• Non ci sono risultati.

Brevi osservazioni sulla chirurgia estetica: dal tipo di obbligazione assunta dal sanitario, all’ampiezza dell’informazione da fornire al paziente. - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Brevi osservazioni sulla chirurgia estetica: dal tipo di obbligazione assunta dal sanitario, all’ampiezza dell’informazione da fornire al paziente. - Judicium"

Copied!
20
0
0

Testo completo

(1)

1

R

ENATO

R

OLLI E

N

ICOLA

P

OSTERARO1

Brevi osservazioni sulla chirurgia estetica:

dal tipo di obbligazione assunta dal sanitario, all’ampiezza dell’informazione da fornire al paziente.

Sommario: 1.Premessa; 2.Tra mezzi e risultato. Superamento d’una prospettiva riduttiva;

2.1.Le prospettive attuali; 3.Dovere di maggiore informazione per il chirurgo estetico?; 3.1;

La soluzione al problema.

1. Premessa.

La chirurgia estetica e il diritto hanno spesso avuto problemi di relazione.

Sin da principio s’è cercato di capire come tale pratica potesse essere giuridicamente legittimata, posta la sua non chiara riconducibilità agli interventi di chirurgia cd. ordinaria; e la si è riconosciuta come terapeuticamente orientata solo quando si è stabilito che essa, al pari delle altre, assicura il benessere della persona. Questo tipo di intervento è evidentemente legittimato perché (rectius, quando) orientato ad aiutare il paziente nella cura del suo disagio psicologico; quindi, nella tutela concreta della salute costituzionalmente tutelata ex art. 32 Cost

2

.

Ad ogni modo, due, oltre a quella della legittimazione, sono state le tematiche maggiormente affrontate dagli studiosi e dai giudici a proposito della chirurgia estetica; esse si possono sinteticamente ridurre ai seguenti quesiti:

1) posto che, l’obbligazione assunta dal chirurgo ordinario è di mezzi o di comportamento, che tipo di contenuto -diverso- assume, invece, nell’ottica della differenziazione, la responsabilità del chirurgo estetico?

2) il consenso informato del paziente, quale condizione per la liceità dell’intervento sotto il profilo penale, civile e disciplinare dell’accertamento e del trattamento sanitario in generale, per il chirurgo estetico deve forse avere un contenuto più ampio e responsabilizzante in ragione di una informazione più approfondita e di un giudizio più rigoroso nella valutazione sulla opportunità dell’intervento stesso?

1Nonostante il presente lavoro sia frutto della collaborazione dei due autori, Renato Rolli è responsabile dei §§ 3 e 3.1; Nicola Posteraro dei §§ 2 e 2.1. La premessa, invece, è da attribuire a entrambi nella sua integrità.

2 Sia consentito rimandare, per l’analisi di questa tematica, a ROLLI-POSTERARO, Salute e chirurgia estetica: dialogo col diritto. Legittimazione e sua terapeuticità, in judicium.it, 2013.

(2)

2

Le due questioni sono strettamente correlate alla problematica della legittimazione

3

; ed hanno preso le mosse, in realtà, dal concetto di (esasperata) autonomia salutare del singolo paziente: essa, soprattutto oggi, incide negativamente su tali problematiche; e, sebbene debba ormai dirsi essere stata pacificamente superata la vecchia “summa divisio”

4

tra interventi cd. ordinari ed interventi straordinari perché estetici, riesce spesso a condizionare pesantemente la riproposizione di siffatti quesiti.

2. Tra mezzi e risultato. superamento d’una prospettiva riduttiva.

“Questa configurazione autonoma della responsabilità del chirurgo estetico mi ricorda l’armatura di Agilulfo, il cavaliere inesistente di Calvino, che sorprese Carlomagno perché non conteneva proprio nulla, era completamente vuota: Agilulfo era quindi un cavaliere inesistente, però, la sua armatura, ciononostante, parlava, per cui in un certo qual modo esisteva. Così questa figura di responsabilità specifica è sempre più vuota di contenuti e si può dire che esista solo in quanto continua ancora a far parlare di sé”5.

Quella del contenuto della prestazione del chirurgo estetico s’è palesata, da sempre come una “vexata quaestio”

6

: varie, infatti, sono state le

“divergenze radicali”

7

sviluppatesi, nel tempo, relativamente a questo cavilloso ambito d’analisi

8

.

3 “L’attività del chirurgo estetico nella giurisprudenza ha subito una doppia distinzione: la prima, sul piano professionale distinguendo l’attività chirurgica estetica da quella usualmente clinica, la seconda, operando una netta distinzione sul tipo di obbligazione contrattuale e sui criteri di imputazione della responsabilità”,così SAGNA, Il patto speciale di garanzia del chirurgo estetico: suddivisione delle obbligazioni tra quelle di mezzi e quelle di risultato quale metodo anacronistico di valutazione della professione medica? , in Nuovo dir., 2006,pag. 411.

4 Così la definisce SAGNA, op. cit., pag. 414.

5 BILANCETTI, La responsabilità del chirurgo estetico, in Riv. it. Med. Leg., 1997, pag. 529.

6 Così la definisce FRESA, La colpa professionale in ambito sanitario, Torino, 2008, pag.

534.

7 Così MERLI-MARINELLI, Quale tipo di obbligazione nella chirurgia plastica? Giustizia Penale, XI, 1, 1988, pag. 534.

8La cd. bipartizione delle obbligazioni, proposta dalla dottrina giuridica tedesca agli inizi del secolo e successivamente ripresa negli anni trenta da quella francese, è stata in parte recepita anche dalla giurisprudenza italiana, seppure non univocamente assunta in campo dottrinario. Tale impostazione concettuale si ricollega ad una interpretazione del secondo comma dell’art. 1176 c.c., ove si stabilisce che “la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. A tale riguardo si sono individuate, a seconda dei diversi campi di attività e del peculiare oggetto delle varie prestazioni professionali, due diverse categorie di obbligazioni, tali da definire due differenti profili di responsabilità in ambito civile: da un lato, le obbligazioni di risultato, dall’altro le obbligazioni di mezzi. Dal diverso tipo di obbligazione assunta discende una diversa configurazione dell’onere probatorio in sede di accertamento di eventuali responsabilità. Infatti, ove operi una obbligazione di risultato al debitore sarà fatto carico di dimostrare la mancata o inesatta esecuzione dell’opera pattuita, incombendo al prestatore d’opera la dimostrazione della impossibilità della prestazione medesima per caso fortuito a lui non imputabile, secondo

(3)

3

Si trattava di una questione largamente dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza: per il professionista medico chirurgo estetico veniva teorizzato un obbligo non soltanto di cura, ma anche di vero e proprio risultato

9

-

10

.

Si riteneva che il paziente si rivolgesse al sanitario con il solo scopo di far sì che lo stesso, preso atto del cambiamento voluto/desiderato dal malato, andasse ad incidere sul suo status per esaudire pienamente la sua capricciosa richiesta; e che, quindi,in tal modo, le parti del contatto negoziassero non una classica obbligazione di mezzi (tipica di ogni rapporto terapeutico), bensì una cd. obbligazione di risultato

11

.

quanto previsto dall’articolo 1218 c.c.; nel caso di obbligazione di mezzi o di comportamento, dovrà provare, invece, la sussistenza di un danno, di un comportamento colposo del professionista, nonché la sussistenza di un rapporto di causalità tra comportamento e danno ingiusto subito. (per un approfondimento sul tema, si rimanda a DURANTE, La responsabilità del professionista, Milano, 1970; CARTA, La responsabilità del medico, Roma, 1967; CATTANEO, La responsabilità del professionista, Milano, 1958;

D’AMELIO, Responsabilità e colpa del libero esercente la professione del medico chirurgo, in Resp. Civ. Prev., 35, 363, 1970; RESCIGNO, Fondamenti e problemi della responsabilità medica, in La responsabilità medica, Milano, 1982).

9 Il termine medicina è usato, qui, in modo atecnico: la medicina estetica, infatti, è cosa ben diversa dalla chirurgia estetica in senso stretto, di cui ci stiamo occupando.La prima ha specificamente come finalità il benessere psicofisico dell’individuo nella sua globalità e, in collaborazione multidisciplinare, si prefigge di eliminare gli inestetismi, nonché di promuovere una ricostruzione armonica dell’individuo mediante la prevenzione (alimentare, fisica, psicologica) e la correzione (con cure fisiochinesiterapiche, termali, cosmetiche); la seconda interviene “direttamente sul fisico del paziente per rimodellare alcune parti del corpo, sia per migliorare tratti fisici, sia per nascondere i peggioramenti dovuti al trascorrere inesorabile del tempo”,così FRESA, op. cit., pag. 532.

10 Diciamo “si trattava” perché oggi, come vedremo, la problematica sembrerebbe essere stata largamente superata; a parte questo, però, è opportuno precisarlo, rimangono ancora dei sostenitori della teoria del risultato, soprattutto sulla base della nuova accezione di medicina dei desideri. Si veda, comunque, in questo senso, anche un opinione relativamente recente di PARADISO,La responsabilità medica: dal torto al contratto, in Riv. dir. civ., III, 2001, pag. 335:“se ordinariamente oggetto dell’attività medica è la cura diligente, da cui esula la guarigione come esito dovuto, sono sempre più numerose le ipotesi in cui nel contratto viene schiettamente dedotto un risultato, il cui mancato conseguimento comportainadempimento e, se del caso, responsabilità. Basti pensare alle protesi dentarie, alla chirurgia estetica e ricostruttiva, alle stesse analisi cliniche. Qui, l’interesse dedotto in contratto è il conseguimento di un certo risultato, e di un certo risultato utile, non certo l’interesse a una mera attività diligente e tanto meno il solo interesse a non subire danni ingiusti”. Sul tema, ZATTI, Il corpo e la nebulosa dell’appartenenza, in Nuova Giur. Civ.

Comm., 2007, pgg. 12 e ss.; CALABRÒ-HELZEL, Il sistema dei diritti e dei doveri, Torino, 2007.

11La distinzione tra obbligazioni di mezzo e obbligazioni di risultato è di origine francese e appartiene a DEMOGUE, Traitè des obligations en general, V, Paris, 1928, in cui si rinviene la netta partizione tra obligation de moyen e obligation de résultat. Le critiche della dottrina, a questo proposito, si rinvengono ex pluribus in BIANCA, Dell’inadempimento delle obbligazioni, in SCIALOJA-BRANCA,Commentario, Bologna-Roma, 1967, pgg. 30 e ss. Per un riferimento alla dottrina più risalente, si veda GALGANO, Contratto e

(4)

4

Ciò voleva dire che il medico, laddove non avesse soddisfatto pienamente il desiderio del suo paziente, pur ammesso fosse stato capace di lavorare ottimamente seguendo tutte le leges artis previste, nel caso concreto, dalla letteratura scientifica di riferimento, sarebbe stato -a prescindere dal resto- giudicato come personalmente responsabile per il mancato conseguimento del risultato estetico finale sperato dall’operato

12

.

Un naso rifatto, in quest’ottica, si sarebbe mostrato largamente opinabile dall’interessato scontento anche quando semplicemente non corrispondente al concetto di ottimo rifacimento da lui voluto/atteso/desiderato

13

.

Secondo quest’idea interpretativa

14

, il medico chirurgo estetico non sarebbe stato vincolato soltanto alla diligente osservanza del comportamento pattuito, ma sarebbe stato fortemente condizionato, nelle valutazioni finali, anche (e soprattutto)dall’effettivo soddisfacimento dell’interesse del paziente ambizioso; interesse, questo, che si sarebbe assunto, in quest’ottica, come “contenuto essenziale e irriducibile della prestazione sanitaria

15

”.

responsabilità contrattuale nell'attività sanitaria, in Riv. trim. dir. proc. civ. , 1984;

MENGONI, Obbligazioni di "risultato" e obbligazioni di "mezzo", in Riv. dir. comm., 1954, I, p. 185.

12“Il medico, cioè, era tenuto a conseguire il miglioramento prospettato al paziente mentre, nel caso in cui non fosse riuscito a perseguire tale obiettivo, veniva reputato responsabile”, così CAMAIONI, La responsabilità del chirurgo estetico, in Dir. e lav., 2005, fasc.2, pag.

176.

13Nel contratto di prestazione d’opera intellettuale, il dovere di informazione gravante sul professionista, la cui violazione è fonte di responsabilità contrattuale e del conseguente obbligo di risarcimento del danno commisurato all’interesse cosiddetto positivo, investe non solo le potenziali cause d’invalidità o d’inefficacia della prestazione professionale ma anche le ragioni che questa rendono utile, in rapporto al risultato (ancorché non espressamente dedotto in contratto) sperato dal cliente, o addirittura dannosa. In particolare, nel rapporto tra paziente e chirurgo praticante la chirurgia estetica, detto dovere non è limitato, come nel rapporto tra cliente e terapeuta in genere (chirurgo o medico che sia) alla prospettazione dei possibili rischi del trattamento suggerito (in quanto tale da porre in pericolo la vita o l’incolumità fisica del paziente), ma concerne anche la conseguibilità o meno, attraverso un determinato intervento, del miglioramento estetico perseguito dal cliente in relazione alle esigenze della sua vita professionale e di relazione (Cfr. Cass. Civ., sez. II, sent. n. 4394/1985).

14La giurisprudenza meno recente fa riferimento ad una sentenza della Cassazione francese del 1920 (in Dalloz, 1924, I pag. 103; l’intervento consisteva nella eliminazione di peli e di altre imperfezioni dal viso di una donna) ribadita dal tribunale della Senna nel 1929 e con cui si stabiliva che il medico, laddove avesse intrapreso una operazione chirurgica estetica rischiosa ed avesse provocato dei danni, dovesse rispondere, a prescindere da tutto, dell’esito negativo (“le fait meme d’avoir entrepris une opération comportant desrisques d’une réellegravitésur un membresaindans le seulbut d’en corriger la ligneer sans que cette intervention soit imposée par une necessité thérapeutiqu econsitué à lui seul une faute de nature à entrainer la responsabilité cu chirurgien”).

15 Cfr. SAGNA, op. cit., pag. 411.

(5)

5

V’erano alcune convinzioni di base che, prese a supporto del ragionamento, avallavano l’idea d’una prestazione di tal tipo.

Si affermava che le richieste specifiche avanzate dal curato operato diventavano aspetti così assolutamente peculiari e fondamentali del rapporto di cura, da entrarne a far parte pienamente; esse non rimanevano, cioè -come nelle normali operazioni di chirurgia ordinaria invece accadeva-, relegate ad un mero momento esterno a quello specificamente prestazionale. Il paziente, scegliendo la linea del naso, ovvero la precisa altezza dei nuovi zigomi, poneva le sue decisioni e le sue pretese a base dell’operato del medico

16

. Si sosteneva, inoltre, che, operando il medico in questi casi su di un sostrato biologico normale, mai avrebbe potuto incontrare problemi nel mentre dell’operazione estetica: il corpo del malato, infatti, assolutamente sano e non alterato ex ante da patologie fisiche capaci di manifestarsi in modo ambiguo o equivoco tanto in una fase diagnostica, quanto nel mentre dell’operazione, difficilmente avrebbe potuto indurre in errore -anche incolpevole- il sanitario

17

. Si riteneva che il non raggiungimento finale potesse eventualmente derivare solo da uno scarso impegno del medico, piuttosto che da avvenimenti a lui non imputabili, o da lui difficilmente prevedibili come possibili. Non v’era, a monte, cioè, possibilità di complicazione alcuna; né v’era la possibilità di verificazione di casi fortuiti (ovvero di avvenimenti dovuti a cause di forza maggiore) sulla base dei quali poter giustificare l’eventuale mancato raggiungimento del risultato finale atteso dall’interessato

18

.

Si considerava, in ultimo, che il poter configurare a tutti costi la obbligazione come di risultato si sarebbe posto quale utile deterrente, quale valida conseguenza punitiva (“ma pur sempre legittima”

19

) nei confronti dei comportamenti scorretti dei sanitari che inducevano i propri pazienti a

16In altre parole, egli avrebbe dovuto soddisfare il risultato richiesto dal paziente, seguendo senza dubbio tutte le sue indicazioni personali soggettive nel mentre dell’esecuzione in senso stretto. È una teoria, questa, che riprende molto le problematiche correlate alla cd.

medicina dei desideri e al ruolo del sanitario cd. mero esecutore (per un approfondimento di questi temi si rimanda a HELZEL, La nozione di responsabilità baricentro tra etica, diritto e politica, in CALABRÒ (a cura di), La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Milano, 2011; ID., La valorizzazione-mercificazione del corpo tra etica ed economia, in L’etica del mercato, SEPULVEDA (a cura di), Milano, 2011.

17 Cfr. BUZZI, Sulla valutazione della responsabilità professionale nell’ambito dell’esercizio della chirurgia estetica, in Riv. it. Med. Leg., 1981, pag. 962.

18“[…] Nella chirurgia estetica è il paziente a decidere per un determinato effetto, mentre in chirurgia generale, come nelle altre attività mediche, il risultato, che pur genericamenteimplica l’aspirazione a guarire non può essere assicurato, per l’interferenza di variabili. Queste, quanto più sono numerose, tanto meno consentono un’affidabile prevedibilità dell’intervento”, così ROMANO, Moderni aspetto medico-legali in chirurgia estetica, in Riv. It. Chir. Plastica, 1, 1986.

19 Cfr. BARALE, La responsabilità del chirurgo estetico, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2005, 4, pag.1364.

(6)

6

sottoporsi a trattamenti non necessari solo per un mero interesse economico, senza ammonirli prima riguardo al possibile non raggiungimento finale di soddisfacenti risultati sperati (e richiesti) ovvero rispetto alla inutilità medica dell’intervento stesso

20

-

21

.

Il professionista veniva ad essere considerato, quindi, come il garante di una realizzazione piena di scopi perseguiti dal malato

22

, la cui aspettativa principale non era la semplice (tradizionale) guarigione da malattia; ma combaciava con l’esito indiscutibilmente positivo dell’operazione chirurgica

23

. Egli, perciò, non agiva in considerazione del “fine socialmente apprezzabile della guarigione del paziente […] ma rispondeva contrattualmente del raggiungimento del risultato consistente nel miglioramento morfologico promesso”

24

.

20Il caso esemplificativo era quello del chirurgo che mostrava fotografie di perfezione e auspicava un raggiungimento di quei certi perfetti risultati fisici rappresentati nell’immagine pur ritenendoli, in realtà, difficilmente conseguibili. Un comportamento scorretto sottolineato dalla giurisprudenza (e ripreso da molti autori in dottrina) è quello risalente alla decisione presa dal Tribunale romano (Trib. Roma, 5 Ottobre 1996, inArch.

Civ., 1997, pag. 1122, con nota di FAVINO, L’obbligazione di risultato del chirurgo estetico)che condannava una società specializzata nell’impianto di capelli artificiali per aver predisposto dei moduli di adesione ai trattamenti medici di contenuto volutamente confuso e contraddittorio, assicurando un risultato assolutamente non conseguibile solo per indurre il paziente a scegliere l’operazione e guadagnare, economicamente, dalla sua debolezza e scelta viziata.

21 Questo tipo di idea veniva spesso utilizzata dalle pretese attoree in sede di contenzioso (vd. per tutti, Trib. Trieste,14 aprile 1994, in Resp. Civ. e prev., 1994, pag. 768 con nota di F. e C. PONTONIO, La responsabilità del chirurgo estetico: obbligazione di mezzi o di risultato?).

22“Nella chirurgia estetica vige il principio per cui il medico si obbliga non ad avvalersi delle migliori tecniche, ma ad assicurare il buon risultato della prestazione”, così ROMANO, op.cit.

23 In questo senso si veda BUZZI, Sulla valutazione della responsabilità professionale nell’ambito dell’esercizio della chirurgia estetica, in Riv. It. Med. Leg., 1981, pag. 967, il quale ricollega tale più rigido criterio di valutazione della responsabilità del chirurgo estetico all’assenza, nel settore di cui trattasi, degli speciali presupposti che soli giustificano un altrettanto speciale applicazione di criteri valutativi giuridici, giurisprudenziali e medico-legali in tema di responsabilità, propri invece dell’attività medica in generale.

24

Cfr. G

UALDI

,

Orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in tema di responsabilità del chirurgo plastico, in DONATI-FARNETI-GUALDI-MANGILI-PAJARDI-PENNASILICO-POZZATO, Chirurgia plastica ricostruttiva. Aspetti etici, giuridici, medico-legali, Milano, 1988, pag.

23. In questo senso, l’onere della prova della non colpevolezza gravava sul sanitario, con un evidente “inversione del principio generale operante nelle obbligazioni di mezzi, dove è il paziente, eventualmente insoddisfatto della prestazione professionale ricevuta, a dover dimostrare che il medico è in colpa”.(cfr.

C

AMAIONI

,

op. cit.,pag. 177). “La distinzione tra obbligazione di mezzi o di comportamento e obbligazione di risultato, comporta notevoli differenze sotto il profilo della responsabilità civile in ordine più all’onere della prova che al criterio dell’individuazione della colpa professionale; la differenza non è però di poco conto. La differenza è che sarà il medico a dover dimostrare che la sua condotta è esente da censure per il mancato conseguimento del risultato perseguito. Il chirurgo estetico si

(7)

7

Si voleva quasi equiparare il rapporto tra medico estetico e paziente malato ad una obbligazione di dare/consegnare

25

; e si voleva attribuire evidente rilevante importanza al soggettivo risultato teleologico perseguito dal paziente (pur se, negli altri casi della medicina, esso venivaconsiderato elemento assolutamente estraneo alla prestazione irrilevante ai fini dell’esatto adempimento dell’obbligazione assunta

26

).

2.1 Le prospettive attuali.

Oggi, sulla base dei vari cambiamenti socio-culturali che hanno interessato le interpretazioni in tema di chirurgia e salute

27

, si ritiene che la chirurgia estetica debba essere considerata alla stregua di un qualsiasi altro tipo di intervento medico-chirurgico ordinario, essendo in tal senso assolutamente ravvisabile, anche nel caso di un intervento meramente estetico, la nascita di un’obbligazione di mezzi, piuttosto che di una di risultato.

Gli studiosi della medicina legale hanno considerato inammissibile, scientificamente, l’applicazione del regime dell’obbligazione di risultato a qualsivoglia intervento di chirurgia estetica, in quanto “vi sono oggettive e inconfutabili argomentazioni di carattere tecnico-biologico che autorizzano a ritenere improponibile”

28

la classificazione della fattispecie in esame tra quel tipo di riduttive obbligazioni.

E pure la dottrina maggioritaria, basandosi su queste loro specifiche osservazioni, s’è convinta della fallacia di alcuni di quegli assunti suddetti che, quanti favorevoli alla rilevanza del risultato finale, da sempre avevano posto a base del proprio ragionamento.

C’è ancora qualcuno che, tra i giudici e gli accademici, stenta ad equiparare l’obbligazione assunta dal chirurgo estetico a quella del chirurgo ordinario.

trova, cioè, in una posizione deteriore, quantomeno sul piano probatorio, rispetto al medico-chirurgo ordinario, perché in caso di risultato non soddisfacente si presumerebbe la sua colpa”.(Così BILANCETTTI, La responsabilità del chirurgo estetico, op. cit., pag.

514).

25 Cfr. in questo senso PONTONIO, La responsabilità del chirurgo estetico: obbligazioni di mezzi o di risultato? In Resp. Civ. e prev., 1994, pag. 774, in cui si rimanda a GUALDI, Orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in tema di responsabilità del chirurgo plastico, in DONATI-FARNETI-GUALDI-MANGILI-PAJARDI-PENNASILICO-POZZATO, op. cit., pag. 23.

26 Pervengono alla medesima conclusione, dopo un’attenta analisi del contratto d’opera intellettuale, anche G. e E. MORSILLO, La responsabilità civile e penale degli operatori sanitari, Milano, 1990, pag. 138; per altri riferimenti non troppo recenti, si veda DE LUCA, L’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale in tema di responsabilità professionale nella chirurgia estetica, in FINESCHI (a cura di), La responsabilità medica in ambito civile.

Attualità e prospettive, Milano, 1989, pgg. 514 e ss.

27 Sia consentito rimandare, per un approfondimento, a ROLLI-POSTERARO, Salute e chirurgia estetica …, op. cit.; POSTERARO, Evoluzione del diritto alla salute tra tecnologia, spersonalizzazione e crisi valoriale, in Dike kai nomos, anno n. 4, Aprile-Settembre 2013, pgg. 115-142.

28 Cfr. RONCHI, Né obbligo di risultato né dovere di più ampia informazione al paziente da parte del chirurgo estetico, in Resp. Civ. Prev., 1998, pag. 851.

(8)

8

E, a dire il vero, ciò succede proprio a causa della troppa rilevanza che nella quotidianità viene data all’autonomia del soggetto paziente ed alla sua decisione in tema di operazione/trattamento/esito finale

29

: qui fa capolino la concezione evidentemente errata dell’atto medico estetico come momento applicativo d’un desiderio intimo che, sulla base del progresso scientifico, il paziente desideroso sembrerebbe potere ad ogni costo pretendere.

In realtà, però, vi sono obiettive motivazioni di fondo che, se attentamente analizzate, aiutano a propendere per l’eliminazione di questa superflua -e inutilmente “punitiva”- differenza valutativa tra interventi.

Innanzitutto, ogni attività medica, in qualsiasi campo esplicata, non può garantire esiti certi o assolutamente prevedibili: è proprio la sua peculiare natura che ne impedisce la certa finale prevedibilità

30

.

Il chirurgo estetico, infatti, si imbatte anch’egli in “connotazioni fisiologiche personali da interpretare”

31

, ovvero in tessuti cutanei non sempre rispondenti alle teoriche classificazioni e pregresse situazioni patologiche del paziente da operare atte a differenziare la species di quell’intervento preciso dal genus entro cui si dovrebbe, in astratto, invece, far rientrare

32

; ed anche a lui capita spesso, di dover fronteggiare reazioni dell’organismo che sono differenti tra i vari pazienti

33

. Ben potrebbe, quindi, anch’egli incontrare difficoltà specifiche che, pur in accordo con un’operazione perfetta da un punto di vista tecnico, difficilmente gli consentirebbero comunque di raggiungere il risultato finale così per come voluto (previsto) dal malato

34

.

29Per l’analisi i quest’aspetto, sia consentito rimandare a POSTERARO, L’importanza del consenso informato: problemi etico.giuridici di estremizzazione, in giustamm.it, 2013.

30“Se il malato di tumore muore, o se una cicatrice cheloide del tutto imprevedibilmente si manifesta dopo un intervento di mastoplastica, non per questo si deve concludere che la prestazione medica è stata effettuata in modo non diligente”. Così RICCI-MIGLINO-DE NIGRIS-MAIORANI, La responsabilità professionale nelle prestazioni di medicina estetica, Difesa Soc. – vol. LXXXI, n. 3, 2002, pag. 130.

31 Cfr. FRESA, op. cit., pag. 533.

32“Ogni intervento giuridico, è notorio, comporta degli inevitabili rischi che non si possono in assoluto scongiurare completamente”. Così BILANCETTI, La responsabilità del chirurgo estetico…, op. cit., pag. 511.

33 Cfr. MERLI-MARINELLI,Quale tipo di obbligazione nella chirurgia plastica?, in Giustizia Penale, XI, 1, 534, 1988, pag. 538: “A noi pare incontestabile il fatto che ogni attività medica, in qualunque campo esplicata, non possa garantire, per sua peculiare natura, esiti certi o assolutamente prevedibili, in quanto pur sempre operante su un organismo vivente, sano o malato che sia, con caratteristiche e reazioni biologiche individuali non sempre prefigurabili, anche in base alla più ampia esperienza”.

34 Vi sono alcuni autori che sono addirittura arrivati a redigere un elenco di variabili suscettibili di incidere sulla consistenza delle cicatrici negli interventi di chirurgia estetica, per provare l’impossibile prevedibilità e certezza dell’intervento. Variabili, queste, spesso non attese perché concernenti molteplici caratteristiche dei singoli individui, e solitamente non prese in considerazione per l’esecuzione di un semplice intervento di chirurgia estetica, ma comunque verificabili.Cfr., per esempio, AGOSTINELLI-RICCIO-CARLI-BERTANI, La

(9)

9

D’altronde, è un dato d’esperienza comune quello che consente di affermare che da un intervento chirurgico perfettamente eseguito possono comunque derivare dei risultati estetici del tutto insoddisfacenti per vari altri fattori insiti nella persona operata, ovvero per comportamenti sbagliati della stessa persona interessata che, sottopostasi ad intervento, vada poi seguendo erratamente il decorso post-operatorio senza attenersi alle cautele del caso.

Risulterebbe difficile, allora, sulla base di queste osservazioni, “richiedere sempre e comunque un’obbligazione di risultato, quando questo sia condizionato, non solo dall’azione esperta, prudente e diligente dell’operatore, che comunque deve essere puntuale, ma altresì da fenomeni che per loro stessa natura sfuggono alle possibilità di intervento proprie del chirurgo”

35

.

Riguardo alle richieste del soggetto paziente, poi, occorre considerare che esse, da sole, non valgono a modificare la natura del rapporto obbligatorio:

pur indirizzando l’operato del sanitario, infatti, rimangono esterne all’atteggiarsi concreto del momento esecutivo e possono solo orientare, ma non guidare, la mano chirurgica; quest’ultima, per definizione, dovrà attenersi a leggi scientifiche e indicazioni ben più preminenti rispetto a quelle meramente voluttuarie del soggetto operato. Esse, allora, saranno necessarie (soprattutto nell’ottica della legittimazione) nel momento iniziale della condotta, ma non potranno involgere anche l’attimo strettamente esecutivo, ovvero quello finale dell’esito da considerare. Potranno condizionarlo, infatti (rectius potranno essere prese in considerazione) soltanto nel caso in cui, esplicitate, siano state espressamente avallate dal sanitario nel momento antecedente a quello esecutivo, dunque poste a base dell’obbligazione stessa e rese oggetto di prestazione. Nel caso contrario, si dovranno ritenere utili e fondamentali in tema di rischio consentito entro cui muoversi, ma non qualificanti in tema di valutazione finale di responsabilità.

Quanto alla relazione esistente tra obbligazioni di risultato e punibilità del sanitario economicamente rivolto a frodare il paziente, bisogna precisare che questo è in genere un problema che attiene al momento informativo del processo curativo; e che il comportamento scorretto, di per se stesso, non rimarrebbe comunque impunito, anche laddove l’obbligazione fosse di mezzi: l’aver taciuto volontariamente per profitto una certa specifica situazione d’eventuale insuccesso (e l’aver volontariamente promesso altro rispetto a quanto possibilmente raggiungibile) comporterebbe comunque il

cicatrice in chirurgia estetica. Aspetti biologici, clinici e medico-legali, in Riv. It. Med.

Leg. XII, 1990.

35 RICCI-MILIGNO-DE NIGRIS- MAIORANI, La responsabilità professionale nelle prestazioni di medicina estetica, in Difesa Soc. – vol. LXXXI, n. 3, 2002,pag.123.

(10)

10

sorgere di una responsabilità personale in capo al sanitario

36

: si verrebbe a discutere, infatti, d’un consenso (quindi d’una volontà dell’assistito) a monte viziato perché basato su di una voluta pregressa scorrettezza comportamentale della controparte contrattuale. Non ci sarebbe bisogno di mutare i caratteri d’una intera obbligazione per coprirne eventuali effetti negativi.

In ultimo, se questa prospettiva fosse ancora accettata, la responsabilità del sanitario risulterebbe essere davvero -ingiustificatamente- illimitata, sconfinata e indefinita: in prima istanza verrebbe a configurarsi come un tipo di responsabilità oggettiva (ovvero paraoggettiva)

37

e, in secondo luogo, strettamente correlata alla soggettività del paziente, piuttosto che all’oggettività del tecnicismo operatorio in quanto tale

38

.

In altri termini, a prescindere da eventuali danni fisico.estetici e da prospettazioni eventualmente assunte a contenuto dell’obbligazione contratta, il paziente potrebbe sempre lamentare la propria scontentezza rispetto all’esito finale, con ciò assoggettando il medico-chirurgo ad un tipo

36 Individuare nell’obbligazione assunta dal chirurgo estetico un’obbligazione di mezzi non significa sollevarlo senz’altro da ogni responsabilità per il mancato raggiungimento del risultato sperato dal paziente: la giurisprudenza insegna che è possibile soddisfare le pretese dei clienti insoddisfatti, vuoi con il ricorso alla violazione dei doveri informativi (Cass., n.

9705/1997), vuoi richiamando un errore di diagnosi e nella decisione di procedere ad un certo tipo di intervento (Trib. Trieste, 1994, cit.).

37 In altri termini, verrebbe a configurarsi un tipo di cd. responsabilità oggettiva, dove l’evento veniva addebitato al medico per il sol fatto d’essere intervenuto, chirurgicamente, sul paziente insoddisfatto. “Il criterio fondato sulla obbligazione di risultato risulta altresì difficilmente accettabile sotto l’aspetto giuridico ove si consideri che esso viene a tradursi, di fatto, in una sorta di responsabilità oggettiva”.Così, MERLI-MARINELLI, op. cit., pag.

538. A questo proposito vedi pure MANGILI-GAFFURI,Sulla responsabilità professionale nelle prestazioni chirurgiche a finalità estetica, in Arch. Med. Leg. E ass., 1979e TRIMARCHI, Rischio e responsabilità oggettiva, Milano, 1961. Non si dimentichi che, proprio con l’intento di superare quest’impasse, la stessa Corte era arrivata a voler superare il problema di tale tipo di responsabilità auspicando il riconoscimento di una cd.

responsabilità paraoggettiva della chirurgia estetica (Cfr. Cass. Sent. n. 9471/2004). Ma

“seppur la giurisprudenza dogmaticamente rifugge dall’identificazione dell’obbligazione del medico chirurgo nell’ambito degli obblighi di risultato, in realtà, l’utilizzo della regola res ipsa loquitur o della paraoggettivazione porta al medesimo risultato pratico sul piano dell’onere probatorio che al medico, in sede giudiziale, offre veramente poco scampo: la diligenza deve essere valutata come criterio oggettivo e generale e, quindi, come parametro di imputazione del mancato adempimento e criterio di determinazione del contenuto dell’obbligazione”.Così SAGNA, op. cit., pag. 418.

38 Non è specificato da nessuna parte, infatti, se nella valutazione finale così operata ci si debba riferire al parametro della riuscita tecnica dell’operazione, ovvero se invece valga, come criterio di giudizio, il risultato estetico tout court nel suo vissuto soggettivo. Vista la evidente rilevanza attribuita alla volontà del soggetto paziente, al suo interesse ed alla sua agognata modifica, parrebbe doversi intendere come operante il metro della valutazione soggettiva, basata sull’idea di risultato che ciascuno, nel momento della propria specificazione mentale, opera singolarmente quando decida d’intervenire sul proprio corpo.

(11)

11

di valutazione “individuale” davvero troppo labile ed eccessivamente personale

39

.

Sulla base di tutte queste considerazioni, quindi, e specificando ancora una volta che si tratta di un trattamento medico.chirurgico non sostanzialmente differenziabile da qualsiasi altro intervento medico, “non si vede ragione fondata in base a cui caricare sul chirurgo estetico l’esclusiva di ogni rischio inerente all’esito dell’intervento”

40

.

Sembrerebbe che la dottrina e la giurisprudenza, in tale definizione, si siano fatte influenzare “da una concezione di medicina onnipotente, che è del tutto lontana dalla realtà: una medicina che, pur nei suoi innegabili progressi, deve invece fare i conti con le leggi della biologia e con i propri limiti scientifici e tecnici, e quindi con l’aleatorietà insuperabile di molte vicende morbose e della loro suscettibilità, positiva o negativa, di fronte alle cure”

41

.

In questo senso, quindi, l’eliminazione radicale della disparità di trattamento tra il medico in generale ed il chirurgo estetico sembra sia “assolutamente opportuna e corretta, poiché […] non solo non trova fondamento in alcun dato normativo, ma è anche sconsigliata da ragionevoli considerazioni tecniche di ordine medico-legale”

42

.

Superata, dopotutto, la problematica della differenziazione di tale pratica chirurgica dal resto delle altre classiche operazioni mediche di terapia salutare, è normale debba ritenersi superata pure la problematica inerente il tipo di obbligazione tramite essa contratta, ché altrimenti sarebbe

39A questo proposito cfr. CHIODI, La responsabilità del chirurgo plastico negli interventi a finalità estetica, III simposio di Primavera Chirurgia plastica e Medicina legale, Milano, 21-22 Aprile 1972. Il problema, dunque, non si limitava all’eventuale imputazione obiettiva dell’evento in capo al sanitario, ma si complicava ancora di più nel momento in cui quest’ultimo, tenuto a difendersi, avrebbe dovuto combattere contro una soggettiva e per certi versi inattaccabile, idea di “buona riuscita”.

40 Cfr. GUALDI, op. cit., pag.26.

41 Cfr. FIORI, Medicina legale della responsabilità medica, Milano, 1999,pag. 426. Se vogliamo, questa è un po’ l’idea di medicina che anche oggi, sulla base del progresso, l’uomo comune tende a farsi, erroneamente. Si veda PRINCIGALLI, La responsabilità del medico,op. cit., pag. 6: “le tecniche estremamente sofisticate hanno accresciuto i poteri del medico, ma nello stesso tempo ne hanno aumentato anche gli obblighi: quanto più la medicina diventa una scienza esatta, tanto più l’obbligazione del medico diventa un’obbligazione di risultato”.

42 Cfr. BARALE, op. cit.,pgg. 1361 e ss.. Nello stesso senso, si veda quanto affermato da quel filone dottrinale che ritiene eccessivamente sanzionatoria la configurazione di un regime di responsabilità del chirurgo estetico differente rispetto a quello adottato per un medico in generale (cfr. PRINCIGALLI, nota a Cass., 8 agosto 1985, n. 4394, in Foro it., 1986, I, pgg.

121 e ss.; GUALDI, Orientamenti dottrinari e giurisprudenziali in tema di responsabilità del chirurgo plastico, op. cit.,pag. 23).

(12)

12

paradossale rinvenire un’equiparazione tra casi ma una differenziazione sostanziale nel momento giuridico valutativo degli stessi

43

.

Anche la giurisprudenza, intervenendo nel dibattito di cui si tratta, ha avallato le osservazioni suddette ed ha ripreso una sua risalenteopinione in merito

44

:essa ha osservato che, di regola, il chirurgo estetico assume anch’egli, come qualsiasi altro sanitario, un’obbligazione di mezzi

45

.

La stessa Corte, però, ha precisato pure che il chirurgo ha la possibilità di contrattare col proprio paziente anche una obbligazione di risultato:“pur ponendosi per il caso della chirurgia estetica un problema di definizione generale parzialmente diverso, essa scrive, il chirurgo estetico potrà sì assumere un’obbligazione di risultato, ma questo non costituirà un dato assoluto, dovendosi viceversa valutare con riferimento alla situazione

43“Al professionista può essere fatto obbligo, in ottemperanza al principio generale del neminem laedere, di non aggravare una situazione preesistente non patologica […] ma è da escludere che tale precetto (che va comunque inteso con qualche cautela) possa essere assimilato a un autentico obbligo di risultato. A ben considerare esso si identifica nel dovere di operare una rigorosa valutazione del bilancio rischio-beneficio, che incombe al chirurgo che interviene con finalità estetiche non diversamente che ad altre categorie di sanitari, e che si concreta nell’obbligo di astenersi dall’intervento, ovvero di rfiiutare un’operazione che si configuri come particolarmente rischiosa, suscettibile di produrre un eventuale aggravamento di una situazione preesistente”. Così MERLI-MARINELLI, op. cit., pag. 537. È pur vero, però, che, nell’ambito dell’autonomia del singolo interessato, anche tali aspetti di decisione del chirurgo vadano per certi versi rivisti, ed adeguati: il sanitario avrà l’obbligo di prospettare al suo paziente l’eventuale rischiosità dell’intervento; e sarà quest’ultimo che, valutati rischi e benefici, saprà scegliere se accondiscendere, oppure no.

44Cass., 27 Luglio 1933, in Giur. It., 1933, I, 1, 1307, con nota critica di GAETANO, Sulla responsabilità penale del chirurgo che garantisce il buon esito dell’operazione, in cui si avalla l’ipotesi dell’obbligazione di mezzi, escludendo quella di risultato. Qui la giurisprudenza, addirittura già sotto il codice previgente, era andata a sottolineare perspicacemente che per utilizzare criteri diversi da quelli tipici dell’obbligazione di mezzi per accertare la responsabilità del sanitario nel settore dellachirurgia estetica, sarebbe stato opportuno verificarela presenza di una di queste due ipotesi: o che la chirurgia esteticanon operasse sull’organismo umano, o vi operasse in guisa di non determinarvi reazioni o complicazioni, al pari della chirurgia ordinaria; oppure che detta branca speciale della scienza giuridica fosse totalmente progredita, da aver abolito dal suo seno qualsiasi elemento di incertezza ed aleatorietà.

45 Si veda, per esempio, Cass., sent. n. 12253/1997, in Foro it., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n. 117.nel caso di specie, un figurante tenore teatrale aveva chiesto risarcimento danni nei confronti di un chirurgo estetico perché, essendosi rivolto a lui per la modificazione del deturpante naso, aveva notato una modica deviazione curvilinea della linea mediana del dorso, con concavità verso destra. In realtà, l’intervento aveva migliorato l’aspetto generale dell’organo, e non aveva compromesso affatto la funzionalità; il profilo estetico, dopotutto, non era minimamente inficiato da questa piccola imperfezione. I giudici hanno così rilevato che il medico, utilizzati tutti gli strumenti idonei ad eseguire perfettamente l’intervento, ed eseguite tutte le disposizioni che, in tema, prevedeva la letteratura scientifica del caso, non dovesse essere condannato, con ciò riconoscendo implicitamente la natura dell’obbligazione estetica come di un obbligazione di mezzi, e non di risultato.

(13)

13

pregressa ed alle obiettive possibilità consentite dal progresso raggiunto dalle tecniche operatorie”

46

.

Quella dell’obbligazione del risultato, allora, potrà essere definita, semmai, come l’eccezione alla regola generale dell’obbligazione di mezzi

47

.

Nulla vieta alle parti di contrattare in un modo sostanzialmente diverso dal normale, stabilendo ilo raggiungimento certo della soddisfazione piena

48

. Ma, a parte la eventuale negoziazione di un risultato specifico

49

, l’obbligazione del professionista nei confronti del proprio assistito rimane

46 Cfr. Cass., sent. n. 10014/1994, in Foro it.,1995, I, pag. 2913, con nota di SCODITTI, Chirurgia estetica e responsabilità contrattuale. In termini analoghi, Trib. Roma, sent. n.

114/1996, cit.; FRITTELLI, Riflessioni in tema di rapporti obbligatori e rapporti contrattuali in materia di interventi di chirurgia estetica effettuati presso centri specializzati, in Temi romana, 1997, pgg. 116 e ss.

47È qui che si colloca il discorso cui abbiamo accennato più sopra a proposito della rilevanza delle richieste del paziente ai fini dell’accertamento della responsabilità. Nel caso in cui il medico abbia contratto un’obbligazione di risultato, anche il giudizio sulla responsabilità risulterebbe essere valido e non viziato dall’eventuale imputazione obiettiva dell’evento negativo ovvero dalla difficoltà di difesa in capo al sanitario: nel momento in cui nel corso della fase informativa il sanitario abbia assicurato il risultato voluto dal paziente e questo sia stato fatto oggetto del contratto in modo esplicito, infatti, la soggettività del malato (intesa come desiderio proprio) verrebbe ad essere oggettivizzata, dunque risulterebbe essere parametrabile e valutabile. Sarebbe possibile, in altri termini, valutare la responsabilità sulla base dell’idea di risultato del paziente, poiché essa, conosciuta ex ante dell’operatore, non rimane estranea al momento esecutivo, ma diventa motivo fondante dell’intervento e guida per il sanitario nell’attimo della sua esplicazione. Il paziente non contesta il risultato sempre e comunque, ma lo contesta soltanto laddove quest’ultimo sia difforme da quello da lui sperato, prospettato, sognato, desiderato come possibile perché a lui assicurato dal medico nella fase antecedente a quella strettamente esecutiva. Resterà al medico, poi, provare l’eventuale estraneità rispetto all’evento negativo concretizzatosi che abbia portato ad un distacco dal modello ideale (stavolta effettivamente valutabile). È qui che torna in rilievo il discorso dell’informazione e della punibilità del sanitario volto eventualmente a frodare il paziente, assicurandogliun risultato non raggiungibile, ovvero difficilmente raggiungibile.Nella prospettiva, ancora, della obbligazione del chirurgo estetico come obbligazione di risultato, si vedaTrib. Modena, sent. n. 111/2009,secondo cui “Le prestazioni di chirurgia plastica vincolano il professionista al raggiungimento del risultato, con la conseguenza che la mancata riuscita della prestazione costituisce un momento obiettivo per l’affermazione dell’inadempienza”;

(Nella specie, trattavasi di mastoplastica additiva).

48 Lo confermaTribunale Civile di Milano, sent. n. 7046/2010:“L’obbligazione assunta dal medico è, in generale, un'obbligazione di mezzi; nell’ambito della chirurgia estetica, però, il sanitario può anche assumere nei confronti del paziente un’ obbligazione di risultato. E’

quindi possibile che il chirurgo, pur avendo eseguito l’intervento a regola d’arte, possa essere condannato al risarcimento del danno derivante dal mancato raggiungimento del risultato promesso e provato in corso causa”. Sulla base di tali principi il chirurgo è stato condannato al risarcimento del danno in una ipotesi di mastoplastica additiva.

49 Per MERLI-MARINELLI, op. cit., pag. 538 non è comunque corretto che il medico vada assicurando uno specifico risultato, quando, vista la generale imprevedibilità dell’operazione medica, sa che difficilmente sarà possibile assicurarlo. A riprova di ciò, riprendendo RICCI-MIGLINO-DE NIGRIS-MAIORANI, La responsabilità professionale nelle

(14)

14

comunque di mezzi o di comportamento, per cui “il chirurgo non risponde del mancato raggiungimento del risultato che il cliente si attendeva e che egli non è tenuto ad assicurare, nell’assenza di negligenza od imperizia, fermo l’obbligo del professionista di prospettare al paziente realisticamente le possibilità dell’ottenimento del risultato perseguito”

50

.

È l’incontro delle volontà delle parti, allora, che determina l’ampiezza delle obbligazioni che sorgono in capo al professionista

51

; ed è nell’ottica di tali più recenti affermazioni che, quindi, assumeranno centrale rilevanza le informazioni fornite dal chirurgo al paziente nella fase antecedente a quella strettamente esecutiva: sarà sulla base di queste ultime, infatti, che il paziente sceglierà se assoggettarsi all’intervento voluto, oppure no, potendo in tal modo distinguere davvero tra ciò che desidera e ciò che dall’operazione può –in positivo, ovvero in negativo- ottenere

52

. E sarà sempre sulla base di queste ultime che sarà possibile valutare come valido/invalido il consenso dell’avente diritto, capendo se l’interessato abbia negoziato un’obbligazione di mezzi, ovvero una eccezionale obbligazione di risultato

53

.

prestazioni di medicina estetica,op, cit.,pag. 130, vogliamo evidenziare come gli autori vadano proprio precisando che, oltre ai normali specifici rischi riscontrabili nel mentre dell’operazione, esistono pure evidenti probabilità di difetti finali inevitabilmente correlati agli interventi stessi e non per forza dipendenti dall’operato del medico curante (ma da esso, dunque, evidentementeprevedibili): basti pensare al caso della rinoplastica (dove il risultato può variare da soggetto a soggetto in quanto dipende, oltre che dalla tecnica chirurgica, anche dalla situazione fisiologica e/o patologica preesistente, nonché dalla reattività dell’organismo), ovvero, a quello della mastoplastica additiva (dove l’esito può rivelarsi deludente a causa dei tessuti mammari, oppure per il complicarsi di situazioni naturali).

50 Cfr. FRESA, op. cit., pag. 534.

51“Quello che rileva, però, è l’accordo tra il medico e il paziente, quello cioè che le parti hanno voluto e pattuito”. (cfr. BILANCETTI, La responsabilità del chirurgo estetico, op. cit., pag. 520).

52“[…] si avverte allora l’esigenza che venga definito, nella maniera più chiara ed inequivoca l’oggetto della prestazione professionale, meglio se per iscritto, al fine di puntualizzare ciò che è dovuto e ciò che invece rientra in un’aspettativa che non sempre può essere assicurata, perché possono interferire fattori generali, locali ed esogeni, non sempre controllabili, anche in presenza di una prestazione professionale ineccepibile”,così, BILANCETTI, La responsabilità…, op. cit., pag. 518-519).

53 L’esigenza di una chiara e compiuta illustrazione della natura del contratto pone in particolare rilievo le problematiche del consenso, che dovrà essere specificatamente formulato e mirato all’oggetto del contratto stesso, nonché sostenuto da adeguata informazione circa il contemperamento rischio-beneficio di cui s’è detto. (cfr. a questo proposito ANTONIOTTI, Il consenso all’atto medico, in Fred. Med., 37, 800, 1984; LEGA, Chirurgia estetica e responsabilità civile dell’operatore, Difesa Soc., 1, 30, 1953; MERLI, I limiti della informativa del paziente, Zacchia, 58, 204, 1985).

(15)

15

Si rende necessario, dunque, cominciare a discernere del secondo problema, strettamente correlato al primo ed inerente l’eventuale maggiore informazione dovuta dal chirurgo estetico al paziente malato da operare

54

-

55

.

3. Dovere di maggiore informazione per il chirurgo estetico?

Alla luce dell’evoluzione intervenuta a proposito dei rapporti oggi esistenti tra diritto alla salute, dovere di curare e libera disposizione del proprio corpo, è chiaro che il consenso dell’avete diritto deve potersi ritenere come particolarmente pregnante, nell’ambito della chirurgia estetica

56

; esso, infatti, sembrerebbe essere l’unico strumento a disposizione per poter pacificamente legittimare un’attività medico-chirurgica come quella di cui trattasi

57

.

Un momento fondante ai fini dell’esplicazione di ungiuridicamente valido consenso da parte del paziente avente diritto, assoggettato all’operazione di chirurgia estetica, èquello inerente l’informazione di cui esso è corredato.

È grazie al tipo d’informazione fornita al paziente che, infatti, sarà possibile valutare il tipo di obbligazione assunta dal sanitario e, sulla base di quest’ultima analisi, condannare eventualmente il medico quand’anche quest’ultima, a seguito d’una valutazione che si avvenuta ex post sul suo operato, s’accerti essere stata inadeguata, incompleta, falsata.

54 “La giustificazione del diverso trattamento riservato alla chirurgia estetica viene allora spostata dalla classificazione della natura dell’obbligazione, sul versante dell’informazione, ed è in tale fase di formazione del contratto che si è spesso dubitato della possibilità di equiparare gli obblighi informativi del chirurgo estetico con quelli del medico in generale”, così BARALE, op. cit., pag. 1366.

55“È così dalla volontà del medico che deriva la sua obbligazione e l’accordo tra le parti è la fonte della sua obbligazione ed il limite della sua responsabilità: ecco dunque l’importanza che sia ben chiarito in sede contrattuale l’obbligazione –eventualmente, ma non necessariamente, di risultato- che il chirurgo estetico intende assumersi. È buona norma che venga puntualizzato per iscritto e nella maniera più completa nell’interesse di tutte le parti, per evitare che si debba rispondere di risultati non sempre facilmente conseguibili, ma ritenuti tali dal paziente che vi ha fatto affidamento, perché non bene informato. Il consenso informato, quindi, non è solo un dovere, anche deontologico, per il medico, ma altresì una garanzia”,così BILANCETTI, La responsabilità…, op. cit., pag. 519.

56 Per un approfondimento sul tema del consenso e della medicina in genere, si rimanda a POSTERARO, L’importanza del consenso informato.., op. cit.; SANTOSUOSSO, Il consenso informato tra giustificazione per il medico e diritto del paziente, Milano, 1996; ROMBOLI, I limiti alla libertà di disporre del proprio corpo nel suo aspetto "attivo" ed in quello

"passivo", in Foro it., 1991, I, PGG. 15 e ss.. ; ID., Il consenso del non avente diritto, in Foro it., 1988, I, pgg. 2111 e ss..; ID., La "relatività" dei valori costituzionali per gli atti di disposizione del proprio corpo, in Pol. dir., 1991, pgg. 565 e ss..

57

Sul punto si veda

PRINCI, La responsabilità professionale del medico, in CALABRÒ (a cura di), La nozione di responsabilità tra teoria e prassi, Milano, 2010; SCALISI, Professione medica: doveri, divieti e responsabilità, in Danno Resp., 2007, pgg. 965 e ss.;

ZUCCARO, Responsabilità del medico e regime probatorio, in Giur. It., 2000, pgg. 2016 e ss.; ZENO ZENOVICH, Questioni in tema di responsabilità per colpa professionale sanitaria, in Nuova Giur. Commentata, 1992, I, pgg. 361 e ss.

(16)

16

E questo non perchéla mancata informazione costituisca, di per se stessa, motivo di condanna del sanitario poco attento, quanto più per il fatto che, statuita l’importanza dell’atto ai fini della giustificazione del momento terapeutico, il consenso, sprovvisto d’adeguata informazione, risulterebbe essere invalido, quindi inesistente, quindi nullo e non atto a legittimare/scriminare l’attività medica lesiva

58

.

Sempre attuale, sul punto, in tema di chirurgia estetica, è l’insegnamento della Cass. Civ. Sez. III, sent. n. 10014/1994, secondo il quale “un consenso immune da vizi non può che formarsi dopo aver avuto una piena conoscenza della natura dell’intervento medico e/o chirurgico, della sua portata ed estensione e dei suoi rischi, dei suoi risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, sicché presuppone una completa informazione sugli stessi da parte del sanitario o del chirurgo”. Solo così il paziente potrà consapevolmente decidere se sottoporsi all’intervento o se ometterlo, in un bilanciamento tra vantaggi e rischi, specie allorché si tratti di un intervento fisicamente non necessitato, come nel caso della chirurgia estetica.

La decisione ci consente di ragionare su due aspetti fondamentali dell’informazione di cui il consenso è indispensabile sia corredato: il primo, quello della necessarietà, che,come abbiamo scritto più su, rende a validare il consenso nel momento della sua esplicazione; il secondo, (e così ci accostiamo al quesito cui ci rimane da rispondere), quello sulla sua ampiezza, che introduce una questione da tempo dibattuta ed ormai superata nell’ottica di una rivalutazione giuridico-salutare dell’attività elettiva.

Per molto tempo s’è ritenuto infatti che, essendo il soggetto paziente un soggetto sano, ed essendo l’operazione chirurgico-estetica un tipo di operazione meramente voluttuaria, priva di urgenza e priva di altre specifiche ragioni terapeutiche in vista delle quali evitare alcune dettagliate informazioni

59

, il consenso dovesse essere più informato del solito, alla luce delle complicazioni che la chirurgia estetica comporta e di quel tanto

58“Appare evidente che un consenso fondato su una informazione incompleta, o peggio ancora non veritiera, perde di ogni significato: il contratto si dice affetto dal vizio del consenso dell’errore e come tale è annullabile (art. 1427 e ss. c.c.).Il consenso informato non svolge però un ruolo soltanto in ambito di responsabilità civile perché è anche un requisito indefettibile per non incorrere in responsabilità penale (causa di giustificazione o scriminante): tale mancanza di per sé soltanto, può configurare, infatti, specifici reati(art.

610 c.p.; art. 613 c.p.; art. 582 c.p.)”.Così BILANCETTI, La responsabilità del chirurgo estetico, op. cit., pag. 518.

59 In altri termini, non essendoci l’urgenza d’intervenire, il medico non ha la preoccupazione di perder del tempo in ossequio al proprio obbligo cui, invece, deve necessariamente e approfonditamente ottemperare; né può permettersi il lusso di evitare la specificazione di rischi e/o eventi nefasti possibili/prevedibili, vista la condizione di normalità e integrità di partenza (nel caso d’una malato, invece, si è spesso portati a ridimensionarel’obbligo informativo in ossequio al dovere di non allarmare più di tanto il già provato soggetto paziente malato).

(17)

17

famoso risultato che, nell’ottica dell’intervento, il paziente malato s’aspetta (e pretende) di raggiungere.

Questo principio si trovava spesso ripetuto anche nella giurisprudenza, tant’è che la stessa Suprema Corte andava qualificando l’informazione, in questi casi, come “particolarmente pregante”, poiché strettamente correlata alle possibilità del paziente di “conseguire un effettivo miglioramento dell’aspetto fisico che si ripercuota positivamente sulla sua vita professionale o di relazione”

60

.

La differenza era così ricca di significati da portare la giurisprudenza di legittimità a introdurre un distinguo anche tra il caso di interventi con finalità solo estetiche, e quello riferito ad interventi estetici, sì, ma con finalità e caratteri funzionali: si precisava che in tema di responsabilità professionale del medico, il contenuto dell’obbligo di informazione gravante sul professionista chiamato ad un’operazione di chirurgia plastica dovesse avere consistenza diversa a seconda che l’intervento mirasse al miglioramento estetico del paziente, ovvero alla ricostruzione delle normali caratteristiche fisiche (anche qualora queste fossero state negativamente alterate dallo stesso paziente mediante interventi consapevolmente praticati sulla propria persona in periodi precedenti a quello in cui egli, in concreto, intendesse poi liberarsene, ritenendoli non più accettabili

61-62

)

.

60Cfr. Cass. Civ., Sez. III, sent. n. 9705/1997.

61Cass., sent. n. 3046/1997.La S. C., dopo aver premesso che è evidente la ben diversa situazione che si presenta nel caso di chi intende, attraverso una operazione chirurgica sul proprio corpo, migliorare le proprie apparenze estetiche, da quella di chi intende porre rimedio ad uno stato, da esso voluto e provocato, ma da esso stesso successivamente ritenuto ripugnante, ponendo quindi rimedio ad una situazione considerata insopportabile (nel caso di specie si discuteva della eliminazione di tatuaggi che il paziente voleva rimuovere a causa del consistente disagio psicologico che essi gli causavano, poiché risalenti ad un periodo della sua vita ormai superato), afferma che: nel primo caso l’obbligo di informazione da parte del chirurgo investe non soltanto le cause potenziali di invalidità o di inefficacia delle prestazioni professionali, ma anche le ragioni che rendono eventualmente inutile l’operazione in rapporto al risultato sperato dal cliente; nel secondo caso, caratterizzato –come si è visto- dall’intento di rimuovere una situazione dallo stesso paziente considerata insopportabile, non vi è dubbio che il predetto obbligo di informazione circa i possibili esiti dell’operazione venga ad essere affievolito: la Corte, in questo senso, sembra voler individuare “due tipi di chirurgia estetica: una cattiva, ove si richiede un più consistente obbligo informativo, ed una buona, da accostare al regime di responsabilità del medico in generale, per cui tale obbligo sarebbe affievolito, e la percezione di un simile atteggiamento ha trovato conferma anche nelle osservazioni di altri commentatori. Siffatta distinzione, è stato poi, detto, non sarebbe stata comunque proponibile, sia poiché essa avrebbe portato a forzare, o addirittura ad autentici escamotages, in sede tecnica, per mascherare con le vesti della chirurgia ricostruttiva ciò che è chirurgia estetica, così da conseguire il beneficio del più affievolito dovere di informazione al paziente nella fase di acquisizione del consenso, sia perché non sempre è facile individuare quali sono le effettive ragioni che determinano, in un individuo, la scelta di ricorrere alla chirurgia estetica(cfr.

RONCHI, Né obbligo… op. cit., pag. 853.) La mutata culturameno penalizzante per il chirurgo estetico rispetto ai criteri di individuazione della colpa del medico chirurgo in

Riferimenti

Documenti correlati

Nell ’ambito della disciplina delle società per azioni, è di grande rilevanza il tema del funzionamento dell ’assemblea, tema tornato al centro del dibattito

Adesso puoi trasmettere la domanda all'indirizzo PEC del Comune facendo attenzione di allegare il Documento

Negli ultimi anni, sono stati condotti numerosi studi volti a com- prendere l’effetto della nutrizione sulla sopravvivenza, la riproduzione e la tolleranza delle api

Infine, il giorno 1° luglio si è tenuto un incontro promosso dalla CAN con tutti i docenti degli istituti scolastici in lingua d’insegnamento italiana del Comune di Pirano

La legge n.112 del 2016, dedicata al dopo di noi ovvero disposizioni in materia di assistenza in favore di persone con disabilità grave prive di sostengo

Quest’idea generale e sociale fece sì che la medicina ordinaria potesse essere definita e giuridicamente legittimata soltanto in relazione alla finalità da essa

terminale rimane utilizzabile (il comando viene.. 4) abbiamo visto come si può utilizzare ds9 fuori da IRAF o attraverso IRAF (tv e poi disp).. Scaricate ora le due immagini

Nel 1987 Pories 1 ha pubblicato l’interessante osservazione che la quasi totalità (99%) dei soggetti affetti da obesità grave associata a diabete di tipo 2 o a intolleranza ai