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Ipotesi di piattaforma per il contratto degli Enti Locali

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Academic year: 2022

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Ipotesi di piattaforma per il contratto degli Enti Locali

L’approfondimento tenutosi a Palermo ha stabilito le linee guida per la definizione del nuovo contratto, indispensabile per sostenere gli obiettivi che ci siamo dati nella conferenza programmatica ed ancor più nel congresso, vale a dire la valorizzazione, del lavoro pubblico.

Il contratto quindi non può prescindere dall’analisi del contesto che per comodità di sintesi individuiamo nei seguenti filoni: la finanziaria, il codice delle autonomie e il disegno di legge sui servizi pubblici locali, le nostre decisioni congressuali, il patto del lavoro del pubblico impiego.

La riuscitissima manifestazione del 23 ottobre, sul patto del lavoro per il pubblico impiego si è conclusa con un documento che ha dato mandato alla segreteria unitaria di poter adire allo sciopero in caso di non risposta sulla contrattazione, compresa quella decentrata.

Le conclusioni della manifestazione Nazionale si sono rilevate profetiche.

Abbiamo dovuto avviare le procedure per lo sciopero generale e solo il 4 Novembre l’accordo è stato raggiunto con la presentazione dell’emendamento alla finanziaria, da parte del Governo, che prevede lo stanziamento di 1,3 mld. di euro per il 2007 e 2,2 disponibili da l Gennaio 2008.

Il termine della certificazione contrattuale, recita il maxi emendamento, passa dai 40 giorni attuali a 55 diventando però un termine perentorio.

Si può quindi affermare che ci sono le condizioni per avviare la stagione contrattuale.

Il governo, nel frattempo, sta predisponendo un nuovo testo unico per gli enti locali, chiamato codice delle autonomie che modificherà l’attuale D. Lgs 267/2000, senza il minimo confronto, pur richiesto, con il sindacato.

Il testo, per le notizie che abbiamo e così come fa intendere l’intestazione, basato sul titolo V della riforma costituzionale, approvata dal centro sinistra, avrà le caratteristiche di legge quadro entro la quale il sistema delle autonomie locali organizzerà il proprio funzionamento, in un contesto, di maggiore autonomia.

Il testo, allo stato attuale, non trova né la condivisione dell’ANCI, né delle regioni che hanno sollevato, tra l’altro, caratteri di incostituzionalità.

La proposta di legge della Lanzillotta, sulla quale in verità già abbiamo espresso la nostra valutazione negativa, và seguita attentamente.

Essa, si presenta come un disegno di legge delega dalla forte connotazione liberista, in base alla quale tutti i servizi devono essere messi a gara, come se la gara d’appalto fosse garanzia di trasparenza, cancellando in un sol colpo le società miste, in house, le istituzioni e tutti gli enti strumentali dei comuni, province e regioni, in un'ottica mercificante dei servizi connessi al welfare.

In contraddizione a questa visione, in sede di conferenza unificata, Stato - Regioni, è stata accolta dal governo la proposta di rimuovere la gara quale unico modello d'affidamento del servizio e fare, quindi, riferimento alla norma di cui all’art. 113 del D.lgs 267/2000, così come per la parte del ciclo idrico integrato, in questo quadro l’azione del governo appare, almeno, bicefala; la discussione in Europa, su questo tema, inoltre, non ritiene necessaria la messa in gara per i servizi pubblici.

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In merito alle politiche innovative, non può sfuggirci quella relativa alla tecnologia ed innovazione ad essa legata, anche perché ampiamente pubblicizzate dal precedente governo senza nessun risultato apparente e rilanciate dal Ministro del Pubblico Impiego e dell’Innovazione Nicolais.

Essa dovrebbe produrre cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, nella formazione, modifiche professionali e il superamento di alcuni profili grazie all’introduzione della tecnologia.

L’eventuale introduzione di nuova tecnologia impone anche a noi la ricerca di risposte per quanto riguarda il lavoro, le lavoratrici ed i lavoratori e nello stesso tempo di valutare le ricadute sulla struttura dei servizi, la loro qualità e il vantaggio per il cittadino.

Miglioramento del funzionamento dei servizi, minori file agli sportelli, maggiore trasparenza dell’azione amministrativa, stato sociale.

Sono questioni sulle quali vale la pena interrogarsi e dare delle risposte, che ci riportano, inesorabilmente, alla parità d'accesso degli strumenti e dei servizi.

Vi è infine un terzo punto, non meno importante rispetto alle nuove tecnologie e riguarda la comunicazione tra i vari Enti della Pubblica Amministrazione, i quali attualmente utilizzano sistemi operativi che, prevalentemente, non sono tra loro compatibili, con la conseguenza di vanificare le potenzialità dello strumento informatico.

La conseguenza è che non si riducono i tempi, non si snellisce la burocrazia, non si attua la trasparenza degli atti e nello stesso tempo i cittadini continuano ad usufruire dei servizi in tempi lunghi ed insopportabili.

La spinta ad esternalizzare e privatizzare i servizi scaturisce anche da un approccio, a nostro modo di vedere sbagliato, alle innovazioni tecnologiche.

L’ informatica, a nostro avviso, potente e dirompente deve essere alla portata di tutti, a prescindere dalla condizione sociale e dai gradi d'istruzione.

Le politiche che ruotano intorno all’informatica devono consentire parità d'accesso.

La discussione sviluppatasi con la finanziaria, in tutto il suo percorso, ci deve far riflettere sul rapporto da tenere con il Governo, che deve essere fondato su un confronto attento basato sulla nostra indispensabile autonomia.

Il Governo, francamente, fatto salvo i provvedimenti Bersani, non s'è di certo distinto sull’insieme della sua azione politica e legislativa, né per coerenza con il programma elettorale che l’ha portato a vincere le elezioni: basti pensare ai tempi di rientro delle nostre truppe dall’Iraq, l’indulto che ha liberato sì le carceri italiane, sovraffollate, ma nello stesso tempo ha rimesso in libertà molti delinquenti eccellenti e, nello stesso tempo chi in galera non cera, i Previti, i Tanzi e i Cragnotti.

Il confronto e il dibattito politico, che ne consegue all’interno della maggioranza sugli argomenti citati, la legge 30, i pacs, la riforma della previdenza, la libertà di stampa, la televisione, e la finanziaria, non si può di certo definire esemplare.

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Certo su questo Governo si addensano le aspettative di chi, non solo lo ha votato, ma anche di chi aspira in cambiamenti sostanziali e dello stesso sindacato confederale, della gente che noi, funzione pubblica, rappresentiamo, dopo la devastazione economica, etica e morale in cui il centro destra ha sprofondato il Paese, rendendo, ovviamente, il cambio di rotta più difficile.

Ora, però, è tempo in cui il rigore e i sacrifici non possono riguardare solo e soltanto i lavoratori dipendenti, lo stato sociale e le pensioni dei più deboli, ma tutti e in modo particolare il rigore e tagli si esercitino sugli sprechi della pubblica amministrazione e i costi della politica.

Il sindacato non si è mai sottratto ad una politica di rigore, siamo i primi sostenitori del patto di stabilità Europeo, ma nello stesso tempo abbiamo sempre mirato ad un'Europa non solo economica, ma sociale e politica.

Noi dobbiamo giudicare questo Governo e la finanziara, con tutta l’autonomia di cui siamo capaci e attraverso i nostri parametri, quelli definiti dall'ultimo congresso di fp, dagli interessi parziali che rappresentiamo e da quelli generali del paese di cui ci siamo sempre assunti la responsabilità.

Nel congresso abbiamo sostenuto che ormai la tutela del potere d'acquisto dei salari non poteva essere più sostenuta dal solo contratto, ma contemporaneamente dovevano interagire fisco e tutela dello stato sociale con servizi all’impresa e alle persone basata sulla qualità, dentro una visione del pubblico impiego, non riconducibile a quella ridicola all’Ichino per intenderci, ma fondamentale per lo stesso sviluppo del paese e del vivere civile, riforme, qualità dei servizi e formazione continua e continuata dei pubblici dipendenti, così come il patto per il lavoro pubblico sostiene.

Per quanto riguarda il fisco siamo di fronte ad un'inversione di tendenza, rispetto al governo precedente, non solo per la lotta all’evasione delle tasse e al lavoro nero, ma anche e soprattutto per una redistribuzione del reddito che tiene conto dei redditi più bassi, anche se non mancano anomalie e contraddizioni che vanno corrette e la manovra sarà completa solo con la definizione del provvedimento degli assegni familiari.

Crediamo che sia merito dell’iniziativa unitaria che abbiamo saputo sviluppare con Cisl e Uil, come funzione pubblica se siamo passati, da una moratoria contrattuale totale, allo stanziamento delle risorse economiche per il contratto.

Siamo contrari all’utilizzo stabile del lavoro precario nella P.A. e la finanziaria deve risolvere, in modo graduale e compiutamente questo punto per noi essenziale; anzi il rinnovamento generazionale ed un percorso credibile e verificabile per la stabilizzazione del precariato non può essere compresso nel rapporto di un occupato ogni cinque pensionati.

Il provocatorio protagonismo dei cobas culminato con la strumentalizzazione della manifestazione del 4 novembre e la personalizzazione dello scontro hanno impedito alla FP CGIL la partecipazione.

La FP CGIL unitariamente a CSL e UIL, ha dato una prima risposta con la manifestazione Nazionale di Piazza Farnese a Roma del mese scorso, ma per la gravità individuale e sociale del problema va rilanciata la nostra capacità di dare continuità alle iniziative con CISL e UIL in termini categoriali e confederali, promuovendo scelte contrattuali e manifestazioni, chiedendo tavoli di trattativa specifici al Governo e agli Enti Locali, fino alla soluzione del problema.

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CONTRATTO

Il rinnovo contrattuale va contestualizzato nell’ambito della vertenza sul patto per il lavoro pubblico; nel confronto, che si aprirà con il Governo, è indispensabile coinvolgere, da subito, le rappresentanze del sistema delle Autonomie Locali, poiché in questo ambito si può tentare di stipulare un patto sulle eventuali risorse aggiuntive da destinare alla riorganizzazione dei servizi e affrontare il tema della stabilizzazione dei rapporti di lavoro, in particolare nei comuni.

La discussione sviluppatasi nell'esecutivo nazionale e nei vari esecutivi regionali, dimostra come si siano addensate su questa tornata contrattuale numerose aspettative.

Aspettative sia per quanto riguarda gli aspetti economici, ponendo una vera e propria questione salariale che per quanto riguarda gli enti locali si esplica, soprattutto, con l’avvicinamento tra i tabellari EE.LL e gli altri contratti pubblici, sia di natura normativa e di relazioni sindacali: la spesa per le progressioni orizzontali e quelle per le posizioni organizzative; alla necessità di rendere più snella la contrattazione tenendo presente il fatto che la decentrata non si svolge con le stesse modalità in tutte le regioni; alle varie indennità del comparto da aggiornare.

Vi sono poi aspettative e richieste da parte di alcune categorie interne al contratto, per un maggiore dettaglio delle loro specificità; sollecitazioni degli operatori dell’informazione piuttosto che quelli demografici ai quali nel passato pur abbiamo garantito un accoglimento delle loro richieste, al momento non realizzate, ed alle quali va ricercata una risposta.

Il fine è la riaffermazione del contratto unico delle autonomie locali, da raggiungere attraverso una grande capacità di sintesi, per evitare il sopravvento di spinte centrifughe, con la conseguenza di una sorta d’implosione interna del contratto nazionale e della sua messa in discussione anche con la partecipazione attiva di alcune regioni.

Per quanto riguarda queste ultime, il nuovo codice delle autonomie locali che ne dovrebbe ridisegnare poteri, ruoli e funzioni, è occasione per promuovere l’ennesimo tentativo di un contratto esclusivo per i dipendenti regionali.

Tentativo che abbiamo respinto nell’incontro con la Conferenza Unificata, Stato-Regioni.

Per quanto riguarda la questione delle Ipab/ASP non può sfuggire che il contratto da solo non basta.

Insieme ad esso va promossa un’azione politica sulla costituzione del fondo della non autosufficienza che sia in grado di abbassare le rette, altrimenti il fenomeno delle badanti che assistono l’anziano diventa vincente per le famiglie.

Continuiamo a pensare che l’anziano non ha solo necessità di pulizia, personale e della casa, bensì di qualcuno che sappia intercettare il proprio bisogno di salute.

In questo contesto pensiamo sia utile prevedere un capitolo specifico per le Ipab/ASP all’interno del CCNL in analogia con quanto istituito a suo tempo per l’area della vigilanza ed educativa.

All’interno di questo capitolo, vanno inserite le necessarie modifiche contrattuali riguardo all’indennità di turno, alla sostituzione degli operatori e il riconoscimento dei ruoli sanitari.

Inoltre, dovremo verificare la possibilità di separare, anche “contabilmente”, la spesa per attività ordinaria (organizzata naturalmente con turni e reperibilità) dalla spesa per gli istituti

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L’aspetto che riteniamo indispensabile per migliorare la qualità ed i prezzi delle tariffe dei servizi connessi al welfare, per garantire la crescita professionale degli operatori, per stabilizzare i precari, è quello relativo all’andamento della contrattazione integrativa decentrata.

Un’analisi questa che necessariamente deve essere articolata per individuare i punti deboli e rafforzare, se possibile, gli strumenti che le RSU hanno a disposizione.

Per comodità di ragionamento partiamo dai titoli delle questioni che dobbiamo declinare:

 Organizzazione del lavoro;

 Coinvolgimento sui servizi esternalizzati, sia in termini di prevenzione sia in termini di solidarietà nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti delle aziende appaltatrici;

 Progressione di carriera;

 Gestione del fondo e polizia locale;

 Politiche del personale e quindi la grande questione del precariato.

L’organizzazione del lavoro è un argomento cui destinare molta della nostra attenzione, riteniamo, infatti, che dentro i modelli organizzativi dei servizi si possono trovare le soluzioni per prevenire i processi d’esternalizzazione, attraverso il miglioramento della qualità del servizio stesso legando ad esso la produttività e riconoscimenti professionali.

Il punto centrale a nostro avviso rimane la ricomposizione del processo produttivo.

Ricomporre il processo significa tra l’altro individuare figure quali l’operatore “unico”, e processi di lavoro “autosufficienti e completi” nel rendere i servizi ai cittadini che supera e rende insensata l’idea, presente anche in finanziaria, della divisione del lavoro a contatto col pubblico o a supporto, (utilizzando l’attuale linguaggio antipaticissimo beck o front office).

Quest'impostazione del lavoro sgombra il campo da coloro che individuano nelle presunte inefficienze lo spunto ed il motivo per esternalizzare.

La nostra esperienza ci porta a dire che sono solo pretesti perché in realtà la ragione profonda delle esternalizzazioni e delle privatizzazioni riguarda la sfera della volontà politica di una giunta o di un sindaco, e tuttavia il nostro pensiero è che se non si ripensa se stessi, il proprio modo di lavorare, si rischia di chiudersi in una posizione tutta difensiva, facilmente attaccabile dai luoghi comuni e difficile da difendere.

Altra questione sono gli strumenti contrattuali, ma diremmo anche la sensibilità verso coloro i quali dipendono da aziende appaltatrici, siano essi di una cooperativa sociale piuttosto che dell’igiene urbana, o altro; una trattativa risulta efficace quando si pensa e si elabora con la visione d’insieme, ciò consente anche di esprimere la necessaria solidarietà alle tante situazioni di disagio che si creano andando ad appaltare avendo in testa unicamente il risparmio.

A tal fine è opportuno prevedere il rafforzamento dell’articolo 1 del CCNL 2002 – 2005 con l’estensione del principio dell’applicabilità del contratto delle AA.LL. non solo ai servizi eventualmente esternalizzati ma, anche, alle nuove forme sorte in questi ultimi periodi per la gestione dei servizi in forma associata, previsti dalla L. 328/2000 e ad altre forme, che potrebbero avere un ruolo nella conduzione del nascituro fondo per la non autosufficienza.

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Sulle progressioni di carriera va indagata meglio la sensazione diffusa, che appare contraddittoria, di un’eccessiva aspettativa sui lavori della commissione dell’articolo 12 del CCNL, con quanto realmente accaduto vale a dire il grande e diffuso sviluppo professionale avvenuto in questi anni.

La sensazione che abbiamo e che s'individua la soluzione sbagliata per rispondere all’esigenza giusta di alzare il livello delle retribuzioni, il più basso in ambito pubblico.

La scommessa vera, a nostro avviso, ricollegandoci con il primo argomento affrontato, è qualificare il lavoro, per rivendicare la collocazione ed il livello retributivo.

Ciò significa rafforzare il carattere inclusivo del contratto nazionale valorizzando la capacità di rappresentare unitariamente la complessità di enti e funzioni (funzioni attribuite alle regioni dal titolo V della Costituzione, servizio educativo, servizio della polizia locale, comunicatori, demografici, camere di commercio).

A nostro avviso, la valorizzazione del ruolo pubblico sul sistema educativo, nidi e scuole dell’infanzia va riaffermato e declinato fino in fondo per combattere sempre con più efficacia, la tendenza alla esternalizzazione con la motivazione, da parte delle Amministrazioni Comunali, di una carenza di figure professionali.

Per parte nostra dobbiamo ripensare al servizio, alla sua estensione, alla relazione nel rapporto scuola famiglia, all’educazione del bambino.

In questo quadro va inserita anche la valorizzazione del ruolo e della professionalità delle operatrici e degli operatori, in un contesto di ridefinizione dell’organizzazione del lavoro e nello specifico: orari, calendario, monte ore, sostituzioni, rapporto numerico, programma educativo.

Và affrontata inoltre la grande questione dei piccoli comuni, che a differenza dei medi e dei grandi, non sempre hanno sviluppato una grandissima contrattazione per la ristrettezza dei fondi ed i lavoratori hanno progredito molto meno degli altri.

Vi è la necessità di individuare ulteriori fondi per sviluppare la contrattazione integrativa.

In questo senso proponiamo di individuare un livello regionale di confronto con il modello dei progetti obiettivo.

Progetti che potrebbero riguardare la gestione associata dei servizi, o il confronto con i soggetti sociali presenti sul territorio al fine del miglioramento dei servizi.

Un altro tema da affrontare in rapporto al fondo è la contrapposizione tra la polizia locale, (destinataria di turni, reperibilità ecc…, che assorbono una fetta larga del fondo stesso) ed il resto delle lavoratrici e dei lavoratori.

Individuare un metodo, attraverso il quale separare le spese per attività, da quelle per incentivare, è un argomento che va messo sul tavolo della discussione.

Infine una maggiore attenzione alla politica del personale.

In questo senso è nostra convinzione che si deve rendere più corposo il sistema di relazioni sindacali, rendendole più cogenti in materie che riguardano l’organizzazione del lavoro e processi di

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Deve essere perseguito con determinazione, al fine di sgombrare il campo da coloro i quali intendono esternalizzare per convinzione “ideologica”, da coloro che pensano di migliorare il servizio e diminuire i costi per rientrare nel patto di stabilità, inserire parametri di valutazione

“oggettiva” come: le tutele dei lavoratori, la qualità, i minori costi per l’utente.

In questo modo si vincolano le Amministrazioni a discutere sui modelli organizzativi dei servizi, al fine di trovare le soluzioni e prevenire i processi sopra descritti.

Per quanto riguarda la parte normativa, sulla base delle dichiarazioni a verbale e delle esigenze rappresentate nel lungo e largo giro d'iniziativa sui territori, ci appare necessario, seppur schematicamente affrontare le seguenti questioni:

il diritto allo studio richiede un maggiore dettaglio sulle possibilità di usufruire dello stesso diritto facendo chiarezza se, le ore sono esclusivamente per la partecipazione a lezioni o seminari o se possono essere utilizzate per lo studio, deve essere più vincolante per l’azienda rendere, a livello di orari e turni, la possibilità di usufruire di questi permessi.

Occorre definire standard di diritti che non vedano differenze, tra lavoratrici e lavoratori a tempo indeterminato o determinato.

Importante, inoltre che il CCNL definisca meglio la percentuale massima di lavoratori precari, i profili e le qualifiche d'utilizzo.

Per molti lavoratori e lavoratrici la lettura del testo è molto difficoltosa, troppi sono i riferimenti, è necessario che all’approvazione di un contratto si abroghino i precedenti e si abbia un testo facilmente consultabile.

Per quanto riguarda la parte economica, valutate attentamente le risorse a disposizione della contrattazione in finanziaria per il 2006/7, e le sue ricadute sui comparti e sul nostro in particolare, il valore dovrebbe essere almeno uguale a quello del secondo biennio, (2004 – 2005), la nostra scelta è quanta parte destinare alla contrattazione integrativa sapendo che la tutela delle retribuzioni si effettua destinando l’aumento sul tabellare, ma avendo la consapevolezza che i fondi non sono sostanzialmente alimentati da due tornate contrattuali.

Il cambio del governo non è sufficiente a risolvere il problema della quarta settimana, per questo motivo si ritiene che vada posta la parte più rilevante sulla parte fissa della retribuzione.

Inoltre, se il fine è di evitare le esternalizzazioni, la contrattazione deve ripensare se stessa, da una parte, il primo livello potrà vincolare una parte dei soldi della contrattazione integrativa decentrata legandola al miglioramento dei servizi, in questo caso l’utilizzo delle risorse deve essere

“libero” e non ancorato alla parte fissa o variabile; dall’altra prevedere una forma aperta di contrattazione in caso d'esternalizzazione che possa intervenire introducendo anche modelli di flessibilità organizzative.

Destinare, se non risolto in finanziaria, quote delle risorse contrattuali per la stabilizzazione del precariato, che visto le innumerevoli difficoltà, dobbiamo forse definire a monte con un accordo ben dettagliato anche sul loro utilizzo, e quote della contrattazione integrativa per il riequilibrio economico dei lavoratori precari.

Un altro filone di discussione è quello relativo ai tanti contratti gestiti dal nostro comparto, partendo da una premessa che è la seguente.

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In questi ultimi anni abbiamo conosciuto esternalizzazioni, privatizzazioni, costituzioni di società miste ecc., quando si sono costituite attraevano i lavoratori perché, spesso, miglioravano le condizioni contrattuali, soprattutto la parte economica.

Nel corso degli anni però, poichè questi soggetti dovevano e devono partecipare a gare d’appalto dei comuni, l’unico riferimento di valutazione normativa e retributiva è stata la competitività con il tentativo continuo e in atto di abbassare il livello dei diritti, di maggiore flessibilità (il culmine lo ha rappresentato il CCNL Federculture al cui interno contiene perfino l’apprendistato minorile) e minore salario.

Le discussioni contrattuali ruotano intorno alla percentuale d’inflazione e non sullo sviluppo possibile del settore attraverso politiche di qualità.

Si rischia, insomma, di predeterminare l’ente gestore attraverso l’introduzione di nuovi contratti quindi, a nostro avviso, sarebbe opportuno che tutti coloro i quali vincono un appalto applichino lo stesso contratto al fine di non determinare dumping contrattuale.

Questa riflessione si deve concludere con la definizione di una piattaforma da verificare con la segreteria nazionale in prima istanza, con Cisl e Uil successivamente per promuovere velocemente il confronto con le controparti naturali.

Infine, come abbiamo sostenuto e individuato a Palermo, molte sono le iniziative di carattere pubblico che dobbiamo attuare e che ci devono consentire di risolvere problemi di pertinenza non contrattuale.

Nello stesso tempo prepararci ad un appuntamento, che per noi rimane centrale, che mette a verifica le nostre elaborazioni, che contraddistingue la nostra quotidianità quale elemento di qualità democratica della nostra organizzazione ed è l’elezione delle RSU.

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