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Ancora in tema di nullità dell’atto di citazione nella revocatoria - Judicium

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Mara Adorno

Ancora in tema di nullità dell’atto di citazione nella revocatoria fallimentare

1. Premessa

Appare opportuno anticipare che il nuovo testo dell’art. 67 l.fall. (a seguito del D.L. n. 35/2005 convertito nella l. n. 80/2005) ha limitato l’ambito di applicazione dell’azione revocatoria fallimentare rispetto alle rimesse bancarie, attraverso la previsione nel terzo comma, lett. b), di un’esenzione dalla revocatoria delle rimesse che non abbiano ridotto in misura consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca (ipotesi in cui si ristabilirebbe, invece, il principio di revocabilità delle stesse) (1).

Dalla lettura della norma novellata una parte della dottrina si è espressa nel senso di ritenere che il nuovo regime di revocabilità delle rimesse bancarie ha rappresentato il superamento

(1) Tra i primi contributi sulla nuova disciplina della revocatoria delle rimesse bancarie, v. M. Fabiani, La revocatoria fallimentare «bonsai» delle rimesse in conto corrente, in Foro it., 2005, I, 3297 ss.; Id., L’alfabeto della nuova revocatoria fallimentare, in questa Rivista, 2005, 573 ss.; G. Schiano Di Pepe, La nuova revocatoria fallimentare, in Dir. fallim., 2005, I, 798 ss.; L. Guglielmucci, La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente, ibid., 805 ss.; G. Tarzia, Le esenzioni (vecchie e nuove) dall’azione revocatoria fallimentare nella recente riforma, in questa Rivista, 2005, 835 ss.; A. Silvestrini, La nuova disciplina della revocatoria delle rimesse su conto corrente bancario, ibid., 844 ss.; S. Fortunato, Brevi note sulla “filosofia” della nuova revocatoria fallimentare, in Giur. comm., 2005, I, 718 ss.; S. Vincre, Le nuove norme sulla revocatoria fallimentare, in Riv. dir. proc., 2005, 877 ss.; M. Arato, Fallimento: le nuove norme introdotte con la l. 80/2005, in Dir. fall., 2006, I, 157 ss.; G. Terranova, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari, ibid., 243 ss.; A. Silvestrini, La nuova disciplina dell’art. 67 della legge fallimentare, ibid., 848 ss.; M. Farina, Alla ricerca delle rimesse revocabili. Spunti critici per una riflessione sul nuovo art. 67, 3° comma, lett. b), l. fall., in questa Rivista, 2006, 229 ss.; A. Patti, L’esenzione da revocatoria delle rimesse bancarie, ibid., 238 ss.; M. Sandulli, La nuova disciplina dell’azione revocatoria, ibid., 611 ss.; M. Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie nel «nuovo» art. 67 l. fall., ibid., 853 ss.; B. Meoli, Vecchie e nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, in Giur. comm., 2006, I, 207 ss.; D. Galletti, Le nuove esenzioni dalla revocatoria fallimentare, ivi, 2007, I, 163 ss.; P. Menti, La revoca delle rimesse bancarie dopo il decreto correttivo della riforma fallimentare, in questa Rivista, 2007, 1279 ss.; N. Abriani-L. Quagliotti, «An» e «quantum» della «novissima»

revocatoria delle rimesse bancarie, ivi, 2008, 377 ss.Inoltre, per ulteriori riferimenti bibliografici sul tema, G. Cavalli, Commento all’art. 67, terzo comma, lett. b), in Il nuovo diritto fallimentare, diretto e coordinato da A. Jorio-M. Fabiani, vol. I, Bologna, 2006, sub art. 67, 945 ss.; nonché, L. Quagliotti,Il conto corrente bancario, le rimesse e l’esposizione debitoria nel nuovo corso della revocatoria fallimentare, in questa Rivista, 2009, 103 ss.; M. Arato, I primi orientamenti sulla revocatoria delle rimesse bancarie dopo la riforma della legge fallimentare, ivi, 2008, 1216 ss.; M.

Fabiani, in nota a Trib. Milano 27 marzo 2008, in Foro it., 2008, I, 1947.

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dell’insegnamento giurisprudenziale (2) in virtù del quale, nel vigore della precedente disciplina, potevano costituire oggetto di revocatoria soltanto le rimesse su conto scoperto, (c.d. solutorie).

Nell’ottica dell’interpretazione proposta, il legislatore del 2005 sembrerebbe prescindere da ogni indagine ex ante (ossia al momento dell’accreditamento) sull’effetto solutorio o ripristinatorio conseguito dalla singola rimessa, con la conseguenza di estendere, per un verso, l’operatività della revocatoria sia alle rimesse effettuate su conto scoperto sia agli accrediti intervenuti nei limiti dell’affidamento concesso, di ridurre, per l’altro, l’ambito operativo della revocatoria delle rimesse solutorie (3).

Pertanto, possono essere dichiarate inefficaci quelle rimesse che, in quanto non seguite da ulteriori prelievi, hanno determinato, con una valutazione a posteriori dell’andamento globale del conto corrente, un rientro per la banca e, quindi, una diminuzione dell’esposizione debitoria del fallito in misura consistente e durevole.

Una ricostruzione opposta, che valorizza, invece, la scelta interpretativa, di matrice giurisprudenziale, innanzi menzionata, radicata nel precedente sistema normativo, reputa suscettibili di revoca solo le rimesse caratterizzate dalla funzione solutoria (4).

Ciò significa che, ai fini dell’assoggettamento a revocatoria, le rimesse devono intervenire su un conto scoperto e ridurre il credito vantato dalla banca nei confronti del fallito, attraverso un rientro consistente e durevole dallo sconfinamento.

Interpretazione questa che sarebbe, peraltro, suffragata dal riferimento, contenuto nella lett. b) dell’art. 67 l.fall., all’espressione «esposizione debitoria».

Si noti, comunque, che le predette novità esulano dalle questioni affrontate dalle decisioni annotate, poiché esse risolvono controversie soggette al regime vigente prima della riforma della legge fallimentare.

2. La decisione del Tribunale di Napoli

La pronuncia del Tribunale di Napoli offre lo spunto per alcuni rilievi in tema di nullità dell’atto di citazione, allorché sia esercitata un’azione revocatoria per la dichiarazione di inefficacia di rimesse in conto corrente bancario.

(2) Di essi si farà menzione nel testo più avanti, nel par. 4, spec. alla nota 22.

(3) Nel senso che il novellato regime delle esenzioni, di cui all’art. 67, terzo comma, lett. b), l.fall., ha segnato l’abbandono della distinzione tra rimesse solutorie effettuate su conto corrente scoperto e rimesse ripristinatorie affluite su conto corrente passivo, tra gli altri, v. L. Guglielmucci, La nuova normativa sulla revocatoria, cit., 807; G. Tarzia, Le esenzioni (vecchie e nuove), cit., 841; G. Cavalli, Commento all’art. 67, terzo comma, lett. b), cit., 970; M. Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie, cit., 856; A. Silvestrini, La nuova disciplina della revocatoria, cit., 847; M.

Sandulli, La nuova disciplina, cit., 613; M. Farina, Alla ricerca delle rimesse revocabili, cit., 233 G. Terranova, La nuova disciplina, cit., 260 s.

(4) Cfr. U. De Crescienzo - L. Panzani, Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2055, 101; A. Patti, L’esenzione da revocatoria, cit., 240; V. Sanasi D’Arpe, Considerazioni sulla nuova revocatoria fallimentare delle rimesse su conto corrente, in www.judicium.it, 4; Fortunato, Brevi note, cit., 721, il quale ritiene che, ai fini dell’applicazione della nuova disciplina, non si possa ignorare la differenza esistente tra rimesse su conto affidato e rimesse su conto scoperto.

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Nella fattispecie decisa, il curatore aveva chiesto la revoca delle rimesse aventi natura solutoria effettuate dal fallito nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento su un determinato conto corrente ed indicato contestualmente l’ammontare complessivo della pretesa.

Il giudice istruttore, rilevata la nullità della citazione, disponeva l’integrazione della domanda, ai sensi dell’art. 164, quinto comma, c.p.c., ed il curatore, nel termine assegnatogli, notificava l’atto integrativo, contenente la specifica indicazione delle rimesse ritenute revocabili.

Peraltro, in sede di precisazione delle conclusioni, a seguito dell’espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, il curatore ampliava il proprio petitum, estendendo la richiesta di revoca al maggiore importo revocabile, come determinato dal consulente, deducendo che il minor importo richiesto era dovuto ad un errore di calcolo.

Il Tribunale di Napoli ha accolto la domanda, richiamando alcuni principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, incline ad un’interpretazione meno rigorosa riguardo alla determinazionedegli elementi costitutivi della domanda revocatoria di rimesse bancarie (5).

3. Revocatoria fallimentare di rimesse bancarie e requisiti di validità dell’atto di citazione nella prospettiva della giurisprudenza.

Il tema della nullità della domanda introduttiva dell’azione revocatoria fallimentare non è affatto sconosciuto alla giurisprudenza sia di merito sia di legittimità, che ha affrontato da prospettive diverse la questione, proponendo soluzioni altrettanto difformi.

A ben vedere, un profilo di particolare interesse deriva dal fatto che l’atto di citazione nullo per vizi inerenti alla editio actionis non può produrre l’effetto interruttivo del termine quinquennale di prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare. Infatti, la qualificazione dell’azione revocatoria, quale azione di natura costitutiva, implica che soltanto la domanda giudiziale, purché validamente proposta, sia idonea ad interrompere la prescrizione, non potendo ricondursi tale effetto sostanziale ad un atto stragiudiziale di costituzione in mora, ai sensi dell’art. 2943 c.c., ultimo comma (6). Ne

(5) In armonia con tale ricostruzione si pone, altresì, la seconda decisione in rassegna, relativamente alla parte in cui la Suprema Corte, nell’ambito di un giudizio promosso per la dichiarazione di inefficacia di tutti i pagamenti effettuati dalla fallita nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, ha escluso l’invalidità della citazione introduttiva, in considerazione della possibilità di individuare l’oggetto della domanda attraverso la specificazione del conto corrente del soggetto insolvente, il riferimento ad un intervallo temporale determinato ed, infine, l’indicazione dell’importo complessivo per ciascun anno dei pagamenti revocabili.

Diversamente, nel caso deciso dall’ultima pronuncia, ove il curatore aveva agito per la revoca ai sensi dell’art. 67, primo comma, l.fall., di «tutti gli atti a titolo oneroso (…); di tutti i versamenti effettuati (…) a norma dell’art. 67, secondo comma, l.fall.; di tutte le operazioni effettuate a norma dell’art. 67, primo comma, n. 3, l.fall.», la Cassazione ha stabilito che, per una corretta identificazione della domanda di revocatoria fallimentare, non potesse prescindersi dalla indicazione degli atti e dei pagamenti impugnati nonché dei fatti posti a fondamento del diritto azionato.

E, come chiarito in motivazione, tale deficienza non poteva essere compensata dal riferimento alla somma complessivamente richiesta ovvero dall’indicazione per categorie delle diverse operazioni bancarie, atteso che queste informazioni non consentivano l’individuazione dei singoli atti o pagamenti, ritenuti inefficaci, oggetto della domanda.

(6) Nel senso che l’efficacia interruttiva della prescrizione di un’azione revocatoria fallimentare non è riconducibile ad un atto di citazione nullo per assoluta incertezza del petitum, né, a tal fine, esso può valere come atto di costituzione in

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consegue che la questione assume una rilevanza affatto significativa nell’ipotesi in cui, proposta la domanda revocatoria, affetta da nullità, allo spirare del termine di prescrizione, com’è spesso consuetudine dei curatori, la prescrizione stessa è destinata a maturare nel tempo intercorrente tra la notificazione dell’atto invalido e l’integrazione del medesimo (7).

Secondo una prima opzione interpretativa, accolta dalla decisione del giudice napoletano (8), la mancata indicazione delle singole rimesse impugnate non determina l’invalidità, per difetti attinenti all’enunciazione del petitum, dell’atto di citazione proposto per la revoca di tutte le rimesse eseguite dal debitore sul conto corrente bancario e per una somma complessivamente determinata (9).

Si sostiene che, in tal caso, l’indicazione nell’atto di citazione degli elementi identificativi della pretesa, ossia il riferimento al conto corrente su cui sono effettuate le rimesse e, congiuntamente, al periodo di tempo antecedente al fallimento, consente di individuare sufficientemente l’oggetto della domanda revocatoria, rappresentato da «tutte» le rimesse intervenute sul conto del fallito nel periodo sospetto. Dalla domanda revocatoria proposta in questi termini, infatti, si desume che l’attore, assumendo l’inefficacia della globalità delle rimesse impugnate e quantificandone l’importo chiesto in restituzione, ritiene che tutte indistintamente abbiano natura solutoria (10).

mora, stante la natura costitutiva dell’azione medesima, v. App. Bari 8 novembre 2003, in Giur. it., 2005, I, 1031, con nota di V. Tripaldi, cui si rinvia per ulteriori indicazioni.

Per la natura costitutiva dell’azione revocatoria fallimentare, v., di recente, Cass. 22 marzo 2007, n. 6991, in Giust. civ., 2007, I, 1597 e in Foro it. 2007, I, 2410; Cass. 18 gennaio 2006, n. 887, in Foro it. Mass. 2006, 957; nonché, per altri riferimenti bibliografici, la nota citata di V. Tripaldi.

(7) E’ noto che, ai sensi dell’art. 164, quinto comma, c.p.c., la sanatoria dei vizi relativi alla editio actionis determina la decorrenza degli effetti sostanziali e processuali dal momento dell’integrazione della domanda, fermi restando i diritti quesiti medio tempore (ossia tra la notificazione della citazione nulla e l’integrazione della stessa).

(8) Soluzione condivisa, altresì, da Cass. 14065/08 in epigrafe.

(9) Questo orientamento, tendenzialmente prevalente, è stato inaugurato, per i giudici di legittimità, da Cass. 12 novembre 2003, n. 17023, in questa Rivista, 2005, 23, con nota di F. Lamanna, e in Foro it., 2004, I, 410, con nota di M. Fabiani,ed è stato condiviso, poi, daCass. 5 aprile 2005, n. 7074, in Giust. civ., 2005, I, 1466 e Cass. 31 marzo 2006, n. 7667, in questa Rivista, 2007, 313, con osservazioni di A. Silvestrini.

Nello stesso senso, v., da ultime, Cass. 30 maggio 2008, n. 14552, in questa Rivista, 2009, 118; Cass. 22 giugno 2007, n. 14676, ivi, 2007, 1232; nonché, Cass. 3 agosto 2007, n. 17049, in Foro it. Rep. 2007, voce Fallimento, n. 540.

Conformi, tra i giudici di merito, Trib. Padova 29 aprile 2005, in Giur. comm., 2007, II, 702 con nota di E.

Ricciardiello, Revocatoria di rimesse bancarie e natura dell’obbligazione restitutoria; Trib. Milano 18 novembre 2003, in questa Rivista, 2004, 578; Trib. Foggia 19 aprile 2001, in Foro it., 2001, I, 2348; Trib. Foggia 9 febbraio 2001, ivi, 2001, 1383, con nota di M. Fabiani; Trib. Brescia 19 luglio 2000, in Dir. fall., 2001, II, 1395, con nota di G.U.

Tedeschi, Nullità della citazione introduttiva della revocatoria fallimentare, saldo disponibile, apertura di credito ed operazioni bilanciate.

(10) Cfr., sul punto, Trib. Foggia 9 febbraio 2001, cit., nonché in nota, in tal senso, M. Fabiani. In linea con questa interpretazione, v., anche, Trib. Foggia 19 aprile 2001 e Trib. Brescia 19 luglio 2000, citate nella nota precedente.

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Non può, invece, sottrarsi ad una censura di nullità, per assoluta incertezza dell’oggetto, l’atto di citazione, qualora all’indicazione della somma complessivamente pretesa corrisponda la richiesta di revoca delle sole rimesse «aventi natura solutoria» e queste non siano specificamente individuate.

Si è osservato che, «in questo caso, l’assoluta incertezza è determinata dalla contraddizione fra una richiesta cumulativa e l’allegazione di fatti autonomi ed indipendenti» (11). Peraltro, atteso che la natura asseritamente solutoria delle rimesse impugnate è posta a fondamento della domanda, senza alcuna specificazione delle singole rimesse, spetterà al convenuto, che intenda determinare quali di esse costituiscano oggetto dell’azione proposta nei suoi confronti, il compito non agevole di doverne verificare la natura solutoria (12).

Non condivide l’orientamento prospettato e ne critica il ragionamento la giurisprudenza (13), che afferma la necessità di indicare analiticamente, a pena di nullità della domanda di revoca, le singole rimesse ritenute inefficaci nonché i fatti posti a fondamento della domanda medesima (14).

Posto che il regime di nullità dell’atto di citazione di cui all’art. 164 c.p.c., che esige la specifica identificazione dell’oggetto e delle ragioni poste a fondamento della domanda, è funzionalmente collegato all’esercizio del diritto di difesa del convenuto (15), si ritiene che la mera indicazione per categorie astratte delle diverse operazioni revocabili ovvero l’irrilevante elencazione nell’atto

(11) Così M. Fabiani in nota a Trib. Foggia 9 febbraio 2001, cit., e, in motivazione, Trib. Padova 29 aprile 2005, cit.

(12) A tal proposito, v. A.A. Romano, Note minime in tema di nullità dell’atto di citazione ex art. 67, comma 2°, l.fall., in Banca borsa tit. cred., 2003, II, 65, il quale rileva la difficoltà nel riscontro dei criteri, affatto univoci né di pronta applicazione, per l’individuazione di tale natura.

(13) E’ questa la tendenza manifestata da Cass. 10361/08 in rassegna.

(14) Per l’invalidità della domanda di revoca volta ad una generica dichiarazione di inefficacia di tutti gli atti e i pagamenti compiuti nel periodo sospetto, nell’ipotesi di omessa specificazione dei singoli atti e pagamenti che si intendono revocare e dei fatti costitutivi della domanda, v. Trib. Bari 13 giugno 1997, in Giur. it., 1999, 756, con nota adesiva di B. Poliseno, Sulla nullità per i vizi inerenti alla editio actionis dell’atto introduttivo dell’azione revocatoria fallimentare.

Nel senso che la specifica indicazione dei versamenti da revocare è richiesta a pena di nullità della domanda revocatoria, che si riferisca alle sole rimesse aventi caratteristiche solutorie, cfr., inoltre, Cass. 18 aprile 2003, n. 6309, in questa Rivista, 2004, 1088, con osservazioni di F. Signorelli, ove si afferma la nullità dell’atto citazione, da cui non sia identificabile l’oggetto della domanda, giacchè viene chiesta la revoca di tutti i versamenti aventi natura solutoria affluenti sui conti correnti del debitore fallito nonché, per la giurisprudenza di merito, Trib. Ivrea 19 gennaio 2004, in questa Rivista, 2005, 201, con nota di V. Cederle, Nullità della citazione per indeterminatezza dell’oggetto nell’azione revocatoria fallimentare: presupposti ed effetti; Trib. Milano 20 dicembre 2001, in Banca borsa tit. cred., 2003, II, 60, con nota critica di A.A. Romano, cit.; Trib. Parma 18 marzo 1999, in Giur. it., 1999, 1852; Trib. Padova 15 luglio 1997, in Banca borsa tit. cred., 1999, II, 741, con nota di A.A. Romano,Sul giudizio di nullità dell’atto di citazione per assoluta incertezza dell’atto e dei fatti costituenti le ragioni della domanda.

(15) Oltre a consentire al giudice di avere conoscenza con sufficiente esattezza del thema decidendum, ossia di poter adeguatamente individuare la pretesa dedotta in giudizio.

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introduttivo dei pretesi versamenti con la precisazione della loro somma complessiva, non possono garantire le esigenze difensive della banca convenuta (16).

Tali riferimenti, estremamente generici, non consentono di superare i profili di indeterminatezza dell’atto introduttivo, se in esso non sono contenuti gli elementi sufficienti alla identificazione delle singole rimesse revocabili, ossia il riferimento all’importo, alla data, alle modalità ed alla causale dei singoli versamenti e se, comunque, manca l’esposizione degli altri fatti costituenti le ragioni della pretesa.

4. Individuazione dell’oggetto della domanda: l’indicazione del diritto fatto valere e dei relativi fatti costitutivi.

Tanto innanzi esposto, si può indubbiamente formulare un duplice ordine di considerazioni critiche.

Innanzitutto, perché i requisiti relativi all’editio actionis possano essere rispettati, non basta l’indicazione di fattispecie generali ed astratte, attraverso il mero richiamo di quelle contemplate dall’art. 67 l.fall., ma è necessaria la deduzione di fatti storici circostanziati (ad es.: la domanda di revoca di uno specifico atto e/o pagamento riconducibile alla singola fattispecie normativa).

Non può non condividersi la circostanza che, ai fini della validità della domanda revocatoria e, quindi, della esatta determinazione del petitum, risulta decisiva non solo l’enunciazione del diritto alla dichiarazione di inefficacia di tutti gli atti che si intendono revocare, ma anche la specifica individuazione dei singoli atti impugnati (17).

Applicando tale principio alla fattispecie risolta dal Tribunale di Napoli, si potrebbe ritenere che la domanda di revoca, che si riferisca a rimesse in conto corrente bancario con caratteristiche solutorie, è oggettivamente indeterminata, e, come, tale soggetta ad un giudizio di nullità, qualora manchi l’analitica prospettazione delle rimesse considerate di natura solutoria e, dunque, suscettibili di revocatoria.

Pertanto, ove non sia assolutamente possibile identificare quali specifici atti e/o pagamenti, che si assumono inefficaci, siano oggetto di azione revocatoria, si può ragionevolmente concludere per l’indeterminatezza della pretesa azionata in giudizio a causa della carenza delle indicazioni necessarie alla sua individuazione.

(16) Così ha opportunamente chiarito la S.C. nell’ultima decisione in epigrafe, atteso che il diritto di difesa della banca convenuta sarebbe leso dalla difficoltà di individuare esattamente «quanto l’attore richiede» e «le ragioni per cui lo fa».

(17) Così, v. B. Poliseno, Sulla nullità per i vizi inerenti alla editio actionis, cit., 759, la quale precisa che l’indicazione dei singoli atti e/o pagamenti di cui si chiede la revoca, in quanto consente di accertare la sussistenza dei requisiti per la loro revocabilità, incide non solo sulla validità della domanda revocatoria, ma anche sulla sua fondatezza.

Se, da un lato, si può censurare, per l’omessa specificazione del diritto fatto valere in giudizio, la decisione adottata da Cass. 14065/08 che ha escluso l’incompletezza (rectius l’invalidità) dell’atto di citazione con cui la curatela proponeva indistintamente tutte le diverse azioni revocatorie di cui all’art. 67 l.fall. (ad eccezione di quella di cui al primo comma, n. 4), senza indicare alcun atto o pagamento che assumeva inefficace, dall’altro, deve giudicarsi corretta la soluzione scelta da Cass. 10361/08 che, pronunciatasi in un caso simile, ha, invece, rilevato come il riferimento alle categorie degli atti revocabili ovvero la determinazione dell’ammontare complessivo dei pretesi versamenti, non avrebbe potuto sostituire, ai fini della individuazione dell’oggetto della domanda, la specifica indicazione delle singoli atti e dei pagamenti ritenuti revocabili.

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Oltretutto, contrariamente a quanto sostengono alcuni giudici, prevalentemente di merito (18), e tra essi il giudice napoletano, non convincono le obiezioni, secondo cui le operazioni revocabili, sebbene non specificatamente individuate, sono identificabili de relato attraverso il riferimento alla documentazione bancaria prodotta in giudizio o di cui l’attore chieda l’acquisizione ai sensi dell’art.

210 c.p.c.

Certamente il contenuto di un atto di citazione originariamente indeterminato, per l’assoluta incertezza del petitum o per la mancata indicazione della causa petendi, non può essere integrato attraverso il rinvio alla descrizione contenuta nei documenti allegati, non avendo questi ultimi alcuna funzione sanante della invalidità della domanda stessa.

Invero, se, ai fini della determinazione degli elementi identificativi della domanda revocatoria, per un verso, non può attribuirsi efficacia decisiva al mero richiamo alla documentazione bancaria acquisita in giudizio o di cui l’attore formuli istanza di esibizione, dal momento che la sanatoria della nullità può avvenire, per espressa previsione normativa, esclusivamente attraverso l’integrazione o la rinnovazione dell’atto introduttivo, per altro verso, non si può affidare «ad un non legittimo esplorativo ordine di esibizione» la possibilità di determinare l’oggetto della domanda (19).

Inoltre, non si deve trascurare la circostanza per la quale, ai fini della validità della domanda revocatoria, assume decisiva rilevanza, oltre all’enunciazione degli atti oggetto dell’azione proposta, anche l’esposizione dei relativi fatti costitutivi (20).

(18) In giurisprudenza si è ritenuto che non sia configurabile la nullità della domanda revocatoria avente ad oggetto rimesse in conto corrente bancario asseritamente operate nel periodo sospetto e non indicate analiticamente, se contestualmente sia richiesto al giudice di ordinare l’esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. dell’estratto conto attestante i versamenti impugnati (Cass. 31 marzo 2006, n. 7667, cit.); se l’atto introduttivo si riferisce a prospetti riassuntivi prodotti in giudizio (Trib. Padova 29 aprile 2005, cit.) ovvero contiene un espresso rinvio all’estratto conto ad esso allegato (Cass. 3 agosto 2007, n. 17049, cit.; Trib. Brescia 19 luglio 2000, cit.); se per l’esposizione dei fatti l’attore abbia fatto riferimento alle risultanze del libro giornale (Trib. Foggia 19 aprile 2001, cit.), ovvero, in generale, alla documentazione prodotta o di cui egli stesso abbia ordinato l’esibizione in giudizio ex art. 210 c.p.c. (Trib. Foggia 9 febbraio 2001; Cass. 12 novembre 2003, n. 17023).

Per converso, si è affermata l’invalidità dell’atto di citazione da cui non sia possibile identificare le singole rimesse revocande, salvo che le stesse non siano individuabili almeno per relationem (Trib. Milano 20 dicembre 2001, cit.).

(19) In questi termini Cass. 10361/08, in rassegna, rigetta la richiesta del fallimento di produrre in giudizio gli estratti conto indicati nell’atto introduttivo, motivando che il curatore avrebbe potuto sicuramente, attraverso l’acquisizione di copia della documentazione bancaria, reperire le informazioni relative all’esistenza di eventuali rimesse revocabili e, quindi, esplicitare puntualmente queste ultime nella citazione.

(20) Dalla riconduzione dell’azione revocatoria fallimentare alla categorie delle domande eterodeterminate, alcuni in dottrina hanno ritenuto indispensabile, a pena di nullità della domanda di revoca, l’indicazione degli atti e/o pagamenti da revocare ed, altresì, l’allegazione dei fatti costitutivi del diritto fatto valere in giudizio. In questo senso, B. Poliseno, op. cit., 758 s.; v. Cederle, Nullità della citazione per indeterminatezza dell’oggetto nell’azione revocatoria fallimentare, cit., 206 s. Diversamente, A.A. Romano, Sul giudizio di nullità dell’atto di citazione, cit., 759 s., ha qualificato l’azione revocatoria come «una domanda inequivocabilmente autodeterminata», sicché la nullità deriverebbe dall’assoluta impossibilità di identificare i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda medesima.

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Si può indubbiamente sostenere che la manchevole indicazione dei fatti posti a fondamento della domanda rende, infatti, impossibile l’individuazione del diritto azionato in giudizio, e, in una diversa prospettiva, poiché non consente la determinazione degli elementi costitutivi della specifica fattispecie revocatoria sottesa al diritto medesimo, inibisce, altresì, l’accertamento della sussistenza delle condizioni di revocabilità di cui all’art. 67 l.fall. (21).

Considerato che, secondo l’interpretazione recepita, oramai pacificamente, dalla giurisprudenza, le rimesse in conto corrente bancario sono revocabili tutte le volte in cui abbiano funzione solutoria e non anche quando abbiano natura ripristinatoria (22), ne consegue che, perché si possa individuare la natura del pagamento impugnato, ai fini dell’assoggettabilità a revocatoria dello stesso, si debbano indicare tanto l’atto affermato inefficace quanto i fatti inerenti alla specifica ipotesi di revocatoria.

S’impone un’ultima notazione.

La nullità dell’atto di citazione, in tema di revocatoria fallimentare, oramai, potrebbe non rappresentare un problema reale, ove si consideri che, come si è detto, la giurisprudenza ha ampiamente esaminato la questione nelle diverse occasioni in cui è stata chiamata a pronunciarsi in proposito. Sicché è ragionevole credere che i curatori, o almeno la maggior parte di essi, siano particolarmente diligenti nella redazione degli atti di citazione ed attenti nell’indicazione di tutti gli elementi necessari ad evitare di vedersi eccepire la nullità della domanda, con il rischio, non remoto, di dover sentire dichiarare l’estinzione del proprio diritto ad agire in revocatoria.

5. Individuazione dell’oggetto e novità della domanda revocatoria.

In conclusione, appare meritevole di indagine la questione, affrontata espressamente dalla pronuncia del Tribunale di Napoli, in ordine all’individuazione degli elementi identificativi dell’atto introduttivo di un’azione revocatoria esercitata per la restituzione di determinate rimesse solutorie, onde verificare i limiti in cui la modificazione della domanda medesima sia consentita ovvero configuri una mutatio libelli e, quindi, una inammissibile novità della domanda.

Dalle argomentazioni esposte in precedenza, emerge che ogni singola fattispecie revocatoria contemplata dall’art. 67 l.fall. integra l’oggetto di un’autonoma azione (23), sicché la rispettiva

(21) Si precisa che ciascuna delle diverse ipotesi di revocatoria di cui all’art. 67 l.fall. è identificata sia dall’elemento soggettivo (c.d. scientia decoctionis da parte della banca) sia dall’elemento oggettivo (la tipologia delle operazioni revocabili, la loro natura, la loro collocazione temporale, ecc.) e ciascuno di tali requisiti costituisce il presupposto previsto dall’art. 67 l.fall., la verifica della cui esistenza condiziona la dichiarazione di inefficacia degli atti e/o pagamenti di cui si chiede la revoca. In argomento, v. Cederle, op. cit., 207 s.; B. Poliseno, op. cit., 759 s.

(22) Secondo il riferito orientamento, si ritengono solutorie le rimesse che intervengono su un conto corrente «scoperto», ossia non assistito da un’apertura di credito ovvero in cui sia stato superato il limite del fido concesso, diversamente sono ripristinatorie della provvista le rimesse che affluiscono su un conto corrente affidato e nei limiti dell’affidamento.

Cfr., Cass. 6 novembre 2007, n. 23107, in questa Rivista, 2008, 525, con osservazioni di G. Cavallaro, e in Foro it., 2008, I, 1947, con nota di M. Fabiani; Cass. 23 novembre 2005, n. 24588, in questa Rivista, 2006, 967; Cass. 9 dicembre 2004, n. 23006, ivi, 2005, 565; Cass. 8 gennaio 2004, n. 76, in Giur. it., 2005, 278, con nota di G.M. Panini, Revocatoria fallimentare e rimesse in conto corrente bancario; Cass. 1° ottobre 2002, n. 14087, in questa Rivista, 2003, 523, con nota di F. Marelli, Oneri di allegazione, prova e preclusioni nella revocatoria di rimesse in conto corrente.

(23) Accolgono il principio dell’autonomia delle diverse ipotesi di revoca contenute nei due commi dell’art. 67 l.fall, sicché la domanda di inefficacia fondata sull’una è diversa da quella che si fonda sull’altra, tra le altre, Cass. 21

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domanda è identificata sia dal petitum sia dallo specifico fatto costitutivo posto a fondamento della stessa.

Pertanto, ogni variazione dei fatti costitutivi del diritto azionato ovvero l’allegazione di fatti diversi e ulteriori rispetto a quelli indicati nell’atto di citazione, implica un mutamento della causa petendi, e, perciò, la novità della domanda, senz’altro non ammissibile.

I medesimi rilievi possono essere svolti, qualora oggetto dell’azione revocatoria siano più rimesse, di cui si afferma l’inefficacia, perché aventi caratteristiche solutorie: ogni singola rimessa è identificata da uno specifico fatto costitutivo, che ne costituisce la causa petendi, con la conseguenza che la domanda si dovrà valutare sufficientemente individuata soltanto se, per un verso, si riferisce analiticamente alle rimesse revocande e, per l’altro, contiene l’indicazione del rispettivo fatto costitutivo.

Se, tuttavia, in sede di precisazione delle conclusioni, viene chiesta la revoca di un maggior numero di rimesse, rispetto a quelle originariamente allegate in citazione, la relativa domanda deve ritenersi nuova, e, pertanto, inammissibile, dal momento che l’ampliamento del petitum ad ulteriori rimesse determina il riferimento a fatti costitutivi nuovi, perché non dedotti tempestivamente con l’atto introduttivo (24).

Diversamente, in armonia con la decisione del giudice napoletano, se l’ampliamento del petitum, nel corso dell’udienza di precisazione delle conclusioni, riguarda la maggiore somma pretesa rispetto a quella richiesta con l’atto di citazione (25), non si può configurare una inammissibile modificazione della domanda, ossia una non consentita mutatio libelli, se la richiesta di revoca si riferisca «agli importi revocabili concernenti le rimesse specificatamente allegate». In tal caso, infatti, non si assiste ad alcun mutamento della causa petendi attraverso l’allegazione di nuovi fatti costitutivi, ma semplicemente alla correzione di un mero errore di calcolo, che non incide sull’identificazione della domanda e che può, nei limiti anzidetti, essere sicuramente rettificato.

6. Osservazioni conclusive.

In definitiva, dal nuovo contesto normativo sembra emergere che la previsione dell’art. 67, terzo comma, lett. b), l.fall. ha ridimensionato alcuni problemi derivanti dall’applicazione del regime previgente.

dicembre 2005, n. 28299, in Foro it. Rep. 2005, voce Fallimento, n. 423; Cass. 22 gennaio 2004, n. 1079, in Dir. fall., 2006, II, 31; Cass. 21 marzo 2003, n. 4126, in questa Rivista, 2004, 158, con nota di F. Guido, Ipotesi di revocatoria e regime processuale, e in Foro it., 2003, I, 1402, con nota di richiami di M. Fabiani, ove riferimenti bibliografici; Cass.

20 giugno 2000, n. 8375, in questa Rivista, 2001, 654; Cass. 20 marzo 1999, n. 2589, ivi, 2000, 161; Cass. 4 aprile 1997, n. 2936, ivi, 1998, 32.

(24) Nel senso di cui nel testo, v. Cass. 24 giugno 2008, n. 17090, in Foro it. Rep. 2008, voce Fallimento, n. 361, la quale se, da un lato, non richiede, a pena di nullità della domanda revocatoria, la specifica indicazione delle singole rimesse solutorie da revocare, dall’altro, si riferisce a ciascuna di esse, nel momento in cui, nel dichiarare l’inammissibilità della domanda nuova proposta successivamente, sostiene che «ogni rimessa costituisce uno specifico e diverso fatto costitutivo identificativo della causa petendi».

(25) Così, in motivazione, anche Cass. 24 giugno 2008, n. 17090, cit., secondo cui non rappresenta un non consentito ampliamento della domanda originaria la richiesta di una somma maggiore rispetto a quella proposta nell’atto di citazione, giacché «cosa questa che potrebbe rientrare nella formula».

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E’ noto che nelle prassi fallimentari veniva autorizzata la revoca indiscriminata di tutte le rimesse effettuate su conto scoperto, nella convinzione che ciascuna di esse concorresse a ridurre il debito del fallito nei confronti della banca, senza, peraltro, tener conto di eventuali successivi prelevamenti delle somme versate.

In tal modo, la dichiarazione di inefficacia finiva per colpire un importo spesso superiore rispetto a quello dell’affidamento accordato al cliente, perché costituito dall’insieme di tutti i singoli versamenti annotati.

La lettura della nuova norma e, unitamente, del nuovo terzo comma dell’art. 70 l.fall. (26), che stabilisce la misura dell’importo revocabile nella differenza tra la massima esposizione debitoria del fallito, nel periodo in cui è provata le scientia decoctionis della banca, e il saldo finale del conto alla data di apertura della procedura concorsuale, suggerisce una valutazione complessiva del rapporto tra cliente e banca nel periodo sospetto e consente di limitare la revocatoria all’effettivo rientro dall’esposizione debitoria conseguito dalla banca.

Quanto sinora osservato, inoltre, è in sintonia con il fatto che il legislatore sembra accogliere un’interpretazione restrittiva che, da un lato, esclude l’assoggettabilità al regime di esenzione delle rimesse che hanno conseguito un effetto solutorio, riferito alla riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria del fallito e, dall’altro, richiede, ai fini della validità dell’atto introduttivo dell’azione revocatoria, la necessaria e specifica individuazione delle rimesse revocabili.

Ciò trova puntuale conferma nella formulazione dell’art. 67 ove, alla lett. b), sono determinati i presupposti che definiscono l’ambito di revocabilità delle rimesse: la domanda di revoca deve contenere, a pena di nullità, non solo la specificazione delle rimesse ritenute inefficaci, ma anche l’indicazione dei requisiti della «consistenza» e «durevolezza» di ciascuna rimessa impugnata (27).

E si può ragionevolmente ritenere che la determinazione di tali presupposti è funzionale non solo alla validità della domanda, ma anche alla sua fondatezza, dal momento che la mancata dimostrazione che le rimesse abbiano ridotto in misura consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca, non può che comportare il rigetto nel merito della domanda (28).

Si è detto che l’introduzione del nuovo regime di revocabilità delle rimesse bancarie, definito dal combinato disposto degli artt. 67, terzo comma, lett. b) e 70 l.fall., sembra denotare una tendenza del legislatore verso una soluzione più formalista, che richiede l’indicazione specifica delle rimesse.

Tendenza che può evincersi sicuramente dal nuovo testo dell’art. 67, terzo comma, lett. b), l.fall., il quale, nel prevedere l’inserimento, ai fini della revocabilità delle rimesse bancarie, del criterio della

«consistenza» e «durevolezza», ha ridotto l’ambito applicativo della revocatoria delle rimesse solutorie, ed ha, altresì, delineato espressamente gli elementi costitutivi della fattispecie revocatoria delle rimesse bancarie. Infatti, perché una rimessa sia revocabile è necessario che sussistano le

(26) Per i problemi di coordinamento tra l’art. 67, terzo comma, lett. b), l.fall. e l’art. 70, terzo comma, l.fall., il cui ambito di applicazione è stato esteso espressamente anche ai rapporti di conto corrente bancario dal decreto «correttivo»

n. 169/2007, si rinvia alle indicazioni contenute nella nota 1.

(27) M. Fabiani, La revocatoria fallimentare «bonsai», cit., 3297, il quale ritiene che «questi termini vanno ascritti fra i fatti costitutivi della domanda»; A. Patti., L’esenzione da revocatoria, cit., 245; D. Galletti, Le nuove esenzioni, cit.,179.

(28) Spetterà al curatore l’onere di provare la sussistenza delle condizioni che ristabiliscono la revocabilità delle rimesse inefficaci: cfr., M. Fabiani, La revocatoria fallimentare «bonsai», cit., 3297.

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condizioni contemplate dalla norma, e cioè che la rimessa consegua un effetto solutorio consistente e durevole rispetto all’esposizione debitoria.

Ma vi è di più. Tali elementi devono essere esplicitamente dedotti nella domanda revocatoria. Il dato normativo depone nel senso che l’individuazione delle singole rimesse revocabili e l’indicazione specifica delle condizioni di revocabilità sono requisiti indispensabili ai fini della validità dell’atto di citazione.

E’ probabile, dunque, che le nuove regole introdotte dalla riforma in tema di revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie possano semplificare le questioni di nullità della citazione generate dall’applicazione della disciplina normativa pregressa, scongiurando il pericolo che tali problemi possano ancora riproporsi.

Ma questa riflessione potrà trovare conforto solo nella prassi giudiziaria.

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