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CAPITOLO 6 Discussione

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 6

Discussione

L’osservazione diretta è una fra le principali tecniche usate per lo studio dei grandi Vertebrati ed in particolar modo per i Cervidi. I maggiori impedimenti per uno studio di questo tipo sono la presenza di vegetazione folta, le basse densità delle specie monitorate, gli errori di rilevamento causati dalla fuga dell’animale. Nel versante romagnolo, l’elevata densità delle popolazioni delle quattro specie di ungulati è stato uno dei principali fattori che ha indotto la ricerca, insieme alla presenza di associazioni forestali a fustaia, aperte e con scarso sottobosco, alle quote maggiori. L’assenza di dati pregressi con cui confrontarsi in corso d’opera, la morfologia del territorio con pendii ripidi e la presenza di una copertura boschiva continua, sono risultati fra gli elementi svantaggiosi nel corso del campionamento. Da tenere in considerazione è, anche, l’evidente carattere di soggettività delle osservazioni, a cui si è cercato di ovviare tramite il lavoro di un solo operatore, preparato alla conduzione dello studio dopo un lungo tirocinio. Il presente episodio può essere considerato come un lavoro di indagine dell’area, in previsione di una ampia ricerca pianificata e duratura che porti ad una serie di rilievi confrontabili nel tempo e con altre esperienze.

I percorsi campione sono stati collocati, il più possibile, sfruttando la viabilità presente nell’area di studio: sentieri, mulattiere e piste

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battute; in modo da ridurre il disturbo apportato dal passaggio dell’operatore e cercando di coprire il maggior campo visivo possibile. I fattori climatici e le condizioni meteorologiche sono stati determinanti sia per l’influenza sulla visibilità, sia nel modificare il substrato (per la presenza di foglie secche, acqua e fango, neve o ghiaccio). In alcuni casi la “rumorosità” del substrato diventa un vantaggio per l’avvistamento di quegli animali che tendono a fuggire per il rumore causato (ad esempio il capriolo), che altrimenti non sarebbero stati avvistabili dall’operatore transitato silenziosamente.

Un altro fattore da considerare nello svolgimento di una ricerca effettuata con il metodo delle osservazioni dirette è il disturbo antropico, essendo il Parco un’area frequentata da turisti, che comunque raramente sono contattati dall’operatore, soprattutto nelle uscite all’alba. Una certa influenza sul grado di osservabilità delle specie di ungulati presenti nell’area di studio si ha nel periodo autunnale, con la frequentazione della valle da parte di raccoglitori di funghi e di castagne, i primi reperibili a tutte le ore, anche nei luoghi più isolati, i secondi molto meno “invasivi” e concentrati in porzioni discrete del territorio, segnatamente nei castagneti di Montepezzolo e Rio Petroso. Il disturbo durante la stagione della caccia, al di fuori dei confini del Parco, nelle Aziende Faunistico – Venatorie e nelle zone a caccia programmata interessate da alcuni percorsi (Rio Petroso, Rio Salso), è stato ridotto al minimo eseguendo i percorsi campione nelle giornate di “silenzio venatorio”.

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Evidentemente influente sull’avvistabilità delle diverse specie di ungulati è il fattore vegetazionale, come già esposto. Per valutare l’influenza delle modifiche della copertura vegetazionale, al cambio delle stagioni, con il numero di individui osservati, è stato portato avanti uno studio di “visibilità” nei diversi habitat. Il calo estivo delle osservazioni conferma che il grado di visibilità è variabile con il rigoglio vegetazionale, ma questo non è sufficiente per affermare che la tipologia vegetazionale e i cambiamenti di “copertura” influenzino, in modo esclusivo, l’andamento stagionale degli avvistamenti. Una molteplicità di fattori devono essere messi in conto, primo fra tutti il comportamento degli animali in dipendenza della fase del loro ciclo biologico annuale. Tenendo conto di tutto ciò e della presenza di risorse trofiche “continue” in determinate stagioni e concentrate in altre, ciò che si è rilevato è una distribuzione non omogenea degli avvistamenti lungo i percorsi.

Il daino è la specie più abbondante nell’area di studio e questo lo porta ad una distribuzione pressoché costante nel corso dei diversi mesi di rilievo. Il cervo, oggetto del presente lavoro di tesi, è la seconda specie maggiormente avvistata; abbiamo verificato, nel corso della raccolta dati ed elaborando le risultanze dei censimenti al bramito, una probabile tendenza all’espansione del suo areale, a partire dal versante toscano del Parco, proprio attraverso le valli romagnole, che, con andamento perpendicolare al crinale appenninico, rappresentano “canali” ideali di diffusione per questa specie dall’alta mobilità e dagli ampi home ranges. Inoltre,

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considerando che esso non è sottoposto, come il daino, a caccia di selezione in provincia di Forlì – Cesena, e che dispone, in particolare nella valle adiacente a quella di Pietrapazza, la valle del Bidente di Ridracoli, di estese aree non accessibili ad automezzi ed alla frequentazione umana (Riserva Integrale di Sasso Fratino, Foresta della Lama), è chiaro come esso abbia tutte le possibilità di aumentare consistenze e densità della propria popolazione.

6.1 Struttura di popolazione

La struttura di popolazione del cervo mostra un andamento delle classi di età e sesso piuttosto altalenante nel corso dei mesi di svolgimento della presente ricerca, il tutto riconducibile al relativamente basso numero di osservazioni registrate.

È stata calcolata una Sex – ratio pari a 0.62 (Tab 5.1.3), piuttosto elevata, ma nella normalità per una specie poliginica. Tale valore si può spiegare con la minore longevità maschile in conseguenza della più stressante vita da essi condotta in relazione alla competizione sessuale, inoltre da rilevare la maggiore sensibilità che i maschi di ungulati presentano alle variazioni ambientali ed alle carenze di alimento disponibili (Bergereud, 1971; Clutton – Brock et al., 1982; Robinette et al., 1957). Importante ricordare anche la tendenza all’emigrazione dai luoghi di nascita da parte dei maschi più giovani (Perco, 1972).

Da una struttura di popolazione come quella ottenuta nel presente studio (Tab 5.1.4 - Graf 5.1.1), possiamo riscontrare, nella minor percentuale delle classi maschili rispetto alle classi femminili, un

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aspetto tipico di una specie poliginica, che prevede per ogni maschio dominante, un harem costituito da un numero di femmine variabile.

Recentemente è stato rilevato come viene influenzata la sex – ratio dalle condizioni ambientali: le femmine dominanti, in buono stato di salute, nel pieno delle loro capacità riproduttive, in un ambiente favorevole, partoriscono figli maschi, invece all’aumentare della densità della popolazione, quindi dello stress per i singoli individui, vengono partorite, più femmine (Kruuk, 1999).

Un dato che può confermare la tendenza alla crescita di questa popolazione è nei Graff 5.1.3 – 5.1.4 – 5.1.5, dove sono rappresentate le percentuali di maschi adulti e giovani, femmine adulte e sottili e le percentuali totali di adulti, giovani e piccoli. Si osserva oltre alle elevate percentuali riferite alla componente adulta nei diversi mesi di studio, un’alta percentuale delle classi giovanili al di sopra ed al di sotto dell’anno di età. Anche considerando il rapporto piccoli/femmine adulte (poiché sono quelle mature socialmente, quindi con più facile accesso all’accoppiamento) (Tab 5.1.3), che mostra un valore pari a 0.43 (sufficiente, considerando fattori ambientali difficili ma non proibitivi per i piccoli nel primo anno di vita), si denota una discreta produttività della popolazione. In particolare, considerando il clima dell’area di studio, rigido e nevoso d’inverno e umido-piovoso fin dall’estate, l’influenza di esso sulla sopravvivenza dei piccoli può essere significativa (Clutton – Brock et al., 1998). Da citare la presenza del lupo, che preda

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preferenzialmente le classi più giovani, anche se la sua influenza sul cervo non sembra, per ora, rilevante nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Mattioli et al., 1995).

È interessante confrontare i risultati maturati in questo anno di ricerca, con rilievi su altre popolazioni di cervo, italiane ed europee, viventi in situazioni ambientali diverse per vegetazione (come l’isola di Rhum, nell’arcipelago delle Ebridi, dove la copertura arborea è praticamente assente), o presentanti similitudini ecologiche con l’area di studio (i quattro distretti forestali polacchi nei quali troviamo condizioni di simpatria tra varie specie di ungulati, senza però il controllo predatorio del lupo). Lo studio effettuato nella Foresta di Camaldoli dal 1993 al 2000 è, sicuramente, quello con cui è possibile effettuare confronti più “sensati”, per similitudini ambientali (entrambe le aree di studio sono nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi) e per la tipologia di dati presentati.

La situazione nella nostra area ci mostra densità molto più basse rispetto a quelle registrate nell’isola di Rhum o alla Mandria. I valori dei parametri strutturali possono considerarsi in linea con quelli mostrati nelle altre zone: la proporzione tra i sessi è a favore delle femmine, secondo una tendenza che sembra essere naturale, il valore limitato misurato per la nostra area è paragonabile con il minimo calcolato sull’isola di Rhum all’aumentare delle femmine sul totale della popolazione; il rapporto piccoli/femmine è sufficiente, comprensibile in una situazione di difficoltà

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ambientali, con inverni freddi (come nell’isola di Rhum), con la presenza del lupo (assente alla Mandria).

Fonte e anno Valle di Pietrapazza 2004-2005 Foresta di Camaldoli 1993-2000 Dziecolowsky 1979 Clutton-brock et al. 1982 Meneguz et al 1984 Cicognani et al. 1997

Località Pietrapazza Camaldoli Polonia Rhum (GB) La Mandria (TO) Ridracoli % bosco > 80% 95% alta 0 - - Quota (m s.l.m.) 450-1500 600-1500 - 0 0 450-1520 Densità (capi/100ha) 2,55 1,63 - 15 35 7,3 % maschi 30 20,5 - - 26 28,85 % fusoni 2 4,7 - - 8,4 - % femmine 51 54,5 - - 42,72 47,01 % piccoli 17 20,4 24 - 22,91 24,14 Sex ratio (mm tot/ff tot) 0.51 0,48 0,78 0,58-11 0,61 0,61 Rapporto piccoli/femmine ad 0.43 0,38 - 0.4 0.54 0,51

Tab 6.1 Confronto fra cinque popolazioni di cervo

Un interessante raffronto risulta essere tra le risultanze della presente ricerca e il lavoro di censimento effettuato, nel 1997 (Cicognani et al.), nella confinante Valle del Bidente di Ridracoli. Si può notare come i dati strutturali non si discostino di molto tra loro. Per quanto riguarda le densità, da dire come, per l’area dei Ridracoli, si fa riferimento ad un’area intensiva censita molto più ampia rispetto a quella del presente studio. Inoltre il dato di densità qui presentato per la valle di Pietrapazza è riferito a tutta la superficie dell’area di studio e non esclusivamente all’area

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intensiva di bramito. Se così fosse stato avremmo avuto un dato di 6,8 capi/100 ha, in linea a quanto mostrato nel lavoro di Cicognani per la valle di Ridracoli. La popolazione di cervo mostrata dalle risultanze di questa ricerca sembra aver raggiunto una sufficiente stabilità, con la componente adulta piuttosto rappresentata, lo “zoccolo duro” per un futuro nucleo stabile nella valle di Pietrapazza. Il reclutamento di giovani è assicurato dalla sufficiente produttività mostrata nonostante le difficoltà ambientali presenti nella zona esaminata; la componente giovanile, costituita in particolare dai maschi di meno di 3 anni e dalle femmine di meno di 2 anni, presenta un buon peso nella struttura globale. L’immagine che ne esce è di una popolazione a metà tra il definitivo stabilirsi di un nucleo nell’area di studio e l’espansione distributiva legata alla su citata componente giovanile, in particolare maschile. L’ultimo confronto effettuato, con l’indagine compiuta nel 1997 nella valle parallela a quella da noi esaminata, ci indica come siano almeno dieci anni che è in atto un’espansione di areale del cervo a partire dalla Toscana e come, molto probabilmente, questa espansione abbia subito un rallentamento nel corso di questi ultimi anni (i dati della presente ricerca ricalcano, bene o male, quelli di sette-otto anni fa). Interessante sarebbe entrare nel merito di quest’ipotesi con un approfondimento dello studio.

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6.2 Censimento della popolazione di cervo

L’elaborazione dei dati dei censimenti al bramito effettuati negli anni 2004 e 2005 ci ha permesso di conferire un aspetto decisamente più “quantitativo” alla presente ricerca. Le densità calcolate per la totalità della superficie della valle e per i settori “ascoltati” durante le sessioni di censimento, si mostrano da mediamente a piuttosto elevate (2,55 capi/100 ha in media per i due anni sui 3240 ha dell’area di studio; 6,8 capi/100 ha in media per i due anni su 1189 ha dei “quartieri di bramito”, nei quali si sono concentrati i punti di ascolto), in corrispondenza ad una consistenza accertata minima dell’anno 2005 che ha sfiorato i 100 individui. Densità di questo tipo conducono, al di fuori delle aree protette, all’adozione di misure selettive di caccia. Tra l’anno 2004 e l’anno 2005 si è stimato un incremento del 30%, inoltre le varianze – deviazioni standard calcolate per densità e consistenze si mostrano basse. Questi dati indicano la buona standardizzazione delle operazioni di censimento (da verificare, però, su una serie di durata pluriennale di censimenti) ed un consistente aumento, dal 2004 al 2005 dei capi censiti. Tale incremento è probabilmente dovuto all’immigrazione di nuovi individui, giovani in dispersione dal versante toscano. Visto che il solo altro parametro noto, collegabile all’aumento delle consistenze – densità, è quello del tasso delle nascite annuali (rappresentato dal rapporto piccoli/femmine), e che il valore da esso assunto è sufficientemente elevato, ma non tanto da spiegare da solo l’incremento annuo, si suppone, per l’appunto, una

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tendenza espansiva in atto della popolazione, con cospicui nuovi arrivi. E ciò è anche in linea con quanto asserito nel precedente paragrafo circa la buona percentuale di maschi e femmine giovani risultata dallo studio della struttura di popolazione.

Con tutta probabilità, dall’interpretazione dei dati demografici ottenuti, si sta andando verso la “colonizzazione” del versante romagnolo del Parco, con la formazione di nuclei stabili nelle diverse valli, come la valle di Pietrapazza, nostra area di studio, che lo caratterizzano e che, per il loro stesso andamento Sud – Nord, e per la loro profondità e boscosità, rappresentano ottimi canali di diffusione delle specie di grossa fauna, come il cervo.

6.3 Dimensioni dei gruppi

Il grado di socialità di ogni specie animale è fornito dalla tendenza ad aggregarsi in gruppi o meno. Pertanto diviene una caratteristica biologica specie - specifica analizzabile, studiando le dimensioni dei gruppi formati e la loro tipologia. Un fattore che influisce è la densità della popolazione, infatti alte densità portano alla formazioni di branchi più grandi, basse densità conducono ad aggregazioni limitate (Clutton-Brock et al., 1982), in questo contesto le esigenze trofiche della specie ed il suo sistema riproduttivo, legate al suo stato fisiologico ed alle sue dimensioni, influenzano la socialità. Per gli ungulati, le differenze nei gruppi sono ricollegabili all’ambiente frequentato, quello forestale più ricco di vegetazione e di ripari, porta a piccole aggregazioni ed alla

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segregazione dei sessi, gli ambienti aperti favoriscono gruppi estesi, instabili e misti (Schaal, 1982; Maublanc et al., 1985).

Il cervo come già detto più volte è un’animale gregario con la tendenza a creare dei gruppi matriarcali con tre, o più individui, nel nostro studio sono stati avvistati gruppi con al massimo sei individui. Quando si vanno ad analizzare i dati ottenuti sulle caratteristiche dimensionali dei raggruppamenti (Graf 5.3.1) vediamo un 38% di individui osservati soli, un 43% di piccoli branchi di due-tre individui ed un 19% di branchi di quattro sino a sei individui al massimo. La segregazione sessuale nei gruppi è piuttosto marcata, come prevedibile in un tipo di società come quella del cervo, infatti i dati del Graf 5.3.2, sulle tipologie dei raggruppamenti osservati, ci mostrano gruppi femminili con percentuale pari al 49% e gruppi esclusivamente maschili al 40%, invece i gruppi misti risultano pari solo all’11% in relazione al ciclo biologico della specie, che tende ad associarsi in gruppi misti solo nel periodo degli amori (settembre – ottobre). Il nucleo di base risulta invece il gruppo matriarcale di più femmine, adulte e sottili, con i piccoli dell’anno e, al massimo, qualche fusone dell’anno prima, che si distaccherà dal gruppo di femmine prima del raggiungimento della maturità sociale. Questi dati ricevono conferma nell’analisi di moda, mediana, media e massima, raccolti nella Tab 5.3.1, che, per le tre tipologie di gruppi, non si discostano molto fra loro, e ci confermano la tendenza alla formazione di piccoli gruppi a sessi separati. Ancora a confermare quanto rilevato ed esplicitato in precedenza, l’osservazione di una

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maggiore tendenza alla socialità delle femmine, formanti gruppi composti da 2-3 individui con frequenza pari al 47.8%, da 4 sino a 6 individui pari al 13.1%, rispetto ai maschi per la maggior parte “solitari” (69.6%) (Tab 5.3.2). Sicuramente questo aspetto della ricerca andrebbe approfondito con un’analisi più spiccatamente fenologica dei raggruppamenti.

6.4 Influenza delle mandrie sugli avvistamenti di cervi e daini

Si è ritenuto necessario condurre uno studio sull’ipotetica influenza delle mandrie sugli avvistamenti dei cervidi, perché alcuni percorsi sono interessati da aree di pascolo, nelle quali, nel periodo che va da maggio a novembre, è presente bestiame domestico allo stato brado. Abbiamo preso in esame solo gli avvistamenti di cervo e daino, in quanto specie “pascolatrici”, sulle quali potrebbe essere rilevata un’influenze diretta, e maggiormente abbondanti nell’area di studio.

In realtà si è osservato come non sussista una evidente interazione tra l’avvistamento dei selvatici e le mandrie al pascolo. Di fatto un calo degli avvistamenti si ha fra dicembre e aprile, quando il bestiame è assente ma durante il periodo di massimo innevamento del suolo. Ad una analisi qualitativa, come quella intrapresa nel presente lavoro, emerge un’influenza climatica stagionale, sul numero di avvistamenti registrati, prevalente rispetto all’interazione imputabile ad una competizione interspecifica di carattere trofico.

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6.5 Indici Chilometrici di Abbondanza

Gli indici di abbondanza sono stati messi a punto per il confronto di diverse popolazioni, ad esempio in situazioni ambientali differenti, o per evidenziare le tendenze all’accrescimento o alla diminuzione di una stessa popolazione in intervalli di tempo determinati. I più usati sono gli Indici puntiformi, gli Indici temporali o, appunto, gli Indici chilometrici. Con essi esprimiamo il numero di animali per punto prefissato, per unità di lunghezza (Km lineare) di percorsi standardizzati, o per unità di tempo (Meriggi, 1989).

Il termine I.K.A. (Indice Chilometrico di Abbondanza), ed il concetto che rappresenta, è stato creato da due ornitologi (Ferry e Frochot, 1958) per valutare l’abbondanza di specie di uccelli viventi in varie tipologie forestali. Ben si adatta alla metodica delle osservazioni dirette tramite transetto lineare e non, nel tempo il suo utilizzo nella stima di popolazioni animali, è stato esteso a numerose specie, come, per l’appunto, gli ungulati. In particolare in Francia l’I.K.A. è stato adottato tra i molti sistemi per stimare le tendenze delle popolazioni di capriolo (Cemagref, 1984), e per valutare, in determinate zone, l’evoluzione di popolazioni nel corso degli anni, abbinando il suo uso a catture-marcature-ricatture degli individui (Vincent et al., 1991).

L’applicazione dell’indice chilometrico come misura relativa dell’abbondanza di una popolazione di ungulati prevede l’utilizzo di un unico operatore nel corso degli anni ed una metodica altamente standardizzata di lavoro (Cemagref, 1984). L’indice

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chilometrico può essere un ottimo strumento per seguire i trend delle popolazioni di ungulati, quando esso è accompagnato da dati riguardanti le loro effettive densità sul territorio. L’utilizzo di questo strumento sinergicamente ad operazioni di censimento o allo studio dell’habitat e delle scelte altitudinali, operate dalle diverse specie nelle stagioni, consente di delineare con precisione il grado di avvistabilità degli ungulati in relazione ai cambiamenti ambientali ed ai movimenti che essi compiono nel corso dell’anno.

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