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3. Evoluzione dell’esplorazione e caratterizzazione geotermica dell’area

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Academic year: 2021

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3. Evoluzione dell’esplorazione e caratterizzazione geotermica dell’area

Il primo pozzo, profondo pochi metri, destinato all’industria chimica per la produzione di acido borico, fu perforato nel campo geotermico di Larderello nel 1832 (U.G.I., Settembre 2006), ma solamente nei primi del Novecento, cominciò la perforazione di pozzi (figura 3_1) per raggiungere il serbatoio geotermico più superficiale, ospitato all’interno delle formazioni carbonatico-anidiritiche dell’Insieme Toscano, e reperire vapore per la produzione di energia elettrica.

Queste prime perforazioni, sebbene l'area perforata fosse molto piccola, produssero una grande quantità di vapore. In particolare tra il 1926 e il 1940 furono perforati 136 pozzi (l'82% dei quali produttivi) su un'area minore di 4 km2, la stessa area sfruttata dall’industria chimica per più di cento anni.

Tra il 1940 e il 1950 l'area esplorata fu praticamente raddoppiata (circa 7 km2) fino a coprire, alla fine degli anni 70, circa 180 km2 con la perforazione di 69 nuovi pozzi.

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Anche nell’area di Travale, oggetto di questa tesi, l’attività di perforazione cominciò, nei primi anni ’50, in prossimità di manifestazioni naturali immediatamente a NE di Travale (figura 3_2 e 3_3) con pozzi profondi poche centinaia di metri. La campagna esplorativa è proseguita, per tutti gli anni ’70, con pozzi poco profondi, entro 1000 m, estendendosi poi verso nord nei primi anni ’80 con pozzi che hanno raggiunto profondità comprese tra 1300-2500 m (Rapporto interno ENEL), rimanendo comunque all’interno del serbatoio carbonatico-anidritico.

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Dal punto di vista della produzione e della successione cronologica delle perforazioni, sono stati definiti quattro campi principali all’interno dell’area considerata: “Superficiale”, “Horst”, “Graben” e “Profondo” (Barelli et alii, 1995). Nel 1972, con la scoperta del nuovo campo di Travale, iniziò la produzione di energia elettrica e la portata è andata gradualmente aumentando sino a raggiungere circa 130 kg/s.

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Se si osserva l'andamento delle isoterme al tetto del serbatoio carbonatico-anidritico, che raramente supera 1.000 m di profondità, i campi di Larderello e Travale non appaiono continui (figura 3_4). Le isoterme mettono in luce due massimi di temperatura (>250°C) corrispondenti alle zone più permeabili e strutturalmente più elevate del serbatoio. I due campi risultano separati da un'area a bassa temperatura a causa della circolazione di acque meteoriche che penetrano nel serbatoio attraverso gli affioramenti permeabili (Zona delle Cornate, Montieri, ecc.).

In entrambi i campi, ma specialmente in quello di Travale, la depressurizzazione riscontrata nel primo serbatoio a seguito della coltivazione della risorsa geotermica spinse l’esplorazione all’interno delle formazioni metamorfiche, individuando in esse un potenziale serbatoio profondo (secondo serbatoio).

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A partire dal 1974, fu avviato un programma di prospezione sismica a riflessione proprio con lo scopo di contribuire alla individuazione di potenziali target geotermici all’interno del basamento metamorfico. Questa è una metodologia molto efficace nell’esplorazione della crosta nei primi 10 km di profondità.

Con le recenti perforazioni profonde è stato ricostruito l’andamento delle temperature a 3000 m di profondità che risulta più uniforme di quello precedente. Questa ricostruzione mostra che i due campi costituiscono in realtà un unico e ampio sistema geotermico profondo che si estende su circa 400 km2 (figura 3_5).

I dati strutturali, idrogeologici e termodinamici indicano che i due serbatoi, superficiale e profondo, sono a vapore dominante e in continuità vaporstatico, ma, a differenza del serbatoio superficiale, quello profondo è caratterizzato da livelli permeabili discontinui, disomogeneamente distribuiti, e intervallati da forti spessori di rocce a bassa Fig. 3_5. Le isoterme a 3000 m di profondità mostrano come l’esplorazione profonda ha evidenziato un unico ampio sistema geotermico. Da Bertani et alii, 2005.

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permeabilità. Queste barriere verticali di permeabilità, specialmente per il campo di Travale, garantiscono una forte ripresa delle temperature in profondità. L’esplorazione del serbatoio profondo a Travale, iniziata nel 1984, ha individuato infatti, al di sotto del primo serbatoio, orizzonti produttivi non drenati sino alla profondità di 4.500 metri. Questi orizzonti sono presenti anche nelle zone di affioramento delle rocce carbonatiche del primo serbatoio, inizialmente non investigate perché ritenute raffreddate dall’infiltrazione di acque meteoriche

Nei primi anni ’90 è stato avviato un programma di esplorazione profonda con pozzi di oltre 3500 m.

Sulla base dei dati di pozzo e delle prospezioni geofisiche di superficie, è stato possibile costruire un modello concettuale (figura 3_6) che presenta le seguenti caratteristiche. Il ”primo reservoir”, superficiale, il cui tetto è a profondità compresa tra 500 e 1500 m, ha Tmax di 250°C e pressione di 10-30 bar. Il vapore è ospitato all’interno delle formazioni calcaree e anidritiche dell’Insieme Toscano e delle Scaglie Tettoniche, caratterizzate da media-alta permeabilità. Le zone fratturate di questo serbatoio sono principalmente distribuite in una fascia di spessore relativamente ridotto (150 m), al tetto delle formazioni carbonatico-evaporitiche, la cui porosità è mediamente del 2% circa. La fascia ad alta permeabilità è situata quindi immediatamente al di sotto del contatto tra le formazioni di copertura e il serbatoio ed è particolarmente accentuata in corrispondenza degli alti strutturali del serbatoio stresso. La permeabilità decresce rapidamente allontanandosi dal contatto e all’aumentare dello spessore della formazione anidritica (quando presente).

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Il “secondo reservoir”, profondo, è ospitato nelle formazioni del basamento metamorfico ed è caratterizzato da pressioni di 60-70 bar e temperature comprese tra 300 e 350°C a profondità comprese generalmente tra 3000 e 3500 m. La porosità di queste formazioni è molto bassa (1%) e la fatturazione/permeabilità è distribuita in maniera molto più disomogenea rispetto al serbatoio superficiale.

Non corrispondendo ad uno specifico orizzonte geologico, il tetto di questo serbatoio viene fatto convenzionalmente coincidere con l’isoterma di 300°C, mentre la base con l’isoterma di 350°C, temperatura al di sopra della quale le rocce sono statisticamente meno fratturate e permeabili.

Recenti studi, basati essenzialmente sull’integrazione di dati sismici a riflessione e di pozzo, hanno portato a varie ipotesi interpretative sul significato, in termini di potenziali obiettivi, delle riflessioni sismiche interne al basamento metamorfico e sovrastanti l’orizzonte “K”.

Secondo alcuni autori (Lazzarotto et alii, 2000) possono essere individuate tre principali zone di taglio, immergenti verso Est, che sono interpretate come sede di circolazione di

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fluidi geotermici. Altri autori (Bertini et alii, 2005), associano tali riflessioni, specialmente nel campo di Travale, a intervalli maggiormente fratturati sviluppatisi in corrispondenza di una fascia termometamorfica.

La radice del campo geotermico può essere rappresentato dal marker sismico noto come orizzonte “K”. Sono state proposte negli anni diverse interpretazioni per tale marker: - un cambiamento di comportamento reologico crostale dovuto alla transizione da deformazione fragile a duttile (Cameli et alii, 1993);

- l’ espressione di un piano di taglio ricco in fluidi (Lazzarotto et alii, 2000);

- una fascia cinematica nella parte più bassa della crosta fragile (Bellani et alii, 2004); - un’ aureola termometamorfica di un’intrusione granitica recente, quaternaria (Bertini

et alii, 2006).

Tale intrusione, situata a 8-10 km di profondità s.l.m,, potrebbe rappresentare la fonte di calore in grado di garantire a tutto il sistema una temperatura maggiore di 300°C a 3000 m s.l.m,. L’orizzonte “K”, in questo caso, sarebbe associato alla presenza di fluidi con pressione maggiore di quella idrostatica (Bertini et alii, 2006).

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