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(1)

UNIONE EUROPEA. Istruzioni per l’uso

n. 1/2010

La prestazione di servizi nell’Unione europea

Aspetti legali e fiscali

(2)

Unioncamere Piemonte

Alps - Enterprise Europe Network Via Cavour, 17

10123 Torino

011 5669222 - 34 011 5119144 www.pie.camcom.it

[email protected]

Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino Alps - Enterprise Europe Network

Via San Francesco da Paola, 24 10123 Torino

011 5716341 - 2 - 3 011 5716346 www.to.camcom.it/ALPS

[email protected] COORDINAMENTO

Unioncamere Piemonte Laura Belforte Marianna Mucci Marta Elia

Camera di commercio di Torino Gianpiero Masera

Paolo Veneruso Monica May

Giulia Bucci (collaboratrice Torino Incontra) COORDINAMENTO EDITORIALE Unioncamere Piemonte

Ufficio Relazioni Esterne e Pubblicazioni Grace De Girolamo

Chiara Testini PROGETTO GRAFICO Gruppo Vento IMPAGINAZIONE La Réclame STAMPA

Litograf Arti Grafiche AUTORI

Hanno collaborato rispettivamente al capitolo 1 – aspetti legali – Avv. Marina Motta e ai capitoli 2, 3, 4, 5 e 6 – aspetti fiscali – Dott. Stefano Garelli, esperti presso il Centro Estero per l’Internazionalizzazione del Piemonte

Finito di stampare nel mese di giugno 2010

Nel rispetto dell’ambiente, questo volume è stato stampato su carta ecologica certificata Ecolabel

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Collegati al sito della tua Camera di commercio oppure telefona al numero 848.800.229 Unione europea. Istruzioni per l’uso

La collana Unione europea. Istruzioni per l’uso nasce dalla volontà delle Camere di commercio piemontesi di fornire alle imprese operanti nella regione strumenti utili e di facile consultazione in cui trovare informazioni aggiornate sulle principali normative e finanziamenti di origine comunitaria. Queste pubblicazioni vogliono essere di stimolo per adeguare la propria attività e i propri prodotti ai requisiti richiesti dall’UE, e anche uno spunto per trovare nuovi strumenti operativi e nuove soluzioni per la propria attività imprenditoriale. Obiettivo della collana è infatti quello di avvicinare e informare le imprese piemontesi sulle tematiche comunitarie: dal contenuto dell’etichetta all’obbligo di apposizione della marcatura CE, dal marchio comunitario ai programmi europei di finanziamento.

La Camera di commercio di Torino e Unioncamere Piemonte fanno parte del consorzio Alps, il nodo per il Nord Ovest Italia della rete Enterprise Europe Network, creata dalla Commissione europea per supportare l’attività imprenditoriale e la crescita delle imprese europee. Inoltre, Unioncamere Piemonte coordina la rete regionale degli Sportelli Europa presso le Camere di commercio di tutte le altre province piemontesi.

Nell’ambito dell’Alps Enterprise Europe Network e degli Sportelli Europa, il sistema camerale piemontese fornisce gratuitamente informazioni operative su:

• finanziamenti, programmi e gare d’appalto comunitarie

• normativa comunitaria e degli altri Paesi europei relativa alle attività d’impresa

• cooperazione fra imprese e ricerca di partner commerciali o produttivi all’estero.

Vengono organizzati, inoltre, corsi e seminari sulle più importanti novità in ambito comunitario e viene offerto alle imprese piemontesi un servizio gratuito di aggiornamento via e-mail sulle principali novità normative e sulle opportunità di collaborazione con altre imprese europee.

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Data la sensibilità e la complessità degli argomenti trattati, si ritiene opportuno segnalare che le informazioni contenute in questo volume sono tratte da fonti ritenute attendibili ed aggiornate a maggio 2010. Tuttavia, essendo soggette a possibili modifiche ed integrazioni periodiche da parte degli organismi di riferimento, si precisa che le stesse non hanno carattere di ufficialità, bensì valore meramente orientativo. Pertanto, il loro utilizzo da parte del lettore nello svolgimento della propria attività professionale richiede una puntuale verifica presso le autorità e gli organismi istituzionalmente competenti nella/e materia/e di riferimento.

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Introduzione

1. Aspetti generali della Direttiva Servizi 6

1.1 Contesto 6

1.2 Ambito di applicazione della Direttiva Servizi 8

1.3 La Direttiva Servizi in relazione alle altre disposizioni comunitarie 10 1.3.1 Riconoscimento delle qualifiche professionali 11

1.4 Semplificazione amministrativa 14

1.4.1 Sportelli unici 15

1.5 Libertà di stabilimento 21

1.6 Libera prestazione di servizi 25

1.7 Qualità dei servizi offerti 27

1.7.1 Assicurazioni e garanzie in caso di responsabilità

professionale 29

1.8 Contratto di prestazione di servizi in ambito UE 30 1.9 Stato di recepimento della Direttiva Servizi nei Paesi membri 38

2. Aspetti fiscali nella prestazione dei servizi 40

2.1 Che cos’è l’IVA? 40

2.2 Il concetto di soggetto passivo 43

2.2.1 Soggetti passivi stabiliti in un Paese UE 43 2.2.2 Soggetti passivi stabiliti in un Paese extra-UE 44

2.2.3 Soggetti passivi misti o ibridi 45

2.2.4 Società non operative 46

2.2.5 Stabili organizzazioni 46

2.2.6 Soggetti esteri identificati ai fini IVA

nel Paese del prestatore 47

2.3 Il concetto di prestazione di servizi sotto il profilo IVA 47

(6)

3. Regola generale e criteri speciali nella prestazione dei servizi 52 3.1 Prestazioni di servizi disciplinate in deroga alle regole generali 54

3.1.1 Servizi relativi ai beni immobili 54

3.1.2 Servizi di trasporto passeggeri 56

3.1.3 Servizi di ristorazione e catering 57

3.1.4 Servizi di noleggio a breve termine di un mezzo

di trasporto 58

3.1.5 Servizi culturali, artistici, sportivi, scientifici, ricreativi

e affini, quali fiere ed esposizioni 60

4. La fatturazione e le dichiarazioni INTRASTAT 64 4.1 Fatturazione e registrazione delle operazioni 64 4.1.1 Servizi disciplinati dalla regola generale (servizi generici):

esempio di servizi resi a soggetti esteri 64

4.1.2 Servizi disciplinati dalla regola generale (servizi generici):

esempio di servizi acquistati presso soggetti esteri 65

4.2 Elenchi INTRASTAT 66

4.3 Rimborso dell’IVA subita all’estero 67

5. Invio di personale in altro Paese UE 69

5.1 Aspetti generali 69

5.2 Sicurezza sociale 69

5.3 Aspetti assicurativi 70

5.4 Trattamento fiscale del reddito di lavoro dipendente

prodotto nel Paese estero 72

(7)

6. Aspetti applicativi e casistica operativa 75

6.1 Impresa italiana che presta servizi in altro Paese UE 75

6.2 Impresa straniera (Paese UE) che presta servizi in Italia 78

6.3 Casistica operativa per servizi eseguiti da operatori italiani

a favore di committenti esteri 79

6.3.1 Lavori edili 79

6.3.2 Fornitura e installazione di impianti di riscaldamento 83

6.3.3 Realizzazione di impianti elettrici 85

6.3.4 Prestazioni di consulenza tecnica o legale

rese da professionisti 87

6.3.5 Artisti e sportivi 89

(8)

Introduzione

Il mercato unico europeo rappresenta una fonte di opportunità per gli imprenditori italiani che desiderano espandere la propria attività oltre i confini nazionali.

Il processo di integrazione europea, iniziato ormai da più di 50 anni, è ed è stato sicuramente un processo complesso che ha portato alla progressiva apertura dei mercati, attraverso centinaia di disposizioni volte ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione di merci, capitali, persone e servizi.

In questo quadro generale, tappa fondamentale per il completamento del mercato unico è la Direttiva 2006/123/CE, relativa alla libera circolazione dei servizi nel mercato interno, che introduce molte novità volte a rimuovere le barriere alla prestazione di servizi nei Paesi UE.

La presente guida, realizzata dall’Enterprise Europe Network di Unioncamere Piemonte e Camera di commercio di Torino con la collaborazione del Centro Estero per l’Internazionalizzazione del Piemonte, rappresenta uno strumento pratico rivolto agli operatori economici che intendono prestare i propri servizi negli altri Paesi europei, attraverso un quadro introduttivo sulle principali novità apportate dalla Direttiva Servizi e approfondimenti dedicati agli aspetti fiscali, assicurativi e legati al trasferimento di personale dipendente.

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Come reperire i testi normativi on-line Normativa europea

Tutte le normative comunitarie citate nella presente Guida sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GUUE), consultabile gratuitamente tramite il portale EUR-LEX:

http://eur-lex.europa.eu/it/index.htm

Il metodo più semplice per ricercare il testo di un provvedimento di cui si conoscono gli estremi (ad esempio Direttiva 2006/123/CE) è quello di accedere alla sezione “Ricerca semplice” ed effettuare una ricerca per numero del documento, selezionando (nella voce “Riferimento del documento”) il tipo di normativa che si sta ricercando (ad esempio, nel nostro caso, “Direttiva”), l’anno (“2006”) e il numero (“123”).

È anche possibile effettuare ricerche con altri criteri, per esempio per argomento, parole nel titolo o nel testo dei provvedimenti, tipo di atto. Se il provvedimento è stato modificato, è generalmente possibile consultare anche la versione consolidata, sarebbe a dire integrata con le modifiche successive.

Si segnala anche il sito comunitario:

http://europa.eu/legislation_summaries/index_it.htm dove è possibile reperire schede di sintesi (spesso anche in italiano) delle politiche e delle normative comunitarie.

Normativa italiana

I numeri della Gazzetta Ufficiale italiana sono consultabili gratuitamente sui seguenti siti:

http://www.gazzettaufficiale.it [per i numeri più recenti]

http://gazzette.comune.jesi.an.it [per i numeri dal 1998 ad oggi].

Per ricerche su provvedimenti meno recenti, segnaliamo il portale Normattiva:

http://www.normattiva.it

I testi dei D.lgs. attuativi delle Direttive comunitarie sono raccolti sul sito internet del Parlamento Italiano in ordine cronologico a partire dal 1996:

http://www.parlamento.it [selezionare Leggi / Decreti Legislativi].

(10)

1. Aspetti generali della Direttiva Servizi

1.1 Contesto

I servizi hanno un’importanza determinante nello scenario economico attuale sia a livello nazionale sia a livello comunitario; a sostegno di questa affermazione è sufficiente ricordare che, nell’Unione europea, più dei 2/3 del Pil e dei posti di lavoro fanno riferimento al settore terziario. L’Italia, su questo piano, non è da meno:

nel nostro Paese, infatti, i servizi rappresentano quasi il 70% del valore aggiunto prodotto [Statistiche Eurostat 2006].

Non a caso, dunque, il settore dei servizi è stato caratterizzato da un’importante produzione normativa a livello comunitario. L’Unione europea è oggi impegnata in una fase politica molto importante: il completamento del mercato unico. Nell’ambito di questo processo e per il suo completamento, è necessaria una fase dedicata al mercato dei servizi, che, come detto, riveste un ruolo di primaria importanza.

Si tratta quindi di abbattere tutte le barriere, soprattutto di carattere burocratico, ancora esistenti tra gli Stati membri.

L’esigenza di perfezionare la liberalizzazione del mercato dei servizi in Europa ha condotto all’adozione della Direttiva 2006/123/CE sulla libera circolazione dei servizi nel mercato interno (detta anche Direttiva Bolkestein, dal nome del Commissario per il mercato interno che la propose nel 2004, o Direttiva Servizi) che è stata ultimamente recepita anche dall’Italia (si veda il box blu a pagina 17).

La Direttiva Servizi trova la sua base giuridica nel Trattato della Comunità europea, oggi modificato dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Gli articoli a fondamento della Direttiva Servizi sono quelli relativi al mercato interno, inteso come uno spazio senza frontiere nel quale è assicurata la libera circolazione dei servizi (attuale art. 26 TFUE), nel quale è riconosciuta la libertà di stabilimento (attuale art. 49 TFUE) e in cui è sancito il diritto di prestare servizi all’interno della Comunità (odierno art. 56 TFUE). La Comunità, infatti, considera l’eliminazione delle barriere allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri come uno strumento essenziale per la realizzazione di una maggiore competitività necessaria a promuovere la crescita economica e a creare nuovi posti di lavoro nell’Unione europea.

La relazione del 2002 della Commissione sullo “Stato del mercato interno dei servizi” aveva individuato numerosi ostacoli che impedivano ai prestatori di servizi di esercitare oltre i confini nazionali e di sfruttare appieno le opportunità offerte dal mercato unico europeo. Gli ostacoli individuati erano particolarmente dannosi per le piccole e medie imprese (PMI), che ancora oggi rivestono un ruolo predominante

ASPETTI GENERALI DELLA DIRETTIVA SERVIZI

(11)

trascorsi dieci anni dal previsto completamento del mercato interno, sussisteva ancora un notevole divario tra il progetto di economia integrata europea e la realtà percepita e vissuta dai cittadini e dai prestatori di servizi europei; le cause principali erano attribuibili a procedure amministrative eccessivamente gravose, incertezza giuridica caratterizzante le attività transfrontaliere e mancanza di fiducia reciproca tra Stati membri.

Al fine di realizzare il mercato unico dei servizi, era quindi necessario eliminare numerosi ostacoli per consentire agli operatori di prestare i propri servizi scegliendo liberamente, in funzione della propria strategia di sviluppo, se stabilirsi o meno negli Stati membri in cui intendevano operare. L’eliminazione di questi ostacoli richiedeva un preliminare coordinamento delle legislazioni nazionali, anche al fine di istituire una cooperazione amministrativa tra i diversi Paesi comunitari.

La Direttiva Servizi in tale ottica istituisce un quadro giuridico generale basato su un approccio dinamico che permette di eliminare in via prioritaria gli ostacoli che possono essere rapidamente rimossi e avviare un processo di valutazione, consultazione ed armonizzazione per quelli più impegnativi;

grazie a questo processo sarà possibile modernizzare progressivamente e in maniera coordinata i sistemi nazionali che disciplinano le attività di servizi.

La Direttiva Servizi costituisce ormai il testo per eccellenza in materia di terziario, un settore in precedenza concettualmente dominato, se non monopolizzato, dalle telecomunicazioni, dai trasporti e dai servizi finanziari.

Gli aspetti più importanti toccati dalla Direttiva possono essere così sintetizzati:

• emanazione di regole volte ad ottenere una semplificazione amministrativa

• facilitazione nelle procedure per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie ai prestatori di servizi

• ulteriore implementazione del principio di libera prestazione di servizi

• emanazione di regole volte a garantire la qualità dei servizi offerti e la tutela dei destinatari

• nuove strategie di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri.

Per ulteriori approfondimenti consulta il sito internet della Direttiva Servizi:

http://ec.europa.eu/internal_market/services/services-dir/index_en.htm

(12)

Il valore delle Direttive comunitarie

Prima di entrare nel merito delle disposizioni della Direttiva Servizi, può essere utile ricordare che le Direttive comunitarie (art. 288 TFUE) sono rivolte agli Stati membri e sono vincolanti con riferimento al risultato da raggiungere;

lasciano quindi agli Stati membri la libertà di decidere gli strumenti normativi più opportuni per il raggiungimento degli obiettivi indicati.

Le Direttive comunitarie dunque, contrariamente ai Regolamenti, non si rivolgono direttamente ai cittadini europei. Nonostante ciò si parla di efficacia diretta delle Direttive perché i singoli cittadini possono, a determinate condizioni, farne valere in giudizio l’efficacia se hanno subito un danno direttamente connesso alla mancata applicazione delle stesse (a causa quindi dell’inadempimento dello Stato), se è scaduto il termine per il recepimento e se la Direttiva comunitaria contiene obblighi “chiari, precisi ed incondizionati” a carico degli Stati membri. La Corte di giustizia ha infatti ritenuto che, se ciò non fosse possibile, la portata delle Direttive sarebbe ristretta.

L’art. 44 della Direttiva Servizi indicava il 28 dicembre 2009 quale termine ultimo affinché gli Stati membri provvedessero al recepimento all’interno dei singoli ordinamenti. L’Italia è intervenuta in merito in due fasi: dapprima è stata emanata la “Legge comunitaria 2008” (L. 88/2009), il cui art. 41 delegava al Governo l’attuazione della Direttiva; alla delega è stata data attuazione con il D.lgs. 59/2010

“Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno”.

In un secondo momento le Regioni, che hanno competenza esclusiva per molti dei servizi che rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva, hanno provveduto a disciplinare le procedure amministrative e gli aspetti di loro competenza. In Piemonte, il riferimento è la L.R. 38/2009, di cui si dirà in seguito (si veda il box blu a pagina 19).

1.2 Ambito di applicazione della Direttiva Servizi

La Direttiva Servizi segna, come osservato sopra, un riferimento importante nell’ambito della normativa relativa al settore terziario. L’innovazione è stata perseguita anche grazie alla scelta del Legislatore europeo di non individuare i settori toccati dalla Direttiva ma, al contrario, di definire le attività escluse dal campo di applicazione;

attraverso questa tecnica legislativa, si è voluto quindi predisporre uno strumento che comprendesse qualsiasi servizio fornito dietro corrispettivo economico, ad eccezione delle esclusioni contemplate all’art. 2.

Il novero dei servizi a cui la Direttiva si applica risulta essere così molto ampio:

servizi prestati alle imprese (quali, ad esempio, i servizi di consulenza manageriale e gestionale, di certificazione e collaudo, di gestione delle strutture - compresi i servizi di manutenzione degli uffici - di pubblicità, quelli connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali)

servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori (quali, ad esempio, i servizi

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immobiliari, edilizia, compresi i servizi offerti dagli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi)

servizi prestati ai consumatori (quali i servizi nel settore del turismo, comprese le guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della Direttiva, i servizi a domicilio).

La definizione di servizi comprende sia i servizi resi a favore dei privati (consumatori e imprese), sia quelli resi a favore delle pubbliche amministrazioni.

Le suddette attività rientrano nell’ambito della Direttiva Servizi indipendentemente dalle modalità di prestazione. La Bolkestein è quindi applicata se il prestatore del servizio si sposta in un altro Stato membro, se si sposta il destinatario della prestazione o se, infine, i servizi vengono erogati a distanza o via internet.

Tra i servizi esclusi (art. 2) vanno annoverati:

• servizi non economici d’interesse generale

• servizi finanziari (quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti)

• servizi e reti di comunicazione elettronica (in relazione alle materie disciplinate dalle Direttive in materia)

• servizi di trasporto (compresi i servizi portuali)

• servizi offerti dalle agenzie di lavoro interinale

• servizi sanitari (a prescindere dalle modalità di organizzazione e di finanziamento, indipendentemente cioè dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e dalla natura pubblica o privata della stessa.

Rimane impregiudicato tuttavia il diritto riconosciuto al cittadino europeo di farsi curare in qualsiasi struttura sanitaria di qualsiasi Stato membro)

• servizi audiovisivi (compresi i servizi cinematografici e radiofonici)

• giochi d’azzardo (comprese lotterie, casinò e scommesse)

• attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri

• taluni servizi sociali (nel settore degli alloggi, dell’assistenza all’infanzia e del sostegno alle famiglie e alle persone bisognose)

• servizi privati di sicurezza

• servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari.

Viene anche escluso il settore fiscale (ad esempio la riscossione dei tributi) che per natura è di competenza statale.

Gli Stati in cui si applica la Direttiva Servizi

La Direttiva Servizi trova applicazione in tutti gli Stati membri UE e negli Stati EFTA (Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

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1.3 La Direttiva Servizi in relazione alle altre disposizioni comunitarie

La Direttiva Servizi stabilisce (art. 3) che in caso di conflitto della stessa “con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche”.

I principali atti che, in caso di contrasto, prevalgono sono elencati (non esaustivamente) dalla Direttiva stessa:

• Direttiva 96/71/CE relativa al distacco di lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi

• Regolamento 71/1408/CEE sul coordinamento dei regimi di sicurezza sociale

• Direttiva 89/522/CEE inerente l’esercizio delle attività televisive

• Direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali.

In merito al delicato tema delle professioni regolamentate (tra cui architetti, avvocati, medici, veterinari e farmacisti), la Direttiva (art. 24) stabilisce che gli Stati membri debbano sopprimere tutti i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali/pubblicità previsti per tali professioni e provvedere affinché le comunicazioni commerciali emanate dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali in conformità al diritto comunitario, con particolare riguardo all’indipendenza, alla dignità e all’integrità della professione nonché al segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione.

La Direttiva stabilisce inoltre che le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali non devono essere discriminatorie, ma proporzionate e giustificate da motivi imperativi di interesse generale. Già in precedenza, con una Direttiva sul commercio elettronico (Direttiva 31/2000/CE), il Legislatore comunitario aveva introdotto il principio secondo cui gli Stati avrebbero dovuto evitare ogni divieto generale di comunicazione commerciale delle professioni regolamentate per le attività on-line; la Direttiva Servizi amplia quindi l’ambito di tale “divieto di vietare” anche alle comunicazioni commerciali che non avvengono tramite internet.

Lo stesso approccio è stato utilizzato dal Legislatore comunitario con riferimento alle attività multidisciplinari, in merito alle quali la Direttiva Servizi stabilisce che gli Stati membri provvedano affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse (art. 25).

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Gli unici limiti che gli Stati possono imporre, per le professioni regolamentate e per i servizi di certificazione, omologazione, controllo, prova e collaudo tecnici, sono quelli funzionali al rispetto di norme di deontologia nonché quelli necessari a garantirne l’indipendenza e l’imparzialità.

Si osserva che l’impegno del Legislatore europeo finalizzato alla liberalizzazione dei servizi non ha trascurato l’aspetto qualitativo degli stessi, come dimostrano varie norme del Capo V della Direttiva (si veda il paragrafo 1.7).

La struttura della Direttiva Servizi Capo I - Disposizioni generali

Capo II - Semplificazione amministrativa Capo III - Libertà di stabilimento Capo IV - Libera circolazione di servizi

Capo V - Qualità dei servizi

Capo VI - Cooperazione amministrativa Capo VII - Programma Convergenza

1.3.1 Riconoscimento delle qualifiche professionali

La Direttiva 2005/36/CE si occupa del riconoscimento delle qualifiche professionali tra Stati europei. In particolare, fissa le regole con cui uno Stato membro può regolamentare l’accesso a determinate professioni (le cosiddette professioni regolamentate) nel proprio territorio nazionale ed individua i principi per cui gli Stati possono decidere o meno di riconoscere determinate qualifiche professionali acquisite dall’interessato in uno o più Stati membri diversi.

La Direttiva si applica in tutti i Paesi UE, nei Paesi EFTA e in Svizzera, sia nel caso di prestazioni di servizi in qualità di lavoratore subordinato, sia nel caso di lavoratori autonomi e liberi professionisti che intendono esercitare una professione regolamentata in uno Stato membro diverso da quello in cui hanno acquisito le loro qualifiche professionali.

Il concetto di professione regolamentata è definito dalla Direttiva come l’attività il cui accesso ed esercizio, o le cui modalità di esercizio, sono subordinati direttamente o indirettamente, in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative, al possesso di determinate qualifiche professionali (ne costituiscono un classico esempio le professioni mediche e legali).

Il riconoscimento della qualifica professionale permette al beneficiario di esercitare la professione regolamentata alle stesse condizioni poste ai cittadini dello Stato membro ospitante.

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L’art. 5 prevede che, in termini generali, gli Stati membri non possano limitare, per ragioni attinenti alle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi.

Quindi:

• se il prestatore è stabilito in un altro Stato membro ed esercita legalmente la stessa professione regolamentata, in via di principio, lo Stato ospitante dovrebbe sempre concedere il riconoscimento della qualifica professionale

• se nello Stato d’origine la professione non è regolamentata, lo Stato ospitante dovrebbe permettere l’esercizio dell’attività se l’interessato dimostra di averla praticata in maniera continuativa per almeno due anni nel corso dei dieci anni che precedono la richiesta.

Queste regole si applicano esclusivamente nel caso in cui il prestatore si sposti nello Stato ospitante per esercitare in modo temporaneo ed occasionale la professione.

Il carattere temporaneo della prestazione è valutato caso per caso, in funzione della durata, della frequenza, della periodicità/continuità della prestazione stessa.

L’art. 7 prevede che gli Stati membri possano esigere che, quando il prestatore si sposta per la prima volta, informi in anticipo l’autorità competente con una dichiarazione scritta contenente informazioni sulla copertura assicurativa (o analoghi mezzi di protezione personale o collettiva) per la responsabilità professionale.

Tale dichiarazione dovrà essere rinnovata annualmente.

Inoltre, nel caso di professioni regolamentate aventi ripercussioni in materia di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, l’autorità competente dello Stato membro ospitante può procedere ad una verifica delle qualifiche professionali del prestatore precedentemente alla prima prestazione di servizi. Questa verifica preliminare è possibile solo se finalizzata ad evitare danni gravi alla salute o alla sicurezza del destinatario del servizio e deve concludersi entro un mese al massimo dalla ricezione della dichiarazione e dei documenti del richiedente.

In caso di differenze sostanziali tra le qualifiche professionali del prestatore e la formazione richiesta nello Stato membro ospitante, l’autorità competente è tenuta ad offrire al prestatore la possibilità di dimostrare di avere acquisito le conoscenze o le competenze mancanti, mediante una prova attitudinale.

In caso di richiesta di stabilimento (e non dunque per la prestazione temporanea ed occasionale), le competenze professionali vengono suddivise in livelli (art. 11 della Direttiva); lo Stato membro ospitante accorderà l’accesso alla professione regolamentata se il richiedente dimostra di possedere un attestato di competenza/titolo di formazione:

• rilasciato da un’autorità competente in uno Stato membro

• di un livello di qualifica professionale almeno equivalente al livello

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L’accesso alla professione e il suo esercizio sono consentiti anche ai richiedenti che abbiano esercitato a tempo pieno la professione per due anni nel corso dei precedenti dieci, in un altro Stato membro che non la regolamenti, e abbiano uno o più attestati di competenza o titoli di formazione. Questi ultimi devono:

• essere stati rilasciati da un’autorità competente

• attestare un livello di qualifica professionale almeno equivalente al livello immediatamente anteriore a quello richiesto nello Stato membro ospitante

• attestare la preparazione del titolare all’esercizio della professione interessata.

A garanzia della qualità dei servizi, la Direttiva prevede anche la possibilità a favore degli Stati membri di richiedere l’esercizio di un tirocinio di adattamento non superiore a tre anni o di una prova attitudinale (la scelta tra le due opzioni spetta generalmente al candidato). Lo Stato membro può richiedere questo ulteriore requisito se:

1) la durata della formazione ricevuta dall’interessato è inferiore di almeno un anno a quella richiesta nello Stato membro ospitante

2) la formazione ricevuta dall’interessato riguarda materie sostanzialmente diverse da quelle coperte dal titolo di formazione richiesto nello Stato membro ospitante 3) la professione regolamentata nello Stato membro ospitante include una o più

attività professionali regolamentate, mancanti nella corrispondente professione dello Stato membro d’origine.

A questo proposito (art. 16 e seguenti), le attività vengono suddivise in 3 elenchi (contenuti nell’allegato 4 della Direttiva) che seguono criteri di riconoscimento diversi.

Senza scendere eccessivamente in dettaglio, anche perché in questo settore esiste una certa discrezionalità a favore degli Stati membri, il riconoscimento dell’esperienza può essere concesso se il beneficiario:

• ha esercitato come lavoratore autonomo/dirigente d’azienda per un periodo compreso dai 3 ai 6 anni consecutivi (a seconda dell’elenco considerato)

• ha esercitato come lavoratore autonomo/dirigente d’azienda per un periodo inferiore a quello sopra considerato, se fornisce prova di aver in precedenza ricevuto, per l’attività in questione, una formazione per un periodo adeguato e/o se dà prova di aver esercitato l’attività in questione per un certo periodo come lavoratore subordinato e/o con mansioni tecniche che implichino la responsabilità di almeno uno dei reparti dell’azienda.

La Direttiva dedica un apposito approfondimento ai requisiti che possono essere richiesti per le professioni mediche (medici, veterinari, ostetrici, farmacisti), e per quella di architetto.

La Direttiva prevede anche la possibilità di riconoscere l’esperienza professionale.

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Ulteriori informazioni

Lista delle professioni regolamentate per Stato membro:

http://ec.europa.eu/internal_market/qualifications/index_en.htm [selezionare Database on regulated profession a sinistra e poi Regulated professions per country)

Guida della Commissione europea Tutto quello che vorreste sapere sul riconoscimento delle qualifiche professionali scaricabile da:

http://ec.europa.eu/internal_market/qualifications/

docs/guide/users_guide_it.pdf

Portale EURES - Portale europeo della mobilità professionale:

http://ec.europa.eu/eures

1.4 Semplificazione amministrativa

La tematica della semplificazione amministrativa, oggetto del Capo II della Direttiva Servizi, ne rappresenta certamente una delle colonne portanti. Come autorevolmente osservato (D’Acunto S., Direttiva servizi (2006/123/CE): genesi, obiettivi e contenuto, Milano 2009, p. 48), la Direttiva innesca un’importante azione di modernizzazione, intesa ad individuare ed eliminare gli ostacoli strutturali presenti nelle procedure nazionali sotto forma di ritardi, costi eccessivi, complessità e pesantezze amministrative inutili, formalismi ed arbitrio dei poteri decisionali, termini prolissi, duplicazione dei documenti e degli adempimenti a carico dei prestatori di servizi.

La semplificazione assurge dunque a metodo generale: la Direttiva prevede che gli Stati membri debbano esaminare le procedure e le formalità previste per l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi e, laddove esse non siano sufficientemente semplici, abbiano l’obbligo perentorio di semplificarle (art. 5).

Gli Stati membri che richiedono ad un prestatore di servizi di fornire un certificato, un attestato o qualsiasi altro documento comprovante un particolare requisito, devono accettare documenti rilasciati da altri Stati membri per finalità equivalenti o dai quali comunque risulti che il requisito in questione è rispettato. Gli Stati non possono imporre che la presentazione di documenti rilasciati da altri Stati membri avvenga in originale, in copia conforme o con traduzione autenticata; fanno eccezione, e dunque possono essere richieste le traduzioni autenticate, i casi in cui esistano altre norme comunitarie o ricorrano motivi imperativi d’interesse generale, fra cui l’ordine pubblico e la sicurezza.

(19)

Le eccezioni previste dalla Direttiva Servizi Costituiscono eccezioni contemplate dalla Direttiva:

• la Direttiva 2005/36/CE in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali (si veda il paragrafo 1.3.1)

• la Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi stabilisce (art. 45.3) che le amministrazioni aggiudicatrici possano richiedere come prova sufficiente ad attestare che l’operatore economico non si trovi nelle situazioni personali di esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici, la presentazione di un estratto del casellario giudiziale oppure, in mancanza di questo, di un documento equivalente rilasciato dalla competente autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato di origine o di provenienza. Le amministrazioni aggiudicatrici possono anche richiedere certificati rilasciati dalle autorità competenti per lo Stato di provenienza al fine di attestare che il prestatore sia in regola con gli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con le imposte e con le tasse, secondo la legislazione del Paese dove il prestatore è stabilito o del Paese dell’amministrazione aggiudicatrice. Qualora non siano rilasciati, i documenti o i certificati possono essere sostituiti da una dichiarazione giurata o da una dichiarazione solenne resa dinnanzi a un’autorità giudiziaria o amministrativa competente, a un notaio o a un organismo professionale qualificato del Paese d’origine o di provenienza.

1.4.1 Sportelli unici

Lo sportello unico è certamente uno degli aspetti più innovativi della Direttiva Servizi, che ha voluto indirizzare gli Stati membri verso un sistema di semplificazione amministrativa che consenta ad ogni singolo prestatore di servizi, sia in forma individuale sia in forma societaria, di disporre di un unico interlocutore istituzionale, ossia di un unico ufficio a cui rivolgersi.

È di tutta evidenza il vantaggio di avere, in un qualsiasi Stato membro, un solo interlocutore pubblico per assolvere a tutti gli adempimenti previsti per la prestazione di servizi: vantaggio che si concretizza in risparmio di tempo, di denaro e nell’eliminazione di incognite e complicazioni connesse alla precedente necessità di rivolgersi a più autorità per l’espletamento di pratiche diverse, il che non di rado scoraggiava le imprese, soprattutto le PMI, dalla realizzazione di tali iniziative imprenditoriali.

La Direttiva stabilisce (art. 6) che gli Stati membri provvedano affinché i prestatori possano espletare mediante i singoli punti di contatto, denominati sportelli unici, tutte le procedure e le formalità necessarie per poter prestare i servizi (dichiarazioni, notifiche, istanze, domande di inserimento nei registri e nelle banche dati, iscrizioni agli ordini o alle associazioni professionali).

(20)

La Direttiva sancisce inoltre un diritto all’informazione dei prestatori e dei destinatari dei servizi (art. 7), a cui le amministrazioni devono assolvere tramite gli sportelli unici. Attraverso gli sportelli unici, gli interessati devono poter agevolmente accedere a tutte le informazioni relative a:

requisiti applicabili ai prestatori stabiliti sul territorio dello Stato membro, in particolare relativi alle formalità necessarie ad esercitare le attività (gli Stati membri devono anche provvedere affinché i prestatori e i destinatari possano ricevere, su richiesta, informazioni in un linguaggio semplice e comprensibile anche in merito all’interpretazione e all’applicazione concreta di detti requisiti. Questo obbligo, naturalmente, non implica di prestare consulenza legale per ogni singolo caso)

dati necessari ad entrare in contatto con le autorità competenti

condizioni di accesso alle banche dati e ai registri pubblici

mezzi esistenti per la soluzione delle controversie sia con le autorità competenti sia tra prestatori o tra questi ultimi e i destinatari dei servizi

contatti di associazioni o organizzazioni, diverse dalle autorità competenti, presso cui i prestatori o i destinatari dei servizi possono ottenere assistenza pratica.

Le informazioni devono essere erogate dagli sportelli unici in modo chiaro e non ambiguo, possibilmente anche in lingue diverse; devono essere facilmente accessibili anche a distanza e per via elettronica ed essere aggiornate. Inoltre gli sportelli unici e le autorità competenti devono rispondere con la massima sollecitudine alle richieste di informazioni o di assistenza e, in caso di richiesta irregolare o infondata, ne devono informare senza indugio il richiedente.

L’importanza dello sportello unico è potenziata dall’obbligo di rendere possibile l’espletamento delle procedure relative all’accesso alle attività di servizio per via elettronica (art. 8 della Direttiva).

Dal seguente sito è possibile accedere agli sportelli unici di tutti gli Stati membri dell’Unione europea:

http://ec.europa.eu/eu-go

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Il recepimento della semplificazione amministrativa in Italia

L’Italia ha recepito la Direttiva Servizi con qualche mese di ritardo rispetto al termine previsto dalla stessa: il D.lgs. 59/2010 (Attuazione della Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) è infatti stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2010 ed è entrato in vigore qualche giorno più tardi (l’8 maggio).

La realizzazione del servizio di sportello unico, che rappresenta come abbiamo visto un pilastro della semplificazione amministrativa prevista dalla Direttiva, riguarda in Italia, come in altri Paesi europei, principalmente le amministrazioni locali, in considerazione del decentramento che da alcuni anni ha caratterizzato lo sviluppo del sistema amministrativo. Nel nostro Paese sono infatti i Comuni ad essere competenti per gli sportelli unici, con facoltà di delega alle Camere di commercio.

I Comuni gestiranno, inoltre, tramite la propria associazione nazionale (ANCI), il portale impresa.gov che assume la denominazione di “impresainungiorno”

e che diverrà il punto di contatto a livello nazionale previsto dall’art. 6 della Direttiva (è in corso di valutazione la possibilità di offrire alcune informazioni in lingua inglese).

http://www.impresa.gov.it

Il recente D.lgs. 59/2010 ha previsto che lo sportello unico venga attuato in Italia tramite la semplificazione e il riordino della disciplina dello sportello unico per le attività produttive (già previsto dal Dpr 447/1998 e per le cui attività, in particolare per la modifica di impianti produttivi di beni e servizi, lo sportello unico permane competente).

Le amministrazioni italiane hanno completato la rassegna del sistema autorizzativo e dei requisiti per l’accesso e l’esercizio delle prestazioni di servizi di cui sono responsabili; un’apposita commissione tecnica, composta da rappresentanti del Governo e dei sindacati, stabilirà gli emendamenti ritenuti opportuni. Le amministrazioni statali stanno lavorando, inoltre, in stretta collaborazione con le Regioni, al fine di concludere anche lo screening delle leggi regionali.

Importanti novità si avranno per i liberi professionisti attualmente assoggettati al cosiddetto regime autorizzatorio che evolverà in un nuovo regime di libera iniziativa. La Direttiva infatti, come anche il Decreto di recepimento, prevede che i regimi autorizzatori potranno essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità.

Di conseguenza, negli articoli dal 49 al 63 del Decreto vengono previste modifiche alla regolamentazione di alcuni ordinamenti e figure professionali

(22)

(quali, ad esempio, avvocati e procuratori, dottori agronomi e dottori forestali, agrotecnici, periti agrari, giornalisti, dottori commercialisti ed esperti contabili, biologi, consulenti del lavoro, geometri, periti industriali, assistenti sociali).

Il Decreto innova anche la materia del commercio (artt. 64 - 72):

• vengono unificati i requisiti di accesso al commercio, eliminando le differenze precedentemente esistenti tra le varie Regioni e unificando su tutto il territorio nazionale i requisiti di onorabilità e di professionalità

• nel caso di apertura di esercizi di vicinato nonché per le forme speciali di vendita (spacci interni, apparecchi automatici, vendita per corrispondenza, ecc.) è stata prevista la Dichiarazione di inizio attività (DIA) ad efficacia immediata in luogo della comunicazione. La DIA immediata consente l’avvio dell’attività contestualmente all’invio della comunicazione al Comune competente per territorio (la precedente disciplina obbligava invece l’aspirante commerciante ad attendere il decorso di trenta giorni a far data dalla comunicazione)

• per le strutture di vendita di dimensione medio-grande viene mantenuta l’autorizzazione rilasciata nell’ambito della programmazione urbanistica, essendo giustificata da motivi di interesse generale (la conciliazione dell’attività commerciale con gli aspetti ambientali e sociali)

• per la somministrazione di alimenti e bevande il Decreto prevede il mantenimento del provvedimento di autorizzazione, vista la necessità di garantire particolari tutele

• per il commercio su aree pubbliche viene regolamentato l’utilizzo del suolo, limitando il numero delle concessioni disponibili;

in ottemperanza alla Direttiva tale tipologia di commercio può assumere qualsiasi forma giuridica.

Altre misure di semplificazione hanno riguardato attività di tipo artigianale come, ad esempio, acconciatori ed estetisti.

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Legge regionale 38/2009

La Regione Piemonte, con la L.R. 38/2009, ha adeguato la normativa regionale in materia di turismo, attività di estetista ed acconciatore, artigianato, commercio, attività nautiche e concessioni demaniali alla Direttiva Servizi: viene quindi assicurata la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi dei prestatori degli Stati europei nel territorio regionale.

Turismo: viene previsto che le attività del settore (campeggi, case vacanze, rifugi escursionistici, affitta-camere, aziende alberghiere, attività agrituristiche, attività di organizzazione ed intermediazione di viaggi e turismo, maestri di sci e guide alpine, guide turistiche) vengano sottoposte al nuovo regime della dichiarazione di inizio attività la cui assenza comporta, oltre all’applicazione delle sanzioni amministrative previste dalla stessa norma, la cessazione dell’attività medesima.

Attività di estetista ed acconciatore: la dichiarazione di inizio attività, per queste categorie, deve essere corredata dalla documentazione relativa agli apparecchi elettromeccanici per uso estetico impiegati e ai requisiti di idoneità dei locali adibiti all’esercizio dell’attività di estetista, nonché alle eventuali altre prescrizioni contenute nei regolamenti comunali adottati in attuazione dell’art. 6 L. 54/1992 e dalla dichiarazione della direzione dell’impresa stessa da parte di persona in possesso della qualifica professionale. Ogni variazione relativa a stati, fatti, condizioni e titolarità indicati nella dichiarazione di inizio attività deve essere comunicata, entro e non oltre i dieci giorni successivi al suo verificarsi, al Comune competente.

Artigianato: in base all’art. 14 della L.R. 38/2009, che modifica in parte il Testo Unico in materia di artigianato (L.R. 1/2009), la Regione promuove la costituzione di centri di assistenza tecnica istituiti dalle confederazioni regionali artigiane e da altri soggetti competenti in possesso di particolari requisiti di rappresentatività delle imprese artigiane, prevedendo forme di accreditamento e di incentivazione. La Giunta regionale con proprio provvedimento deve prevedere le modalità ed i criteri di finanziamento per la costituzione dei centri di assistenza tecnica e per lo svolgimento delle attività istituzionali ad essi affidate.

Attività di commercio al dettaglio negli esercizi di vicinato: si intendono per esercizi di vicinato, nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti, quelli aventi superficie di vendita non superiore a 150 mq oppure a 250 mq, nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti (D.lgs. 114/1998, art. 4). Anche per questi servizi si introduce la procedura della dichiarazione di inizio attività.

(24)

La Comunicazione Unica

In base al D.lgs. 59/2010, dal 1° aprile 2010 è diventata obbligatoria per tutte le tipologie di impresa l’utilizzo della Comunicazione Unica.

La Comunicazione Unica è quindi, oggi, indispensabile per far fronte a tutti gli adempimenti amministrativi che le imprese devono eseguire a fini fiscali, previdenziali, assicurativi e pubblicitari, rispetto ai quali non sono più possibili modalità diverse di comunicazione.

La Comunicazione Unica è una procedura che consente di eseguire contemporaneamente e con un’unica modalità di presentazione, attraverso il Registro imprese, tutti i principali adempimenti amministrativi necessari per l’avvio dell’impresa ai fini della pubblicità legale nel Registro imprese, ma anche ai fini fiscali (IVA), previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL).

La stessa procedura si applica anche alle successive domande, denunce e dichiarazioni di modifica e di cessazione.

La Comunicazione Unica, quindi:

• evita ad imprese individuali e società di rivolgersi a una pluralità di amministrazioni o di recarsi fisicamente presso di loro

• consente di attivare con un solo adempimento procedimenti e formalità spesso molto diversi fra loro.

La Comunicazione Unica viene presentata alla Camera di commercio competente territorialmente (ufficio del Registro imprese) che provvede immediatamente a darne comunicazione alle amministrazioni interessate, smistando loro le domande/dichiarazioni di competenza. Le informazioni, quindi, dal Registro imprese vengono inviate all’albo imprese artigiane, all’INPS, all’INAIL, all’Agenzia delle Entrate; una volta che le informazioni sono state “recapitate“, ogni ente si occuperà della parte di propria competenza.

Tutti i file della Comunicazione Unica devono essere firmati digitalmente dal o dai soggetti legittimati. La presentazione di una Comunicazione Unica presuppone che l’impresa abbia un proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Presso tale indirizzo l’impresa riceverà tutti gli atti, i documenti e le comunicazioni provenienti dalle amministrazioni interessate relativi alle pratiche Comunicazione Unica presentate.

Per ulteriori informazioni e per scaricare gratuitamente tutti i programmi informatici necessari è possibile consultare i siti del Registro imprese e delle Camere di commercio territorialmente competenti.

Registro imprese:

http://www.registroimprese.it

(25)

Camera di commercio di Torino:

http://www.to.camcom.it/comunica

Riepilogando, la procedura per l’avvio di una nuova attività di impresa è ora la seguente:

1) l’interessato presenta all’ufficio del Registro imprese della Camera di commercio competente territorialmente, per via telematica o su supporto informatico, la Comunicazione Unica

2) l’ufficio del Registro imprese, contestualmente alla consegna della Comunicazione Unica, rilascia una ricevuta (che ai sensi dell’art. 9 c. 3 costituisce “titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale, ove sussistano i presupposti di legge”) e ne dà notizia alle amministrazioni competenti

3) le amministrazioni competenti comunicano immediatamente all’interessato e al Registro imprese, per via telematica, il codice fiscale e la partita IVA;

entro i successivi 7 giorni comunicano anche gli ulteriori dati relativi alle posizioni registrate.

Questa procedura si applica anche in caso di modifica o cessazione dell’attività d’impresa; la comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi di cui sopra sono adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica.

A tale fine le Camere di commercio assicurano, gratuitamente, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai soggetti privati interessati.

1.5 Libertà di stabilimento

Il luogo di stabilimento del prestatore si determina, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, in base all’esercizio effettivo di un’attività economica per una durata di tempo indeterminata mediante l’insediamento in pianta stabile. Lo stabilimento non deve necessariamente assumere forme specifiche ma può consistere, ad esempio, in un ufficio gestito dal personale del prestatore o da una persona indipendente autorizzata ad agire su base permanente per conto dell’impresa, come nel caso di una rappresentanza.

Tale requisito può dunque essere soddisfatto anche nel caso delle società costituite a tempo determinato o in caso di affitto di un fabbricato/impianto per lo svolgimento delle proprie attività. Esso può altresì essere soddisfatto allorché uno Stato membro rilasci autorizzazioni di durata limitata soltanto per particolari servizi.

(26)

La Direttiva definisce il regime di autorizzazione (art. 4) come “qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio”.

A tale proposito la Direttiva stabilisce (artt. 9 e 10) che gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto alle condizioni seguenti:

1) non discriminazione (ad esempio, il regime di autorizzazione non può applicarsi solo ai prestatori stranieri)

2) necessità (il regime di autorizzazione deve essere giustificato da un motivo imperativo di interesse generale: ordine pubblico, sicurezza pubblica, incolumità pubblica, sanità pubblica, tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, tutela dell’ambiente, della salute degli animali, tutela del patrimonio nazionale storico ed artistico, tutela della proprietà intellettuale, obiettivi di politica sociale e culturale)

3) proporzionalità (solo se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, ad esempio quando un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia)

4) chiarezza, inequivocabilità 5) oggettività

6) previa pubblicità

7) trasparenza e accessibilità.

I regimi di autorizzazione devono quindi basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti, affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario (art. 10). Inoltre le condizioni di rilascio dell’autorizzazione non devono rappresentare un doppione di requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, quanto a finalità, a quelli ai quali il prestatore sia già assoggettato in un altro Stato membro. L’autorizzazione, infine, deve essere concessa non appena siano soddisfatte le condizioni stabilite per il suo rilascio.

L’art. 10 della Direttiva stabilisce che, a parte il caso del rilascio di un’autorizzazione, qualsiasi decisione delle autorità competenti, ivi compreso il diniego o il ritiro di un’autorizzazione, deve essere motivata e poter essere oggetto di un ricorso dinanzi a un tribunale o ad una diversa sede di appello.

In tema di libertà di stabilimento (oggetto del Capo III della Direttiva Servizi) è di cruciale importanza l’aspetto dei regimi autorizzatori.

(27)

In tema di durata dell’autorizzazione (art. 11), la Direttiva prevede che essa non debba essere limitata, ad eccezione di alcuni casi (rinnovabile automaticamente o esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti; numero di autorizzazioni disponibili limitato da un motivo imperativo di interesse generale o comunque durata limitata giustificata da un motivo imperativo di interesse generale).

Qualora invece il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili (art. 12), gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i potenziali candidati che presenti garanzie di imparzialità e trasparenza e preveda un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura di selezione e del suo svolgimento e completamento. In tali casi l’autorizzazione deve essere rilasciata per una durata limitata adeguata, senza rinnovo automatico né altri vantaggi concessi al prestatore uscente o a soggetti e persone ad esso legati.

Infine, in tema di procedure di autorizzazione, oltre alla prescrizioni imposte in materia di criteri di autorizzazione (chiarezza, pubblicità preventiva, obiettività, imparzialità), la Direttiva stabilisce (art. 13) che esse non debbano essere dissuasive né complicare o ritardare indebitamente la prestazione del servizio ma al contrario essere facilmente accessibili, a costi ragionevoli per i richiedenti. Tali procedure devono rispettare dei termini ragionevoli prestabiliti (che iniziano a decorrere dal momento in cui viene presentata tutta la documentazione del richiedente) e resi pubblici preventivamente. Qualora il prestatore presenti una domanda incompleta, le autorità competenti devono informarlo quanto prima in merito alla necessità di integrare la documentazione presentata.

Il termine di conclusione del procedimento, in caso di questioni complesse, può essere prorogato una sola volta e per un periodo di tempo limitato dall’autorità competente; la proroga e la sua durata devono essere motivate e notificate al richiedente prima della scadenza del periodo iniziale. In particolare tali procedure devono fondarsi sul principio del silenzio - assenso (ossia in mancanza di risposta entro il termine stabilito - o prorogato - l’autorizzazione si considera rilasciata).

La Direttiva Servizi contiene, inoltre, due liste di requisiti relativi al diritto di stabilimento.

La prima (art. 14, requisiti vietati), che la dottrina ha definito “lista nera”, contempla tutti quei requisiti che gli Stati membri devono eliminare; la seconda (art. 15, requisiti da valutare) è stata definita “lista grigia”, poiché contiene quei requisiti che gli Stati devono valutare caso per caso (e decidere se mantenere o eliminare).

(28)

Gli articoli 14 e 15 della Direttiva Servizi

La Direttiva (art. 14, la cosiddetta “lista nera”) stabilisce che gli Stati membri non possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio ai seguenti requisiti:

requisiti discriminatori fondati direttamente o indirettamente sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull’ubicazione della sede legale (in particolare requisiti di nazionalità e residenza per il prestatore, il suo personale, i detentori di capitale sociale o i membri degli organi di direzione e vigilanza)

divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere iscritti nei registri o ruoli di organismi, ordini o associazioni professionali di diversi Stati membri

restrizioni alla libertà del prestatore di scegliere tra l’essere stabilito a titolo principale o secondario, in particolare non può sussistere l’obbligo per il prestatore di avere lo stabilimento principale sul territorio nazionale; non possono sussistere neanche altre restrizioni alla libertà di scelta tra la forma di rappresentanza (succursale, filiale, ecc.)

condizioni di reciprocità con lo Stato membro nel quale il prestatore ha già uno stabilimento (salvo quelle previste in atti comunitari riguardanti l’energia)

verifiche caso per caso di natura economica che subordinano il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, alla valutazione degli effetti economici potenziali/effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente (tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale)

coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o dell’adozione di altre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi od ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente (tale divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le Camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione, né la consultazione del grande pubblico)

obbligo di presentare, individualmente o con altri, una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un’assicurazione presso un prestatore o un organismo stabilito sul territorio nazionale (ciò non pregiudica la facoltà, per gli Stati membri, di esigere un’assicurazione o delle garanzie finanziarie in quanto tali come pure i requisiti relativi alla partecipazione a un fondo collettivo di indennizzo, ad esempio per i membri di organismi, ordini od organizzazioni professionali)

(29)

obbligo di essere già stato iscritto da un determinato periodo nel registro dello Stato membro in questione o di aver in precedenza esercitato l’attività sul territorio nazionale per un determinato periodo.

La Direttiva (art. 15, la cosiddetta “lista grigia”) stabilisce che, se gli Stati membri prevedono i seguenti requisiti per l’accesso ad un’attività di servizi o per il suo esercizio, ne debbano verificare la conformità alle condizioni di non discriminazione, necessità e proporzionalità (di cui sopra, art. 9):

restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori

obbligo di assumere una determinata forma giuridica

obblighi relativi alla detenzione del capitale

requisiti diversi da quelli relativi alle questioni disciplinate dalla Direttiva 2005/36/CE (riconoscimento delle qualifiche professionali) o da quelli previsti in altre norme comunitarie, che riservano l’accesso alle attività di servizi in questione a prestatori particolari a motivo della natura specifica dell’attività

divieto di disporre di più stabilimenti sullo stesso territorio nazionale

requisiti che stabiliscono un numero minimo di dipendenti

tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare

obbligo per il prestatore di fornire, con il suo servizio, altri servizi specifici.

1.6 Libera prestazione di servizi

Uno degli aspetti più rilevanti della Direttiva riguarda la disciplina da applicare ai soggetti di uno Stato membro che prestano i loro servizi presso un altro Stato (art. 16).

La Direttiva riafferma il principio comunitario della libera prestazione dei servizi (pilastro del mercato unico e, in quanto tale, già consolidato nelle norme e nella giurisprudenza dell’Unione europea), precisando che gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio sul proprio territorio a restrizioni, se non per ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, sanità pubblica o di tutela dell’ambiente e, comunque, sempre nel rispetto dei principi cumulativi di non discriminazione, necessità e proporzionalità.

(30)

Come è stato in parte già accennato nel paragrafo precedente, sono specificamente individuati dalla Direttiva alcuni requisiti la cui imposizione da parte degli Stati membri è considerata illegittima in quanto restrittiva della libera circolazione dei servizi, quali:

• l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul territorio dello Stato membro in questione

• l’obbligo per il prestatore di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale, salvo i casi previsti dalla Direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario

• il divieto imposto al prestatore di dotarsi sul territorio dello Stato membro in questione di una determinata infrastruttura (ad esempio uffici e studi) necessaria all’esecuzione delle prestazioni

• l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisce o limita la prestazione di servizi a titolo indipendente (fatte salve, come stabilito dall’art. 17, le disposizioni riguardanti gli obblighi contrattuali, compresa la forma dei contratti, e non contrattuali determinate in base al diritto internazionale privato)

• l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle autorità competenti dello Stato membro in cui intende operare

• i requisiti, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, relativi all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio.

Inoltre la Direttiva (art. 19) vieta agli Stati membri di realizzare restrizioni alla libera prestazione dei servizi da parte dei prestatori stabiliti in altri Stati membri tramite l’imposizione di requisiti ai destinatari dei servizi stessi, quali ad esempio autorizzazioni, dichiarazioni e discriminazioni rispetto a finanziamenti.

La Direttiva (art. 17) prevede tuttavia alcune categorie di servizi cui non si applicano le suddette regole in materia di libera prestazione (tra i quali il settore postale, i settori dell’energia elettrica, del gas, delle forniture idriche e delle acque reflue, il trattamento e il trasporto dei rifiuti), oltre che ad alcune specifiche materie (ad esempio il distacco dei lavoratori).

Gli Stati membri possono infine stabilire deroghe anche in casi individuali se a titolo eccezionale, relative alla sicurezza dei servizi e nel rispetto di condizioni determinate.

(31)

1.7 Qualità dei servizi offerti

La Direttiva (Capo V) assoggetta i prestatori di servizi ad obblighi di trasparenza riguardanti sia i soggetti prestatori sia le condizioni del servizio da prestarsi, al fine ultimo di garantire la qualità dei servizi offerti, a prescindere dalla nazionalità del prestatore.

La Direttiva prevede due categorie di informazioni:

• quelle che il prestatore deve mettere sempre a disposizione (art. 22.1)

• quelle da fornire solo su richiesta del destinatario (art. 22.3).

Per quanto riguarda le informazioni da fornire sempre, la Direttiva indica (art. 22.2) alcune modalità possibili, a scelta del prestatore:

• comunicazione ad iniziativa del prestatore

• agevole accessibilità al destinatario nel luogo di prestazione del servizio o di stipula del contratto

• agevole accessibilità al destinatario per via elettronica tramite un indirizzo comunicato dal prestatore

• presenza delle informazioni in questione su tutti i documenti informativi che il prestatore fornisce al destinatario per la presentazione in dettaglio dal servizio offerto.

Inoltre è importante considerare che tutte le informazioni di cui al Capo V della Direttiva in tema di qualità dei servizi devono essere esatte (art. 27) e comunicate o rese disponibili in modo chiaro, senza ambiguità e in tempo utile prima della stipula del contratto o, in assenza di contratto scritto, prima che il servizio sia prestato (art. 22.4).

Naturalmente le informazioni imposte dalla Direttiva si aggiungono a quelle eventualmente già previste dal diritto comunitario e che gli Stati membri impongono ai prestatori stabiliti sul loro territorio (ad esempio nel settore del franchising).

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L’articolo 22 della Direttiva Servizi

Art. 22.1 - Informazioni che devono essere sempre fornite

Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori mettano a disposizione del destinatario le informazioni seguenti:

• il nome del prestatore, il suo status e forma giuridica, l’indirizzo postale al quale il prestatore è stabilito e tutti i dati necessari per entrare rapidamente in contatto e comunicare con il prestatore direttamente e, se del caso, per via elettronica

• ove il prestatore sia iscritto in un registro commerciale o altro registro pubblico analogo, la denominazione di tale registro ed il numero di immatricolazione del prestatore o mezzi equivalenti atti ad identificarlo in tale registro

• ove l’attività sia assoggettata ad un regime di autorizzazione, i dati dell’autorità competente o dello sportello unico

• ove il prestatore eserciti un’attività soggetta all’IVA, il numero di identificazione di cui all’articolo 22.1 della Sesta Direttiva (77/388/CEE)

• per quanto riguarda le professioni regolamentate, gli ordini professionali o gli organismi affini presso i quali il prestatore è iscritto, la qualifica professionale e lo Stato membro nel quale è stata acquisita

• le eventuali clausole e condizioni generali applicate dal prestatore

• l’esistenza di eventuali clausole contrattuali utilizzate dal prestatore relative alla legge applicabile al contratto e/o alla giurisdizione competente

• l’esistenza di un’eventuale garanzia post vendita non imposta dalla legge

• il prezzo del servizio, laddove esso è predefinito dal prestatore per un determinato tipo di servizio

• le principali caratteristiche del servizio, se non già apparenti dal contesto

• l’assicurazione o le garanzie di cui all’art. 23.1 della Direttiva, in particolare il nome e l’indirizzo dell’assicuratore o del garante e la copertura geografica.

Art. 22.3 - Informazioni che devono essere fornite a richiesta del destinatario Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori, su richiesta del destinatario, comunichino le seguenti informazioni supplementari:

• ove non vi sia un prezzo predefinito dal prestatore per un determinato tipo di servizio, il prezzo del servizio o, se non è possibile indicarlo esattamente, il metodo di calcolo del prezzo per permettere al destinatario di verificarlo, o un preventivo sufficientemente dettagliato

• per quanto riguarda le professioni regolamentate, un riferimento alle regole professionali in vigore nello Stato membro di stabilimento e ai mezzi per prenderne visione

• informazioni sulle loro attività multidisciplinari e sulle associazioni che sono direttamente collegate al servizio in questione, nonché sulle

Riferimenti

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