• Non ci sono risultati.

Malattie trasmesse da vettori: ricerca di alcuni agenti batterici e protozoari in gatti di colonia e cani di canile nel territorio di Bologna e Rimini.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Malattie trasmesse da vettori: ricerca di alcuni agenti batterici e protozoari in gatti di colonia e cani di canile nel territorio di Bologna e Rimini."

Copied!
47
0
0

Testo completo

(1)

MALATTIE TRASMESSE DA VETTORI NEL CANE E NEL GATTO

INTRODUZIONE

Partendo con una breve descrizione dei vettori più importanti e delle malattie ad essi correlate, nella prima parte della tesi, si vuole inquadrare il vasto mondo delle infezioni trasmesse da vettori. Si cercherà di elencare brevemente le innumerevoli infezioni descritte in letteratura e di focalizzarsi su quelle di maggior attualità per il loro impatto sociale ed economico.

Si cercherà, inoltre, di affrontare il tema dei possibili cambiamenti nell’incidenza temporale di queste zoonosi e nella diffusione spaziale.

DEFINIZIONE

Si definiscono malattie trasmesse da vettori, l’insieme di affezioni la cui via di trasmissione prevede un organismo in grado di veicolare da un ospite all’altro l’agente patogeno (Pampiglione e Canestri Trotti, 1990). Questa entità viene definita “vettore” ed è rappresentata in buona parte dei casi da un artropode ematofago.

Il risultato di questa complessa interazione tra agente patogeno (virus, batteri, elminti, protozoi), ospite vertebrato, ambiente e artropode vettore da origine alle malattie trasmesse da vettori.

Si parla di stabilità enzootica quando, in zone endemiche, si ha a che fare con malattie sostenute da emoprotozoi (Norval et al. 1992). In questo caso si ha una forte circolazione del patogeno all’interno della popolazione di ospiti vertebrati, grazie ad idonee condizioni ambientali ed una densità del vettore adeguata. In tale situazione, gli ospiti entrano precocemente a contatto con il patogeno, sviluppando un’immunocompetenza che li protegge dalle manifestazioni

(2)

cliniche ma non dall’infezione che così si mantiene presente. Per questo motivo è più corretto parlare di infezioni trasmesse da vettori, in quanto, anche se la malattia non è clinicamente evidente in una popolazione, può essere invece presente l’infezione, con il rischio che modificazioni ambientali di svariata tipologia possano portare ad una comparsa improvvisa della malattia.

In questa tesi verrà quindi impiegato il termine “ infezioni trasmesse da vettori”, mentre in alcuni casi, come per esempio nello stesso titolo, si userà il termine “malattie” con l’intento di richiamare maggiormente l’attenzione sugli aspetti clinici causati da tali infezioni.

CENNI STORICI

L’abilità di alcuni artropodi ematofagi di trasmettere malattie è oggi considerata un’ovvietà ma questa scoperta non è stata per nulla semplice. Il primo lavoro pubblicato risale al 1878, ed è stato attribuito a Sir Patrick Manson che dimostrò che l’elefantiasi causata dal nematode Wuchereria bancrofti era trasmessa dalla zanzara Culex quinuefasciatus.

Più tardi, alla fine del XIX secolo, gli statunitensi Theobald Smith, Fred Kilbourne e Cooper Curtice dimostrarono la capacità della zecca Ixodida Boophilus

annulatus di trasmettere la Texas Cattle Fever (Malone, 1989). Nel giro di pochi

anni seguirono altre scoperte sulle capacità di numerosi artropodi di trasmettere malattie anche in corso di patologie particolarmente diffuse come la malaria o la febbre gialla (Marquardt, 1996).

A discapito dei lavori pubblicati, in realtà l’intuizione che alcuni vettori potessero trasmettere malattie risale a molti anni prima. Purtroppo non vi era stata la possibilità di dimostrarlo scientificamente.

Cosmo Bueno, nel 1764, riportò in un libro che gli abitanti di alcune zone delle Ande peruviane ritenevano che la trasmissione della Leishmania cutanea originasse dalla puntura di un piccolissimo insetto denominato “uta”.

(3)

Naturalmente si è dovuto attendere parecchio tempo prima che ci fossero solide evidenze scientifiche che supportassero questa ipotesi. Nel 1921, un volontario contrasse la Leishmaniosi cutanea dopo essersi fatto inoculare un triturato di flebotomi, mentre nel 1941 il processo di trasmissione di Leishmania

tropica è stato dimostrato attraverso la puntura di flebotomi infettati

sperimentalmente.

LE INFEZIONI TRASMESSE DA VETTORI

In una svariata moltitudine di taxa animali, si è evoluta in modo indipendente l’attitudine a cibarsi di sangue, ed in particolare anche all’interno di un singolo gruppo di insetti, ad esempio i ditteri, è possibile che questo comportamento alimentare si sia sviluppato in modo diverso nelle varie famiglie (Ribeiro, 1996). In questo modo un’altrettanta svariata moltitudine di parassiti (virus, batteri e protozoi) ha sfruttato questa peculiare caratteristica per ricercare un nuovo ospite.

Le infezioni trasmesse da vettori hanno un impatto importante sulla salute umana poiché sono la causa di circa 1 milione di morti ogni anno (Hotez, 2014; WHO, 2016), e la loro importanza in medicina veterinaria, è definita anche nella relazione sempre più stretta che gli animali domestici hanno con gli esseri umani a qualsiasi latitudine e in qualsiasi contesto socio-economico, dai più poveri ai più ricchi (Dantas-Torres e Otranto, 2014).

L'abbondanza di insetti che si nutrono di sangue (ad es. Simulidae,

Ceratopogonidae, Reduviidae, Pulicidae, Culicidae, Psychodidae) e/o aracnidi

vettori (ad es. Argasidae, Ixodidae), le scarse condizioni igieniche, la malnutrizione e l'inquinamento ambientale sono fattori importanti per la trasmissione di queste patologie.

Molte malattie trasmesse da vettori sono zoonosi e possono essere trasmesse dagli animali vertebrati agli esseri umani e viceversa. Queste infezioni sono

(4)

causate da una vasta gamma di virus (ad es. virus del Nilo occidentale, virus dell'encefalite da zecche), batteri (ad esempio, Rickettsia conorii, Rickettsia

rickettsii, Borrelia burgdorferi), protozoi (ad es. Babesia divergens, Babesia microti, Leishmania infantum, Plasmodium knowlesi, Trypanosoma cruzi) ed

elminti (ad es. Dirofilaria immitis, Dirofilaria repens, Onchocerca lupi, Thelazia

callipaeda) (Colwell et al., 2011; Dantas-Torres et al., 2012; Kilpatrick e

Randolph, 2012; Otranto et al., 2013).

Cani e gatti di proprietà o randagi, se non trattati correttamente con endo- ed ectocidi, sono esposti alla trasmissione di agenti patogeni da parte dei vettori e possono diventare reservoir di patogeni (Otranto et al., 2017). Inoltre cani randagi e cani non protetti rappresentano un importante fattore di rischio per la trasmissione di malattie trasmesse da vettori in aree con alta densità vettoriale. È il caso di patogeni come L. infantum, la cui diffusione è in aumento in aree geografiche precedentemente non endemiche, a causa di una gamma complessa di fattori biologici e fattori ambientali (ad es. clima, cane che viaggia con i loro proprietari verso aree endemiche per le vacanze e adozioni dal sud Europa verso al centro e al nord Europa) (Maia e Cardoso, 2015). Inoltre, sempre più casi provocati da agenti infettivi precedentemente sconosciuti (ad esempio, O. lupi) o patogeni emergenti (ad es. D. repens) vengono segnalati nell’ uomo e nei piccoli animali in tutto il mondo (Colwell et al., 2011; Otranto et al., 2013) e il loro controllo è spesso compromesso dalla limitata conoscenza scientifica di questi parassiti. Pertanto conoscere la biologia e l’epidemiologia degli agenti patogeni, dei vettori, degli ospiti e la loro interazione è fondamentale.

(5)

In questo paragrafo verranno presentati in modo succinto i principali artropodi vettori, soffermandosi con più attenzione sui due gruppi che saranno poi oggetto della parte sperimentale: le zecche e i flebotomi.

Zecche

Le zecche sono definite come artropodi ematofagi appartenenti all’ordine Acarina, sub-ordine Ixodida. Nell’arco di ogni stadio evolutivo compiono generalmente un solo pasto di sangue e sono in grado di colpire sia l’uomo sia gli animali.

Oltre all’azione patogena di tipo diretto (tossica, traumatica, allergizzante ed anemizzante), alcune specie di zecche fungono da vettori per un’ampia gamma di agenti patogeni, dagli elminti ai virus.

Questi artropodi sono definiti parassiti obbligati ma temporanei.

Il gruppo delle zecche, che racchiude al proprio interno più di 900 specie, si divide in due grandi famiglie: Argasidae (zecche molli) che parassitano in maggior misura i volatili, e Ixodide (zecche dure) tipicamente riscontrabili nei mammiferi.

La durata dell’intero ciclo vitale può variare da settimane, mesi od anni a seconda della specie ma anche delle condizioni climatiche (soprattutto umidità e temperatura).

Nel ciclo si riconosco quattro stati: dall’uovo che schiude fuoriesce una larva esapode che muta in ninfa e poi in adulto (entrambi gli ultimi due stadi prevedono invece quattro paia di zampe). Come già anticipato, per le mute da larva ad artropode adulto, ogni stadio necessita di almeno un pasto di sangue. La femmina, dopo esser stata fecondata e aver compiuto il pasto di sangue, attraversa una fase definita pre-deposizione. Successivamente, prima di morire, depone le uova in un'unica massa nel terreno.

(6)

A distanza di alcuni giorni dopo la schiusa i tegumenti della larva si chitinizzano e inizia la ricerca di un ospite.

Una volta localizzato l’ospite, la zecca si fissa alla cute grazie all’ipostoma, compie il suo pasto di sangue e muta allo stadio di ninfa.

La fissazione alla cute avviene grazie al movimento degli uncini e quindi alla penetrazione dei cheliceri in una prima fase, poi attraverso la produzione di un secreto da parte delle ghiandole salivari che crea una sorta di cemento lipoproteico attorno all’ipostoma così da ancorare bene l’artropode alla cute (Estrada-Pena e Jongejan, 1999). La zecca viene considerata un ottimo vettore poiché durante il pasto di sangue rilascia secreti salivari contenenti sostanze anestetizzanti, anticoagulanti ed antinfiammatorie in grado di depolimerizzare il collagene. In più, dopo la fase di assunzione segue una fase di rigurgito di una larga parte della quota liquida dovuta alla necessità di mantenere un equilibrio idrostatico (Kaufman, 1989).

Le zecche appartenenti alla famiglia delle Argasidae hanno un ciclo più complesso in cui si riconoscono molteplici stadi ninfali.

Le femmine sono in grado di compiere brevi e ripetuti pasti di sangue e spesso depongono le uova più volte tra un pasto di sangue e l’altro.

Le azioni patogene più importati di questa famiglia sono legate alla capacità di liberare tossine e scatenare reazioni allergiche frequenti in alcune specie. Al momento attuale anche se è stata più volte ipotizzata, la capacità vettoriale delle zecche molli sembra essere di gran lunga inferiore rispetto alle zecche dure.

Flebotomi

Letteralmente il termine Flebotomo significa “tagliatore di vene”. Questi insetti

fanno parte dell’ordine Diptera e famiglia Psychodidae e sono molto conosciuti poiché vettori di Leishmania, ma nella realtà possono veicolare anche alcuni tipi

(7)

di virus tra cui Flavivirus, Phlebovirus e Vesiculovirus, assumendo un ruolo importante per la trasmissione di malattie sia nell’uomo che negli animali domestici (Comer e Tesh, 1991).

Il nome del loro ordine Diptera deriva dal greco “di-pteros” che significa letteralmente “a due ali”. Infatti gli insetti che ne fanno parte sono caratterizzati dall’avere solo le ali anteriori mentre le posteriori si sono modificate in bilancieri, piccoli organi claviformi.

Il termine Psychodidae invece deriva dal greco “Psyche” che significa anima e si riferisce al fatto che durante i frequenti e brevi spostamenti, essendo pessimi volatori e facendosi trasportare dal vento, compaiono e scompaiono come ombre.

Si distinguono poi due sottofamiglie, Psychodidinae e Phlebotominae.

Attualmente i flebotomi identificati a livello internazionale vengono raggruppati in cinque generi: Phlebotomus e Sergentomyia includono quelli isolati nel

Vecchio Mondo; Warileya, Lutzomyia e Brumptomyia quelli presenti in America Centrale e Meridionale (Lewis, 1982).

I flebotomi sono piccoli insetti (2-3 mm), di colore giallo pallido o giallo ruggine, con volo simile a quella delle zanzare. Le ali e il corpo sono rivestiti da una fitta peluria. I maschi sono identificabili, per la maggior parte, dai loro segmenti genitali molto sviluppati. In entrambi i sessi, il corpo forma con il torace e l’addome un angolo quasi retto, caratteristica questa che li rende riconoscibili anche ad occhio nudo.

L’areale geografico popolato dai flebotomi è ampio e comprende varie regioni del globo ma, qualunque sia la latitudine o longitudine, lo sviluppo delle larve terricole richiede un’oscurità quasi completa, una temperatura relativamente costante, un mezzo nutritivo formato da materiale organico e un grado di umidità relativa pressoché vicino alla saturazione. Il ciclo biologico si svolge con una metamorfosi completa, dove la fase preimmaginale presenta uno stadio embrionale di uovo, quattro stadi larvali ed uno pupale. Durante le ore più calde

(8)

della giornata i flebotomi riposano in luoghi relativamente freschi ed umidi quali grotte, cantine, abitazioni, stalle, barbacani, termitai, tane di animali selvatici o anche in crepe nei muri, nel suolo o nelle rocce (Feliciangeli, 2004). I flebotomi sono insetti notturni e cominciano la loro attività al calare del sole con picchi di massima operosità dopo il tramonto (Killick-Kendrick, 2002) ed un’ora prima del sorgere del sole. Nelle regioni temperate gli adulti appaiono durante la stagione calda mentre nelle regioni tropicali, in densità variabile, sono presenti durante tutto l’anno. Tendenzialmente non percorrono grosse distanze dai focolai larvali e sono disturbati da temperature al di sotto della media estiva e dal vento. In Italia vengono anche definiti “pappataci” poiché, nella ricerca dell’ospite, la femmina mostra un comportamento silenzioso, infatti il termine significa letteralmente “pappare in silenzio”. Il volo è di breve durata ed estensione, solitamente poche centinaia di metri, anche se in esperimenti di campo (rilascio e ricattura) la massima distanza riportata è stata di 2,3 km (Killick-Kendrick et

al., 1984).

Entrambi, maschi e femmine, si nutrono di fonti naturali di zucchero come la linfa delle piante o le secrezioni degli afidi. La femmina però necessita di un pasto di sangue per permettere la maturazione delle uova. Sono stati segnalati comunque fenomeni di autogenia che possono instaurarsi in condizioni

sfavorevoli (El Kammah, 1972). Nella maggior parte delle specie, le femmine sono esofaghe (attaccano l’ospite all’esterno) ma possono essere anche esofile (durante il periodo di digestione del pasto di sangue e maturazione delle uova sostano all’esterno). Per questo motivo queste specie difficilmente possono essere controllate mediante l’utilizzo di insetticidi all’interno delle abitazioni.

Zanzare

Le zanzare rappresentano il gruppo d’insetti di maggior interesse sanitario. Queste fanno parte dell’ordine Diptera e famiglia Culicidae. Ben descritto è il

(9)

loro coinvolgimento nella trasmissione di plasmodi malarici (Plasmodium spp.), di arbovirus (delle famiglie Bunyaviridae, Togaviridae e Flaviviridae) e di

numerose specie di nematodi (Wuchereria bancrofti, Brugia spp., Dirofilaria spp. e Setaria spp.).

Alla famiglia delle Culicidae appartengono le sottofamiglie Culicinae e

Anophelinae. Questi insetti hanno colonizzato qualsiasi tipo di ambiente grazie

al loro elevato grado di adattabilità. Esse sono infatti presenti in tutto il mondo, dove si contano oltre 3000 specie, e risiedono in aree dove vi è notevole

disponibilità di acqua, essenziale per la riproduzione.

I culicidi sono contrassegnati da simmetria bilaterale e organizzazione

metamerica. Il corpo, di lunghezza compresa tra i 4 e i 10 mm, è suddiviso in tre regioni: capo, torace e addome. Presentano tre paia di zampe, sottili e lunghe, articolate al torace e composte da femore, tibia e cinque segmenti tarsali. Durante il loro ciclo vitale attraversano gli stadi di sviluppo di uovo, larva, pupa o ninfa ed adulto. La loro crescita è legata alla presenza di acqua, infatti, i primi tre stadi del ciclo biologico (uovo, larva, pupa), che precedono lo sfarfallamento dell’adulto, sono acquatici. Avvenuto lo sfarfallamento, gli adulti acquistano la maturità sessuale in uno o due giorni. Mentre il maschio si alimenta di succhi vegetali, la femmina è anche ematofaga e mostra un apparato buccale di tipo pungitore-succhiatore.

Buona parte dei culicidi alterna i “pasti” di sangue all’ovodeposizione, ma le variazioni stagionali di temperatura possono incidere sul numero di pasti necessari per portare a maturazione le uova.

Nelle regioni tropicali le generazioni di zanzare si susseguono per tutto l’anno, mentre in quelle a clima temperato la presenza degli adulti è stagionale e

limitata comunemente alla tarda primavera e all’estate. Nonostante ciò i culicidi sono in grado di sopravvivere al periodo invernale in diversi modi. Diverse specie del genere Aedes entrano in diapausa allo stadio di uovo, altri culicidi superano i periodi freddi allo stadio di larva inattiva, mentre in altre specie le

(10)

femmine già fecondate cercano in autunno dei luoghi umidi e poco illuminati, adatti per ibernare.

Altri vettori

Esistono all’interno della classe Insecta, molte altre specie con potenzialità vettoriale, la cui importanza varia secondariamente all’area geografica presa in considerazione.

Culicoides è un piccolo e robusto insetto che fa parte dell’ordine Diptera e

famiglia Ceratopogonidae , lungo al massimo 6 mm e simile ai Simulidi (Holbrook, 1996). Conosciuto per il fastidio derivante dalla puntura

particolarmente pruriginosa e dolorosa, cui si aggiunge in alcuni casi l’azione allergenica. Questi insetti stanno assumendo sempre più importanza, anche in Europa, per la capacità di trasmettere il virus della Bluetongue.

I Simulidi fanno parte dell’ordine Diptera e famiglia Simuliidae, sono insetti olometaboli i cui primi 3 stadi di vita (uovo, larva, pupa) si compiono nell’acqua corrente. Rappresentano un notevole problema di Sanità Pubblica in diverse parti del mondo, soprattutto a causa dell’intensa attività ematofaga delle femmine adulte (Cupp, 1996). Oltre alla capacità di creare tossine, tipica di alcune specie, questi insetti sono vettori di agenti virali (Vesiculovirus) e

protozoari (Leucocytozoon e Trypanosoma). Sicuramente la patologia più grave di cui sono vettori è però l’Oncocercosi, sostenuta da diverse specie del genere

Onchocerca, elminti parassiti sia dell’uomo che degli ungulati.

Le Pulci fanno parte dell’ordine Siphonaptera, sono insetti olometaboli, senza ali e con il terzo paio di zampe particolarmente sviluppato e adatto al salto.

Solitamente il loro ciclo vitale prevede una fase adulta ematofaga che vive sull’ospite, mentre le prime fasi di vita (dall’uovo alla pupa) possono risiedere

(11)

sullo stesso ospite o nel suo ambiente di vita. L’importanza vettoriale delle pulci è connessa storicamente alla loro capacità di trasmettere la peste (Yersinia

pestis), anche se molti altri patogeni possono riconoscere le pulci come vettori.

Ad esempio le pulci sono in grado di trasmettere diverse malattie batteriche, come il Tifo Murino (Rickettsia typhi), la Mixomatosi e la Tularemia, ma anche una comune parassitosi zoonotica come quella sostenuta da Dipylidium

caninum. Più recentemente è stata riconosciuta l’importanza di Rickettsia felis,

patogeno trasmesso da alcune specie di pulci strettamente legate all’uomo e agli animali da compagnia, come causa di malattia per l’uomo (Parola et al., 2005).

Le infezioni trasmesse

Infezioni da parassiti

Nella tabella sottostante sono racchiuse le principali infezioni parassitarie trasmesse da vettori. Verranno poi descritte nel dettaglio le infezioni

parassitarie che saranno oggetto di studio della parte sperimentale della tesi.

Gruppo Vettore Malattia Agente Eziologico Diffusione Ospiti Zecche Varie specie di Ixodidae Babesiosi, Theileriosi (Piroplasmosi) Babesia spp. Theileria spp. Tutto il mondo Mammiferi Zanzare Anopheles spp. Malaria Plasmodium spp.

Zona tropicale Roditori, Carnivori, Erbivori Culex spp. Aedes spp. Simulid Filariosi Dirofilaria

spp. Tutto il mondo Carnivori

Varie specie Filariosi

linfatica Wucheria bancrofti. Brugia malavi.

Zone tropicali Uomo

Primati non umani, felidi

Altri Simulidi Oncocercososi Onchocerca volvulus Africa, Sud America Bovini Phlebotomus spp. Lutzomya spp. Leishmaniosi Leishmania spp. Tutto il mondo Canidi, gatto, cavallo

(12)

Babesia

I protozoi genere Babesia sono trasmessi da zecche e capaci di infettare gli eritrociti.

Le babesie sono tendenzialmente specie-specifiche sia nei confronti dell’ospite vertebrato che della zecca che funge da vettore.

Dopo il pasto di sangue penetrano nell’epitelio intestinale della zecca, si riproducono e migrano nei diversi organi dell’artropode, comprese le ovaie e le ghiandole salivari. Nelle femmine è previsto un periodo di latenza tra il pasto iniziale di sangue e la presenza di Babesia nelle ghiandole salivari, quindi la trasmissione è più lenta che nel maschio. Un’importante fonte d’infezione è rappresentata dalle larve, secondariamente ad una trasmissione transovarica. Nell’ospite, gli sporozoiti infettano i globuli rossi, dove si differenziano in merozoiti e si dividono per schizogonia.

La malattia è endemica in molte aree del pianeta e questo è legato strettamente alla diffusione del vettore, la zecca. La malattia può presentarsi in forma iperacuta o decorrere in modo subclinico a seconda delle specie, sottospecie e dei ceppi infettanti.

Nel gatto sono state descritte diverse specie e sottospecie di Babesia soprattutto in Sud Africa. In Europa, i casi analizzati sono relativamente pochi e la classificazione delle specie è attualmente oggetto di studio. La maggior parte dei gatti infetti e con segni clinici sono risultati co-infetti da altri patogeni, soprattutto da micoplasmi e retrovirus (European scientific counsel companion animal parasites, 2016).

Cytauxzoon

Protozoo trasmesso da zecche che colpisce sia i felini selvatici che quelli domestici. E’ stato descritto e studiato principalmente negli Stati Uniti dove è causa di una malattia acuta, grave e fatale nella maggior parte dei gatti.

(13)

Negli ultimi anni sono state riportate occasionali segnalazioni di infezione sostenute da un’altra specie di Cytauxzoon nei felini domestici e selvatici in Mongolia, Francia, Spagna e Italia.

Il ciclo biologico di Citauxzoon felis prevede due fasi: una fase eritrocitaria in cui si possono apprezzare i piroplasmi all’interno dei globuli rossi ed una fase tissutale in cui si osservano gli schizonti, contenenti i merozoiti, in vari organi ed in particolare in fegato, milza e polmoni (Meinkoth e Kocan, 2005).

Solitamente gli schizonti occupano il citoplasma dei fagociti mononucleati localizzati in prossimità del lume dei vasi o in sede subendoteliale, portando alla parziale o completa occlusione del lume vascolare (Meikoth e Kocan, 2005). La fase parassitemica è lunga mentre quella schizogonica tissutale è decisamente più breve (Blouin et al., 1987). La presenza di piroplasmi in circolo non si associa alla comparsa dei segni clinici che, invece, diventano evidenti quando s’instaura la fase tissutale (Meinkoth e Kocan, 2005).

Più raramente la fase tissutale e la presenza degli schizonti si associano a comparsa di malattia sistemica e morte (Nietfield e Pollock, 2002).

Nel gatto, più autori hanno descritto casi di sopravvivenza all’infezione naturale (Walker e Cowell, 1995; Meinkoth et al., 2000; Birkenheuer et al., 2006) o la presenza d’infezioni persistenti e asintomatiche (Haber et al., 2007; Brown et al., 2008) anche se con minor frequenza rispetto ai felini selvatici. Le possibili spiegazioni per questo fenomeno comprendono:

l’efficacia della terapia intrapresa; una possibile immunità innata a C. felis da parte di alcuni gatti;

 vie d’infezione atipiche che esitino in parassitemie asintomatiche;

 un’aumentata capacità di individuare i soggetti portatori non riconosciuti prima;

infezioni da parte di un nuovo organismo, morfologicamente simile a C.

felis, o di un ceppo di C. felis meno virulento (Meinkoth et al., 2000;

(14)

Di conseguenza i gatti sono da considerarsi quali reservoir addizionali, che potrebbero costituire una fonte d’infezione per le zecche anche nelle aree in cui le linci non sono presenti (Meinkoth et al., 2000; Haber et al., 2007) e che potrebbero aumentare il rischio di esposizione al patogeno per gli altri gatti (Brown et al., 2008).

Hepatozoon

Protozoo appartenente al phylum Apicomplexa, famiglia Hepatozoidae del

subordine Adeleorina (Ewing et Panciera, 2003). La caratteristica morfologica più rappresentativa è la presenza di un complesso apicale nel polo conico cellulare. Questa struttura molto articolata è indispensabile per penetrare le cellule dell'ospite (Slodki et al., 2011). Al momento, nel cane, solo due specie di Hepatozoon sono state dimostrate essere responsabili di infezione: Hepatozoon

canis e Hepatozoon americanum (Baneth et al., 2000). Questi sono collegati dal

punto di vista filogenetico ma si differenziano per la distribuzione geografica, per il vettore e l'effetto sull’ospite. Il ciclo biologico di Hepatozoon canis prevede due o più ospiti. Gli ospiti intermedi sono rappresentati da vertebrati (il cane o altri canidi) mentre gli invertebrati (le zecche) rappresentano gli ospiti definitivi. La porta di ingresso del parassita nell'ospite intermedio non è rappresentata dal circolo sanguigno, ma dal sistema digerente. Il cane, infatti, si infetta ingerendo zecche, la cui emolinfa contiene oocisti. Nell'intestino del cane la parete di queste si rompe liberando gli sporozoiti che, dopo aver attraversato la parete, vengono trasportati per via ematica o linfatica in numerosi organi tra cui milza, midollo osseo, polmoni, fegato e reni.

Leishmania

Nel continente Europeo, la Leishmaniosi è causata principalmente da

Leishmania infantum, che comprende svariati tipi enzimatici (zimodemi).

(15)

I vettori sono rappresentati da diverse specie di ditteri ematofagi del genere

Phlebotomus (sottofamiglia Plebotominae). Il cane è considerato il reservoir più

importante, anche se il gatto può essere ospite di Leishmania ed è risultato in grado di infettare flebotomi. Molte altre specie di mammiferi, uomo compreso, possono contrarre l’infezione. Le leishmanie si identificano e si moltiplicano in due differenti forme: gli amastigoti, stadi intracellulari che infettano le cellule dell’ospite vertebrato, e i promastigoti forme flagellate, extracellulari, nell’intestino del flebotomo.

Questo patogeno è altamente vettore-specifico ed è veicolato dalle femmine di numerose specie di flebotomi durante il pasto di sangue sull’ospite. Sono state descritte altre vie di trasmissione tra le quali quella transplacentale dalla madre al feto, tramite donazione di sangue infetto o per via venerea anche se di scarso significato epidemiologico. Inoltre è stata ipotizzata la possibilità di trasmissione diretta tramite morso e ferite o altri artropodi ematofagi quali zecche e pulci, ma sono tuttora da comprovare. I soggetti infetti asintomatici, compresi quelli che sono stati sottoposti con successo alla terapia, sono da considerarsi potenziali carrier del parassita. Dopo l’iniziale moltiplicazione nelle cellule dendritiche e nei macrofagi della cute, la disseminazione del parassita nell’organismo infetto avviene soprattutto per via linfatica ed ematica. Gli amastigoti possono localizzarsi nella cute, milza, linfonodi, midollo spinale, fegato e altri organi o nei fluidi organici (ad es. urina, saliva e seme). Il fattore di maggior rischio, nelle aree endemiche, è rappresentato dall’esposizione al vettore e dall’abbondanza degli ospiti che fungono da reservoir, quali i cani che vivono all’aperto, cani randagi, cani adottati da canili in aree endemiche e cani da caccia. Studi recenti suggeriscono che anche i gatti possono agire da reservoir di Leishmania infantum. Il dato si basa sul riscontro di analisi positive in PCR sul sangue fino al 60% in Sicilia e il 20% in Portogallo (Maroli et al., 2007; Da Silva et al., 2010).

(16)

Sergent et al. identificarono amastigoti di Leishmania nel midollo di un gattino di quattro mesi, da allora sono stati descritti casi in tutto il mondo. Tra il 1977 ed il 2014 sono stati segnalati un totale di 46 casi clinici e 15 riscontri istologici con diagnosi di Leishmaniosi felina. I casi europei riportati provengono da aree endemiche per leishmania tra cui 27 casi in Italia, 21 casi in Spagna, 6 casi in Francia e 3 in Portogallo.

Toxoplasma gondii

Toxoplasma gondii rappresenta l'unica specie del genere Toxoplasma di cui i

gatti e gli altri felidi selvatici sono l’ospite definitivo mentre tutti i mammiferi (compreso l'uomo ed il cane), nonché gli uccelli, figurano come ospiti intermedi. I gatti di solito contraggono l'infezione ingerendo cisti tissutali, solitamente in seguito alla predazione di roditori ed uccelli, nutrendosi di carne cruda o poco cotta di animali infetti o, più raramente, di materiale fetale. Il periodo di prepatenza è di 3-10 giorni a seguito dell'ingestione di cisti tissutali e 18-36 giorni a seguito dell’ingestione delle oocisti. L'escrezione di oocisti può durare fino a 20 giorni, ma è più intensa 2-5 giorni dopo l'inizio della disseminazione. Le oocisti non sono immediatamente infettive dopo l’escrezione, ma richiedono almeno 24 ore e solitamente 2-5 giorni per la sporulazione ambientale.

A causa della natura ubiquitaria del parassita, la distribuzione di T. gondii è molto ampia negli ospiti intermedi. Le oocisti di piccole dimensioni possono essere facilmente diffuse nell’ambiente e raggiungere le acque di superficie, dove possono sopravvivere per diversi mesi, contaminando l'acqua, il terreno umido ed i mangimi, che rappresentano la prima fonte di infezione per gli ospiti intermedi erbivori. Al contrario, gli ospiti carnivori, il più delle volte contraggono l'infezione attraverso l'ingestione di cisti tissutali presenti nelle carni di ospiti infetti. I roditori, in particolare il topo, agiscono come serbatoi molto efficienti. L’infezione da T. gondii è una delle zoonosi parassitarie più diffuse in tutto il

(17)

mondo. Mentre i soggetti adulti immunocompetenti presentano basso rischio di sviluppare la toxoplasmosi grave dopo l'infezione, i soggetti immunocompromessi o i bambini infettati in utero possono presentare toxoplasmosi localizzata grave (per lo più oculare o cerebrale) o anche fatale, o toxoplasmosi generalizzata. Le infezioni prenatali si verificano durante una infezione primaria della madre durante la gravidanza. Nell'uomo l'infezione può essere acquisita sia con l'ingestione di carne infetta cruda o poco cotta o in seguito ad ingestione di oocisti sporulate dall'ambiente contaminato.

Infezioni batteriche

Sono incluse nella tabella sottostante le più importanti infezioni batteriche trasmesse da vettori ed in particolare quelle con risvolti zoonotici.

Gruppo Vettore Malattia Agente Eziologico

Diffusione Serbatoio Altri Ospiti Zecche Rhipicephalus spp. Hyalomma spp. Haemaphysalis spp. Febbre bottonosa del mediterraneo Rickettsia conorii Bacino del mediterraneo Asia, Africa Cane Uomo

Ixodes spp. Malattia di Lyme Borrelia burgdorferi Nord America, Europa, Asia Roditori, Carnivori, Erbivori Uomo Boophilus spp. Ixodes spp. Anaplasmosi Anaplasma phagocytophil um Europa Roditori, Carnivori, Erbivori Uomo, Ruminanti domestici Ixodes spp. Amblyomma spp. Ehrlichiosi TROPPO VAGO

Ehrlichia spp. Nord America, Europa Uomo, Cane Dermacentor spp. Ixodes spp. Amblyomma spp. Haemaphysalis spp. Tularemia Francisella tularensis Nord America, Europa, Asia Lepri, Conigli, Roditori, Ovini Uomo, Lepre, Coniglio Varie specie di Ixodidae Febbre Q Coxiella burnetii Tutti i continenti Mammiferi domestici, Uomo

(18)

Roditori, Uccelli Varie specie di Argasidae Febbre ricorrente da zecche Borrelia spp. ELIMINEREI QUESTA RIGA perché SONO INFEZIONI MINORI Tutti i continenti eccetto Oceania Roditori, Uccelli Uomo Dermacentor spp. Amblyomma spp. Febbre maculosa delle Montagne Rocciose Rickettsia rickettsii

Americhe Roditori, Cani e altri mammiferi Uomo Altri Flebotomi, pulci, pidocchi

Bartonellosi Bartonella spp. Centro-Sud America, Europa, Africa Uomo Uomo Ctenocephalides felis Malattia da graffio di gatto Bartonella henselae

Tutto il mondo Gatto Cane Uomo, Cane Xenopsylla cheopis Ctenocephalides felis

Tifo murino Rickettsia thiphi

Tutto il mondo Ratto, Topo, Gatto, Opossum

Uomo

Xenopsylla cheopis Pulex irritans

Peste Yersinia pestis Africa, Asia, America, Europa orientale Roditori, Conigli, Carnivori selvatici e domestici Uomo Liponyssoides sanguineus Rickettsiosi vescicolare Rickettsia spp. ELIMINARE, ALTRIMENTI CI SAREBBERO MOLTE ALTRE RICKETTSIOSI USA, Africa, Asia, Europa Topo Uomo

Pediculus Humanus Tifo

esantematico

Rickettsia prowazekii

Tutto il mondo Scoiattoli Uomo

(19)

La specie di maggior interesse è rappresentata da Bartonella henselae, batterio agente causale della così detta malattia del graffio del gatto (cat scratch disease, CSD) dell’uomo. I gatti sono considerati il reservoir più importante, in modo particolare di B. henselae e B. clarridgeiae, ambedue zoonosiche. Il vettore è la pulce Ctenocephalides felis felis, anche se diverse specie di Bartonella sono state descritte in altri artropodi ematofagi come zecche e pidocchi. Le bartonelle sono batteri emotrofici, parassiti intracellulari facoltativi degli eritrociti e delle cellule endoteliali. Possono essere ritrovate in campioni di sangue di gatti infetti, sotto le unghie e nella saliva. Il meccanismo di trasmissione di Bartonella non è del tutto chiarito, anche se indispensabile è il contatto con le pulci e le loro feci, dove il batterio è in grado di mantenersi infettante fino a nove giorni. Le infezioni umane sono causate da graffi e morsi di gatti infetti. Infatti, la cavità orale e le unghie dei gatti possono essere contaminate durante l’attività di pulizia (grooming) dalle feci di pulci infette e le ferite rappresentano la via d’entrata per l’ospite umano. La prevalenza di Bartonella nelle popolazioni di gatti varia a seconda di queste e dei metodi di indagine.

Anche nell’uomo, l’infezione da Bartonella non da sempre luogo a malattia e questa decorre in modo differente nei soggetti immunocompetenti e in quelli immunocompromessi. I soggetti immunocompetenti in generale presentano pustole al sito d’infezione, linfoadenopatie regionali, ascessi e talvolta febbre. La maggior parte delle forme non complicate sono autolimitanti ma possono richiedere mesi per la completa remissione dei sintomi. Il decorso dell’infezione è molto più complicato nei soggetti immunocompromessi. I sintomi comprendono peliosi bacillare, angiomatosi bacillare, endocarditi, retiniti ed encefalopatie. In questi casi è indicata una terapia antimicrobica che generalmente si rivela efficace.

Anaplasma

(20)

obbligati. Nel cane, in Europa, sono stati descritti A. phagocytophilum (un tempo classificata come Ehrlichia phagocytophila) e A. platys (un tempo E.

platys). Questi batteri infettano rispettivamente i neutrofili e raramente gli

eosinofili (A. phagocytophilum) e le piastrine (A. platys) e si sviluppano le tipiche morule visibili al microscopio all’interno delle cellule.

Tendenzialmente è necessario un pasto di sangue di 24-48 ore per la trasmissione all’ospite vertebrato. Il periodo di incubazione nel mammifero e di 1-2 settimane. Dopo endocitosi, il batterio si sviluppa per fissione binaria in morule all’interno dei fagosomi dei neutrofili e, raramente, degli eosinofili. Le cellule infette si ritrovano nel sangue e nei tessuti del sistema monocitario quali milza, fegato e midollo osseo.

Le modalità di trasmissione di Anaplasma platys non sono del tutto chiarite, ma sono coinvolte zecche ed altri artropodi vettori. L’infezione causa una trombocitopenia ciclica e il picco batterico si osserva durante la fase iniziale. Nei cicli susseguenti, solo l’1% delle piastrine sono infette mentre la trombocitopenia rimane pressoché inalterata. Con il tempo, la trombocitopenia tende a diminuire. Come per altre infezioni, la distribuzione delle due infezioni tende a seguire la distribuzione delle zecche vettrici. Con l’aumento dello spostamento dei cani, l’infezione potrebbe diffondersi in aree attualmente non endemiche.

Anaplasma phagocytophilum è il batterio di maggior interesse poiché patogeno per l’uomo. Questo batterio obbligatamente intracellulare possiede una membrana molto sottile che non presenta lipopolisaccaridi e peptidoglicani, stabilizzata da colesterolo depositato. Queste caratteristiche lo rendono poco resistente alle sollecitazioni meccaniche e ai cambiamenti ambientali per questo il ciclo vitale è strettamente legato al vettore (zecche) e all’ospite.

L’Anaplasma phagocytophilum è diffuso in tutte le zone temperate dell’emisfero settentrionale, nel Nordamerica e nell’Eurasia le zone interessate coincidono con le presenze di zecche del genere Ixodes. In diversi mammiferi sono state

(21)

osservate infezioni croniche. In America settentrionale il serbatoio naturale dell’agente patogeno è rappresentato dai cervi a coda bianca (Odocoileus virginianus) e dal topo selvatico della specie Peromyscus leucopus, dove le larve e le ninfe assorbono l’agente patogeno durante il pasto di sangue. In Europa l’Anaplasma phagocytophilum può essere rilevato nei cervi (Cervus sp.) e nei caprioli (Capreolus sp.). I cani sono ospiti casuali, che possono sviluppare infezioni acute o subcliniche (Carrade et al., 2011).

Ehrlichia

Al genere Ehrlichia appartengono batteri Gram-negativi, intracellulari obbligati. In Europa, Ehrlichia canis è l’agente causale della Ehrlichiosi monocitica. Il batterio infetta principalmente i linfociti e i monociti e si possono osservare come microcolonie a formare le tipiche morule. Il cane è il principale ospite (altri canidi possono fungere da reservoir). Il vettore principale è Rhipicephalus

sanguineus. Ehrlichia canis è stata descritte anche nel gatto tuttavia la rilevanza

clinica in questa specie è minore. Tutti gli stadi di sviluppo (larva, ninfa e adulto) si alimentano di preferenza sul cane e possono infettarsi nel corso del pasto di sangue da cani batteriemici. Nelle popolazioni di zecche, l’infezione si trasmette per via transtadiale ma probabilmente non per via transovarica. Durante il periodo di incubazione (8-20 giorni), il batterio si moltiplica per fissione binaria nei leucociti del cane formando delle morule nelle cellule mononucleate del sangue. Dopo di che si diffondono per fagocitosi dei monociti al fegato, milza e linfonodi. Ne consegue il deterioramento della funzione delle piastrine, il loro sequestro e distruzione.

La distribuzione segue generalmente la diffusione di Rhipicephalus sanguineus. L’infezione è segnalata in Francia, Italia e Spagna (nel cane e nel gatto), in Portogallo e Grecia (nel cane) e nelle zecche in Bulgaria.

(22)

Infezioni virali

La tabella sottostante racchiude, invece, le principali patologie virali trasmesse da vettori. Le infezioni sono state divise in base al gruppo di artropodi che

funge da vettore, anche se, in alcuni casi, specie di gruppi diversi possono trasmettere la stessa malattia (ad esempio per la Rift Valley Fever).

Gruppo Vettore Malattia Agente

Eziologico

Diffusione Serbatoio Altri Ospiti

Zecche

Ixodes persulcatus Encefalite russa primav-estiva

Flavivirus Asia orientale Roditori, Uccelli e altri mammiferi

Uomo

Ixodes ricinus Louping III Flavivirus Europa occ., Gran Bretagna

Ovini, Cani Uomo

Hyalomma spp. Dermacentor spp. Rhipicephalus spp. Boophilus spp. Febbre emorragica del Congo-Crimea

Nairovirus Africa, Asia, Europa orientale Roditori, Insettivori, Uccessi Uomo, Ovini, Bovini Haemaphysalis spp. Ixodes spp. Malattia della foresta di Kyasanur

Flavivirus India Topi e scimmie Uomo

Dermacentor spp. Febbre da zecche del Colorado

Coltivirus Nord America Occidentale Piccoli Mammiferi Uomo Dermacentor spp., Ixodes spp., Haemaphysalis spp. Encefalite da virus Powassan

Flavivirus Nord America, Russia Piccoli mammiferi Roditori, Uccelli Uomo Dermacentor spp. Febbre emorragica di Omsk

Flavivirus Serbia Roditori Uomo

Culex spp. West Nile Flavivirus Tutti i continenti eccetto Oceania

Uccelli Uomo, Cavallo

Culex tarsalis Encefalite equina

Alphavirus Americhe Uccelli, Lagomorfi

Uomo, Cavallo

(23)

Zanzare occidentale Aedes spp. Coquillettilidia spp. Mansonia spp. Culicoides spp. Encefalite equina orientale

Alphavirus Americhe Uccelli Uomo, Cavallo

Diverse specie Encefalomielit e equina venezuelana

Alphavirus Americhe Roditori, Uccelli Uomo, Cavallo Culex spp. Malattia da virus Sindbis e altre

Alphavirus Asia, Africa, Europa, Australia

Uccelli Uomo

Aedes aegypti Aedes albopictus

Dengue Flavivirus Zona tropicale Scimmie Uomo

Aedes spp Haemagogus spp.

Febbre gialla Flavivirus Africa, centro-sud America

Scimmie, Marsupiali

Uomo, Scimmie

Aedes aegypti e altre

spp.

Malattia da virus Chikungunya

Alphavirus Africa, Sud-est asiatico, Italia Primati Uomo Culex spp. Aedes spp. Febbre del fiume di Ross

Flavivirus Oceania Roditori Uomo

Culex spp. Encefalite giapponese

Flavivirus Asia, Oceania Uccelli, Maiali Uomo, Cavallo

Culex tarsalis e altre

spp.

Encefalite di St. Louis

Flavivirus Americhe Diverse specie Uomo

Culex annulirostris Encefalite della Murray Valley Flavivirus Australia e Nuova Guinea Diverse specie di uccelli Uomo Aedes spp. Ochlerotatus spp. Encefalite californiana

Bunyavirus USA Diverse specie Uomo

Aedes triseriatus Virus La Crosse Bunyavirus USA Diverse specie Uomo

Culex pipiens Aedes mcintoshi Plebotomus spp. Culicoides spp Rift Valley Fever

Phlebovirus Africa Ovini, Bovini e altri animali Uomo Flebotomi, culicidi, simulidi, mosche Stomatite vescicolare virale

Vesiculovirus Tutto il mondo Bovini, Cavallo Uomo, Cavallo

Phlebotomus spp. Febbre da pappataci

Phlebovirus Europa, Asia, Africa

Uomo Uomo

(24)

Altri Roditori Scimmie

Culicoides spp. Peste equina africana

Orbivirus Africa Ovini, Bovini, Ruminanti selv., Cani

Equidi

Culicoides spp. Bluetongue Orbivirus Tutto il mondo Grossi erbivori Ovini, Bovini, Ruminanti selv.

Cambiamenti nello spazio e nel tempo

Negli ultimi anni, numerosi Autori hanno focalizzato il loro interesse sulle patologie trasmesse da vettori, richiamando l’attenzione sul loro aspetto ‘emergente’ (Gubler, 1998; Romi, 2001; Parola et al., 2005).

Un’affezione può essere definita emergente (o ‘ri-emergente’) solo se si è assistito, nel corso degli anni, ad una sua comparsa per la prima volta, ad una sua ricomparsa dopo un periodo di assenza o, infine, ad un aumento della sua incidenza (Morse, 1995). Spesso, la comparsa o il riemergere di tali malattie viene ricollegato al cambiamento climatico che molti ricercatori di climatologia ormai concordano essere in corso (Luterbacher et al., 2004; European

Environment Agency - EEA, 2005).

Altri ricercatori invece sono più cauti nell’associare il riscaldamento globale alla cosiddetta ‘emergenza’ delle infezioni trasmesse da vettori, rammentando come spesso intervengano anche altri fattori (Chevalier et al., 2004; Dujardin, 2006; Pherez, 2007). La possibilità di documentare in modo soddisfacente la relazione causa- effetto, infatti, esige una dimostrazione scientifica solida ancora non realizzata nella maggior parte dei casi (Rogers e Randolph, 2006).

(25)

Indagini climatologiche

L’idea che siano in corso modificazioni globali del clima sembra ormai essere l’opinione comune della maggioranza della comunità scientifica.

Sono stati pubblicati numerosi lavori sia di tipo scientifico che tecnico a

sostegno di questa ipotesi (Intergovernmental Panel on Climate Change - IPCC, 2001; Climatic Research Unit - CRU, 2003; Luterbacher et al., 2004; Brunetti et

al., 2006; EEA, 2005).

Un punto su cui molti autori concordano è che negli ultimi hanno si è assistito ad un innalzamento delle temperature, che a partire dall’inizio del XX secolo sembra aver subito una variazione di circa 0,7°C a livello globale (CRU, 2003). In Europa, nello stesso arco di tempo, la temperatura è cresciuta mediamente in misura maggiore, facendo registrare un valore di aumento di circa 0,95°C (Jones e Moberg, 2003), anche se esistono difformità all’interno dello stesso

continente europeo. Le aree in cui è stato registrato un incremento maggiore sono quelle meridionali (Italia,Spagna, Grecia) e nord-orientali (Paesi Baltici e Russia occidentale).

L’aspetto più evidente è il riscaldamento delle temperature notturne. Questo fattore che può rivestire una certa importanza per molti vettori che compiono la loro azione la notte o, più in generale, per la loro sopravvivenza durante

l’inverno.

L’aumento delle precipitazioni, rappresenta la seconda variazione climatica, nel periodo compreso tra il 1900 e il 2000. Mentre il nord-Europa sembra essere stato più piovoso di un 10-40%, il sud-Europa è arrivato ad essere sino al 20% più secco (EEA, 2004). Alcuni autori ritengono che queste tendenze si

manterranno costanti anche in futuro.

Un’ulteriore variazione attesa è l’aumento di eventi estremi come piogge molto intense e inondazioni. Ci si attende che nel XXI secolo questi episodi aumentino (Christensen e Christensen, 2003) e le inondazioni avvenute in Europa centrale

(26)

nell’estate del 2002 ne sono forse un primo esempio.

Effetti dei cambiamenti climatici

Numerosi gruppi di ricercatori hanno cercato di approfondire come il rischio di diffusione delle infezioni trasmesse da vettori possa essere condizionato dai cambiamenti climatici in atto e, a tal proposito, le zecche sembrano essere strettamente condizionate da temperatura e umidità. Così specie di zecche già presenti potrebbero diffondere verso latitudini e altitudini maggiori, come sembra essere già avvenuto per I. ricinus in Svezia (Talleklint e Jaenson, 1998). Infine potrebbe aumentare la stagione utile per la trasmissione e lo sviluppo degli agenti patogeni.

Allo stesso modo, considerando i flebotomi, le temperature più miti potranno favorire la sopravvivenza invernale ed allungarne la stagione riproduttiva.

(27)

PARTE SPERIMENTALE:

MATERIALE E METODI:

Nel periodo compreso febbraio 2018 e gennaio 2019 durante l’attività di ovariectomia e orchiectomia eseguita presso l’ambulatorio dell’azienda USL di Bologna sono stati raccolti 70 campioni di sangue venoso in EDTA da cani di canile e gatti di colonia residenti della provincia di Bologna. Nello studio sono stati inclusi anche 33 campioni di sangue di cani e gatti di colonia provenienti dalla provincia di Rimini. Il prelievo ematologico è stato eseguito dalla vena giugulare previa tricotomia e disinfezione della regione del collo con alcool etilico. Il prelievo è stato effettuato con l’animale in anestesia generale e non vi è stato nessun criterio di selezione né per genere né per condizioni cliniche o età. Nel contempo, dagli stessi soggetti, sono state prelevate le zecche presenti sul mantello e sono state conservate all’interno di provette Eppendorf con alcool etilico. Il plasma è stato impiegato per eseguire test sierologici. In dettaglio è stata effettuata una immunofluorescenza indiretta (IFAT) per la ricerca di anticorpi anti Leishmania e, nei gatti, si è eseguita la ricerca delle IgG ed IgM nei confronti di Toxoplasma. L’IFAT è stata condotta come descritto da Mancianti e Meciani (1988), partendo da una diluizione soglia 1/40 per i cani e 1/10 per i gatti, utilizzando come antigene promastigoti di coltura fissati in acetone su vetrini multiwell. Il test IgG-IgM è stato effettuato impiegando un MAT (Toxoscreen BioMerièux, France), partendo da diluizione 1/80.

Il pellet ottenuto dalla centrifugazione dei campioni ematici è stato utilizzato per la ricerca di DNA di Leishmania e Piroplasmi, Cytauxzoon ed Hepatozoon, rispettivamente nei gatti e nei cani. In dettaglio sono stati impiegati il protocollo di El Tai et al., 2001 per Leishmania, di Beck et al., 2009 per piroplasmi, di Inokuma et al., 2002 per Hepatozoon e di Olmeda et al., 1997 per Cytauxzoon. Gli stessi campioni di DNA sono stati sottoposti a PCR per la ricerca di Coxiella

(28)

burnetii e Bartonella spp seguendo, rispettivamente, i protocolli descritti da

Berri et al. (2009) e Relman et al., (1991).

RISULTATI:

La popolazione in esame risulta essere costituita da 39 cani e 64 gatti domestici di cui 21 femmine e 18 maschi nella specie canina e 27 femmine e 37 maschi nella specie felina.

Dei 39 cani presenti 28 risiedono in provincia di Bologna mentre 11 nella provincia di Rimini.

Per quanto concerne la popolazione felina 42 dei soggetti provengono da colonie presenti nella provincia di Bologna e 22 risiedono in colonie della provincia di Rimini.

Prendendo in esame la popolazione canina, dei 39 casi, 7 pazienti sono risultati positivi all’IFAT per Leishmania e di questi 5 sono maschi e 2 femmine mentre 5 sono risultati positivi alla PCR di cui 3 maschi e 2 femmine. Dei 7 soggetti IFAT positivi 4 provengono dalla provincia di Rimini e 3 da quella di Bologna mentre valutando i dati correlati alla PCR dei 5 casi positivi 3 provengono dalla provincia di Rimini e 2 da quella di Bologna.

Tutti i pazienti sono risultati negativi per la presenza di Bartonella ed

Hepatozoon mentre 4 pazienti di cui 3 maschi e 1 femmina sono risultati positivi

per Coxiella burnetii. Dei 4 soggetti 3 risiedevano a Bologna e 1 a Rimini.

Focalizzandoci sulla popolazione felina, dei 64 soggetti, 9 gatti (14%) di cui 4 maschi e 5 femmine sono risultati positivi alla titolazione delle IgM per

Toxoplasma ed 8 di questi pazienti sono risultati positivi anche alla titolazione

delle IgG. Dei 9 gatti 5 risiedevano nella provincia di Bologna e 4 nella provincia di Rimini.

Due gatti (3,12%), un maschio e una femmina, sono risultati positivi alla PCR per la ricerca di Cytauxozoon sp. ed entrambi i pazienti provenivano dalla provincia di Bologna.

(29)

Cinque gatti (7,8%), di cui 4 maschi e 1 femmina, sono risultati positivi alla PCR per Leishmania e di questi 2 sono risultati positivi anche con la metodica IFAT, con un titolo pari a 1/20. Di questi 3 risiedevano nella provincia di Bologna e 2 nella provincia di Rimini.

Tutta la popolazione felina è risultata negativa alla ricerca di Bartonella sp. ed

Hepatozoon mentre 16 gatti (25%) di cui 11 maschi e 5 femmine presentavano

una positività per Coxiella burnetii. Dei 16 pazienti, 5 risiedevano a Rimini e 11 a Bologna.

Nel nostro lavoro 3 dei 64 gatti (3,68%) presentavano contemporaneamente una positività a due dei patogeni ricercati e, nel dettaglio, due pazienti erano positivi per Leishmania e Coxiella burnetti mentre uno era positivo per Piroplasmi e Cytauxzoon. E’ da segnalare inoltre la presenza di un gatto (1,56%) positivo a tre agenti patogeni contemporaneamente ( Piroplasmi, Cytauxzoon e Toxoplasma).

Sette dei casi oggetto di studio, di cui 6 gatti ed un cane, il giorno dei campionamenti presentavano zecche sul mantello. Le zecche sono state tolte, conservate in alcool etilico e testate per Hepatozoon, Babesia e Cytauxzoon. Si è valutato un totale di 14 zecche di cui 7 appartenenti al genere Ixodes e classificate come femmine, 3 appartenenti al genere Ixodes . e classificate come maschi, 2 appartenenti al genere Ixodes. e classificate come ninfa, 2 appartenenti al genere Rhipicephalus. e classificate come femmine.

Non è stata evidenziata alcuna positività per i patogeni analizzati.

DISCUSSIONE:

La presenza di agenti trasmessi da vettori nella popolazione felina e canina in Italia è stata oggetto di diversi studi, ma nessuno di questi si è focalizzato sulla valutazione della presenza di queste patologie nella provincia di Bologna e Rimini.

(30)

Prendendo in considerazione Leishmania Infantum, nel nostro lavoro 7 cani sono risultati positivi con la metodica IFAT con un titolo compreso tra 1/40 e 1/160 (17,95% ) e di questi 5 presentavano una positività alla PCR (12,8%). Valutando la popolazione felina invece, 5 sono risultati positivi alla PCR (7,81%) della popolazione, ma solo due pazienti (3,13%) sono risultati positivi anche all’IFAT con un titolo pari a 1/20.

Nei lavori pubblicati in precedenza, è emerso che cani e gatti possono essere colpiti dalla stessa specie di Leishmania. Tuttavia la prevalenza nel gatto è decisamente inferiore e questo è confermato anche nel nostro lavoro.

Ad oggi non è ancora definito chiaramente perché la specie felina presenti una minor suscettibilità e/o una maggior resistenza all’infezione. Questo sembra correlato ad un diverso sistema immunitario ed ad una più efficiente risposta immunitaria Th1 nel gatto rispetto al cane.

Per la diagnosi, in entrambe le specie, sono state impiegate sia metodiche molecolari, che sierologiche. In letteratura è riportato che nel cane la PCR è un test molto sensibile poiché è in grado di individuare una positività sia nei pazienti asintomatici che in quelli malati, anche se il sangue è un tessuto meno sensibile, rispetto agli organi linfoidi. Inoltre i risultati ottenuti mediante PCR mostrano un’alta concordanza con i dati ottenuti mediante metodica IFAT. Per quanto concerne la diagnosi di Leishmaniosi nel gatto, i dati sono ancora molto limitati ma sembra esserci una minor concordanza tra i dati ottenuti mediante PCR e IFAT nei soggetti apparentemente sani. Anche nel nostro studio, di tutti i gatti positivi alla PCR per Leishmania, solo due sono risultati positivi all’IFAT con un titolo pari a 1/20. Il rilevamento di gatti positivi alla PCR, ma negativi all’IFAT può indicare la presenza di animali resistenti e/o animali con una fase precoce d’infezione.

Studi recenti hanno inoltre dimostrato come nel gatto la positività a Leishmania è più frequente nei soggetti con età superiore ad un anno e questo potrebbe riflettere la maggior esposizione all’agente patogeno (Morganti et al., 2019). Nel

(31)

nostro lavoro i gatti positivi erano tutti di giovane età poiché la valutazione è stata eseguita in gatti asintomatici durante le procedure di ovariectomia e orchiectomia.

Valutando la letteratura odierna inerente alla presenza di Cytauxzoon sp., la prevalenza del parassita nei diversi lavori è molto variabile.

Uno studio recente pubblicato da Morganti et al. (2019) condotto su 286 gatti randagi presenti nelle regioni dell’Italia centrale non ha rilevato la presenza del parassita, questo è in accordo con i lavori pubblicati in precedenza da Persichetti et al. (2018) e da Spada et al.(2014), mentre Cytauxzoon è stato rinvenuto in gatti viventi nella provincia di Trieste (Carli et al., 2012). Un lavoro condotto in Spagna da Criado-Fornelio et al. nel 2009 ha rilevato invece una prevalenza dello 0,8% su 116 gatti ed ancora uno studio precedente condotto da Haber et al. (2007) ha rilevato una prevalenza pari allo 0,3% in una popolazione di 961 gatti residenti negli Stati Uniti. Nel nostro studio dei 64 gatti analizzati 2 sono risultati positivi alla PCR (3,13%). Questo valore è sicuramente inferiore ai lavori pubblicati su pazienti provenienti dal nordest Italia in cui la prevalenza era pari al 23% nei 118 gatti analizzati. Le differenze dei dati ottenuti potrebbero essere spiegate dal fatto che i gatti campionati nello studio condotto nel nordest d’Italia vivevano in un’area rurale con un’elevata presenza di animali selvatici che possono aumentare la sopravvivenza del vettore (la zecca) e favorire la diffusione in aree distanti con lo spostamento dell’ospite. Prendendo in esame la presenza di Babesia sp., Spada et al. (2014) hanno descritto per la prima volta la presenza di Babesia microti in gatti randagi del nord Italia descrivendo una prevalenza inferiore all’1%, concluse lo studio asserendo che il gatto sembra essere un serbatoio limitato per l’infezione. La presenza di questo patogeno è stata descritta anche in zecche del genere Ixodes. presenti su cani e gatti risiedenti sul territorio europeo anche negli studi condotti da Lempereur et al. (2011) e Wielinga (2009).

(32)

la presenza di Babesia sp. nei roditori e questo potrebbe essere correlato ad un aumento di casi di Piroplasmosi nell’uomo .

Pennisi et al. (2007) hanno asserito che il gatto domestico può essere definito un reservoir della malattia poiché nel loro studio condotto su 23 gatti domestici, 6 gatti sono risultati positivi alla PCR per questo patogeno.

Nel nostro lavoro due pazienti di specie felina (3,13%) sono risultati positivi per la presenza di Babesia.

La prevalenza del patogeno nel territorio di Bologna e Rimini sembra quindi confermarsi bassa come pubblicato nel lavoro di Spada et al.(2014).

Nel nostro lavoro non sono state evidenziate positività per H. canis né nei cani né nei gatti. Valutando i dati disponibili in letteratura, Ebani et al. (2015) hanno osservato un valore di prevalenza rilevante (32,5%) sicuramente più elevato rispetto ad altre indagini simili condotte sia in Italia che in Europa in pazienti sani. In dettaglio, Cassini et al. hanno rilevato una prevalenza del 3,6% in centro Italia e nelle aree settentrionali. La valutazione di H. canis in Croazia ha evidenziato una prevalenza dell'11,8%, mentre del 3,3% e 17,0% in Spagna e Grenada, rispettivamente (Tabar et al., 2009; Voyta et al.,2009; Yabslex et al., 2008).

Valutando la prevalenza di Bartonella sp., nel nostro studio non sono state evidenziate positività. In un lavoro pubblicato da Ebani et al. (2015) su 116 cani testati è emersa una positività per B. vinsonii subsp. berkhoffii con una prevalenza del 20,5%. Attualmente, ci sono poche informazioni sulla prevalenza di Bartonella spp. nel cane. Uno studio precedente ha rilevato il 6% dei cani positivi a Bartonella henselae (Di francesco et al., 2007), mentre il DNA di B.

vinsonii subsp. berkhoffii e un nuovo ceppo di Bartonella sp. è stato segnalato

nel Sud Italia in cani clinicamente sani (Diniz et al., 2009)

E’ stata indagata poi la presenza di Coxiella burnetii, nel nostro lavoro 16 dei pazienti felini (25 %) sono risultati positivi e 4 dei pazienti canini (10,26%).

(33)

5,1% nei 113 cani analizzati. La C. burnetii è causa di una grave zoonosi chiamata febbre Q. I cani maschi colpiti da questo patogeno sono spesso asintomatici, mentre nelle femmine può verificarsi aborto. I cani, come le altre specie animali, possono contrarre l'infezione non solo dalla puntura delle zecche infette, ma anche dall'inalazione o dall'ingestione di materiali contaminati.

Nel nostro lavoro ci siamo infine concentrati sulla ricerca di Toxoplasma gondii mediante la valutazione di IgM e IgG con la metodica IFAT nella popolazione felina. Dai dati pubblicati in letteratura è chiaro che nelle fasi acute della malattia si assiste ad un aumento del titolo di anticorpi IgG (fino a 4 volte il titolo iniziale in un periodo di 2-3 settimane) e un titolo di IgM superiore a 1/64. In alcuni gatti non si sviluppano livelli rilevabili di IgM, mentre in altri i livelli di IgM persistono anche per mesi dopo l’infezione. Nel nostro studio tutti i nove pazienti presentano anticorpi IgM con un titolo compreso tra 1/160 e 1/5120 (14,06%), mentre alla valutazione degli anticorpi IgG 8 (12,5%) dei 9 pazienti presentano un titolo compreso tra 1/80 e 1/5120. Questi dati di sieroprevalenza sono risultati decisamente inferiori rispetto a quelli riportati in gatti randagi viventi in Toscana (Mancianti et al., 2010).

Ad oggi sono stati pubblicati diversi articoli sulla presenza di zecche in cani e gatti nei diversi stati europei e i diversi patogeni ad esse correlati.

Un lavoro condotto in Spagna da Estrada-Peña (2017) ha analizzato 1628 zecche adulte provenienti dal mantello di 660 cani. Le principali specie di zecche ritrovate erano Rhipicephalus sanguineus, Dermacentor reticulatus, Ixodes

ricinus, Ixodes hexagonus. I patogeni isolati all’interno delle zecche includevano Hepatozoon canis, Babesia canis, Babesia gibsoni, Rickettsia (R.massiliae, sibirica mongolitimonae, monacensis), Ehrlichia canis, Anaplasma platys, Anaplasma phagocytophilum e Borrelia sp.

I più frequenti erano Hepatozoon canis e Babesia canis.

In un secondo lavoro condotto in Florida da Burroughs et al. (2016), sono state valutate 1337 zecche in cani e gatti. Sul mantello dei cani la specie più frequente

(34)

è risultata essere Rhipicephalus sanguineus (94,3%) mentre nel gatto

Amblyomma americanum (74%).

In un lavoro recente condotto da Geurden et al. (2018) sono state valutate 448 zecche provenienti dal mantello di cani e gatti da diversi stati europei (Francia, Ungheria, Italia, Belgio, e Germania). Delle 448 zecche, 247 zecche erano Ixodes

ricinus, 26 erano Ixodes hexagonus, 59 erano Dermacentor reticulatus e 116 Rhipicephalus sanguineus.

I principali patogeni evidenziati erano:

- nel 17% di I. ricinus è stato riscontrato DNA di Anaplasma

phagocytophilum;

- nel 18% delle zecche isolate dai gatti Borrelia sp;

- nel 20% di Dermacentor reticulatus, era positivo per Babesia canis;

- Rhipicephalus sanguineus era positivo per Hepatozoon canis (3%), Anaplasma (5%) e 3 specie di Rickettsie.

Nel nostro lavoro sono state isolate solo 14 zecche, 12 delle quali appartengono al genere Ixodes sp. Nelle zecche esaminate non sono stati rilevati patogeni.

CONCLUSIONI

Per quanto i dati da noi ottenuti siano preliminari, visto il numero limitato di soggetti esaminati, appare degna di nota la totale assenza di Hepatozoon e di piroplasmi nei cani esaminati.

Dati più interessanti riguardano i gatti, nei quali è stato identificato Cytauxzoon nel 3.12%, Leishmania nel 7.8% e Coxiella burnetii nel 25%, tenuto conto del fatto che le zone esaminate non sono ritenute ad alta endemicità per leishmaniosi canina, che le segnalazioni di Cytauxzoon in Italia sono molto scarse come i dati sulla presenza di C. burnetii in questa specie animale.

Sono necessarie pertanto ulteriori indagini per valutare la reale prevalenza dei patogeni, per valutare il rischio di infezioni animali e, per gli agenti zoonotici,

(35)

anche umane.

BIBLIOGRAFIA:

1. Baneth G., Barta J.R., Varda S., Martin S.D., Macintire D.K., Johnson N.V.(2000) Genetic and antigenic evidence supports the separation of Hepatozoon canis and Hepatozoon americanum at the species level. Journal of Clinical Microbiology, P 1298-1301.

2. Beck, R., Vojta, L., Mrljak, V., Marinculic´, A., Beck, A., Zivicnjak, T., et al., (2009). Diversity of Babesia and Theileria species in symptomatic and asymptomatic dogs in Croatia. Int. J. Parasitol. 39, 843–848.

3. Beck R., Vojta L., Curković S., Mrljak V., Margaletić J., Habrun B.(2011) Molecular survey of Babesia microti in wild rodents in central

Croatia. Vector Borne Zoonotic Dis.;11:81–83.

4. Berri M, Rekiki A, Boumedine KS, Rodolakis A (2009): Simultaneous differential detection of Chlamydophila abortus, Chlamydophila pecorum and Coxiella burnetii from aborted ruminant’s clinical samples using multiplex PCR. BMC Microbiology 9, 30. DOI: 10.1186/1471-2180-9-130 5. Birkenheuer ,A.J., Le, J.A., Valenzisi, A.M., Tucker, M.D., Levy, M.G.,

Breitschwerdt, E.B., (2006). Cytauxzoon felis infection in cats in the mid-Atlantic states: 34 cases (1998-2004). J. Am. Vet. Med. Assoc. 228, 568-571.

6. Blouin E.F., Kocan A.A., Jocan K.M., (1987) Evidence of a limited

schizogonous cycle for Cytauxzoon felis in bobcats following exposure to infected ticks. J.Wildl. Dis. 23, 499-501.

7. Brown, H.M., Latimer, K.S., Erikson, L.E., Cashwell, M.E., Britt, J.O., Peterson, D.S., (2008). Detection of persistent Cytauxzoon felis infection by polymerase chain reaction in three asymptomatic domestic cats. J. Vet. Diagn. Invest. 20, 485-488.

8. Brown, H.M., Berghaus, R.D., Latimer, K.S,. Britt, J.O., Rakich, P.M., Peterson, D.S., (2009). Genetic variability of Cytauxzoon felis from 88

(36)

infected domestic cats in Arkansas and Georgia. J. Vet. Diagn. Invest. 21, 59-63.

9. Brunetti M., Maugeri M., Monti F., Nanni T. (2006) Temperature and prcipitation variabilità in Italy in the last two centuries from homogenised instrumental time series. International Journal of Climatology, 26: 345-381 


10. Burroughs, J.E., Thomasson, J.A., Marsella, R., Greiner, E.C., Allan, S.A., (2016). Ticks associated with domestic dogs and cats in Florida, USA. Exp. Appl. Acarol. 69, 87–95.

11. Carrade D, Foley J, Sullivan M, Foley CW, Sykes JE. (2011) Spatial

distribution of seroprevalence for Anaplasma phagocytophilum, Borrelia burgdorferi, Ehrlichia canis, and Dirofilaria immitis in dogs in Washington, Oregon, and California. Vet Clin Pathol, 40: 293-302

12. Carli E, Trotta M, Chinelli R, Drigo M, Sinigoi L, Tosolini P, Furlanello T, Millotti A, Caldin M, Solano-Gallego L. Cytauxzoon sp. infection in the first endemic focus described in domestic cats in Europe. Vet Parasitol. 2012 Feb 10;183(3-4):343-52.

13. Cassini R., Zanutto S., Frangipane di Regalbono A., Gabrielli S., Calderini P., Moretti A., et al. (2009) Canine piroplasmosis in Italy: epidemiological aspects in vertebrate and invertebrate hosts. Vet Parasitol, 165, pp. 30-35.

14. Chevalier V., de la Rocque S., Baldet T., Vial L., Roger F. (2004)

Epidemiological processes involved in the emergence of vector-borne diseases: West Nile fever, Rift Valley fever, Japanese encephalitis and Crimean-Congo haemorrhagic fever. Rev. sci. tech. Off. int. Epiz., 23 (2): 535-555 


15. Christensen J.H., Christensen O.B. (2003) Severe summertime flooding in Europe. Nature, 421: 805-806 


16. Colwell, D.D., Dantas-Torres, F., Otranto, D., (2011). Vector-borne parasitic zoonoses:

a. emerging scenarios and new perspectives. Vet. Parasitol. 182, 14– 21.


Riferimenti

Documenti correlati

E tanti sono già i soggetti con cui sono state av- viate delle collaborazioni co- me l’Accademia degli Scac- chi, Arte da mangiare, mangia- re Arte, Casa per la Pace, Rete

I due cani di Hong Kong risultati positivi prima ancora che si parlasse di pandemia (fine febbraio 2020), entrambi di proprietari positivi; i 3 gatti di Wuhan (Cina) con

I due cani di Hong Kong risultati positivi prima ancora che si parlasse di pandemia (fine febbraio 2020), entrambi di proprietari positivi; i 3 gatti di Wuhan (Cina) con

When compared to kidneys of sham mice treated with saline, kidneys of WT and βcR KO mice subjected to LPS demonstrated no change in the total Akt content and the phosphorylation of

La sperimentazione di nuovi ambiti d’azione attraverso il tirocinio è parte della tradizione del- le scuole di servizio sociale che hanno preceduto la formazione universitaria:

I cani o gatti che si sono recati in Paesi Terzi al rientro in Italia devono esibire un esito favorevole della titolazione degli anticorpi nei confronti del virus della rabbia;

Anche per incidenti stradali che coinvolgano fauna selvatica, su tutto il territorio provinciale, l'utente della strada dovrà chiamare direttamente il Servizio Veterinario dell'AUSL,

Quest’ultime saranno l’oggetto della presente review, nel corso del- la quale saranno discussi i diversi aspetti riguardanti la biologia, i segni clinici e le metodiche diagnostiche