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TAR di Trento n. 262 Pres. Pozzi - Rel. Tomaselli - T. S.p.a. (Avv. F. Valcanover) - INPS (Avv. De Pompeis, Triolo).

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Testo completo

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Integrazione salariale - Cassa integrazione guadagni - Ordinaria - Settore Edilizio - Presupposti - Omessa previsione, secondo l’ordinaria diligenza, di possibili situazioni impeditive del normale prosieguo dei lavori - Precipitazioni nevose in un cantiere posto a 2700 metri di altitudine - Diritto all’integrazione salariale - Esclusione.

TAR di Trento - 24.07.2013 n. 262 – Pres. Pozzi - Rel. Tomaselli - T. S.p.a. (Avv. F.

Valcanover) - INPS (Avv. De Pompeis, Triolo).

La c.d. “socializzazione del costo del lavoro” introdotta dall’art. 1 della L. n. 77 del 1963 per le aziende industriali dell’edilizia e affini, è ammessa solo in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e di prevedibilità dell’imprenditore (la norma infatti recita: “per effetto delle intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori”) il cui verificarsi determinano, con carattere di ineludibilità, l’interruzione dei lavori con ricaduta sugli oneri di retribuzione dei lavoratori. L’evento interruttivo è invece da considerarsi imputabile al datore di lavoro, con conseguente negazione dell’integrazione salariale, allorquando si riconduca all’omessa previsione, secondo l’ordinaria diligenza, di possibili situazioni impeditive del normale prosieguo dei lavori. Nel caso di specie, l’interruzione dei lavori (anche nei mesi da marzo a maggio) a causa di precipitazioni nevose e temperature inferiori allo zero, in un cantiere posto a 2700 metri di altitudine, costituisce evento non certamente imprevedibile atteso che la tipologia di lavori ne avrebbe imposto lo svolgimento normale durante la stagione estiva e che la ditta ricorrente, verosimilmente esperta del settore, ben avrebbe potuto e dovuto programmare diversamente l’attività nel corso dell’anno. L’eccezionalità del fatto interruttivo dei lavori si sarebbe riscontrata proprio o solo nella situazione opposta, qualora normalmente le temperature fossero state miti o comunque superiori allo zero e le precipitazioni nevose assenti.

FATTO - Con separati ricorsi, ritualmente notificati e depositati, sono state impugnate dinanzi a questo Tribunale Amministrativo le deliberazioni nn. 181 e 269 del 2012 del Comitato amministratore della gestione per le prestazioni temporanee dell’INPS, concernenti il rigetto dei ricorsi amministrativi proposti dalla ditta interessata avverso i provvedimento della Commissione

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provinciale per la Cassa Integrazione Guadagni di reiezione delle domande di integrazione salariale relative ai periodi 2/3/2009 - 28/3/2009, 30/3/2009 -1/5/2009 e 4/5/2009 - 30/5/2009.

A sostegno delle impugnative la ricorrente ha formulato le seguenti censure:

A. quanto al ricorso n. 137 del 2012

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. 6.8.1975 n. 427, in relazione all’interpretazione autentica di cui all’interpello n. 16/2010 del Ministero del Lavoro compatibile con gli artt. 3, 35 e 38 Costituzione - eccesso di potere per travisamento dei presupposti e/o manifesta illogica - difetto di motivazione;

2) in ogni caso, in relazione alla non consecutività della sospensione del rapporto lavorativo oggetto di domanda di intervento rispetto al precedente periodo: violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. 6.8.1975 n. 427, in relazione all’interpretazione autentica di cui all’interpello n. 16/2010 del Ministero del Lavoro;

B. quanto al ricorso n. 138 del 2012

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. 6.8.1975 n. 427, in relazione all’interpretazione autentica di cui all’interpello n. 16/2010 del Ministero del Lavoro - eccesso di potere per travisamento dei presupposti e/o manifesta illogica - difetto di motivazione.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio, contestando puntualmente la fondatezza dei ricorsi, chiedendone la riunione e concludendo per la loro reiezione.

Alla pubblica udienza del giorno 10 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO - 1. In via preliminare, il Collegio ritiene di dover disporre, per evidenti ragioni di connessione, la richiesta riunione dei ricorsi.

2. Si premette in fatto che la società ricorrente, dopo aver fruito nel corso della stagione invernale di 13 settimane di integrazione salariale per sospensione dell’attività relativa al cantiere posto nel Comune di Rabbi a quota di 2.700 metri sul massiccio dell’Ortles-Cevedale, per la realizzazione di barriere ferma neve in cemento, aveva richiesto, a partire dal mese di marzo 2009, ulteriori periodi di proroga del periodo massimo già concesso, sostenendo che una straordinaria situazione climatica impediva lo svolgimento delle prestazioni lavorative ed invocando quindi l’asserita possibilità prevista dalla normativa di erogare tale integrazione in casi “eccezionali”.

Le domande di integrazione salariale sono state respinte (talune in via diretta, altre in autotutela, dopo un primo accoglimento in via automatica) dalla Commissione provinciale

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dell’INPS, nel rilievo della mancanza della soluzione di continuità nella sospensione dei lavori in cantiere dal termine della fruizione della C.I.G. (già concessa per il periodo massimo) all’inizio dell’ulteriore periodo di integrazione salariale richiesto.

Avverso tali provvedimenti l’interessata ha presentato ricorsi amministrativi, anch’essi respinti, per la stessa ragione, dal Comitato amministratore della gestione per le prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.

3. Nel presente gravame la ricorrente lamenta di essere estranea ai fatti che hanno causato, suo malgrado, la forzosa sospensione dell’attività determinata da forza maggiore, sostenendo, altresì, che la motivazione del diniego da parte dell’INPS sarebbe generica ed apodittica.

Detto ordine di idee non è condivisibile.

Invero, la c.d. “socializzazione del costo del lavoro”, introdotta dall’art. 1 della L. n. 77 del 1963 per le aziende industriali dell’edilizia e affini, è ammessa in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e di prevedibilità dell’imprenditore (la norma, infatti, recita: “per effetto delle intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori”).

Si deve quindi trattare, alternativamente:

a) di fatti naturali (condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori);

b) ovvero di fatti umani esterni che sfuggano al dominio dell’imprenditore.

Gli eventi oggettivamente imprevedibili ai quali l’imprenditore non può sottrarsi sono, dunque, il caso fortuito, la forza maggiore, il “factum principis”, ovvero l’illecito del terzo.

Il loro verificarsi determina, con carattere di ineludibilità, l’interruzione dei lavori con ricaduta sugli oneri di retribuzione dei lavoratori.

L’evento interruttivo è da considerarsi, invece, imputabile al datore di lavoro allorquando esso si riconduce all’omessa previsione, secondo l’ordinaria diligenza, di possibili situazioni impeditive del normale prosieguo dei lavori (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2010, n. 81281 e n. 8129).

Ebbene, nella presente fattispecie, l’attività interrotta nel cantiere di Cima Castel Pagano a 2.700 metri di altitudine, riguarda una tipologia di lavori che si svolgono normalmente durante la stagione estiva e che la ditta ricorrente, verisimilmente esperta del settore, ben avrebbe potuto, e dovuto, programmare diversamente nel corso dell’anno.

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Si tratta, quindi, di un fatto non certamente imprevedibile, atteso che l’eccezionalità, si sarebbe riscontrata proprio e solo nella situazione opposta, qualora le temperature fossero state costantemente miti (o, comunque, superiori allo zero) e con assenza di precipitazioni nevose.

Perciò, non si versa affatto in una fattispecie di rischio di impresa per fatti che sfuggono con carattere di ineludibilità al controllo dell’imprenditore operante secondo criteri di oculatezza, prudenza e diligenza professionale: anche la libertà di impresa soggiace a principi di buon andamento quando essa debba confrontarsi con l’azione amministrativa e dare conto all’amministrazione di come quella libertà sia stata esercitata.

Sotto altro profilo, infine, si osserva che l’asserita non consecutività della sospensione del rapporto lavorativo oggetto di domanda di intervento rispetto al periodo precedente e l’invocata applicabilità dell’interpretazione di cui all’interpello n. 16/2010 del Ministero del Lavoro, con estensione del più favorevole regime previsto dall’art. 6 L. n. 164/1975 anche al settore edile, si scontrano, da un lato, con l’assenza, nel caso concreto (non risultando allo stato degli atti), della procedura di consultazione sindacale stabilita dall’art. 5 della suddetta legge; dall’altro, con la illustrata mancanza di eccezionalità degli eventi atmosferici causativi del protrarsi dell’inattività lavorativa.

I provvedimenti impugnati, con sintetica ma sufficiente motivazione, resistono pertanto alle censure dedotte dalla ricorrente.

4. Per le suesposte considerazioni i ricorsi vanno quindi respinti. Le spese del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza.

(Omissis)

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1 V. in q. Riv. 2010, p. 473

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