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Impollinazione e diradamento della varieta di melo "Rotella"

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Corso di Laurea Magistrale in

Produzioni agroalimentari e gestione degli agroecosistemi

Tesi di Laurea Magistrale

Impollinazione e diradamento della varietà di melo “Rotella”

Relatore: Prof. Damiano Remorini

Correlatore: Dott.ssa Susanna Bartolini

Candidata: Agata Fregosi

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Riassunto

Il melo Rotella è una varietà tipica della Lunigiana, che si è adattata molto bene alle condizioni pedoclimatiche della zona d’origine grazie alle sue caratteristiche di rusticità e adattabilità. Per tale motivo, negli ultimi anni alcune aziende del territorio lunigianese hanno deciso di trasformare questa coltura da accessoria a fonte di reddito. Le informazioni relative a questa varietà sono ancora molto ridotte, tanto che ad oggi non è ancora stato identificato un impollinatore specifico. In un frutteto commerciale di questa varietà sono state effettuate prove di impollinazione manuale e di diradamento chimico. Le prove di impollinazione sono state realizzate confrontando tesi di impollinazione libera e autoimpollinazione con impollinazioni manuali effettuate con pollini provenienti da diverse varietà di melo. I risultati dell’impollinazione manuale sono stati valutati sia in laboratorio, dove è stato determinato lo sviluppo del polline nello stilo ‘in vivo’, sia direttamente in campo, dove è stata stimata l’allegagione in base alla presenza di frutticini. Il polline di ogni varietà ha prodotto diversi risultati confermando la caratteristica di auto-incompatibilità tipica del genere Malus. I risultati evidenziano, nell’impollinazione monovarietale, un generale sviluppo stentato del tubetto pollinico all’interno dello stilo, che in alcuni casi arriva a fecondare l’ovulo permettendo la formazione di alcuni frutti, mentre una più elevata allegagione è stata ottenuta nelle prove di libera impollinazione. Questi risultati possono essere conseguenza di differenti fattori, tra cui le avverse condizioni climatiche verificatesi durante la microsporogenesi, che hanno determinato la formazione di granuli pollinici non perfettamente conformati, le condizioni trofiche della pianta, che possono aver ridotto lo sviluppo del polline nello stilo, oppure potrebbero essere dovuti all’auto-incompatibilità gametofitica (GSI) tipica del genere Malus.

Le prove di diradamento chimico sono state realizzate con due prodotti: ammonio tiosolfato e polisolfuro di calcio che hanno dimostrato la loro efficacia nel confronto con una tesi non diradata. Il diradamento chimico, effettuato in fase di fioritura, ha evidenziato una buona efficacia di entrambi i prodotti, mostrando un basso rapporto frutticini/corimbi sui corimbi trattati.

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Indice

Riassunto ... 2 Indice ... 3 1. Introduzione ... 4 1.1 Il melo ... 4

1.2 Il fiore di melo: descrizione fisiologica e botanica ... 7

1.3 Auto-incompatibilità del melo ... 9

1.4 Diradamento ... 13

1.5 Il melo Rotella ... 16

1.6 Scopo della tesi ... 18

2. Materiali e Metodi ... 20 2.1 Descrizione dell’azienda ... 20 2.2 Temperatura e precipitazioni ... 21 2.3 Impollinazione manuale ... 24 2.4 Diradamento chimico ... 27 3. Risultati e discussione... 30

3.1 Osservazioni di laboratorio in vivo ... 30

3.2 Valutazione dell’allegagione in campo ... 36

3.3 Valutazione del diradamento ... 40

4. Conclusioni ... 43

Appendice ... 44

Riferimenti bibliografici ... 48

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1. Introduzione

Malus Domestica Borkh. rappresenta una delle specie con maggior importanza dal punto di vista della produzione frutticola a livello mondiale, con una produzione di 75,5 milioni t/anno (Matsumoto, 2014) e rappresenta uno dei frutti più consumati al mondo (Dandekar et al., 2006). Si tratta di una specie appartenente al grande gruppo delle angiosperme e presenta un fiore perfetto ermafrodita, ossia con organi maschili e femminili presenti sullo stesso fiore. Tuttavia, è determinata da un’auto-incompatibilità gametofitica, tipica del genere delle Rosaceae, ovvero, caratteristica che impedisce alla pianta di produrre uno zigote dopo l’unione dei gameti maschili e femminili provenienti dalla solita pianta o da una pianta geneticamente correlata. Questa caratteristica, se dal punto di vista dell’evoluzione ha permesso il mantenimento di caratteri genetici diversi e importanti per la biodiversità, dal lato agronomico è considerato un ostacolo per la produzione. Infatti, spesso nei meleti, per superare questo problema vengono realizzati impianti con diverse consociazioni varietale (Sansavini et al., 2001). Un’altra pratica colturale molto importante ai fini produttivi è il diradamento, tecnica che consiste l’asportazione di fiori o frutticini dalla pianta per regolare il carico produttivo annuale, assicurando inoltre un’adeguata qualità dei frutti. Questa prassi negli anni è divenuta di estrema importanza, in quanto, se effettuata manualmente, rappresenta la fase più onerosa insieme alla raccolta dei frutti. Per tale motivo negli anni sono state sviluppate altre metodologie di diradamento, come quelle meccaniche e chimiche. Attualmente si ricorre per lo più a metodi chimici, utilizzando prevalentemente fitoregolatori specifici per ogni varietà e circostanza, anche se è in fase di studio un continuo sviluppo delle tecnologie meccaniche.

1.1 Il melo

Il melo appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia delle Maloideae e genere Malus (Harris et al., 2002; Qixiang et al., 2012).

All’interno del genere Malus sono state identificate circa 50 specie, sottospecie e ibridi, motivo per il quale la tassonomia risulta complessa e poco chiara. É stato necessario suddividere le specie per livelli tassonomici raggruppati in 5 sezioni, suddivise per specie primarie e secondarie a seconda del loro contributo nella selezione di varietà più interessanti ai fini produttivi. Ciò è stato necessario perché la tassonomia del melo è strettamente legata all’attività dell’uomo, perciò la distinzione tra le specie selvatiche e domestiche è diventata poco chiara. La specie principale,

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5 utilizzata per la produzione frutticola, è stata identificata come M. domestica Borkh. (Harris et al., 2002; Fideghelli, 2008; Pereira-Lorenzo et al., 2009; Cornille et al., 2012 e 2014; Najafova et al., 2017). Il melo domestico deriva da un lungo processo di addomesticazione che ha coinvolto diverse specie. Sebbene si tratti di una delle maggiori coltivazioni delle zone temperate, si sa molto poco del luogo e del tempo con cui è stato effettuato questo processo (Robinson et al., 2001). Ciononostante, sono state formulate almeno due ipotesi, la prima suppone che probabilmente sia stata ottenuta nella zona dell’Asia centrale, grazie anche dell’elevata presenza di specie e varietà in situ e che sia stata successivamente diffusa in Europa, ad opera delle antiche popolazioni di Greci e Romani che possedevano già conoscenze sulla propagazione per innesto (Robinson et al., 2001; Velasco et al., 2010). La seconda ipotesi sostiene che attraverso la Via della Seta, un’antica via che collegava l’estremo oriente al Mar Mediterraneo, sia stata facilitata la diffusione di semi che nel tempo hanno permesso un processo di ibridazione tra le diverse specie incontrate lungo il percorso, tra cui i M. Sieversii dell’Asia centrale, M. baccata della Sibera, M. orientalis del Caucaso e M. sylvestris europeo. Si tratta di un’ipotesi ancora dibattuta, basata per lo più sugli aspetti di migrazione dell’uomo, in quanto degli studi hanno dimostrato soltanto un debole avvicinamento tassonomico tra le specie suddette e poche altre (M. micromalus, M. prunifolia), ciononostante hanno contribuito, in modo differente a determinare il pool genetico di Malus domestica (Pereira-Lorenzo et al., 2009; Gharghani et al., 2010; Velasco et al., 2010; Cornille et al., 2014). Inoltre, le specie suddette presentano frutti piccoli, aspri e astringenti, caratteristiche che invece non sono presenti in M. sieversiis, specie originaria dall’Asia centrale, che è stata dimostrata essere, attraverso studi genetici, la specie progenitrice della mela domestica, caratterizzata dalla similitudine degli aspetti morfologici della pianta e dei frutti (Robinson et al., 2001; Velasco et al., 2010; Cornille et al., 2012).

Tuttavia, è possibile che le molte specie sopra citate abbiano contribuito a conferire caratteristiche quali: il periodo di fioritura, una maggiore resistenza alle malattie e agli insetti dannosi ed una buona adattabilità alle diverse condizioni climatiche.(Cornille et al., 2012) Si deve tenere conto, però, che la ricerca sull’origine di Malus domestica risulta ostacolata dalla graduale perdita di specie, conseguenza di una selezione ristretta della specie coltivate ed alla progressiva perdita di progenitori o di vicini parenti (Robinson et al., 2001). In definitiva, il melo domestico deriva dal risultato di un’ibridazione interspecifica, che non presenta una storia lineare, ma che si è verificata in un lungo periodo di tempo, visto che sono state trovate testimonianze che rivelano la presenza del melo già da 4000 anni. Attraverso la libera impollinazione è stato possibile superare gli ostacoli

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6 imposti dall’auto-incompatibilità, ed ha permesso di ottenere un’ampia base genetica, aspetto non secondario, poiché le piante poliennali spesso contano su una ridotta base genetica dovuta alla propagazione vegetativa (Cornille et al., 2012; Gross et al., 2014). La domesticazione è stata favorita dall’utilizzo di tecniche agronomiche che hanno determinato un’introgressione delle varietà selvatiche a favore delle varietà domestiche. Mediante la propagazione per innesto è stato possibile mantenere e diffondere individui superiori superando il problema di auto-incompatibilità, riducendo così anche i cicli biologici della pianta e quindi favorendo l’entrata in produzione in tempi brevi (Cornille et al., 2012)

Attraverso il processo di addomesticazione è stato possibile ottenere piante che avessero un’alta produttività, buona qualità organolettica, facilità di conservazione e di manipolazione e di facile coltivazione e raccolta (Cornille et al., 2014).

Il melo è una pianta legnosa e perenne, caratterizzata da una crescita annuale che alterna una fase vegetativa e una fase dormiente. Quest’ultima si manifesta durante l’inverno con le basse temperature e gli permette di resistere a condizioni climatiche difficili tanto che alcune varietà possono resistere fino a -36°C senza subire danni. La necessità di freddo, per superare la dormienza invernale, rappresenta un fattore limitante per la coltivazione del melo, infatti si tratta di una pianta che non viene coltivata nelle zone tropicali a meno che questa non sia ad una altitudine di almeno 1200 m s.l.m. (a queste latitudini può essere allevata fino a 1400 – 1800 m slm a seconda della varietà e della necessità di ore a basse temperature (Mimida et al., 2015). Il melo può raggiungere i 10 m di altezza con una chioma folta e globosa. A seconda del portinnesto utilizzato le radici possono occupare un volume compreso tra 2 e 104 m2, anche se in media si mantengono tra 10 e 30 m2. Le

piante iniziano a produrre dopo il terzo anno dalla messa a dimora, entrando in piena produzione tra l’undicesimo ed il ventesimo anno. È caratterizzato da una buona longevità, tanto che può vivere dai 60 a 100 anni, durante i quali può ancora mantenere un’elevata produzione (Oukabli et al., 2003; Pereira-Lorenzo et al., 2009; Mimida et al., 2015). Le elevate potenzialità della pianta hanno stimolato la necessità di ridurne la vigoria, motivo per il quale verso la fine degli anni ’60 è stato proposto un nuovo sistema di coltivazione che permettesse una riduzione nel vigore per intensificare la produzione, utilizzando portinnesti a debole vigoria (Mantinger e Vigl, 2008).

Il suo frutto può essere consumato come prodotto fresco, essiccato, trasformato o lavorato (Zhang et al., 2012). Si tratta di un prodotto che matura nell’arco di tre mesi a seconda della varietà e del ciclo di maturazione, ma che può essere consumato lungo tutto l’anno per le sue capacità di

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7 conservazione (Janick et al., 1996). Il primo paese produttore di mele a livello mondiale è la Cina, seguita dagli USA, mentre i maggiori produttori a livello europeo sono rappresentati da Polonia, Italia e Francia (www.agmrc.org).

1.2 Il fiore di melo: descrizione fisiologica e botanica

Il ciclo della fruttificazione inizia con l’induzione fiorale di cui si rendono evidenti i primi albori sull’apice meristematico alla fine di giugno, gli abbozzi dei sepali appaiono nella seconda metà di luglio; verso metà agosto si evidenziano gli abbozzi dei petali, seguiti, un mese dopo, dall’abbozzo degli stami; all’inizio di novembre compaiono gli abbozzi dei carpelli e, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, ha inizio la microsporogenesi che precede la fioritura. La maturazione dei frutti si avvia a metà giugno nelle cultivar precoci e si completa in inverno nelle cultivar più tardive (Fideghelli, 2008). Una volta differenziati i germogli fiorali sono facilmente riconoscibili dalla loro posizione e dalla loro forma arrotondata. Se durante la fase di differenziazione fiorale si hanno delle alterazioni si formano solo dei germogli vegetativi e quindi una bassa presenza di germogli fiorali. È probabile che questo avvenga quando non viene rispettato il fabbisogno di freddo (Oukabli et al., 2003; Koutinas et al., 2014). La fioritura è un processo complesso influenzato da molti fattori (ormoni florigeni, presenza di foglie e frutti, nutrizione, rapporto C/N, luce, condizioni climatiche, ecc..) tra i quali la temperatura e la disponibilità di acqua rappresentano fattori determinanti (Andreini et al., 2012). Mentre alte temperature possono inibire la formazione di germogli fiorali, la presenza di escursioni termiche, e un adeguato clima, assicurano la formazione di fiori vigorosi e quindi un buon livello di produzione (Koutinas et al., 2014).

Il fiore del melo è costituto da petali, il cui colore può essere bianco, rosa e in alcune cultivar rosso, forme e dimensioni diverse. Al di sotto del fiore sono presenti cinque lobi di forma triangolare che sono visibili in alcuni casi ancora attaccati al frutto. Il melo ha fiore perfetto, monoico ermafrodita; cioè sul solito individuo sono presenti sia gli organi maschili (stami) sia quelli femminili (pistilli). Si presenta con un elevato numero di stami che varia dai 15 ai 20 con antere di colore giallo che rappresentano gli organi riproduttivi maschili, mentre gli organi femminili sono rappresentati da un pistillo diviso in cinque stili che vanno ad inserirsi alla base dell’ovario in cui sono presenti un medesimo numero di logge. L’ovario è infero, profondamente inserito nell’ipanzio suddiviso in cinque logge ognuna delle quali presenta due ovuli con un numero di carpelli che varia da cinque a due. Lo sviluppo della zona multicarpellare produrrà la formazione del frutto vero e se la fecondazione

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8 avverrà in modo completo il frutto avrà dieci semi (Figura 1). L’infiorescenza, chiamata corimbo, si presenta in un mazzetto di 4-9 fiori provvisto di una rosa di foglie. La fioritura inizia con la schiusura del fiore centrale (king flower) e dura tra i dieci e dodici giorni (Bargioni, 1990; Fideghelli, 2008; De Franceschi et al., 2011a, 2011b; https://plantgest.imagelinenetwork.com/it/piante/frutticole/melo/). La presenza di un fiore ermafrodita potrebbe indicare la possibilità di avere fiori autoimpollinanti, invece attraverso il processo di evoluzione si sono formati delle barriere genetiche che hanno impedito la fecondazione tra fiori proveniente dalla solita pianta, promuovendo così l’allogamia, un importante processo che ha stimolato l’evoluzione delle piante ma che ha influenzato negativamente la produzione, visto che dipende in modo imprescindibile dall’efficacia della fecondazione (De Franceschi et al., 2011a, 2011b). L’impollinazione del melo, che avviene per via entomofila, avviene per impollinazione incrociata. L’entità della fioritura e la qualità di questa è determinata dalle caratteristiche genetiche delle cultivar, dalle condizioni ambientali e dalla gestione agronomica (Koutinas et al., 2014). Tuttavia, alcune cultivar specifiche, in adeguate condizioni ambientali, non possono essere escluse dalla possibilità di una parziale autocompatibilità (https://plantgest.imagelinenetwork.com/it/piante/frutticole/melo/).

Figura 1 - Parti botaniche del fiore di melo; nel cerchio sono visibili gli organi riproduttivi maschili e femminile del fiore ermafrodita (Bargioni, 1990).

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9 1.3 Auto-incompatibilità del melo

La sterilità e l’auto-incompatibilità sono le maggiori barriere riproduttive nelle specie vegetali (Sheick et al., 2018). La sterilità è dovuta a fenomeni che causano una ridotta vitalità del polline, sacco embrionale ed embrione, mentre, l’incompatibilità avviene quando entrambi i gameti (maschile e femminile) sono vitali, ma il polline non è in grado di crescere nello stilo per arrivare a fecondare l’ovario. Si tratta dell’impossibilità di produrre uno zigote dopo un processo di autoimpollinazione di un fiore ermafrodita, ma che si può avere anche tra due fiori di due piante diverse, appartenenti alla stessa varietà o a varietà autoincompatibili. Negli organismi vegetali la caratteristica di auto-incompatibilità si è sviluppata attraverso processi evolutivi che hanno permesso il mantenimento di un elevato patrimonio genetico promuovendo l’allogamia, a sfavore dell’autogamia (Miljuš-Dukič et al., 2010; Iwano e Takayama, 2012). Le angiosperme, per le quali sono state documentate 200.000 specie, rappresentano il taxa di maggior successo, e tra esse circa il 50% è caratterizzato da auto-incompatibilità (Makovics-Zsohár e Halász 2016; Paetsch et al., 2006). Alcune piante presentano fiori eteromorfici, cioè fiori con caratteristiche morfologiche che impediscono il contatto tra polline e pistillo determinando autocompatibilità nel solito fiore, mentre in fiori omomorfici, in cui non vi sono ostacoli morfologici l’autoincompatibilità è determinata da fattori genetici (De Nettancourt, 1999; Suassuna et al., 2003; Watanabe et al., 2012; Sheick et al., 2018). Questo fenomeno si distingue in due sistemi: incompatibilità gametofitica (gametophytic self-incompatibility, GSI) o auto-incompatibilità sporofitica (sporophytic self-incompatibility SSI). L’autoauto-incompatibilità gametofitica è la più frequente nelle angiosperme, in quanto si manifesta in circa 60 famiglie, mentre quella sporofitica è documentata soltanto in 6 (Diaz et al., 2006). In questo caso l’incompatibilità è controllata da un singolo multilocus S che può presentare diversi alleli (S1, S2, S3, ecc…). Quando il

gamete maschile e il gamete femminile presentano il solito allele questi si respingono. La distinzione dei due sistemi è determinata dal comportamento del fenotipo S del tubetto pollinico. L’incompatibilità gametofitica è determinata dal genotipo aploide del polline, mentre l’incompatibilità sporofitica è data dal genotipo diploide della pianta madre. Questa distinzione determina fondamentali vincoli sul comportamento del polline. Nel sistema gametofitico gli alleli S sono espressi in modo co-dominante nel pistillo, ma nel sistema sporofitico gli alleli S esprimono una dominanza sia nel polline che nel pistillo. Quindi, nel sistema GSI all’interno di una popolazione eterozigote non sarà possibile l’unione di due gameti che presentano i soliti alleli, mentre, nel sistema SSI con interazione di eterozigoti e omozigoti S l’unione dei gameti è teoricamente possibile in quanto sarà determinata dalla presenza di alleli dominanti e recessivi che possono essere nascosti dal polline

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10 o dallo stigma (Hiscock, 2002). Nel caso di incompatibilità gametofitica lo sviluppo del tubetto pollinico si blocca a livello dello stilo (incompatibilità stilare), mentre nel caso dell’incompatibilità sporofitica l’arresto avviene a livello dello stimma (incompatibilità stigmatica); raramente avviene a livello dell’ovario (incompatibilità ovarica), quando il tubetto pollinico arriva fino all’ovulo ma non riesce a penetrare il sacco embrionale (Figura 2) (Haring et al., 1990; Sage et al., 2003; De Nettacourt, 1999).

Figura 2 - Particolare di pistillo di fiore di melo, visibili gli stili con attaccatura nell'ipanzio. In basso a sinistra nel piccolo riquadro bianco vengono illustrati i vari punti di sviluppo che si hanno nel tubetto pollinico (Losada et al., 2014).

L’auto-incompatibilità di tipo gametofitica (GSI) è uno dei maggiori ostacoli per la produzione di frutti nel genere Malus. Il locus S è rappresentato da un elevato numero di alleli, che possono arrivare fino a centinaia a seconda delle specie, per questo motivo è più corretto utilizzare il termine aplotipo S in quanto è rappresentato da più geni (anche se entrambi i termini sono stati riconosciuti come sinonimi tra loro). Il locus S determina la possibilità dei gameti (maschile e femminile) di unirsi

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11 per produrre uno zigote. Questo dipende dalle caratteristiche alleliche espresse dai geni presenti sui determinanti maschili e femminili (De Franceschi et al., 2011a, 2011b; Cornille et al., 2014; Sassa, 2016; Sheick et al., 2018).

Questo meccanismo viene determinato da un sistema genetico di due componenti polline-pistillo, regolati dall’azione di due geni che sono codificati dal singolo locus-S, espressi per il determinante femminile nel pistillo e nel polline per quello maschile. L’espressione di questo fenomeno viene regolata da una proteina S-RNase per la parte femminile, mentre la controparte maschile viene regolata dalla presenza di proteine dette F-box. Nel melo è stato individuato un insieme di geni che codificano le proteine S-locus F-Box Brothers (SFBBs) strettamente correlate alla proteina S-RNase. Il meccanismo di auto-incompatibilità avviene quando Le proteine S-RNase presenti nella matrice stilare vengono portate all’interno del tubetto pollinico dove avviene il riconoscimento self-non self con le proteine SFBBs (Figura 3) (De Franceschi et al., 2011a, 2011b).

Figura 3 - Descrizione del processo di inibizione del tubetto pollinico in presenza di alleli identici al tessuto stilare. Le proteine S-RNase vengono portate all’interno del tubetto pollinico dove vengono riconosciute dalle proteine F-BOX. Durante questa fase avviene l’inibizione della proteina S-RNase non-self, mentre viene lasciata attiva la proteina self che andrà successivamente a degradare gli RNA messaggeri, portando alla morte cellulare del tubetto pollinico(De Franceschi et al., 2011a, 2011b).

A seconda delle combinazioni degli alleli S la pianta può essere, completamente auto-incompatibile, semi-incompatibile oppure compatibile (Sheick et al., 2018). Per esempio, due

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12 individui sono completamente auto-incompatibili, quando presentano due alleli S1S2 e S1S2 identici.

In questo caso il meccanismo di rigetto viene regolato nel pistillo dalla proteina S-RNase, la quale si comporta come citotossina, inibendo lo sviluppo del tubetto pollinico degradando la formazione di RNA messaggeri determinandone il rigetto. Sono invece pienamente compatibili quando gli alleli sono tra di loro diversi cioè, S1S2 eS3S4. quindi non proveniente dalla solita pianta, o comunque non

geneticamente correlati. In questo caso le proteine F-box brothers (SFBBs) nel polline riconoscono una variante allelica e sono in grado di inibire l’effetto della S-RNasi, degradandola attraverso i processi di “ubiquitasi” (Pereira-Lorenzo et al., 2009; De Franceschi et al., 2011a, 2011b; Dondini et al., 2012; Sassa, 2016). Tuttavia, si può ottenere una situazione intermedia definita semi auto-incompatibilità, in cui almeno uno dei due alleli è differente, in cui il polline che presenta l’allele differente si sviluppa, mentre quello con l’allele identico viene bloccato dall’S-RNase dello stilo (Figura 4). In questi casi si possono avere frutti caratterizzati da malformazioni (Matsumoto, 2014; Sheick et al., 2018). Quindi, se uno degli alleli combacia, questi si riconoscono e il polline viene rigettato (Sassa, 2016).

Figura 4 - Illustrazione del processo di auto-incompatibilità gametofitica che si forma nelle angiosperme. Il fiore a contatto con il polline proveniente dalla solita pianta, o geneticamente correlata, presentando i soliti alleli (S1 e S2) non permette la formazione del tubetto pollinico. Mentre, nel caso di polline proveniente da altre piante riesce a svilupparsi completamente raggiungendo l’ovario. L’auto-incompatibilità gametofitica è riconosciuta nelle Solanaceae, Papaveraceae e Rosaceae (Charlesworth, 2010).

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13 Il riconoscimento è deputato esclusivamente ai determinanti maschili e femminili, tuttavia il meccanismo utilizza anche altri geni accessori al locus S, importanti per il funzionamento di questo meccanismo. Sono rappresentati da un self interacting SKP1-like (SSK), una subunità di cullina, un RING-BOX 1 (RBX1) e un E3-ibiquitina ligasi. Un altro meccanismo coinvolto nell’autoincompatibilità gametofitica è la Transglutaminasi (TGasi), un enzima calcio-dipendente che durante la crescita dei tubetti pollinici permette la deposizione di actina per la formazione del citoscheletro del tubetto stesso.

È ancora poco chiaro il meccanismo di azione di questo processo, soprattutto per quanto riguarda il determinante maschile nel genere Malus (De Franceschi et al., 2011a, 2011b; Sheick et al., 2018). Tuttavia, il fenomeno dell’auto-incompatibilità può essere mitigato con irradiazione delle gemme, auto-impollinazione ritardata, ormoni, applicazione di proteine inibitrici oppure grazie al “mentor polline”. Alcuni studi hanno dimostrato infatti l’efficacia del mentor polline, cioè di un polline compatibile che nell’insieme di pollini compatibili e incompatibili possa stimolare la crescita di quelli incompatibili. È possibile che il mentor polline abbia la capacità di regolare il riconoscimento di sostanza inibitrici, di riconoscere e trasferire materiale e rilasciare sostanze in grado di bloccare la reazione antigene-anticorpi (Ramulu et al., 1979; Montalti et al., 1984).

Le mele sono generalmente autoincompatibili, anche se si trovano alcune varietà che mostrano una parziale compatibilità. L’ibridazione tra le diverse varietà è data dall’assenza di una barriera di riproduzione interspecifica che ha concesso un elevato livello di ibridazione, caratteristica accentuata dall’auto-incompatibilità. La conoscenza di specifiche combinazioni varietali è auspicabile per garantire un buon livello di produzione, in quanto soltanto tra il 10 e il 30% dei fiori prodotti diventano frutti (Pereira-Lorenzo et al., 2009; Cornille et al., 2014).

1.4 Diradamento

Il diradamento in frutticoltura è un processo importante per garantire una produzione di qualità e permettere una adeguata produzione anche per l’anno successivo, in quanto spesso può capitare che la pianta da frutto produca un eccessivo numero di fiori che non riesce a portare a completa maturazione. Le piante da frutto subiscono tre fasi di abscissione: la prima determinata da una cascola dei fiori, successivamente una cascola dei frutticini ed infine una cascola finale dei frutti nella fase di preraccolta. Durante il processo di maturazione possono verificarsi degli stress abiotici e

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14 biotici che alterano questo susseguirsi di fasi. La pratica del diradamento permette di produrre frutti con un adeguata pezzatura, colore e maturazione (Ouma, 2007; Vittone et al., 2017).

Nel melo i fiori, come sopra descritto, sono raccolti in mazzetti chiamati corimbi, che presentano un fiore centrale con caratteristiche di dominanza che sarà destinato a diventare il frutto migliore, con migliori caratteristiche sia per la pezzatura sia a livello organolettico, per questo motivo è generalmente conveniente asportare gli altri fiori e/o frutticini. Tuttavia, il diradamento può essere fatto in diversi momenti, durante la fioritura o dopo la fioritura in presenza di piccoli frutti. Ad ogni modo è stato dimostrato che il diradamento con i frutticini causa una minore qualità dei frutti rispetto al diradamento effettuato durante la fase di fioritura (Kaçal et al., 2012).

Il diradamento può essere effettuato in modo manuale, meccanico o chimico. Quello manuale risulta economicamente svantaggioso per l’elevata necessità di manodopera, quello meccanico viene effettuato con macchina dotata di elastici che ruotando vanno a colpire i fiori o frutti della pianta eliminandoli, quello chimico tramite l’utilizzo di prodotti che vanno a potenziare il naturale comportamento della pianta attraverso fenomeni di cascola. Ogni diradante chimico ha dei momenti specifici per essere distribuito, sia per quanto riguarda il livello di sviluppo del frutto sia, soprattutto, per le condizioni ambientali di utilizzo (Schupp et al., 2008;

https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2008/02/02/il-diradamento-dei-frutticini-del-melo/4844).

Il diradamento è attualmente ottenuto con l’impiego di diversi fitoregolatori, adottando strategie mirate ad ogni singolo gruppo varietale, basate sull’impiego di auxine e citochinine di sintesi (acido-naftalenacetico e sua amide, benziladenina), Ethephon e concimi fogliari (ATS), definiti dai disciplinari di produzione di ogni regione. I limiti principali dell’intervento “chimico” risiedono nell’incostanza della loro efficacia e nel loro impatto ambientale. L’effetto diradante dei diversi formulati è infatti legato a fattori climatici (temperatura e umidità dell’aria) nelle ore successive all’intervento, che sfuggono al controllo del tecnico di base e dell’operatore. Fino al 2008, il Carbaryl (insetticida con effetto collaterale diradante) ovviava in parte a queste situazioni, consentendo di correggere errori o comunque di integrare in una fase successiva gli interventi con fitoregolatori. L’impiego dei fitoregolatori incontra, inoltre, ostacoli legati alla risposta di singole cultivar (Fuji, ad esempio, è refrattaria al NAD e deve essere pertanto diradata con Ethephon o ATS in fioritura) o a particolari situazioni ambientali. Infatti, è stato osservato che l’efficacia dei fitoregolatori su Gala decresce con l’altitudine, diventando problematica oltre i 500-600 m s.l.m., situazione peraltro

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15 frequente in importanti distretti melicoli di qualità, dal Piemonte alle Valli di Non e Venosta. Inoltre, è stato osservato che un impiego errato dei diradanti può ripercuotersi in problematiche sulle colture, come una riduzione del raccolto, una minor crescita dei frutti, un colore meno intenso, frutti deformati ed una bassa concentrazione di calcio (Jemrić et al., 2005).

Tra i diradanti fiorali attualmente utilizzabili troviamo Ethephon, ammonio tiosolfato (ATS) e amide (NAD), mentre tra i diradanti post-fioritura acido naftalenacetico (NAA), benziladenina (BA) e Metamitron (Brevis).

Il diradamento chimico non è, quindi, sempre facilmente dosabile, in più negli ultimi anni vi è stato una crescente sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla prevenzione dell’impatto ambientale (Buond, 2018). Per tale motivo negli ultimi anni la comunità europea ha riformato la normativa fitosanitaria per la distribuzione di alcuni prodotti e, inoltre, la ricerca scientifica si sta incentivando per l’individuazione di varietà che riescono ad allegare un solo frutticino

(https://agronotizie.imagelinenetwork.com/difesa-e-diserbo/2008/02/02/il-diradamento-dei-frutticini-del-melo/4844).

Il tiosolfato di ammonio è considerato uno dei diradanti chimici che ha minor effetto negativo sull’ambiente e sulle persone. L’ATS è un diradante che ha buon effetto sia sulle mele che sulle pesche, ma se distribuito in modo erroneo può provocare anch’esso effetti fitotossici. Il prodotto una volta distribuito sviluppa un’azione chimica determinata da forte effetto caustico che va a danneggiare i pistilli e le antere prevenendo la fertilizzazione del fiore (Janoudi e Flore., 2005). In alcuni studi è stato dimostrato come il livello di diradamento prodotto con una dose di 3% di ATS sia molto vicino a quello raggiunto attraverso il diradamento manuale, producendo un livello di qualità dei frutti simile tra loro (Kaçal et al., 2019).

Il polisolfuro di calcio è un prodotto che è utilizzato in agricoltura biologica per la mitigazione di organismi patogeni, come funghi, insetti e acari, ma è stato visto che quando veniva distribuito provocava una riduzione dei fiori allegati e, con questo scopo, ne è stato permesso l’utilizzo in frutteti biologici di diversi paesi europei (Hampson et al., 2011) A differenza del precedente diradante che agisce sugli organi del fiore, questo agisce sul polline impedendogli di svilupparsi nello stilo. Questo prodotto agisce anche come inibitore fotosintetico e per questo contribuisce ad un’azione di diradamento passivo dovuta ad una fase di stress di carbonio (Schupp e Kon, 2019) In alcuni casi viene utilizzato insieme ad oli, come olio di pesce che permette un’ulteriore riduzione della fotosintesi, ma

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16 ha un elevato e costo e provoca cattivi odori, tuttavia ne aumenta l’efficacia aumentando la penetrazione (Hampson et al., 2011).

Per evitare danni ambientali e sulle colture è importante per entrambi i prodotti rispettare i metodi di distribuzione tenendo in considerazione i fattori climatici, in quanto se utilizzati in condizioni di bassa umidità relativa (%UR) e alte temperature la rapida essicazione del prodotto potrebbe limitare la sua efficacia, e lo stadio di sviluppo dei fiori, molto spesso un frutteto presenta fiori con diversi stadi di sviluppo, alcuni in fase avanza e già fertilizzati, altri invece non ancora completamente sviluppati. Si tratta di prodotti sui quali è ancora importante effettuare adeguati studi per conoscere al meglio gli effetti (Janoudi et al., 2005).

1.5 Il melo Rotella

Le varietà locali rappresentano, dal punto di vista genetico, una riserva di biodiversità unica. Si tratta di varietà che sono state selezionate localmente e sono caratteristiche perché mantengono qualità di rusticità e resistenza ai diversi patogeni. Le varietà locali sono particolarmente apprezzate dai consumatori per il loro sapore tipico, probabilmente ottenuto anche per effetto di una gestione ecologica delle cultivar e per la bassa distribuzione di prodotti fitosanitari (Pereira-Lorenzo et al., 2009). La Toscana è una delle regioni italiane con una elevata sensibilità per quanto riguarda il mantenimento e la conservazione della biodiversità animale e vegetale, ed è stata la prima regione che, attraverso dei provvedimenti legge (legge n°50 del 1997), ha incentivato la coltivazione degli antichi alberi da frutto in situ, proprio per mantenere la loro specificità produttiva (Fideghelli, 2016). La presenza di varietà locali determina un maggiore livello di biodiversità all’interno delle coltivazioni e permette una gestione con metodi biologici in quanto essi mostrano una maggior efficacia nel conferire resistenza e resilienza ad eventuali condizioni di stress biotiche e abiotiche. Tuttavia, nel corso degli anni, si è verificata una decisa diminuzione di biodiversità. Si è spesso scelto di sostituire le varietà locali con varietà più commerciali: in Italia infatti il 70% della produzione di mele deriva dal gruppo delle Golden (Bartolini et al., 2015; Lo Piccolo et al., 2019).

Il melo ‘Rotella’ è una varietà molto antica selezionata in Lunigiana. La sua diffusione interessa tutto il territorio lunigianese, dal comune di Casola fino a quello di Zeri, anche se si trova diffusa per lo più nel comune di Fivizzano dove spicca per quantità e qualità del prodotto. Si parla di questo frutto nel ‘’doppio lunario’’ biennale storico economico e letterario della Lunigiana, che nel 1779-1780

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17 scrive di queste mele che si mantengono fino all’estate e che vengono commercializzate anche all’estero. Il frutto è di pezzatura medio-piccola, tondo e leggermente schiacciato, come una ‘’piccola ruota’’, è di colore verde durante la fase di maturazione e assume un colore giallo o verde con presenza di molte striature rosse a maturazione raggiunta (Figura 5). Viene raccolto a partire dalla metà di ottobre (maturazione invernale) ma per il suo consumo è necessario attendere altri due mesi; infatti, storicamente veniva conservato in cantina, avvolto nella paglia senza l’aggiunta di additivi e veniva consumato dal periodo natalizio fino a primavera inoltrata. Il sapore è acidulo, ma molto particolare, il profumo è intenso e solitamente presenta una polpa bianca e compatta. La mela Rotella è consumata sotto diverse forme: fresca, trasformata in succhi o aceto di mele o, come vuole la tradizione, cotta. Recenti studi hanno evidenziato alcune caratteristiche nutraceutiche del frutto dimostrando come il livello di fenoli e antiossidanti sia molto più elevato rispetto alle altre varietà commerciali (Lo Piccolo et al., 2019).

Figura 5 - Alcuni frutti maturi di melo Rotella.

Nel primo dopoguerra la produzione di mele Rotella raggiungeva i 10.000 quintali annui, queste venivano esportate soprattutto in Austria, dove venivano cotte sulle tipiche stufe in ghisa. Questo utilizzo tende a cambiare già nel secondo dopo guerra quando l’importante esodo umano che ha coinvolto le zone rurali, Lunigiana compresa, causa una forte riduzione nell’interesse verso questa coltura. Intorno la fine degli anni ’80 l’Ente Toscano di Sviluppo Agricolo e Forestale decide di incentivare la coltivazione di varietà a rischio tra cui viene inclusa la mela Rotella. Sono state in quell’occasione identificate le piante che hanno mantenuto le caratteristiche originarie e caratteristiche della varietà e ne sono state prodotte di nuove per la realizzazione di nuovi frutteti specializzati. Sull’onda di questa iniziativa alcune aziende hanno scelto di intraprendere questa strada

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18 realizzando impianti specializzati nei quali questa varietà veniva considerata come la principale varietà in produzione. Tradizionalmente, il melo Rotella veniva coltivato in modo promiscuo, tra vigneti, oliveti, castagneti, seminativi o nei ‘ronchi’, parola dialettale che indica prati scoscesi di difficile lavorazione. Si tratta tuttavia di una pianta che si adatta poco all’allevamento, dunque risulta difficile la stabilizzazione della produzione. Di anno in anno le produzioni variano ed è possibile ottenere quantitativi significativi solo ad annate alterne. La produzione annua si orienta intorno ai 220 q. Inoltre, non è ad oggi conosciuto il suo impollinatore anche se nella realtà lunigianese, caratterizzata dalla presenza di molte varietà di melo in coltivazione e di molte specie di melo selvatico nei boschi, non sono registrati problemi di allegagione. Essendo una varietà rustica è molto resistente alla ticchiolatura, fungo che infetta le foglie della pianta e quindi diminuisce l’efficacia della fotosintesi, ha una buona adattabilità alla coltivazione biologica, dopo due anni di messa a dimora il terreno non viene più lavorato e viene fatto crescere il prato. Su questi terreni la pianta si è adattata nei secoli e il prodotto caratteristico è il risultato di un profondo legame con il territorio (http://www.terraditoscana.com/default.aspx?lpg=cucina_prodotti&obj=verdura_melarotella https://www.rural.it/associazione-mela-rotella-2/).

Per effetto della morfologia per lo più collinare/montana che distingue il territorio lunigianese le coltivazioni arboree non hanno rappresentato una forte attrattiva per il territorio (Berti, 2005) eppure un gruppo di agricoltori locali, ha deciso di investire su questa coltura fondando nel 2014 l’associazione Mela Rotella, con l’obiettivo di mantenere elevato l’interesse per questa coltura autoctona e caratteristica per il territorio sia dal punto di vista agricolo, ma anche paesaggistico e sociale (https://www.rural.it/associazione-mela-rotella-2/). Una delle fondatrici di questa associazione è la dott.ssa Francesca Chinca proprietaria dell’azienda dove ho condotto le ricerche per la presente tesi di laurea magistrale.

1.6 Scopo della tesi

In questo studio si valuterà l’efficacia dell’impollinazione della varietà di melo Rotella, di cui al momento non sono noti gli impollinatori, con le varietà Royal Gala, Fuji, Granny Smith, Golden Delicious, Imperatore e un melo da fiore, presente nell’azienda che ha ospitato le prove. Inoltre, sarà valutata l’efficacia del diradamento chimico effettuato per mezzo dei prodotti tiosolfato di ammonio (ATS) e polisolfuro di calcio (CaSx) messi in relazione con piante non diradate. La scelta di confrontare l’efficacia diradante di questi due prodotti è dovuta al fatto che il primo è attualmente utilizzato

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19 nell’azienda in cui è stato condotto lo studio per contenere l’allegagione eccessiva del melo Rotella, mentre il polisolfuro di calcio è stato preso in considerazione poiché si tratta dell’unica molecola diradante utilizzabile anche in frutticoltura biologica.

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20

2.

Materiali e Metodi

2.1 Descrizione dell’azienda

Le prove sono state svolte, nella primavera del 2019, in Lunigiana, a S. Terenzo Monti (MS), presso l’Azienda Agricola “Il melo” di Francesca Chinca. L’Azienda, situata a 180 m slm, si estende su circa 7 ha e produce, in agricoltura integrata, molte varietà di mele di origine genetica sia locale che non: ‘Rotella’, oggetto del presente studio, ‘Golden Delicious’, ‘Granny Smith’, ‘Stark’, ‘Royal Gala’, ‘Fuji’, ‘Imperatore’ e ‘Annurca’.

Le prove di impollinazione effettuate hanno previsto la valutazione, come impollinatore, anche di un melo da fiore per il quale non è stato possibile individuare la specie di appartenenza. Questa pianta appartiene verosimilmente al gruppo delle ‘crabapples’ (Malus spp.) che sono ampiamente coltivate ed utilizzate come pianta ornamentali, sfruttando la loro abbondante e scenica fioritura, e talvolta inserite nei meleti con lo scopo di contribuire all’impollinazione delle varietà commerciali (Klett e Cox, 2008). La pianta in questione presenta foglie color amaranto durante la fase di fioritura (fase 63 della scala BBCH), petali inizialmente di colore rosso (fase 59 scala BBCH) che all’apertura del fiore assumono un colore rosa. I frutti a maturazione si presentano piccoli, con un lungo peduncolo, di piccola dimensione (massimo 3 cm di diametro) e di colore giallo che in alcuni casi vira al rosso (Figura 6).

Figura 6 Immagini di Melo da fiore utilizzato in questo studio. Sulla sinistra una foto che mostra la fase di fioritura con fiori a differenti stadi di sviluppo e a destra sono visibili i frutti.

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21 Gli impianti di melo Rotella sono stati posti a dimora negli anni 1989, 1995 e 2002, su portinnesti M9, M26 e M106. Il materiale genetico utilizzato per l’impianto è stato reperito presso la stessa azienda in un campo-collezione di meli Rotella allestito dal Prof. Fiorino, dell’Università degli Studi di Firenze, negli anni ‘80. La scelta della pianta da propagare è ricaduta su una pianta derivante da un vecchio melo presente presso la stessa Azienda Chinca. Le piante sono allevate a fuso con un sesto d’impianto di 1m x 3,8m (portinnesto M9) o 2,5m x 4m (portinnesto M26). Non è presente l’impianto di irrigazione e l’interfilare è mantenuto inerbito con un prato spontaneo.

2.2 Temperatura e precipitazioni

La Lunigiana è situata nella zona settentrionale della Toscana, nella provincia di Massa Carrara. Questa porzione di territorio confina con la provincia di Lucca a sud, con la provincia di La Spezia a sud-ovest e con le province di Reggio Emilia e Parma, rispettivamente a ovest e nord-est. Il clima lunigianese è condizionato dalla sua caratteristica posizione in quanto si tratta di una zona circondata da rilievi dell’Appennino Tosco Emiliano, nella parte nord-occidentale da sud si affacciano le appendici della Alpi Apuane, mentre dalla parte sud ovest, viene delimitata dai promontori dell’Appennino Ligure, impedendo il diretto sbocco sul mare. Questa morfologia caratteristica ne determina la formazione di diversi microclimi, a loro volta suddivisi in fasce climatiche, determinate dalla loro distanza dal mare, dell’altitudine e dall’esposizione. La fascia intermedia, collinare, è quella che al di sotto delle caratteristiche climatiche propone climi miti, ma comunque caratterizzati da differenze maggiori, in quanto si hanno delle mitigazioni grazie a correnti provenienti dal mare e dall’esposizione verso sud di alcune zone, non risultano rilevanti le escursioni termiche per effetto di formazione di sacche stagnanti. Mentre, la fascia montana interna propone un clima più rigido, determinato anche da un’elevata escursione termica. Per quanto riguarda le precipitazioni possiamo notare l’elevata piovosità caratteristica delle zone dei rilievi, per cui, nelle aree di massima piovosità si raggiungono nel trentennio medie annue comprese tra i 1.800 e i 2.000 mm di pioggia, con massimi registrati a 2.434 mm e mai inferiori a 1400 mm. Si possono contare giorni di pioggia medi annui intorno a i 101-111. Le zone di massima piovosità si hanno in tutte e tre le fasce, costiera, intermedia e montana interna, due punte di massima in ottobre e novembre, mentre quella di minore intensità in genere si ha in maggio. Nelle zone dell’alta val di Magra si vedono prolungare le precipitazioni anche nei mesi di dicembre e gennaio e in alcuni casi anche caratterizzate da precipitazioni nevose. Nel grafico sotto riportato è visibile l’andamento termo pluviometrico calcolato su dati raccolti dalla

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22 stazione metereologica di Tendola (362m slm) nell’arco di tempo 2014 – 2019, è evidente come i picchi di precipitazione si hanno nei mesi tra ottobre e febbraio, con un periodo di ritorno delle precipitazioni in maggio (Figura 7) (AVV, 2005).

Figura 7 - Grafico termo-pluviometrico con i valori medi degli anni 2014-2019 della stazione metereologica di Tendola, comune di Fosdinovo (MS).

Per individuare eventuali anomalie che possono aver influenzato il periodo di allegagione, sono stati presi in considerazione i dati metereologici, in quanto un aspetto determinante ai fini dell’allegagione sono le condizioni climatiche.

I dati relativi alle precipitazioni registrate dalla stazione meteorologica di Tendola, comune di Fosdinovo (MS) sono riportati nella seguente Tabella 1.

0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0

Grafico termo-pluviometrico 2014-2019

Precipitazioni Temperatura

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23

Tabella 1 - Precipitazioni registrate negli anni 2009-2014 dalla stazione metereologica di Tendola (Fosdinovo - MS) (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=2&IDSS=6). 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 Media Gennaio 11,48 5,08 4,81 1,86 7,79 23,22 4,52 6,87 2,23 2,27 1,66 7,18 Febbraio 5,69 6,92 5,51 1,98 4,21 14,70 4,89 10,53 8,23 4,06 5,71 7,24 Marzo 10,01 2,09 5,73 1,50 5,49 4,31 1,49 2,30 2,43 9,00 1,47 4,58 Aprile 4,31 2,24 1,12 8,69 4,13 1,71 2,53 1,20 2,01 4,33 6,47 3,87 Maggio 0,41 8,32 0,18 2,4 3,86 2,85 1,83 4,65 2,94 3,56 5,29 3,63 Giugno 1,86 8,73 0,54 0,42 1 1,95 1,02 4,84 1,85 1,5 0,26 2,40 Luglio 0,85 3,27 1,21 0,1 0,53 6,13 0,36 0,33 0,31 1,12 4,09 1,83 Agosto 2,35 3,39 0,26 0,86 1,75 1,8 7 2,05 0,19 1,24 1,12 2,20 Settembre 3,68 8,57 4,77 1,45 4,4 1,63 2,06 1,4 5,01 1,03 1,46 3,55 Ottobre 4,57 6,56 4,69 5,68 6,05 6,58 7,84 4,23 0,32 4,75 7,2 5,85 Novembre 4,51 17,66 3,54 14,15 6,44 22,08 0,49 7,31 3,86 5,56 8,56 Dicembre 17,16 10,34 6,2 6,22 0 2,8 0,42 0,21 14,58 3,44 6,14 Media 5,57 6,93 3,21 3,78 3,80 7,48 2,87 3,83 3,66 3,49 2,89

Le precipitazioni registrate tra settembre 2018 e maggio 2019, mostrano un andamento in media con il periodo, anche se, nei mesi di settembre e marzo sono state registrate precipitazioni poco al di sotto della media, ciononostante in questo arco di tempo non sono evidenti precipitazioni più abbondanti della media. Si tratta di valori che nell’arco degli anni tendono a variare molto.

In Tabella 2 sono stati riportati i valori delle temperature medie mensili registrate negli anni 2014-2019; i dati evidenziano come nel mese di aprile 2019 e maggio 2019 siano state registrate temperature medie più fredde rispetto alla media, mentre i mesi di ottobre 2018 e giugno 2019 sono stati caratterizzati da una temperatura media maggiore rispetto a quelle relative agli anni precedenti.

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Tabella 2 - Temperature medie mensili registrate negli anni 2014 – 2019 dalla stazione metereologica di Tendola (Fosdinovo - MS) (http://www.sir.toscana.it/index.php?IDS=2&IDSS=6).

2014 2015 2016 2017 2018 2019 Media Gennaio 7,55 6,97 6,85 4,44 8,02 4,99 6,47 Febbraio 8,11 6,19 7,55 8,23 3,88 8,46 7,07 Marzo 10,41 9,86 8,94 11,29 7,13 10,38 9,67 Aprile 12,99 12,37 13,17 12,31 14,38 11,48 12,78 Maggio 14,81 16,28 14,48 15,96 16,16 12,50 15,03 Giugno 19,97 20,82 18,33 20,72 19,43 21,06 20,05 Luglio 20,06 24,71 21,89 21,88 22,18 22,56 22,21 Agosto 19,94 22,87 21,73 23,50 23,39 22,37 22,30 Settembre 18,68 17,63 19,53 16,52 19,54 18,96 18,47 Ottobre 15,87 13,60 13,53 14,65 16,05 15,39 14,85 Novembre 11,97 10,82 10,06 9,39 10,52 10,55 Dicembre 8,10 9,26 8,00 6,02 7,53 7,78 Media 14,04 14,28 13,67 13,74 14,02 14,82 2.3 Impollinazione manuale

Per le prove di impollinazione sono stati selezionati, su 18 piante, alcuni corimbi allo stadio di bottoni fiorali (stadio 57 della scala fenologica BBCH). Le infiorescenze sono state racchiuse, in data 09/04/2019, all’interno di sacchetti di carta bianchi. Il 17/04/2019, durante la piena fioritura dei corimbi, si è proceduto all’impollinazione manuale delle infiorescenze, mediante i fiori delle varietà impollinatrici individuate (vedi sotto) che erano stati subito prima raccolti.

La prova di impollinazione manuale si è svolta in quattro fasi: • selezione e insacchettamento dei corimbi;

• impollinazione manuale dei fiori;

• raccolta dei pistilli impollinati e verifica dell’accrescimento dei tubetti pollinici in vivo in laboratorio;

• verifica dell’allegagione in campo.

Selezione e insacchettamento dei corimbi

In data 09/04/2019 sono stati selezionati alcuni corimbi allo stadio di bottoni fiorali (con i fiori ancora chiusi, stadio 57 della scala BBCH) che sono stati racchiusi all’interno di sacchetti di carta bianca in modo che questi non venissero in contatto con altri pollini durante il periodo di antesi

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25 (Figura 8). I corimbi sono stati selezionati e opportunamente cartellinati su diverse piante in differenti aree dell’azienda.

Figura 8 - Foto dei bottoni fiorali corrispondente allo stadio 57 della scala BBCH (a sinistra) e di una pianta (a destra) di melo Rotella con un ramo insacchettato contenente fiori nella fase di bottoni fiorali.

Impollinazione manuale di fiori

La seconda fase, consistente nell’impollinazione manuale dei fiori, è stata effettuata il 17/04/2019 durante la fase di piena fioritura (stadio 65 della scala BBCH), simulando quanto avviene in natura, quando in questa fase sullo stigma dei fiori arriva polline estraneo alla varietà. I fiori di 6 varietà impollinatrici, raccolti immediatamente prima in azienda e racchiusi in sacchi di carta, sono stati utilizzati per fecondare i fiori precedentemente selezionati come descritto nella fase 1. Per effettuare la fecondazione (fecondazione attiva) si è proceduto a posizionare il polline sugli stigmi di Rotella, utilizzando direttamente i fiori delle varietà impollinatrici. Subito dopo l’impollinazione manuale i sacchetti di carta sono stati nuovamente chiusi. Come controllo, alcuni corimbi sono stati lasciati privi di sacchetto per valutare la libera impollinazione e altri non sono stati impollinati, al fine di valutare la loro attitudine all’autofecondazione.

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26 Le varietà impollinatrici utilizzate sono state: ‘Fuji’, ‘Golden Delicious’, ‘Granny Smith’, ‘Imperatore’, ‘Royal Gala’ e ‘Melo da fiore’.

I pistilli diversamente impollinati sono stati in parte analizzati in laboratorio, e in parte mantenuti fino all’epoca di raccolta.

Raccolta e analisi in vivo dei pistilli in laboratorio

I pistilli sono stati campionati 6 giorni dopo l’impollinazione manuale, in data 23/04/2019. Da ogni corimbo sono stati prelevati almeno 3 fiori i cui pistilli sono stati fissati nella soluzione di Kano (Polito e Pimienta, 1982) costituita da etanolo (96°) e acido acetico glaciale (v/v 3:1), e conservati in frigorifero (+4 °C). Successivamente sono stati sottoposti ai seguenti passaggi (Martin 1990): lavaggio in acqua corrente; ammorbidimento dei tessuti con passaggio in NaOH 8N (12 ore); lavaggio in acqua corrente; colorazione con Anilina Blu allo 0,1% (12ore). Attraverso le analisi del polline “in vivo” è stato possibile osservare lo sviluppo del polline all’interno dello stilo. Secondo questa metodologia l’Anilina, reagendo con il callosio presente sul polline, produce fluorescenza permettendo di seguire la germinazione del polline sullo stigma e il successivo sviluppo del tubetto pollinico lungo lo stilo, fino alla cavità ovarica, come schematizzato in Figura 9.

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27 Ogni pistillo è stato suddiviso in stili e ovario e osservati separatamente. I campioni sono stati disposti su vetrini porta oggetti, umettati con la soluzione di anilina blu, pressati con il posizionamento del vetrino copri-oggetto e osservati al microscopio ottico Nikon Fluophot, corredato di camera digitale Olimpus C-2000z. Questo procedimento è stato utilizzato per la visualizzazione di ovari e stili, debitamente separati (Figura 10).

Figura 10 - Foto di alcuni stili, appartenenti ai pistilli raccolti, posizionati su un vetrino portaoggetti.

Verifica dell’allegagione in campo

La fase conclusiva delle prove in campo è avvenuta il 10/06/2019, quando sono stati raccolti e conteggiati i frutticini allegati per ogni corimbo (stadio 74 della scala BBCH). Questi sono stati raccolti ad una grandezza di circa 3-5 cm di diametro. I frutti sono stati successivamente sezionati per determinare se il loro sviluppo fosse stato determinato in seguito a regolare fecondazione, oppure da uno sviluppo per partenocarpia.

2.4 Diradamento chimico

Per queste prove sono stati utilizzati due prodotti chimici con effetto diradante: tiosolfato di ammonio e polisolfuro di calcio.

Le prove di diradamento chimico si sono svolte in due fasi:

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28 • valutazione in campo dell’effetto del diradamento chimico.

Selezione delle piante, dei corimbi e trattamento chimico

In data 18/04/2019, nella fase di sfioritura del fiore centrale, corrispondente allo stadio 65 della scala BBCH, sono state selezionate tre gruppi di piante, due delle quali destinate alle prove di diradamento con i rispettivi prodotti, mentre, un gruppo è stato individuato come gruppo di controllo sul quale non è stato distribuito nessun prodotto. Su ogni pianta sono stati selezionati e cartellinati alcuni corimbi da trattare e ne è stato contato il numero dei fiori presenti. Un gruppo di piante è stato irrorato con una soluzione di polisolfuro di calcio (CaSx) alla concentrazione di 2%, un secondo gruppo con tiosolfato di ammonio (ATS) al 2%, mentre il gruppo di controllo è stato irrorato con acqua. Per la prova con CaSx sono stati selezionati 23 corimbi, mentre per la prova con ATS ne sono stati selezionati 35, in entrambi i casi erano presenti 3 fiori in media per corimbo. Il trattamento chimico è stato effettuato nelle ore serali in assenza di vento con le adeguate protezioni individuali per gli operatori (Figura 11).

Valutazione in campo dell’effetto del diradamento chimico

Il controllo sull’efficacia del trattamento diradante è stato effettuato, in data 22/05/2019, procedendo con il conteggio dei frutti allegati per ogni corimbo selezionato nella fase precedente.

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Figura 11 – Foto di un corimbo di mela Rotella durante il trattamento con diradante chimico. Si noti la presenza contemporanea di fiori a diverso stadio di sviluppo sullo stesso corimbo.

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3. Risultati e discussione

3.1 Osservazioni di laboratorio in vivo

Le verifiche effettuate in laboratorio, relative allo sviluppo del tubetto pollinico all’interno degli stili prelevati dai fiori di melo Rotella, hanno mostrato risultati differenti per le diverse tesi testate. Per ogni tesi testata sono state analizzate un numero differente di repliche, da 7 a 25.

In generale è stata osservata una germinabilità del polline abbastanza scarsa, probabilmente a seguito delle particolari condizioni climatiche che si sono verificate nella fase finale della microsporogenesi con la formazione di granuli pollinici non perfettamente conformati (Laser e Lersten, 1972).

Nonostante la scarsa presenza di polline sugli stigmi l’osservazione al microscopio degli stili provenienti da fiori liberamente impollinati evidenzia un abbondante sviluppo di tubetti pollinici. Questi percorrono tutto il canale stilare raggiungendo in modo evidente l’ovario. In alcuni campioni raccolti è visibile la presenza del tubetto pollinico in zona micropilare (Figura 12).

Figura 12 - Foto al microscopio della zona micropilare di un pistillo prelevato da un fiore di melo Rotella liberamente impollinato in cui è evidente la presenza del tubetto pollinico dentro l’ovulo, in zona micropilare.

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31 Al contrario del caso precedente, gli stili provenienti dai fiori autoimpollinati non mostrano alcuna germinazione dei granuli pollinici ben visibili sullo stigma (Figura 13). Non è presente nessuna traccia del tubetto pollinico lungo lo stilo.

Figura 13- Foto al microscopio di un pistillo prelevato da un fiore di melo Rotella autoimpollinato. Si possono osservare i granuli di polline fermi sullo stigma senza che mostrino germinazione.

In seguito all’impollinazione controllata utilizzando le varietà impollinatrici si evidenzia un quadro ben differenziato. Gli stili impollinati con la varietà Granny Smith mostrano uno sviluppo significativo del polline con i tubetti ben visibili fino a 3/4 - 4/4 dello stilo. In alcuni casi l’analisi dell’ovario ha permesso di individuare la presenza del tubetto pollinico a livello degli ovuli.

Nei fiori impollinati con la varietà Golden delicious lo sviluppo del polline è medio-basso. Nessun tubetto arriva alla fine dello stilo e pochi raggiungono uno sviluppo che oltrepassa la metà dello stilo (Figura 14).

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Figura 14 - Sviluppo di due tubetti pollinici sviluppatesi fino a 3/4 dello stilo di mela Rotella impollinata con la varietà Golden delicious.

I pistilli impollinati con Royal Gala mostrano la formazione del tubetto pollinico che arriva a metà dello stilo con formazione di PLUG, ossia un ispessimento del tubetto pollinico dovuto ad un’eccessiva deposizione di callosio, che impedisce il completo sviluppo (Ünal et al., 2013). In questo caso specifico la formazione di plug è associata alla reazione da incompatibilità gametofitica (GSI). Una situazione analoga si verifica con il polline del Melo da fiore. In questa combinazione si individuano molti granuli non germinati sullo stigma ed anche un’intensa fluorescenza degli ovuli che sta a denotare una precoce degenerazione (Figura 15).

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Figura 15 - Visibili formazioni di PLUG del polline (a sinistra) e degenerazione degli ovuli (a destra) in stili di mela Rotella impollinati con la varietà Melo da fiore.

Nell’impollinazione con la varietà Imperatore le analisi hanno mostrato una estrema eterogeneità di risposta, trovando pistilli con un’abbondante germinazione del polline sullo stigma, ma un basso sviluppo del tubetto pollinico, mentre altri invece non mostrano segni di germinazione (Figura 16). Tuttavia, vi sono casi in cui un tubetto pollinico ha raggiunto l’ovario.

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Figura 16 - Abbondante sviluppo di tubetti pollinici di polline proveniente dalla varietà Imperatore. Si noti che in alcuni casi questi rimangono fermi sullo stigma, senza germinare.

Infine, dall’impollinazione con la varietà Fuji, evidenzia uno sviluppo massivo tubetti che sembra bloccarsi a metà dello stilo, tanto da ipotizzare l’esclusione del raggiungimento dell’ovario (Figura 17). Tuttavia, dall’osservazione degli ovari, è possibile individuare in un caso l’arrivo di un tubetto pollinico.

Figura 17 - Sviluppo del tubetto pollinico, indicato con la freccia rossa, parallelo ad un fascio xilematico indicato dalla freccia blu. Campione proveniente da impollinazione della mela Rotella con la varietà Fuji.

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35 Nella Figura 18 è riportato lo sviluppo dei tubetti pollinici analizzati in laboratorio. Nel grafico è visibile come i granuli pollinici provenienti dalle diverse varietà impollinatrici abbiano prodotto un comportamento diverso all’interno dello stilo. Il comportamento molto eterogeneo registrato potrebbe essere dovuto a diversi fattori, che possono aver condizionato la germinazione e lo sviluppo del polline, quali i fattori climatico-ambientali e la di capacità trofica della pianta, poiché lo sviluppo del polline dipende anche dal tessuto materno circostante (Losada et al., 2014).

Figura 18 - Sviluppo medio del tubetto pollinico del polline distribuito su fiori di melo Rotella impollinato con le varietà indicate in ascisse. Ogni valore è la media di 7-25 repliche (± deviazione standard). Lettere diverse indicano differenze statisticamente significative comparate con il test della differenza minima significativa (LSD; P=0,05) a seguito dell’ANOVA ad una via.

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36 Analizzando il grafico appare evidente come nel caso dell’autoimpollinazione la percentuale di sviluppo sia equivalente a zero, ciò significa che nei pistilli autoimpollinati non vi è mai sviluppo di tubetto pollinico, mentre per la libera impollinazione la percentuale di sviluppo è del 100%, questo significa che la maggior parte dei granuli pollinici che hanno raggiunto lo stigma si sono sviluppati lungo tutto stilo arrivando alla base dello stesso. Il risultato più scarso è rappresentato dall’impollinazione con la varietà Imperatore che mostra una percentuale di sviluppo intorno al 10%. Golden Delicious e Melo da fiore mostrano valori simili tra loro, con una percentuale compresa tra il 25 il 36%, con una maggiore variabilità in Golden Delicious. Fuji e Royal Gala mostrano dei valori tra il 55 e il 70%. Granny Smith evidenzia una percentuale di sviluppo medio del tubetto pollinico del 77,5% con una variazione di alcuni valori che si avvicinano a quelli della libera impollinazione.

La capacità dei tubetti pollinici a raggiungere la cavità ovarica sta a denotare una mancanza di incompatibilità gametofitica propriamente detta che si dovrebbe rendere evidente dall’interruzione della crescita dei tubetti a diversi livelli dello stilo. In condizioni di incompatibilità gametofitica lo sviluppo del granulo pollinico tende a bloccarsi a circa un quarto della lunghezza dello stilo con conseguente caduta del fiore non allegato , salvo casi di partenocarpia (Sansavini et al., 2001).

3.2 Valutazione dell’allegagione in campo

In Tabella 3 sono riportati, per ogni tesi di impollinazione manuale, i dati relativi alla percentuale di allegagione ottenuta da ogni combinazione.

La valutazione effettuata si è basata sull’osservazione diretta in campo dei frutti allegati. Su un totale di 49 corimbi impollinati sono stati prodotti 13 frutti, considerando una media di 3 fiori per corimbo per un totale ipotetico di 147 fiori la percentuale totale di allegagione è risultata molto bassa, ossia l’8,84%. I corimbi autoimpollinati e quelli impollinati con la varietà Granny Smith non riportano nessun frutto, riscontrando una percentuale di allegagione dello 0%. Al momento della valutazione in campo una volta aperti i sacchetti in cui erano chiusi i campioni sono stati visualizzati fiori ancora attaccati alla pianta in uno stato necrotico (Figura 19).

I campioni impollinati con varietà Imperatore riportano una percentuale di allegagione del 4,76%, Golden Delicious del 5,5%, Fuji dell’8,3% (Figura 20), Royal Gala del 9,52%, melo da fiore

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37 l’11,11%, mentre i campioni lasciati a libera impollinazione registrano il più alto livello di allegagione, equivalente al 40%.

Tabella 3 – Percentuale di impollinazione ottenuta dalle diverse combinazioni di impollinatori su Mela Rotella. Impollinatore Percentuale di allegagione

Autoimpollinazione 0% Granny Smith 0% Imperatore 4,76% Golden delicious 5,5% Fuji 8,3% Royal Gala 9,52% Melo da fiore 11,11% Impollinazione libera 40%

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Figura 20 - Frutti di mela Rotella ottenuti attraverso l'impollinazione manuale con polline della varietà Fuji.

I frutti allegati sono stati sezionati per verificare se la loro formazione fosse dovuta al processo di fecondazione, oppure, se fosse un fenomeno di partenocarpia, ovvero, capacità di produrre, senza fecondazione, frutti in apparenza normali ma privi di semi.

I frutti si sono formati solo dall’impollinazione con Fuji, Golden Delicious, Royal Gala, Melo da fiore, Imperatore e impollinazione libera; in tutti questi casi, con la sezione dei frutticini è stata riscontrata la presenza di semi con l’esclusione di un unico frutto partenocarpico ottenuto nella combinazione con la varietà Imperatore (Figura 21).

Figura 21 - Sezione di due frutti di melo Rotella raccolti in campo. Sulla destra frutti derivanti dall’impollinazione con Fuji, sulla sinistra un frutto ottenuto per effetto di partenocarpia prodotto dall’impollinazione con Imperatore.

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39 Le analisi di libera impollinazione realizzate sia laboratorio che in campo, confermano la validità dell’apporto di polline di diverse varietà riportando buoni risultati in entrambi i casi. Al contrario, le prove di autoimpollinazione dimostrerebbero che la Rotella sia autoincompatibile, come si rivela in entrambe le prove, in cui non è stato evidenziato sviluppo di polline sullo stigma, né presenza di frutti sulla pianta. Per quanto riguarda invece tutte le altre varietà saggiate in campo sono stati ottenuti valori in alcuni casi contrastanti rispetto ai dati visualizzati in laboratorio. Le analisi effettuate con Fuji e Golden Delicious hanno prodotto risultati positivi, per entrambe le prove, Granny Smith ha mostrato i risultati migliori nelle misure effettuate in laboratorio, mentre in campo non è stata evidenziata allegagione di nessun fiore. Per spiegare questa condizione, si possono formulare diverse ipotesi: la possibilità di un fenomeno di incompatibilità ovarica, l’influenza di alcuni parametri climatici che potrebbero aver influenzato la vitalità degli ovuli e del tubetto pollinico, in quanto temperature sotto i 10 °C o sopra i 20 °C potrebbero condizionare negativamente lo sviluppo del polline, (Iordache e Coroianu 2013) oppure la possibilità che gli ovuli fossero in fase di degenerazione, ossia non più in grado di accogliere il gamete maschile, per cui il tubetto pollinico una volta raggiunto la zona dell’ovario non è stato in grado di fecondarlo.

In laboratorio Royal Gala ha mostrato un buon sviluppo di tubetti pollinici, differentemente dalle prove ottenute con il melo da fiore. Dalle analisi in vivo del polline in entrambi i casi, sono state individuate formazione di plug, ossia caratteristica associata alla presenza di un’incompatibilità gametofitica propriamente detta. Tuttavia, il blocco dello sviluppo dei tubetti pollinici a livelli differenti lungo lo stilo e l’origine di frutti completi permette di escludere questa ipotesi. Tale condizione, piuttosto, potrebbe suggerire ulteriori cause, ossia la ridotta disponibilità trofica da parte della pianta per garantire la formazione del tubetto pollinico (Hormaza e Herrero, 1996) oppure la ridotta densità di granuli pollinici sullo stigma che hanno limitato lo sviluppo del polline (Giulivo e Ramina, 1974). Pertanto, è possibile intuire che in condizioni favorevoli queste varietà possono essere considerate impollinatori per la mela Rotella.

Infine, la varietà Imperatore ha fornito i risultati più negativi dalle analisi di laboratorio mostrando una bassa germinazione del polline ed in campo ha prodotto un solo frutto partenocarpico. La partenocarpia è una caratteristica sviluppata nel melo e può manifestarsi quando nel periodo di fioritura avvengono cattive condizioni climatiche in cui viene impedita o ridotta la presenza di un impollinatore, oppure in casi in cui l’impollinazione non porta a buon fine lo sviluppo del tubetto pollinico, ma tuttavia stimola la formazione del frutto.

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