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UN CASO DI MALPRACTICE IN AMBITO DI DISORDINI TEMPOROMANDIBOLARI

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TAGETE 2-2009 Year XV

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UN CASO DI MALPRACTICE IN AMBITO DI DISORDINI TEMPOROMANDIBOLARI

Dr. Mario Aversa*, Dr. Marco Brady Bucci**, Dr. Daniele Manfredini***

ABSTRACT

Una breve analisi del contenzioso in materia di Disordini Temporomandibolari (DTM) è preludio alla descrizione di un caso clinico emblematico di responsabilità professionale, caratterizzato da condotta superficiale in fase diagnostica ed errore di scelta in fase terapeutica; le decisioni adottate dal curante, mancando di riferimento scientifico e di riscontro obiettivo nella pratica clinica, hanno inevitabilmente esitato nella mancata risoluzione della patologia esistente.

E’ assolutamente necessario che la diagnosi in materia gnatologica venga effettuata con riferimento a criteri d’indagine il più possibile standardizzati, scarsamente operatore- dipendenti e di vasta diffusione nella comunità scientifica, col fine ultimo di identificare la patologia esistente in linea con le classificazioni più aggiornate sui Disordini Temporomandibolari.

Le stesse considerazioni possono essere espresse per ciò che concerne la scelta della strategia terapeutica:

essa dovrà risultare rispettosa dei principi della Evidence-Based Medicine (Dentistry) e dovrà seguire i parametri di una condotta clinica riconosciuta valida e predicibile nei risultati; l’iter terapeutico dovrà essere monitorato dal rilievo di obiettivazioni cliniche che facciano riferimento, come per la diagnosi, a criteri semeiotico-clinici standardizzati.

PAROLE CHIAVE: Disordini Temporomandibolari (DTM), Responsabilità Professionale, Evidence Based Dentistry (EBD)

* Odontoiatra, spec. Medicina Legale, Libero Professionista, Salerno

** Odontologo Forense, Libero Professionista, La Spezia

*** Prof. a c. Dipartimento Chirurgia Maxillo-Facciale, Università di Padova

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2 INTRODUZIONE

In quest’ultimo decennio si è assistito ad una crescita notevole della richiesta di consulenze valutative odontoiatriche e di relazioni medico-legali inerenti problematiche dell’articolazione temporo-mandibolare (ATM) al fine di evidenziare la presenza di Disordini Temporomandibolari correlabili a traumi o ad errori iatrogeni, discriminando vere patologie da pretestazioni (1-5).

La complessità eziopatogenetica e la variabilità di segni e sintomi presenti nel paziente affetto da DTM e la mancanza, a tutt’oggi, di un protocollo diagnostico e terapeutico che possa essere assunto come riferimento, rendono ragione dell’esistenza di modalità differenti di approccio clinico al paziente disfunzionale, con inevitabili riflessi in ambito medico legale valutativo. Si consideri altresì che la scarsità di letteratura e di linee guida sull’argomento rendono estremamente difficile la valutazione del paziente DTM in riferimento a criteri di Evidence Based Medicine (Dentistry). (6)

L’inizio dell’era moderna della gnatologia si fa risalire al 1934, anno in cui J.B. Costen collocava un quadro sindromico di apparente pertinenza otoiatrica nell’ambito di competenza odontostomatologica (7)

Nel decenni successivi si è evidenziata la peculiare complessità anatomo-funzionale dell’articolazione temporo-mandibolare traendo vantaggio dalla evoluzione delle tecniche di imaging che hanno consentito, contemporaneamente alla interpretazione

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3 delle correlazione neuro-muscolari dell’occlusione dentaria, di formulare diagnosi sempre più accurate dei quadri disfunzionali e di impostare le basi razionali dei possibili approcci terapeutici. (8-10)

La più attuale definizione di “Disordini Temporo-Mandibolari” (DTM) comprende un ampia gamma di patologie eterogenee che affliggono la Articolazione Temporo- Mandibolare (ATM), i muscoli masticatori o entrambi (11).

Due sistemi classificativi sono oggi adottati come standard di riferimento sia per la pratica clinica che per la progettazione di studi scientifici. Entrambi i sistemi hanno un orientamento clinico marcato e si basano prevalentemente sui sintomi quali dolore nell’area preauricolare e/o nei muscoli masticatori, anomalie nel movimento mandibolare, rumori articolari, quali click e/o crepitii, durante le escursioni. Le classificazioni di riferimento diagnostico sono: quella stabilita dalla American Academy of Orofacial Pain (AAOP) in collaborazione con l’International Headache Society e quella rappresentata dai Research Diagnostic Criteria for Temporomandibular Disorders (RDC/TMD).

Quest’ultimo è il sistema classificativo più usato dai ricercatori ed inquadra i DTM da un duplice punto di vista clinico e psicosociale e fa riferimento a criteri di indagine il meno possibile operatore dipendenti e quindi di oggettivazione standardizzata. (12-15)

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4 Peraltro, nonostante i progressi, il processo di trasferimento della informazione scientifica dalla comunità accademica a quella libero professionale è lungi dall’essere completo, come testimoniato dai frequenti casi di malpractice.

Inoltre, la mancanza di una unica eziologia per i DTM pone il problema medico-legale di come identificare il ruolo dei fattori di contribuzione maggiori e minori nell’ambito del nesso di causalità. (2,16)

L'elevata prevalenza di segni o sintomi della patologia nella popolazione generale sana, il loro aumento in modo direttamente proporzionale all'età ed il ridotto numero di soggetti che richiedono terapie gnatologiche, sono fattori che pongono un duplice problema: da un lato suggeriscono che non sempre i DTM con sintomatologia limitata rappresentano una patologia, quanto piuttosto variazioni parafisiologiche della normalità; dall'altro rendono difficoltosa l'individuazione di pretestazioni e di preesistenze da lesioni risarcibili. (3,5,8,12)

CASO CLINICO

Con riferimento alla responsabilità professionale in odontoiatria, viene di seguito espresso un caso clinico ritenuto emblematico per l’evidente scarsa attenzione nella fase di approfondimento/impostazione diagnostica e palese errore nella scelta del

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5 trattamento, cui è conseguito un contenzioso medico-legale per richiesta di risarcimento danni.

Il paziente, di anni 61, affetto da disturbi caratterizzati da algia diffusa ai muscoli masticatori e cefalea, previa esecuzione di esame radiografico (RX OPT ), si rivolgeva allo studio dentistico per una visita odontoiatrica.

L’ Ortopantomografia evidenziava la presenza di un manufatto protesico nel 1°

(12<>18 con pilastri 1.2, 1.3, 1.5, 1.8) e nel 2° quadrante della bocca del paziente (24<>26 con pilastri 2.4, 2.5, 2,6) (Foto 1)

Foto 1 : RX OPT

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6 A seguito di visita diagnostica, eseguita ad opera di un Odontoiatra che operava in consulenza presso lo studio al quale il paziente si era riferito, veniva formulato un piano di trattamento in cui si consigliavano svariati interventi di natura chirurgica e protesica ai fini riabilitativi occlusali. Riportiamo alcune note estrapolate dalla documentazione diagnostica: Esame extraorale: “….la palpazione dei muscoli masticatori evidenzia dolorabilità a carico del muscolo pterigoideo interno ed esterno, bilateralmente.

L'esame della funzionalità mandibolare evidenzia una lieve riduzione di tutti i movimenti di escursione..”

Diagnosi: “.disfunzione temporo-mandibolare bilaterale…”

Oltre agli interventi di chirurgia, veniva consigliata: “…terapia occlusale temporanea e riabilitazione occlusale definitiva, preceduta da un'accurata rivalutazione complessiva dei rapporti interarcata, rispettivamente nelle dimensioni verticali, sagittali e trasversalí”.

Non è presente altra documentazione cartacea relativa ai successivi interventi che portavano alla realizzazione di una riabilitazione protesica fissa superiore ed inferiore pressoché completa nelle due arcate.

Il paziente è in possesso, inoltre, di una stratigrafia dell’ATM, a trattamento riabilitativo ultimato, eseguita su indicazione del curante a causa della persistenza dei disturbi algico- disfunzionali che lo avevano indotto ad accettare le cure proposte. (Foto 2)

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7 Foto 2 RX STRATIGRAFIA ATM

L’ortopantomografia eseguita per valutare la situazione esistente, al confronto con quella precedente rispetto alle terapie eseguite, mostra la sostituzione degli elementi dentari 15 e 18 con impianti e la presenza di un ulteriore impianto in zona 37.

Nell’arcata inferiore, inoltre, si evidenzia la avvenuta rimozione dei ponti esistenti nei distretti laterali, sostituiti al momento con provvisori in resina. (Foto 3)

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8 Foto 3 RX OPT

IMPLICAZIONI MEDICO-LEGALI

Le terapie eseguite non conducono il paziente a risoluzione delle problematiche lamentate inizialmente; pertanto, insoddisfatto, apre il contenzioso richiedendo, nella fattispecie, il riconoscimento del danno dovuto all’ incauto ed inefficace trattamento del Disordine Temporomandibolare attuato direttamente con vasta protesizzazione: tale

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9 trattamento è stato oneroso, disagevole e di lunga durata ed ha comportato inutile protesizzazione degli elementi dentari superiori ed inferiori senza il raggiungimento di alcun risultato migliorativo sintomatologico; il dolore e la alterazione della funzionalità muscolare e articolare della articolazione temporo-mandibolare sono addirittura peggiorati. Vengono indicati, altresì, ai fini del risarcimento, la insufficiente osteo- integrazione dell’impianto in posizione 3.7 che radiologicamente presenta esposizione di numerose spire, e la incongrua terapia canalare del 2.2.

CONSIDERAZIONI

Il dato sul quale occorre soffermarsi anzitutto è rappresentato dalla mancanza di una adeguata procedura diagnostica che possa condurre il clinico ad inquadrare la patologia dell’ATM secondo canoni ormai universalmente descritti ed accettati dalla comunità scientifica. E’ comune il riscontro di generiche indicazioni di patologia (come in questo caso: ”Sindrome algico-disfuzionale dell’ATM”), senza che tale patologia sia più precisamente definita in base alle classificazioni di riferimento.

Quale diagnosi dovremmo considerare esistente di fronte ad un referto di “sindrome algico-disfunzionale dello stomaco” ?! Si tratterà di gastrite, ulcera, di lesione neoplastica? Le classificazioni dei Disordini Temporo-Mandibolari (questa è la corretta

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10 dizione corrente!) permettono di inquadrare la patologia in precise diagnosi, quali, ad esempio, Dislocazioni Discali, Disordini infiammatori- degenerativi ecc. (12-15)

La diagnosi si fonda sull’utilizzo della semeiotica e può essere sostenuta e/o chiarita dall’ausilio di esami strumentali, primo fra tutti la Risonanza Magnetica eseguita con diverse pesature. E’ altresì opportuno ricordare che la comunità scientifica è concorde nell’attribuire ai Disordini Temporo-Mandibolari una eziologia multifattoriale e che il ruolo del fattore occlusale è stato ampiamente ridimensionato. (6,16-18)

Un mancato inquadramento diagnostico conduce inevitabilmente ad errore terapeutico.

Il paragone ironico tra la ipotetica mancanza di diagnosi di fronte ad una patologia gastrica e la mancanza di diagnosi di fronte ad un disordine temporo-mandibolare, permette inoltre di comprendere come spesso l’utilizzo, quale terapia, di un bite generico nel paziente con DTM possa essere considerato alla stregua della somministrazione di un antiacido al paziente gastropatico. (3)

A maggior ragione, quindi, procedere ad una riabilitazione occlusale completa, trattamento non reversibile, in mancanza di adeguata diagnosi di DTM e in assenza di una conseguente appropriata terapia dello stesso, rappresenta fonte di errore e può essere inquadrata sotto il profilo della responsabilità professionale.

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11 Nel caso specifico, riconducendo tutti i sintomi del DTM ad una non specificata alterazione occlusale si è giunti alla errata convinzione che la protesizzazione fissa di entrambe le arcate avrebbe risolto i problemi lamentati dal malcapitato paziente.

DISCUSSIONE

Sono ormai numerosi i lavori scientifici che dimostrano la mancata validità della scelta terapeutica adottata ed un semplice esame della letteratura sarebbe, quindi, già di per se sufficiente - e lo sarebbe stato palesemente nel caso in oggetto - ad evitare importanti danni al paziente e fastidiose conseguenze legali per il curante.

A scopo didattico, è utile sottolineare che una corretta procedura per giungere ad un esaustivo inquadramento diagnostico ed alla successiva definizione di un corretto piano di trattamento potrebbe essere scandita, quale orientamento, dai passaggi suggeriti dai Research Diagnostic Criteria for TMD (RDC/TMD), come precedentemente citato.(14, 15)

Tali criteri diagnostici fondamentali sono rappresentati dalla compilazione di due dettagliati questionari, uno anamnestico ed uno relativo alla funzione mandibolare;

segue un accurato esame clinico ed il rilievo di rumori articolari, se presenti, nonchè la loro corretta valutazione. Adeguato spazio va dato, ovviamente, anche alla palpazione muscolare ed articolare (intra ed extra-orale).

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12 Una attenzione particolare va posta nei riguardi del dolore cronico (da valutare nell’arco degli ultimi sei mesi) e alle implicazioni che tale dolore ha eventualmente esercitato sulle quotidiane attività, lavorative e non (personali, ricreative, sociali e familiari).

Infine, si procede al rilievo di eventuali note di carattere psicologico, quali condizioni ansioso-depressive e somatizzazioni. (19)

Circa l’uso di esami strumentali quale supporto diagnostico, vi è parere concorde in letteratura sul fatto che la valutazione clinica sia di per se sufficiente a giungere a diagnosi di DTM nella maggior parte dei casi; laddove tecniche di imaging siano considerate necessarie, la RM rappresenta oggigiorno il gold standard di riferimento. (9) La terapia dovrebbe essere rivolta essenzialmente alla riduzione del dolore, al miglioramento della limitazione funzionale ed al rallentamento della progressione della malattia. Va sempre considerato che, come molti altri disturbi muscolo-scheletrici, i segni ed i sintomi dei DTM possono essere transitori ed auto-limitanti; in presenza di dolore o limitazione funzionale si preferiscono, quindi, terapie conservative non invasive e reversibili, che si dimostrano sufficienti a migliorare le condizioni di una vasta maggioranza di pazienti (80-90%). (16)

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13 Alcuni casi richiedono un approccio multidisciplinare, con particolare attenzione anche verso il fattore psicogeno, al fine di controllare lo stato di ansia o di depressione che spesso accompagna e sostiene queste sindromi.

La terapia conservativa può includere cambiamenti di abitudini, medicamenti orali per il dolore, terapia fisica, apparecchi intraorali rimovibili. (20)

Le indicazioni verso trattamenti irreversibili (ortodonzia, molaggio selettivo, protesi o chirurgia) devono essere valutate con estrema attenzione in relazione al caso specifico ed il ricorso ad esse deve essere riservato alla sola finalizzazione, una volta rientrata la patologia da DTM.

CONCLUSIONI

Lo studio dell’occlusione e della sua relazione con la funzione del sistema masticatorio è stato per anni, ed è tuttora, un argomento di notevole interesse in odontoiatria. Questa relazione si è dimostrata abbastanza complessa e l’enorme interesse in questa area, unito alla mancanza di una conoscenza esaustiva, ha stimolato numerosi concetti, teorie, metodi di trattamento che, per certi versi, hanno portato ancor più confusione in un campo di già di per sé complicato. Il professionista deve formulare le proprie scelte terapeutiche sulla base delle conoscenze scientifiche al tempo presente, attento ad una analisi costante delle nuove acquisizioni provenienti della mondo della ricerca (EBD).

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14 Questo è certamente un compito difficile ma non bisogna mai dimenticare che idee non supportate da referenze dovrebbero essere considerate solo opinioni che necessitano di essere scientificamente investigate al fine di poterle verificare o negare. In relazione al significativo sviluppo scientifico maturato negli ultimi decenni in materia di DTM, il professionista ha l’obbligo di rispondere adeguatamente, con cambiamenti di ordine diagnostico e terapeutico che meglio riflettono la nuova informazione.

Per quanto concerne i riflessi medico-legali, nonostante le accennate difficoltà per il clinico di aggiornarsi e di adeguare i protocolli operativi al continuo fluire delle conoscenze scientifiche, la diligenza e la prudenza medie impongono al professionista la scelta di un approccio diagnostico e di una strategia terapeutica quanto più possibile obiettiva e standardizzata, che non esuli dai parametri di una condotta riconosciuta valida e predicibile ovvero rispettosa dei principi della Evidence Based Medicine (EBM).

Sarà così possibile limitare il verificarsi di errori grossolani nella gestione di pazienti affetti da DTM ed evitare di assistere ad evoluzioni più o meno pesantemente invalidanti di quadri clinici di per sé potenzialmente reversibili e che riconoscono spesso, come rilevante elemento causale (quantomeno concorrente), uno scorretto inquadramento diagnostico e/o una impropria condotta terapeutica.

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Riferimenti

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