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IRITTO DELL’A
RBITRATO INTERNO ED INTERNAZIONALEXX
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ICLOCOORDINATORE CHIAR.MO PROF. GIOVANNI VERDE
“La compromettibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari”
TUTOR
CHIAR.MO PROF. SERGIO MENCHINI
CANDIDATO
DOTT. ALESSANDRO MOTTO
A.A. 2007/2008
CAPITOLO PRIMO
IMPOSTAZIONE DEL PROBLEMA E CRITICA ALLE TESI FORMULATE IN DOTTRINA E GIURISPRUDENZA
1. Premessa....………...…………1 2. Gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza anteriormente al d. lgs. n. 5 del 2003………...………...2 3. Le nuove norme prevedono il limite della disponibilità del diritto quale condizione di ammissibilità dell'arbitrato per la risoluzione delle controversie societarie; tale limite vale anche per le azioni di impugnazione delle delibere assembleari; si deve peraltro escludere che le domande in considerazione siano sempre relative a situazioni giuridiche indisponibili...7 4. Principia l'analisi critica delle tesi elaborate in dottrina e giurisprudenza per la definizione dei limiti oggettivi alla compromettibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari; critica preliminare alla dottrina che fa leva sul principio di “sostituibilità” delle delibere………...14 5. Critica alla ricostruzione che fa leva sulla sanabilità del vizio di cui la delibera è affetta...17 6. Critica alla tesi che ritiene operante in materia societaria un concetto di “disponibilità”
speciale………...………19 7. Critica degli orientamenti giurisprudenziali tradizionali che attribuiscono rilevanza alla natura dell’interesse (individuale o extra-individuale) coinvolto, o al tipo di norma (imperativa o non imperativa) che si assume essere stata violata………...………...25
CAPITOLO SECONDO
I LIMITI OGGETTIVI ALLA COMPROMETTIBILITA'
1. Transizione….………31 2. Disponibilità del diritto, potere dispositivo ed autonomia privata………….…………...32 3. La tesi secondo cui la facoltà di disposizione è un'entità giuridica esterna al diritto di cui si dispone. Critica………..……….37 4. Il concetto di indisponibilità si presta ad essere riferito all'area dei limiti posti all'esercizio dell'autonomia privata………..………...39 5. Analisi della dottrina in punto di limiti oggettivi alla compromettibilità; le tesi che adottano un concetto ampio di indisponibilità…...………..40 6. Analisi della dottrina in punto di limiti oggettivi alla compromettibilità; le tesi che adottano un concetto tecnico di indisponibilità………..44 7. L'analisi condotta induce a ricostruire su basi autonome il concetto di disponibilità del diritto………..47 8. I limiti oggettivi alla compromettibilità dipendono dal ruolo che assume l'autonomia privata nella risoluzione della controversia……….………....50 9. Principia l'indagine relativa alla natura dell'arbitrato……….………56 10. I presupposti su cui si fonda la tesi negoziale. Critica...56
11. Accertamento negoziale e giudizio………..………59
12. Cenni all'elaborazione della dottrina in materia di negozio di accertamento; in particolare, le ricostruzioni di Rosario Nicolò e Michele Fornaciari. Critica………...62
13. Conclusioni e risultati relativamente all'accertamento negoziale………..………...68
14. La disciplina positiva non permette d ritenere che il lodo abbia natura ed effetti negoziali; principia l'analisi delle singole disposizioni che attestano detta incompatibilità…………...72
14.1. Gli effetti che si ricollegano all'accoglimento della domanda arbitrale; in specie, l'effetto sospensivo della prescrizione... 74
14.2. L'applicabilità dell'art. 111 c.p.c. nel procedimento arbitrale ...75
14.3. Il rilievo incidentale della questione di legittimità costituzionale... 77
14.4. La sospensione del processo arbitrale per pregiudizialità propria ... 79
14.5. La disciplina delle impugnazioni ... 80
14.5.1. (Segue): (A) il lodo non è soggetto alle impugnative contrattuali; in specie, non assume rilievo il vizio della volontà;... 80
14.5.2. (Segue): (B) il lodo non è soggetto all'impugnazione per nullità ex art. 1418 c.c. per violazione di norme inderogabili;...82
14.5.3. (Segue): (C) il lodo è soggetto all'impugnazione per violazione di legge sostanziale; ... 83
14.5.4. (Segue): (D) il lodo è impugnabile per contrarietà ad altro precedente lodo non più impugnabile o a precedente sentenza passata in giudicato;...………...………..86
14.5.5. (Segue): (E) il lodo è impugnabile mediante opposizione di terzo... 89
15. Il lodo ha natura di atto giuridico in senso stretto; ad esso l'ordinamento ricollega la produzione di effetti equivalenti alla sentenza giurisdizionale……….………92
16. Il concetto di disponibilità rilevante per la definizione dei limiti oggettivi alla compromettibilità può essere parametrato sui limiti cui è soggetto l'esercizio del potere di autonomia privata riguardo al rapporto giuridico compromesso, soltanto se in arbitrato è riscontrabile un atto di autonomia privata diretto alla regolamentazione della situazione giuridica controversa; si esclude che la stipula del patto compromissorio produca effetti dispositivi sul rapporto giuridico cui si riferisce………...………94
17. (Segue): si esclude che il lodo produca effetti dispositivi sul rapporto giuridico controverso....96
18. La raggiunta dimostrazione che in nessun momento della vicenda arbitrale vi è esercizio del potere dispositivo relativamente alla situazione sostanziale che ne è oggetto non può abilitare l'interprete ad assumere che venga meno il requisito della disponibilità del diritto quale condizione di ammissibilità dell'arbitrato. Critica a due recenti tesi dottrinali……….98
19. Determinazione del concetto di disponibilità rilevante per la definizione dei limiti oggettivi alla compromettibilità: hanno natura disponibile e, dunque, sono compromettibili, le situazioni sostanziali in ordine alle quali assume rilievo, quale fonte della loro regolamentazione, il potere di autonomia privata……….101
20. Profili applicativi………104
21. I risultati raggiunti trovano conferma nell’elaborazione dei limiti oggettivi alla compromettibilità compiuta nell’ordinamento tedesco………106
CAPITOLO TERZO
LA COMPROMETTIBILITA’ DELLE CONTROVERSIE DI IMPUGNAZIONE DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI
1. Transizione………...111
2. Le situazioni giuridiche nel gruppo organizzato………..114
3. Individuazione delle situazioni giuridiche incise dalla delibera………...117
4. La valutazione di disponibilità, rilevante ai fini della compromettibilità della lite, deve essere condotta relativamente alle situazione giuridiche così individuate………..122
5. Le situazioni giuridiche nella titolarità dei soci;.……….123
5.1. (Segue): non costituiscono un'autonoma situazione giuridica soggettiva, incisa dalla delibera assembleare, né l'interesse del socio alla legittimità dell'azione sociale (o ad una gestione sociale condivisa nelle scelte); né i diritti (poteri) partecipativi del socio di cui sia dedotta la violazione nel procedimento di adozione della delibera; né, infine, l'interesse che risulta protetto dalla norma imperativa, ove questo non sia posto in relazione con un bene di natura sostanziale.... ... 127
6. Classificazione delle delibere assembleari in funzione del contenuto -di imputazione o di organizzazione- dell'effetto prodotto, e del soggetto -la società, i soci, o terzi qualificati- nella cui sfera gli effetti si realizzano;.………...131
6.1. (Segue): (A) Delibere aventi ad oggetto immediato, diretto ed esclusivo, una posizione giuridica dei soci;.. ...134
6.2. (Segue): (B) Delibere aventi ad oggetto immediato ed esclusivo una situazione giuridica a contenuto organizzativo riferibile alla società;.. ... 135
6.3. (Segue): (C) Delibere aventi ad oggetto una situazione giuridica a contenuto organizzativo riferibile alla società e simultaneamente incidenti su situazioni giuridiche a carattere individuale nella titolarità dei soci;. ...137
6.4. (Segue): (D) Delibere aventi ad oggetto una situazione giuridica a contenuto organizzativo riferibile alla società e simultaneamente incidenti su situazioni giuridiche a carattere individuale nella titolarità di determinati soggetti terzi rispetto alla società. ...141
7. Sintesi dei risultati raggiunti……….143
8. Le specificità strutturali delle situazioni sostanziali coinvolte nel processo di impugnativa impediscono di applicare ad esse il tradizionale concetto di disponibilità articolato secondo i parametri della rinunciabilità ed alienabilità del diritto; è invece idonea la nozione di disponibilità intesa come rilevanza del potere di autonomia privata nella produzione di effetti giuridici relativamente ad una certa situazione sostanziale………148
9. Il potere assembleare e la tecnica di produzione degli effetti sostanziali cui è riconducibile la delibera assembleare……….151
10. La natura della delibera assembleare. Le tesi negoziali classiche ……….155
10.1. (Segue): (A) la tesi unitaria (o organica). Critica. ... 157
10.2. (Segue): (B) la tesi antiunitaria. Critica...159
11. La natura della delibera assembleare. Le tesi procedimentali (o organizzative). Critica……...165
12. La delibera come negozio giuridico………...168
13. La qualificazione della delibera come negozio giuridico non è impedita dalla particolare tipologia degli effetti (valori) realizzati………178
14. La delibera di bilancio come fattispecie produttiva di effetti (a contenuto organizzativo);...181
14.1. (Segue): la delibera di bilancio ha natura di negozio giuridico... 190
15. La compromettibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari.……….194
16. I risultati raggiunti trovano conferma nell’elaborazione compiuta nell’ordinamento tedesco...200
BIBLIOGRAFIA…..……….I-XVII
CAPITOLO PRIMO
IMPOSTAZIONE DEL PROBLEMA E CRITICA ALLE TESI FORMULATE IN DOTTRINA E GIURISPRUDENZA.
Sommario: -1. Premessa. -2. Gli orientamenti della dottrina e della giurisprudenza anteriormente al d. lgs. n. 5 del 2003. -3. Le nuove norme prevedono il limite della disponibilità del diritto quale condizione di ammissibilità dell'arbitrato per la risoluzione delle controversie societarie; tale limite vale anche per le azioni di impugnazione delle delibere assembleari; si deve peraltro escludere che le domande in considerazione siano sempre relative a situazioni giuridiche indisponibili. -4. Principia l'analisi critica delle tesi elaborate in dottrina e giurisprudenza per la definizione dei limiti oggettivi alla compromettibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari; critica preliminare alla dottrina che fa leva sul principio di “sostituibilità”
delle delibere. -5. Critica alla ricostruzione che fa leva sulla sanabilità del vizio di cui la delibera è affetta. -6. Critica alla tesi che ritiene operante in materia societaria un concetto di “disponibilità”
speciale. -7. Critica degli orientamenti giurisprudenziali tradizionali che attribuiscono rilevanza alla natura dell’interesse (individuale o extra-individuale) coinvolto, o al tipo di norma (imperativa o non imperativa) che si assume essere stata violata.
1.
La possibilità di devolvere ad arbitri le controversie relative alla validità delle delibere assembleari ha, da sempre, costituito un nodo problematico del diritto arbitrale e, data la ricorrenza di questa tipologia di liti in materia societaria, essa rappresenta, con buona approssimazione, la misura stessa dell’effettività dello strumento arbitrale in tale ambito. D’altra parte, la complessità del problema, l’assenza di indici normativi univoci, nonché il rilievo dogmatico e pratico che esso assume, hanno da sempre costituito motivi di grande interesse per gli interpreti.
Peraltro, riflessione dogmatica e prassi applicativa, sino ad oggi, non hanno sortito conclusioni consonanti, né, tantomeno, soprattutto sul fronte della giurisprudenza, stabili; ed è così avvenuto che, ad una contraddittoria ed oscillante prassi giurisprudenziale in punto di compromettibilità, corrispondessero, sul piano dell’agire sociale, incertezza e sfiducia in ordine all’effettività dello strumento arbitrale per la risoluzione rapida ed efficace dei conflitti all’interno del gruppo organizzato.
Su questo quadro è intervenuto il d.lgs. 17 Gennaio 2003, n. 5, che, agli artt. 34, 35 e 36 disciplina il nuovo arbitrato per le controversie societarie1. Come si avrà modo di constatare, le
1 In dottrina, sul nuovo arbitrato societario, si vedano: E. Fazzalari, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Riv. Arb., 2002, 443; F.P. Luiso, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. Dir. Proc., 2003, 705 ss.; Id., Commento agli artt. 34, 35, 36, in Il nuovo processo societario, a cura di F.P. Luiso, Torino 2006, 555 ss.; E.F. Ricci, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2003, 517 ss.; A. Briguglio, Conciliazione e arbitrato nelle controversie societarie, in judicium.it; F. Auletta, Commento agli artt. 34, 35, 36, 37, in La Riforma delle società, Il Processo, a cura di B. Sassani, Torino 2003, 327 ss.; Id., La nullità della clausola compromissoria a norma dell’art. 34 D.Lgs. 17 Gennaio 2003, n. 5: a proposito di recenti (dis-)orientamenti del notariato, in Riv. Arb., 2004, 361 ss.; M. Bove, L’arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. Civ., 2003, II, 477 ss.; F. Carpi, Profili dell’arbitrato in materia di
nuove norme, pur introducendo significativi elementi di novità nel dibattito, non permettono di offrire una soluzione univoca al problema della compromettibilità delle liti di impugnazione delle delibere assembleari; il che è dimostrato, per un verso, dalla grande varietà di tesi sostenute in dottrina sul punto e, per un altro, dalla giurisprudenza, che, pur nel mutato quadro normativo, ha ribadito l’indirizzo consolidato in materia.
Nel presente capitolo, ci soffermeremo sull’analisi degli orientamenti della giurisprudenza teorica e pratica successivi all’entrata in vigore delle nuove disposizioni, e porremo in luce le ragioni che ne impediscono l’adozione ai fini della risoluzione del problema che ci occupa; questo, però, non senza aver tracciato preliminarmente un quadro sintetico degli indirizzi pregressi, in guisa di necessaria premessa per la corretta comprensione dell’elaborazione successivamente sviluppatasi.
2.
Anteriormente al d. lgs. 5/2003, le posizioni della giurisprudenza teorica e pratica erano riconducibili fondamentalmente a quattro differenti opzioni ricostruttive, che di seguito brevemente si riportano.
(A) L’indirizzo assolutamente prevalente in giurisprudenza, secondo un risalente insegnamento della Corte di legittimità, ancor oggi fermissimo, è quello che fa capo al c.d. “criterio degli interessi”, in quanto appunta il limite della compromettibilità sulla valutazione degli interessi che vengono in gioco nella concreta controversia: disponibili le liti relative a diritti individuali dei soci, indisponibili quelle involgenti interessi della società o la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi.2 In applicazione di questo iter argomentativo, la
società, in Riv. Arb., 2003, 411 ss.; G. Ruffini, Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, in Riv. Trim. Dir. Proc.
Civ., 2004, 495 ss.; Id. La riforma dell’arbitrato societario, in Corr. Giur., 2003, 1524 ss.; S. Chiarloni, Appunti sulle controversie deducibili in arbitrato societario e sulla natura del lodo, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2004, 123 ss.; G.
Miccolis, Arbitrato e conciliazione nella riforma del processo societario, in judicium.it; P.L. Nela, Commento agli artt.
34, 35, 36, in Il nuovo processo societario, Commentario diretto da S. Chiarloni, Bologna 2004, 925 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca, La convenzione arbitrale nelle società dopo la riforma, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 2003, 929 ss.; F.
Danovi, L’arbitrato nella riforma del diritto processuale societario, in judicium.it; F. Corsini, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. It., 2003, 1285 ss.; R. Sali, L’arbitrato per le nuove società. Dodici (piccoli) nodi applicativi e qualche proposta, in Giur. It., 2005, 442 ss.; N. Soldati, Le clausole compromissorie nelle società commerciali, Milano 2005; E. Picaroni, L’arbitrato nella riforma delle società, in Società, 2005, 495 ss.; L. Morellini, Le parti e l’oggetto dell’arbitrato societario: spunti di riflessione, in Società, 2005, 79 ss.; F. Santagada, Arbitrato e conciliazione, in Il nuovo processo societario, Supplemento al fasc. 25/2005 di Diritto e Giustizia, 149 ss.; S. Rosin, L'arbitrato nel diritto societario, in L'arbitrato, a cura di C. Cecchella, Torino 2005, 515 ss.; G. Della Pietra, La clausola compromissoria, in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, 1, Torino 2006, 205 ss. Per le prime applicazioni giurisprudenziali dell'arbitrato societario, si rimanda, per un quadro d’insieme, a: A. Motto, Esperienze del nuovo arbitrato societario, in Riv. Arb., 2006, 563 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca, L'arbitrato societario nell'applicazione della giurisprudenza, in Giur. Comm., 2007, II, 935 ss.
2 Al proposito, tra molte, si vedano: Cass., 10 Ottobre 1962, n. 2910, in Giust. Civ., 1963, I, 2962 ss.; Cass., 24 Maggio 1965, n. 999, in Giust. Civ., 1965, I, 1575 ss.; Cass., 18 Febbraio 1988, n. 1739, in Foro It., 1988, I, 3349 ss. e in Giust.
Civ., 1988, I, 1502 ss.; Cass., 6 Luglio 2000, n. 9022, in Dir. Prat. Soc., 2000, fasc. 21, 77 ss.; Cass., 30 Marzo 1998, n.
3322, in Mass. Giur. It., 1998; Cass., 19 Settembre 2000, n. 12412, in Giust. Civ., 2001, 405 ss.; Cass., 21 Dicembre 2000, n. 16056, in Mass. Giur. It., 2000; Cass., 23 Gennaio 2004, n. 1148, in Società, 2004, 713 ss.; Cass., 23 Febbraio 2005, n. 3772, in Società, 2006, 637 ss.; per la giurisprudenza di merito, tra le più recenti, confronta: App. Roma, 7
giurisprudenza di merito e di legittimità ha posto la seguente equazione: è compromettibile, in quanto di natura disponibile, la controversia coinvolgente un interesse individuale del socio; sono, invece, collocate nell’area della non compromettibilità le controversie involgenti interessi non personali dei soci.
Il criterio, occorre precisare, è di applicazione generale a tutte le liti societarie, ma è stato formulato dalla Corte di cassazione in occasione dell’ impugnazione di una delibera assembleare, ed ha poi trovato concreta applicazione soprattutto in relazione a questa tipologia di liti3.
Il problema diviene, così, quello di qualificare l’interesse coinvolto nella lite; a questo fine, i parametri presi in considerazione dalla giurisprudenza sono i seguenti: a) l’oggetto della deliberazione; b) il vizio –procedurale o sostanziale- lamentato; c) la natura e le finalità della norma di cui è dedotta la violazione; d) la figura di invalidità fatta valere; e) il rilievo della deliberazione nell’organizzazione dell’ attività sociale4.
Non è chi non veda come, in questa prospettiva, la situazione sostanziale controversa non costituisce più il parametro della disponibilità e, quindi, della arbitrabilità della lite: una volta che questa è fatta discendere dalla natura dell’interesse coinvolto, la valutazione della disponibilità è condotta, in realtà, sulla base dell’apprezzamento di elementi eterogenei, che nulla dicono in ordine alla natura del diritto.
Ma l’orientamento giurisprudenziale non è inaccettabile solo dal punto di vista dogmatico;
altamente insoddisfacenti sono, infatti, i risultati cui esso conduce sul piano applicativo. A questo riguardo, appare sufficiente notare come i vari parametri utilizzati per la definizione della natura degli interessi coinvolti nella lite –consitenti, come segnalato, nell’apprezzamento delle ragioni dell’impugnazione, della natura delle norme violate, del rilievo della delibera nell’organizzazione sociale- possano facilmente giustificare, con riferimento alla medesima controversia, tanto una conclusione nel senso del coinvolgimento nella vicenda di interessi individuali, quanto l’opposta conclusione del coinvolgimento di interessi extra-individuali5; il che rende la valutazione della
Settembre 2006; Trib. Milano, 15 Ottobre 2001, in Società 2002, 737 ss.; Trib. Arezzo, 2 Marzo 2004, in Riv, arb., 2005, 311 ss.; Trib. Belluno, 26 Ottobre 2005; Trib. Milano, 6 Marzo 2003, in Giur. It., 2003, 1411 ss.; App. Firenze, 31 Gennaio 2001, in Riv. arb., 2002, 315 ss.; Trib. Milano 7 Febbraio 2002, in Giur. It., 2002, 1014 ss.; Trib. Trani, 14 Ottobre 1999, in Giur. Merito, 2000, 1999 ss.
3V., infatti, Cass., 10 Ottobre 1962, n. 2910, cit.
4 Il dato si trae agevolmente dalla giurisprudenza, per la quale si rinvia a nota 2; in dottrina, L. Rovelli, L’arbitrato delle società, in L’arbitrato. Profili sostanziali, II, a cura di G. Alpa, Torino 1999, 920 ss., definisce accettabile il criterio adottato dalla giurisprudenza, in particolare allorché la distinzione tra interesse personale dell’impugnante e interesse generale posta alla base della decisione sulla compromettibilità ripeta quella posta alla base, sempre dalla giurisprudenza, della distinzione tra delibere annullabili e radicalmente nulle (al proposito si vedano, Cass., 20 Aprile 1961 n. 883, in Dir. Fall. 1961, II, 783 ss. e Cass., 9 Febbraio 1979, n. 906 in Giur. Comm. 1979, II, 351 ss.).
5 E’ tendenzialmente affermata la compromettibilità delle controversie concernenti le delibere che distribuiscono l’utile ai soci (per una recente applicazione, Cass., 6 Luglio 2000, n. 9022, cit.); al contrario, è generalmente esclusa l’arbitrabilità delle cause relative a delibere che hanno maggior rilevanza nella vita della società, rispetto alle quali ne viene affermata l’incidenza su interessi non personali del socio impugnante: così, ad esempio, in materia di bilancio
compromettibilità della lite un giudizio di carattere episodico e ad alto tasso di empirismo, con conseguente svalutazione dell’effettività dello strumento arbitrale per la risoluzione delle controversie de quibus.
Peraltro, poiché, anche successivamente all’entrata in vigore delle nuove norme, la giurisprudenza, come si vedrà, fa pedissequa applicazione dei principi esposti, nel prosieguo del lavoro ci soffermeremo nuovamente su questo orientamento e, in quella sede, daremo una più ampia e completa dimostrazione della sua inaccettabilità6.
(B) Un orientamento minoritario, emergente sia in dottrina che in giurisprudenza, riconduce, invece, il discrimen della compromettibilità della controversia sulla validità della delibera alla figura di invalidità lamentata, distinguendo tra delibere annullabili ex art. 2377 c.c. e delibere radicalmente nulle ex art. 2379 c.c. 7.
Più precisamente, l’orientamento in esame parte dall’assunto che il dato normativo, mentre non autorizza ad appuntare il limite della compromettibilità sulla natura degli interessi tutelati dall’azione di impugnativa esperita, legittima, al contrario, ad individuare tale limite nell’invalidità della deliberazione per violazione di norme imperative, o in altri vizi integranti la nullità dell’atto;
ciò da cui deriva, correlativamente, che le azioni dirette a far valere vizi integranti l’annullabilità della delibera devono ritenersi sempre deferibili in arbitri.
Questa ricostruzione non fa che riprodurre, in materia di deliberazioni assembleari, le argomentazioni di chi ritiene non compromettibile la controversia relativa ad un contratto illecito perché in contrasto con norme imperative; la ricostruzione, cioè, di chi ritiene applicabile all’arbitrato il limite che l’art. 1972, comma 1, c.c. pone riguardo alla transazione su contratto illecito, per effetto del rinvio che l’art. 806, prima delle recenti modifiche, operava alla disciplina
(Cass., 10 Ottobre 1962, cit.; Cass., 30 Marzo 1998, n. 3322, cit.; App. Roma, 7 Settembre 2006, cit.; App. Milano, 11 Febbraio 1997, in Società, 1997, 1149 ss.; Trib. Milano, 15 Ottobre 2001, cit.; Trib. Milano, 7 Febbraio 2002, cit.; Trib.
Milano, 6 Marzo 2003, cit.; Trib. Monza, 3 Marzo 2006 (seppur con riferimento alla delibera di bilancio di un'associazione riconosciuta, ma con argomentazioni sicuramente estensibili anche alla materia societaria); mentre per le deliberazioni di revoca degli amministratori sussiste maggior incertezza, avuto riguardo, di volta in volta, alle norme di cui è dedotta la violazione da parte dell’amministratore (Cass., 10 Ottobre 1962, n. 2910, cit.; Cass., 18 Febbraio 1988, n. 1739, cit.; Trib. Trieste, 12 Dicembre 1990 (ord.), in Società 1991, 818 ss.; Pret. Sestri Ponente, 2 Marzo 1989, in Foro It. 1989, I, 1356 ss.; Trib. Genova 25 Gennaio 1982, in Giur. Comm. 1982, II, 684 ss.; Trib. Milano, 2 Dicembre 1982, in Società 1983, 631 ss.).
6 Infra, par. 7.
7 R. Teti, L’arbitrato nelle società, in Riv Arb., 1993, 297 ss., specie 308; in giurisprudenza, Trib. Roma 23 Luglio 1984, in Società 1985, 492 ss., con nota di Rordorf; Trib. Milano, 12 Marzo 2001, in Società, 2002, 739 ss.; per una critica a questo orientamento, si veda, in specie, A. Berlinguer La compromettibilità per arbitri. Studio di diritto italiano e comparato. II) Le materie non compromettibili, Torino 1999, 220. Merita di essere ricordata anche la tesi sostenuta da G. De Ferra, Clausole arbitrali nel diritto delle società, in Riv. Arb. 1995, 187 ss., cui fa capo un orientamento che pone in generale quale limite alla disponibilità l’inderogabilità della normativa, così raggiungendo conclusioni non diverse dall’orientamento qui in esame, pur negando, in via di principio, che possa configurarsi correttamente il limite della compromettibilità nella nullità o annullabilità della deliberazione.
della transazione8. La tesi in esame si espone, così, allo stesso ordine di critiche rivolte a questa tesi sul piano del diritto comune, ove si sottolinea, da un lato, la non riferibilità all’arbitrato dei limiti previsti per la transazione diversi dalla indisponibilità del diritto e, dall’altro lato, l’inconferenza, rispetto al tema della compromettibilità, della inderogabilità della normativa9. A queste si aggiungono, sotto altro profilo, anche le critiche fondate sul carattere di specialità che la disciplina dell’invalidità delle deliberazioni assembleari assume rispetto alla disciplina dell’invalidità degli atti giuridici di diritto comune10; specialità che, peraltro, alla luce della riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. 17 Gennaio 2003, n. 6, non può che dirsi acuita, fino al punto di veder sostanzialmente omologata la disciplina della deliberazione nulla a quella della deliberazione semplicemente annullabile, con la conseguenza che, attualmente, risulta ancora più difficile far leva sulla distinzione tra nullità ed annullabilità delle deliberazioni, per esserne venuto meno, o fortemente ridotto, il fondamento normativo11.
8 L’art. 806 c.p.c., infatti, prevedeva che “Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte, tranne che quelle previste negli artt. 429 e 459, quelle che riguardano questioni di stato e di separazione personale tra coniugi e le altre che non possono formare oggetto di transazione.”; la norma, oggi, a seguito della riforma introdotta dal d.lgs. 2 Febbraio 2006, n. 40, non contiene più alcun riferimento alla disciplina della transazione, disponendo, al suo primo comma, che “Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.”
9 La dottrina ha infatti da tempo posto in luce come il divieto di transazione su titolo illecito trovi ragion d’essere nel continuum causale intercorrente tra rapporto originario e negozio transattivo, che determina la necessaria ripercussione della illiceità del primo sulla seconda, al contrario non riscontrabile in relazione all’arbitrato (in questo modo, vedi, per tutti: G. Verde, La convenzione di arbitrato, in Diritto dell'arbitrato, a cura di G. Verde, 3° ed., Torino 2005, 71 ss., specie 95 ss.; da ultimo: G. Canale, Antitrust e arbitrato, in Riv. dir. Proc., 2006, 1207 ss., specie 1224 ss.). Sulla non corrispondenza tra norma imperativa e indisponibilità del diritto si tornerà più ampiamente in seguito, nel par. 7; per il momento, si osserva come opinione sia condivisa dalla più recente dottrina processualcivilistica, per la quale confronta, per tutti: F.P. Luiso, Diritto processuale civile, IV, I processi speciali, 4° ed., Milano 2007, 357; G. Verde, La convenzione di arbitrato, cit., 93-94; A. Berlinguer, La compromettibilità per arbitri. Studio di diritto italiano e comparato. I) La nozione di compromettibilità, Torino 1999, 65 ss., 80 ss.
10 Per queste notazioni, si vedano già G. Zanarone, Norme imperative e invalidità delle deliberazioni assembleari, in Riv. Crit. Dir. Priv., 1985, 455 ss. e G. De Ferra, Clausole arbitrali, cit., 191 ss.
11 Seppur con differenza di accenti è un dato condiviso quello secondo cui, dopo la riforma, se non è radicalmente venuta meno la distinzione nelle due categorie della invalidità, queste, tuttavia, sul piano della disciplina legislativa, presentano notevoli profili comuni, che innegabilmente avvicinano sensibilmente la nullità all’annullabilità: sul punto, per ogni opportuno riferimento, confronta: AA.VV., Diritto delle società di capitali - manuale breve, Milano 2003, 114 ss.; G. Muscolo, Il nuovo regime dei vizi delle deliberazioni assembleari nelle s.p.a. (prima parte): cause ed effetti dell’invalidità dell’atto, in Società, 2003, 534 ss.; Ead., Il nuovo regime dei vizi delle deliberazioni assembleari nelle s.p.a. (seconda parte): l’ impugnazione, in Società, 2003, 673 ss.; Ead., L’impugnazione delle deliberazioni assembleari di operazioni sul capitale, emissione di obbligazioni e approvazione del bilancio, in Società, 2003, 931 ss.; G. Piazza, L’impugnativa delle delibere assembleari: prime riflessioni di un civilista, in Corr. Giur., 2003, 965 ss.; V. Salafia., L’assemblea della S.P.A. secondo la recente riforma societaria, in Società, 2003, 1056 ss.; Id., L’invalidità delle deliberazioni assembleari nella riforma societaria, in Società, 2003, 1177 ss.; D. Spagnuolo, Commento all’art. 2377, in La riforma delle società, Commentario al d. lgs. 6/2003, I, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino 2003, 343 ss.;
A. Spena, Commento all’art. 2379, in La riforma delle società, cit., 369 ss.; S. Sanzo, Commento all’art. 2377, in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, I, Bologna 2004, 607 ss.; Id., Commento agli artt. 2379 e 2379 bis, in Il nuovo diritto societario, cit., 649 ss.; R. Lener, Commento all’art. 2377, in Società di capitali, Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, I, Napoli 2004, 545 ss.; Id., Commento all’art. 2379, in Società di capitali, cit., 565 ss.; A. Stagno d’Alcontres, L’invalidità delle deliberazioni dell’assemblea di s.p.a. La nuova disciplina, in Il nuovo diritto delle società, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, II, Torino 2006, 167 ss.; A. Genovese, Le fattispecie tipiche di invalidità, in Il nuovo diritto delle società, II, cit., 219 ss.; G. Meo, Gli effetti dell’invalidità delle deliberazioni assembleari, in Il nuovo diritto delle società, II,
(C) Secondo altra parte della dottrina, invece, il limite della compromettibilità delle deliberazioni invalide è costituito dalla possibilità che ad esse possa essere data convalida12. Per questa ricostruzione, rientrano tra le controversie compromettibili tutte le liti relative a deliberazioni assembleari, che, ancorché non conformi alla legge o allo statuto, nondimeno non presentino un oggetto impossibile o illecito; in questo caso, infatti, la delibera, nulla ai sensi dell'art. 2379 c.c., in forza della medesima disposizione (nella previgente formulazione), non sarebbe suscettibile di convalida13.
Nella formulazione più recente di tale ricostruzione, peraltro, il limite della non convalidabilità delle delibere nulle per impossibilità o illiceità dell’oggetto viene superato, avuto riguardo alla regolamentazione della situazione giuridica soggettiva offerta dal lodo; precisamente, si ritiene compromettibile la controversia relativa ad una deliberazione nulla, nella misura in cui esito del procedimento arbitrale non sia quel “risultato di convalida di tali delibere, che è invece vietato dalla legge”14 .
(D) Da ultimo, viene in rilievo l’ indirizzo seguito dalla dottrina maggioritaria che, negli ultimi anni, ha talvolta ricevuto adesione anche da parte di alcune pronunce di merito15.
Secondo questo orientamento, al fine di ammettere o negare la devoluzione in arbitrato della controversia sulla validità di una delibera, non hanno valore parametri diversi dalla connotazione - disponibile o indisponibile- del diritto in contesa: nello specifico, è escluso che abbiano rilievo indici quali: a) la natura –dispositiva o imperativa- delle norme violate; b) l’ apprezzamento degli interessi a tutela dei quali la disciplina normativa violata è prevista; c) la tipologia, nonché il regime del vizio da cui la delibera è inficiata.
cit., 293 ss.; M. Centonze, La delibera nulla: nuove tendenze interpretative e profili di disciplina, in Il nuovo diritto delle società, II, cit., 309 ss.; nonché la Relazione al d. lgs. 17 Gennaio 2003 n. 6.
12 E’ la tesi di V. Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, 3° ed., Napoli 1964, 763, sulla cui scia si pongono C. Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, I, Padova 2000, 257 ss., e, sembra, anche F. Carpi-E. Zucconi Galli Fonseca Del compromesso, in Arbitrato, a cura di F. Carpi, Bologna 2001, 88.
13 L'art. 2379 c.c., anteriormente alla riforma del diritto societario (d. lgs. 17 Gennaio 2003, n. 6), rinviava, infatti, all'art. 1423 c.c., ai sensi del quale al contratto nullo non può essere data convalida.
14 C. Punzi, Disegno sistematico, I, cit., 258. A conclusioni non dissimili pare arrivare anche Muratore, in nota a Trib.
Milano 29 Gennaio 1998, in Giur. It. 1998, 1197 ss., specie 1199, che giunge a ritenere addirittura compromettibili liti relative a diritti indisponibili a patto che “per effetto della pronuncia arbitrale non risulti disposto contra legem il diritto oggetto della lite” il che avverrebbe, rispetto ad un diritto protetto da norma imperativa, qualora la pronuncia arbitrale non sia meramente dichiarativa, ma anche costitutiva “ovvero modificativa” del diritto in questione.
15 Il mutamento di prospettiva è dovuto in particolare alla giurisprudenza milanese, a partire da Trib. Milano 18 Maggio 1995, in Società, 1995, 1609, sulla cui scia Trib. Milano 29 Gennaio 1998, con nota di Muratore, cit., specie 1198, ove traspare chiaramente l’intentio di ricondurre il limite della compromettibilità alla disponibilità del diritto, escludendo che il carattere imperativo della normativa ammanti del crisma dell’indisponibilità il diritto disciplinato, fino ad arrivare, ribaltando un orientamento più che decennale, a Trib. Milano 10 Gennaio 2000, in Giur. It. 2000, 1239 ss., specie 1240, che ammette la deferibilità in arbitri della controversia relativa all’impugnazione di una deliberazione di bilancio; occorre tuttavia sottolineare che la successiva giurisprudenza del Tribunale di Milano non ha ritenuto di condividere tale orientamento, ed ha quindi fatto applicazione dei principi tradizionalmente accolti in materia, operando la valutazione della compromettibilità sulla natura degli interessi coinvolti nella lite (in questo modo, già prima della riforma, confronta, anche per la specifica confutazione dell'indirizzo più liberale: Trib. Milano 15 Ottobre 2001, cit.;
Trib. Milano 7 Febbraio 2002, cit.; Trib. Milano 6 Marzo 2003, cit.).
Per questa tesi, il problema della arbitrabilità della lite va riportato esclusivamente sul terreno della disponibilità del diritto oggetto della controversia, evitando di affidarsi a parametri, quali l’inderogabilità della normativa, che devono essere apprezzati ad altri fini, ma che, se utilizzati allo scopo di perimetrare l’area della compromettibilità, si dimostrano oltremodo fuorvianti. Al lato pratico, infatti, la ricostruzione in esame ritiene di dover indagare la natura – disponibile o indisponibile- della situazione giuridica creata, estinta, modificata o comunque incisa dalla deliberazione; tuttavia, il criterio utilizzato ha risvolti applicativi non meno incerti della ricostruzione che si è definita del “criterio degli interessi”, essendo nel concreto difficile isolare la posizione di diritto sottesa ad una deliberazione assembleare, onde concludere sul suo carattere disponibile o indisponibile. Sul questo tema ci si soffermerà, pertanto, in seguito, nella parte ricostruttiva della presente indagine16.
3.
Il tema della compromettibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari deve essere affrontato alla luce della nuova disciplina dell'arbitrato societario, dettata agli artt. 34, 35 e 36 del d.lgs. 5/2003.
A differenza di quanto avviene nella disciplina codicistica dell'arbitrato, che oggi, a seguito della riforma operata con il d.lgs. 2 Febbraio 2006, n. 40, molto chiaramente individua nella disponibilità del diritto la condizione di ammissibilità del giudizio privato (art. 806), le norme dettate per il settore societario pongono, invece, in via preliminare, il problema della individuazione dei limiti oggettivi alla compromettibilità. Il quadro normativo offre, infatti, spunti non univoci; le disposizioni che vengono in considerazione sono: a) l’art 34, comma 1, secondo cui possono formare oggetto di arbitrato “….le controversie insorgenti tra i soci ovvero tra i soci e la società che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale”; b) l’art 34, comma 5, che esclude la deferibilità in arbitrato delle “controversie nelle quali la legge preveda l’ intervento obbligatorio del pubblico ministero”; c) l’art. 35, comma 5, a norma del quale “se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbitrato di controversie aventi ad oggetto la validità di delibere assembleari agli arbitri compete sempre il potere di disporre….la sospensione dell’efficacia della delibera”; d) l’art. 36, comma 1, che impone agli arbitri di decidere “secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’articolo 829, secondo comma, del codice di procedura civile quando (….) l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validità di delibere assembleari.”.
Nonostante parte autorevole della dottrina sia di avviso contrario, riteniamo che per le controversie sottoposte alla disciplina dell'arbitrato societario e, tra esse, in particolare, per quelle
16 Si rinvia, pertanto, ai capitoli II e III.
aventi ad oggetto liti su delibere assembleari invalide, il legislatore delegato, non utilizzando il potere ad esso conferito dalla delega, abbia conservato il limite della disponibilità del diritto oggetto della controversia17.
La correttezza di questa affermazione è dimostrata dall'analisi critica degli orientamenti che, facendo leva sulla contraddittorietà del quadro normativo, ritengono che, oggi, l’arbitrato societario possa riguardare anche materie indisponibili. Tre, in particolare, sono le tesi da analizzare: la prima, che fa leva sul disposto di cui all’art. 34, comma 518; la seconda, che si fonda sull’omesso richiamo, da parte dell'art. 35, comma 5, e dell'art. 36, comma 1, del limite della disponibilità del diritto, quale condizione di arbitrabilità delle liti di impugnativa delle delibere assembleari19; la terza, che si basa anch’essa sull’art. 36, comma 1, ma sviluppando differenti argomentazioni20.
(A) La prima tesi pone in rilievo il problema di coordinamento tra l’art. 34, comma 1, che appunta, in linea generale, il limite della compromettibilità sulla disponibilità del diritto controverso, e l’art. 34, comma 5, che esclude, specificamente, la compromettibilità delle liti in cui è previsto l’ intervento obbligatorio del pubblico ministero.
Secondo una dottrina autorevole, l’espressa previsione, all’art. 34, comma 5, della non compromettibilità di una delle ipotesi tipiche di indisponibilità, che, come tale, già si dovrebbe ritenere ricompresa nella previsione generale dell’art. 34, comma 1, avrebbe l’effetto di rendere non arbitrabili soltanto tale particolare categoria di controversie su diritti indisponibili (ossia quelle in cui è previsto l’intervento obbligatorio del P.M), con l’esclusione delle altre, quindi pienamente compromettibili, benchè relative a diritti ugualmente non disponibili, in quanto, in relazione ad esse, non è previsto l’intervento obbligatorio del P.M.21.
Il ragionamento su cui questa tesi si fonda è indubbiamente suggestivo, ma conduce ad una conclusione –ammettere l’ arbitrato su diritti indisponibili-, che, da un lato, sovverte un principio cardine dell’istituto arbitrale, e, dall’altro, almeno secondo alcuni, fa sorgere più di un dubbio in ordine alla legittimità costituzionale della disciplina dettata22.
17 Questa facoltà era prevista dall’art. 12, comma 3, della L. 3 Ottobre 2001, n. 366, di delega al Governo per la riforma del diritto societario; critici verso tale previsione, erano, tra gli altri: G. Ruffini, Arbitrato e disponibilità dei diritti nella legge delega per la riforma del diritto societario, in Riv. Dir. Proc., 2002, 133 ss.; F. Criscuolo, L’opzione arbitrale nella delega per la riforma delle società in Riv. Arb., 2002, 45 ss..
18 E. Fazzalari, L’arbitrato nella riforma, cit., 444.
19 F.P. Luiso, Appunti, cit., 709-710; Id., Commento, cit., 565; G. Verde, Lineamenti di diritto dell’ arbitrato, Torino 2004, 51-52; Id., La convenzione di arbitrato, cit., 97-98; F. Santagada, Arbitrato e conciliazione, cit., 154-155; G.
Della Pietra, La clausola compromissoria, cit., 225 ss., specie 227.
20 G. Miccolis, Arbitrato e conciliazione, cit., par. 5
21 E. Fazzalari, L’arbitrato nella riforma, cit., 444.
22 Da più parti si sottolinea, infatti, non solo l’ontologica incompatibilità dell’arbitrato con i diritti indisponibili, ma anche, e soprattutto, che una previsione legislativa in tal senso risulterebbe illegittima per lesione del precetto costituzionale che vieta l’istituzione di giudici speciali (art. 102 Cost.); in questo modo, confronta: F. Auletta, Commento agli artt. 34, 35, 36, 37, cit., 327 ss., specie 331; G. Ruffini, Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, cit., 506 ss. In seguito, avremo peraltro occasione di precisare che, a nostro avviso, una previsione legislativa abilitativa
Sussiste, quindi, più d’una ragione per verificare se è possibile fornire un’interpretazione delle disposizioni richiamate, che salvaguardi il limite della disponibilità del diritto controverso quale condizione di ammissibilità dell’arbitrato.
Sembra che una lettura così orientata del dato normativo possa essere offerta.
A tal fine, occorre evitare di conferire all’art. 34, comma 5, il valore di “interpretazione autentica” del precedente comma primo, e limitarsi ad attribuire ad esso il ruolo di disposizione ancillare della clausola generale di non compromettibilità delle liti su diritti indisponibili23. In questo senso, l’art. 34, comma 5, affianca, e non soppianta, l’art. 34, comma 1, di cui viene, quindi, salvaguardata la piena latitudine precettiva richiamata dalla sua formulazione letterale, in alcun modo diminuita dal successivo comma quinto, che ben può essere riguardata quale disposizione a carattere ricognitivo ed esemplificativo di un’ipotesi tipica di indisponibilità.
In definitiva, l’interpretazione proposta dell’art. 34, commi 1 e 5, consiste nel ritenere non deferibili in arbitri: a) le liti su diritti indisponibili (art. 34, comma 1); b) in ogni caso, le liti nelle quali è previsto l’ intervento obbligatorio del P.M., siano esse relative a diritti indisponibili, ovvero a diritti disponibili (art. 34, quinto comma)24.
(B) La seconda ricostruzione richiamata ritiene che la regola enunciata dall’art. 34, comma
dell'arbitrato su diritti indisponibili non andrebbe incontro alle prospettate censure di incostituzionalità (infra, cap. II, par. 20).
23 L’espressione riportata è di F.P. Luiso, Appunti, cit., 710.
24 Secondo questa interpretazione, il delegato non ha, quindi, fatto uso della facoltà di prevedere l’arbitrato su diritti indisponibili. Tenendo fermo questo assunto, occorre fornire, tuttavia, qualche precisazione aggiuntiva in merito alla natura dei diritti rispetto ai quali è previsto l’ intervento obbligatorio in causa del P.M.. In dottrina sono presenti due differenti ricostruzioni: l’una, che ritiene che le controversie nelle quali è previsto l’ intervento del P.M. in causa hanno inequivocabilmente per oggetto un diritto indisponibile; l’altra, secondo cui, invece, non sussiste necessaria correlazione tra l’intervento in causa del P.M. e l’indisponibilità del diritto. Ora, le due ricostruzioni non conducono a definire diversamente l’area della compromettibilità, di guisa che, al lato pratico, nulla cambia adottando l’una o l’altra, il che svaluta grandemente la rilevanza della questione. Ad ogni modo, è possibile osservare che, a seconda della ricostruzione prescelta, muta il valore da riconoscersi alla previsione che, nella disciplina dell’arbitrato societario, dichiara non compromettibili le liti nelle quali è previsto l’intervento in causa del pubblico ministero. Secondo la prima prospettiva, la previsione dell’intervento obbligatorio del P.M. connota senza alcun dubbio la situazione giuridica controversa come indisponibile (F.P. Luiso, Diritto Processuale, IV, I processi speciali, cit., 356; F. Carpi - E. Zucconi Galli Fonseca, Del compromesso, cit., 31-32); tuttavia, come già chiarito nel testo, pur adottando tale prospettiva, l’interpretazione preferibile dell’espressa previsione contenuta all’art. 34, quinto comma, della non compromettibilità delle liti nelle quali il P.M. interviene obbligatoriamente, è quella che riconosce alla disposizione valore esemplificativo, rispetto alla clausola generale della non arbitrabilità delle controversie su diritti indisponibili (così, F.P. Luiso, Appunti, cit., 710; F. Carpi, Profili dell’arbitrato in materia di società, cit., 420; M. Bove, L’arbitrato nelle controversie societarie, cit., 477 ss.; E. Zucconi Galli Fonseca, La convenzione arbitrale nelle società dopo la riforma, cit., 939). I sostenitori della seconda prospettiva richiamata, invece, ritengono che l’intervento obbligatorio del P.M. in giudizio non determini sempre, ed in ogni caso, l’ impossibilità per i titolari della situazione giuridica soggettiva, di disporre di essa:
in questa prospettiva, l’art. 34 quinto comma aggiunge una fattispecie speciale di incompromettibilità a quella generale costituita dalla indisponibilità del diritto, nel senso che estende la non compromettibilità a materie di per sé pienamente disponibili (v. in generale, A. Berlinguer, La compromettibilità per arbitri. I) La nozione di compromettibilità, cit. 113 ss.; specificamente, riguardo alla materia in esame, F. Auletta, Commento, cit., 336, il quale adduce l’esempio della controversia inerente la giusta causa di revoca dei liquidatori, il cui carattere disponibile non viene meno sol perché è previsto l’intervento obbligatorio in causa del P.M. ex artt. 2487 c.c. e 70, comma 1, n. 1 c.p.c.; in modo analogo, anche G. Ruffini, La riforma dell’arbitrato societario, cit., 1533; Id., Il nuovo arbitrato per le controversie societarie, cit., 505).
1, subisce deroga con riferimento alle controversie di impugnazione delle delibere assembleari, nel senso di ammetterne in ogni caso la compromettibilità, anche qualora vertano su diritti indisponibili. In questo senso, secondo tale dottrina, militano l’art. 35, comma 5, e l’art. 36, comma 1, che, dettando due disposizioni ad hoc per la lite di impugnativa assembleare, contestualmente non ribadiscono il limite della disponibilità quale condizione della loro arbitrabilità25.
Il punto, evidentemente, è accertare se, come dimostra di ritenere questa tesi, le due norme richiamate configurino altrettante disposizioni speciali, derogatrici del precetto generale di cui all’art. 34, comma 1, a norma del quale sono arbitrabili solo le liti su diritti disponibili: se così fosse, occorrerebbe allora ammettere che, per le controversie ivi espressamente considerate, non vige tale precetto generale, bensì quello speciale, delineato dalle menzionate disposizioni, e consistente, atteso l’omesso richiamo al requisito della disponibilità del diritto controverso, nella compromettibilità delle liti di impugnativa anche se relative a diritti indisponibili.
Ora, ciò che appare dubbio è che l'art. 35, comma 5, e l'art. 36, comma 1, possano correttamente configurarsi quale lex specialis rispetto alla disposizione che disciplina i limiti oggettivi alla compromettibilità nel nuovo arbitrato societario (art. 34, comma 1). Ciò deve dirsi in ragione della non omogeneità di contenuto tra le due disposizioni, che si vorrebbero dire speciali, e la norma che si vorrebbe da esse derogata. Le due norme considerate non si occupano, infatti, di definire i limiti oggettivi di compromettibilità delle liti di impugnativa assembleare, bensì disciplinano alcuni aspetti problematici, peculiari dell’arbitrato su tali controversie, che, diversi dalla indisponibilità del diritto, nondimeno impediscono, ostacolano, o comunque limitano la possibilità (e la stessa convenienza per le parti) di ricorrere all’arbitrato in subiecta materia: il legislatore, con la prima (art. 35, comma 5), in deroga all’art. 818 del codice, attribuisce agli arbitri il potere di sospendere la delibera26; con la seconda (art. 36, comma 1), impone che la lite sia decisa in ogni caso secondo diritto, con lodo sempre impugnabile, ex art. 829, comma 2, c.p.c.27.
25 Secondo F.P. Luiso, Appunti, cit., 709-710; Id., Commento, cit., 565 e G. Verde, Lineamenti, cit., 51-52, i citati indici normativi esprimono la volontà del legislatore di “tagliar corto per quanto riguarda l’arbitrabilità dell’impugnazione delle delibere” (così F.P. Luiso, Appunti, cit., 710); a questa impostazione aderisce anche G. Della Pietra, La clausola compromissoria, cit., 225 ss., specie 227. In giurisprudenza, in questo senso, Trib. Como 29 Settembre 2006, in Società, 2007, 1277 ss. e, in motivazione, Cass., 23 Febbraio 2005, n. 3772, cit.
26 In senso contrario, F. Auletta, Commento, cit., 351 ss., secondo cui il provvedimento di sospensione della delibera non ricade nel divieto dell’art. 818 cpc, di guisa che, anche anteriormente alla riforma del 2003, gli arbitri avrebbero potuto sospendere l’efficacia della delibera impugnata.
27 A seguito dell'intervenuta riforma del diritto arbitrale operata dal citato d.lgs. 2 Febbraio 2006, n. 40, si deve intendere che il rinvio sia svolto all'art. 829, comma 3. La previsione secondo cui le impugnative di delibere assembleari devono sempre essere decise secondo diritto e con lodo impugnabile anche per violazione di legge sostanziale discende dalla natura spesso inderogabile delle norme che disciplinano l’ordinamento societario, in generale, e la materia delle delibere assembleari, in particolare; ciò, con tutta evidenza, in ragione del normale coinvolgimento in materia societaria di una pluralità di interessi, di carattere non solo individuale, bensì anche super-individuale (collettivi e pubblici), nonché di interessi riferibili a soggetti estranei alla compagine sociale. Sulla scorta di tali rilievi, ben si comprendono le ragioni per le quali il legislatore ha imposto che il parametro di decisione delle controversie de quibus sia, in ogni caso, il diritto, dato che la natura normalmente imperativa delle norme che regolano il caso concreto, ne
(C) La terza, ed ultima, delle tesi richiamate, postula anch’essa, non diversamente dall’orientamento di cui si è appena detto, che il limite generale della disponibilità del diritto controverso subisce deroga riguardo alle controversie sulla validità delle delibere assembleari28.
Peraltro, l’argomento che giustifica tele assunto, risiede, secondo questa dottrina, nell’art.
36, comma 1, che, nell’imporre la decisione della causa con lodo di diritto, sempre impugnabile ex art. 829, comma 2 (oggi comma 4), accomuna l’ipotesi in cui la lite verta sulla validità delle delibere assembleari a quella in cui, per la decisione della controversia, gli arbitri abbiano dovuto conoscere incidenter tantum questioni non compromettibli.
In realtà, l’aver considerato, ai fini di cui si è detto, in modo unitario la lite di impugnativa assembleare e quella in cui sia stato necessario conoscere questioni non compromettibili non può, come invece vorrebbe questa dottrina, significare alcunché in ordine ad una presunta volontà del legislatore di ammettere la compromettibilità delle liti di impugnativa anche su diritti indisponibili.
E ciò per la semplice ragione che la disposizione richiamata si limita ad imporre agli arbitri di decidere secondo diritto e a consentire l’annullamento del lodo ogni volta che sia stata resa una decisione che non sia secundum ius, con ogni probabilità in ragione della constatazione che la materia delle delibere assembleari riceve disciplina per lo più attraverso norme inderogabili, che, in quanto tali, devono necessariamente essere applicate anche dagli arbitri nel momento della decisione. Ora, e in definitiva confutazione della tesi criticata, se è principio consolidato –almeno in dottrina29- che la natura inderogabile della normativa non determina per ciò solo l’indisponibilità del diritto disciplinato, ma costituisce soltanto il necessario parametro di giudizio su cui deve fondarsi la decisione della lite, allora non può neanche ammettersi, di converso, che l'aver imposto il giudizio secondo diritto per una determinata categoria di controversie possa significare che esse
impone l’applicazione da parte degli arbitri al momento della decisione della lite; per altro verso, la natura inderogabile delle disposizioni sostanziali su cui si fonda la decisione della lite postula necessariamente che il lodo arbitrale reso possa essere sempre soggetto al controllo giudiziale di conformità alla legge sostanziale a norma dell’art. 829, comma 2 (oggi comma 3) del codice di procedura civile. Si sottolinea che, comunque, tali esigenze sarebbero, con ogni probabilità, salvaguardate, anche in assenza dell'espresso rinvio all'impugnazione per violazione di legge sostanziale, dall'operare del'art. 829, comma 3, a norma del quale “è ammessa in ogni caso l'impugnazione delle decisioni per contrarietà all'ordine pubblico”; questo, in specie, se si ritiene che il concetto di ordine pubblico coincida con l'apparato delle norme inderogabili (sul punto, anche per ulteriori riferimenti, confronta: S. Menchini, Le impugnazioni del lodo rituale, in Riv. Arb., 2005, ss., 843 ss., specie 862 ss.; S. Boccagna, Art. 829 c.p.c., in Riforma del diritto arbitrale, Commentario a cura di S. Menchini, in Le Nuove Leggi Civ. Comm., 2007, 1413 ss., 1419-1420).
Anche se la questione verrà affrontata specificamente in un momento successivo (infra, par. 7), non sembra privo di utilità sottolineare, ancora una volta, che, secondo l’opinione oggi prevalente, la natura inderogabile della normativa non può, di per sé, far concludere per la indisponibilità del diritto (in questo modo, confronta gli Autori citati, retro, a nota 9): un conto è il carattere imperativo della norma –che impone una determinata regolamentazione negoziale della situazione sostanziale, e che costituisce il parametro necessario per la decisione della controversia su di essa insorta-, un altro conto è la possibilità, per il titolare del diritto, di disporne, nei limiti fissati dalla norma inderogabile, sul piano del diritto sostanziale.
28 G. Miccolis, Arbitrato e conciliazione, cit., par. 5.
29 V. gli autori citati, retro, a nota 9, cui adde F. Carpi-E. Zucconi Galli Fonseca, Del compromesso, cit., 16 ss.
hanno sempre ad oggetto diritti indisponibili, o che quelle tra esse che effettivamente riguardano diritti indisponibili siano pur tuttavia compromettibili30.
Ciò posto, prima di procedere oltre, occorre sgombrare il campo da un'ulteriore questione, sollevata dall'opinione secondo cui le controversie sulle deliberazioni assembleari sono sempre relative a materia indisponibile31. Salvi gli approfondimenti che subito verranno compiuti, sorge spontaneo un rilievo: se le cose stessero in questo modo, si concretizzerebbero difficili problemi di coordinamento all’interno della stessa disciplina dell’arbitrato societario, che, da un lato, porrebbe quale condizione di compromettibilità la disponibilità del diritto, e, dall'altro lato, e in senso contrario, disciplinerebbe l’arbitrato su fattispecie indisponibili.
Orbene, secondo la dottrina che ha avanzato questa tesi, il conflitto delineato si risolve ritenendo che il limite della disponibilità sussiste solo per le controversie rispetto alle quali è specificamente posto –vale a dire quelle di cui al comma primo dell’art. 34-, mentre per le altre, tra cui l’impugnazione delle delibere, per le quali non è espressamente ribadito, esso non sussisterebbe32.
In senso contrario, si deve, però, rilevare che, in realtà, le controversie di impugnazione delle delibere assembleari rientrano a pieno titolo tra quelle che hanno ad oggetto diritti relativi al rapporto sociale, di guisa che, anche per esse, il limite della compromettibilità, costituito dalla disponibilità del diritto, deve considerarsi posto dall’art. 34, comma 1.
Ma questa obiezione non è ancora sufficiente per contrastare la tesi qui criticata.
Merita, infatti, ulteriore riflessione l’affermazione secondo cui tali controversie sarebbero sempre, ed in ogni caso, relative a diritti indisponibili: se così fosse, infatti, dovremmo concludere non solo per la piena compromettibilità di tale tipologia di liti, ma, soprattutto, per l’arbitrato in materia indisponibile, così revocando in dubbio le conclusioni già raggiunte. A rigor di logica, infatti, il fatto stesso che il legislatore, nel disciplinare il nuovo arbitrato societario, abbia preso in specifica considerazione tali controversie (ai citati artt. 35, comma 5 e 36, comma 1) significa che
30 Secondo una dottrina l’assimilazione operata dall’art. 36, comma 1, fa sì che la lite sulla validità delle delibere si atteggi “nella sistematica legislativa come un quid medium tra la “controversia non compromettibile” e la “questione non compromettibile”, ma decidibile incidenter tantum”, fermo restando comunque, che talune sono compromettibili, altre no (in questo modo: G. Arieta-F. De Santis, Diritto processuale societario, Padova 2004, 628).
31 In questo senso, E.F. Ricci, Il nuovo arbitrato societario, cit., 521 ss.
32 Quindi, il limite della indisponibilità non sussisterebbe neppure per le controversie di cui all’art. 34, comma 4, a norma del quale “Gli atti costitutivi possono prevedere che la clausola abbia ad oggetto controversie promosse da amministratori, liquidatori e sindaci ovvero nei loro confronti e, in tale caso, essa, a seguito dell’accettazione dell’incarico, è vincolante per costoro”. In realtà, analogamente a quanto osservato nel testo a proposito degli artt. 35, comma 5, e 36, comma 1, per le controversie di impugnazione delle delibere assembleari, anche a proposito delle controversie disciplinate dall’art. 34, comma 4, si deve osservare che l’omessa indicazione del limite della disponibilità del diritto non vale ad estendere, in tali ipotesi, la compromettibilità a fattispecie indisponibili: la norma è, infatti, dettata allo scopo di estendere l’efficacia (soggettiva) della clausola compromissoria a soggetti che ne sarebbero naturaliter estranei, e non ad implementare, rispetto alla generalità delle liti oggetto di clausola compromissoria statutaria, l’area dei limiti oggettivi alla compromettibilità.
sussiste la possibilità di una loro devoluzione in arbitri, ciò da cui deriva –stante la premessa accolta dalla tesi criticata, della assoluta indisponibilità di tali liti- che l’arbitrato ha fatto ingresso a pieno titolo nel campo delle controversie su materie non disponibili.
Questo assunto, malgrado sia autorevolmente sostenuto, non può, però, essere condiviso.
L’opinione criticata giunge alla conclusione dell’indisponibilità delle controversie di impugnazione delle delibere assembleari, facendo leva sul fatto che su di esse non potrebbe mai essere conclusa un transazione. Tuttavia, se, da un lato, è fondato sostenere che il titolare del diritto di impugnativa e la società non potrebbero, in via negoziale, raggiungere quel risultato – l’annullamento della delibera- che ad esse sarebbe, invece, assicurato solo da un provvedimento decisorio, dall’altro lato, occorre però rilevare che questo argomento non prova l’indisponibilità della lite. Si deve infatti osservare che, se ci si pone nella prospettiva della tesi criticata, si ha indisponibilità solo in corrispondenza di una impossibilità assoluta, per le parti, di giungere, sul piano del diritto sostanziale, nell’esercizio dei poteri di autonomia privata, a quel risultato che l’impugnazione giudiziale assicura. E a questo proposito, occorre rilevare che concludere una transazione che assicuri alle parti effetti analoghi alla rimozione giudiziale della delibera è, in realtà, possibile, essendo a tal fine sufficiente solo che la manifestazione della volontà transattiva provenga dalla società previa delibera dell’organo autore dell’atto illegittimo (l’assemblea), che provveda all'autoannullamento della delibera invalida, così determinando, sul piano del diritto sostanziale, effetti analoghi a quelli che deriverebbero da un provvedimento decisorio a contenuto caducatorio33. In questa prospettiva, dunque, la possibilità riconosciuta in generale all’assemblea di privare di efficacia le sue deliberazioni, anche nel senso di sostituire l’atto invalido con uno valido (art.
2377, comma 8, c.c.), dimostra che non può dirsi in ogni caso intransigibile –come tale indisponibile- la controversia di impugnazione delle delibere34.
Prima di procedere oltre, appare utile sintetizzare le conclusioni che sono state sin qui raggiunte: a) le disposizioni che definiscono i limiti oggettivi alla compromettibilità nel nuovo arbitrato societario sono costituite esclusivamente dall’art. 34, comma 1, e dall’art. 34, comma 5; b)
33 Ovviamente, rimane fermo che prima condizione perché possa concludersi una transazione su una lite relativa alla validità di una delibera assembleare, è la disponibilità del diritto controverso. In questo senso anche C. Consolo, Sul
“campo” dissodato della compromettibilità in arbitri, in Riv. Arb., 2003, 241 ss., specie 255-256, ove si legge, peraltro, che “una transazione può farsi sol che la si perfezioni previa delibera dell’organo autore dell’atto impugnato che caduchi –nella più parte anche solo nel senso di sostituirla- la delibera esso stesso, seppure condizionatamente alla contestualmente autorizzata stipula (da parte del legale rappresentante) della negoziata transazione” (op. cit., 255).
Nella dottrina commercialistica, è un dato ormai riconosciuto che l'attribuzione all'assemblea del potere di adottare una determinata delibera implica, di per sé, altresì la sussistenza, in capo all'assemblea, del potere, in caso di illegittimità, di autoannullare il proprio atto, con effetti sostanzialmente analoghi a quelli conseguibili mediante la pronuncia giudiziale di annullamento; sul punto, confronta, per tutti: P. Revigliono, La “sostituzione” delle deliberazioni invalide dell'assemblea di società per azioni, Milano 1995, 119 ss.; F. Chiomenti, L’annullamento delle proprie deliberazioni invalide da parte degli enti collettivi nel pensiero della Cassazione, in Riv. Dir. Comm., 1988, II, 419 ss.
34 In questo senso, confronta: G. Ruffini, Il nuovo arbitrato, cit., 503-504; C. Ferri, Le impugnazioni di delibere assembleari. Profili processuali, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., Supplemento al n. 1/2005, 51 ss., specie 68.