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Academic year: 2021

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PARTE PRIMA

L’AZIENDA, L’EQUILIBRIO ECONOMICO E LA GESTIONE

DEL PATRIMONIO INTANGIBILE

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L’azienda e il principio della convenienza economica

L’azienda rappresenta lo strumento principale attraverso il quale l’uomo è in grado di compiere e dare effettivo corso alle proprie decisioni di natura economica. Tutte le attività umane, e specialmente quelle di carattere economico-tecnico, non possono assolutamente prescindere da una funzione di scelta relativamente agli obiettivi che si intendono raggiungere e alle modalità attraverso le quali pervenire ad un risultato desiderato. L’attività economica infatti richiede un’attenta valutazione dei bisogni, illimitati e risorgenti, che si vogliono soddisfare e delle risorse a disposizione (beni e servizi limitati e scarsi) al fine di sviluppare un complesso di scelte e di azioni orientate ad un rapporto “conveniente” tra costi e benefici. Il principio della convenienza economica ispira quindi la vita dell’azienda nello svolgimento quotidiano delle proprie attività di scelta e ne costituisce il presupposto essenziale per la sua conservazione e crescita nel tempo.

L’attività economica dell’azienda si sostanzia nella realizzazione di tre funzioni fondamentali volte, in generale, al soddisfacimento dei bisogni: la produzione, lo scambio e il consumo. Le modalità di realizzazione del processo di scelta economica variano, anche in modo considerevole, nel corso del tempo e dello spazio e sono sempre riconducibili ad una entità economica (l’azienda) formata da aggregati di individui che svolgono un’azione coordinata e sono legati da un rapporto di scambio con l’unità economica. Da queste considerazioni si chiariscono

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dunque alcune condizioni necessarie, ma al tempo stesso non sufficienti, per definire la rilevanza del fenomeno aziendale: l’azienda si definisce e si realizza nello svolgimento unitario e solidale delle funzioni economiche di produzione, scambio e consumo da parte di un insieme di persone che opera mediante una struttura e presta il proprio lavoro al fine di realizzare nel tempo il soddisfacimento di specifici obiettivi/bisogni.

Alla luce di questi primi caratteri fondamentali che contraddistinguono l’azienda, è importante rilevare come tale fenomeno può essere definito sia da un punto di vista “organico/strutturale” sia secondo una prospettiva rivolta alle “operazioni” che ne determinano il funzionamento. Nel primo caso, si considera un’interpretazione statica di tale fenomeno ovvero l’azienda viene ad essere identificata con un “complesso di persone e di beni armonicamente disposti per il conseguimento di un determinato fine1” mentre, nella seconda accezione,

si fa riferimento ad un “sistema dinamico di operazioni nel senso di coordinazione continuativa2”. In realtà, entrambi questi aspetti, la

struttura e la dinamica (o funzionamento), pur evidenziando interpretazioni particolari che danno risalto all’uno o all’altro aspetto, rappresentano elementi strettamente legati e interconnessi di un fenomeno unitario quale è l’azienda: un istituto economico destinato a

1 GIANNESSI, EGIDIO, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende

agricole, Pisa, Pacini Editore, 1979, p. 4

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GIANNESSI, EGIDIO, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pisa, Pacini Editore, 1979, p. 7

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perdurare nel tempo e volto a conseguire un risultato economicamente utile per accrescere continuamente il proprio rendimento.

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La nozione di “azienda” secondo Egidio Giannessi

Nonostante i diversi punti di vista attraverso i quali è possibile indagare il fenomeno “azienda”, diviene essenziale darne una definizione generale e valida che permetta di discutere le sue peculiarità e giustificare la sua importanza quale fenomeno oggettivo nel mondo economico. Un contributo di grande rilievo e ancora oggi molto attuale è quello sviluppato da Egidio Giannessi, che ne fornisce una interpretazione complessa e molto articolata. L’azienda viene definita come “una unità elementare dell’ordine economico-generale, dotata di vita propria e riflessa, costituita da un sistema di operazioni, promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla composizione di forze interne ed esterne, nel quale i fenomeni della produzione, della distribuzione e del consumo vengono predisposti per il conseguimento di un determinato equilibrio economico, a valere nel tempo, suscettibile di offrire una rimunerazione adeguata ai fattori utilizzati e un compenso, proporzionale ai risultati raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge3”.

Sulla base di questa definizione è possibile determinare le principali caratteristiche del fenomeno aziendale. L’azienda è, prima di tutto, una “unità elementare dell’ordine economico generale, dotata di vita propria e riflessa” ovvero esiste e si sviluppa all’interno di un

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GIANNESSI, EGIDIO, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pisa, Pacini Editore, 1979, p. 11

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contesto più ampio quale è il mondo generale dell’economia. L’azienda fa quindi parte di un macro-ambiente nel quale esistono “forze” che possono muoversi nella stessa direzione del moto aziendale, e favorire quindi il raggiungimento degli obiettivi economici, oppure svolgersi in senso contrario, e ripercuotersi negativamente su di essa. La sua struttura e il suo funzionamento sono fortemente influenzati, da un lato, dalla mutevolezza delle condizioni esterne e, dall’altro, dalla capacità stessa dell’azienda di rispondere adeguatamente ai cambiamenti del sistema in modo da realizzare una composizione tra le forze endogene ed esogene che la investono. Ogni azienda ha una vita propria in quanto le finalità che intende raggiungere sono potenzialmente diverse da quelle di tutte le altre organizzazioni ma, al tempo stesso, vive di vita riflessa perché non può assolutamente essere concepita al di fuori di un sistema economico generale. Inoltre, è importante notare come tra la singola azienda e la collettività economica si instaura un rapporto di mutua dipendenza: lo sviluppo e la continuità delle aziende sono favoriti quando le condizioni di ordine economico generale sono positive e, a sua volta, la capacità dei sistemi di azienda di svolgere le loro funzioni e di realizzare i propri obiettivi contribuisce al benessere della collettività economica. Si genera così in circolo virtuoso che trae origine da un rapporto di convenienza economica e rafforza sia l’azienda sia l’economia generale, ma che può anche tradursi in disarmonie e disequilibri a livello di organizzazione e di sistema economico.

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Dal punto di vista funzionale, l’azienda è costituita da un “sistema di operazioni promanante dalla combinazione di particolari fattori e dalla composizione di forze interne ed esterne”. Questo aspetto consente di evidenziare come la vita dell’azienda è determinata da un complesso di relazioni che si sviluppano ad almeno tre livelli: la combinazione degli input, il coordinamento delle operazioni e la composizione tra le forze interne ed esterne che agiscono sull’organizzazione. In particolare, per l’azienda è necessario riuscire a realizzare tre tipi di ordine nello svolgimento delle proprie attività:

Ordine combinatorio;

Ordine sistematico;

Ordine di composizione.

L’ordine combinatorio deriva dall’insieme di relazioni che si instaurano tra i fattori della produzione facenti parte dell’unità aziendale e può essere raggiunto quando ciascun elemento è in grado di sviluppare relazioni “di ordine” con gli altri fattori così da realizzare una concreta utilità economica per l’azienda. Il miglior rapporto tra i fattori aziendali, in termini sia quantitativi che qualitativi, deve essere continuamente ridefinito alla luce degli obiettivi e della strategia che l’azienda intende perseguire ed in relazione alle condizioni di variabilità che caratterizzano la vita dell’organizzazione. Solo in questo modo è possibile garantire l’economicità del modulo combinatorio realizzato, dalla quale dipende una parte importante della vita economica dell’azienda.

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Il secondo tipo di ordine considerato si riferisce alla capacità di realizzare un rapporto di coordinazione nel sistema delle operazioni aziendali. Tale ordine deve essere inteso non solo in senso temporale (di successione e avvicendamento) o in base ad una relazione di tipo spaziale ma, piuttosto, in relazione alla capacità di ciascuna operazione aziendale di essere rivolta al raggiungimento di un fine comune consistente nella convenienza economica generale. E’ da questo stato di ordine che deriva la formazione di una vera e propria struttura aziendale intesa come una rete di operazioni strettamente collegate tra loro che sono generate dall’azione combinata delle persone sui beni e sono tutte rivolte ad un obiettivo fortemente condiviso all’interno dell’azienda.

Il terzo e ultimo modello di ordine si riferisce alla necessità per l’azienda di realizzare una composizione tra le forze esterne, favorevoli o contrarie, presenti nell’ambiente, e le forze interne che derivano dai fattori aziendali e dalla loro combinazione in vista del raggiungimento di un determinato scopo. L’ordine di composizione si riferisce alla dinamica aziendale e dunque rappresenta una condizione di funzionamento molto difficile da poter raggiungere e, soprattutto, da mantenere nel tempo. La principale difficoltà deriva dall’estrema variabilità e mutevolezza tanto delle forze aziendali (umane, tecniche, finanziarie, intangibili, …) quanto di quelle ambientali (settore di mercato, crediti e investimenti, aspetti sociali e politici, …) e dalla altrettanto complessa capacità di trovare una loro composizione che sia conveniente ovvero conforme alla finalità perseguita dall’azienda. Inoltre, è importante sottolineare come le

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circostanze esterne di mercato o relative al macro-ambiente possono essere dominate solo in parte o, addirittura, per niente dall’azienda. Per questo, oggi è divenuto sempre più rilevante prestare attenzione all’analisi delle relazioni con l’ambiente esterno di riferimento, sia nel breve che nel lungo termine, per cercare di comprendere la natura, la direzione, l’intensità e la durata delle forze esogene ed individuare opportune strategie in grado di favorire rapporti armonici con il contesto esterno. Al contrario, l’azienda ha un notevole margine di controllo sui fattori e sulle modalità interne della gestione sui quali agisce mediante la formulazione, da parte della direzione, di adeguati piani strategici volti definire l’identità dell’azienda nei suoi rapporti con l’ambiente.

Altro carattere essenziale per la definizione del fenomeno “azienda” è, come già indicato in precedenza, la realizzazione dei “fenomeni della produzione, della distribuzione e del consumo” che costituiscono l’oggetto stesso dell’attività economica. La produzione può essere definita come il processo mediante il quale una serie di “input” sono impiegati in un’attività di trasformazione che determina uno specifico “output”, la distribuzione consiste invece nel trasferimento di beni e/o servizi nel tempo e nello spazio ed, infine, il consumo identifica l’insieme delle operazioni attraverso cui i beni economici subiscono ulteriori trasformazioni (loro impiego nelle attività di produzione o di distribuzione) o sono definitivamente utilizzati per la soddisfazione di determinati bisogni. L’identificazione di queste tre funzioni fondamentali permette di definire le forme di iniziativa economica che, pur realizzando

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uno o più di questi fenomeni, non rientrano nella nozione di “azienda” e, come tale, consente di chiarire meglio le condizioni indicative stesse della funzionalità aziendale. Da questo punto di vista, le attività artigiane, isolate, asistematiche e speculative, sebbene siano da considerare come esempi dell’attività economica generale non godono affatto dello “status” di azienda in quanto, rispettivamente, mancano di un impiego combinatorio dei fattori utilizzati e questi stessi sono ridotti al minimo, sono svolte in maniera disorganizzata e non continuativa e registrano l’assenza di una struttura tale da garantire la realizzazione dei tre tipi di ordine considerati (combinatorio, sistematico e di composizione). Inoltre, queste iniziative mancano spesso di decisioni basate su criteri di equilibrio durevole e rappresentano dunque forme di attività economica parallele al fenomeno “azienda” ma distinte da esso in quanto a caratteristiche, obiettivi e principi ispiratori.

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L’equilibrio economico durevole ed evolutivo

L’aspetto più rilevante nella definizione di azienda introdotta da Giannessi è senza dubbio l’identificazione della finalità generale di tutte le attività economiche aziendali. A questo proposito è importante chiarire che, secondo l’autore, lo scopo dell’azienda non può essere espresso nel “conseguimento del lucro” che si identifica con il reddito aziendale di periodo. Tale concetto infatti risulta essere indefinito e strettamente dipendente da criteri di valutazione che influenzano non poco la determinazione della situazione patrimoniale, dei ricavi/costi e quindi la misura dei risultati di periodo. Inoltre, il lucro rappresenta un aspetto fortemente contingente “perché si fonda sulla possibilità di discriminare la competenza di un periodo da un altro mentre la vita dell’azienda è azione e continuità4”. Allo stesso modo, il “soddisfacimento dei bisogni umani” non rappresenta una valida definizione dell’obiettivo generale di una qualsiasi azienda. Esso infatti è una prerogativa che, prima di tutto, si riferisce all’uomo e alla sua vita e, dunque, la sua realizzazione non implica necessariamente il ricorso ad una attività economica aziendale, senza contare poi il carattere di assoluta indeterminatezza che tale nozione viene ad assumere.

Secondo Giannessi, lo scopo dell’azienda deve essere durevole e definito. Esso trova la sua identificazione nel “conseguimento di un

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GIANNESSI, EGIDIO, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende

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determinato equilibrio economico … avente un carattere durevole e, sotto un certo aspetto, anche evolutivo”. Detto in altri termini, la finalità di ordine generale che accomuna tutte le aziende consiste nel raggiungimento, nella conservazione e nel miglioramento di posizioni che attestano l’esistenza di un equilibrio economico avente i caratteri di durata e di sviluppo. Da questa definizione appare evidente come l’azienda si sostanzia nella “produzione di ricchezza5” in senso ampio e

non limitata nel tempo. Il concetto di “equilibrio economico” è estremamente complesso e non può essere semplicisticamente ridotto alla nozione quantitativa di “reddito di periodo”. L’esistenza di uno scostamento positivo tra il sistema dei costi e quello dei ricavi rappresenta indubbiamente una componente fondamentale nella valutazione della posizione di equilibrio dell’azienda ma, da sola, non è sufficiente a comprendere quella che, oggi, secondo altri termini, possiamo definire come la sua capacità di “creare valore”. Le rilevazioni di carattere economico devono quindi essere integrate da considerazioni di ordine qualitativo (andamenti di mercato/settore, relazioni con l’ambiente sociale, condizioni organizzative, manageriali, intangibili, …) in quanto nell’equilibrio economico si riassumono tutti i diversi aspetti della gestione sia strategica che operativa. Inoltre, è necessario considerare tale finalità sia con riferimento al breve periodo sia, soprattutto, nel medio/lungo termine quando l’identificazione di posizioni di equilibrio o disequilibrio

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economico assume una maggiore significatività nel giudizio sulle performance dell’azienda.

L’equilibrio economico, come teorizzato da Giannessi, presenta due caratteri peculiari: la durata e lo sviluppo. Il primo aspetto mette in evidenza come l’azienda è un fenomeno di tempo ovvero essa nasce ed è in grado di assolvere le proprie funzioni solo nel suo essere proiettata nel tempo. Esso rappresenta dunque un elemento discriminante nella definizione del fenomeno “azienda” ed è anche un aspetto imprescindibile per la realizzazione del suo scopo di ordine generale. L’altro tratto dominante nella nozione di “equilibrio economico” è la sua necessaria tendenza allo sviluppo: le posizioni raggiunte non sono mai definitive ma devono essere continuamente riviste, ricercate e migliorate alla luce dei cambiamenti nel contesto (interno ed esterno) e nelle condizioni economiche che investono l’operare dell’azienda.

Alla luce delle considerazioni sviluppate da Giannessi e tenuto conto delle successive evoluzioni nella interpretazione di tale concetto, è possibile individuare, oggi, quattro componenti o caratteristiche fondamentali che concorrono a determinare l’equilibrio economico durevole ed evolutivo:

Miglioramento della redditività: dal punto di vista dei risultati di periodo, si identifica nella possibilità per l’azienda di ottenere un rapporto favorevole tra il sistema dei ricavi e quello dei costi (reddito);

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Miglioramento della posizione finanziaria: riguardo agli aspetti finanziari, si considera la possibilità di beneficiare di una maggiore solidità patrimoniale e di ottenere una maggiore disponibilità dei mezzi finanziari e di liquidità;

Miglioramento della posizione competitiva: secondo una prospettiva esterna, identifica la possibilità per l’azienda di competere nel mercato/settore in una posizione favorevole rispetto ai concorrenti e tale da garantirle un “vantaggio competitivo” o, come teorizzato da Giannessi, realizzare una composizione tra le forze interne ed esterne;

Miglioramento dei rapporti sociali: sempre da un punto di vista esterno, si riferisce alla qualità delle relazioni che l’azienda instaura con tutti i suoi interlocutori sociali, sia interni che esterni (c.d. stakeholder) e, ancora una volta, alla sua capacità di realizzare un ordine di composizione.

La valutazione di economicità dell’organizzazione aziendale si sviluppa, quindi, a partire dai risultati economici, patrimoniali e finanziari raggiunti ma, al tempo stesso, si estende all’intero sistema “azienda” (gioco competitivo, relazioni sociali, …) per mettere in evidenza come viene assolta la funzione di “creazione di ricchezza” o di “valore” nel tempo, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo. In particolare, essa può dirsi sufficientemente soddisfatta quando consente di mantenere e rinnovare le condizioni produttive materiali, immateriali e

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intangibili, dominare sui mercati di sbocco (realizzando prodotti o servizi migliori della concorrenza e in grado di rispondere ai reali bisogni dei consumatori), soddisfare le aspettative dei soggetti che “gravitano” intorno all’azienda e, non meno importante, rimunerare i fattori produttivi e il soggetto economico che concorrono allo svolgimento delle attività aziendali. Tali condizioni di funzionamento possono efficacemente realizzarsi solo se l’azienda è in grado di garantire una soddisfacente combinazione dei fattori della produzione, la composizione armonica delle relazioni interne ed esterne e il rapporto di coordinazione nelle operazioni di produzione e gestione e se tali criteri trovano la loro attuazione nel tempo.

L’ultimo elemento che viene considerato nella definizione di azienda proposta da Giannessi si riferisce al fatto che la realizzazione dell’equilibrio economico ha come conseguenza necessaria “una rimunerazione adeguata dei fattori utilizzati e un compenso, proporzionale ai risultati raggiunti, al soggetto economico per conto del quale l’attività si svolge”. Da questo punto di vista, il raggiungimento di posizioni di equilibrio economico durevole ed evolutivo permette di rimunerare tutti i fattori che, a diverso titolo, hanno preso parte alla combinazione d’azienda (capitale, lavoro umano, impianti e macchinari, servizi, …) e assicurare loro un compenso adeguato in relazione al contributo offerto per il funzionamento del sistema. Solo se e quando tutti questi fattori sono stati adeguatamente rimunerati e se i risultati di periodo possono essere giudicati economicamente favorevoli, anche il

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soggetto economico ha diritto ad un compenso che è proporzionale al reddito creato e rappresenta la contropartita delle eventuali perdite che egli deve sopportare in caso di risultati negativi.

E’ importante notare, infine, come sia la rimunerazione adeguata dei fattori d’azienda sia il compenso che spetta al soggetto economico devono poter essere garantiti per un periodo di tempo sufficientemente lungo durante il quale l’azienda si impegna nella conservazione e nel continuo miglioramento delle proprie posizioni di equilibrio economico. In particolare, i valori di redditività che consentono di ottenere una rimunerazione del capitale investito possono assumere una maggiore o minore rilevanza nel corso della vita dell’azienda secondo il tipo di equilibrio che, di volta in volta, contribuiscono a realizzare. Le condizioni di equilibrio economico minimo o oggettivo si riferiscono a quelle relazioni tra ricavi e costi che consentono all’azienda di svolgere la propria attività in modo da soddisfare le attese minime del soggetto economico ma tali da garantirle, almeno, di operare come un sistema autonomo mentre, al contrario, il raggiungimento di posizioni di equilibrio economico ottimale o soggettivo permette di rimunerare adeguatamente tutti i fattori che entrano in gioco nel processo di produzione, l’attività imprenditoriale del soggetto economico nonché ottimizzare i risultati della gestione strategica e operativa.

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L’approccio soggettivo e la “creazione di valore”

La nozione di “azienda” sviluppata da Giannessi è estremamente complessa ed intimamente legata alla finalità generale che egli identifica nel raggiungimento di posizioni di equilibrio economico durevole ed evolutivo. Il fenomeno aziendale è analizzato nei suoi tratti oggettivi come “unità elementare dell’ordine economico-generale” e come insieme di fattori, operazioni e strutture predisposte allo svolgimento delle funzioni di produzione, distribuzione e consumo con lo scopo di conseguire un determinato equilibrio economico, a valere nel tempo. Le considerazioni finora sviluppate sono fondamentali per comprendere le principali caratteristiche del funzionamento dei sistemi aziendali e la loro necessità di orientarsi in vista del raggiungimento dell’obiettivo economico generale ma devono anche essere integrate attraverso una prospettiva di analisi che sappia tener conto dell’evoluzione del pensiero economico-aziendale (dagli anni ’50 e ’60 al nuovo millennio) e del diverso focus che esso è venuto ad assumere in linea col mutare dei tempi.

La rilevanza del fenomeno aziendale, infatti, si sposta oggi verso un “approccio soggettivo” ovvero centrato su tutti i soggetti che sono direttamente o indirettamente coinvolti nel sistema e che contribuiscono, con le loro scelte e con i loro comportamenti, a determinare l’andamento economico complessivo dell’organizzazione. Come, peraltro, anticipato dallo stesso Egidio Giannessi, l’attività aziendale trova nell’uomo la sua

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causa originaria ed egli rappresenta uno dei più importanti fattori per garantirne l’orientamento verso un interesse generale. A partire da tali presupposti e secondo questa prospettiva di analisi, l’azienda viene così ad essere concepita come un vero e proprio insieme di relazioni dinamiche tra soggetti che interagiscono in modo biunivoco con l’esterno e, tra loro, all’interno. Questo modo di guardare all’azienda non deve essere confuso con una visione di tipo sociologico, basata esclusivamente sullo studio delle relazioni tra individui e senza alcun riferimento ai presupposti di economicità che caratterizzano la vita del sistema ma, al contrario, permette di interpretare la struttura e il funzionamento dell’organizzazione aziendale alla luce dei soggetti che operano al suo interno e di quelli che si relazionano con essa dall’esterno. Come sostiene M. E. Porter, l’obiettivo generale dell’azienda diviene, in senso ampio, la “creazione di valore” per tutti i soggetti che hanno aspettative, richieste, interessi diretti o indiretti nei confronti dell’organizzazione (c.d. stakeholder) e in tutte le relazioni che essi instaurano intorno e all’interno del sistema.

In considerazione delle quattro componenti fondamentali attraverso le quali è, oggi, possibile descrivere l’equilibrio economico o la “creazione di ricchezza”, è importante evidenziare altri caratteri discriminanti della nozione di “azienda” che completano quindi il quadro generale di analisi. In primo luogo, il complesso di rapporti tra soggetti che interagiscono tra loro, all’interno e all’esterno del sistema, presuppone una visione sistematica delle attività. L’azienda deve essere

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pensata come un insieme di persone legate da relazioni di funzionalità a loro volta ispirate ai criteri di combinazione, di coordinamento e di composizione, la cui realizzazione è indispensabile per esprimere una volontà unitaria e per il raggiungimento di uno scopo comune. Solo attraverso un ordinamento “a sistema” è possibile orientare le decisioni e le operazioni per la sopravvivenza e la continuazione della vita aziendale.

Altra condizione fondamentale per poter parlare di azienda è la presenza di autonomia decisionale nella definizione e nella scelta degli obiettivi strategici ed operativi che si intendono raggiungere per il “benessere” dell’organizzazione. Presupposto fondamentale per realizzare tale condizione è l’esistenza, a monte, di una equilibrata struttura finanziaria che consenta di limitare il ricorso a soggetti terzi per lo svolgimento delle attività economiche aziendali. Agire secondo il criterio dell’autonomia consente all’azienda di porsi nelle condizioni ottimali per conseguire l’equilibrio economico e, a sua volta, il raggiungimento di tali posizioni determina conseguenze finanziarie favorevoli che stimolano lo sviluppo di comportamenti decisionali autonomi.

Infine, è opportuno considerare il principio di economicità come riferimento fondamentale per lo svolgimento di qualsiasi attività aziendale. La convenienza economica non si identifica semplicemente con l’impiego ottimale di determinati mezzi per il conseguimento di un risultato desiderato (efficienza operativa) ma interessa le scelte e le operazioni dell’intera azienda per il perseguimento dei propri fini economici (efficacia strategica). Da questo punto di vista, una decisione o

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un’attività aziendale deve essere valutata conveniente non solo in riguardo agli aspetti economici, patrimoniali e finanziari ma anche sulla base di considerazioni di natura organizzativa, qualitativa, temporale. Poiché l’azienda è un complesso di relazioni tra soggetti che si fanno portatori di interessi i più diversi non è possibile ricondurre esclusivamente il principio di economicità a considerazioni di ordine quantitativo (come il profitto) in quanto, pur rappresentando un obiettivo imprescindibile per la continuità della vita aziendale ed il presupposto necessario per poter soddisfare le aspettative e le richieste di tipo qualitativo, esso è, di fatto, espressione diretta di una sola delle molteplici categorie di interessi esistenti intorno e all’interno dell’azienda.

Vero è, tuttavia, che l’economicità del sistema aziendale è alla base di tutte le attività dell’organizzazione e da essa scaturisce l’esigenza di “sviluppare l’attività produttiva in modo tale che il valore economico della produzione risulti sistematicamente superiore al valore dei fattori che vengono consumati nel processo produttivo6”. Da questo risulta

evidente come le condizioni di equilibrio economico e finanziario sono soddisfatte, secondo una visione ristretta e di breve periodo, nella realizzazione di ricavi (derivanti dalla vendita di beni e servizi sui mercati di collocamento) superiori ai costi di acquisto dei fattori produttivi e, al tempo stesso, da flussi di entrate finanziarie maggiori rispetto ai flussi

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GIANNESSI, EGIDIO, Appunti di economia aziendale: con particolare riferimento alle aziende agricole, Pisa, Pacini Editore, 1979, p. 221

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delle uscite7. La definizione del concetto di economicità in termini di gestione efficace (rapporto obiettivo/risultato) ed efficiente (rapporto risultato/risorse utilizzate) dei fattori a disposizione e come attitudine a distribuire la ricchezza creata per un’adeguata rimunerazione di tutti i fattori aziendali rappresenta, come già ampiamente sostenuto da Giannessi, il presupposto fondamentale per la sopravvivenza dell’azienda nel tempo attraverso il conseguimento dell’equilibrio economico e finanziario o, almeno, la realizzazione di condizioni minime di autosufficienza economica nella gestione dell’organizzazione. E’ dunque evidente come la prospettiva di analisi “soggettiva” del sistema azienda, affermatasi maggiormente nel corso degli anni ’80 e ’90, e il suo forte rilievo sulla nozione di “creazione di ricchezza o di valore”, trovano in Egidio Giannessi un valido precursore che, ben venti anni prima e in un contesto economico-aziendale profondamente diverso, ha saputo intravedere la rilevanza di tali concetti, pur non esplicitandoli nei termini che oggi sono divenuti correnti. Da questo punto di vista, essere in grado di creare “valore aggiunto” è sicuramente un segno importate di economicità (o produttività economica) della combinazione aziendale e della sua capacità di sviluppare risultati di tipo quantitativo più o meno

7 E’ importante sottolineare come, per Giannessi, l’equilibrio economico e l’equilibrio finanziario

presentano diverse caratteristiche.

L’equilibrio economico è definito come “durevole” ma esso non deve necessariamente realizzarsi in modo puntuale durante l’intero arco di vita dell’azienda: essa può infatti sostenere nel breve periodo situazioni di squilibrio economico pur che siano recuperabili nel lungo termine. L’equilibrio finanziario, invece, deve essere “immediato” ossia deve sempre essere garantito nel breve periodo al fine di assicurare il flusso dei pagamenti alle scadenze contrattate (anche quando essi precedono, nel tempo, le entrate conseguite dalla vendita dei prodotti/servizi).

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elevati. Tali performance trovano espressione, da un punto di vista tecnico, nel reddito di periodo ma, specialmente, nel reddito operativo (che rappresenta il risultato della gestione caratteristica dell’azienda) e nella definizione e calcolo di indicatori generali della redditività aziendale quali il ROE (Return on Equity o tasso di redditività dell’azienda), il ROI (Return on Investment o tasso di redditività del capitale investito) e il ROS (Return on Sales o tasso di redditività delle vendite).

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Il patrimonio intangibile e la gestione strategica

dell’azienda

L’analisi teorica del fenomeno “azienda” fin qui compiuta ha permesso di interpretare la rilevanza di tale manifestazione della vita economica sia da un punto di vista oggettivo e finalistico sia secondo una prospettiva di osservazione focalizzata sui soggetti e sulle molteplici relazioni che essi intrattengono nello sviluppo della dinamica aziendale. E’ importante adesso porre l’attenzione su un piano più specifico per cercare di approfondire meglio gli elementi da cui è concretamente formata l’azienda.

In generale, si parla di “fattori d’azienda” per identificare tutte le componenti di tale manifestazione economica che assumono una rilevanza nel suo funzionamento e in vista del raggiungimento delle sue finalità generali. Tra i fattori d’azienda si distinguono, da un lato, i “fattori primi” o “fattori produttivi” in senso stretto (che caratterizzano la struttura tecnica e organizzativa) e, dall’altro, il “patrimonio intangibile” (tutto quello che l’azienda è in grado di costruire nel tempo sulla base della propria dotazione e delle risorse iniziali di cui dispone). I fattori produttivi sono quantificabili e suscettibili di assumere un valore monetario che ne permette lo scambio sul mercato, divenendo quindi oggetto di compravendita (secondo il criterio della convenienza economica), manifestano una certa utilità in quanto sono legati ad una determinata combinazione produttiva e determinano l’esigenza per

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l’azienda di rimunerare gli oneri sostenuti per la loro acquisizione. Infine, in quanto oggetto di rilevazione, trovano collocazione nel bilancio di esercizio. Si distinguono due classi principali di fattori produttivi aziendali, il fattore umano (o lavoro) e il capitale.

Il fattore umano è costituito dalle persone e dagli aggregati di individui (unità elementari dell’organizzazione) che offrono la propria forza-lavoro in cambio di un corrispettivo per la propria prestazione e da tutti coloro che si fanno portatori di interessi diversi, sviluppando reti di relazioni all’interno della struttura aziendale e con l’esterno. Il capitale comprende, invece, i mezzi economici ad utilità materiale o immateriale a loro volta distinti in fattori generici (monetari e finanziari) e in condizioni produttive materiali (materie prime, terreni, immobili, impianti, semi-lavorati, …) e immateriali (brevetti, licenze, affitti, servizi di consulenza, …). Il lavoro e i beni economici, monetari e produttivi, costituiscono il “capitale di funzionamento” dell’azienda ovvero la struttura di base per lo svolgimento delle attività economiche aziendali o, in altri termini, la combinazione produttiva funzionale agli scopi dell’organizzazione nella quale i fattori realizzano un determinato valore o utilità economica.

Il “patrimonio intangibile” rappresenta invece ciò che fa la differenza tra aziende identiche dal punto di vista delle condizioni produttive. Gli elementi che compongono questa classe di fattori non sono esprimibili in termini quantitativo-monetari e, di conseguenza, non possono essere oggetto di investimento o di scambio né entrano a far parte del bilancio di periodo come voci dello Stato Patrimoniale. Si tratta,

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in altri termini, di condizioni di gestione intangibile che sono fondamentali per lo svolgimento delle funzioni economiche aziendali e, al tempo stesso, hanno carattere esclusivamente qualitativo e, per questo, non sempre di immediata percezione o di chiara definizione. Queste risorse invisibili costituiscono un patrimonio prezioso per l’organizzazione e rappresentano un importante elemento di differenziazione che “si riflette sui risultati che l’azienda è in grado di raggiungere8”. Dal punto di vista interno, il

patrimonio intangibile è costituito dalle conoscenze ed esperienze del personale e dei dirigenti, dalla motivazione e dedizione al lavoro, dalla qualità delle relazioni e dalla coesione che l’azienda è in grado di costruire al proprio interno mentre, secondo una prospettiva esterna, le risorse invisibili sono riconducibili all’identità e all’immagine dell’azienda, alla sua credibilità e affidabilità presso i suoi interlocutori, alla notorietà e reputazione che è riuscita a costruirsi e al complesso di relazioni instaurate con i clienti, i fornitori, le istituzioni, la comunità sociale, …

All’interno della realtà aziendale si distinguono almeno cinque tipologie di condizioni di gestione intangibile che, influenzando le scelte di produzione economica ed agendo sulle relazioni con i soggetti che si muovono attorno all’organizzazione, contribuiscono ad aumentare il “valore” creato dall’azienda e a migliorare i suoi risultati in termini di conseguimento dell’equilibrio economico. Si tratta, specificamente, del patrimonio tecnico-industriale, finanziario, commerciale, manageriale e

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FERRARIS FRANCESCHI, ROSELLA, L'azienda: caratteri discriminanti, criteri di gestione, strutture e

problemi di governo economico, in: CAVALIERI, ENRICO (a cura di), Appunti di economia aziendale, Vol. I (Attività aziendale e processi produttivi), Torino, Giappichelli Editore, 2000, p. 36

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sociale che, con le dovute approssimazioni, possono essere ricondotti alle componenti o caratteristiche fondamentali della nozione di “equilibrio economico” (redditività, aspetto finanziario, competitività, rapporti sociali e sviluppo). Diviene così maggiormente evidente come le condizioni produttive intangibili giocano un ruolo importante nel perseguimento della finalità generale di tutte le aziende e non possono assolutamente essere poste in secondo piano nella definizione degli obiettivi strategici dell’organizzazione.

Oltre ai fattori già considerati, si individuano altri due elementi intangibili della gestione nel fattore tempo e nell’organizzazione (con particolare riferimento alla qualità e al tipo di struttura organizzativa adottata). Come già visto, essi rappresentano, anche e soprattutto, condizioni necessarie a caratterizzare in modo unico il fenomeno aziendale rispetto ad altri tipi di attività economica.

Il capitale di funzionamento e il patrimonio di risorse intangibili rappresentano le due classi fondamentali nelle quali è possibile distinguere i “fattori d’azienda” che, insieme, contribuiscono a definire la struttura dell’organizzazione e a darne un’interpretazione statica. Per comprendere appieno la loro rilevanza nella vita dell’azienda è opportuno considerare anche un approccio dinamico in modo da porre l’attenzione sul ruolo che essi svolgono nel funzionamento dei sistemi aziendali. Da questo punto di vista, si fa riferimento alla gestione (o analisi di gestione) che rappresenta, in generale, lo studio di tutto ciò che attiene alla dinamica della “ricchezza”. La vita dell’azienda si basa, infatti, su scelte

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economiche che danno luogo ad operazioni di scambio e, a loro volta, comportano la creazione, distribuzione o distruzione di valore. Queste attività sono solitamente classificate in “atti di gestione strategica” e in “atti di gestione operativa”. Nel primo caso, si fa riferimento all’insieme di processi (decisioni e operazioni) relativi al cambiamento delle risorse produttive e del patrimonio intangibile nel medio/lungo termine e che hanno un impatto ampio sulla struttura aziendale in quanto definiscono prospettive di sviluppo necessarie per perpetuare la vita dell’azienda e per realizzare obiettivi e indirizzi strategici di fondo. Essi influiscono su tutte le funzioni aziendali attraverso l’affermazione di valori imprenditoriali e l’individuazione di nuove e ulteriori capacità per l’organizzazione e la loro valutazione si basa sul criterio di efficacia nel raggiungimento di un dato scopo. La gestione operativa, invece, si esplica nelle decisioni e nelle operazioni che attengono al profilo prodotto/mercato/tecnologia e riguardano l’utilizzo di risorse produttive o intangibili già esistenti o predisposte. Essa dunque ha come orizzonte di riferimento il breve periodo e si focalizza sullo svolgimento di attività correnti (acquisto dei fattori produttivi, produzione, vendita, …) secondo il criterio dell’efficienza (miglior rapporto tra costi e benefici) e per la realizzazione delle linee strategiche generali definite dal management.

L’analisi strategica dell’azienda deve necessariamente considerare la capacità di realizzare nel tempo posizioni di equilibrio economico durevole ed evolutivo che garantiscano stabilità e sviluppo per l’organizzazione aziendale. Tale finalità ha, però, un carattere

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probabilistico e non può essere raggiunta una volta per tutte in quanto le condizioni che ne permettono la realizzazione sono estremamente variabili nel tempo e devono continuamente essere ridefinite. In generale, si distinguono tre principali posizioni nelle quali un’azienda può venire a trovarsi nel corso della sua vita:

Situazioni di equilibrio (o zona di creazione del valore);

Situazioni di incertezza (o zona della sopravvivenza);

Situazioni di disequilibrio (o zona della dissipazione patrimoniale).

Mentre nelle situazioni di equilibrio o di disequilibrio la posizione dell’azienda oscilla tra punti di massima e di minima economicità/non economicità, la zona di incertezza si caratterizza per l’instabilità interna della combinazione aziendale (relativamente ai tre tipi di ordine combinatorio, sistematico e di composizione) o per l’instabilità esterna del mercato (dovuta a cause economiche/non economiche). Per ciascuna di queste posizioni è indispensabile anche valutare la direzione del moto aziendale (tendenza evolutiva o involutiva) e l’intensità con cui esso si sviluppa (rapido o lento), nell’uno o nell’altro senso, al fine di determinare se l’azienda è effettivamente orientata alla creazione o alla distruzione di valore.

Diviene perciò evidente come l’analisi strategica non può fermarsi alla sola osservazione dei risultati economici (la redditività di periodo) ma deve considerare tutti i fattori che contribuiscono alla profittabilità a

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valere nel tempo tra cui la dinamica economica, l’attrattività del settore di mercato, le minacce e le opportunità competitive, la qualità della formula imprenditoriale e della politica aziendale, le risorse e le competenze interne, … L’obiettivo fondamentale consiste quindi nell’ “ individuare i percorsi di governo che possono consentire di dispiegare le potenzialità economiche delle risorse aziendali, … del contesto operativo, competitivo e sociale9” sia nella situazione presente in cui si trova l’azienda sia con

riferimento alla ricerca di un equilibrio futuro che possa garantire la sua continuità nel tempo. Per far questo è opportuno, innanzitutto, considerare in modo critico l’impostazione strategica posta in atto dall’azienda e valutare l’efficacia e l’efficienza gestionali della formula operante in funzione del conseguimento dell’equilibrio economico e, successivamente, definire l’intento strategico o disegno imprenditoriale che il soggetto economico e il management intendono realizzare per la futura stabilità dell’azienda. L’analisi della dinamica strategica e gestionale attuale insieme con lo sviluppo di un’attitudine continua al cambiamento e al rinnovamento sono due aspetti strettamente legati per il successo e la solidità dell’azienda.

Rifacendosi alla distinzione tra la prospettiva oggettiva e l’approccio soggettivo per la definizione del fenomeno “azienda”, è possibile evidenziare come il governo strategico dell’organizzazione deve tenere conto di entrambi questi aspetti, già peraltro individuati, sebbene

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Si vedano: BERTINI, UMBERTO, Scritti di politica aziendale, Torino, Giappichelli Editore, 19953;

BIANCHI MARTINI, SILVIO, Introduzione all'analisi strategica dell'azienda, Pisa, Il Borghetto, 2005, pp. 16-17

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in altri termini, nelle riflessioni su tale concetto da parte di Giannessi. Dal punto di vista oggettivo, l’azienda si configura come un sistema dinamico di operazioni gestionali (ordine combinatorio e sistematico o sistema della produzione) che deriva dalla combinazione dei fattori produttivi e intangibili e dalle risorse e competenze interne mentre, secondo la prospettiva soggettiva, l’azienda si definisce nel complesso di rapporti che intrattiene all’esterno con tutti i suoi interlocutori e con il mercato (ordine di composizione o sistema delle relazioni azienda/ambiente). Come afferma Umberto Bertini,10 questi elementi costituiscono due importanti “direttrici di analisi strategica” in quanto rappresentano sotto-sistemi nei quali si prendono decisioni e si attuano operazioni all’interno dell’organizzazione. Ad essi deve essere aggiunta una terza componente fondamentale (il sistema delle idee) la quale esprime il momento propositivo che precede la fase operativa e si identifica nella definizione dell’impostazione strategica e del disegno imprenditoriale che sono base della strategia e delle decisioni aziendali.

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