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4 Motori ad Ultrasuoni (UltraSonic Motors1)

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Academic year: 2021

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4 Motori ad Ultrasuoni (UltraSonic

Motors

1

)

Un motore ad ultrasuoni è un dispositivo che opera con vibrazioni meccaniche di frequenza superiore alla soglia dell’udibile. Solitamente, tali vibrazioni provengono da un materiale piezoelettrico, eccitato elettricamente. Per la natura di questi materiali si tratta di vibrazioni d’ampiezza estremamente ridotta, dell’ordine del micron, ma veloci, potendosi agevolmente operare nell’ambito delle decine di kilohertz.

4.1 Dai wedge motor ai travelling waves UltraSonic Motor

Le prime applicazioni si fanno risalire a Barth [2] con un rotore che ruota in un senso o nell’altro a seconda di quale vibratore viene eccitato.

1 Qui di seguiti il significato di alcuni acronimi ricorrenti:

• USM: UltraSonic Motor • BSUSM:BarShaped USM

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Più tardi Gromakovskii [15] riduce ad uno solo il numero di corpi vibranti disponendo l’eccitatore in posizione tangenziale.

Sashida [48], nel 1980, realizza un motore analogo ai precedenti ma basato sul vibratore di Langevin: qui l’elemento eccitatore è disposto parallelamente all’asse di rotazione e grazie alla contrazione piezoelettrica sollecita con un impulso il rotore, che continua a muoversi per inerzia mentre il piezoelettrico “ricarica” l’impulso successivo.

(3)

Questi primi dispositivi, classificabili come wedge motor, erano veloci, efficaci e di semplice realizzazione ma di contro avevano una vita molto breve a causa della grossa quota di usura per attrito dovuta ai continui urti durante il funzionamento.

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Lo stesso Sashida, ma già qualche tempo prima il lituano Bansevicius, troveranno un modo più efficace di sfruttare le vibrazioni nei motori eliminando ogni organo cedente e delegando la trasmissione del moto alle stesse onde acustiche e realizzando così i Travelling Waves USM [48].

I motori ultrasonici sono affidabili, leggeri e silenziosi, di minimo ingombro radiale ed assiale e con un ottimo rapporto coppia/peso; inoltre, l’aver trasformato l’elemento vibrante in semplice eccitatore, da “percussore” che era, ha drasticamente ridotto l’incidenza dell’usura da attrito in queste macchine. Non trascurabile osservazione è che l’approccio delle onde viaggianti consente di realizzare motori a più gradi di libertà, come traslazioni piane o rotazioni di cerniere sferiche.

4.2 Principi di funzionamento di un USM; onde viaggianti e stazionarie

In un USM le vibrazioni di piccolissima ampiezza ed elevata frequenza della parte fissa devono venir convertite in un movimento continuo della parte mobile. Per fare ciò si deve trovare il modo d’integrare tutti questi movimenti oscillatori microscopici, sommandoli in un movimento macroscopico.

In generale, per loro natura, le oscillazioni sono movimenti periodici intorno ad un punto d’equilibrio: un punto materiale solidale ad un corpo vibrante percorre la traiettoria chiusa del punto geometrico del corpo stesso e non per questo si muove dalla sua posizione sul corpo giacché la sua posizione d’equilibrio non cambia. Perché tale punto materiale possa spostarsi sul corpo vibrante è necessario che l’oscillazione possa esser distinta in una fase motrice (attiva, nella quale il punto materiale viene trascinato nell’oscillazione del punto

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geometrico) ed una di recupero (passiva, dove il punto materiale della parte mobile abbandona il punto geometrico statorica che prosegue nella sua oscillazione).

Per ottenere questo risultato sono attuabili diverse strategie: la prima, anche in ordine storico, è quella dei motori basati sul vibratore di Langevin (wedge motor) nei quali la parte mobile è posta in movimento dagli urti che le imprime l’attuatore vero e proprio. In questo caso la fase motrice è data dal periodo di contatto del vibratore con la parte mobile che, posta in movimento da quest’impulso, continua per inerzia il proprio moto mentre il vibratore percorre la sua fase passiva nella quale si “ricarica”, per così dire, per la successiva nuova fase attiva.

Negli inchworm motors lo spostamento lineare è invece dato da espansioni successive di segmenti adiacenti di materiale piezoelettrico. In questi motori ogni segmento si comporta in modo attivo o passivo spingendo la parte mobile in passi successivi. Il punto materiale della parte mobile (integrando i micromovimenti) passa sotto segmenti attivi diversi nel corso del macromovimento.

I TWUSM usano invece la sovrapposizione di due onde stazionarie sfasate nel tempo e nello spazio per realizzare, all’interfaccia fra statore e parte mobile,

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moti oscillatori nei quali il punto materiale, questa volta considerato appartenente allo statore, percorre traiettorie ellittiche nelle quali si ravvisano le fasi motrice e di ricupero. In linea di principio, nel tratto superiore dell’ellisse, i punti materiali di statore e parte mobile si considerano coincidenti e pertanto la parte mobile viene a spostarsi di un tratto pari alla proiezione orizzontale della traiettoria ellittica; nel tratto inferiore dell’ellisse, il punto materiale statorico abbandona il contatto attivo con la parte mobile fino a ritornare ad incontrare un nuovo punto materiale mobile, una volta che quello abbia percorso il tratto ellittico passivo.

Quando una corda tesa è posta in vibrazione, ogni punto della sua deformata si dispone su un arco variando l’ampiezza della propria vibrazione a seconda della posizione sulla corda ma mantenendo, a meno di fenomeni dissipativi, in un certo intervallo di tempo, la medesima frequenza d’oscillazione. Tali oscillazioni sono proprie di ogni punto della corda e caratterizzano un’onda stazionaria, tipica, ad esempio, delle corde degli strumenti musicali. Il punto materiale, pensato appartenente alla corda, compie un’oscillazione verticale di ampiezza e frequenza costanti.

Si consideri un’onda di lunghezza d’onda L come in figura.

Figura dell’onda

Per ogni punto della deformata dell’onda l’ampiezza istantanea dell’oscillazione è dipendente dalla posizione e dal tempo:

z f x t( , ) la sua espressione è:

(7)

z C sin x L



⋅ ⋅sin

(

ω t⋅

)

dove C è una costante, L è la già menzionata lunghezza d’onda, ω è la pulsazione.

Tale espressione può scriversi, indicando con A la parte costante:

z C sin x L



⋅ ⋅sin

(

ω t⋅

)

A sin⋅

(

ω t⋅

)

(F4.2.1)

Consideriamo ora un segmento di lunghezza h ortogonale alla deformata nel punto di contatto; l’estremità del segmento risulta spostata di una quantità x a causa dell’inclinazione θ del segmento.

L’angolo θ dipende dalla sola x e rappresenta la derivata di z rispetto a x

θ x( ) xz d d C L cos x L



⋅ ⋅sin

(

ω t⋅

)

La coordinata x dell’estremo del segmento ortogonale in P alla deformata dell’onda, considerando che per piccoli valori del seno questo può esser confuso con l’angolo corrispondente, sarà pari a:

x θ x( ) h⋅ C h⋅ L cos x L



⋅ ⋅sin

(

ω t⋅

)

x C h⋅ L cos x L



⋅ ⋅sin

(

ω t⋅

)

x0 sin ω t⋅

(

)

(F4.2.2)

dalle F4.2.1 e F4.2.2, si può vedere che il punto P si muove lungo un segmento di retta, infatti:

(8)

da x x0 sin ω t⋅⋅

(

)

si ottiene

sin

(

ω t⋅

)

x x0 che, sostituita in z z0 sin ω t⋅⋅

(

)

z z0 x

x0 ⋅

che è l’equazione di una retta.

Se su segmenti come questo si spostano i punti dello statore non sarà possibile trasferire spostamenti al rotore.

Infatti se, come detto più sopra, la parte mobile è trascinata in movimento dagli spostamenti vibrazionali dello statore, un punto che percorra una traiettoria rettilinea non può conferire alla parte mobile micromovimenti movimenti orizzontali sommabili in un macromovimento perché:

se il punto appartiene alla linea deformata dell’onda stazionaria questo seguirà esclusivamente traiettorie verticali;

se, invece, il punto è l’estremità del segmento descritto poco sopra, per ogni punto P che fornisca un contributo orizzontale in un verso ne esisterà uno Ps, simmetrico al quale sarà associato un uguale segmento che ne fornirà uno uguale ed opposto.

Si rende quindi necessario il ricorso ad onde che non siano stazionarie ma che traslino.

Sovrapponendo due onde stazionarie sfasate nello spazio e nel tempo di un dato angolo è possibile ottenere un’onda viaggiante:

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Col medesimo significato di simboli avremo:

z 1 A sin⋅



Lx

⋅sin

(

ω t⋅

)

z 2 A sin



Lx +φ

⋅ ⋅sin

(

ω t⋅ + ψ

)

dove φ e ψ sono gli sfasamenti nello spazio e nel tempo della seconda onda. Se φ e ψ sono entrambi 90°, grazie alle formule di addizione e sottrazione z2

può scriversi:

z 2 A cos⋅



Lx

⋅cos

(

ω t⋅

)

L’onda risultante sarà caratterizzata da una quota ztot somma delle due:

z tot z 1 z 2+

;

z tot A sin



Lx

⋅sin

(

ω t⋅

)

cos x L



⋅cos

(

ω t⋅

)

+



⋅ ; z tot A cos



Lx −ω t⋅

che è la forma di un’onda viaggiante.

Vediamo ora qual è la traiettoria di un punto di una superficie percorsa da un’onda di questo tipo.

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Analogamente a quanto fatto per il caso dell’onda stazionaria possiamo associare un segmento perpendicolare al generico punto per evidenziare la pendenza locale della deformata dell’onda:

se z A cos x L −ω t⋅



⋅ e θ xz d d A L − sin x L −ω t⋅



⋅ allora x θ h⋅ A h⋅ L − sin x L −ω t⋅



anche qui ammettendo la coincidenza del seno col suo angolo per piccoli angoli. Posti Ψ x L −ω t⋅ e B A h⋅ L − ,

le coordinate sul piano x-z del generico punto dell’onda viaggiante sono quindi: z A cos⋅

( )

Ψ

x B sin⋅

( )

Ψ dalle quali si giunge a

z

A cos

( )

Ψ x

B sin

( )

Ψ

(11)

z A



2 x B



2 + 1

che è l’equazione di un ellisse.

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4.2.1 Due tipi di onde

Nei solidi in vibrazione possono instaurarsi perturbazioni di due tipi diversi note come onde di Rayleigh e onde di flessione, le prime caratterizzate da riduzioni d’ampiezza esponenziali con la profondità, le seconde dall’andamento sinusoidale di tutto lo spessore interessato2.

Le onde di Rayleigh non hanno applicazioni negli USM perché, se pure presentano anch’esse la caratteristica che i punti della superficie dei solidi percorsi da tali perturbazioni percorrono traiettorie ellittiche e questa evenienza viene sfruttata nei rotori ultrasonici come azione motrice [48], le lunghezze d’onda relative ad una frequenza eccitatrice di 40kHz risultano eccessive quando provocate in barre d’acciaio o bronzo (che sono i materiali usati attualmente nei TWUSM per realizzare i comb tooth ring).

Figure 1: onda di Rayleigh

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Figure 2: onda di flessione (flexural wave)

4.2.2 principio di funzionamento di un USM lineare

Nei motori lineari i corpi vibranti sono posti alle estremità della rotaia che funge da statore. Sullo statore può scorrere una slitta; essa costituisce la parte mobile. A seconda della direzione che si vuol dare al moto della slitta, i due corpi vibranti fungeranno da generatori o assorbitori di vibrazione. Ciò è necessario per evitare che l’onda, generata ad un’estremità, si rifletta alla fine della rotaia provocando interferenze con le onde che la seguono.

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Un’onda viaggiante dunque si muove lungo il mezzo perturbato rimbalzando all’indietro quando non può proseguire. Tale fenomeno (ampiamente sfruttato in applicazioni come l’ecografo e il sonar) suggerisce, con la monodimensionalità della traslazione, l’adottare una configurazione circolare per ottenere un moto continuo.

Ripiegando idealmente su se stesso il motore mostrato in figura si può ottenere un anello

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Ma si tratta pur sempre di una configurazione limitata nell’escursione della parte mobile.

Per ottenere un movimento continuo sarebbe necessario richiudere a cerchio un tratto di rotaia di lunghezza tale da poter ospitare un numero finito di onde in relazione ai suoi modi di vibrare.

Ponendo cioè in vibrazione una trave ne si dovrebbe trarre un segmento di lungo n volte la lunghezza d’onda e congiungerne le estremità.

Questa situazione, evidenziata in figura, suggerisce la configurazione di un USM rotativo.

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USM rotativi a onda viaggiante

Un motore a ultrasuoni è composto da uno statore ed un rotore. Lo statore è costituito da un anello di materiale piezoelettrico realizzato in settori di cerchio che si susseguono con polarità opposte e che possono essere eccitati singolarmente, ad esso è accoppiato un anello dentellato (comb tooth ring) che costituisce l’elemento di trasferimento del moto al rotore. Quest’ultimo è un semplice anello premuto contro la superficie dentellata dello statore.

Eccitando sequenzialmente i settori piezoelettrici si induce un’onda viaggiante in un verso nell’anello statorico a denti.

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I punti di contatto del comb tooth ring con l’anello rotorico seguono traiettorie ellittiche3, quando vengono attraversati dalla perturbazione ondulatoria, accentuate dalla forma parallelepipeda del risalto. Accade infatti che la zona inferiore (intera) del comb tooth ring, sottile rispetto all’altezza dell’intero anello statorico segua, nelle contrazioni ed espansioni del sottostante piezoelettrico, una deformazione pseudosinusoidale che, al colmo dei risalti, viene amplificata dall’essere i risalti assimilabili ad aste incastrate su un telaio oscillante. Il moto dunque si trasferisce al rotore perché quest’ultimo, premuto contro il corpo vibrante viene trascinato nella fase motrice della traiettoria ellittica (la cresta dell’onda). Il moto del rotore avviene in senso opposto a quello di propagazione dell’onda vibratoria.

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4.3 Caratteristiche di un USM

Un USM presenta alcune rimarchevoli caratteristiche:

1. strutturalmente è molto semplice, solitamente non ha parti interne in movimento mutuo, non presenta manovellismi e non ha necessità di lubrificazione o particolare manutenzione,

2. quando non alimentato è fermo, non può girare folle, 3. è compatto, presenta ingombri minimi assiali e radiali

4. è silenzioso in quanto opera a frequenze che superano la soglia umana dell’udibile,

5. presenta elevata coppia alle basse velocità e con questo non si rendono necessarie riduzioni meccaniche con conseguente elevato rendimento 6. non produce campi magnetici ed ha basse emissioni elettromagnetiche 7. richiede voltaggi di alimentazione inferiori ai 60-100V grazie ai

piezoelettrici di nuova concezione.

4.3.1 Bar Shaped USM

Nel corso dell’ultimo decennio sono stati proposti numerosi motori piezoelettrici lineari e fra questi gli USM cosiddetti Bar-Shaped (o Rod-Shaped) di dimensioni le più varie e solitamente capaci di 2 DoF [57], [58], [60], [61].

Tali motori sono usualmente costituiti da una pila (stack) di anelli di materiale piezoelettrico i quali, opportunamente eccitati, sfruttando la sovrapposizione delle deformazioni longitudinali e flessionali, deformano l’asta verticale

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determinando movimenti ellittici della punta, che trasmessi per attrito al rotore diventano movimenti piani, rotatori.

Ricordiamo che un USM vanta una semplice costruzione meccanica, è capace di funzionare in ampi range di velocità senza bisogno di riduzioni meccaniche, è silenzioso e mantiene la posizione -peraltro raggiunta con alta precisione- senza bisogno di alimentazione.

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Vediamo una rassegna dei principali tipi di USM lineari [21]

Inch Worm Motor

Motori lineari che espandendo o contraendo in ordine prestabilito elementi piezoelettrici guidano in una direzione una barra. L’ampiezza di ogni ciclo è legata alla capacità di espandersi del piezoelettrico mentre la forza di bloccaggio, ovvero la capacità di mantenere la posizione raggiunta, è legata all’attrito, come pure la capacita di trasmettere forza.

Micro Push Motor

Gruppo vasto di motori che sfruttano la composizione di moti flessionali e longitudinali della struttura che possiamo identificare come statore per ottenere movimenti ellittici i quali, trasmessi al rotore, vengono trasformati in moti rettilinei o circolari in un altro piano.

Come negli altri USM, è bene ricordare, il moto è trasmesso al rotore tramite le normali forze d’attrito che si generano all’interfaccia.

Il principio di funzionamento è di scuola russa e risale agli anni ’70 del novecento. La sua semplicità ne ha significato la diffusione; se ne trovano diverse applicazioni anche con statori complessi o multipli.

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Inertia Slip Motor

Sulla base del meccanismo di stick-slip durante la deformazione gli elementi piezoelettrici trasmettono forza alla parte mobile del motore fintantoché sussistono condizioni di aderenza. Quando queste vengono a mancare, la parte mobile, il rotore – per semplicità – abbandona il contatto e continua il proprio moto per inerzia, e pertanto a velocità costante, fino alla nuova adesione.

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Travelling Wave Motor

Sfruttano il medesimo principio di funzionamento dei motori rotativi tipicamente utilizzati negli obbiettivi delle fotocamere. La loro versione lineare è viziata dalla scarsa efficienza e dalla complessità del disegno.

Alcune realizzazioni sono quelle di Morita, Kurosawa e Higuchi [57] che nel 1998 realizzarono un SDOF BSUSM di piccole dimensioni (1.4 mm di diametro, 5 mm di lunghezza) per dimostrare i vantaggi di questo tipo di dispositivi come microattuatori. Si tratta di un micropush con in testa un rotore d’acciaio inossidabile realizzato in forma conica per evitare slittamenti indesiderati e promuovere l’aderanza. La parte attiva e’ una colonnina in titanio con pellicole di PZT polarizzate nel senso dello spessore. Questo tipo di motore sfrutta il primo modo flessionale di vibrare; a seconda dello sfasamento del segnale elettrico rispetto agli spostamenti legati alla vibrazione, il rotore assumerà un verso di rotazione o l’altro.

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Figure 3: il motore di Morita

Una via simile fu seguita da Dong [61] per un attuatore analogo ma con tutta la parte attiva in materiale piezoelettrico.

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I SDOF BSUSM hanno di solito rotori a simmetria cilindrica giacché questi devono ruotare intorno ad un asse coincidente con quello dello statore.

Motori di questo tipo possono essere realizzati anche in versione 2DoF. In questo caso il rotore è una sfera poggiata sullo statore in un alloggiamento troncoconico, questa può esser portata in rotazione su due piani eventualmente combinabili per ottenere una rotazione su un piano diverso da quello delle oscillazioni.

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4.4 USM a più gradi di libertà

Finora abbiamo considerato le onde acustiche muoversi in una direzione e le abbiamo viste sfruttate in motori, che quand’anche ritorti su se stessi a formare un anello, erano pur sempre lineari.

Il già citato R. Bansevicius [53], Amano [1], Takemura [41] e Toyama [42] hanno presentato dispositivi ultrasonici a più gradi di libertà che però mancano ancora di un sistema di controllo che permetta di pilotare il rotore in ogni direzione, inoltre hanno prestazioni di coppia ancora troppo basse rispetto ai concorrenti motori elettrici tradizionali.

Per gli scopi che ci prefiggiamo il basso valore di coppia non è limitante in quanto l’attuatore tattile sarebbe costituito da un array di microattuatori, ognuno dei quali è un USM a 3 gradi di libertà.

4.5 Un USM a 3 gradi di libertà

I motori fin qui descritti, fatte salve le insolitamente ridotte dimensioni longitudinali, sono prossimi all'idea di motore, con rotore e statore coassiali, e pertanto, pur nella loro particolarità, legati all'unico grado di libertà esplicabile, quand'anche reversibilmente, formando rotore e statore una cerniera cilindrica.

Nella ricerca di un motore a più DOF si è ripercorsa la strada della riduzione degli eccitatori già vista negli USM “tradizionali”: Toyama, con l’intento di ottenere un attuatore singolo con più gradi di liberta che possa essere l’equivalente robotico di un polso o una spalla umana, ne propone uno con tre o quattro statori che avvolgono un rotore sferico a 2 DOF

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inducendone la rotazione; ma gli statori momentaneamente passivi di volta in volta in contatto con il rotore dissipano per attrito una tale quota di energia da spingere a cercare altre vie.

Il motore di Toyama [42], [43], rispetto al precedente motore sferico (elettrico) di Laithwaite4 [54], presenta i seguenti vantaggi:

• bassa velocità ed alta coppia • inutilità di sistema frenante • struttura semplice e leggera Le prestazioni si riassumono in:

• 30 rpm (vel. max) • 70 N mm

• 0.3 mm massimo errore di posizionamento

Il principio di funzionamento del motore rimane identico, con il rotore mosso dall’onda viaggiante indotta dall’eccitazione piezoelettrica dello statore, anche qui dotato di comb tooth ring che amplifichi la vibrazione, perfettamente sovrapponibile al motore tradizionale di Sashida tranne per il fatto di avere una sede sferica. Per ottenere due gradi di liberta è stata fatta la scelta di operare con statori dedicati, e per aumentare la coppia in

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Uscita, gli autori hanno deciso per due statori per grado di libertà accettando lo svantaggio della maggior quota di energia perduta in attrito quando il motore funziona come si vede in figura

:

Ridurre l'attrito degli statori passivi porta a pensare di ridurre al minimo gli statori: sono diversi i motori con un singolo statore capaci di più DOF.

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Takemura [41], [50], [51], [52], sulla via del già citato Bansevicius (autore di un motore simile a ben 6DOF di difficile realizzazione) propose un motore a 3DOF con un rotore “improprio” in quanto forma con lo statore una coppia sferica: lo statore è una colonna vibrante e il rotore una sfera, appoggiata in una apposita sede sullo statore, mancando però di ottimizzare la struttura dello statore e la zona di contatto fra statore e rotore.

Un motore di questo genere è stato poi realizzato da Takemura e altri [52] utilizzando una colonna di anelli piezoelettrici impilati ed una sfera di acciaio. Sono già stati introdotti i concetti di onda viaggiante e onda stazionaria e la distinzione degli USM che sfruttano le prime o le seconde: per sfruttare un'onda viaggiante come fenomeno motore (driving force) si modulano due vibrazioni simili mentre un'onda stazionaria si ottiene operando con due differenti modi di vibrare. I punti sulla superficie rotorica di una USM tradizionale si spostano, grazie all'attrito, secondo un ovale dato dalla sovrapposizione di due vibrazioni secondo quelle che si chiamano figure di Lissajous5.

Lo stesso principio è sfruttato in questo motore, basato sul controllo dei modi di vibrare dello statore: essendo una pila di dischi di materiale piezoelettrico, può essere innanzitutto variata la sua dimensione longitudinale e agendo opportunamente su gruppi di dischi si può promuovere l'oscillazione della colonna secondo i principali modi propri di vibrare. Utilizzando tali deformazioni elastiche di flessione in concomitanza con le contrazioni longitudinali è possibile imprimere al rotore una rotazione intorno ad un asse orizzontale o verticale. Si può fare

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in modo di scegliere due piani ortogonali e con ciò due assi di rotazione ortogonali; combinando le flessioni dello statore in piani ortogonali si può far ruotare la sfera in qualsiasi direzione. Un tale motore è dunque un motore ibrido: a onda viaggiante (che utilizza i due modi flessionali), a onda stazionaria (quando si sfrutta un modo flessionale ed il principale modo longitudinale) (vedi fig.1 di Takemura, “Dev. of a bar shaped...”). In figura si vede come eccitando (con differenza di fase di 90°) a due a due le vibrazioni dello statore si produce la rotazione del rotore.

Takemura e Kojima [52] stilano un efficace elenco di requisiti che può esser preso come guideline di specifica per la progettazione di un motore a ultrasuoni a più gradi di libertà a sviluppo verticale (i.e.: USM MDOF “bar-shaped”):

1. i tre modi propri di vibrare devono avere frequenze proprie uguali o multiple

2. la direzione della vibrazione di un punto sullo statore per i tre modi di vibrare siano mutuamente perpendicolari così che le figure di Lissajous di ognuno risultino su piani perpendicolari

3. la struttura dello statore sia semplice e facilmente miniaturizzabile 4. i tre modi propri siano semplici, di basso ordine e abbiano basse

frequenze proprie così che non vengano eccitati modi non necessari.

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In questo motore i pzt sono posti lungo l’asta, suddivisi in tre strati, due dei quali dedicati ai moti flessionali (disposti in modo da ottenere flessioni in piani mutuamente ortogonali) ed il terzo al moto longitudinale di estensione. A loro volta gli strati sono composti di tre elementi piezoelettrici, due dei quali attuano il movimento, il terzo serve da sensore per rilevare la vibrazione.

In seguito ad analisi FEM gli strati pzt sono stati disposti lungo l’asta dove maggiormente potevano meglio eccitare i modi propri di vibrare ovvero dove la deformazione risultava maggiore.

Tale USM e’ vincolato al telaio grazie ad una piastra con quattro asole posta all’incirca nel mezzo dell’asta dove, in seguito all’analisi modale condotta col metodo di Lanczos6 appare minore l’influenza di un vincolo

sulle oscillazioni vibratorie.

Nella zona di contatto un anello di materiale polimerico costituisce l’interfaccia fra rotore e statore. Le vibrazioni dello statore determinano, per il tramite delle deformazioni elastiche dello strato deformabile, le azioni sul rotore7, con meccanismo d’amplificazione analogo al comb tooth ring ma con considerazioni tribologiche affatto diverse.

Secondo gli autori, nella zona di contatto si determinano ellissi, luoghi dei punti di contatto quando nei piani coordinati, sfasate di 90, si compongono le vibrazioni. Per ragioni espresse in 5.3, le ellissi di Lissajous vengono percorse con velocità non costanti e pertanto la linea tangente al rotore nel punto di contatto dovrebbe essere parallela all’asse maggiore

6 Lanczos, C. J. Soc. Indust. Appl. Math. Ser. B: Numer. Anal. 1, 86-96, 1964 7

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dell’ellisse. Tale considerazione porta a conformare la zona di contatto statore-rotore come un tronco di cono. Nel capitolo 5 si vedrà come tale giusta osservazione contrasti con la possibilità di avere configurazioni “veloci” simmetriche delle ellissi di Lissajous.

Estendendo all’asse minore il medesimo ragionamento questo torna ad assumere validità.

Il principio di funzionamento, gia richiamato in 3.1.4, sta nella trasmissione del moto grazie alle azioni vibratorie dello statore. Lo statore di questo motore comprende elementi attivi che deformano l’asta in senso flessionale e longitudinale. Tali deformazioni avvengono in tempi paragonabili ai corrispondenti periodi proprio della struttura. In questo modo si porta lo statore a vibrare in condizioni prossime a quelle di risonanza, con conseguente amplificazione degli spostamenti. La combinazione dei modi di vibrare determina particolari movimenti della sede statorica rispetto al rotore e con ciò un’azione esterna rispetto a quest’ultimo che lo mette in movimento.

Perché il rotore possa effettivamente girare e’ necessario il suo periodico distacco dalla sede statorica, alla quale peraltro dovrà risultare solidale nei periodi complementari in modo da esser soggetto all’azione motrice.

Tale azione discontinua ha luogo grazie ad una mediazione fra grandezze concorrenti:

1. la rigidezza delle superfici di contatto: un contatto troppo rigido fra le superfici comporta facili slittamenti fra le superfici dure, al contrario un contatto troppo morbido ne impedisce il distacco

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2. il precarico del rotore sullo statore: analogamente al punto superiore, un precarico ridotto favorisce lo slittamento quindi la velocità di rotazione del rotore, un precarico elevato ne riduce la velocità fino al rischio di mancato distacco e quindi di assenza di velocità relativa; inversamente all’andamento della velocità aumenta la coppia erogata

3. l’inerzia della sfera: le vibrazioni dello statore devono essere tali da far ruotare la sfera intorno al suo baricentro, senza cioè che essa segua rigidamente le oscillazioni di bending e bouncing dello statore. Dev’essere la stessa inerzia della sfera a mantenerne il baricentro in una posizione che possa essere considerata immobile rispetto ai movimenti dello statore.

Figura

Figura con le due onde sfasate
Figure 1: onda di Rayleigh
Figure 2: onda di flessione (flexural wave)
Figure 3: il motore di Morita

Riferimenti

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