera per illustrare le tendenze storiografiche di Leonardo Bruni: " ... come a tutti gli autori idealisti, le circostanze economiche gli riescono molto spiacevoli ... "; in questo caso crediamo che l'omissione dell'elemento denaro non sia dovuto ad un 'fastidio' nei confronti dell'argomento, ma sia meditato e perfettamente funzionale alla tesi sostenuta per tutto il corso della narrazione, e cioè la buona fede di Barisone e la colpa storica dei Genovesi che la tradirono.

La motivazione della dorata prigionia di Barisone a Genova è di

conse-16 H. FOUETAE Historiae Genuensium libri XII, cit., col. 34. 17 I. F. FARAE Opera, cit., De rebus Sardoi.r liber seculldu.r, II, p. 324. 18 E. FUETER, Storia della storiografia moderna, Napoli 1952, p. 23.

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guenza soltanto la summa perfidia dei Genovesi, perché essi addussero

falsa-mente a pretesto che i Pisani impedissero l'arrivo dei soldi e questo compor-tamento fu tanto ingiusto che i Pisani stessi non riuscirono a tollerarlo ( ... tam iniquum est habitum ut nec ipsi hostes aequo animo ferrent ... ) e ne scoppiò

una guerra tra le due repubbliche ( ... bellum hinc inter has duas nationes exarsil ... ); secondo Arca i Genovesi riveleranno coi fatti il loro vero intento,

cioè riempire le proprie casse dell'oro e dell'argento d'Arborea ( ... Obertus Ricalcus consul ex Arborensi iudicalu pecuniae vim magnam extraxit anno 1166 cumque Genuenses auro et argento, ul volebant, complesset ... ).

La rottura di quellafides è espressa a chiare lettere e l'Autore chiama in

causa addirittura Virgilio19 per stigmatizzare il tradimento del1a amicizia-alleanza tra l'Arborense e Genova: " ... sapientissum iJJud, 'nusquam tuta fides' ... ". L'inevitabile accostamento della situazione virgiliana con quella

descritta da Arca non può che far sorridere: come Didone viene tradita dallo straniero Enea, così anche Barisone vede ricompensate le proprie attenzioni verso l'alleata Genova ( ... hunc tulit fructum Barisonius de tantis in Genuenses meritis ... ) soltanto dalla peggiore offesa!

Il quadro è così ricomposto e Barisone, colpevole soltanto della propria buona fede, assolto con formula piena; la benevolenza del giudice Arca, che sembra non conoscere limiti, mérita forse d'essere indagata un poco più a fondo di quanto non sia stato fatto finora.

Crediamo che il breve saggio dell'opera qui discusso possa suggerire l'in-teresse che la Naturalis et moralis historia può rivestire per i lettori che Arca

non ebbe mai fortuna d'avere; poco importa la valutazione che si vorrà dare delle qualità letterarie della sua prosa o della validità dell'impianto storio-grafico purché si recuperi alla nostra memoria un frammento tanto a lungo dimenticato.

Infine, per questo autore della storiografia sarda, vogliamo fare nostro ciò che Enrico Besta ebbe a scrivere a proposito di un attore della storia sarda, lo sfortunato giudice-re Barisone, ricordando che e nella storia e nella storio-grafia di Sardegna all'uno e all'altro " ... se troppo osò già gli torna il merito di avere osato"20.

19 Verg. Aen. IV 373. 20 E. BESTA, op. cit., I, p. 120.

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