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La sedimentazione di rampa carbonatica dei Monti Prenestini (Miocene inferiore, Appennino centrale): sedimentologia, stratigrafia sequenziale e stratigrafia degli isotopi dello stronzio

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Academic year: 2022

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RIASSUNTO - La successione calcareo-marnosa e calcarea d’età Aquitaniano-Serravalliano che affiora sui Monti Prenestini (Italia centrale) è riferibile alla Formazione di Guadagnolo che, nell’area considerata, presenta spessori variabili da 30 fino a 600 metri. Sulla sua porzione mediana (Aquitaniano superiore-Burdigaliano), è stata condotta una dettagliata analisi di facies e stratigrafico-sequenziale e sono stati inoltre utilizzati 48 campioni per la misura delle variazioni del rapporto isotopico 87Sr/86Sr. Queste misure hanno consentito una più precisa definizio- ne cronostratigrafica dell’intera successione sedimentaria e allo stesso tempo hanno permesso di definire l’età delle principali superfici di discontinuità che sono state individuate al suo interno.

La successione esaminata è caratterizzata da una ripetizione ciclica di unità deposizionali shallowing e coarse- ning-upward che danno luogo a corpi sedimentari di spessore da metrico a decametrico estesi lateralmente anche diversi chilometri. Queste unità sono costituite da un numero limitato di litofacies rappresentate da marne e marne calcaree spongolitiche, calcari marnosi finemente detritici e calcari bioclastici. Ogni litofacies è, a sua volta, costi- tuita da un numero più o meno limitato di microfacies. I principali componenti, rappresentati da foraminiferi planc- tonici e bentonici, spicole di spugna, macroforaminiferi, frammenti di molluschi, echinidi, briozoi e alghe rosse, possono essere riferiti ad associazioni di tipo foramol o, più in particolare, ad associazioni di tipo molechfor, bryo- mol e rodalgale. Questi caratteri consentono di ipotizzare per questi depositi una sedimentazione su una rampa car- bonatica, sviluppatasi nell’avampaese appenninico, dove gli effetti combinati della subsidenza tettonica e delle variazioni eustatiche del livello marino hanno dato luogo ad una successione al cui interno è possibile riconoscere una gerarchia di sequenze deposizionali di terzo e quarto ordine. Le quattro sequenze di terzo ordine riconosciute, sviluppate tra 21 e 16,4 Ma, sono state denominate Guadagnolo 1, 2, 3, 4.

Le variazioni glacio-eustatiche del livello marino possono essere considerate il principale meccanismo per la for- mazione dei limiti delle sequenze deposizionali di terzo e quarto ordine, sebbene in questa successione la compo- nente tettonica della subsidenza sembra essere stata un fattore determinante per la creazione dello spazio disponi- bile per la sedimentazione. Infatti il tasso di subsidenza risulta circa sette volte superiore a quello complessivo della risalita eustatica del livello marino durante l’intervallo temporale considerato. L’importante contributo tettonico alla subsidenza, riteniamo, dovrebbe trovare una logica spiegazione nel generale meccanismo di flessurazione dell’a- vampaese, connesso all’impilamento ed alla propagazione verso est dei thrust appenninici. Tale meccanismo sareb- be anche responsabile di una discreta attività tettonica sin-sedimentaria che, attraverso movimenti differenziali di blocchi (svincolati eventualmente anche lungo discontinuità preesistenti), avrebbe prodotto ondulazioni della super- ficie deposizionale della rampa e, localmente, condizionato la geometria dei corpi sedimentari. Questi movimenti avrebbero inoltre prodotto locali variazioni relative del livello marino, responsabili della formazione di alcune sequenze deposizionali ad alta frequenza sviluppate al di fuori dei trend eustatici riconosciuti.

PAROLECHIAVE: Analisi di facies, rampe carbonatiche, stratigrafia sequenziale, isotopi dello stronzio, Miocene inferiore, Monti Prenestini, Italia Centrale.

ABSTRACT - This paper presents the results of a detailed facies and sequence-stratigraphic analysis, carried out on the middle part of the Guadagnolo Formation (Aquitanian-Serravallian) cropping out in the Prenestini Mountains (Central Italy).

In the studied area the Guadagnolo Formation has a total thickness ranging from 30 m up to 600. It is subdi- vided into three portions: the basal part, Aquitanian in age, consists of about 100 m of cherty marls and marly limestones with resedimented calcarenites rich in larger foraminifera. The middle part, about 600 m-thick, span- ning from late Aquitanian to late Burdigalian, is made of marls, marly limestones and limestones. The upper part (about 50 m-thick), is Langhian-Serravallian in age and it is mostly represented by bioclastic calcarenites.

The middle portion, our paper is focused on, ranges in age from 21 to 16.4 My. Twelve stratigraphic-sedimen- tological sections were measured, for a total thickness of more than 3000 m, and about 700 samples were utilised for the microfacies analysis. A chronostratigraphic approach based on strontium isotopes (87Sr/86Sr ratio) allowed to get a chronostratigraphic definition of the whole examined sedimentary succession and unconformities and transgressive surfaces.

LA SEDIMENTAZIONE DI RAMPA CARBONATICA DEI MONTI PRENESTINI (MIOCENE INFERIORE, APPENNINO CENTRALE):

SEDIMENTOLOGIA, STRATIGRAFIA SEQUENZIALE E STRATIGRAFIA DEGLI ISOTOPI DELLO STRONZIO

Mario Barbieri*°, Francesca Castorina*°, Giacomo Civitelli*°, Laura Corda*, Sergio Madonna**, Goffredo Mariotti*°, Salvatore Milli*°

(*) Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Piazzale Aldo Moro 5 - 00185 Roma

° CNR, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria, Sezione di Roma “La Sapienza”

(**) Dipartimento di Geologia e Ingegneria Meccanica, Naturalistica e Idraulica per il Territorio, Università degli Studi della Tuscia, Via S. Camillo de Lellis - 01100 Viterbo

*° e-mail: salvatore.milli@uniroma1.it

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The analysed succession consists of a monotonous repetition of metric and decametric thick and laterally exten- sive shallowing-coarsening upward depositional units interpreted as parasequences. They are characterised by a limited number of lithofacies: spiculitic marls and calcareous marls, fine grained bioclastic marly limestones and bioclastic limestones each of them consisting of different microfacies. The marly lithofacies do not show evident sedimentary structures, probably because of the intense bioturbation, whereas the calcareous lithofacies display parallel or gently undulated bedding planes, locally showing foreset laminae with sigmoidal geometry; these last are commonly amalgamated but, locally, may be separated by mud layers.

The main skeletal components are: planktonic foraminifera and silica sponge spicules (particularly abundant in the marly lithofacies) and fragments of echinoids, bryozoans, red algae, molluscs, barnacles and benthic and planktonic foraminifera. This biota assemblage may be referred to a foramol-type association and particularly to a molechfor, bryomol and, subordinately, rhodalgal association. Basing on litho-microfacies and biota compo- nents, the examinated succession is interpreted to be deposited on the outer sector of a carbonate ramp develop- ing on the Apenninic foreland.

Both tectonic subsidence and sea-level changes controlled the cyclical stacking pattern of depositional sequences. In particular, during the time interval spanning from 21 Ma to 16.4 My, four 3rd order composite sequences (Guadagnolo 1, 2, 3, 4) have been recognised, consisting of several fourth-order sequences whose stacking pattern define transgressive and highstand systems tracts. The entire succession displays a clear wedge- shaped geometry towards SSE inside which every third-order sequence shows a pinch-out configuration. The four 3rd order sequences as a whole represent a complete transgressive-regressive cycle developed from late Aquitanian to late Burdigalian; during this time interval the ramp depositional system experienced aggradation and backstepping, between 21 and 18.0 My, and aggradation and forestepping between 18.0 and 16.4 My.

The architecture and geometry of the studied succession, its internal stratigraphic organisation and its variable carbonate/clay ratio are controlled by the relationships among eustasy, tectonic subsidence, carbonate produc- tion/supply and argillaceous input. Relative sea-level changes were mostly responsible for the third-and fourth- order sequence boundaries formation, nevertheless tectonic subsidence seems to have played an important role in controlling the accommodation space and the ramp depositional profile. Syn-sedimentary tectonic activity also conditioned the architecture and the geometry of some sedimentary bodies as well as the development of the tec- tonically-controlled high-frequency sequences.

KEY WORDS: Facies analysis, carbonate ramp, sequence stratigraphy, 87Sr/86Sr isotopes, Early Miocene, Prenestini Mountains, Central Italy.

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni diversi Autori, hanno revisionato i caratteri generali dei sistemi deposizionali di rampa car- bonatica (Read, 1985; Tucker & Wright, 1990; Burchette

& Wright,1992; Wright & Burchette, 1996; Pomar, 2001 a,b; Pomar et al. 2002). In particolare Burchette &

Wright (1992) hanno proposto una classificazione basata sia sul fattore idrodinamico dominante (rampe dominate dall’azione delle onde, delle tempeste, delle maree), sia sulla suddivisione del profilo deposizionale in relazione alla profondità del livello di base delle onde normali e di tempesta, ricalcando così la classificazione utilizzata per le piattaforme silicoclastiche; gli stessi Autori hanno inoltre sottolineato che la maggior parte dei depositi car- bonatici di rampa, descritti in letteratura, sono sostanzial- mente del tipo wave-dominated, mentre sono rari quelli descritti come dominati dall’azione delle maree. Più recentemente Pomar (2001 a, b) e Pomar et al. (2002) hanno proposto un approccio genetico all’analisi delle piattaforme carbonatiche, considerando la variabilità dei profili deposizionali come una funzione del tipo e della quantità di sedimento prodotto, del luogo di produzione, del regime idraulico e del tipo di organismi produttori di sedimento; questi ultimi, a loro volta, sono fortemente influenzati da condizioni ambientali come temperatura, nutrienti, salinità etc. (Lees, 1975, Lees & Buller, 1972;

Halloch & Schlager, 1986; Pomar, 2001b).

In questo lavoro vengono presentati i risultati di uno studio eseguito sulla porzione calcareo-marnosa, di età

Aquitaniano superiore-Burdigaliano, della Formazione di Guadagnolo, affiorante sui Monti Prenestini (Appennino centrale). Questi sedimenti, già precedente- mente interpretati da altri Autori come deposti su una rampa carbonatica (vedi Accordi & Carbone, 1988;

Civitelli et al., 1986a, b) sono stati riesaminati al fine di meglio definire: a) la tipologia dei granuli carbonatici presenti e la loro origine; b) il contesto idrodinamico responsabile del loro accumulo; c) la distribuzione delle litofacies e la loro organizzazione latero-verticale; d) il controllo esercitato dalle variazioni relative del livello marino sull’organizzazione stratigrafica di tale succes- sione (ciclicità e tendenza evolutiva); e) i rapporti tra tet- tonica e sedimentazione, considerato il generale contesto paleotettonico di questo settore dell’Appennino centrale durante il Miocene inferiore.

Lo studio che è stato condotto ha consentito di suddi- videre la successione in sequenze deposizionali di diffe- rente ordine gerarchico, la cui età è stata stimata sulla base delle indicazioni provenienti dalla misura del rap- porto isotopico 87Sr/86Sr. Nel nostro caso infatti, l’utiliz- zo di questa metodologia di datazione è stato particolar- mente importante in quanto la mancanza di dati biostra- tigrafici non consentiva una più precisa collocazione cronostratigrafica della successione esaminata. I positivi risultati ottenuti hanno confermato l’affidabilità del metodo e, allo stesso tempo, hanno contribuito a meglio definire il range temporale entro il quale tale successio- ne si è andata sviluppando.

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INQUADRAMENTO GEOLOGICO-STRATIGRAFICO

I Monti Prenestini (Appennino centrale) (Fig. 1) costi- tuiscono i primi rilievi che si incontrano procedendo da Roma verso ESE. Essi formano una dorsale allungata in direzione NNO-SSE costituita da una anticlinale asim- metrica, vergente verso est, con il fianco orientale molto verticalizzato. Minori sovrascorrimenti e faglie inverse nel settore occidentale e la suddivisione in piccoli bloc- chi, legati a numerose faglie di limitata entità soprattutto nel settore meridionale, complicano la struttura, ma l’ele- mento primario è in ogni caso ben seguibile per oltre una decina di chilometri. Regionalmente questa struttura fa parte della più bassa, geometricamente parlando, delle falde Sabine che, verso est, si sovrappongono alle unità simbruine della Piattaforma Carbonatica Laziale- Abruzzese (PLA) tramite la “Linea Olevano-Antrodoco”, interpretata come un sovrascorrimento fuori sequenza del Pliocene inferiore (Cosentino & Parotto, 1991; Cipollari

& Cosentino, 1991). Nel corso del Miocene, il settore Sabino ha subito le deformazioni connesse al suo coin- volgimento progressivo nel sistema catena-avanfossa- avampaese, in continuo spostamento verso est (Patacca et al., 1991, Cipollari & Cosentino, 1995).

I terreni affioranti sui Monti Prenestini sono stati deposti tra il Cretacico ed il Miocene e per la massima parte sono riferibili alla porzione superiore della succes- sione pelagica del Bacino Sabino, il quale costituisce il

settore di transizione tra i più interni bacini pelagici Toscano e Umbro-Marchigiano, verso ovest e nord ovest e l’adiacente PLA verso est. Questi terreni (Fig. 2) sono rappresentati, dal basso, da calcari e calcari marnosi con selce, con frequenti intercalazioni di depositi clastici cal- carei (essenzialmente conglomerati e calcareniti) messi in posto attraverso flussi gravitativi (Scaglia cretacico- paleogenica) e da terreni marnoso-calcarei e calcarei del Miocene, noti in letteratura come Formazione di Guadagnolo. I termini più alti della successione, che affiorano discontinuamente alla base del versante orien- tale dei Prenestini, sono rappresentati dalla Formazione delle Marne a Orbulina e dalle sovrastanti torbiditi sili- coclastiche riferibili al Tortoniano superiore (Cipollari &

Cosentino, 1991).

Solo nella porzione più meridionale dei Monti Prenestini affiorano anche calcari neritici Albiano- Senoniani con facies sia lagunari, soprattutto nella parte bassa, sia di margine con relative fasce di avanscogliera e retroscogliera (Carbone et al., 1971; Praturlon & Sirna, 1976). Si tratta di diversi e limitati affioramenti che testi- moniano l’esistenza di una paleogeografia piuttosto arti- colata, tra il Senoniano ed il Miocene medio, della PLA;

tale disarticolazione si sarebbe prodotta a seguito di un’attività tettonica sviluppatasi a partire dal Cretacico superiore.

I rapporti tra questi ultimi affioramenti e quelli coevi della Piattaforma Carbonatica Laziale-Abruzzese non

Fig. 1 - Carta geologica schematica dei Monti Prenestini e dei Monti Ruffi (modificata da Cipollari & Cosentino, 1991). 1: depositi alluvionali e col- luviali; 2: depositi marini, continentali e vulcanici (Plio-Pleistocene); 3a: Formazione Frosinone (Miocene superiore); 3b: Marne a Orbulina (Miocene medio-superiore); 4: Formazione di Guadagnolo (Miocene inferiore-medio); 5: successione pelagica Sabina (Triassico superiore-Miocene inferiore); 6: successione della piattaforma carbonatica Laziale-Abruzzese (Triassico superiore-Miocene superiore); 7: faglie inverse e accavallamen- ti; 8: faglie dirette; 9: faglie indeterminate; 10: ubicazione delle sezioni misurate.

– Schematic geologic map of the Prenestini-Ruffi Mountains (modified from Cipollari & Cosentino, 1991). 1: alluvial, colluvial deposits; 2: volcanic, marine and continental deposits (Plio-Pleistocene); 3a: Frosinone Formation (Late Miocene); 3b: Orbulina marls (Middle-Late Miocene); 4:

Guadagnolo Formation (Early-Middle Miocene); 5: Sabine succession (Late Triassic-Early Miocene); 6: Latium-Abruzzi carbonate platform suc- cession (Late Triassic-Late Miocene); 7: reverse fault and thrust fault; 8: normal fault; 9: undetermined fault; 10: location of measured sections.

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sono chiari poiché, verso est, sono nascosti dalle torbidi- ti del Tortoniano superiore che affiorano nelle depressio- ni che separano i Monti Prenestini dai Monti Simbruini e dalla presenza del sovrascorrimento regionale Olevano- Antrodoco (Cipollari et al., 1993; Corrado, 1995); verso sud e sud est invece, gli affioramenti scompaiono brusca- mente al di sotto delle torbiditi del Tortoniano superiore della Valle Latina e dei prodotti vulcanici pleistocenici del distretto albano.

Nel settore prenestino meridionale, quindi, la succes- sione è ben diversa da quella affiorante nel resto del rilievo prenestino, ed è caratterizzata dall’appoggio inconforme dei termini miocenici sui calcari neritici cre- tacici, tramite l’interposizione di successioni condensate e lacunose (potenti da qualche decimetro a pochissimi metri e riferibili al Senoniano-Paleogene) di calcari mar- nosi e marne con foraminiferi planctonici (localmente con l’interposizione di livelli ruditici risedimentati) che a volte costituiscono il riempimento di filoni nettuniani.

Da quanto detto, risulta evidente come lungo la struttura prenestina sia possibile riconoscere una serie di contesti paleogeografici che hanno condizionato una diversa

evoluzione sedimentaria nei vari settori. La successione pelagica cretacico-paleogenica e di rampa carbonatica del Miocene inferiore e medio, ben sviluppata a nord ovest (con spessori di alcune centinaia di metri), si ridu- ce, divenendo anche lacunosa, verso sud est, ove poggia su un frammento della PLA costituente un rilievo avan- zato e probabilmente isolato (Damiani et al., 1991), rispetto al resto della piattaforma stessa.

Qui di seguito vengono indicati i principali caratteri che, secondo noi, contraddistinguono l’intera Formazio- ne di Guadagnolo, alla quale attribuiamo tutti i depositi variamente citati in letteratura, come ad esempio flysch sabino, marne spongolitiche, calcareniti a punti rossi, marne con brecciole ecc.. In accordo con Civitelli et al.

(1986a) come base della formazione, consideriamo le marne grigie con intercalazioni di calcareniti a Miogyp- sina e Lepidocyclina, che poggiano in continuità sulla Scaglia paleogenica con intercalazioni carbonato-clasti- che; il tetto è rappresentato da un hardground su cui giacciono le Marne a Orbulina di età tardo Serraval- liano-Tortoniano secondo Pampaloni et al. (1994) e Tortoniano superiore p.p. secondo Cosentino et al.

(1997). L’età dovrebbe quindi essere compresa tra l’Aquitaniano ed, almeno, il Serravalliano, non essendo ancora univocamente definita l’età delle calcareniti di tetto della formazione e la durata dello hiatus preceden- te la sedimentazione delle Marne a Orbulina.

Civitelli et al. (1986a, b) hanno descritto le varie lito- facies, i relativi meccanismi deposizionali, l’evoluzione sedimentaria e le correlazioni regionali della Formazio- ne di Guadagnolo. Accordi & Carbone (1988) e più recentemente Madonna (1995) e Civitelli et al. (1996a, b) collocano i suoi depositi in un ambiente di rampa car- bonatica; gli ultimi Autori evidenziano, tra l’altro, un possibile controllo tidale sulla deposizione di questi sedimenti e un’organizzazione stratigrafica fortemente controllata da variazioni relative del livello marino ad elevata frequenza.

Più in dettaglio e facendo riferimento al settore dove si ha uno spessore maggiore, la Formazione di Guadagnalo è suddivisibile, dal basso verso l’alto, in tre porzioni prin- cipali (Fig. 2), ben riconoscibili anche sul terreno. La porzione basale, d’età Aquitaniano inferiore, potente più di 100 m, è costituita da marne grigie con lenti di selce nera e intercalazioni di calcareniti a Miogypsina e Lepi- docyclina; queste ultime, che costituiscono localmente banchi amalgamati anche di diversi metri di spessore, mostrano indizi di risedimentazione legata a processi gravitativi. Al di sopra segue una porzione, potente anche 600 m, che ha un’età compresa tra l’Aquitaniano superio- re e il Burdigaliano ed è caratterizzata dall’alternanza di marne, marne calcaree, calcari marnosi e calcari; la fre- quenza e l’importanza delle litofacies più calcaree aumenta generalmente verso l’alto, tanto che questa por- zione potrebbe tentativamente essere divisa in un inter- vallo inferiore, più marnoso-calcareo, ed uno superiore più calcareo-marnoso. Le marne sono spesso caratteriz- zate da intensa bioturbazione e dall’abbondante presenza di spicole di spugne silicee, oltre che di piccoli foramini-

Fig. 2 - Colonna stra- tigrafica schematica della successione sedimentaria affio- rante nell’area esa- minata. Legenda: 1:

calcari bioclastici ed organogeni della Piattaforma Laziale- Abruzzese (Albiano- Senoniano); 2: calca- ri e calcari marnosi con selce con fre- quenti intercalazioni di calciruditi e calca- reniti e con macro- foraminiferi (Scaglia cretacico-paleogeni- ca); 3: marne grigie con lenti di selce e intercalazioni di cal- careniti con macro- foraminiferi (Aquita- niano inf.); 4: Alter- nanza di marne, marne calcaree, cal- cari marnosi e calca- ri (Aquitaniano-Bur-

digaliano); 5: calcari bioclastici (“calcareniti di tetto”) in strati e ban- chi amalgamati (Langhiano-Serravalliano). I litotipi 3, 4, 5 corrispon- dono alle tre principali porzioni in cui è stata suddivisa la Formazione di Guadagnolo; 6: marne e marne argillose con Orbulina (“Marne a Orbulina”) (Serravalliano-Tortoniano p.p.); 7: arenarie torbiditiche della “Formazione di Frosinone” (Tortoniano sup.).

– Schematic stratigraphic section of the studied area. Legend: 1:

Lazio-Abruzzi platform limestones (Albian-Senonian); 2: cherty lime- stones and marly limestones with resedimented calcirudites and cal- carenites with larger foraminifera (Scaglia, Cretaceous-Paleogene);

3: gray marls with chert and interbedded calcarenites with larger foraminifera (Lower Aquitanian); 4: alternating marls, calcareous marls, marly limestones and limestones (Aquitanian-Burdigalian); 5:

amalgamated bioclastic limestones (“calcareniti di tetto”) (Langhian- Serravallian). The lithotypes 3, 4, 5 constitute the three main portions of the Guadagnolo Formation in the studied area; 6: marls and clayey marls (“Marne a Orbulina Formation”) (Serravallian-Tortonian p.p.); 7: turbiditic sandstones (“Frosinone Formation”) (Upper Tortonian).

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feri planctonici e radiolari; i calcari marnosi e i calcari contengono essenzialmente frammenti di echinidi, brio- zoi, alghe rosse, foraminiferi bentonici e planctonici. La porzione più alta della Formazione di Guadagnolo (cal- careniti di tetto), potente circa 50 m, di età Langhiano- Serravalliano, è costituita da calcari bioclastici in strati e banchi amalgamati, contenenti gli stessi componenti scheletrici.

Eteropica della Formazione di Guadagnolo, più ad est, sulla PLA, al di sopra di vari termini cretacici, poggia la Formazione dei Calcari a Briozoi e Litotamni. Questi calcari, che hanno un’età compresa tra l’Aquitaniano superiore e il Serravalliano-Tortoniano, vengono riferiti anch’essi allo stesso sistema deposizionale di rampa car- bonatica (Brandano & Corda, 2002).

METODI E ANALISI

L’indagine sulla porzione media della Formazione di Guadagnolo, affiorante tra Rocca di Cave e Ciciliano, è stata condotta attraverso l’analisi e la correlazione di 12 sezioni stratigrafico-sedimentologiche per uno spessore complessivo di circa 3000 metri. Le stesse sezioni sono state utilizzate per costruire un pannello di correlazione (vedi Tavola 1, fuori testo), dal quale appare evidente, sia l’organizzazione stratigrafica delle sequenze deposi- zionali di differente ordine gerarchico riconosciute, sia la loro architettura deposizionale.

Per la costruzione del pannello di correlazione sono stati utilizzati, come datum di riferimento, i limiti delle stesse sequenze deposizionali che rappresentano superfi- ci di significato cronostratigrafico. L’orizzontalizzazione delle superfici di tetto di ogni sequenza, è stata realizza- ta, progressivamente, a partire da quelle più antiche fino alla più recente (ultimo datum di riferimento), tramite la rimozione, in ogni sezione misurata, dei depositi più recenti rispetto al datum considerato. Tale procedimento ha permesso di evidenziare le relazioni latero-verticali tra le diverse litofacies all’interno dei corpi carbonatici evi- denziandone, allo stesso tempo, le geometrie e l’estensio- ne laterale.

Lungo le sezioni misurate sono stati analizzati circa 700 campioni che hanno permesso di meglio definire i caratteri tessiturali e composizionali delle litofacies rico- nosciute e di distinguere 7 principali microfacies; questi elementi sono stati fondamentali per poter ricostruire un possibile modello deposizionale. Infine, 48 campioni sono stati utilizzati per la misura del rapporto isotopico dello stronzio (Tab. 1) che ha consentito di valutare l’età dei depositi esaminati. In quest’ultimo tipo di indagine le misure del rapporto 87Sr/86Sr sono state eseguite, preva- lentemente, sulla frazione carbonatica totale del campio- ne e, in qualche caso, quando disponibili, anche su sin- goli fossili (echinidi e frammenti di bivalvi). A questo proposito va osservato che non è stata rilevata alcuna significativa differenza d’età tra la misura fatta sulla fra- zione carbonatica totale del campione e quella sul fossi- le contenuto al suo interno, confermando l’affidabilità del metodo utilizzato.

In particolare, per l’analisi sono stati utilizzati 10-30 mg di campione fresco che sono stati trattati con ultra- suoni e lavati con acqua bidistillata. La frazione carbo- natica è stata portata in soluzione sciolta con HCl 2.5N ultrapuro, centrifugata e lo Sr è stato separato dalla matrice mediante cromatografia a scambio ionico con

Tab. 1 - Rapporti isotopici dello stronzio misurati su campioni prele- vati lungo le sezioni stratigrafico-sedimentologiche. Le età sono state calcolate sulla base dell’equazione di Hodell et al. (1991).

87Sr/86Sr ratios measured on samples collected along the strati- graphic-sedimentological sections. Ages have been calculated by using the regression equation reported in Hodell et al. (1991).

Sezioni Sigla dei campioni e Rapporto Età loro riferimento nel 87Sr/86S (Hodell et al,

pannello di correlazione 1991)

RC 3 c 0.708465 ± 32 20.35 ± 0.53

1-3 RC 2 b 0.708394 ± 23 21.52 ± 0.38

RC 1 a 0.708370 ± 40 21.92 ± 0.66

4 CP1 a 0.708637 ± 20 17.50 ± 0.33

CC 3 c 0.708680 ± 23 16.79 ± 0.38

5 CC 2 b 0.708649 ± 90 17.30 ± 1.49

CC 1 a 0.708646 ± 16 17.35 ± 0.26

6 MVA 1 a 0.708667 ± 19 17.01 ± 0.31

MM 4 d 0.708655 ± 70 17.20 ± 1.16

7 MM 3 c 0.708685 ± 44 16.71 ± 0.73

MM 2 b 0.708656 ± 28 17.18 ± 0.46

MM 1 a 0.708560 ± 10 18,78 ± 0.15

CCA 4 d 0.708706 ± 15 16.37 ± 0.24

8 CCA 3 c 0.708530 ± 20 19.27 ± 0.33

CCA 2 b 0.708533 ± 20 19.22 ± 0.33 CCA 1 a 0.708462 ± 30 20.40 ± 0.49

RP 5 e 0.708783 ± 32 13.28 ± 1.36

RP 4 d 0.708800 ± 20 12.56 ± 0.85

9 RP 3 c 0.708704 ± 22 16.40 ± 0.40

RP 2 b 0.708701 ± 24 16.44 ± 0.40

RP 1 a 0.708718 ± 20 16.16 ± 0.33

MCM 21 z 0.708721 ± 15 15.91 ± 0.64 MCM 20 v 0.708729 ± 15 15.98 ± 0.25 MCM 19 u 0.708693 ± 15 16.58 ± 0.25 MCM 18 t 0.708688 ± 31 16.66 ± 0.51 MCM 17 s 0.708603 ± 12 18.07 ± 0.20 MCM 16 r 0.708550 ± 15 18.94 ± 0.25 MCM 15 q 0.708584 ± 19 18.38 ± 0.31 MCM 14 p 0.708590 ± 20 18.28 ± 0.33 MCM 13 o 0.708557 ± 15 18.83 ± 0.25 MCM 12 n 0.708434 ± 29 20.86 ± 0.48 MCM 11 m 0.708561 ± 15 18.76 ± 0.25

10 MCM 10 l 0.708560 ± 10 18.78 ± 0.16

MCM 9 i 0.708540 ± 11 19.11 ± 0.18 MCM 8 h 0.708470 ± 23 20.26 ± 0.38 MCM 7 g 0.708471 ± 15 20.25 ± 0.25 MCM 6 f 0.708462 ± 14 20.40 ± 0.23 MCM 5 e 0.708513 ± 13 19.55 ± 0.21 MCM 4 d 0.708421 ± 18 21.01 ± 0.43 MCM 3 c 0.708467 ± 16 20.31 ± 0.26 MCM 2 b 0.708453 ± 25 20.54 ± 0.41 MCM 1 a 0.708301 ± 21 23.06 ± 0.35

11 MV 1 a 0.708460 ± 21 20.42 ± 0.21

SSR 5 e 0.708659 ± 24 17.14 ± 0.39 SSR 4 d 0.708657 ± 13 17.17 ± 0.21

12 SSR 3 c 0.708573 ± 19 18.56 ± 0.31

SSR 2 b 0.708589 ± 41 18.29 ± 0.68 SSR 1 a 0.708363 ± 18 22.02 ± 0.30

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resina tipo Bio-Rad AG50-X8; successivamente la fra- zione contenente Sr è stata fatta evaporare e trattata con HNO. I rapporti 87Sr/86Sr di ogni campione sono stati misurati con uno spettrometro di massa Finnigan MAT 262 RPQ in modo statico, presso l’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria del CNR-Roma e norma- lizzati al rapporto 86Sr/88Sr = 0,1194. La precisione interna (“within-run” precision) di ogni singola misura è espressa come 2 standard errore della media (2 s.e.) ed è stata ottenuta collezionando più di 200 rapporti isoto- pici, mantenendo un segnale stabile superiore a 2,5 V.

Nel periodo in cui sono stati analizzati i campioni, lo standard dello stronzio SRM 987 ha fornito un valore di 0,71023 +/- 10 con errore espresso come 2-sigma. L’età di questi campioni è stata calcolata utilizzando le equa- zioni di Hodell et al. (1991).

L’età delle sequenze di terzo ordine è stata ottenuta tenendo conto delle età dei campioni immediatamente soprastanti o sottostanti ai limiti delle sequenze stesse;

questi stessi dati hanno consentito, inoltre, di stimare l’ordine della ciclicità delle diverse sequenze deposizio- nali riconosciute. Lo schema cronostratigrafico e strati- grafico-sequenziale che ne è derivato è stato poi con- frontato con gli schemi di Haq et al. (1988) e con quelli più recenti di Abreu & Anderson (1998) e Hardenbol et al. (1998).

LITOFACIES E MICROFACIES

Nei depositi analizzati è stato riconosciuto un numero molto limitato di litofacies rappresentate da: marne e marne calcaree spongolitiche, calcari marnosi finemen- te detritici e calcari bioclastici. Di seguito sono descrit- te le principali caratteristiche; per altri dettagli si riman- da a Civitelli et al. (1986a).

Ogni litofacies, a sua volta, è costituita da diverse associazioni di microfacies indicate con lettere alfabeti- che (A-G).

Marne e marne calcaree spicolitiche

Questa litofacies è presente in tutta la successione stu- diata ma con spessori variabili. É caratterizzata da due principali microfacies (A e B). La prima (A) è rappre- sentata principalmente da wackestone e subordinata- mente da mudstone in cui, probabilmente a causa della intensa bioturbazione, sono scarsamente visibili struttu- re sedimentarie inorganiche; le tracce fossili visibili sono a prevalente sviluppo orizzontale (Fig. 3); i granu- li hanno una dimensione prevalente di 2 micron e una, subordinata, compresa tra i 10 e i 20 micron. La compo- nente bioclastica è costituita, oltre che da spicole di spu- gna più o meno concentrate, da radiolari e gusci di fora- miniferi bentonici e planctonici (Fig. 4). La macrofauna è rappresentata da echinidi e da bivalvi generalmente in frammenti. Nella parte bassa della successione sono stati segnalati diversi ritrovamenti di poriferi (Panseri, 1953; Civitelli et al., 1986a). Tra i foraminiferi plancto- nici si segnalano piccole globoquadrine, globorotalidi e

Globigerinoides, nella porzione inferiore della succes- sione; più in alto, sempre in associazioni povere e mal conservate, Civitelli et al. (1986a) segnalano Globoro- talia archeomenardii. Nell’ambito della microfacies A vi è però una certa variabilità composizionale: con la sigla As è stata distinta una varietà in cui si ha un forte incremento delle spicole di spugna (spesso isoorientate e concentrate in lamine) che diventano nettamente dominanti rispetto ai foraminiferi planctonici. Una seconda varietà della stessa microfacies (Ax) mostra invece un maggior addensamento della frazione granu- lare che porta a dei veri e propri packstone. In questo caso, tra i costituenti si nota una netta prevalenza di foraminiferi planctonici, subordinate spicole di spugne, bioclasti e frequenti granuli di glauconite. La microfa- cies A è presente in tutte le sezioni studiate ed è ben rap- presentata, con il suo aspetto più tipico, nelle porzioni inferiore e media della successione. In particolare la microfacies As è maggiormente rappresentata nella por- zione stratigraficamente più bassa della successione; la Ax in quella medio-alta, spesso associata alle microfa- cies D ed F (descritte più avanti).

La seconda microfacies (B) compare esclusivamente nella porzione basale della successione di Guadagnolo (vedi porzione inferiore delle sezioni 10 e 12, al di sotto della superficie corrispondente a 21 Ma). Si tratta di wackestone-floatstone con macroforaminiferi (essen- zialmente Miogypsina e Lepidocyclina) che si rinvengo- no a volte concentrati e isoorientati, a volte dispersi nella matrice, nella quale abbondano foraminiferi planc- tonici, spicole di spugna e radiolari (Fig. 4).

Calcari marnosi finemente detritici

Si tratta di calcari marnosi, e subordinatamente marne calcaree, generalmente omogeneizzati dalla bioturbazio- ne e senza evidenti strutture sedimentarie inorganiche. Si

Fig. 3 - Tracce di bioturbazione nella litofacies marnosa e marnoso- calcarea (sezione 8, Casaletti). La componente bioclastica è costituita prevalentemente da spicole di spugna e radiolari e da gusci di forami- niferi bentonici e planctonici. Possono essere presenti frammenti di echinidi e di bivalvi.

– Bioturbation traces in the marly and marly-calcareous lithofacies (section 8, Casaletti). Bioclastic components are mainly represented by siliceous sponge spicules, radiolarians, and by planktonic and ben- thic foraminifera.

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differenzia dalla precedente litofacies per una maggiore componente scheletrica rappresentata, essenzialmente, da frammenti bioclastici. È presente nella porzione infe- riore della successione di Guadagnolo, in associazione alla litofacies marnosa mentre, nella porzione media, è presente con spessori modesti e sempre in associazione alla litofacies calcarea.

Questa litofacies è costituita essenzialmente dalla microfacies C, anch’essa caratterizzata da una certa varia- bilità composizionale e, subordinatamente, dalla microfa- cies G.

La microfacies C è rappresentata da un packstone a granulometria medio-fine bioturbato, in cui le tracce di bioturbazione si manifestano sia sotto forma di nuvole di materiale più selezionato, sia come plaghe irregolari di colore brunastro con elevata concentrazione di foramini- feri planctonici. I granuli sono costituiti da frammenti di echinidi, spicole di spugne silicee, briozoi e da foramini- feri planctonici e bentonici (Fig. 4); a questi componenti si aggiungono frammenti di alghe rosse che però com- paiono solo a partire dalla parte alta della porzione inter- media della successione. Il rapporto tra foraminiferi planctonici e bentonici è molto variabile ed aumenta nelle varianti più ricche di fango. In alcune sezioni (in particolare Rocca di Cave) è frequente la presenza di

glauconite, sia associata ad intraclasti di fango con fora- miniferi planctonici, sia come riempimento totale o par- ziale dei gusci di foraminiferi planctonici isolati. La microfacies C mostra termini di passaggio sia verso le microfacies più fangose (microfacies A), con un incre- mento relativo dei foraminiferi planctonici rispetto agli altri bioclasti, sia verso le microfacies più sciacquate con un minor contenuto in foraminiferi planctonici (microfa- cies D, vedi descrizione più avanti).

La microfacies G consiste in un packstone a granulo- metria fine con una frazione granulare composta princi- palmente da foraminiferi planctonici e, secondariamen- te, da foraminiferi bentonici, da spicole di spugna e frammenti di echinidi; si differenzia dalla microfacies Ax per una maggiore presenza di foraminiferi bentonici e per la discreta classazione.

Calcari bioclastici

Questa litofacies è osservabile in tutta la successione studiata ma è particolarmente abbondante nelle porzio- ni media e alta. Si presenta in strati singoli di spessore variabile (mediamente 5-30 cm), delimitati a tetto e a letto da superfici grosso modo piano-parallele e in stra- ti compositi che possono raggiungere spessori variabili

Fig. 4 - Principali microfacies riconosciute nella porzione investigata della Formazione di Guadagnolo. Microfacies A: wackestone a foraminiferi planctonici e spicole di spugna silicee. Microfacies Ax: packstone a foraminiferi planctonici e, subordinatamente, spicole di spugna silicee.

Microfacies B: floatstone con foraminiferi planctonici, spicole di spugna silicee e macroforaminiferi (lepidocyclinidi). Microfacies C: packstone medio-fine, generalmente mal classato, e con la presenza di foraminiferi bentonici e planctonici, frammenti di briozoi, echinidi e spicole di spugna.

Microfacies D: packstone-grainstone medio-grossolano, generalmente mal classato, con frammenti di briozoi, echinidi, alghe rosse e con foramini- feri bentonici. Microfacies E: grainstone grossolano costituito prevalentemente da frammenti di briozoi. Microfacies F: packstone-grainstone a gra- nulometria medio-fine, generalmente ben classato, con abbondanti microforaminiferi bentonici e con frammenti di alghe rosse. Microfacies G: pack- stone a granulometria fine, ricco di foraminiferi planctonici e bentonici e con frammenti di briozoi, echinidi e spicole di spugne.

– Thin-section photographs of the microfacies recognised in the investigated portion of the Guadagnolo Formation. Microfacies A: wackestone with planktonic foraminifera and silica sponge spicules. Microfacies Ax: packstone rich in planktonic foraminifera and, subordinately, silica sponge spicules. Microfacies B: floatstone with planktonic foraminifera, silica sponge spicules and larger foraminifera (lepidocyclinids). Microfacies C:

medium-fine-grained packstone poorly sorted with benthic and planktonic foraminifera, fragments of bryozoans, echinoids and sponge spicules.

Microfacies D: medium to coarse-grained packstone-grainstone with fragments of bryozoans, echinoids, red algae and benthic foraminifera.

Microfacies E: coarse-grained grainstone; skeletal components are mainly represented by bryozoan fragments. Microfacies F: well-sorted medium- fine-grained packstone-grainstone with benthic foraminifera and red algae fragments. Microfacies G: fine grained packstone, rich in planktonic and benthic foraminifera and with silica sponge spicules and fragments of bryozoans.

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dai 5 fino ai 150 cm. Gli strati singoli possono essere caratterizzati da set di lamine inclinate immergenti verso i settori occidentali e più raramente verso quelli orientali; tali set sono talora separati da interstrati mar- nosi sottilmente laminati o bioturbati (con spessori cen- timetrici) che a volte scompaiono a seguito di processi di amalgamazione. Molti strati mostrano strutture di forma sigmoidale, note in letteratura come “fessurazio- ne a losanga” (Zalaffi, 1963) (Fig. 5), che caratterizza- no molti calcari miocenici dell’Italia centrale. La loro genesi sembra essere il prodotto dell’azione combinata tra diagenesi e tettonica che avrebbe modificato le ori- ginarie geometrie sedimentarie. A volte l’erosione selet- tiva evidenzia superfici subparallele che simulano set di lamine inclinate, ma che in realtà derivano dalla fusio- ne di superfici appartenenti a strati diversi. Questi feno- meni confondono e rendono piuttosto difficili la lettura e l’interpretazione delle geometrie originarie.

Questa litofacies è formata da tre principali microfa- cies: D, E ed F (Fig. 4), rappresentate da packstone e grainstone con granulometrie variabili da fini a grosso- lane, sino ad arrivare talvolta a rudstone, e con diversi gradi di classazione. In particolare la microfacies D (packstone-grainstone medio-grossolano) presenta, generalmente, una scarsa classazione e una certa varia- bilità tessiturale; si passa da termini nei quali si osserva una pur limitata presenza di fango e foraminiferi planc- tonici (transizione alla microfacies C) a litotipi più sciacquati e con granuli mediamente più selezionati (transizione alle microfacies E e F). La frazione schele- trica è rappresentata da frammenti di briozoi, alghe rosse, echinidi, micro e macroforaminiferi bentonici; la glauconite detritica e non alterata è una presenza ricor- rente. La microfacies D è presente in tutte le sezioni stu- diate, soprattutto nelle porzioni media e alta della suc- cessione.

La microfacies E (grainstone grossolano) rappresenta un deposito sempre sciacquato ma non particolarmente selezionato. La frazione granulare è costituita da brio- zoi, frammenti di echinidi, balanidi, alghe rosse, bival- vi, foraminiferi bentonici e intraclasti. Questa microfa- cies si associa frequentemente alle litofacies D ed F.

La microfacies F è complessivamente poco rappre- sentata ed è costituita da packstone-grainstone con gra- nulometria medio-fine e abbondanti microforaminiferi bentonici; tra i bioclasti sono riconoscibili frammenti di echinidi, alghe rosse e briozoi. L’analogia composizio- nale con le litofacies D e E, alle quali spesso si trova associata, suggerisce una derivazione da queste ultime da mettere in relazione a processi idraulici in grado di operare un’ulteriore selezione del materiale. Questa microfacies è presente nella porzione più alta della suc- cessione.

Associazione biotica

Dalle analisi macroscopiche e, soprattutto, microsco- piche di questi sedimenti emerge che la frazione granu- lare è costituita da: spicole di spugne, radiolari,

foraminiferi planctonici e bentonici, macroforaminiferi e frammenti di echinidi, molluschi, balanidi, briozoi e alghe rosse. Sulla base di questi caratteri la composizio- ne dei sedimenti può essere attribuita, in termini gene- rali, ad una associazione di tipo foramol (sensu Lees &

Buller, 1972 e Lees, 1975) o heterozoan association (sensu James, 1997). Più in particolare la maggior parte dei campioni è caratterizzata da associazioni di tipo molechfor (sensu, Carannante et al., 1988), bryomol (sensu Nelson., 1988) ed in parte rodalgale (sensu Carannante et al., 1988; Carannante & Simone, 1996).

Questo insieme di caratteri è stato spesso attribuito a piattaforme carbonatiche aperte di tipo temperato, con temperature minime stagionali di 15°-16°, con acque poco profonde e piuttosto turbolente e con la presenza di processi di upwelling che determinerebbero un aumento della fertilità delle acque superficiali. A nostro avviso, per i calcari miocenici centro-appenninici, la univoca relazione con climi temperati non è giustifica- bile in quanto, come è noto, associazioni di tipo molech- for, bryomol e rodalgale possono caratterizzare piatta- forme di tipo tropicale o subtropicale se vi sono condi- zioni ambientali favorevoli (vedi nutrienti, luminosità, salinità e circolazione delle acque) (Hallock & Schlager, 1986; Bourrouilh-Le-Jan & Hottinger, 1988; Hallock et al., 1988; James, 1997; Carannante & Simone, 1996).

L’esistenza, nell’area considerata, di condizioni tropica- li-subtropicali è inoltre avvalorata dal rinvenimento di Porites e alghe rosse (quali Sporolithon e Lithoporella) presenti, anche se solo in certi livelli, nei coevi “Calcari a Briozoi e Litotamni” che costituivano, rispetto ai depositi esaminati, i termini relativamente più interni della PLA, (Brandano et al., 2001; Brandano, 2002;

Brandano & Corda, 2002).

Fig. 5 - Calcareniti affioranti nella sezione 10 (Monte Cerella). Sono presenti strutture tipiche di forma sigmoidale, note in letteratura come

“fessurazione a losanga” la cui genesi sembra essere il prodotto del- l’azione combinata tra diagenesi e tettonica. La frazione scheletrica è rappresentata da frammenti di echinidi, molluschi, balanidi, briozoi, alghe rosse e foraminiferi planctonici e bentonici in rapporti variabili.

– Outcrop photograph from Monte Cerella (section 10) showing cal- carenites with the typical sigmoidal structures known as “fessurazione a losanga”. The skeletal fraction consists of fragmented echinoids, molluscs, balanids, red algae and benthic and planktonic fora- minifera.

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INTERPRETAZIONE AMBIENTALE Le litofacies e le microfacies descritte danno luogo ad associazioni di facies che formano dei corpi sedimentari di differente spessore, estensione areale e complessità.

In particolare le marne e le marne calcaree spicoliti- che con le microfacies A e B rappresentano la sedimen- tazione più diffusa e continua in quasi tutta la successio- ne di Guadagnolo mentre le litofacies più calcaree, con le microfacies C, D, E ed F possono essere più o meno abbondanti in funzione della diversa produzione in situ e, in misura più consistente, in funzione della quantità di materiale fornito dalle aree di maggiore produzione poste più ad ESE.

Le nostre analisi si sono concentrate sulla porzione media della successione, che costituisce la parte più rile- vante dell’intero corpo deposizionale di Guadagnolo. La situazione più comune osservabile è rappresentata da marne, calcari marnosi e calcari bioclastici organizzati in unità deposizionali (sequenze di facies) di tipo shal- lowing-coarsening upward (S.C.U.) che si sviluppano tipicamente con spessori metrici (1-5 m), ma talvolta anche decametrici, e che possono dar luogo a ripetizio- ni cicliche di diverse decine e centinaia di metri di spes- sore. Queste sequenze di facies sono generalmente deli- mitate, al tetto e alla base, da superfici nette che posso- no essere interpretate come superfici di trasgressione relativa. Ogni sequenza è costituita da marne e calcari marnosi generalmente bioturbati, passanti gradualmen- te, verso l’alto, a calcari. L’associazione delle microfa- cies è spesso rappresentata dalla sequenza verticale completa (A-F) (Fig. 6); a volte sono presenti solo pic- cole sequenze A-C; in altre ancora si ha la sovrapposi- zione delle microfacies C-D-E. Spesso nella successio- ne esaminata le unità deposizionali risultano costituite da una serie di piccoli cicli coarsening-upward (media- mente 10-30 cm di spessore) che mostrano una analoga organizzazione: marne bioturbate alla base passanti verso il tetto a calcari marnosi e/o calcari (Fig. 7).

La ripetizione ciclica di queste unità doveva essere controllata sia dalla variazione dell’accommodation space, sia dalla produttività del sistema carbonatico e quindi dai suoi diversi fattori di controllo quali: tempe- ratura, nutrienti, salinità, etc.. É importante sottolineare che i sedimenti studiati si andavano depositando su un’area di raccordo tra un bacino pelagico e le parti più interne di una piattaforma carbonatica; una zona quindi che doveva rappresentare il settore d’incontro tra due diversi sistemi d’alimentazione/produzione. L’apporto argilloso, che caratterizza la composizione di questi sedimenti proveniva, essenzialmente, dalla catena alpi- no-appenninica, in avanzamento verso i settori orienta- li, mentre il detrito bioclastico carbonatico doveva esse- re prodotto in situ per quantità decisamente modeste e provenire, in misura preponderante, dai settori più inter- ni della piattaforma dove si depositavano i sedimenti riferibili ai “Calcari a Briozoi e Litotamni”.

A questo proposito studi di dettaglio sui “Calcari a Briozoi e Litotamni” (Brandano, 2001; Brandano &

Corda, 2002) hanno permesso di suddividere questa for- mazione in differenti unità e di ricostruire l’ambiente deposizionale della piattaforma laziale-abruzzese durante il Miocene inferiore e medio. In particolare gli Autori precedenti riconoscono cinque principali asso- ciazioni litologiche con caratteristiche associazioni bio- tiche (Fig. 8): 1) un’unità a rodoliti (RU); 2) un’unità a briozoi ed echinidi (BEU); 3) un’unità a foraminiferi bentonici ed echinidi (BFEU); 4) un’unità a foraminife- ri planctonici ed echinidi (PFEU); 5) un’unità con spi- cole di spugne, foraminiferi planctonici e frammenti di echinidi (SEPU). Queste associazioni vengono rispetti- vamente collocate nella rampa intermedia e interna (RU) e nella rampa esterna (BEU rampa esterna prossi- male; BFEU-PFEU rampa esterna intermedia; SEPU rampa esterna distale) sulla base di una serie di parame- tri ambientali tra cui la dipendenza o meno dalla luce dei principali costituenti.

In questo quadro le litofacies riconosciute nella Formazione di Guadagnolo trovano collocazione nel- l’ambito della porzione più esterna del sistema deposi- zionale di rampa carbonatica omoclinale, corrisponden- te alla zona di deposizione dell’unità SEPU. Le associa- zioni delle litofacies e delle microfacies riconosciute sono state infatti interpretate come l’espressione di cicli deposti in un ambiente di rampa carbonatica esterna. Lo spessore dei cicli, l’organizzazione interna e le bioasso- ciazioni dovevano essere controllate dallo spazio dispo- nibile, dalle condizioni chimico-fisiche e idrodinamiche dell’ambiente e dalla quantità di materiale “esportato”

dalle zone più produttive della piattaforma. In particola- re i rapporti tra marne e calcareniti dovrebbero essere legati, essenzialmente, alla distanza dei corpi sedimen- tari rispetto alla zona di massima produzione carbonati- ca. In generale, “verso mare” lo spessore delle marne tende ad aumentare e i contrasti tra le litofacies tendono a ridursi sino a scomparire mentre le superfici di tra- sgressione perdono la loro identità fisica sfumando all’interno delle marne che divengono la litologia preva- lente. Procedendo “verso terra” i contrasti tra litofacies tendono ad aumentare e divengono particolarmente marcati, essendo ben registrati dallo sviluppo delle tipi- che unità shallowing-coarsening upward precedente- mente descritte. Ancora più “verso terra” lo spessore delle marne tende a ridursi e con esso l’evidenza delle superfici di trasgressione, che vanno a coincidere con superfici di strato che separano banchi di calcareniti più spessi. In questi casi, i calcari divengono la litologia prevalente e la tendenza coarsening upward è riconosci- bile solo attraverso un attento esame delle microfacies:

calcareniti medio-fini (microfacies D, F), alla base dei corpi, passano verso l’alto a calcareniti medio-fini e grossolane (microfacies D, E). Ancora più verso terra anche la stratificazione tende a divenire indistinta e le calcareniti spesso si presentano amalgamate e in grossi banchi, all’interno dei quali diviene difficile distinguere sia le variazioni tessiturali sia lo spessore dei singoli strati.

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Fig. 7 - Unità deposizionali dove il passaggio dalle marne basali alle calcareniti di tetto avviene attraver- so una serie di piccoli cicli coarse- ning-upward (mediamente 10-30 cm di spessore), costituiti alla base da marne intensamente bioturbate passanti verso l’alto a calcareniti.

All’interno di questi cicli più pic- coli, la porzione calcarenitica aumenta verso l’alto a scapito di quella marnosa. Monte Vincenzo sezione 11.

– Depositional units in which the passage from the basal marly por- tion to the top calcarenitic one occurs through a recurrence of small coarsening-upward cycles (10-30 cm-thick); these, in turn, show an upward increase of the calcarenitic component. Monte Vincenzo section 11.

Fig. 6 - Foto di affioramento di una sin- gola unità deposizionale (sequenza shal- lowing coarsening upward) (Monte Manno, sezione 7). A fianco sono visibi- li le corrispondenti microfacies con l’in- dicazione della sigla utilizzata nel testo.

La parte inferiore è costituita da marne e calcari marnosi bioturbati (wackestone e packstone con foraminiferi planctonici e spicole di spugne; microfacies A e Ax).

Verso l’alto, questi passano transizional- mente a calcari marnosi finemente detri- tici (packstone fine con frammenti di echinidi, spicole di spugne e foraminife- ri planctonici; microfacies C). La parte alta è rappresentata da calcari bioclastici (packstone e grainstone medio e grosso- lano con frammenti di echinidi, di brio- zoi e di alghe rosse; microfacies D ed E).

TS: superficie di trasgressione relativa.

– Outcrop photograph of a single depo- sitional unit (shallowing coarsening upward sequence) (Monte Manno, sec- tion 7) and relative vertically arranged microfacies. The lower portion is made up of bioturbated marls and marly lime- stones (wackestone and packstone with planktonic foraminifera and silica sponge spicules; microfacies A e Ax).

Upward they gradually pass into fine grained bioclastic marly limestones (fine grained packstone with fragments of echinoids, silica sponge spicules and planktonic foraminifera; microfacies C).

The upper part is represented by bio- clastic limestones (packstone and grain- stone with fragments of echinoids, bry- ozoans and red algae; microfacies D and microfacies E). TS: transgressive or minor flooding surface.

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STRATIGRAFIA SEQUENZIALE

All’interno della successione esaminata sono state individuate numerose superfici di discontinuità (vedi Tav. 1 fuori testo), che sono state interpretate come limi- ti di sequenze deposizionali di differente ordine e come superfici di trasgressione relativa (vedi discussione più avanti). In particolare l’ordine gerarchico delle sequenze deposizionali è stato valutato tenendo conto del loro spessore relativo, e dell’estensione laterale dei rispettivi limiti di sequenza (Mutti et al., 1994) ed è stato confer- mato dalla loro durata, ricavata sulla base delle datazio- ni isotopiche 87Sr/86Sr su campioni provenienti da rocce immediatamente sottostanti o soprastanti le superfici riconosciute.

Le sequenze di più basso ordine hanno un’ampia estensione laterale e i loro limiti sono riconoscibili in tutta l’area investigata. Presentano spessori variabili da pochi metri a oltre 150 metri e si sviluppano entro inter- valli temporali compresi tra 0,9 e 1,4 Ma; vengono per- tanto considerate delle sequenze di terzo ordine (Haq et al., 1988; Posamentier et al., 1988; Van Wagoner et al., 1990; Mitchum & Van Wagoner, 1991; Vail et al., 1991).

In particolare, nella nostra successione, sono state indi- viduate quattro sequenze deposizionali di terzo ordine, denominate Guadagnolo 1, 2, 3 e 4, con sequence boun- daries datati a 21,0 Ma, 19,8 Ma, 18,9 Ma e 17,8 Ma che hanno una stretta corrispondenza, in termini di età, con quelle individuate da Hardenbol et al. (1998) per l’inter- vallo temporale compreso tra 21 e 16,4 Ma, i limiti delle quali sono stati chiamati Aq/Bur 1 (21,0 Ma), Bur 2 (19,5 Ma), Bur 3 (18,7 Ma) e Bur 4 (17,3 Ma). Queste unità sono a tutti gli effetti delle sequenze composite (sensu Mitchum & Van Wagoner, 1991) o sequenze com- posite a grande scala (sensu Mutti et al., 1994), in quan- to al loro interno sono state riconosciute altre superfici di discontinuità che costituiscono i limiti di altrettante sequenze deposizionali, ma di ordine più elevato (essen- zialmente quarto ordine) che si sviluppano entro inter- valli compresi tra i 100.000 e i 250.000 anni. Le sequen- ze di quarto ordine presentano spessori variabili da un massimo di 35 m a un minimo di 3 m ed estensione late-

rale da 3-4 km fino a 10-11 km. La porzione sommitale della Formazione di Guadagnolo, che poggia con netto contrasto di facies sul limite di sequenza datato 16,4 Ma, è rappresentata da corpi bioclastici costituiti da packsto- ne-grainstone, da fini a grossolani, con briozoi, echinidi e alghe rosse nei quali la componente marnosa è quasi completamente assente. Gli studi su queste “calcareniti di tetto” non sono stati ancora completati e non verran- no discussi in questo lavoro; tuttavia in base alle misure del rapporto 87Sr/86Sr esse possono essere correlate con la sequenza di terzo ordine 2.3 (16,5-15,5 Ma) del ciclo TB2 di Haq et al. (1988) o con la sequenza compresa tra i limiti Bur 5/Lan 1 e Lang2/Ser1 (16,4-14,8 Ma) di Hardenbol et al. (1998).

Limiti di sequenza e superfici di trasgressione relativa

Le litofacies precedentemente descritte si ripetono alternandosi fittamente nell’intera successione, pur con diversa prevalenza relativa alle varie altezze stratigrafi- che. Il passaggio tra una litofacies e l’altra può essere localmente erosivo, netto o graduale, consentendo di interpretare tale passaggio, in relazione ai rapporti geo- metrici tra le litofacies, come l’espressione o di superfici di inconformità (limiti di sequenze deposizionali) o di superfici di trasgressione relativa (Fig. 9).

In generale i passaggi netti tra litofacies marnose, alla base, e i soprastanti corpi calcarenitici bioclastici sono stati interpretati come limiti di sequenze di vario ordine (Fig. 9a, b e 10); mentre la sovrapposizione diretta di marne, spesso bioturbate, su calcareniti bioclastiche, che suggerisce il passaggio brusco da facies relativamente meno profonde a quelle più profonde, è stata interpretata come l’espressione di superfici di trasgressione relativa (Fig. 9c, d e 11).

La formazione delle diverse superfici d’inconformità riconosciute nella successione riteniamo sia legata prin- cipalmente alla ciclicità eustatica, connessa alle oscilla- zioni climatiche del Cenozoico e, secondariamente, a fattori di natura tettonica. In tutta la successione esami- nata non sono state rinvenute litofacies o superfici da

Fig. 8 - Modello deposizionale della rampa car- bonatica del settore Laziale-Abruzzese durante il Miocene inferiore, con indicati i quattro prin- cipali ambienti deposizionali in cui è stata sud- divisa (da Brandano & Corda, 2002). Le sigle indicano le unità litostratigrafiche riconosciute con le tipiche associazioni biotiche (per ulterio- ri dettagli v. testo).

– Lower Miocene carbonate ramp depositional model of the Lazio-Abruzzi sector showing the main depositional environments. Acronyms indicate the lithostratigraphic units with the characteristic biota associations.

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mettere in relazione a momenti di temporanea emersio- ne; le inconformità riconosciute dovrebbero infatti regi- strare dei downward shift delle facies connessi, essen- zialmente, alle cadute relative del livello marino (vedi anche Spalletti et al., 2000). Risulta inoltre evidente, almeno per le sequenze ad alta frequenza, che le superfi- ci di inconformità che le delimitano possono avere diversa espressione fisica spostandosi lungo la rampa:

esse, infatti, sono caratterizzate da un limite netto e/o erosivo, nei settori sud-orientali della rampa e possono perdere ogni evidenza fisica, diventando superfici di conformità, nei settori nord-occidentali, quindi più spo- stati verso il bacino.

Le superfici di trasgressione relativa delimitano, al tetto e alla base, corpi sedimentari semplici (le citate sequenze S.C.U.) che possono corrispondere alle “para- sequenze” di Van Wagoner et al. (1990), la cui formazio-

ne sarebbe strettamente connessa con risalite relative dis- continue del livello marino, separate da altrettante fasi di sediment starvation. Queste fasi sarebbero marcate dal- l’intensa bioturbazione e, a luoghi, dalla presenza della glauconite, riscontrata nelle litofacies più marnose.

Organizzazione stratigrafica

L’organizzazione di questa successione può essere vista a differenti scale gerarchiche. In generale, le diver- se sequenze di terzo ordine mostrano un’evidente geome- tria a pinch-out in direzione S-SE (vedi pannello di cor- relazione nella Tav. 1 fuori testo) sui depositi più antichi di età variabile dal Paleogene al Cretacico. Infatti la por- zione basale dell’intera successione, datata circa 21 Ma, nel settore sud-orientale poggia su depositi di piattaforma del Cretacico superiore, direttamente oppure tramite pochi metri di pelagiti condensate (Cretacico-Paleo- gene); invece, nel settore nord-occidentale, essa si sovrappone in continuità, alle pelagiti di età Oligocene- Miocene inferiore. L’intera successione analizzata costi- tuisce, quindi, un cuneo sedimentario che sembra aprirsi verso i settori settentrionali e occidentali e si chiude verso quelli orientali e meridionali. L’insieme delle quat- tro sequenze di terzo ordine definirebbe così un ciclo tra- sgressivo-regressivo (sensu Jacquin & Vail, 1995) che si sviluppa durante una risalita relativa del livello marino in cui il sistema deposizionale di rampa ha una fase di aggradazione e retrogradazione (backstepping) tra 21 e 18,0 Ma (sequenze Guadagnolo 1 e 2 e parzialmente 3) e una fase di aggradazione e progradazione (forestepping) tra 18,0 e 15,0 Ma (sequenze Guadagnolo 3 e 4 e deposi- ti ancora più recenti riferibili al Langhiano).

All’interno delle sequenze di terzo ordine l’organizza- zione delle sequenze ad alta frequenza consente di rico- noscere i systems tract trasgressivi e di stazionamento alto i quali mostrano, sulla stessa verticale, variazioni di spessore connesse alla generale tendenza di aggradazio- ne-retrogradazione e aggradazione-progradazione rico- nosciuta sul ciclo di ordine minore.

Sulla base dello stacking pattern delle parasequenze, anche all’interno delle sequenze di quarto ordine è possi- bile riconoscere depositi riferibili ai systems tract tra- sgressivi e di stazionamento alto.

Descrizione delle sequenze

Qui di seguito viene data una breve descrizione delle sequenze di terzo ordine riconosciute nella porzione investigata della Formazione di Guadagnolo.

Sequenza Guadagnolo 1

Questa sequenza si sviluppa nell’intervallo compreso tra 21,0 e 19,8 Ma. È presente nelle sezioni più setten- trionali (8, 10, 11 e 12) con uno spessore compreso tra 88 m e circa 140 m, mentre nella zona di Rocca di Cave (sezioni 1, 2, 3) esso si riduce fortemente a meno di 10 m. L’intera sequenza è costituita prevalentemente da litofacies marnose e marnoso-calcaree con subordinate

Fig. 9 - Colle Casaletti, sezione 8. a, b: espressione fisica di limiti di sequenze deposizionali di terzo ordine. I limiti sono evidenziati dal netto contrasto tra le facies calcarenitiche (sovrastanti) e quelle marno- se bioturbate sottostanti che appartengono alla sequenza deposizionale precedente; c: espressione fisica delle superfici di trasgressione relati- va al tetto e alla base di unità deposizionali interpretabili come parase- quenze; d: particolare di una delle superfici che mostra il contatto tra le calcareniti e le marne bioturbate immediatamente sovrastanti.

– Colle Casaletti, section 8. a, b: Physical expression of third order depositional sequence boundaries. These are marked by the sharp facies contrast between the overlying calcarenites and the underlying bioturbated marls. c: Physical expression of the transgressive or minor flooding surfaces bounding depositional units interpreted as parase- quences.; d: close-up showing a detail of a transgressive surface with above the intensively bioturbated marls.

Riferimenti

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