Attrazione e repulsione delle cariche
Se si sfregano due bacchette di plastica con un panno di lana e poi le bacchette vengono avvicinate, si vede che esse tendono a respin- gersi. Se si ripete l’operazione con una bac- chetta di plastica e una di vetro, le bacchette si attirano. Questi semplici esperimenti ci fan- no capire che:
esistono due tipi di cariche elettriche, che chiameremo positive (+) e negative (-);
corpi con cariche dello stesso segno si respingono, mentre corpi con cariche di segno contrario si attraggono.
Proprietà elettriche dei materiali
+ +
+ -
- -
Struttura dell’atomo
Dalla fisica è noto che tutti i corpi (solidi, liquidi o gassosi) sono composti da particelle molto piccole chiamate atomi. Ciascun atomo può essere paragonato ad un sistema solare in miniatura, costituito da un nucleo centrale (composto da particelle con carica positiva, i protoni, e da particelle senza carica, i neutroni) attorno al quale ruotano particelle con carica negativa, gli elettroni. Tutti gli atomi di un dato elemento chimico hanno lo stesso numero di protoni (numero atomico dell’elemento). Allo stato naturale gli atomi sono elettricamente neutri:
numero protoni = numero elettroni.
Si chiamano così gli elettroni contenuti nell’
orbita più esterna dell’atomo. Infatti questi elettroni, essendo meno legati al loro nucleo, possono spostarsi con una certa facilità nell’
orbita più esterna di un atomo vicino, e da questa orbita a quella di un altro atomo ancora, dando così origine alla conduzione della corrente elettrica nel materiale.
Questo è proprio quello che succede nei cavi di rame usati negli impianti elettrici. Il rame ha numero atomico 29. Di questi 29 elettroni 28 sono molto legati al nucleo, mentre l’ultimo si può considerare praticamente libero.
A questo punto dovreste essere in grado da soli di spiegare come avviene l’elettrizzazione per strofinio delle bacchette.
Elettroni di conduzione
ISOLANTI – Non si lasciano attraversare dalla corrente elettrica, in quanto tutti gli elettroni degli atomi di questi materiali sono fortemente legati ai nuclei (assenza di elettroni di conduzione). La guaina che riveste i cavi di rame è un tipico esempio di isolante elettrico. Altri esempi sono: vetro, por- cellana, carta, gomma, PVC, …
CONDUTTORI – Si lasciano facilmente attraver- sare dalla corrente elettrica, grazie alla forte dispo- nibilità di elettroni di conduzione. Tutti i metalli sono buoni conduttori, in particolare: rame, allu- minio, oro, argento, ferro. L’acqua è un conduttore ? SEMICONDUTTORI – Questi materiali (silicio, germanio, arseniuro di gallio) mostrano un com- portamento intermedio, e hanno raggiunto una grande importanza in elettronica nella costruzione dei circuiti integrati.
Classificazione dei materiali
La corrente elettrica
Quando un cavo di rame viene inserito in un circuito elettrico elementare, i suoi elettroni di conduzione iniziano a muoversi verso il morsetto positivo della pila, da cui sono attratti. Infatti tra i due morsetti della pila, durante la fabbricazione, è stato creato uno squilibrio di cariche: un eccesso di elettroni in prossimità del morsetto “–”, e una man- canza al morsetto “+”. Gli elettroni “aspirati”
dal morsetto + vengono rimpiazzati da un numero uguale di elettroni “pompati” dal mor- setto –. Si ha così un movimento circolare (di andata e ritorno) di elettroni, cioè una
Grandezze elettriche fondamentali
Una analogia idraulica
Come saprai, fra due recipienti contenenti acqua a livello diverso, l’acqua scorre dal recipiente con il livello più alto a quello con il livello più basso. Se vogliamo che la portata ( corrente) dell’acqua ( elettroni) non dimi- nuisca, dobbiamo mantenere costante il dislivello tra i due recipienti usando una pompa ( generatore). In modo analogo si ottiene la corrente elet- trica. Avremo bisogno di avere agli estremi del cavo di rame ( tubo) una diversa concentrazione di elettroni, cioè un diverso livello di carica elettrica.
Misura dell’intensità di corrente
Immaginiamo di essere sul bordo di un’autostrada per misurare l’intensità del traffico: dovremo contare il numero di autoveicoli che transitano davanti a noi in un certo intervallo di tempo. Allo stesso modo, nel caso della corrente elettrica, misureremo la quantità di carica elettrica (elettroni) che passa in 1 secondo attraverso una qualunque sezione del nostro cavo di rame. Data l’estrema piccolezza della carica dell’elettrone, per avere una corrente di 1 ampere (l’ampere, abbreviato A, è l’unità di misura della corrente, così come il metro è l’unità di misura della lunghezza) bisogna che in 1 secondo passino 6,25 miliardi di miliardi di elettroni !
Verso convenzionale della corrente
Come già detto gli elettroni di conduzione nel cavo di rame si muovono dal morsetto – verso il morsetto + (è questo il verso reale della corrente elet- trica). Tuttavia, quando la vera natura della corrente era ancora sconosciuta, è stato fissato un verso convenzionale: quello uscente dal polo positivo ed entrante in quello negativo. Quindi le frecce che nei circuiti ci aiutano a capire il percorso compiuto dalla corrente, in realtà indicano il verso opposto rispetto a quello reale di spostamento degli elettroni (come se questi avessero carica positiva !).
Multipli e sottomultipli dell’ampere
1 μA 1 mA 1 A 1 KA
: 1000 : 1000 : 1000
x 1000 x 1000 x 1000
Esempi:
1) 30 mA = 30 : 1000 = 0,03 A 2) 10 KA = 10 x 1000 = 10000 A
(2) (1)
unità
“piccole” unità
“grandi”
Il generatore elettrico
Riprendiamo l’analogia con i circuiti idraulici: ci siamo serviti di una pompa per mantenere costante il dislivello tra i due recipienti, e quindi la portata dell’acqua. Nel circuito elettrico il generatore ha la stessa funzione della pompa:
esercita un’adeguata “pressione” sugli elettroni.
Questa pressione elettrica viene chiamata tensione.
Tutti i generatori convertono energia non elettrica in energia elettrica. Ad es. una pila usa la sua energia chimica interna per tenere separate le cariche (elettroni) tra i suoi poli. Non appena colleghiamo con del cavo una lampa- dina alla pila, gli elettroni “carichi di energia”
cominciano a spostarsi dal polo – al polo + attraversando la lampadina, alla quale rilasciano l’energia ricevuta dal generatore.
La tensione (o differenza di potenziale)
La tensione (o differenza di potenziale)
Ma esattamente cosa vuol dire che una pila ci fornisce, ad esempio, 1,5 volt di tensione (il volt, abbreviato V, è l’unità di misura della tensione elettrica) ?
La tensione elettrica ai capi di un generatore è definita come il rapporto tra l’energia totale da esso fornita e la carica totale separata ai morsetti. Quindi, la tensione fornita dal generatore al circuito è direttamente proporzionale alla quantità di energia ceduta dal generatore agli elettroni.
Gli elettroni poi perdono l’energia acquistata dal generatore, attraversando i vari utilizzatori presenti nel circuito. Allora possiamo definire una (“caduta” di) tensione ai capi di ogni utilizzatore, proporzionale all’energia ceduta dagli elettroni all’
utilizzatore.
Se poi prendiamo come “livello di riferimento” per l’energia degli elettroni quella che essi possiedono al polo negativo del generatore, e le attribuiamo il valore convenzionale 0 (zero), potremo attribuire a ogni punto del circuito un ben preciso “valore di energia”, a cui diamo il nome di potenziale elettrico.
Si capisce, in questo modo, che la tensione ai capi di un qualunque elemento del circuito (pila, lampadina, …) può essere definita come differenza di potenziale tra i due punti del circuito tra i quali l’elemento è inserito.
Una analogia idraulica completa
L’analogia idraulica fa capire bene la differenza che esiste tra corrente e tensione. La tensione corrisponde alla pressione dell’acqua, che può generare un flusso potente o debole indi- pendentemente dal diametro del tubo. Invece la corrente corrisponde alla portata dell’
acqua, e quindi proprio al diametro del tubo in cui l’acqua è costretta a scorrere. Un tubo di diametro maggiore, a parità di pressione eser- citata sull’acqua, consentirà di avere una mag- giore portata, cioè un flusso più intenso.
Appare chiaro, da queste semplici analogie, che tensione e corrente sono tra di loro stret- tamente collegate. La relazione matematica che le lega si chiama legge di Ohm, e la esamineremo tra non molto.
Multipli e sottomultipli del volt
1 V
1 mV 1 KV
: 1000 : 1000
x 1000 x 1000
Esempi:
1) 700 mV = 700 : 1000 = 0,7 V 2) 0,38 KV = 0,38 x 1000 = 380 V
(2) (1)
unità
“piccole” unità
“grandi”
Gli impianti elettrici e gli apparati elettronici sono costituiti da raggruppa- menti, spesso molto complessi, di conduttori elettrici e parti speciali chia- mate componenti (ne abbiamo già incontrati: pile, lampadine, …). Tutti que- sti sistemi vengono genericamente indicati con il termine di circuiti. Quello che vedete qui sotto, ad esempio, è un circuito per il comando di una lam- pada da un punto (è stata anche inserita una presa di corrente).
La struttura dei circuiti
L 1 L
N PE
Nel circuito a fianco (schema di mon- taggio) si riconoscono quattro compo- nenti e un certo numero di collega- menti.
Sapresti indicare il nome di ciascuno dei quattro componenti ?
Schemi elettrici
Esistono diversi tipi di schemi elettrici (che ci forniscono informazioni differenti):
• schema funzionale (spiega il funzionamento dei diversi circuiti che compongono l’im- pianto, non fornisce informazioni di installazione)
• schema di montaggio multifilare (spiega come l’impianto va installato: comprende scatole di derivazione, i conduttori seguono percorsi paralleli, …)
• schema topografico unifilare (è molto simile allo schema di montaggio, ma indica anche l’esatta collocazione dei vari componenti).
Noi siamo interessati a capire il funzionamento dei circuiti, quindi useremo per lo più lo schema funzionale. Ecco lo schema funzionale della comandata semplice (per sempli- cità è stata tolta la presa di forza motrice):
Simboli usati negli schemi
Generatore di tensione continua Generatore di tensione alternata Interruttore
Lampada
Resistore (o “Resistenza”)
Derivazione
Corrente continua Vs Corrente alternata
La corrente elettrica viene usata o per trasportare energia o per traspor- tare informazioni (pensate alla rete telefonica e a Internet). Per il trasporto di energia si possono impiegare due modalità diverse: la corrente conti- nua oppure la corrente alternata.
Si chiama corrente continua quella che percorre un conduttore sem- pre nello stesso verso (simboli: dc, cc, --). E’ prodotta da: pile, accumu- latori (le “batterie” degli autoveicoli), celle fotovoltaiche, … La corrente continua viene essenzialmente usata per alimentare gli apparati elet- tronici.
Si chiama invece corrente alternata una corrente che cambia di verso periodicamente, in modo però che il numero di elettroni trasportati in un senso sia sempre uguale a quello degli elettroni trasportati nel senso opposto (simboli: ac, ca, ~). Si preleva da: alternatori, trasformatori e dalle prese di corrente. La corrente alternata viene usata per trasportare e distribuire agli utenti l’energia elettrica, e per alimentare la quasi totalità degli apparecchi elettrici domestici e industriali.
Andamenti (grafici) nel tempo
f T T f
1 1
periodo (s)
frequenza (Hz)
Corrente alternata sinusoidale ( f = 50 Hz ; T = 0,02 s )
-15,00 -10,00 -5,00 0,00 5,00 10,00 15,00
0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025
corrente (A)
Corrente continua
-15,00 -10,00 -5,00 0,00 5,00 10,00 15,00
0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025
tempo (s) corrente
(A)
Circuito chiuso Vs Circuito aperto
Un circuito si dice chiuso, se al suo interno può circolare una corrente.
Un circuito invece si dice aperto, se nell’insieme di conduttori che lo costi- tuisce vi è un’interruzione tale da impedire il passaggio di corrente.
circuito chiuso circuito aperto
La teoria dei circuiti
La teoria dei circuiti è un insieme di “regole” che
permettono di determinare, in ogni punto di un
circuito, i valori delle grandezze elettriche in gioco
(correnti e tensioni), in modo tale da conoscere
completamente il comportamento del circuito, senza
bisogno di valutarne le caratteristiche durante il suo
reale funzionamento (in altre parole senza bisogno di
montarlo).
Le leggi di Ohm
Gli elettroni muovendosi nei conduttori non scorrono del tutto liberamente ma incontrano una certa resistenza (dovuta ai continui urti degli elet- troni contro gli atomi del conduttore). Possiamo paragonare questo fenomeno a quello che si ha in un impianto idraulico quando l’acqua che scorre nei tubi incontra una strozzatura.
Tutti i materiali attraversati da una corrente presentano una certa resistenza.
La 3
agrandezza elettrica fondamentale: la resistenza
La resistenza: definizione della grandezza
La resistenza rappresenta il grado di opposizione che un materiale presenta al passaggio della corrente.
La sua unità di misura è l’ohm, abbreviato con la lettera “o” dell’alfa- beto greco: la lettera “Ω”.
In un circuito gli utilizzatori presentano sempre una grande resistenza rispetto a quella dei conduttori che costituiscono i cavi di collegamento.
L’unico scopo dei conduttori è quello di trasportare l’energia dal genera- tore agli utilizzatori, quindi i conduttori devono avere la resistenza più pic- cola possibile.
100 m di cavo di rame di se- zione 2,5 mm2 hanno una resi- stenza di soli 0,7 Ω !
Una lampadina da 100 W ha una resistenza di circa 500 Ω.
Multipli dell’ohm
1 KΩ
1 Ω 1 MΩ
: 1000 : 1000
x 1000 x 1000
Esempi:
1) 0,7 Ω = 0,7 : 1000 = 0,0007 KΩ
2) 0,0005 MΩ = 0,0005 x 1000 = 0,5 KΩ
(2) (1)
unità
“piccole” unità
“grandi”
La resistenza: applicazioni
Vedremo più avanti che la resistenza dei materiali al passaggio di cor- rente viene sfruttata in elettronica per ridurre la tensione o la corrente in un circuito.
D’altra parte, quando la corrente incontra un’elevata resistenza nell’attra- versare un materiale, questo tende a surriscaldarsi. Molti dispositivi elet- trici sfruttano questo fenomeno per produrre calore, ad esempio:
• saldatori
• ferri da stiro
• lampadine
• …
Il cortocircuito
Analizziamo il comportamento del circuito disegnato in questa slide.
Quando l’interruttore è aperto, il circuito si comporta in modo corretto (perché ?).
Quando invece l’interruttore è chiuso, gli elettroni che formano la corrente, arrivati alla derivazione “x”, che percorso seguiranno ? La risposta più naturale sarebbe: gli elettroni si ripartiscono tra i due percorsi. Purtroppo l’utilizzatore (lampadina) ha una resistenza molto più grande di quella del solo cavo (di cortocircuito) che gli elettroni trovano proseguendo a destra.
Per cui la corrente scorrerà praticamente tutta attraverso il collega- mento di cortocircuito, e con intensità molto elevata (perché ?).
Il termine “cortocircuito” è usato pro- prio per indicare un collegamento diretto tra i due poli del generatore, cioè un collegamento che non passa attraverso alcun utilizzatore.
La (prima) legge di Ohm
Abbiamo detto che gli elettroni, muovendosi nel circuito, urtano continua- mente gli atomi dei materiali che attraversano. In questi urti gli elettroni perdono energia, e questa perdita si traduce in una progressiva caduta di potenziale lungo il circuito (in parole povere si perde, a poco a poco, la tensione fornita dal generatore). Una perdita simile (ma di pressione) incontra l’acqua di un impianto idraulico percorrendo una strozzatura. Più il diametro del tubo si riduce, maggiore sarà il calo della pressione. Allo stesso modo, più grande è la resistenza elettrica del materiale, maggiore sarà la tensione persa. Si capisce così che la maggior parte della tensione verrà persa sugli utilizzatori, e non sui conduttori che hanno resistenza molto bassa. Il legame tra tensione persa e resistenza è stabilito da una relazione molto semplice, la prima legge di Ohm:
V = R ∙ I
tensione (V)
resistenza (Ω)
corrente (A)
Le tre espressioni della legge di Ohm
Cerchiamo di capire meglio il significato della legge di Ohm:
1) l’espressione V = R ∙ I ci dice sostanzialmente che la caduta di tensione sull’utilizzatore è direttamente proporzionale alla sua resistenza (cioè se ad esempio la resistenza raddoppia, anche la tensione raddoppia);
2) ma possiamo anche riscrivere la legge come I = V : R (è stata solo
“girata”), e questa seconda espressione ci fa vedere che la corrente che scorre nell’utilizzatore è inversamente proporzionale alla sua resistenza (cioè se la resistenza raddoppia, la corrente diventa la metà – riflettete anche sull’analogia idraulica!);
3) infine, “girando” nel terzo modo possibile la legge, otteniamo l’espres- sione R = V : I che ci consente di ricavare la resistenza dell’
utilizzatore, se conosciamo la sua tensione e la sua corrente.
Queste tre espressioni della legge di Ohm vanno ricordate a memoria.
Prova sperimentale della legge di Ohm
Con il circuito riportato in questa slide è possibile verificare la validità della legge di Ohm. I due tester consentono di misurare corrente (I) e tensione (V) sulla resistenza. Aumentando la tensione fornita dal generatore, il rap- porto V : I non deve cambiare, ma rimanere sempre uguale al valore della resistenza. Questo è proprio quello che afferma la terza espres- sione della legge di Ohm.
Link al grafico dei dati sperimentali.
La seconda legge di Ohm
direttamente proporzionale alla sua lunghezza,
inversamente proporzionale alla sua sezione,
dipendente dal tipo di conduttore usato per costruire il cavo (cambiando il conduttore cambia la quantità di elettroni di conduzione disponibili).
Queste tre osservazioni sono riassunte dalla seconda legge di Ohm:
Abbiamo detto che la tensione persa lungo i cavi dell’impianto è trascurabile rispetto a quella che cade sugli utilizzatori. Tuttavia in certi casi è necessario valutarla, e per farlo è necessario conoscere la resistenza totale del cavo. E’ facile intuire che la resistenza di un cavo elettrico è:
S R l
R = resistenza del cavo (Ω)
ρ = resistività del conduttore (per il rame vale 0,0175) l = lunghezza del cavo (m)
S = sezione del cavo (mm2)
La resistenza equivalente
Resistenze in serie
Quando due o più resistenze sono collegate tra loro una di seguito all’altra in modo tale che la corrente sia la stessa per tutte (non avendo altro per- corso possibile), si dice che le resistenze sono collegate in serie. Un circuito contenente una serie di resistenze può essere semplificato, sostituendo alla serie un’unica resistenza equivalente di valore pari alla somma delle sin- gole resistenze.
Un esempio
Perché il circuito di destra sia equivalente a quello di sinistra, bisogna che siano uguali le correnti I’ e I (visto che la tensione fornita dal generatore è sempre la stessa, 36 V). La resistenza equivalente della serie di tre resistenze è: 150 + 50 + 100 = 300 Ω. Proviamo allora a calcolare la corrente I’:
I’ = VG : REQ = 36 : 300 = 0,12 A,
lo stesso valore della corrente I, quindi i due circuiti sono equivalenti.
Resistenza equivalente: applicazioni
L’applicazione principale del concetto di resistenza equivalente consiste nel cal- colo della corrente erogata dal generatore al circuito. Considerate il circuito disegnato in questa slide: è possibile calcolare la corrente erogata dal gene- ratore usando soltanto la legge di Ohm ? La risposta è no. Bisogna per forza passare al circuito equivalente, in cui la legge di Ohm è applicabile essendo presente una sola resistenza (quella equivalente). Tanto sappiamo che la corrente calcolata nel circuito equivalente è uguale alla corrente che scorre nel circuito di partenza ! Trovata la corrente si potrà continuare l’analisi del circuito con la legge di Ohm.
2 1 2
1
2 1
1 1
1
2 1
); (
) (
R R V
V
R R
V I R
R V
R R
V R
I V
G G
G EQ
G G
)
( 1 2
2 2
2 R R
V I R
R
V G G
(RAPPORTO DI PARTIZIONE)
Resistenze in parallelo
Quando due o più resistenze sono montate una di fianco all’altra in modo tale che la tensione sia la stessa per tutte (non essendoci altre cadute tra una resistenza e l’altra), si dice che le resistenze sono collegate in parallelo.
Un circuito contenente un parallelo di resistenze può essere semplificato, sostituendo al parallelo un’unica resistenza equivalente di valore pari all’
inverso della somma degli inversi delle singole resistenze.
2 1
2 1
3 2
1
1 ...
1 1
1
R R
R R R
n R R
R R
R R
EQ EQ EQ
PARTITORE DI CORRENTE
FORMULA GENERALE
n RESISTENZE TUTTE UGUALI PARALLELO DI 2 RESISTENZE
Se si usa la resistenza equivalente, la corrente I erogata dal generatore
Un esempio
A I
I
I
G 1 20 , 3 0 , 2 0 , 5
R A
I
GV
G0 , 5 24
12 A
R , I V
A R ,
I V
2 60 0
12
3 40 0
12
2 2 2
1 1 1
60 24 40
60 40
2 1
2 1
R R
R
R
EQR
Utilizzatori in parallelo
Ecco un esempio di collegamento di più utilizzatori alla linea principale di distri- buzione dell’energia elettrica all’interno di un’abitazione (~ 230 V). Come vedete gli utilizzatori sono tutti collegati in parallelo, in modo da poterli accendere e spegnere indipendentemente l’uno dall’altro. Inoltre, in caso di guasto di un utilizzatore, gli altri continuano a funzionare correttamente.
Con un collegamento in serie tutto ciò sarebbe stato possibile ?
Collegamenti misti di resistenze
Un collegamento misto è una combinazione di resistenze montate in serie e in parallelo. Considerate ad esempio il circuito seguente. Esso può essere semplificato progressivamente procedendo per piccoli passi: a ogni passo bisogna riconoscere quei gruppi di resistenze che sono tra loro in serie o in parallelo, e sostituirli con la loro resistenza equivalente.